“Urea in vivo availability control” Si stima che il nostro pianeta sarà

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“Urea in vivo availability control” Si stima che il nostro pianeta sarà
“Urea in vivo availability control”
Si stima che il nostro pianeta sarà abitato, nel 2050, da più di nove miliardi di persone,
ognuna bisognosa di cibo per la propria sopravvivenza e spesso in lotta per procurarselo.
I fertilizzanti hanno giocato, e continueranno a giocare un ruolo fondamentale in questa
eterna e continua battaglia.
Il termine ”fertilizzante” è usato per descrivere quei composti chimici che, sparsi nel
terreno come additivi, ne aumentano la fertilità, cioè la capacità di produrre abbondanti
germogli. I nutrienti sono le sostanze essenziali per la crescita e la conservazione della
vita. Essi sono già presenti nel terreno, ma in quantità inferiore a quanto necessario per
una produzione intensiva. Le sostanze nutrienti sono ciò che viene fornito, per mezzo
dell’applicazione di fertilizzanti, allo scopo di aumentare la fertilità del terreno.
I fertilizzanti sono di conseguenza tra i prodotti più importanti dell’industria chimica.
In agricoltura, l’urea è utilizzata in modo intensivo come fertilizzante azotato. L’azoto
contenuto nell’urea entra nelle piante in seguito alla dissociazione dell’urea causata dai
microbi contenuti nel terreno.
Purtroppo, il processo di utilizzo del fertilizzante da parte dei germogli non è
particolarmente efficiente. In media, non più del 50% dell’azoto contenuto nel
fertilizzante viene utilizzato dalle piante.
La maggior parte dei fertilizzanti azotati è solubile in acqua ed inoltre una gran parte di
esso viene perduta nel terreno e difficilmente il fertilizzante distribuito in una stagione
resta disponibile per future coltivazioni.
L’ urea in particolare subisce un’intensa degradazione “in vivo” (nel terreno) dovuta alla
nitrificazione microbica, all’idrolisi enzimatica e all’idrolisi chimica diminuendo quindi la
disponibilità per il suo assorbimento da parte dei germogli.
Il controllo di queste trasformazioni indesiderate costituisce un obiettivo ricco di
vantaggi, economici e non solo. Molti processi di modifica della formulazione dell’urea
sono allo studio, tutti aventi l’obiettivo di ridurre la sua degradazione nel terreno.
Lo scopo di questo progetto di ricerca è quello di ottenere una formulazione innovativa
dell’urea, modificata con aldeidi per ottenere un’urea “derivata” con proprietà’ superiori
in termini di resistenza alla degradazione.
La produzione, lo studio e la definizione della struttura molecolare dei composti così
ottenuti ed il loro comportamento “in vitro” e “in vivo” sono l’obiettivo principale della
ricerca.
Verranno sfruttate a tal proposito le sinergie con Stamicarbon, leader nel licensing della
tecnologia per la produzione di urea.
Processi catalitici per la produzione di olefine dall’anidride carbonica
L’anidride carbonica (CO2) è il prodotto finale della reazione chimica più diffusa da
sempre a livello globale, cioè la combustione di idrocarburi, carbone e biomasse.
L’anidride carbonica è spesso presente, anche in percentuali elevate, nel gas naturale
estratto da campi gas in tutto il mondo. Per molto tempo la CO2 è stata considerata solo
un prodotto di scarto, tuttavia un numero sempre maggiore di studi scientifici indicano
nell’anidride carbonica uno dei principali responsabili dell’effetto serra e dei conseguenti
effetti negativi sull’ambiente ed i cambiamenti climatici.
Dato l'aumento imponente della concentrazione dell’anidride carbonica nella troposfera,
sforzi significativi sono stati dedicati allo sviluppo di processi energeticamente più
efficienti e di tecnologie di “cattura” della CO2 e stoccaggio, principalmente geologico ed
in profondità nel mare (CCS - carbon capture and storage). Tuttavia, è crescente
un’opposizione da parte dell’opinione pubblica a queste misure. Inoltre, dal punto di vista
industriale lo stoccaggio della CO2 è considerato un costo aggiuntivo che riduce la
competitività rispetto a Paesi riluttanti ad introdurre analoghe misure.
Una delle linee di pensiero più innovative nella comunità scientifica punta invece a
trasformare la CO2 da problema in opportunità, ripensandola come materia prima di base
(fonte di carbonio) da cui partire per una serie di processi di trasformazione che
producano materie prime per l'industria chimica e di processo, prodotte oggi in larga
parte da petrolio, andando così ad inserirsi in un mercato dove la domanda globale è in
fortissima e in continua crescita.
Iniziative di carattere scientifico, industriale e governativo per l’utilizzo della CO 2 come
materia prima di base per l’industria chimica si stanno moltiplicando nel corso degli ultimi
anni.
L’obiettivo di questo progetto è lo sviluppo di un processo catalitico innovativo per la
conversione diretta di miscele di anidride carbonica/idrogeno in olefine leggere (C2-C4),
che rappresentano i “mattoncini” di base per l’industria petrolchimica.
Questa strada passa attraverso la produzione di “idrogeno rinnovabile” proveniente
dall’elettrolisi dell’acqua in alternativa al sistema convenzionale di “steam reforming”
degli idrocarburi. Tale processo richiede un apporto importante di energia elettrica ed è
quindi economico solo dove il costo dell’elettricità è relativamente basso oppure dove
essa e’ ottenibile con fonti rinnovabili, quali l’eolico, il solare (o il nucleare), che per loro
natura non producono, a loro volta, CO2.
E’ perciò fondamentale limitare la quantità d’idrogeno necessario per la reazione di
conversione; il processo proposto soddisfa tale requisito.
In ultimo, la trasformazione della CO2 in olefine leggere è un’opportunità per introdurre le
energie rinnovabili nei processi tradizionali dell’industria chimica, per una produzione di
prodotti chimici più sostenibile e più efficiente nell’utilizzo delle risorse.