la pecora brianzola - collegio ballerini
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la pecora brianzola - collegio ballerini
L’ISTITUTO ALBERGHIERO BALLERINI PER TERRA MADRE DAY 2009 24 novembre -10 dicembre LA PECORA BRIANZOLA IL RITORNO DELLA PECORA BRIANZOLA Gli alunni del V anno hanno avuto il piacere di incontrare… la Pecora Brianzola, una razza autoctona riconosciuta nel 1923, che attraverso la sua Associazione presenta i tratti fondamentali di questa razza, come l’allevamento pastorale, i prodotti culinari e i capi d’abbigliamento da essa ricavati. L’Associazione, nata più di dieci anni fa, ha cominciato la sua crescita verso la metà degli anni ’90 coprendo inizialmente la vasta Comunità del Lario Orientale, ed arrivando ad interessare, in quest’ultimi anni, oltre cinquanta allevamenti distribuiti tra le province di Lecco, Como e Milano (il cosiddetto “Triangolo Brianzolo”). Claudio Riva, relatore iniziale di questo incontro, la definisce come un “forum di produttori”, volendo intendere che si tratta di una riunione allargata con l’unica finalità di ideare qualcosa di innovativo. Una riunione che si ripresenta ogni due anni, occasione in cui si cerca di rinnovare programmi e progetti dell’Associazione. I personaggi che ci hanno reso partecipi di questa iniziativa, nei loro discorsi iniziali hanno voluto sottolineare l’impegno fondamentale attraverso cui è stato fondata la Associazione, ossia la salvaguardia e la valorizzazione di questa razza. Secondo Pasquale Redaelli, il presidente dell’Associazione, “è fondamentale porsi come obiettivo la sicurezza di una specie che, per il forte attaccamento al territorio, alle tradizioni ed alle genti, non può permettere di estinguersi”. E continua: “Soprattutto in questo periodo di crisi economica, inoltre, dev’essere un dovere dare un giusto valore alla razza, visto che il maggior utilizzo di questo animale in campo alimentare soprattutto, ed in campo tessile, deriva dall’importazione da Paesi sud-Americani, l’Argentina in primo piano!”. Ciò che caratterizza la Pecora Brianzola, inoltre, è che è un tipico prodotto “a chilometri zero”, vale a dire un prodotto che si trova sul territorio e possiede dunque un forte margine di sicurezza, visto i problemi (quali ad esempio i danni ambientali) che potrebbero derivare dall’allevamento di massa nei Paesi suddetti. Dopo aver argomentato dettagliatamente i suddetti punti fondamentali dell’ Associazione, e volendo soprattutto puntare su una relazione dal punto di vista etico della questione, il sig. Redaelli, entrando più nel dettaglio, ci ha dato una spiegazione sulle caratteristiche morfologiche della Pecora Brianzola. Quest’ultima è un animale principalmente di taglia medio-grande, con un peso variabile tra maschio (90-110 Kg) e femmina (70-80 Kg); non presenta corna (per entrambi i sessi) e ha una tipologia di lana mediamente fine, totalmente di colore bianco, presente su tutto il corpo tranne la testa (fin dietro le orecchie), la gola, la pancia e gli arti. Nelle zone del corpo in cui non c’è la lana, troviamo un tipo di pelo bianco, corto e lucido. Secondo la tradizione, inoltre, è di uso comune il taglio della coda, un gesto di cui, nel tempo, si è persa però ogni motivazione! La lana della tipica Pecora Brianzola possiede una finezza di tipo D pari a 30-35 micron. L’allevamento di questi capi è arrivato a contare un numero che supera di poco il migliaio di unità. Una bella cifra, se si pensa che undici anni fa ve ne erano soltanto 60 distribuiti in tutta la Lombardia! Questo ci fa capire che si tratta di un allevamento ancora in fase sperimentale, l’ultimo in Lombardia, se vogliamo guardare le statistiche, terza dopo le specie biellesi e bergamasche. Dal punto di vista commerciale, ci vengono presentati alcune tipologie di vestiario comune pastorale, quali cappelli di lana infeltrita, una coperta, un gilet, una mantella nera. Si tratta di tipici abiti tradizionali per pastori, nei quali viene utilizzata lana dura. La lana ottenuta dalla pecora è principalmente utilizzata dalla società industriale biellese Piacenza Cashmere,esistente dal 1733, che si pone al primo posto per la valorizzazione della specie. Un lavoro arduo, se pensiamo sia alla fatica che ai costi che richiedono azioni come la filatura e lo smaltimento di questo tessuto. Per quanto riguarda l’agnello, invece, dopo 15 giorni dalla sua nascita si può decidere se macellarlo subito oppure farlo diventare adulto. La carne di quest’ultimo, in particolare, viene utilizzata per la preparazione di insaccati e prosciutti. Dopo l’incontro col sig. Redaelli, conosciamo Gilberto Farina, uno Chef di noto spessore che si presta a presentarci la Pecora Brianzola dal punto di vista culinario. Anche lui ci fa capire come apprezzare e valorizzare la specie locale, compito che svolge dal 1993 nel suo Ristorante “La Piana”, oggi a Carate Brianza, di cui è chef patron, e in cui presenta una notevole quantità di piatti basati appunto sul prodotto suddetto. Gli alunni lo assistono nella lavorazione dell’agnello e successivamente nella preparazione di alcuni piatti tra cui: Bocconcini (derivati dal Filetto di Carré) ,accompagnati da patate castagna, carciofi, cipolline, carote, aglio e sedano; Spaccato (in umido) con Marsala, verdure e salsa di pomodoro; Nodino; Frattaglie (quali polmoni, reni, fegato e cuore); Arrosto; Costolette; Trenette con Ragù d’agnello; E’ importante precisare che durante la lavorazione e la cottura di questo prodotto, si cerca di non buttare via niente: tutta la carne può essere utilizzata! E, se è concesso, stiamo narrando di un’ottima teoria Brianzola! Lo Chef ci dà poi una piccola lezione di cucina: è importante, quando si hanno tra le mani determinati prodotti come la carne della Pecora Brianzola, cercare di eliminare il più possibile ogni tipo di aromi ed eventuali complicazioni, come strane variazioni delle ricette che posso portare ad un’alterazione del sapore originario. Durante la cottura si consiglia anche di evitare troppi condimenti, visto che si parla di una tipologia di carne dal sapore particolare, non selvatico ma assolutamente delicato. Cucinare dall’inizio alla fine tutto al naturale dunque, anche per una maggiore valorizzazione del prodotto. Dopo aver degustato parte dei sapori che ci riserva questo animale, gli alunni hanno terminato il loro incontro con un filmato che illustra, attraverso un vero e proprio documentario fatto sul campo, tutti i segreti di questa specie ovina, dall’allevamento a piccoli gruppi alla rasature, dai metodi più antichi di filatura della lana alla vita dei pastori, non facile ma fatto di passione! Ciò che come gruppo ci ha realmente colpito di questa presentazione, è stato comprendere l’ammirevole gesto di Pasquale Redaelli, un filo patriota se vogliamo, nel tentativo di salvaguardare un punto forte del nostro territorio, un prodotto che con gli anni si è rivelato molto apprezzato per le sue qualità organolettiche, anche se in realtà non molto conosciuto. Un’esperienza a dir poco positiva dunque, che fa scoprire per la prima volta un vero e proprio patrimonio del nostro territorio natale. Un patrimonio che rischiava seriamente di scomparire qualche anno fa, e che ha avuto la sua improvvisa ribalta grazie all’arrivo di immigrati (soprattutto di religione musulmana) nelle regioni settentrionali. Grande complice di questo incontro, l’ottima disponibilità e cortesia dei nostri relatori, che vogliamo ringraziare particolarmente, e che ci hanno trasmesso l’importanza di avere nella nostra regione un prodotto “casereccio”, un prodotto NOSTRO! LAVORO REALIZZATO DALLA CLASSE V ALBERGHIERO 2009/2010 ARTICOLO DI ALESSANDRO BEGA FOTOGRAFIE DI MARIA LUISA PANZERI