Il paesaggio: fotografiamolo meglio

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Il paesaggio: fotografiamolo meglio
Ripresa
La composizione e
la scelta della luce
prima di tutto. E poi
la tecnica: obiettivi
zoom o a focale fissa,
la risoluzione della
fotocamera, la scelta
di tempi e diaframmi,
l’impostazione
dei parametri di
ripresa. Il file Raw
e l’elaborazione in
fotoritocco.
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Il paesaggio:
fotografiamolo meglio
Di argomenti da affrontare nella fotografia di paesaggio ce ne sarebbero a
iosa. E’ sufficiente inserire i termini
‘landscape’ e ‘photo’ all’interno di un
motore di ricerca Web per vedersi restituire centinaia di collegamenti a siti
dedicati a questo tema, oppure a quelli
di fotografi specializzati, siti che offrono anche suggerimenti ai visitatori.
Ma perché il paesaggio affascina
tanto i fotografi di ogni esperienza ed
età? Eppure è un tema complesso da
affrontare per l’incontrollabilità del
soggetto.
Ed infatti se il fotografo è inesperto,
finirà per domandarsi: “ma perché i
miei paesaggi non sono belli come
vorrei?”.
Se poi ci si mette di mezzo il digitale…
il discorso si complica ulteriormente!
Guardare e fotografare
Sicuramente la spinta a riprendere un
paesaggio nasce spesso dall’emozione
che si prova davanti a scenari di grande
bellezza. Ma di fronte agli spettacoli
della natura noi reagiamo con tutti i
nostri sensi, mentre la fotocamera ha
solo la pellicola o il sensore.
E poi il nostro occhio è diverso; innanzitutto di occhi ne abbiamo due, e la
visione stereoscopica è certamente più
coinvolgente.
In secondo luogo l’occhio è in grado
di compensare grandi differenze di
luminosità, il che si traduce in una
‘latitudine di posa’ molto superiore a
quella di qualunque sistema di ripresa
‘meccanico’; inoltre il cervello permette di bilanciare grandi differenze nella
temperatura colore.
Dobbiamo quindi rassegnarci e rinunciare alla fotografia di paesaggio?
Certo che no, ma è importante essere
coscienti dei limiti dei nostri sistemi di
ripresa e avere presente l’importanza
della luce.
La luce è tutto in fotografia, e ancor più
Una coppia di paesaggi prettamente orientati alla grafica che dimostrano l’importanza della condizioni meteorologiche in questo genere di riprese.
in quella di paesaggio, dato che il controllo sul soggetto è pari a zero.
La composizione
I manuali di fotografia dettano delle regole di composizione, come ad
esempio la regola dei terzi; questi sono
strumenti teorici che possono aiutare a
studiare un’immagine, ma io ritengo
che la composizione sia una ‘questione
di testa’ per cui in questo articolo non
le prenderò in considerazione. In ogni
caso la composizione è importante e fa
la differenza tra una fotografia banale,
mal riuscita, ed una originale, magari
un capolavoro.
Una buona fotografia non nasce a caso;
occorre la capacità di guardare nel
mirino della reflex, saper osservare e
giudicare. Una fotografia si fa perché
la si sente, non perché una regola dice
come farla.
Un aiuto importante alla formazione
di un proprio gusto estetico viene
dalla quantità di materiali visivi che
ci propongono quotidianamente la
televisione, internet, l’edicola, i cinema, i musei, senza dimenticare la vita
di tutti i giorni. Ad un occhio allenato
basta una settimana di ‘osservazione’
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Chi lo dice che il flash è superfluo nella fotografia di paesaggio! Ovviamente
occorre un soggetto in primo piano che possa essere rischiarato su uno
sfondo altrettanto ben illuminato. Qui siamo presso il Teatro Greco di
Siracusa, proprio di fianco all’Orecchio di Dioniso.
La luce è tutto, in particolare nella
fotografia di paesaggio. Questi esempi
mostrano come differenti tipi di illuminazione condizionino i risultati in modo
fondamentale. Sicuramente di impatto
è la luce del sole basso sull’orizzonte,
nonchè le riprese in controluce.
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per ricavare il materiale su cui lavorare
per mesi.
Ecco dunque il mio suggerimento:
allenarsi a comporre l’immagine anche senza avere la fotocamera davanti
all’occhio.
Basta l’immaginazione e un po’ di pratica, magari aiutandosi con un telaietto
per diapositive vuoto da tenere sempre
in tasca: allontanandolo dall’occhio si
simula una lunga focale ed avvicinandolo diventa un grandangolare!
Una composizione bilanciata, equilibrata nelle sue parti, è un buon punto di
partenza, ma è solo l’inizio. Il difficile
sta nel riuscire a separare quella che è
la nostra osservazione della natura da
quanto sarà registrato dal sensore o
dalla pellicola, ovvero colori, luci ed
ombre.
La stessa forma è un concetto relativo,
perché nasce da una combinazione di
luci ed ombre… Confusi?
Per comporre le mie immagini di paesaggio spesso staccavo l’occhio dalla
reflex ed osservavo la scena attraverso
il pozzetto di una medio formato; oggi
faccio lo stesso sul monitor di una
compatta.
E’ un modo più distaccato di osservare il paesaggio ed è più facile valutare
le diverse componenti dell’inquadratura.
E’ utile anche collocare la fotocamera
su un treppiede e fare una prima inquadratura; poi guardarsi attorno per
qualche secondo e quindi tornare sullo
schermo/mirino ad osservare l’inquadratura come si fosse davanti a un quadro. Siamo soddisfatti? Se sì possiamo
tenerla, altrimenti si cambia.
L’importante è che la composizione sia
equilibrata; l’immagine poi potrà avere
caratteristiche grafiche o documentarie,
minimaliste o naif, ma questo dipende
dalla personale visione del fotografo.
Infatti di un soggetto non esiste un’unica inquadratura, ne esistono infinite,
come infiniti possono essere gli occhi
di chi guarda; ha senso dunque realizzare più scatti per una stessa scena,
senza preoccuparsi se si è fatto ‘quello
giusto’; i migliori potranno essere scelti in un secondo tempo sul monitor di
casa.
Un aiuto alla composizione viene anche
dalle griglie inserite nei mirini e sugli
schermi Lcd di un numero crescente
di fotocamere digitali; ben vengano,
ma non ci si può limitare a disporre
gli elementi del paesaggio come su una
scacchiera!
Infine va ricordato che nella fotografia
di paesaggio è importante la sensazione
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Nella fotografia di paesaggio la nitidezza gioca un ruolo importante, per cui occorre evitare attentamente mosso e micromosso.
In particolare, quando si usano obiettivi ‘lunghi’ e diaframmi medio-chiusi, il cavalletto è fondamentale.
di tridimensionalità dell’immagine;
dato che la rappresentazione fotografica è bidimensionale, occorre ricorrere
a tecniche come la fuga prospettica e
sfruttare gli elementi atmosferici come
la foschia.
La scelta dell’illuminazione
Si diceva: la luce è tutto in fotografia, e
ancor più nel paesaggio. Noi non possiamo certo modificarla, ma possiamo
fare in modo di fotografare quando la
luce è proprio quella che vogliamo per
la nostra immagine.
E anche per quello che riguarda l’illuminazione, ricordiamo che non c’è una
sola luce valida, sono infinite. E tutte
dipendono dal tipo di ripresa che vogliamo realizzare. Sicuramente le luci
radenti delle prime ore del giorno e del
tramonto sono particolarmente adatte
alla fotografia di paesaggio visto che,
in tali situazioni, aumenta la sensazione
di profondità dell’immagine e la luce è
calda. In queste situazioni sono però
difficili la gestione dell’esposizione e
del bilanciamento del bianco.
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Anche il controluce, soprattutto in presenza di foschia, consente di realizzare
fotografie spettacolari.
Certo, è difficile da padroneggiare, ma
l’istogramma aiuta.
Il trucco sta nel fare una scelta, se
privilegiare il soggetto in controluce,
perdendo spesso leggibilità delle aree
più chiare, oppure se fare prevalere la
morbidezza dell’insieme lasciando i
soggetti quasi in silhouette.
Luce e elementi atmosferici sono spesso da valutare insieme: nubi, foschia,
nebbia e vento giocano un ruolo di
grande efficacia nella composizione; la
foschia mattutina, ad esempio, regala
scenari fiabeschi.
Il variare delle stagioni poi consente di
esplorare situazioni di ripresa diverse
per gli stessi scenari. Tutto questo per
dire una cosa sola: sfruttiamo l’alternarsi del giorno e della notte, delle
stagioni, degli eventi atmosferici per
cercare i momenti più adatti alle nostre
fotografie.
E’ un caso classico: si scopre un luogo
interessante, non è mai il momento
migliore per riprenderlo. Studiamolo
e torniamoci in un secondo momento:
l’immagine sarà sicuramente migliore.
Facendo in questo modo si possono
scattare ottime fotografie anche senza
bisogno di andare in luoghi esotici, in
Siria, in Alaska o in Australia.
Vale ovviamente anche l’inverso: quando si presentano momenti di luce molto
favorevoli conviene approfittarne per
andare a caccia di immagini, ovunque
ci si trovi.
Un esempio per tutti: da un parte un
violento temporale estivo con dense
nubi che lasciano passare il sole del
tramonto, e dall’altra il sereno.
Chi non si catapulterebbe fuori cercando di sfruttare una tale suggestiva luce?
Douglas Kirkland ha detto qualche annetto fa “Don’t waste beautiful light!”,
‘Non sprecate una bella luce!’. Un
taccuino per gli appunti ed un orologio
aiutano a studiare il luogo.
Un po’ di tecnica
Ed eccoci arrivati alla tecnica. Luce,
composizione, visione; ma come fare
L’alba ed il tramonto sono momenti magici per la ripresa fotografica. Dove poi foschia e nebbia, brina e rugiada si uniscono a
paesaggi suggestivi, gli scenari che si manifestano ai nostri occhi sono di una grande bellezza .
se le attrezzature non ne vogliono
sapere di catturare quello che noi vorremmo?
Il paesaggio nasce su apparecchi di
grande formato, ove la grande quantità
di alogenuro di argento delle lastre si
accoppia con ottiche di elevata qualità.
Forse anche per questo il paesaggio si è
fatto la fama di un genere impegnativo;
oggi le immagini che ci circondano
sono di un livello qualitativo medio,
per cui è normale usare una pellicola
35mm, ma già con il medio formato le
cose cambiano. E in 10x12cm non ne
parliamo.
Quindi, anche in digitale, dobbiamo
prestare attenzione a ‘quanto’ ci stiamo
portando a casa. In questo caso di certo
aiutano sensori ‘puliti’, dalle elevate
risoluzioni e affiancati ad ottiche dall’elevata risoluzione. In fin dei conti,
in un paesaggio, ci si aspetta di poter
contare le foglioline sugli alberi, anche
se non è questo che fa la differenza tra
uno scatto buono ed uno modesto.
Una moderna 6 Megapixel consente
già di portare a casa ottimi scatti di
paesaggio da stampare anche in A3.
Importante è anche la scelta dell’ottica
perché sulle odierne reflex la risoluzione ottenibile è direttamente proporzionale alla qualità della coppia sensore +
ottica.
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Per questo consiglio di usare ottiche
fisse, in grado di valorizzare al meglio
le prestazioni dei sensori.
Evitare il mosso
Dobbiamo imparare a sfruttare gli eventi atmosferici e le nubi per “disegnare”
il cielo delle nostre immagini. Ovviamente non si può pretendere di aspettare per
giorni un arcobaleno laddove a stento piove. Tuttavia non lasciamoci cogliere impreparati e teniamo la fotocamera sempre pronta per approfittare dei temporali
estivi di metà pomeriggio.
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Se l’immagine presenta del ‘mosso’, è
come se utilizzassimo dei sistemi ottici
con una minore risoluzione. Dunque,
nella fotografia di paesaggio occorre
cercare di evitarlo, altrimenti varrebbe la pena spendere assai meno per le
ottiche!
Gli accorgimenti da usare per evitare
il mosso sono veramente banali e non
si capisce come tanti fotografi, anche
di esperienza, continuino spesso a trascurarli: treppiede e scatto a distanza.
Tutto qui!
Particolari difficoltà non ce ne sono,
dato che una collinetta non se ne può
certo scappare via da un momento all’altro, e quindi ci possiamo permettere
di piazzare un treppiede e di stare alcuni secondi ad attendere che l’autoscatto
operi. No?
Vediamo ora quali sono le cause del
mosso:
* I movimenti del fotografo.
* I tempi di scatto lunghi.
* La pressione del pulsante di scatto.
* Le vibrazioni indotte dall’alzo dello
specchio e dall’otturatore meccanico.
* I movimenti del soggetto.
Il treppiede ci permette di eliminare il
mosso che deriva dalla nostra mano,
non particolarmente ferma, o da gambe
‘tremolanti’ per una lunga passeggiata,
oltre che, in parte, le vibrazioni meccaniche dovute ai meccanismi interni
della fotocamera. Un accorgimento
importante è di alzare poco la colonna
del treppiede.
Se poi usiamo uno scatto a distanza,
elimineremo anche gli effetti della
pressione del dito sul pulsante di scatto. Per questo esistono telecomandi (i
migliori) e scatti flessibili, ed è bene
sfruttarli.
Riguardo ai tempi di scatto lunghi c’è
da fare alcune considerazioni.
E’ vero che i tempi lunghi potrebbero
risentire delle vibrazioni indotte da
specchio ed otturatore, in realtà i tempi
critici sono quelli che vanno da 1/30s a
1 secondo, e non quelli più lunghi; infatti queste vibrazioni si ammortizzano
in tempo variabile a seconda della rigidità del sistema composto da fotocamera e cavalletto, sono tempi nell’ordine
di 0.5-4 secondi.
Ma se l’esposizione dura 30 secondi,
cosa volete che faccia un secondo di
microvibrazioni?
In ogni caso conviene attivare l’alzo
Anche la nebbia rappresenta una condizione favorevole alla ripresa di paesaggio. Se poi è alle 5 del mattino, in Sud Africa
come in questo caso...
intenzionale dello specchio prima della
ripresa, in quanto si riducono le cause
di vibrazione.
Ovviamente con una compatta, che è
privo dello specchio ed anche dell’otturatore meccanico, simili problematiche
si riducono parecchio.
L’autoscatto poi è un’arma infallibile
per eliminare ogni traccia di mosso
indotto dal fotografo.
Attenzione anche a fare ‘acclimatare’ il treppiede quando si passa in un
ambiente a differente temperatura ed a
collocarlo su terreno morbido. Bisogna
dargli il tempo di stabilizzarsi a dovere, soprattutto nelle esposizioni molto
lunghe.
Consideriamo infine le condizioni di
ripresa: se ci si trova sulla sommità
di un palazzo di trenta piani in presenza di forte vento laterale, oppure
su un balcone nei pressi della ferrovia,
oppure ancora quando si fa della macrofotografia nell’erba con un leggero
vento. Queste sono tutte situazioni in
cui le immagini rischiano di risultare
poco incisive anche se sono riprese
con tutti i crismi: è il paesaggio che
si è mosso!
Il buon senso in ogni caso dovrebbe
permettere di evitare l’inconveniente.
Autofocus, auto-esposizione,
auto-tutto?
Visto il genere, verrebbe da dire che gli
automatismi non servono. Fatto sta che
la tecnologia esiste e non sempre ha
senso farne a meno. Attenzione però:
affidandosi a sistemi autofocus di dubbia precisione, più orientati a fornire
ottime prestazioni in termini di velocità
piuttosto che di precisione, rischiamo
di annullare i nostri sforzi tesi a limitare la perdita di nitidezza.
Diffidiamo soprattutto di fotocamere/
ottiche che, ripetendo la messa a fuoco
automatica, pur su cavalletto e puntando sullo stesso punto della scena, effettuano percettibili micro spostamenti
delle lenti interne: come fidarsi della
loro messa a fuoco?
In questo senso sarebbe preferibile
la classica focheggiatura manuale,
eventualmente assistita dal controllo a
monitor per verificare subito i risultati.
In questo il digitale agevola.
Riguardo all’esposizione vale lo stesso
discorso. Si operi pure in automatismo,
ma verificando scrupolosamente i risultati sull’istogramma. In genere io
eseguo una prima esposizione a priorità
di diaframmi, tanto per avere una base
di riferimento; leggo i valori consigliati
e poi passo in manuale per le regolazioni fini.
L’automatismo del bilanciamento del
bianco è più rischioso, dato che il controllo a monitor è davvero complesso.
In questo caso vale la pena portarsi
dietro un riferimento bianco (quelli
di Gretag-Macbeth vanno benissimo)
per tarare il sistema sfruttando il WB
manuale. Nella fotografia di paesaggio
si può però presentare un problema,
ovvero che la temperatura colore misurata non sia la stessa del soggetto;
il caso classico è quando ci si trova in
ombra, o sotto nubi in rapida alternanza, e si intende riprendere un paesaggio
lontano. In questo caso viene in aiuto
l’esperienza, che permette di valutare
la scena ed eseguire le opportune correzioni per evitare di tornare a casa con
uno scatto mal riuscito.
Il bracketing sull’esposizione e sul WB
può essere d’aiuto. Sicuramente una
buona soluzione è scattare in Raw, che
permette di correggere il bilanciamento
del bianco e di recuperare qualche stop
di sovra o sotto-esposizione. In ogni
caso utilizzare monitor ed istogramma
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