Qua potete trovare un dossier scritto nel 2009 a
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Qua potete trovare un dossier scritto nel 2009 a
UN TUFFO NEL CEMENTO MONDIALI DI NUOTO ROMA 2009. CRONACA DI UNA SPECULAZIONE ANNUNCIATA. UN PROGETTO CALATO DALL’ALTO, NESSUNA PARTECIPAZIONE DA PARTE DEI CITTADINI. EPPURE QUALCUNO L’AVEVA DETTO. ECCO COSA SUCCEDE QUANDO I TERRITORI SONO TERRA DI CONQUISTA E NON PROGETTO CONDIVISO. a cura del Laboratorio del Precariato Acrobax Project Cosa accade quando i territori vengono sfruttati, saccheggiati, strumentalizzati? Cosa accade quando si costruiscono cattedrali nel deserto promettendo ristrutturazioni e migliorie per la cittadinanza? Cosa accade quando i promotori, i costruttori, coloro che ne hanno tratto vantaggio e chi dovrebbe gestire gli impianti, finisce sotto inchiesta per tangenti? Se poi tutte queste persone, nella città di Roma, appartengono tutti ad una rete che unisce rappresentanti poliici, imprenditori, malavita organizzata e settori dell’estrema destra, che cosa accade? Molto spesso nulla. Ma, in alcuni casi, un tessuto sociale multiforme, eterogeneo ed attivo si mobilita, si informa ed informa il resto dei cittadini e delle cittadine; in poche parole si indigna e richiede i propri diritti, si riappropria del suo territorio. E’ questo lo scopo del presente dossier, opera di donne e uomini, precari, studenti e attivisti che vivono nell’XI municipio e guardano con attenzione a ciò che succede nella zona di Valco S.Paolo, dove più di un anno fa iniziavano i lavori di una piscina per i mondiali di nuoto, svolti a Roma a Luglio 2009. La piscina di Valco San Paolo nel marzo 2010 Quell’opera ha trasformato la fisionomia dell’ansa del Tevere e la sua naturale vocazione al verde. Ha costruito cemento su cemento. Due anni fa, riuniti in un comitato territoriale insieme ad altre associazioni e cittadini, abbiamo impedito che lo scempio fosse ancora più grande; ci siamo mobilitati e ci siamo battuti perché in quell’area fossero costruiti anche aree verdi e giochi per bambini. Volevamo insomma che lo spazio fosse riqualificato per gli abitanti del territorio. Ma soprattutto avevamo chiesto ed ottenuto che non fosse distrutta la possibilità di costruire un possibile parco del Tevere. Avevamo avuto garanzie che la piscina sarebbe stata sfruttata e gestita, dopo i mondiali, per il soddisfacimento dei bisogni del territorio. A distanza di 10 mesi dal mondiale dobbiamo tristemente prendere atto dello stato dei fatti. I lavori per l’area verde non sono stati minimamente attivati e, probabilmente, non lo saranno. La strada costruita non certo accogliente per le passeggiate dei cittadini, piccoli o grandi che siano. Ma, soprattutto, la piscina è stata usata per 20 giorni nel Luglio scorso e, da allora, è stata chiusa ed abbandonata. Uno spazio vuoto, in parte incompleto, che rimane a simbolo di uno spreco di soldi pubblici, dei nostri soldi. Come in passato (ricordate Italia ’90?) nuove cubature di cemento vengono costruite e i soliti noti ci si arricchiscono. Dalla nostra storia, anche recente, non impariamo mai nulla. Quello che segue è una raccolta di documenti ed articoli di giornale che provano a raccontare una storia lunga un anno e mezzo, con un triste epilogo, di cui avevamo avuto sentore sin dall’inizio. Un tempo strettissimo e striminzito, sotto il cielo dell’emergenza, quello durante il quale la giunta di centro sinistra ha deciso di fare i lavori e la giunta del centro destra li ha attivati con modalità decisamente discutibili. Tutti hanno quindi le proprie responsabilità. Ma questo piccolo dossier non serve solo a denunciare lo stato attuale ma, bensì, a rilanciare e a rivendicare uno stato possibile. Vogliamo infatti che la piscina sia completata e messa in funzione come spazio pubblico e bene comune. Ovvero che sia data la pos- 2 INDICE 03 06 09 14 ANSA DEL TEVERE: UNA BATTAGLIA PER UNO SPAZIO PUBBLICO. IL PROGETTO ANSA DEL TEVERE IL NOSTRO TERRITORIO. sibilità a chi vive questo territorio, a chi lo attraversa quotidianamente per lavoro o per studio, di usufruire di uno spazio affinché possa vivere uno sport per tutti e tutte. Ciò significa prezzi popolari, fuori dalle logiche della speculazione e libero dai diktat dello sport per soli professionisti. Inoltre vogliamo che vengano ultimati i lavori dell’area verde in carico al Comune, per garantire uno spazio di socialità e possibilità di frequentare un’area verde, a partire dalle esigenze dei bambini. Vogliamo che ci venga restituito il nostro territorio e che vengano garantiti i nostri diritti! 01 ANSA DEL TEVERE: UNA BATTAGLIA PER UNO SPAZIO PUBBLICO RASSEGNA STAMPA: UNA SPECULAZIONE ANNUNCIATA Alla fine del 2007 una serie di incontri tra i cittadini della zona S.Paolo-Marconi ha portato alla costituzione del comitato ansa del tevere, ufficializzata nel Gennaio 2008. Di quel comitato fanno parte diversi abitanti del quartiere ed alcune realtà locali: il Laboratorio sociale Acrobax, l’A.r.p.j. tetto o.n.l.u.s., l’85 circolo didattico Livio Tempesta, l’oratorio del Murialdo. La rete tra i cittadini e le associazioni nasce intorno alla necessità di rivalorizzare il lungotevere Dante e 3 Lungotevere Dante il piazzale antistante l’ex-Cinodromo, per rispondere alla mancanza di spazi verdi accessibili e luoghi d’incontro nel quartiere. Infatti, dalla prima assemblea pubblica fatta alla scuola Livio Tempesta, diverse persone che vivono la zona si sono cominciate ad attivare: chi abita a valco san Paolo da una vita e lì è cresciuto, chi ha figli proprio in quella scuola o li porta a giocare nei campi sportivi sul LungoTevere Dante. Uomini e donne, chi fa il professore o chi è pensione, chi è un convinto sostenitore di una mobilità alternativa a piedi o in bicicletta e chi si sente asfissiare da troppo cemento o chi, semplicemente, vuole innalzare la qualità della vita del territorio. Ma c’è anche chi attraversa questo territorio per venire a lavorare o a studiare. Insomma, il comitato ha come minimo comune denominatore una partecipazione attiva e plurale che nasce da un’attenzione alle trasformazioni e a come queste incidono sulla vita quotidiana di ognuno di noi. Riuscire a combinare diverse esigenze e a costruire un percorso di partecipazione vuol dire anche creare un senso di responsabilità rispetto a quello che si realizzerà. Vuol dire riuscire a far vivere come centralità uno spazio perchè è una parte del territorio che si vive quotidianamente; è un legame continuo e non occasionale, che riesce ad rendere protagonisti attivi tutti e tutte. Il protagonismo sociale, in questo caso, si traduce nell’affermazione di priorità teoriche e pratiche che nascono in un una dinamica orizzontale. Proprio in questo percorso, infatti, abbiamo imparato a costruire un’alfabeto ed un linguaggio comune fatto di confronti diretti, di saperi e proposte differenti e di condivisione. E’ chiaro che questo comporta tempi ed attenzioni che, però, sono necessari per non creare un meccanismo di imposizione, bensì per attivare una dinamica partecipativa che porti ad uno spazio pubblico e collettivo. Per questo scrivevamo: “La partecipazione e il coinvolgimento delle comunità locali sono riconosciute come una delle azioni chiave per affrontare la crisi delle città. L’attuale modello di sviluppo urbano, che vede la preponderanza del fattore economico sugli altri aspetti della vita aggregata e la dimensione a-territoriale degli scambi commerciali, ha innescato a scala locale un processo di omologazione culturale e di frammentazione del legame sociale. Progressivamente lo spazio pubblico è entrato in crisi, è stato messo al servizio delle linee di sviluppo adottate dai poteri forti, ridotto a luogo per il consumo, per il parcheggio o relegato entro confini stabiliti circondato da cancellate che trasformano gli spazi pubblici in gabbie. La distanza che si è creata tra le persone, e tra le persone ed i luoghi, porta anche alla perdita della memoria storica dei luoghi e delle reti sociali; non ci sono più spazi per scambio intergenerazionale e il costo sociale da pagare sarà altissimo. Sempre più frequenti sono ad esempio i fenomeni di isolamento e solitudine, non ci si conosce e questo aumenta la paura che viene facilmente strumentalizzata dai mass media. Chi paga il prezzo più alto rispetto alle altre categorie d’età sono i bambini che non vivono più quelle esperienze ambientali, fondamentali per un corretto sviluppo dell’autonomia e delle capacità relazionali. Diventa necessaria la ricostruzione sociale dello spazio pubblico, creando luoghi che facilitino il dialogo tra le persone, consolidino le relazioni umane, stimolino un sentimento di affezione e di responsabilità rispetto ai luoghi del vivere quotidiano. Le nostre città sono messe in scena nei centri commerciali o nei centri storici ridotti a vetrine, dove la comunicazione vera è assente, le 4 relazioni umane sono sempre mediate dal consumo di merci e già stabilite. Se è vero che la nostra è ormai una metropoli che rispecchia una società allargata, multilivello e complessa, è anche vero che riproduce la sua frammentazione sociale. E’ per questo che non si può dedicare attenzione solo al “centro-vetrina”, ma è necessario intervenire nelle diverse zone della città. Ognuna infatti ha le sue comunità, le sue dinamiche e suoi centri. E’ importante valorizzare l’inclusione in un percorso proprio per la possibilità di ricomporre quell’atomizzazione sociale che si è prodotta negli ultimi decenni. La tensione ad una città diversa, ad una città che segua un ritmo umano che adegui i propri spazi e i propri tempi ai cittadini grandi e piccoli, è diffusa, il Comitato Ansa del Tevere è un esempio, tra i tanti, della forma che questa tensione può assumere.” Da qui nasce, dunque, la formalizzazione di sotto al campidoglio, ha portato ad una trattativa con il Comune ed il Commissario ai mondiali riuscendo a bloccare un progetto che, semplicemente, andava contro il buon senso. Quello che siamo riusciti ad ottenere ad oggi è stato mantenere le dimensioni originali della strada, già molto larga; impedire l’abbattimento del cinodromo; la creazione di spazi verdi nella prima parte di strada; evitare lo sgombero dei Rom. Quest’ultima parte è stata evitata concedendo al Servizio giardini una parte completamente inattiva del cinodromo ed ottenendo la ristrutturazione del tetto dell’abitazione dei rom oltre ad uno spazio prefabbricato che verrà adibito a palestra popolare. Queste conquiste e queste scelte sono state frutto di una battaglia durata quasi 2 anni che ha visto mobilitarsi gli abitanti di un territorio per reclamare spazi pubblici e verde per la collettività. E’ evidente che tutto questo non è suffiPiazzale antistante Acrobax, ex cinodromo ciente e che molte mediazioni si sono dovute accettare; per questo motivo crediamo che quello che abbiamo avuto è solo del Comitato che ha organizzato sopral- una parte di ciò che ci spetta, così come luoghi e passeggiate lungo l’ansa, ha rac- continueremo a monitorare e a mobilitarci colto desideri e suggestioni, ha costruito per riuscire a conquistare ulteriori servizi momenti di socialità e, soprattutto, di in- e spazi verdi su quel territorio, fino a che formazione sul territorio. L’attivazione di non vedremo finalmente realizzato il Parco tutte queste persone ha prodotto iniziative Tevere sud. che puntavano, da subito, ad una trasformazione effettiva dei luoghi e alla salvaguardia di quella porzione di territorio con la sua vocazione naturale. Inoltre in quello spazio è previsto da anni la costituzione IL PROGETTO ANSA DEL del parco Tevere sud, che ad oggi rimane TEVERE ancora un progetto. Nello stesso tempo il comitato si è dovuto [Sostenibilità urbana] confrontare con i progetti operativi per i Viviamo un’epoca nella quale a parole tutto mondiali di nuoto e la volontà di trasforsembra poter e dover diventare sostenibimare completamente l’immagine di quella le, la città, la società, lo sviluppo. La defiparte di territorio, tra cui anche l’abbattinizione di sostenibilità deriva dal cosiddetmento di una parte del Cinodromo occuto rapporto Bruntland pubblicato nel 1987 pato, mettendolo a rischio sgombero, e lo che definisce lo “sviluppo sostenibile come spostamento forzato della rimanente cola soddisfazione dei bisogni delle attuali munità rom di vicolo Savini, che aveva degenerazioni senza compromettere quelciso, prima dello spostamento del campo, li delle future generazioni.” Tale di occupare un piccolo casale. definizione negli ultimi 25 anni è Una serie di iniziative territoriali e assemstata al centro di un importante diblee, oltre un blocco del cantiere e presibattito, che ha fatto emergere una 02 5 7 m di strada, 2 corsie, un senso di marcia, pista ciclabile, verde attrezzato, 30 km/h 18 metri di strada carrabile ad alta percorrenza , 4 corsie, 2 sensi di marcia serie di contraddizioni legate, per esempio, al concetto di “crescita sostenibile” e ad un abuso del termine sostenibilità. Nel giugno del 1996 ad Istanbul durante la seconda conferenza Habitat II, sono stati affrontati i problemi ambientali legati al tema degli insediamenti umani. Documento cardine della conferenza è l’Agenda Habitat II che ha stabilito il duplice obiettivo di assicurare un alloggio adeguato per tutti e di sviluppare insediamenti umani sostenibili. L’attuale modello di sviluppo socio-ecomonico e di gestione urbana è la causa principale della “deriva” e dell’insostenibilità ecologica e sociale delle nostre città. I partecipanti alla Conferenza hanno riconosciuto che, al fine di migliorare la qualità della vita nelle città del mondo, sono necessarie politiche olistiche, complessive e partecipative. Agenda Habitat, paragrafo 213: “Nei Governi risiede la principale responsabilità di attuare l’Agenda Habitat. I Governi, in quanto partner idonei, dovrebbero creare e rafforzare, in ogni paese, un’efficace partenariato con le donne, i giovani, gli anziani, i disabili, i gruppi vulnerabili ed emarginati, i popoli e le comunità indigene, le autorità locali, il settore privato e le organizzazioni non governative…” [Perché la partecipazione dei cittadini] La partecipazione e il coinvolgimento delle comunità locali sono riconosciute come una delle azioni chiave per affrontare la crisi delle città. L’attuale modello di sviluppo urbano, che vede la preponderanza del fattore economico sugli altri aspetti della vita aggregata e la dimensione a-territoriale degli scambi commerciali, ha innescato a scala locale un processo di omologazione culturale e di frammentazione del legame sociale. Progressivamente lo spazio pubblico è entrato in crisi, è stato messo al servizio delle linee di sviluppo adottate dai poteri forti, ridotto a luogo per il consumo, per il parcheggio o relegato entro confini stabiliti circondato da cancellate che trasformano gli spazi pubblici in gabbie. La distanza che si è creata tra le persone, e tra le persone ed i luoghi, porta anche alla perdita del- 6 la memoria storica dei luoghi e delle reti sociali; non ci sono più spazi per scambio intergenerazionale e il costo sociale da pagare sarà altissimo. Sempre più frequenti sono ad esempio i fenomeni di isolamento e solitudine, non ci si conosce e questo aumenta la paura che viene facilmente strumentalizzata dai mass media. Chi paga il prezzo più alto rispetto alle altre categorie d’età sono i bambini che non vivono più quelle esperienze ambientali, fondamentali per un corretto sviluppo dell’autonomia e delle capacità relazionali. Diventa necessaria la ricostruzione sociale dello spazio pubblico, creando luoghi che facilitino il dialogo tra le persone, consolidino le relazioni umane, stimolino un sentimento di affezione e di responsabilità rispetto ai luoghi del vivere quotidiano. Le nostre città sono messe in scena nei centri commerciali o nei centri storici ridotti a vetrine, dove la comunicazione vera è assente, le relazioni umane sono sempre mediate dal consumo di merci e già stabilite. Se è vero che la nostra è ormai una metropoli che rispecchia una società allargata, multilivello e complessa, è anche vero che riproduce la sua frammentazione sociale. E’ per questo che non si può dedicare attenzione solo al “centro-vetrina”, ma è necessario intervenire nelle diverse zone della città. Ognuna infatti ha le sue comunità, le sue dinamiche e suoi centri. E’ importante valorizzare l’inclusione in un percorso proprio per la possibilità di ricomporre quell’atomizzazione sociale che si è prodotta negli ultimi decenni. La tensione ad una città diversa, ad una città che segua un ritmo umano che adegui i propri spazi e i propri tempi ai cittadini grandi e piccoli, è diffusa, il Comitato Ansa del Tevere è un esempio, tra i tanti, della forma che questa tensione può assumere. Tempesta, l’oratorio del Murialdo. La rete tra i cittadini e le associazioni nasce intorno alla necessità di rivalorizzare il lungotevere Dante e il piazzale antistante l’ex-Cinodromo, per rispondere alla mancanza di spazi verdi accessibili e luoghi d’incontro nel quartiere. Il percorso di riqualificazione da parte delle realtà locali è iniziato nel 2006 quando il Laboratorio sociale Acrobax, in collaborazione con la polisportiva All Reds e il Municipio XI, ha realizzato un campo di basket nello spazio antistante l’ex cinodromo, sede del Laboratorio stesso nonché di altre numerose attività. L’iniziativa di Acrobax ha incontrato l’interesse di un’altra realtà territoriale: l’associazione Romana Pro Juventute Tetto O.N.L.U.S (arpj-Tetto-o.n.l.u.s.). Da tempo l’A.R.P.J. si stava interessando alla risistemazione del Lungotevere Dante all’interno di un progetto più ampio legato all’autonomia negli spostamenti dei piccoli ospiti della struttura e all’accessibilità alla struttura stessa. Da questo primo impulso ne è seguito un altro ugualmente importante tra dicembre 2007 e Gennaio 2008, quando i cittadini e le cittadine si sono attivati su questo percorso, formando così il nucleo solido del Comitato. Infatti, dalla prima assemblea pubblica fatta alla scuola Livio Tempesta, diverse persone che vivono la zona si sono cominciate ad attivare: chi abita a valco san Paolo da una vita e lì è cresciuto, chi ha figli proprio in quella scuola o li porta a giocare nei campi sportivi sul LungoTevere Dante. Uomini e donne, chi fa il professore o chi è pensione, chi è un convinto sostenitore di una mobilità alternativa a piedi o in bicicletta e chi si sente asfissiare da troppo cemento o chi, semplicemente, vuole innalzare la qualità della vita del territorio. Ma c’è anche chi attraversa questo territorio per venire a lavorare o a studiare. [Comitato spontaneo Ansa del Teve- Insomma, il comitato ha come minimo re] comune denominatore una partecipazione Il Comitato Ansa del Tevere si è costituito attiva e plurale che nasce da un’attenzione nel gennaio 2008, ne fanno parte diversi alle trasformazioni e a come queste incidoabitanti del quartiere ed alcune realtà lo- no sulla vita quotidiana di ognuno cali: il Laboratorio sociale Acrobax, l’A.r.p.j. di noi. tetto o.n.l.u.s., l’85 circolo didattico Livio Da qui nasce, dunque, la formaliz 7 Area antistante l’ex cinodromo secondo il Comitato Ansa del Tevere zazione del Comitato che ha organizzato sopralluoghi e passeggiate lungo l’ansa, ha raccolto desideri e suggestioni, ha costruito momenti di socialità e, soprattutto, di informazione sul territorio. L’attivazione di tutte queste persone ha prodotto iniziative che puntavano, da subito, ad una trasformazione effettiva dei luoghi L’adesione al “Giorno del gioco 2008” è un esempio di riappropriazione e trasformazione diretta dello spazio pubblico che vede protagonisti i bambini e le bambine della scuola Livio Tempesta, 85° circolo didattico. Gli alunni della scuola trasformeranno il piazzale antistante l’ex-cinodromo (Ponte Marconi, via della Vasca Navale 6) in un campo da gioco . Giocheranno a basket nel campo esistente, costruiranno giochi e risistemeranno gli spazi verdi . Si vuole restituire agli abitanti del quartiere una piazza: un luogo per l’incontro, il gioco e il riposo. La molteplicità della composizione del comitato ci ha portato a scegliere di ruotare ogni volta la sede dove svolgere le nostre riunioni. Riuscire a combinare diverse esigenze e a costruire un percorso di partecipazione vuol dire anche creare un senso di responsabilità rispetto a quello che si realizzerà. Vuol dire riuscire a far vivere come centralità uno spazio perchè è una parte del territorio che si vive quotidianamente; è un legame continuo e non occasionale, che riesce ad rendere protagonisti attivi tutti e tutte. Il protagonismo sociale, in questo caso, si traduce nell’affermazione di priorità teoriche e pratiche che nascono in un una dinamica orizzontale. Proprio in questo percorso, infatti, abbiamo imparato a costruire un’alfabeto ed un linguaggio comune fatto di confronti diretti, di saperi e proposte differenti e di condivisione. E’ chiaro che questo comporta tempi ed attenzioni che, però, sono necessari per non creare un meccanismo di imposizione, bensì per attivare una dinamica partecipativa che porti ad uno spazio pubblico e collettivo. 8 03 IL NOSTRO TERRITORIO [Il cono] Le trasformazioni hanno segnato la città di Roma, come tutte le città urbane divenute metropoli; quelle che avvengono sotterranee e quelle che divengono simboliche, effettuate a spron battuto e che trasformano l’assetto urbanistico, produttivo e sociale del tessuto metropolitano. La realtà che proveremo a raccontare, delimitata da una parte dal Tevere e dall’altra dalla Cristoforo colombo, terrà come direttrici di riferimento Viale Marconi e Via Ostiense. Guardandola dall’alto, quest’area, assume una forma conoidale: per gioco, e per omaggio all’America Latina, lo potremmo chiamare “il cono sud” di Roma [Viale Marconi] Il quartiere che si sviluppò intorno a Viale Marconi, dalla prima metà del ‘900 fino ad oggi, è un quartiere sostanzialmente popolare che ha ospitato una serie di fabbriche più o meno grandi; l’Ex OMI, La Vasca navale, dove si svolgevano i test per le imbarcazioni, un teatro di Posa che in seguito diventerà la sede dell’istituto Cinetv “R.Rossellini”. Inoltre vi sono una serie di altiforni, situati a Lungotevere Papareschi, la via che porta da viale Marconi al ponte di ferro, che oggi sono divenuti spazi per il Teatro India mentre alcuni sono in stato di abbandono. La zona subì una prima trasformazione all’inizio degli anni ‘80 quando le fabbriche si svuotarono o vennero abbandonate e Viale Marconi divenne sede di numerosi negozi, per lo più a gestione famigliare. La strada accoglieva una fascia popolare che li intorno abitava o ragazzi che, da zone periferiche, venivano a scuola, frequentano lo struscio o i negozi con prezzi abbordabili. L’area che si sviluppa intorno a Viale Marconi, che va da Piazzale della Radio fino alla congiunzione con la Cristoforo Colombo, passando per Ponte Marconi, fino a una decina di anni fa era considerata e percepita dagli stessi abitanti come un zona periferica o di confine. Da una parte si trovava l’accesso all’EUR e quartieri come Torrino, Mostacciano o Spinaceto, dall’altra la zona della Magliana; era un passaggio verso zone che, percepite come lontane o periferia estrema, a breve si sarebbero trasformate in zone residenziali inserite a pieno nella città. Contribuito al processo di espulsinoe La trasformazione radicale si palesa con l’arrivo dell’Università degli studi di Roma3, una decina di anni fa. Gli spazi vengono recuperati, ristrutturati o costruiti ex novo: le ex Officine Metalmeccaniche Italiane divengono la sede delle facoltà di ingegneria e fisica, la vasca navale viene inglobata dentro le recinzioni dell’Università, viene costruita la nuova sede di Matematica. Ultimamente la Terza Università ha acquistato terreni anche su lungotevere dei Papareschi ed ha iniziato dei lavori per la costruzione di alloggi. Nasce il progetto di “Campus diffuso” all’interno dell’ansa del Tevere, una curva delimitata da tutto lungo Tevere Dante. Intanto Viale Marconi trasforma la sua fisionomia; la via diviene piena di negozi, da piazzale della Radio al Ponte. Nasce un vero e proprio centro commerciale all’aperto; aprono le sedi delle grandi catene di elettronica, ali- 9 mentari, editoria. Chiaramente la zona entra a far parte della grande bolla speculativa degli affitti, soprattutto grazie al fatto che molti appartamenti ospitano gli studenti universitari. Ma è anche vero che nel quartiere regge ancora una struttura popolare originaria. L’attraversamento è molteplice: da chi viene a fare shopping a chi lavora nella struttura commerciale, da chi attraversa la zona perchè viene a studiare a chi la attraversa per tornare a casa, da chi vive li da anni a chi ci vive da pochi mesi. La strada si allarga dunque ad un’intera area, la direttrice di Viale Marconi diviene una linea di produzione e di trasformazione; dalla mattina alla sera i flussi che la attraversano la rendono un’arteria centrale della metropoli romana. I mercati generali vengono spostati fuori il raccordo e negli spazi rimasti viene progettata la Città dei giovani, un esperimento di ri/produzione delle dinamiche giovanili nella costruzione di senso e immaginario. Così come ci sarà il negozio alla moda e trandy così ci sarà il centro sociale trandy! Dove c’erano le strutture industriali, come la vetreria ostiense o la ex Alfa romeo, ora ci sono i locali di Roma3; nel primo caso la struttura è stata abbattuta e si è costruito ex novo la Facoltà di Giurisprudenza ed il Rettorato, nel secondo caso la fabbrica di auto si è trasformata nella sede di Lettere, o meglio, nella “fabbrica del sapere” (slogan ripetuto fino alla nausea nei primi anni di vita dell’Università Roma3). Anche in questo caso, come a Viale Marconi, la presenza dell’università è simboli[Via Ostiense] ca oltre che s/travolgente; il cambiamento L’Ostiense collega Roma ad Ostia ed è una del territorio coincide con il suo arrivo, si delle consolari romane, direttrice per chi abbassa l’età media dei soggetti che attradal centro va verso la periferia, o meglio, versano la via Ostiense, e le zone immeper chi esce da Roma; di questa strada diatamente limitrofe, ed il loro ruolo proprenderemo in considerazione la porzione duttivo. che da Piramide arriva alla stazione “Ma- La via in questo caso raddoppia il suo oragliana” della metro B. rio di maggiore attività: alla mattinata Anche qui vediamo tradotta la trasforma- vede aggiungersi la tarda serata. zione della metropoli, e del suo tessuto so- Infatti, affianco alle sedi delle facoltà, negli ciale, in una nuova fisionomia dei luoghi ultimi anni sono fioriti negozi, loft e locae degli spazi, fisici o concettuali; troviamo li. Il “divertimentificio” notturno stravolge una diffusione della conoscenza in parti- completamente il ritmo a cui era abituato celle sempre più piccole di territorio. il territorio, creando nuova produzione e La sua struttura produttiva, nel tempo, si ospitando tanto chi viene a “distrarsi” per trasforma. qualche ora, ma anche chi per diverse ore La via prima era caratterizzata fortemen- lavora. te per la presenza di alcuni siti produttivi come il gazometro, la sede dell’ENEL, La percezione del territorio, anche in quei mercati generali, la fabbrica dell’ex Alfa sto caso, cambia; perfettamente inseriti romeo, oltre ad alcuni siti industriali mi- nel flusso della metropoli, chi vive intorno nori. all’Ostiense percepisce quello spazio non Il suo tessuto produttivo e sociale, che l’ha più di attraversamento verso la periferia disegnata fino a dieci anni fa, improvvisa- ma di integrazione nel centro. mente muta in modo radicale. Questa via ha visto la storia della resisten- [L’ansa del Tevere] za partigiana attraversarla, proprio per la La zona di Valco San Paolo, delimitata da sua composizione sociale dovuta ai posti viale Marconi e dalla riva del fiume ospita di lavoro. Inoltre la sua vicinanza a Garba- diverse realtà sociali, associazioni sportitella, quartiere storicamente popolare che ve e alcune facoltà dell’Università di Roospitava molti di quelli che li lavoravano, ci maTre. fornisce un’ulteriore spiegazione. Attualmente tutta la strada che costeggia la riva del 10 fiume,lungotevere Dante è lasciata all’abbandono e all’incuria. Questa porzione di territorio, però, è attualmente uno dei pochissimi luoghi che potrebbe ospitare degli spazi verdi messi a disposizione di una cittadinanza che vive soffocata da cemento. Potrebbe rappresentare una possibilità per un territorio così densamente abitato; una possibilità di incontro e riappropriazione per diverse generazioni e composizioni, uno spazio pubblico destinato al benessere della cittadinanza. proposte del Comune di roma e dell’Università RomaTre. Sulla base di tali informazioni e sui dialoghi con l’ufficio progetti metropolitani, che ha permesso di visionare le tavole del progetto, il Comitato Ansa del Tevere ha iniziato un percorso di progettazione partecipata per definire soluzioni progettuali ‘a somma positiva’ in grado di perseguire contestualmente le esigenze degli abitanti, del comune di Roma e dell’Università RomaTre. Le proposte progettuali dovranno tener conto delle reali esigenze dei diversi attori territoriali, in modo da non incorrere in quelle situazioni che si verificano di frequente nei processi inclusivi: dalla sindrome NIMBY ai ricatti messi in atto dai poteri forti, dal disinteresse delle amministrazioni nei confronti dei soggetti deboli alla riduzione della partecipazione a forme di ‘cattura di consenso’, ecc. Il primo passo è stato quello di capire i bisogni degli abitanti, ponendosi una serie di domande al fine di trovare delle possibili soluzioni. Le varie proposte contemplano anche le Quali sono le risorse? [Bisogni degli abitanti e risorse del territorio emersi dagli incontri e dai questionari] Cosa manca? Luoghi di socializzazione e incontro. Spazi per camminare, gradevoli e accessibili. Libertà di percorrenza (ci sono molti cancelli e recinzioni). Campi da calcio liberi e gratuiti. [Progetto] Luoghi di sosta. Il Comitato ha cercato di reperire il mag- Autonomia di movimento dei bambini. gior numero di informazioni possibile su- Parco per i bambini protetto. gli interventi previsti dal progetto urbano Spazi per il gioco libero. Ostiense-Marconi. Contatto con il fiume. L’amministrazione pubblica è sempre re- Facilità nell’acquisto di generi alimentari. stia a mostrare i disegni di progetto e tale Verde. difficoltà si è aggravata in conseguenza Parcheggi. degli ultimi avvenimenti politici. Divertimenti ed occasioni di socializzazioI documenti di riferimento sono le tavole ne per i giovani e gli adolescenti,oggi del del PRG e i disegni di progetto e il plasti- tutto assenti. co presentato dall’Università RomaTre l’11 Sicurezza negli spostamenti a piedi e in bisettembre 2008 presso l’Auditorium. cicletta. La tranquillità. La Quiete. Non è un agglomerato di palazzoni. C’è tantissimo verde, ore inaccessibile, che andrebbe riqualificato. Il Fiume. L.O.A Acrobax. Vasca navale. Associazioni sportive e a scopo sociale che insistono sull’area dagli anni ’50. Importante patrimonio immateriale:storia dell’ansa (andrebbeo raccolte le memorie e le foto di famiglia) Università Romatre. La parrocchia San Murialdo. Centro Anziani. 11 04 RASSEGNA STAMPA: UNA SPECULAZIONE ANNUNCIATA. Il Tempo 28/4/09 La presentazione agli studenti “I Mondiali di nuoto un’occasione per tutta Roma” I Mondiali di nuoto e la loro importanza per la città e l’economia romana spiegati agli studenti. Per questo il presidente della Provincia Nicola Zingaretti, l’assessore provinciale allo sport Patrizia Prestipino, il presidente della Federnuoto Paolo Barelli e il presidente del comitato organizzatore di Roma 2009 hanno incontrato ieri all’Auditorium Conciliazione circa 800 studenti delle scuole medie superiori di Roma e provincia. «Questi Mondiali - ha detto Zingaretti - sono uno straordinario evento sportivo e avremo gli occhi di tutti puntati su di noi. È un’importante opportunità per l’economia della Capitale, tanto che si calcola che il ritorno economico dovrebbe essere dell’1,7% del Pil di Roma. Dobbiamo fare in modo che dopo la conclusione della manifestazione sportiva rimanga qualcosa ai cittadini e che l’entusiasmo suscitato dalle gare incontri un’impiantistica adeguata». Zingaretti, presente con l’assessore allo Sport Patrizia Prestipino, ha poi ricordato che «stiamo lavorando per portare sempre di più lo sport nelle scuole. A tal proposito inaugureremo dieci impianti sportivi nei prossimi mesi e nei prossimi cinque anni vogliamo aprire dieci tensostrutture, dei palazzetti sportivi polifunzionali». Stoccata dal presidente della Federnuoto Paolo Barelli: «C’è un allarmismo esagerato. Tutto sarà realizzato al meglio, alla faccia dei gufi che vogliono che le cose vadano male. Sarà un grande Mondiale, il resto sono frottole». Per Giovanni Malagò, presidente del comitato organizzatore della kermesse, «se i Mondiali di nuoto saranno all’altezza delle aspettative e fatti bene, ci possono essere le premesse per sperare di riportare le Olimpiadi a Roma. La candidatura è portata dalla città, ma sarebbe un evento che investirebbe tutta la nazione».Dan. Dim. 12 La Repubblica 16/4/09 L’INCHIESTA Roma, le piscine vuote dei mondiali di nuoto Milioni di euro buttati, impianti che rischiano di non essere terminati. Da Tor Vergata all’Appia Antica viaggio tra ritardi, cemento e zone vincolate che saranno deturpate di GABRIELE ROMAGNOLI e CORRADO ZUNINO ROMA - “Qui sorgerà la città dello sport”, annuncia il cartello all’ingresso del cantiere di Tor Vergata. Invece: qui riposerà in pace, amen. Vasche vuote, scheletri di tribune, lo stendardo sbrindellato dei Mondiali di nuoto, Roma 2009. Dovevano aprirsi qui, nell’avveniristico guscio immaginato da Santiago Calatrava, dando al campus universitario e alla capitale quattro spettacolari piscine. Un tuffo nel vuoto. Le gru sono ferme. Ma lavorano altrove. Roma non avrà la grande struttura che doveva essere il simbolo dell’evento, in compenso stanno sorgendo 63 nuovi impianti, 84 vasche. Molti con foresterie, decine di stanze che dovrebbero ospitare atleti a luglio, e poi? Molti in zone vincolate, dal paesaggio, dall’urbanistica e dal buon senso. Molti hanno trascinato con sé ampliamenti di circoli, sale fitness, box auto. Un diluvio di iniziative private con agevolazioni pubbliche. Un piastrellamento azzurro sul pavimento di una città che già ora, vista dall’alto, quasi fa concorrenza a Los Angeles. I Mondiali sono un alibi, troppe opere non saranno finite in tempo. Ma resteranno dopo, per soddisfare una domanda a cui già rispondono duecento piscine. Come è stato possibile? Per capirlo abbiamo fatto un viaggio, come quello del “Nuotatore” del racconto di John Cheever portato sullo schermo da Burt Lancaster. Quell’uomo decideva in “una di quelle domeniche di mezz’estate in cui tutti se ne stanno seduti e continuano a ripetere: ho bevuto troppo ieri sera” di tornare a casa a nuoto, attraversando la contea da una piscina all’altra. Noi abbiamo percorso la città in un giorno di festa, da un cantiere all’altro (Tor Vergata a parte, tutti all’opera, solo lavoratori extracomunitari, nessuno con l’elmetto protettivo). Curiosamente, la destinazione finale del viaggio ci ha riservato uno scenario simile a quello trovato dal personaggio letterario. Il resto del percorso, tutta un’altra storia. Questa. La prima tappa è sull’Appia Antica, numero 7000, davanti all’insegna Sporting Palace. La Città dello Sport doveva esserci, ma non c’è; questo palazzo non dovrebbe esistere, invece eccolo qui. Sorge tra le rovine storiche, davanti a un parco. I nuotatori, si è detto, potrebbero allenarsi e poi rilassarsi sulla terrazza guardando la tomba di Cecilia Metella. Ma perché Cecilia Metella dovrebbe guardare dalla sua perduta pace eterna questa scatola di cemento da cui pende un festone che “annuncia” l’inaugurazione a giugno 2008? Bisogna fare un passo indietro. Quando Roma ottiene i Mondiali 2009 parte la carica delle piscine. Cinque impianti saranno pubblici (Tor Vergata, Foro Italico, Ostia, Valco San Paolo, Pietralata). Ma non basteranno. La giunta Veltroni decide di aprire ai privati che bussano alle sue porte. In fondo, si tratta di prendere tre piccioni con una fava: organizzare i Mondiali, costruire la memorabile opera nel campus e rendere Roma una capitale natatoria planetaria. Partono 38 richieste, il commissario straordinario (all’epoca Angelo Balducci) ne avalla 23. La giunta filtra e riduce a 10 (un anno 13 dopo ne accoglierà altre 3). Tra le proposte bocciate: lo Sporting Palace. Nonostante il sì del commissario. Nonostante il parere, epr due volte favorevole, della Federazione nuoto presieduta da Paolo Barelli. Mancavano i permessi dell’Ente Parco e della Soprintendenza archeologica. Era già intervenuto il guardaparco con un’azione di sequestro. Eppure i lavori non si sono mai fermati. L’edificio è cresciuto. Già appariva fuori posto com’era, tra le rovine e gli alberi dove l’hanno costruito, nel ‘56, per ospitare uffici. Ora è un assurdo, eppure c’è. Non si è fermato il cantiere, ma neppure l’inchiesta della magistratura. Sono tre gli indagati. Ci sono altre quattro azioni giudiziarie sugli impianti dei Mondiali. Una è per “abuso edilizio, deviazione acque e modificazione terre, falsità materiale commessa da pubblico ufficiale, truffa ai danni dello Stato”. A firma di Italia Nostra e contro Salaria Sport Village. Ci andiamo. Il circolo ha attualmente una sola piscina, coperta da un pallone, dove mentre passiamo non nuotano più di dieci soci. Ne sorgeranno altre tre, due da 25 e una da 50 metri. Due saranno coperte. Ci sarà una foresteria da 41 stanze. Centosessantunomila metri cubi di cemento nell’alveo dello sversamento del Tevere. Uno di quei rischi su cui si fa poi vana polemica a disastro avvenuto. Più un paio di vincoli calpestati: paesistico e ambientale. Ma se lo Sporting Palace è rimasto nella lista dei bocciati (e ha costruito abusivamente) questo come ha potuto rientrare dopo il no del Comune guidato da Veltroni? E’ stato inserito in una seconda serie di autorizzazioni, compilata dal nuovo commissario straordinario, Claudio Rinaldi, su suggerimento della Federazione nuoto e passata dal Comune guidato da Alemanno. “Visto si scavi” per 9 impianti e 14 piscine. Oltre a questa ci sono, tra le altre, quella del Flaminio Sporting Club, di cui è dirigente Luigi Barelli, fratello del presidente federale che pure costruirebbe su un’area vincolata per intero. E poi quella della riserva Macchione, di fronte alla tenuta del presidente della Repubblica, per la quale è partito un esposto che contesta la violazione di tre protezioni, e quella dell’area ex Snia Viscosa, parco destinato alla città, per cui l’autorizzazione ai lavori è arrivata in extremis. E, ultima ma solo in ordine geografico, la Sporting Life della società sportiva Nomentum, a Mentana, prossima tappa. Per arrivarci lasciamo Roma, superiamo Monterotondo, dove pure sorge un megaimpianto ancora non completato, e arriviamo in questa vallata, un tempo intatta. Lo Sporting Life ha campi da calcetto (sui quali al momento corrono cani impegnati in un concorso di agilità che un megafono amplifica per la campagna), un laghetto da pesca e una club house. Ha aggiunto l’11 aprile un bar e ristorante, inaugurati con una serata eccezionale alla presenza del comico Nino Taranto. E le piscine? Eccole lì, tre buchi nella terra con altrettanti immigrati intorno. Una è per i bambini, le altre due sono di 25 e 34 metri. Lavori iniziati a marzo. Pronte per i Mondiali? Difficilmente. E che cosa verrebbero a farci qui, gli atleti che gareggeranno al Foro Italico? Più probabile rivedere un campione di agility che un ranista da podio. Eppure, sia questo impianto che quello della Salaria hanno conquistato in appello il diritto a esistere. Come è successo? Avrà influito che a costruire il secondo sia, tra gli altri, il figlio del precedente commissario straordinario? A che punto e perché è saltato il filtro che imponeva criteri per le concessioni? I responsabili della vecchia giunta raccontano di essere stati esposti a “molte pressioni”. Se già loro avevano in qualche caso ceduto, i successori si sono arresi. Il diluvio di nuove vasche è impressionante quanto disomogeneo. A suddividerle per i quartieri di Roma, tre ne hanno 9 ciascuna. Sette non ne hanno nessuna. A prendersene di più è la zona dei circoli, che con l’occasione ristrutturano, ampliano, aggiungono. E a trarne i principali benefici saranno, più che la cittadinanza, i soci paganti. Primi quelli dell’Aniene presieduto da Giovanni Malagò (che è anche alla guida del Comitato organizzatore di Roma 2009): hanno cominciato i lavori in anticipo sulla delibera comunale generale, li stanno già concludendo e festeggeranno con 6 mila invitati le tre piscine pur avendone 14 chiesta, in un primo momento solo una. Ci sono coincidenze che incuriosiscono. Andiamo nel cuore della città, nel quartiere Trieste, alla Fondazione Cristo Re. Gestisce campi da calcetto sopraelevati, sul tetto di una palestra un tempo pubblica e la cui acquisizione, rivelano scritte sui muri, non tutti hanno digerito. C’è una nuova piscina, coperta, di 25 metri, autorizzata dalla giunta Veltroni. E insieme a quella sono sbocciati 330 posti auto nello stesso complesso, due agglomerati di box rossi e gialli venduti ormai completamente per cifre comprese tra i 68 e i 120 mila euro. Giù la serranda, è tempo, come il “Nuotatore”, di arrivare a casa, o meglio, a quella che doveva essere la casa dei Mondiali: a Tor Vergata. Dietro l’Università si stende una piana interrotta solo dai picnic e dall’immensa croce che fa da catalizzatore nei raduni religiosi. Uno spreco a cui se n’è sovrapposto un altro, di diverso segno. Eccola qui, la città fantasma dello sport. Dove doveva esserci il museo c’è una baracca di lamiera. Al posto dei gusci di Calatrava due dentiere ammaccate. Dentro una di quelle la “vasca degli spiriti”. Non echeggiano i suoni delle bracciate di Phelps o delle entrate in acqua della Cagnotto, ma quelle di litigi, incomprensioni, fatali prese di posizione. Già l’idea era una scommessa, una delle tante su cui Veltroni ha puntato per lasciare un’eredità che invece evapora. Il giocattolo gli è cresciuto tra le mani, fino a diventare ingovernabile. Il palazzetto per volley e basket è passato, per rispondere ai criteri internazionali, da 8 mila a 15 mila posti. L’Università ha scelto come progettista lo spagnolo Calatrava: tanto geniale quanto incontenibile. L’impresa appaltatrice era abituata a realizzazioni più schematiche. Ogni passo è divenuta una battaglia, un lievitar di costi e uno scambio di accuse. Presto è stato chiaro che i 280 milioni preventivati non sarebbero bastati, ne occorrevano almeno altri 100. A dir poco. E il tempo remava contro. L’elezione di Alemanno a sindaco è stata un’ascia. Se voleva spostare la teca dell’Ara Pacis, che già c’era, figurarsi due gusci ancora da posare. Fermi tutti. Controlli, riconsiderazioni, meglio fermarsi qui. Meglio? Meglio aver già speso 190 milioni per questo scarabocchio di cemento e ferro? Abbandonarlo lì vagheggiando futuri mondiali di basket o addirittura di baseball per riprenderlo? Meglio farne l’ennesimo detrito contemporaneo, la testimonianza da capsula del tempo che Roma dispensa rovine anche dal presente (salvo costellare quelle del passato di terrazze abusive)? Eppure è così: il pubblico ha buttato 190 milioni. I privati, con l’alibi di doversi sostituire, ne hanno investiti altrettanti. Importa se molti dei loro impianti non saranno pronti a luglio, se non serviranno alla città dopo, se le foresterie diventeranno piccoli alberghi intorno a una vasca che doveva essere iridata? Che cosa resterà di tutto questo titanico sforzo: un monumento diffuso all’arte natatoria o un buco nell’acqua? Quando il “Nuotatore” finalmente arrivò “cercò di aprire le porte, ma erano chiuse a chiave e sulle mani gli rimase la ruggine delle maniglie... Batté con i pugni, tentò di abbatterle e poi si accorse che la casa era disabitata”. 15 La Repubblica 17/4/09 Il business dei Mondiali. Piscine e foresterie, Ostia miracolata. di CORRADO ZUNINO. Aveva già 32 impianti, Roma 2009 ne prevede altri 11. Con annessi nuovi alloggi. La grande nidiata di piscine di Roma 2009, prossimi mondiali di nuoto, ha la sua cova più prolifica lungo la direttrice Cristoforo Colombo-Ostia. In questi tre municipi confinanti - XI, XII e XIII che dalle Mura Aureliane approdano al mare - sono nate o stanno crescendo 24 delle 84 nuove vasche previste in città. Molte sono contestate. Il progetto più combattuto è anche quello più importante per l´area: il polo natatorio di Ostia, tre piscine, ampia palestra, 80 stanze di foresteria per atleti, 16 milioni il costo pubblico. Il polo di Ostia, 54 comitati contro all´inizio, ha conosciuto uno spostamento di sede e quattro variazioni progettuali. Più una ventina di esposti in procura e al Tar, di cui tre restano in piedi. Oggi, con i comitati sfarinati da una serie di compromessi sanciti lungo l´arenile, l´imponente parallelepipedo è in fase di ultimazione in lungomare Caio Duilio, di fronte ai bagni “Le Dune”, di proprietà della famiglia Papagni. L´ingegner Renato Papagni, uomo influente nell´Assobalneari locale, sponsor dell´idea «Ostia come Rimini», è il progettista di fiducia del presidente della Federnuoto, Paolo Barelli. E quindi è stato chiamato a sviluppare sia l´impianto di Ostia che le due strutture pubbliche omologhe di Valco San Paolo e Pietralata. Papagni assicura che il 15 giugno, un mese prima dell´esordio dei mondiali, Ostia sarà pronta, «forse, però, non ancora le foresterie». Si è formato qui, nel 13° municipio, territorio già servito da 32 piscine e che adesso ne ospiterà altre undici, l´humus politicoaffaristico che ha sostenuto la fase privata del business mondiali 2009, 200 milioni d´investimento. Qui, il presidente federale Barelli, senatore di Forza Italia candidato alla presidenza del Coni, motore del progetto piscine, ha relazioni con- sistenti. Uomo di collegamento tra Barelli e l´imprenditoria locale è Maurizio Perazzolo, già consigliere berlusconiano in municipio, albergatore e presidente del consorzio Le Cupole di Acilia che, per Roma 2009, è stato ristrutturato con oltre 3 milioni di spesa. Perazzolo ha avviato un´operazione ancora più ambiziosa al Torrino, dove ha ottenuto per conto della Roma Team Sport la possibilità di tirar su una struttura ex novo nella collina di via Cina. La prima delibera del Campidoglio aveva consentito una piscina coperta da 50 metri con 12 stanze. Successivamente, con l´intervento del commissario straordinario per Roma 2009, si è aggiunta una seconda piscina da 25 metri, una sala fitness da 1.600 metri quadrati, un ampio ristorante e altre 23 stanze. Un´amplificazione sensibile per un cantiere tra i più ampi dell´intera partita mondiali: 20 milioni preventivati. Alcune imprese al lavoro al Torrino - a sottolineare i rapporti di mutua relazione imprenditorial-politica in XIII - stanno lavorando a un altro impianto per i mondiali, il centro sportivo Macchione di via Traetta, Infernetto. Lo scorso 31 marzo il belligerante Comitato entroterra 13 ha firmato un esposto che illuminava tre vincoli violati dalla struttura ex abusiva e sanata, confinante con la tenuta presidenziale di Castelporziano. Al Macchione compaiono e scompaiono foresterie, si spostano spogliatoi e zone ristoro. Consulente dei costruttori, qui, è un ex geometra comunale arrestato nel ´93 con altre nove persone: avevano costituito in municipio un ufficio specializzato nell´approvare pratiche edilizie irregolari. La gestione del Macchione sarà affidata all´Agepi, società sportiva che nel 2006 ha trasformato una piscinetta scolastica di via dell´Idroscalo in una 25 metri. Tutto si tiene, a scendere. La lobby di Ostia dai mondiali di nuoto ha ottenuto vasche, allargamenti, nuove stanze. 16 Il Tempo 5/5/09 sti l’ora, un’aula magna da 200 posti, una sala convegni, bar, ristorante, zona relax e Strutture quasi pronte. Ecco i nuovi im- area ricevimenti con un’ampia vetrata sul pianti dei Mondiali di nuoto lungomare. È questo il progetto di via della Quinqueremi, davanti al lungo mare di Una struttura completamente autoOstia e Pietralata: struttu- Ostia. noma dal punto di vista energetico grazie re consegnate entro la fine a un accordo siglato con Acea che prevede del mese. Sul Lido piscine 150 kw garantiti dal fotovoltaico, 100 kw per l’acqua calda grazie ai pannelli solari, pronte all’uso. altri 150 kw grazie a due gruppi di cogenerazione. Il budget previsto per il completamento dei lavori è 20 milioni di euro. La piscina da 50 metri è praticamente fatta e sarà pronta per il 10 maggio. Le altre due vasche coperte e il parcheggio verranno invece consegnate il 30 maggio. La foresteria che accoglierà gli atleti sarà invece pronta per il 30 giugno, in linea con i tempi previsti dal progetto. A Ostia si alleneranno e verranno alloggiati gli atleti che saranno protagonisti delle gare in mare, che si svolgeranno sul Lido di Roma. Dopo i Mondiali, il Polo natatorio diventerà un centro federale gestito dalla Federnuoto. «Ma - precisa il delegato Fin per i Mondiali nonché progettista e coordinatore dei lavori di Ostia, Pietralata e Valco San Paolo Renato Papagni - la struttura Una corsa contro il tempo lunga sei mesi. sarà anche aperta alla cittadinanza, come Tre turni di lavoro notturno ordinati dal prevede un’apposita delibera comunale». commissario straordinario Claudio Rinaldi Una gestazione lunghissima, quella del per superare intoppi burocratici, lungaggiPolo natatorio di Ostia. I lavori sarebbeni amministrative, proteste e per consero dovuti cominciare molto prima, ma il gnare le strutture per i Mondiali di nuoto in cambio di area e alcune lungaggini ammitempo per la kermesse iridata in programnistrative hanno fatto aprire i cantieri con ma nella Capitale dal 18 luglio al 2 agonetto ritardo. sto. A poco più di due mesi dall’avvio delle «Abbiamo cominciato a lavorare solo a nocompetizioni la scommessa è molto vicina vembre - spiega Papagni - Il cambio d’area all’essere vinta. Gli impianti di Ostia, Pieeffettuato dalla Regione d’accordo con la tralata e Valco San Paolo saranno pronti passata amministrazione comunale ci ha per ospitare i Mondiali. I lavori sono quasi costretti a rivedere tutto il progetto, a rifiniti, almeno per quanto riguarda il centro partire da zero. Abbiamo perso otto mesi. federale sul Lido e la struttura di PietralaI lavori sono iniziati a novembre. Una vera ta. corsa contro il tempo. Gli operai hanno lavorato di domenica, il primo maggio, perOSTIA. sino dopo il tramonto, in quanto il comPronta per il 30 giugno Una vasca da 50 missario Rinaldi ha ordinato tre turni di metri, una da 33 metri, una piscina per lavoro notturno». Per non parlare poi delle il riscaldamento, una foresteria da 84 caproteste, che Papagni rispedisce al mittenmere doppie (di cui 4 matrimoniali e 8 per te: «Per quest’area davanti al lungodiversamente abili) tutte con bagni, mare il Prg prevedeva impianti sporottomila metri quadrati di parcheggi tivi e una zona ricettiva e ricreativa su due livelli, una cucina da 100 pa- 17 per i giovani. Mi pare che il progetto vada proprio in questa direzione. Senza contare - aggiunge - che i Mondiali saranno per Ostia un’occasione unica: comunicare al mondo che nell’ambito del territorio di Roma, a pochi chilometri dal centro, esiste una realtà a forte vocazione turistica, che unisce mare, riserve naturali e bellezze archeologiche». L’impianto verrà inaugurato il 14 luglio, con una serata organizzata in collaborazione col Campidoglio e AltaRoma. PIETRALATA . Lavori ultimati Discorso leggermente diverso per Pietralata, dove i lavori sono in una fase più avanzata. Entro fine mese l’intera struttura (una piscina scoperta da 50 metri e due vasche coperte - una da 33 e una per il riscaldamento - per un budget di circa 12 milioni di euro) verrà consegnata il 30 maggio. «Siamo più avanti rispetto al Polo natatorio - spiega il responsabile tecnico Di Bari - Dobbiamo solo montare le finiture esterne. Siamo in vantaggio rispetto a Ostia perché il progetto di Pietralata non prevede la foresteria». VALCO S. PAOLO. Nodo da sciogliere Consegnare la struttura in tempo è un’impresa. Gli operai lavorano a ritmi serrati. Il motivo del ritardo? «Il servizio giardini del Comune non ha consegnato la struttura tenendola bloccata per circa quattro mesi. Il commissario voleva sgomberarla con l’esercito. In ogni caso i lavori vanno avanti», risponde Papagni. L’obiettivo è ultimarla per il 30 giugno. BLOG ROMA 10/7/09 Mondiali di nuoto, inaugurata la struttura di Valco San Paolo Scritto Venerdì 10 Luglio 2009 da davide. vannucci Inaugurato, a 13 giorni di distanza dagli impianti di Pietralata, il nuovo “polo natatorio” di Valco San Paolo (zona viale Marconi), uno dei complessi comunali che ospiteranno gli allenamenti dei mondiali di nuoto, in programma dal 17 luglio al 2 agosto nella Capitale. Nelle piscine di Valco San Paolo si prepareranno le nazionali di pallanuoto femminile. Ha tagliato il nastro il delegato allo sport del Campidoglio, Alessandro Cochi. La struttura si articola in due corpi: a sud ristorante e sala convegni; a est le piscine con spogliatoi, palestre, uffici e bar. Tre le vasche da allenamento, due all’interno (una a otto corsie di 35 metri per 21) e una piscina “di ambientamento” da 10 per 21 metri. All’esterno c’è invece la vasca olimpionica di 50 metri per 25, profonda da 2,10 a 2,3 metri. La palestra si sviluppa su 150 metri quadri di superficie. Tra i punti di forza del polo natatorio, l’impiego di tecnologie bio-climatiche come il tetto-giardino, che crea negli interni un clima “primaverile” e fa risparmiare energia. L’impianto è costato al Campidoglio circa 13 milioni di euro. Il polo di Valco San Paolo, sottolinea il consigliere delegato Cochi, è un’opportunità concreta per il quartiere. Dello stesso avviso Claudio Rinaldi, commissario delegato ai mondiali di nuoto, che definisce il nuovo impianto “di assoluto prestigio”. 18 La Repubblica 22/9/09 Piscine dei Mondiali di Nuoto. Otto milioni di conti in rosso di Corrado Zunino Mondiali di nuoto. I mondiali di Roma inseguono i loro organizzatori. «I migliori della storia del nuoto», li aveva definiti in chiusura il sindaco Alemanno. “Roma 2009”, infatti, sta producendo: un’inchiesta della procura destinata ad allargarsi e, si scopre ora, un buco di bilancio di 8,5 milioni di euro. Per un evento durato 16 giorni e concentrato al Foro Italico. Lunedì c’è stato l’incontro preliminare di un Consiglio d’a mministrazione ristretto: quattro componenti su tredici. Assente il vicepresidente Paolo Barelli, che ha prolungato all’a utunno il suo scontro con il presidente del comitato organizzatore Giovanni Malagò. Quest’ultimo ha presentato rapidamente i conti, aggravati dall’emergenza quotidiana con cui sono stati organizzati i mondiali: «Siamo arrivati a 24 ore dalle gare con 39 cose non omologate», ha ricordato. E ha rimandato al Consiglio del 30 settembre (potrebbe slittare) la definizione di chi si accollerà il debito. La Federnuoto ha chiesto un intervento paritetico: metà la federazione, metà il Comune. Il consigliere del sindaco Alessandro Cochi, assente, ha già fatto presente che il Comune si era astenuto di fronte alla richiesta del voto su un “extra budget”. Il sindaco Alemanno, oggi, non ha intenzione di superare la cifra messa a copertura inizialmente: 1,75 milioni. Il Coni vigila. Perché i conti della Federnuoto sono — anche quelli — in rosso e la struttura di Paolo Barelli faticherebbe a garantire altri 6-6,5 milioni per il deficit di “ Roma 2009”. Il Comune, poi, oppone resistenza perché a sua volta accusa sofferenze economiche legate a manifestazioni sportive. Nello specifico, ovvero i mondiali di nuoto, alcune imprese che hanno costruito i tre impianti pubblici (Ostia, San Paolo e Pietralata) lamentano ritardi nei pagamenti che minano la loro tenuta. La tesoreria del Campidoglio, ancora, ha esaurito il “plafond” per le fideiussioni delle piscine private a corredo dei mondiali: quattro associazioni hanno ottenuto le garanzie richieste mentre Città Futura (Ardeatina-Colombo) ha visto riconosciuti due milioni sui cinque richiesti. Rischia il fallimento. A queste difficoltà economiche post- mondiali si collega la protesta che sale dagli assegnatari degli impianti Punti verde qualità: 26 piscine in città. Da un anno e mezzo non vengono erogati finanziamenti già deliberati e i diciassette cantieri in corso (Parco Kolbe, Cocco Ortu e Porta Feronia quelli in fase più avanzata) si sono fermati. (22 settembre 2009) La Repubblica 31/12/09 Mondiali di Nuoto, piscine e lucchetti sono le macerie di Roma 2009 di Corrado Zunino Nove vasche costate fin qui 50 milioni di euro, non finite, due su tre senza le annunciate foresterie, sono sprangate: a Ostia, a Valco San Paolo, a Pietralata. Dovevano essere il dividendo sociale di “Roma 2009”, il ritorno ai cittadini di fronte a mondiali di nuo- 19 to che hanno saccheggiato il territorio regalando piscine a imprenditori amici. Sopra le macerie dei mondiali di nuoto di Roma ora guerreggiano le fazioni della destra romana: Federazione nuoto contro pezzi di Pdl, ex di An legalisti contro ex di An gestori di piscine. E in questo scenario deprimente i tre mirabili poli pubblici restano chiusi. Nove vasche costate fin qui 50 milioni di euro, non finite, due su tre senza le annunciate foresterie, sono sprangate: a Ostia, a Valco San Paolo, a Pietralata. Inaccessibili al pubblico. Dovevano essere, insieme all´iperimpianto di Tor Vergata - quello affossato subito, con gli ambiziosi “Gusci” di Santiago Calatrava -, il dividendo sociale di “Roma 2009”, il ritorno ai cittadini di fronte a mondiali di nuoto che hanno saccheggiato il territorio regalando piscine a imprenditori amici. I tre poli li ha inaugurati in fretta e furia il sindaco Alemanno, pochi giorni prima dello scorso 17 luglio. Tartine al salmone e discorsi fieri: «E´ stata dura, ma ce l´abbiamo fatta». Solo che era tutto finto: in alcune mancava l´aria condizionata, in altre l´impianto di filtraggio, in altre il collaudo. Alle “Iene” il progettista Renato Papagni assicurava: «Due piastrelle e sono completati». Dopo sei mesi siamo con gli impianti pubblici chiusi, pezzi di impianti privati sequestrati e il costruttore di Ostia - la ditta Marziali - che rivendica un credito non saldato di nove milioni ed evoca il crack. Un disastro sportivo e politico. Ad Ostia sotto le feste natalizie il ballo sulle macerie è diventato un sabba grottesco. E´ in atto uno scontro feroce tra Comune e Federnuoto sulla gestione del polo, annunciato dal presidente federale Paolo Barelli come la nuova Coverciano natatoria e fin qui utilizzato solo per qualche festa privata e pochi allenamenti azurri. Secondo il presidente della Commissione sport del Comune, Federico Mollicone, la concessione data alla Fin è decaduta: «Per il polo natatorio non hanno sborsato un euro, come invece prevedeva la delibera 85, e non hanno rispettato i tempi di consegna». Barelli ha impugnato la questione e ha chiesto, con i soliti metodi Far West, l´intervento di due uomini della federazione al cancello di lungo- mare Duilio 32: respinti dai vigilantes dei costruttori, il 7 dicembre scorso. Allora ha portato la controversia davanti a un giudice civile di Ostia ottenendo un primo parere favorevole: lunedì scorso un ufficiale giudiziario ha troncato lucchetti e catene posti dagli uomini della ditta Marziali e ha consegnato le tre piscine alla Fin. Lunedì prossimo il Tribunale di Ostia potrebbe sentenziare se l´impianto locale e a cascata anche gli altri due, Valco San Poalo e Pietralata - andrà alla Federazione italiana nuoto, uscita prosciugata dagli sciagurati mondiali, o al Comune. Mollicone fa notare: «C´è una legge del 2002 che impedisce a un soggetto privato di gestire più di un impianto comunale. Bisogna porre fine alla fiction di Ostia, a giorni convocherò i nostri uffici e il commissario straordinario, ognuno deve tirare fuori le carte che possiede: dobbiamo fare chiarezza sul futuro del polo di Ostia e non sprecare un bene della collettività». Paolo Barelli è sempre più isolato, e scalcia disperato. Paolo Foschi, vicepresidente della Commissione Sport in Regione, Pd, chiosa: «E´ in corso una faida sulle spalle dei cittadini per far gestire le piscine a società amiche dell´uno o dell´altro capocordata». 20 La Repubblica 18/2/10 tività edilizia della Protezione civile macina-appalti. La mattina del 7 marzo 2009 il Al capo della Protezione Civile diceva: “La consigliere del premier chiama Bertolaso e Ue ci critica, chiama il tuo amico Dimas” gli racconta, con la consueta cortesia, che I rapporti con Balducci (ora in carcere) sui Antonio Tajani, vicepresidente della Comcampionati iridati del 2008 missione europea, lo ha chiamato: “Ha saputo che Dimas apre una procedura di sulla Maddalena e che la rendeDalla Maddalena ai mon- infrazione rà pubblica mercoledì o giovedì. Mi ricordo diali di nuoto la rete e le male o tu eri amico di Dimas?”. Stavros Dimas è il commissario europeo per l’Amstrategie di Gianni Letta. biente, e che ci sia un’istruttoria europea si sa dal giugno 2008. Ora si rischia l’infradi CORRADO ZUNINO zione. Bertolaso spiega a Letta che sono due le questioni: “Una per quello che riguarda gli aspetti ambientali e l’altra per quello che riguarda la procedura di gara... La procedura di gara l’hanno poi chiusa in senso positivo nostro”. Letta chiede: “Gli vuoi fare una telefonata tu o debbo attivare l’Ambiente che evidentemente non ha saputo difenderti a dovere”. Bertolaso: “L’ambiente non ci difende mai... E poi in ambasciata purtroppo c’è ancora la gente che c’ha messo Pecoraro e che la Prestigiacomo ancora non è riuscita a togliere...”. Chiude Letta: “Mi dici se devo fare qualcosa...”. Sul fronte romano, l’interesse di Gianni Letta sulle opere dei Mondiali di nuoto è cosa antica. La mattina del 2 maggio 2008 Balducci informa l’ingegner Fabio De Santis che ha già avuto un primo colloquio con il sottosegretario e gli ha riferito che “si è operativi un po’ su tutto, ivi compresi i lavori per i Mondiali di Nuoto, e che si è ROMA - Il sottosegretario Gianni Letta è disponibili ad effettuare delle ricalibrature l’uomo del governo che ha scelto Guido in relazione a quello che Alemanno adesso Bertolaso alla Protezione civile. Oggi lo vorrà”. Il neo-eletto sindaco di Roma vuole difende. Fino a ieri, rivelano le intercetrivedere due progetti veltroniani, al Foro tazioni dei Ros di Firenze, il sottosegretaItalico e a Tor Vergata. Dice Balducci: “Letrio alla Presidenza del Consiglio decideva ta mi ha detto che per queste cose vuocon il sottosegretario Bertolaso le stratele un interlocutore unico”. De Santis: “Mi gie per non rendere pubblica un’infraziometto in ginocchio”. Quindi il commissario ne dell’Unione europea sui cantieri alla Claudio Rinaldi, in piena ansia da palazzo Maddalena. Quelli per il G8. Di più, Letdi giustizia per le piscine abusive, chiede in ta in piena bagarre Mondiali di nuoto - la maniera concitata “di veicolare una lettera procura di Roma apre l’inchiesta sulle piscritta con l’avvocato” a Letta, “lì dentro scine private abusive - prende in mano c’è un pacchettino di situazioni”. la situazione per gestirla con Angelo Balducci, oggi in carcere per corruzione. Letta è al centro di una rete di relazioni decisiva per il governo e per l’at- 21 L’INCHIESTA Scuole, piscine, ospedali: gli affari di Anemone e soci Appalti da trecento milioni a Roma e in provincia, da Zagarolo fino a Nettuno: il cemento della “banda delle emergenze” di CORRADO ZUNINO Hanno sversato cemento a tonnellate tra Roma e la sua provincia, gli imprenditori del giro Anemone. Hanno gettato fondamenta e alzato campate in centro storico, poi sul litorale. Si sono allargati verso Zagarolo (una scuola), Nettuno (alle “Opere pubbliche” di Francesco Maria Piscicelli è stata affidata un’ala della scuola di polizia), hanno sconfinato a Formia (la caserma della guardia di finanza). Sì, hanno preso appalti a mani basse, in tutto il Lazio. A una prima stima, che si desume tarando le carte raccolte dalla Procura di Perugia, la banda dei costruttori della Protezione civile si è aggiudicata nella capitale e nella sua immediata periferia 12 appalti negli ultimi quattro anni. Per un valore complessivo di 300 milioni. Per altri sei lavori gli imprenditori privilegiati si sono attivati, come hanno rivelato le intercettazioni di polizia: il nuovo aeroporto di Frosinone (qui è intervenuta la Btp del fiorentino Riccardo Fusi), poi diversi appalti per il porto di Civitavecchia. Ma quei cantieri non sono mai partiti e l’arrivo dei magistrati ha fermato nuovi profitti. Gli edili di Bertolaso, Anemone in testa con le sue Cosport, Tecnocos e Redim, hanno lavorato molto con il pubblico grazie al rapporto di ferro saldato con l’ex provveditore del Lazio Angelo Balducci. Si sono presi ospedali come lo Spallanzani, all’interno del quale hanno edificato l’ambizioso progetto Anti-Sars (una partita da 80 milioni). Poi dépendance del Senato, con undici appartamenti da ristrutturare in largo Toniolo affidati all’architetto Angelo Zampolini, progettista vero, utilizzato in surplus da Diego Anemone come riciclatore delle tangenti del gruppo. I costruttori privilegiati si sono lanciati, poi, su piccoli lavori nelle scuole di provincia: i funzionari Maria Pia Forleo ed Enrico Bentivoglio, fidati di Balducci, alla vigilia dell’ultimo capodanno hanno assegnato a Diego Anemone (Anemone costruzioni srl) e al padre (Tecno Edil srl) l’edificazione della nuova scuola di Zagarolo: un appaltino da 2,8 milioni di euro, assegnato senza attendere i termini di legge minimi per eventuali ricorsi. La Italwork consorzio, seconda alla gara, si è già presentata al Tar. Per offrire il miglior ribasso gli architetti di Anemone avevano stornato dall’offerta fogne, porte di sicurezza, rilevazioni dei fumi, calcoli strutturali del cemento armato. La banda delle emergenze ha lavorato fianco a fianco con lo sport, Coni Servizi nello specifico. Anemone ha costruito per 28 milioni e con un anno di ritardo il Centrale del tennis, dove in queste ore si sta svolgendo l’edizione numero 80 degli Internazionali. Lo stesso gruppo ha fatto suo il secondo lavoro nell’area del Foro Italico: il Museo dello sport, spostato da Tor Vergata all’ex aula bunker. Il riciclatore Zampolini ha messo la firma, poi, sul “triplete” dello scandalo: le piscine pubbliche di Ostia, Valco San Paolo e Pietralata. Qui siamo ampiamente oltre i cento milioni di spesa, due poli su tre sono chiusi e Valco San Paolo è stato affidato - con esiti disastrosi - ancora alle Opere pubbliche spa di Piscicelli. L’impianto natatorio di Pietralata, aperto in queste settimane, è stato un affare riservato alla Cogei di Roberto Petrassi. Un altro del giro. Il Polo di Ostia è stato a lungo al centro di una guerra tra il costruttore Marziali e il presidente della Federnuoto, Paolo Barelli. Come merce di scambio l’imprenditore, tutt’oggi creditore di 8 milioni, ha ottenuto dal commissario per “Roma 2009” Claudio Rinaldi la ristrutturazione del vicino Palafjilkam: un risarcimento da 5,7 milioni. Quando i comitati locali hanno segnalato l’ennesima gara anomala 21 il bando è stato bloccato. Ecco, non c’è solo il Salaria Sport Village con i suoi 38 milioni di investimento tra le opere romane degli Anemone boys. L’instancabile Piscicelli, per esempio, ha volteggiato per giorni attorno agli uomini fidati di Gianni Alemanno per ottenere la sistemazione della sede Istat di Roma, ma la fine dei fondi per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia ha fermato ogni velleità. Interessante è la storia della Pinacoteca Propaganda Fide, allocata in piazza di Spagna, considerata “zona vaticana”. Monsignor Crescenzio Sepe ottenne dal gentiluomo del Papa, Angelo Balducci, l’avvio di una profonda ristrutturazione con regole da Protezione civile. La direzione della pinacoteca, era deciso, sarebbe stata affidata alla moglie del ministro Scajola, Maria Teresa Verda. La grande fabbrica, però, non ha mai aperto.