danno biologico e capacita` lavorativa generica
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danno biologico e capacita` lavorativa generica
DANNO BIOLOGICO E CAPACITA’ LAVORATIVA GENERICA: UN BINOMIO DA SCIOGLIERE ? Sommario: 1) danno biologico e incapacità lavorativa generica; 2) autonomia concettuale della capacità lavorativa generica rispetto al danno biologico; 3) Risarcibilità del danno da incapacità lavorativa generica al “minore” o al “disoccupato” 1) Danno biologico e incapacità lavorativa generica La capacità lavorativa generica, intesa quale potenziale attitudine all'attività lavorativa da parte di un soggetto che non svolge attività produttive di reddito, nè è in procinto, presumibilmente di svolgerla, in base alla consolidata giurisprudenza della Cassazione, è conglobata nella liquidazione del danno biologico che ricomprende tutti gli effetti negativi del fatto lesivo che incidono sul bene della salute in sè considerato. 1 La riduzione della capacità lavorativa specifica, invece,intesa quale attività in concreto svolta dal danneggiato,ove provochi una riduzione della capacità di guadagno, costituisce danno patrimoniale risarcibile autonomamente 2 . La perdita della capacità lavorativa specifica, in base al costante orientamento della Corte di Cassazione si differenzia dalla incapacità lavorativa generica, ricompresa nel danno biologico, che considera la perdita della concorrenzialità della persona, in relazione alla menomazione della sua integrità psicofisica. Ne consegue, per la Suprema Corte, la necessità di un'autonoma liquidazione di ciascuna delle predette voci di danno. 3 Diverso è il danno da lesione della "cenestesi lavorativa", che consiste nella “maggiore usura, fatica e difficoltà incontrate nello svolgimento dell'attività lavorativa, non incidente, neanche sotto il profilo delle opportunità sul reddito, 1 Così Cass., 18/04/2003,n. 6291, in Arch. giur. circ.sin. str., 2003, 948. Sul risarcimento del danno da incapacità lavorativa specifica la S.C. puntualizza che “non può farsi discendere in modo automatico dall'invalidità permanente la presunzione del danno da lucro cessante, derivando esso solo da quella invalidità che abbia prodotto una riduzione della capacità lavorativa specifica. Detto danno patrimoniale deve essere accertato in concreto attraverso la dimostrazione che il soggetto leso svolgesse - o presumibilmente in futuro avrebbe svolto - un'attività lavorativa produttiva di reddito, ed inoltre attraverso la prova della mancanza di persistenza, dopo l'infortunio, di una capacità generica di attendere ad altri lavori, confacenti alle attitudini e condizioni personali ed ambientali dell'infortunato, ed altrimenti idonei alla produzione di altre fonti di reddito, in luogo di quelle perse o ridotte. La prova del danno grava sul soggetto che chiede il risarcimento, e può essere anche presuntiva, purchè' sia certa la riduzione della capacità di guadagno”, Cass., 18/04/2003,n. 6291, cit.. 3 In tal senso, Cass. 12/09/2000,n. 12022,in Arch. Giur. Circ. Sin. Str. 2001, 575 2 1 della persona offesa (c.d. perdita di chance), risolvendosi in una compromissione biologica dell'essenza dell'individuo”.4 Anche tale danno viene liquidato nell’ambito del danno biologico. Occorre, tuttavia, rivisitare l’orientamento che ingloba nel danno biologico la riduzione della capacità lavorativa generica, sia in base alla definizione legislativamente prevista di danno biologico , sia alla luce dei nuovi orientamenti della Corte di Cassazione (CASS. 31.5.2003,n. 8827 e 8828) 5 e della Corte Costituzionale (sentenza 11 luglio 2003,n. 2339) in tema di natura giuridica del danno biologico. 6 4 Cass.,24/03/2004, n. 5840,in Arch. Giur.circ.sin.,2004,860.La sentenza . in relazione ai criteri risarcitori della “cinestesi lavorativa” prevede che “il giudice, ove abbia adottato per la liquidazione il criterio equitativo del valore differenziato del punto di invalidità, ben può liquidare la componente costituita dal pregiudizio della cenestesi lavorativa mediante un appesantimento del valore monetario di ciascun punto, restando invece non consentito il ricorso al parametro del reddito percepito dal soggetto leso” 5 Tali sentenze (CASS. 31.5.2003,n. 8827 e 8828) sono state commentate, tra gli altri, da CENDON, Anche se gli amanti si perdono l’amore non si perderà.Impressioni di lettura su Cass. 8828/2003; ZIVIZ, E poi non rimase nessuno; BARGELLI, Danno non patrimoniale e interpretazione costituzionalmente orientate dell’art. 2059 c.c., tutte in questa Rivista., 2003, 675; BUSNELLI, Chiaroscuri d’estate.La Corte di Cassazione e il danno alla persona, PONZANELLI, Ricomposizione dell’Universo non patrimoniale: le scelte della Corte di Cassazione, entrambe in Danno e resp., 2003, 816; FRANZONI, Il danno non patrimoniale, il danno morale:una svolta per il danno alla persona, Corr. Giur., 2003,1017; NAVARRETTA, Danni non patrimoniali:il dogma infranto e il nuovo diritto vivente, Foro it. 2003,I,2272 Il nuovo sistema risarcitorio del danno patrimoniale e non patrimoniale dopo gli interventi della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale del 2003 è analizzato, tra gli altri,da BONA-MONATERI, Il nuovo danno non patrimoniale, Milano, 2004; FRANZONI, fatti illeciti,art. 2043,2056-2059,in Commentario del Codice civile Scialoia-Branca, Libro quartodelle obbligazioni-titolo IX, dei fati illeciti-Supplemento-Bologna; PONZANELLI (a cura di), Il <<nuovo>> danno non patrimoniale,Padova, 2004; BERTI-PECCENINI-ROSSETTI, I nuovi danni non patrimoniali,Milano, 2004; NAVARRETTA (a cura di), I danni non patrimoniali. Lineamenti sistematici e guida alla liquidazione, Milano, 2004; CASTRONOVO,Il danno alla persona tra essere e avere, in Danno resp. , 2004, 237;SCALISI,Il danno esistenziale:la <<svolta>> della Suprema Corte di Cassazione avallata <<quasi in simultanea>> dalla Corte Costituzionale, in Nuova giur. civ. comm, 2004,58;TUCCI,Danno non patrimoniale, valori costituzionali e diritto vivente,in Danno resp., 2004,701; FRANZONI, Il nuovo corso del danno non patrimoniale,in Contr. Impr., 2003, 1292; GAZZONI, L’art.2059 c.c. e la Corte Costituzionale: la maledizione colpisce ancora, in questa Rivista, 2003, 1292; 6 Per un commento alla sentenza della Corte Costituzionale 11 luglio 2003,n. 233, ZIVIZ, Il nuovo volto dell’art. 2059 c.c.,in questaRivista. , 2003,1036; NAVARRETTA, La Corte Costituzionale e il danno alla persona “in fieri” , Foro it., 2003, 2272; BONA, Il danno esistenziale bussa alla porta e la Corte Costituzionale apre (verso il <<nuovo>> art. 2059 c.c.), CRICENTI, Una diversa lettura dell’art. 2059 c.c., PONZANELLI, La Corte Costituzionale si allinea con la Corte di Cassazione, PROCIDA MIRABELLI DI LAURO,Il sistema di responsabilità civile dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 233/03, tutte in Danno e resp.,2003; 2 Una prima confusione è rinvenibile nella differenza concettuale della stessa nozione di danno biologico desumibile 1) dalle sentenze della Corte di Cassazione ;2) Dalla legge sulle micropermanenti (l. n. 57/2001); 3) dall’esame delle tabelle allegate alla legge predetta. La nozione di danno biologico, frutto di elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, viene per la prima volta definita dal legislatore (comma 3 l. n. 57/2001) come “la lesione dell’integrità psicofisica della persona, suscettibile di accertamento medico legale” 7 . Accorre tuttavia evidenziare che viene elaborata solamente la nozione di danno biologico , ma non quella , più ampia, di danno alla salute che, pertanto, potrà trovare ristoro anche oltre gli stretti confini del danno biologico. 8 Il secondo alinea del citato articolo 3 , ponendo fine a dubbi interpretativi , stabilisce che “il danno biologico è risarcibile indipendentemente dalla sua incidenza sulla capacità di produzione di reddito del danneggiato”, ponendo le premesse per la transizione del danno biologica dalla sfera patrimoniale a quella non patrimoniale. 9 La principale novità della legge riguarda la necessità che la menomazione dell’integrità psicofisica debba essere accertata in base ai criteri valutativi della medicina legale. Perché il danno biologico possa essere liquidato occorre, in base alla dizione della stessa legge sulle micropermanenti che possa essere “suscettibile di accertamento medico legale”. Tale dizione richiede qualche chiarimento sulla sua esatta portata, prestandosi altrimenti a censure di incostituzionalità. 7 Sulla definizione del danno biologico da parte della dottrina, ALPA; Il danno biologico,Padova, 1993, 2.SCOGNAMIGLIO, Il danno biologico:una categoria italiana del danno alla persona, in Europa e dir.priv, 1998, 277 8 Distingue tra danno biologico e danno alla salute, BUSNELLI, Danno biologicoe danno alla salute”, in La valutazione del danno alla salute (profili giuridici, medico-legali ed assicurativi) a cura di Bargagna e Busnelli, Padova, 1988, 3 La Cassazione ha stabilito, in via generale, il criterio di liquidazione dell’ulteriore danno patrimoniale, affermando che “Il danno patrimoniale alla persona può essere liquidato soltanto quando si accerti anche a mezzo di presunzioni semplici che il singolo soggetto danneggiato che agisce per il risarcimento, per effetto del fatto lesivo della sua integrità psicofisica, subirà una perdita della sua specifica capacità futura di guadagno. In difetto di tale prova, la menomazione della sua capacità lavorativa, non incidente sulla specifica capacità futura diguadagno, deve rilevare sotto il profilo del danno alla salute.” CASS., 28/04/1999, n. 4231, in Mass. 1999. I giudici di legittimità hanno ulteriormente specificato che “il danno biologico e quello patrimoniale (considerato cioè per i riflessi della lesione sul piano economico reddituale) attengono a due distinte sfere di riferimento, dovendosi avere riguardo per il secondo alla riduzione della capacità di guadagno, e,per il primo, prevalentemente alla gravità dell'inabilità” CASS.,19/01/1999, n. 475 3 E’ da escludere che essa possa significare la necessità assoluta di disporre, in corso di causa, una consulenza medico-legale per l’accertamento del danno biologico. Nel caso in cui le parti , infatti, non siano in contrasto sulla entità della menomazione o il giudice ritenga di poterla determinare in base alla documentazione prodotta, quale “peritus peritorum”, il danno biologico potrà essere riconosciuto e liquidato in giudizio. Non occorre neanche un accertamento attuale del danno biologico, nel caso di lesioni di non rilevante entità che non hanno lasciato postumi (si pensi ad esempio, ad un pugno i cui effetti, generalmente, svaniscono nel giro di qualche giorno), purchè sia possibile effettuare una valutazione medico-legale anche “ex post”, in base a concreti elementi probatori di valutazione (es: certificato del medico curante, del pronto soccorso di un ospedale). Deve ritenersi che la dizione dell’art. 5 cit. altro non voglia dire che , ai fini risarcitori, la menomazione della integrità psicofisica deve essere vagliata in base ai criteri della medicina legale, escludendo il risarcimento del danno biologico ogni qual volta non si riscontri una danno alla persona ontologicamente esistente in base a tale scienza. Ovviamente ciò non esclude la autonoma risarcibilità di danni non rientranti sotto la nozione di danno biologico (es: morale, esistenziale) ove ne sussistano i presupposti di legge e venga riconosciuta la loro autonoma esistenza. Per la Corte di Cassazione, invece, la nozione di danno biologico è diversa da quella prevista dalla legge sulle micropermanenti , ritenendo la S.C. trattarsi di danno non patrimoniale “complesso” che comprende l’invalidità fisica, psichica, il danno alla vita di relazione,il danno estetico ed il danno da la capacità lavorativa generica. 10 Vi è dunque una evidente diversità ontologica tra le diverse nozioni di danno biologico previste dalla legge sulle micropermanenti e dalla Suprema Corte, rilevandosi anche una differente valutazione del danno biologico nell’ambito della legge stessa. Le tabelle, infatti, come riconosciuto dalla maggioranza degli operatori e dai medici legali in particolare, si riferiscono, solo al danno da invalidità fisica ed al biologico cd. “statico”, lasciando fuori le altre voci di danno che , invece, la Corte di Cassazione , ingloba nel danno biologico. Tale diversità di definizioni, desumibile dalle varie fonti, di danno biologico hanno creato incertezze tra gli operatori del diritto, la dottrina e la stessa 10 La sentenza “storica” della Corte Costituzionale n. 184/1986 in tema di danno biologico non giustificava l’assorbimento della capacità lavorativa nel danno biologico , in quanto, operata la distinzione tra “evento dannoso o pericoloso al quale appartiene il danno biologico e danno conseguenza al quale appartengono il danno morale subiettivo ed il danno patrimoniale” ne discende, quale logica conseguenza la distinzione tra il danno biologico e il danno per la diminuita capacità lavorativa , appartenendo il primo alla categoria dell’evento dannoso costitutivo dell’illecito ed il secondo costituendo una conseguenza del primo, causalmente collegabile al fatto lesivo. 4 giurisprudenza di merito che ha recepito alternativamente tali definizioni pervenendo a risultati non sempre coerenti sotto il profilo logico, soprattutto per la possibilità di duplicazione con le altre voci di danno morale ed esistenziale. Occorre, quindi, preliminarmente, specificare e definire l’ambito di riferimento delle varie voci di danno liquidate al fine di evitare confusione concettuale e duplicazioni risarcitorie. Si tenterà di dare una appropriata definizione alle più ricorrenti voci di danno: 1) Il danno morale soggettivo ricomprende il dolore e le sofferenze, trattandosi del classico “pretium doloris”;2) il danno biologico è costituito dalla lesione dell’integrità psico-fisica, suscettibile di accertamento medico-legale, risarcibile indipendentemente dalla capacità di produzione di reddito del danneggiato; 3) il danno esistenziale consiste nella lesione della personalità del soggetto, nel suo modo di essere sia personale che sociale, che si sostanzia nella alterazione apprezzabile della qualità della vita consistente in “un agire altrimenti” o in un “non poter più fare come prima”. Trattasi di voci di danno distinte che non possono creare confusione ove l’interprete abbia chiare tali nozioni. In particolare il danno morale attiene alla sfera esclusivamente personale del danneggiato ed alla sua sensibilità emotiva, mentre il danno esistenziale fa anche riferimento all’ambiente esterno ed al modo di rapportarsi con esso del soggetto leso, nell’estrinsecazione della propria personalità che viene impoverita o lesa. In base agli ultimi citati orientamenti giurisprudenziali anche il danno biologico va ricompreso nel danno non patrimoniale, in aggiunta al danno morale ed al danno esistenziale. Il danno esistenziale, contrariamente a quanto sostenuto dai suoi detrattori, che ne disconoscono la stessa esistenza, fautori della teoria riduzionistica, ha trovato riconoscimento, oltre nelle giurisprudenza di merito, anche nella giurisprudenza della S.C. e della Corte Costituzionale (sentenza n. 233/2003), quale “danno derivante dalla lesione di interessi di rango costituzionale inerenti alla persona”. Quanto alla discussa natura giuridica dei danni biologico ed esistenziale, la stessa Corte Costituzionale (sentenza n. 233/2003) attribuisce al danno biologico natura di danno non patrimoniale, aderendo alla interpretazione della Corte di Cassazione che auspica una definitiva collocazione del danno biologico nell’alveo del danno non patrimoniale (Cass. 31.5.2003, n. 8827 e 8828) Tali orientamenti giurisprudenziali consentono, ai fini di una equa liquidazione dei danni subiti dalla vittima, una valutazione unitaria dell’entità e delle ripercussione negative sulla personalità del soggetto offeso, al fine di pervenire ad una liquidazione unitaria, “nel quadro di un sistema bipolare del danno patrimoniale e di quello non patrimoniale” , auspicato dalla stessa Corte Costituzionale con sentenza n. 233 del luglio 2003, anche sull’orientamento espresso nelle pronunce della Corte di Cassazione (CASS. 31.5.2003,n. 8827 e 8828). Infatti risulta modificata la tradizionale tripartizione risarcitoria tra danno patrimoniale (art. 2043 c.c.) , danno non patrimoniale (art 2059 c.c.), liquidabile, 5 originariamente, ma con giurisprudenza consolidata fino al maggio 1993, solamente in caso di reato (art. 185 c.p.) e danno biologico, di cui era controversa la natura patrimoniale o non patrimoniale, ma liquidabile comunque, indipendentemente dalla natura giuridica, in base alla sentenza della Corte Costituzionale n. 184/1986, trattandosi della lesione di un bene costituzionalmente garantito, quale il diritto alla salute (art. 32 Cost.), in base al combinato disposto dell’art. 2043 c.c. (e non , invece, 2059 c.c., dando così origine alle incertezze sulla sua natura giuridica) e la norma costituzionale di riferimento. 2) Autonomia concettuale della capacità lavorativa generica rispetto al danno biologico Ricondotto il danno biologico nell’alveo naturale del danno non patrimoniale, trattandosi di lesione areddittuale , occorre verificare se sia coerente e razionale ricomprendere all'interno del risarcimento del danno biologico, il danno da riduzione della capacità lavorativa generica, considerata quale “lesione di un'attitudine o di un modo di essere del soggetto che non attiene alla produzione del reddito, ma si sostanzia in una menomazione dell'integrità psico-fisica risarcibile quale danno biologico”. 11 Non sembra convincente l’assioma della Cassazione che , per ricomprendere il danno da incapacità lavorativa generica ritiene che la stessa non attenga alla produzione del reddito. 12 La riduzione della capacità lavorativa è un concetto che è comunque collegato alla produzione del reddito, in quanto il lavoro presuppone una retribuzione e la ridotta capacità lavorativa , sia generica che specifica, comporta, di regola, 11 Cass. 6/08/2004, n. 15187, ined. Tale orientamento si inserisce nel filone consolidato che ritiene che, nella nozione di danno biologico, “rientrano tutte le ipotesi di danno "non reddituale",e cioe' i danni estetici, quelli alla vita di relazione, i danni da riduzione della capacità lavorativa generica. Questi ultimi, in particolare, costituendo lesione di un generico modo di essere del soggetto, non attengono in alcun modo al piano della concreta produzione di reddito, sostanziandosi, viceversa, in una menomazione della salute in senso lato, risarcibile come tale e non come perdita patrimoniale derivante dalla generica capacità lavorativa di cui ogni soggetto dispone in aggiunta (o in sostituzione) alla capacità lavorativa specifica”, Cass.15/12/2000,n.15859. in ASS.,2001,129 12 Ritiene la S.C che l’incapacità lavorativa generica non possa formare oggetto di autonomo risarcimento come danno patrimoniale,che andrà invece, autonomamente liquidato qualora alla detta riduzione della capacità lavorativa generica si associ una riduzione della capacità lavorativa specifica che, a sua volta, dia luogo ad una riduzione della capacità di guadagno,Cass. 22/06/2001,n.8599, in Questa Rivista,2002, 705, con nota di FACCI, La liquidazione del danno alla persona alla luce di alcune recenti pronunce. 6 anche una riduzione della retribuzione, presente o futura con una conseguente diminuzione della capacità di produzione del reddito del soggetto danneggiato. 13 Trattasi, pertanto, di danno di chiara valenza patrimoniale, in quanto, ciò che rileva nella ridotta capacità lavorativa generica, come in quella specifica, è la diminuita capacità di produzione del reddito che è nozione ben differente dalla “lesione di un'attitudine o di un modo di essere del soggetto che non attiene alla produzione del reddito”, come invece, affermato dalla costante giurisprudenza della Cassazione per ricomprendere tale lesione nel danno biologico. Costituisce chiaro esempio di tale inversione di tendenza all’accorpamento generalizzato di varie voci di danno nell’ambito del biologico , la configurazione del danno subito dalla “casalinga” o “casalingo”, in precedenza classificato quale danno alla capacità lavorativa generica e successivamente quale danno patrimoniale disancorato dalla capacità lavorativa generica non confinato alla casalinga che non svolga attività lavorativa, ma esteso a tutti coloro che , svolgendo anche attività lavorativa retribuita,, si occupino anche delle faccende domestiche, allargando la tutela risarcitoria anche ai danneggiati di sesso maschile 14 Fa propendere per la autonomia concettuale della capacità lavorativa generica dal danno biologico anche il diverso fondamento costituzionale dei rispettivi diritti, individuandosi, per il danno biologico, nell’art. 32 della Costituzione che tutela il diritto alla salute e per il danno alla capacità lavorativa , generica e specifica, nell’ 4 della Costituzione che tutela la scelta di qualsiasi forma di lavoro, anche futuro. 15 13 Il contrario orientamento della S.C. ritiene che “in caso di illecito lesivo dell'integrità psico - fisica della persona, detta menomazione dà luogo di per sè a danno biologico, che come tale va provato e risarcito indipendentemente dal fatto che da esso sia derivata anche una perdita patrimoniale. Pertanto, la stessa riduzione della capacità lavorativa generica, vista in sè e non per l'effetto di un mancato guadagno, è risarcibile sotto il profilo del danno biologico. Qualora, invece, a detta riduzione della capacità lavorativa generica si associ una riduzione della capacità lavorativa specifica che, a sua volta, dia luogo ad una riduzione della capacità di guadagno, detta diminuzione integra un danno patrimoniale. Ne consegue che non può farsi discendere in modo automatico dall'invalidità permanente la presunzione del danno da lucro cessante, derivando esso solo da quella invalidità che abbia prodotto una riduzione della capacità lavorativa specifica. Detto danno patrimoniale da invalidità deve essere accertato in concreto attraverso la dimostrazione che il soggetto leso svolgesse - o presumibilmente in futuro avrebbe svolto - un'attività lavorativa produttiva di reddito. La relativa prova incombe al danneggiato, e può essere anche presuntiva, purchè sia certa la riduzione della capacità lavorativa specifica”, Cass. 11/08/2000, n. 10725, in Mass. 2000. 14 Per la qualificazione del danno subito dalla casalinga nell’ambito della capacità lavorativa generica , Cass. ,15/11/1996,n. 10015 ,in Arch. Civ.,1997,750),mentre sull’inquadramento di tale danno quale danno patrimoniale, implicitamente escluso dal danno biologico, danno non patrimoniale, Cass. 3.3.2005,n. 4657. La Cassazione, in riferimento alla tutela della casalinga ritiene che Il fondamento di tale diritto, specie quando la casalinga sia componente di un nucleo familiare legittimo (ma anche quando lo sia in riferimento ad un nucleo di convivenza comunque stabile), è, difatti, 15 7 Sotto il profilo logico-giuridico , ricompreso il danno biologico nell’ambito del danno non patrimoniale, non appare corretto ricomprendervi un danno di chiara valenza patrimoniale, non preso neanche in esame dalle varie tabelle, legali per il risarcimento delle micropermanti o convenzionali, adottate dai vari Tribunali, per la liquidazione delle macropermanenti. La conseguenza consiste nella sostanziale irrisarcibilità di tale voce di danno, Ove , invece, si opti per la liquidazione della incapacità lavorativa generica nell’ambito del danno biologico il giudice dovrà necessariamente aumentare il valore del punto di invaliditào attribuire un risarcimento aggiuntivo, con un procedimento che tuttavia, non facendo riferimento solo alla “menomazione dell'integrità psico-fisica”, ma anche e soprattutto alla diminuita capacità di produzione del reddito, appare più che affidato all’equità del giudice, arbitrario, trattandosi di voci di danno non omogenee. Si eviterebbero così anche inoltre le aberranti richiesta da parte dell’Inail o dell’assicuratore che , a seguito della liquidazione della indennità da parte dell’assicuratore sociale al lavoratore danneggiato, per la perdita della capacità lavorativa specifica chiedono la riduzione del danno biologico in cui è ricompressa anche la perdita della capacità lavorativa generica. Appare evidente la non sovrapponibilità di tali voci di danno , patrimoniale, per la perdita della capacità lavorativa e non patrimoniale per il danno biologico , per cui deve , in radice, escludersi che la prima possa essere contenuta nella seconda. Va da sé che la perdita della capacità lavorativa va considerata unitariamente e non è possibile duplicare le voci di danno, nel senso che , ove riconosciuta la perdita della capacità lavorativa specifica , per un soggetto che già svolge o è in procinto di svolgere un lavoro, non vi è spazio per la liquidazione della capacità lavorativa generica, assorbita nella concreta valutazione di quella specifica. 3) Risarcibilità del danno da incapacità lavorativa generica al “minore” o al “disoccupato” Appare, quindi , evidente che il danno da incapacità lavorativa generica è un danno patrimoniale, in quanto ciò che rileva non è tanto la menomazione dell’integrità psico-fisica, risarcibile sotto la voce del danno biologico, ma la futura, diminuita capacità di produzione di reddito, concetto ontologicamente diverso dal primo. pur sempre di natura costituzionale, ma riposa sui principi di cui agli artt. 4 e 37 della Costituzione (che tutelano, rispettivamente, la scelta di qualsiasi forma di lavoro, ed i diritti della donna lavoratrice), mentre il fondamento della risarcibilità del danno biologico si fonda sul diverso principio della tutela della salute, Cass. 11/12/2000, n. 15580, Giust. Civ. 2001, 2445. 8 Inoltre appare iniquo non riconoscere alcun autonomo risarcimento al minore o al disoccupato che , ad esempio hanno subito la perdita o l’inutilizzabilità di un arto, affermando semplicisticamente che poiché al momento del sinistro non lavoravano nessun danno hanno in concreto subito. Negare, in tal caso, il danno patrimoniale da “lucro cessante” costituisce un grave “vulnus” al principio della integrità del risarcimento e della reintegrazione del patrimonio del danneggiato. In termini generali la mancanza di attività lavorativa al momento dell’infortunio, in un giovane, ma anche in un disoccupato , certamente esclude il danno da invalidità temporanea, ma non certo anche il danno futuro obiettivamente collegato alla invalidità permanente che, proiettandosi nel futuro, verrà ad incidere sulla capacità di guadagno della vittima, al momento in cui questa inizierà a lavorare. Trattasi, quindi,di operare una valutazione prognostica di un danno certus anincertus quando ma che presumibilmente si verificherà a meno che non si voglia escludere che il danneggiato non intraprenderà mai alcuna attività lavorativa, prognosi ben difficile da provare nella generalità dei casi. Ai fini della prova può farsi riferimento, otre alle specifiche attitudini e capacità del danneggiato, anche allo stato degli studi intrapresi o da intraprendere, alla situazione del marcato del lavoro , sia in generale, sia con riferimento alla specifica presumibile attività. 16 Non vi è, in tal caso,alcuna duplicazione risarcitoria in quanto il danno biologico, danno non patrimoniale, incide solamente sulla integrità psico-fisica e sulle attività non reddituali che la situazione pregressa avrebbe permesso alla vittima di svolgere, mentre il danno da incapacità lavorativa generica, danno patrimoniale, ristora la ridotta capacità di guadagno derivante dall’esercizio futuro di una attività lavorativa produttiva di reddito. Non può, infatti negarsi che un minore o un disoccupato, in tali condizioni fisiche, allorché entreranno nel mondo del lavoro, avranno evidenti difficoltà sia nel trovare lavoro , sia nel trovare un lavoro comunque confacente alle proprie aspettative o al grado di istruzione, oltre alla maggiore difficoltà di portarlo a termine, rispetto ad un lavoratore senza quella lesione. 17 16 La stessa Corte di Cassazione apre dei varchi alla autonoma risarcibilità del danno da incapacità lavorativa generica affermando che “il danno patrimoniale alla persona può essere liquidato soltanto quando si accerti anche a mezzo di presunzioni semplici che il singolo soggetto danneggiato che agisce per il risarcimento, per effetto del fatto lesivo della sua integrità psicofisica, subirà una perdita della sua specifica capacità futura di guadagno. In difetto di tale prova, la menomazione della sua capacità lavorativa, non incidente sulla specifica capacità futura di guadagno, deve rilevare sotto il profilo del danno alla salute, Cass. 28/04/1999, n. 4231,in questa Rivista, 2000, 110, con nota di BASTIANON,Brevi osservazioni in tema di prova del danno patrimoniale da lucro cessante (in caso di sinistro stradale) 17 La Corte di Cassazione opera, peraltro, dei distinguo , quando, ad esempio, afferma che “la riduzione della capacita' lavorativa di un soggetto che svolge vari e saltuari lavori non 9 Occorre anche evidenziare la mutata realtà sociale , caratterizzata dall’accentuarsi del lavoro a termine o interinale con la prospettiva di diversi rapporti di lavoro nella vita di ciascun soggetto, in contrasto col “lavoro per sempre”, tipico del rapporto di lavoro a tempo indeterminato. In tale mutata prospettiva la perdita della capacità lavorativa generica, ben lungi dall’essere “un modo di essere dell’individuo” , costituisce un autonomo danno di chiara valenza patrimoniale, pregiudicando la possibilità del danneggiato di trovare anche lavori interinali , nell’arco della propria vita lavorativa. L’effettiva difficoltà di individuare un criterio risarcitorio omogeneo per tale lesione non ne può pregiudicare l’autonoma risarcibilità, ove l’entità del danno non incida solo sulla integrità psico-fisica, ma anche sulla capacità futura di guadagno derivante dall’esercizio di una presumibile, probabile, attività produttiva di reddito conforme alle abilità o qualificazioni tecnico-professionali di cui la persona sia già in possesso o sia in grado di acquisire secondo criteri di normalità proiettiva. In tale ultimo caso, il criterio risarcitorio sarà basato sul presumibile lavoro che la vittima avrebbe svolto, in base agli studi effettuati, la capacità dimostrata, la situazione del mercato del lavoro, soprattutto ove trattasi di attività manuali o intellettuali specifiche in cui è facilmente prevedibile che il soggetto leso avrebbe svolto l’attività specifica. Quale base di calcolo possono utilizzarsi anche le nozioni di “comune esperienza” quali lo stipendio o la remunerazione iniziale che il soggetto avrebbe percepito una volta entrato nel mercato del lavoro, procedendo ad una liquidazione equitativa, in base alle tabelle usuali di liquidazione del danno da incapacità lavorativa specifica, ove al posto della percentuale di diminuita capacità lavorativa specifica si prenderà come indice di riferimento la percentuale di diminuzione della capacità lavorativa generica. Ove, invece, non sia possibile determinare in concreto la futura probabile attività lavorativa potrà farsi riferimento, ai fini della determinazione presuntiva del futuro lavoro, alla posizione economico-sociale della famiglia di appartenenza, agli studi intrapresi ed alle inclinazioni manifestate, facendo riferimento, quale criterio residuale per la determinazione di una base di calcolo qualificati, o dell'operaio non specializzato, non e' assimilabile alla incapacita' lavorativa generica, liquidabile solo nell'ambito del danno biologico, ma e' pur sempre fonte di danno patrimoniale, da valutarsi considerando quale sia stata in concreto la riduzione della capacita' lavorativa specifica del soggetto leso, che puo' determinarsi tenendo conto della varieta' di attivita' o di lavorazioni che il soggetto puo' essere chiamato a compiere, in riferimento alla situazione lavorativa specifica, ambientale e personale, del soggetto stesso,” Cass. 11/12/2003,n. 18945, in Arch.giur. circ. sin.,2004, 510 . La stesa pronuncia chiarisce che “la mancanza di un reddito al momento dell’infortunio, può escludere il danno da invalidità temporanea, ma non anche il danno futuro collegato alla invalidità permanente che, proiettandosi nel futuro, verrà ad incidere sulla capacità di guadagno della vittima, al momento in cui questa inizierà una attività remunerata” 10 del lucro cessante, ai criteri di determinazione presuntiva del reddito , previsti dall’art. 4 l.n. 39/1977. Ciò che va ribadito, comunque, è che la diversità ontologica tra il danno biologico ed il danno da incapacità lavorativa generica, impone un autonomo e distinto risarcimento per ciascuna voce. Si auspica, pertanto, un “revirement” della Corte di Cassazione che non può non tenere conto della mutata qualificazione giuridica del danno biologico che impone, sotto il profilo logico-concettuale diversi ed autonomi risarcimenti delle due distinte voci di danno. DOMENICO CHINDEMI 11