Qua potete trovare un dossier scritto nel 2009 a

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Qua potete trovare un dossier scritto nel 2009 a
UN TUFFO NEL CEMENTO
MONDIALI DI NUOTO ROMA 2009. CRONACA DI UNA SPECULAZIONE ANNUNCIATA.
UN PROGETTO CALATO DALL’ALTO, NESSUNA PARTECIPAZIONE DA PARTE DEI CITTADINI. EPPURE QUALCUNO L’AVEVA DETTO. ECCO COSA SUCCEDE QUANDO I TERRITORI SONO TERRA DI CONQUISTA E NON PROGETTO CONDIVISO.
a cura del Laboratorio del Precariato Acrobax Project
Cosa accade quando i territori vengono
sfruttati, saccheggiati, strumentalizzati?
Cosa accade quando si costruiscono cattedrali nel deserto promettendo ristrutturazioni e migliorie per la cittadinanza? Cosa
accade quando i promotori, i costruttori,
coloro che ne hanno tratto vantaggio e chi
dovrebbe gestire gli impianti, finisce sotto
inchiesta per tangenti? Se poi tutte queste
persone, nella città di Roma, appartengono
tutti ad una rete che unisce rappresentanti
poliici, imprenditori, malavita organizzata
e settori dell’estrema destra, che cosa accade? Molto spesso nulla.
Ma, in alcuni casi, un tessuto sociale multiforme, eterogeneo ed attivo si mobilita,
si informa ed informa il resto dei cittadini
e delle cittadine; in poche parole si indigna
e richiede i propri diritti, si riappropria del
suo territorio.
E’ questo lo scopo del presente dossier,
opera di donne e uomini, precari, studenti e attivisti che vivono nell’XI municipio e
guardano con attenzione a ciò che succede
nella zona di Valco S.Paolo, dove più di un
anno fa iniziavano i lavori di una piscina
per i mondiali di nuoto, svolti a Roma a
Luglio 2009.
La piscina di Valco San Paolo nel marzo 2010
Quell’opera ha trasformato la fisionomia
dell’ansa del Tevere e la sua naturale vocazione al verde. Ha costruito cemento su
cemento. Due anni fa, riuniti in un comitato
territoriale insieme ad altre associazioni e
cittadini, abbiamo impedito che lo scempio
fosse ancora più grande; ci siamo mobilitati e ci siamo battuti perché in quell’area
fossero costruiti anche aree verdi e giochi per bambini. Volevamo insomma che
lo spazio fosse riqualificato per gli abitanti del territorio. Ma soprattutto avevamo
chiesto ed ottenuto che non fosse distrutta
la possibilità di costruire un possibile parco
del Tevere.
Avevamo avuto garanzie che la piscina sarebbe stata sfruttata e gestita, dopo i mondiali, per il soddisfacimento dei bisogni del
territorio. A distanza di 10 mesi dal mondiale dobbiamo tristemente prendere atto
dello stato dei fatti. I lavori per l’area verde non sono stati minimamente attivati e,
probabilmente, non lo saranno. La strada
costruita non certo accogliente per le passeggiate dei cittadini, piccoli o grandi che
siano. Ma, soprattutto, la piscina è stata
usata per 20 giorni nel Luglio scorso e, da
allora, è stata chiusa ed abbandonata.
Uno spazio vuoto, in parte incompleto, che
rimane a simbolo di uno spreco di soldi
pubblici, dei nostri soldi. Come in passato (ricordate Italia ’90?) nuove cubature di
cemento vengono costruite e i soliti noti ci
si arricchiscono. Dalla nostra storia, anche
recente, non impariamo mai nulla.
Quello che segue è una raccolta di documenti ed articoli di giornale che provano
a raccontare una storia lunga un anno e
mezzo, con un triste epilogo, di cui avevamo avuto sentore sin dall’inizio.
Un tempo strettissimo e striminzito, sotto il cielo dell’emergenza, quello durante il
quale la giunta di centro sinistra ha deciso
di fare i lavori e la giunta del centro destra
li ha attivati con modalità decisamente discutibili. Tutti hanno quindi le proprie responsabilità.
Ma questo piccolo dossier non serve solo
a denunciare lo stato attuale ma, bensì, a
rilanciare e a rivendicare uno stato possibile. Vogliamo infatti che la piscina
sia completata e messa in funzione
come spazio pubblico e bene comune. Ovvero che sia data la pos-
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INDICE
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09
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ANSA DEL TEVERE: UNA
BATTAGLIA PER UNO
SPAZIO PUBBLICO.
IL
PROGETTO
ANSA
DEL
TEVERE
IL NOSTRO
TERRITORIO.
sibilità a chi vive questo territorio, a chi
lo attraversa quotidianamente per lavoro o
per studio, di usufruire di uno spazio affinché possa vivere uno sport per tutti e tutte. Ciò significa prezzi popolari, fuori dalle
logiche della speculazione e libero dai diktat dello sport per soli professionisti. Inoltre vogliamo che vengano ultimati i lavori
dell’area verde in carico al Comune, per
garantire uno spazio di socialità e possibilità di frequentare un’area verde, a partire
dalle esigenze dei bambini.
Vogliamo che ci venga restituito il nostro
territorio e che vengano garantiti i nostri
diritti!
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ANSA DEL TEVERE: UNA
BATTAGLIA PER UNO SPAZIO PUBBLICO
RASSEGNA STAMPA:
UNA SPECULAZIONE
ANNUNCIATA
Alla fine del 2007 una serie di incontri tra
i cittadini della zona S.Paolo-Marconi ha
portato alla costituzione del comitato ansa
del tevere, ufficializzata nel Gennaio 2008.
Di quel comitato fanno parte diversi abitanti del quartiere ed alcune realtà locali: il
Laboratorio sociale Acrobax, l’A.r.p.j. tetto
o.n.l.u.s., l’85 circolo didattico Livio Tempesta, l’oratorio del Murialdo.
La rete tra i cittadini e le associazioni nasce intorno alla necessità di
rivalorizzare il lungotevere Dante e
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Lungotevere Dante
il piazzale antistante l’ex-Cinodromo, per
rispondere alla mancanza di spazi verdi
accessibili e luoghi d’incontro nel quartiere.
Infatti, dalla prima assemblea pubblica
fatta alla scuola Livio Tempesta, diverse
persone che vivono la zona si sono cominciate ad attivare: chi abita a valco san Paolo da una vita e lì è cresciuto, chi ha figli
proprio in quella scuola o li porta a giocare
nei campi sportivi sul LungoTevere Dante.
Uomini e donne, chi fa il professore o chi
è pensione, chi è un convinto sostenitore
di una mobilità alternativa a piedi o in bicicletta e chi si sente asfissiare da troppo cemento o chi, semplicemente, vuole innalzare la qualità della vita del territorio. Ma
c’è anche chi attraversa questo territorio
per venire a lavorare o a studiare. Insomma, il comitato ha come minimo comune
denominatore una partecipazione attiva
e plurale che nasce da un’attenzione alle
trasformazioni e a come queste incidono
sulla vita quotidiana di ognuno di noi.
Riuscire a combinare diverse esigenze e
a costruire un percorso di partecipazione
vuol dire anche creare un senso di responsabilità rispetto a quello che si realizzerà.
Vuol dire riuscire a far vivere come centralità uno spazio perchè è una parte del territorio che si vive quotidianamente; è un
legame continuo e non occasionale, che
riesce ad rendere protagonisti attivi tutti
e tutte.
Il protagonismo sociale, in questo caso, si
traduce nell’affermazione di priorità teoriche e pratiche che nascono in un una dinamica orizzontale.
Proprio in questo percorso, infatti, abbiamo
imparato a costruire un’alfabeto ed un linguaggio comune fatto di confronti diretti,
di saperi e proposte differenti e di condivisione. E’ chiaro che questo comporta tempi
ed attenzioni che, però, sono necessari per
non creare un meccanismo di imposizione,
bensì per attivare una dinamica partecipativa che porti ad uno spazio pubblico e collettivo.
Per questo scrivevamo:
“La partecipazione e il coinvolgimento delle comunità locali sono riconosciute come
una delle azioni chiave per affrontare la
crisi delle città.
L’attuale modello di sviluppo urbano, che
vede la preponderanza del fattore economico sugli altri aspetti della vita aggregata
e la dimensione a-territoriale degli scambi commerciali, ha innescato a scala locale
un processo di omologazione culturale e di
frammentazione del legame sociale.
Progressivamente lo spazio pubblico è entrato in crisi, è stato messo al servizio delle
linee di sviluppo adottate dai poteri forti,
ridotto a luogo per il consumo, per il parcheggio o relegato entro confini stabiliti
circondato da cancellate che trasformano
gli spazi pubblici in gabbie.
La distanza che si è creata tra le persone,
e tra le persone ed i luoghi, porta anche
alla perdita della memoria storica dei luoghi e delle reti sociali; non ci sono più spazi
per scambio intergenerazionale e il costo
sociale da pagare sarà altissimo. Sempre
più frequenti sono ad esempio i fenomeni
di isolamento e solitudine, non ci si conosce e questo aumenta la paura che viene
facilmente strumentalizzata dai mass media. Chi paga il prezzo più alto rispetto alle
altre categorie d’età sono i bambini che
non vivono più quelle esperienze ambientali, fondamentali per un corretto sviluppo
dell’autonomia e delle capacità relazionali.
Diventa necessaria la ricostruzione sociale
dello spazio pubblico, creando luoghi che
facilitino il dialogo tra le persone, consolidino le relazioni umane, stimolino un sentimento di affezione e di responsabilità rispetto ai luoghi del vivere quotidiano.
Le nostre città sono messe in scena
nei centri commerciali o nei centri storici ridotti a vetrine, dove la
comunicazione vera è assente, le
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relazioni umane sono sempre mediate dal
consumo di merci e già stabilite.
Se è vero che la nostra è ormai una metropoli che rispecchia una società allargata,
multilivello e complessa, è anche vero che
riproduce la sua frammentazione sociale.
E’ per questo che non si può dedicare attenzione solo al “centro-vetrina”, ma è necessario intervenire nelle diverse zone della città. Ognuna infatti ha le sue comunità,
le sue dinamiche e suoi centri.
E’ importante valorizzare l’inclusione in un
percorso proprio per la possibilità di ricomporre quell’atomizzazione sociale che si è
prodotta negli ultimi decenni.
La tensione ad una città diversa, ad una
città che segua un ritmo umano che adegui i propri spazi e i propri tempi ai cittadini grandi e piccoli, è diffusa, il Comitato
Ansa del Tevere è un esempio, tra i tanti,
della forma che questa tensione può assumere.”
Da qui nasce, dunque, la formalizzazione
di sotto al campidoglio, ha portato ad una
trattativa con il Comune ed il Commissario
ai mondiali riuscendo a bloccare un progetto che, semplicemente, andava contro
il buon senso.
Quello che siamo riusciti ad ottenere ad
oggi è stato mantenere le dimensioni originali della strada, già molto larga; impedire
l’abbattimento del cinodromo; la creazione
di spazi verdi nella prima parte di strada;
evitare lo sgombero dei Rom.
Quest’ultima parte è stata evitata concedendo al Servizio giardini una parte
completamente inattiva del cinodromo
ed ottenendo la ristrutturazione del tetto
dell’abitazione dei rom oltre ad uno spazio
prefabbricato che verrà adibito a palestra
popolare.
Queste conquiste e queste scelte sono state frutto di una battaglia durata quasi 2
anni che ha visto mobilitarsi gli abitanti di
un territorio per reclamare spazi pubblici e
verde per la collettività.
E’ evidente che tutto questo non è suffiPiazzale antistante Acrobax, ex cinodromo ciente e che molte mediazioni si sono dovute accettare; per questo motivo crediamo che quello che abbiamo avuto è solo
del Comitato che ha organizzato sopral- una parte di ciò che ci spetta, così come
luoghi e passeggiate lungo l’ansa, ha rac- continueremo a monitorare e a mobilitarci
colto desideri e suggestioni, ha costruito per riuscire a conquistare ulteriori servizi
momenti di socialità e, soprattutto, di in- e spazi verdi su quel territorio, fino a che
formazione sul territorio. L’attivazione di non vedremo finalmente realizzato il Parco
tutte queste persone ha prodotto iniziative Tevere sud.
che puntavano, da subito, ad una trasformazione effettiva dei luoghi e alla salvaguardia di quella porzione di territorio con
la sua vocazione naturale. Inoltre in quello
spazio è previsto da anni la costituzione
IL PROGETTO ANSA DEL
del parco Tevere sud, che ad oggi rimane
TEVERE
ancora un progetto.
Nello stesso tempo il comitato si è dovuto
[Sostenibilità urbana]
confrontare con i progetti operativi per i
Viviamo un’epoca nella quale a parole tutto
mondiali di nuoto e la volontà di trasforsembra poter e dover diventare sostenibimare completamente l’immagine di quella
le, la città, la società, lo sviluppo. La defiparte di territorio, tra cui anche l’abbattinizione di sostenibilità deriva dal cosiddetmento di una parte del Cinodromo occuto rapporto Bruntland pubblicato nel 1987
pato, mettendolo a rischio sgombero, e lo
che definisce lo “sviluppo sostenibile come
spostamento forzato della rimanente cola soddisfazione dei bisogni delle attuali
munità rom di vicolo Savini, che aveva degenerazioni senza compromettere quelciso, prima dello spostamento del campo,
li delle future generazioni.” Tale
di occupare un piccolo casale.
definizione negli ultimi 25 anni è
Una serie di iniziative territoriali e assemstata al centro di un importante diblee, oltre un blocco del cantiere e presibattito, che ha fatto emergere una
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7 m di strada, 2 corsie, un senso di marcia, pista ciclabile, verde attrezzato, 30 km/h
18 metri di strada carrabile ad alta percorrenza , 4 corsie, 2 sensi di marcia
serie di contraddizioni legate, per esempio,
al concetto di “crescita sostenibile” e ad un
abuso del termine sostenibilità. Nel giugno
del 1996 ad Istanbul durante la seconda
conferenza Habitat II, sono stati affrontati
i problemi ambientali legati al tema degli
insediamenti umani. Documento cardine
della conferenza è l’Agenda Habitat II che
ha stabilito il duplice obiettivo di assicurare
un alloggio adeguato per tutti e di sviluppare insediamenti umani sostenibili. L’attuale modello di sviluppo socio-ecomonico
e di gestione urbana è la causa principale
della “deriva” e dell’insostenibilità ecologica e sociale delle nostre città.
I partecipanti alla Conferenza hanno riconosciuto che, al fine di migliorare la qualità
della vita nelle città del mondo, sono necessarie politiche olistiche, complessive e
partecipative.
Agenda Habitat, paragrafo 213:
“Nei Governi risiede la principale responsabilità di attuare l’Agenda Habitat. I Governi, in quanto partner idonei, dovrebbero
creare e rafforzare, in ogni paese, un’efficace partenariato con le donne, i giovani,
gli anziani, i disabili, i gruppi vulnerabili ed
emarginati, i popoli e le comunità indigene, le autorità locali, il settore privato e le
organizzazioni non governative…”
[Perché la partecipazione dei cittadini]
La partecipazione e il coinvolgimento delle comunità locali sono riconosciute come
una delle azioni chiave per affrontare la
crisi delle città.
L’attuale modello di sviluppo urbano, che
vede la preponderanza del fattore economico sugli altri aspetti della vita aggregata
e la dimensione a-territoriale degli scambi
commerciali, ha innescato a scala locale
un processo di omologazione culturale e di
frammentazione del legame sociale.
Progressivamente lo spazio pubblico è
entrato in crisi, è stato messo al servizio
delle linee di sviluppo adottate dai poteri
forti, ridotto a luogo per il consumo, per il
parcheggio o relegato entro confini stabiliti
circondato da cancellate che trasformano
gli spazi pubblici in gabbie.
La distanza che si è creata tra le
persone, e tra le persone ed i luoghi, porta anche alla perdita del-
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la memoria storica dei luoghi e delle reti
sociali; non ci sono più spazi per scambio
intergenerazionale e il costo sociale da pagare sarà altissimo. Sempre più frequenti
sono ad esempio i fenomeni di isolamento
e solitudine, non ci si conosce e questo aumenta la paura che viene facilmente strumentalizzata dai mass media. Chi paga il
prezzo più alto rispetto alle altre categorie
d’età sono i bambini che non vivono più
quelle esperienze ambientali, fondamentali per un corretto sviluppo dell’autonomia e
delle capacità relazionali.
Diventa necessaria la ricostruzione sociale
dello spazio pubblico, creando luoghi che
facilitino il dialogo tra le persone, consolidino le relazioni umane, stimolino un sentimento di affezione e di responsabilità rispetto ai luoghi del vivere quotidiano.
Le nostre città sono messe in scena nei
centri commerciali o nei centri storici ridotti a vetrine, dove la comunicazione vera è
assente, le relazioni umane sono sempre
mediate dal consumo di merci e già stabilite.
Se è vero che la nostra è ormai una metropoli che rispecchia una società allargata,
multilivello e complessa, è anche vero che
riproduce la sua frammentazione sociale.
E’ per questo che non si può dedicare attenzione solo al “centro-vetrina”, ma è necessario intervenire nelle diverse zone della città. Ognuna infatti ha le sue comunità,
le sue dinamiche e suoi centri.
E’ importante valorizzare l’inclusione in un
percorso proprio per la possibilità di ricomporre quell’atomizzazione sociale che si è
prodotta negli ultimi decenni.
La tensione ad una città diversa, ad una
città che segua un ritmo umano che adegui i propri spazi e i propri tempi ai cittadini grandi e piccoli, è diffusa, il Comitato
Ansa del Tevere è un esempio, tra i tanti,
della forma che questa tensione può assumere.
Tempesta, l’oratorio del Murialdo.
La rete tra i cittadini e le associazioni nasce intorno alla necessità di rivalorizzare il
lungotevere Dante e il piazzale antistante
l’ex-Cinodromo, per rispondere alla mancanza di spazi verdi accessibili e luoghi
d’incontro nel quartiere.
Il percorso di riqualificazione da parte delle realtà locali è iniziato nel 2006 quando il Laboratorio sociale Acrobax, in collaborazione con la polisportiva All Reds e
il Municipio XI, ha realizzato un campo di
basket nello spazio antistante l’ex cinodromo, sede del Laboratorio stesso nonché di
altre numerose attività.
L’iniziativa di Acrobax ha incontrato l’interesse di un’altra realtà territoriale: l’associazione Romana Pro Juventute Tetto
O.N.L.U.S (arpj-Tetto-o.n.l.u.s.). Da tempo
l’A.R.P.J. si stava interessando alla risistemazione del Lungotevere Dante all’interno
di un progetto più ampio legato all’autonomia negli spostamenti dei piccoli ospiti
della struttura e all’accessibilità alla struttura stessa.
Da questo primo impulso ne è seguito un
altro ugualmente importante tra dicembre
2007 e Gennaio 2008, quando i cittadini e
le cittadine si sono attivati su questo percorso, formando così il nucleo solido del
Comitato.
Infatti, dalla prima assemblea pubblica
fatta alla scuola Livio Tempesta, diverse
persone che vivono la zona si sono cominciate ad attivare: chi abita a valco san Paolo da una vita e lì è cresciuto, chi ha figli
proprio in quella scuola o li porta a giocare
nei campi sportivi sul LungoTevere Dante.
Uomini e donne, chi fa il professore o chi
è pensione, chi è un convinto sostenitore
di una mobilità alternativa a piedi o in bicicletta e chi si sente asfissiare da troppo
cemento o chi, semplicemente, vuole innalzare la qualità della vita del territorio.
Ma c’è anche chi attraversa questo territorio per venire a lavorare o a studiare.
[Comitato spontaneo Ansa del Teve- Insomma, il comitato ha come minimo
re]
comune denominatore una partecipazione
Il Comitato Ansa del Tevere si è costituito attiva e plurale che nasce da un’attenzione
nel gennaio 2008, ne fanno parte diversi alle trasformazioni e a come queste incidoabitanti del quartiere ed alcune realtà lo- no sulla vita quotidiana di ognuno
cali: il Laboratorio sociale Acrobax, l’A.r.p.j. di noi.
tetto o.n.l.u.s., l’85 circolo didattico Livio Da qui nasce, dunque, la formaliz
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Area antistante l’ex cinodromo secondo il Comitato Ansa del Tevere
zazione del Comitato che ha organizzato
sopralluoghi e passeggiate lungo l’ansa, ha
raccolto desideri e suggestioni, ha costruito momenti di socialità e, soprattutto, di
informazione sul territorio. L’attivazione di
tutte queste persone ha prodotto iniziative
che puntavano, da subito, ad una trasformazione effettiva dei luoghi
L’adesione al “Giorno del gioco 2008” è
un esempio di riappropriazione e trasformazione diretta dello spazio pubblico che
vede protagonisti i bambini e le bambine
della scuola Livio Tempesta, 85° circolo didattico.
Gli alunni della scuola trasformeranno il
piazzale antistante l’ex-cinodromo (Ponte
Marconi, via della Vasca Navale 6) in un
campo da gioco . Giocheranno a basket
nel campo esistente, costruiranno giochi
e risistemeranno gli spazi verdi . Si vuole restituire agli abitanti del quartiere una
piazza: un luogo per l’incontro, il gioco e il
riposo.
La molteplicità della composizione del comitato ci ha portato a scegliere di ruotare
ogni volta la sede dove svolgere le nostre
riunioni.
Riuscire a combinare diverse esigenze e
a costruire un percorso di partecipazione
vuol dire anche creare un senso di responsabilità rispetto a quello che si realizzerà.
Vuol dire riuscire a far vivere come centralità uno spazio perchè è una parte del
territorio che si vive quotidianamente; è
un legame continuo e non occasionale, che
riesce ad rendere protagonisti attivi tutti e
tutte.
Il protagonismo sociale, in questo caso, si
traduce nell’affermazione di priorità teoriche e pratiche che nascono in un una dinamica orizzontale.
Proprio in questo percorso, infatti, abbiamo imparato a costruire un’alfabeto ed un
linguaggio comune fatto di confronti diretti, di saperi e proposte differenti e di condivisione.
E’ chiaro che questo comporta tempi ed
attenzioni che, però, sono necessari per
non creare un meccanismo di imposizione, bensì per attivare una dinamica partecipativa che porti ad uno spazio pubblico e
collettivo.
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03
IL
NOSTRO TERRITORIO
[Il cono]
Le trasformazioni hanno segnato la città di
Roma, come tutte le città urbane divenute
metropoli; quelle che avvengono sotterranee e quelle che divengono simboliche, effettuate a spron battuto e che trasformano
l’assetto urbanistico, produttivo e sociale
del tessuto metropolitano.
La realtà che proveremo a raccontare, delimitata da una parte dal Tevere e dall’altra
dalla Cristoforo colombo, terrà come direttrici di riferimento Viale Marconi e Via
Ostiense.
Guardandola dall’alto, quest’area, assume una forma conoidale: per gioco, e per
omaggio all’America Latina, lo potremmo
chiamare “il cono sud” di Roma
[Viale Marconi]
Il quartiere che si sviluppò intorno a Viale
Marconi, dalla prima metà del ‘900 fino ad
oggi, è un quartiere sostanzialmente popolare che ha ospitato una serie di fabbriche più o meno grandi; l’Ex OMI, La Vasca navale, dove si svolgevano i test per
le imbarcazioni, un teatro di Posa che in
seguito diventerà la sede dell’istituto Cinetv “R.Rossellini”.
Inoltre vi sono una serie di altiforni, situati
a Lungotevere Papareschi, la via che porta
da viale Marconi al ponte di ferro, che oggi
sono divenuti spazi per il Teatro India mentre alcuni sono in stato di abbandono.
La zona subì una prima trasformazione
all’inizio degli anni ‘80 quando le fabbriche si svuotarono o vennero abbandonate
e Viale Marconi divenne sede di numerosi
negozi, per lo più a gestione famigliare.
La strada accoglieva una fascia popolare che li intorno abitava o ragazzi che, da
zone periferiche, venivano a scuola, frequentano lo struscio o i negozi con prezzi
abbordabili.
L’area che si sviluppa intorno a Viale Marconi, che va da Piazzale della Radio fino
alla congiunzione con la Cristoforo Colombo, passando per Ponte Marconi, fino a una
decina di anni fa era considerata e percepita dagli stessi abitanti come un zona periferica o di confine.
Da una parte si trovava l’accesso all’EUR e
quartieri come Torrino, Mostacciano o Spinaceto, dall’altra la zona della Magliana;
era un passaggio verso zone che, percepite come lontane o periferia estrema, a
breve si sarebbero trasformate in zone residenziali inserite a pieno nella città.
Contribuito al processo di espulsinoe
La trasformazione radicale si palesa con
l’arrivo dell’Università degli studi di Roma3, una decina di anni fa.
Gli spazi vengono recuperati, ristrutturati o costruiti ex novo: le ex Officine Metalmeccaniche Italiane divengono la sede
delle facoltà di ingegneria e fisica, la vasca
navale viene inglobata dentro le recinzioni dell’Università, viene costruita la nuova
sede di Matematica.
Ultimamente la Terza Università ha acquistato terreni anche su lungotevere dei
Papareschi ed ha iniziato dei lavori per la
costruzione di alloggi.
Nasce il progetto di “Campus diffuso” all’interno dell’ansa del Tevere, una curva delimitata da tutto lungo Tevere Dante.
Intanto Viale Marconi trasforma la sua fisionomia; la via diviene piena di negozi,
da piazzale della Radio al Ponte. Nasce un
vero e proprio centro commerciale all’aperto; aprono le sedi delle
grandi catene di elettronica, ali-
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mentari, editoria.
Chiaramente la zona entra a far parte della grande bolla speculativa degli affitti, soprattutto grazie al fatto che molti appartamenti ospitano gli studenti universitari.
Ma è anche vero che nel quartiere regge
ancora una struttura popolare originaria.
L’attraversamento è molteplice: da chi viene a fare shopping a chi lavora nella struttura commerciale, da chi attraversa la zona
perchè viene a studiare a chi la attraversa
per tornare a casa, da chi vive li da anni a
chi ci vive da pochi mesi.
La strada si allarga dunque ad un’intera
area, la direttrice di Viale Marconi diviene
una linea di produzione e di trasformazione; dalla mattina alla sera i flussi che la
attraversano la rendono un’arteria centrale della metropoli romana.
I mercati generali vengono spostati fuori
il raccordo e negli spazi rimasti viene progettata la Città dei giovani, un esperimento
di ri/produzione delle dinamiche giovanili
nella costruzione di senso e immaginario.
Così come ci sarà il negozio alla moda e
trandy così ci sarà il centro sociale trandy!
Dove c’erano le strutture industriali, come
la vetreria ostiense o la ex Alfa romeo, ora
ci sono i locali di Roma3; nel primo caso la
struttura è stata abbattuta e si è costruito
ex novo la Facoltà di Giurisprudenza ed il
Rettorato, nel secondo caso la fabbrica di
auto si è trasformata nella sede di Lettere,
o meglio, nella “fabbrica del sapere” (slogan ripetuto fino alla nausea nei primi anni
di vita dell’Università Roma3).
Anche in questo caso, come a Viale Marconi, la presenza dell’università è simboli[Via Ostiense]
ca oltre che s/travolgente; il cambiamento
L’Ostiense collega Roma ad Ostia ed è una del territorio coincide con il suo arrivo, si
delle consolari romane, direttrice per chi abbassa l’età media dei soggetti che attradal centro va verso la periferia, o meglio, versano la via Ostiense, e le zone immeper chi esce da Roma; di questa strada diatamente limitrofe, ed il loro ruolo proprenderemo in considerazione la porzione duttivo.
che da Piramide arriva alla stazione “Ma- La via in questo caso raddoppia il suo oragliana” della metro B.
rio di maggiore attività: alla mattinata
Anche qui vediamo tradotta la trasforma- vede aggiungersi la tarda serata.
zione della metropoli, e del suo tessuto so- Infatti, affianco alle sedi delle facoltà, negli
ciale, in una nuova fisionomia dei luoghi ultimi anni sono fioriti negozi, loft e locae degli spazi, fisici o concettuali; troviamo li. Il “divertimentificio” notturno stravolge
una diffusione della conoscenza in parti- completamente il ritmo a cui era abituato
celle sempre più piccole di territorio.
il territorio, creando nuova produzione e
La sua struttura produttiva, nel tempo, si ospitando tanto chi viene a “distrarsi” per
trasforma.
qualche ora, ma anche chi per diverse ore
La via prima era caratterizzata fortemen- lavora.
te per la presenza di alcuni siti produttivi come il gazometro, la sede dell’ENEL, La percezione del territorio, anche in quei mercati generali, la fabbrica dell’ex Alfa sto caso, cambia; perfettamente inseriti
romeo, oltre ad alcuni siti industriali mi- nel flusso della metropoli, chi vive intorno
nori.
all’Ostiense percepisce quello spazio non
Il suo tessuto produttivo e sociale, che l’ha più di attraversamento verso la periferia
disegnata fino a dieci anni fa, improvvisa- ma di integrazione nel centro.
mente muta in modo radicale.
Questa via ha visto la storia della resisten- [L’ansa del Tevere]
za partigiana attraversarla, proprio per la La zona di Valco San Paolo, delimitata da
sua composizione sociale dovuta ai posti viale Marconi e dalla riva del fiume ospita
di lavoro. Inoltre la sua vicinanza a Garba- diverse realtà sociali, associazioni sportitella, quartiere storicamente popolare che ve e alcune facoltà dell’Università di Roospitava molti di quelli che li lavoravano, ci maTre.
fornisce un’ulteriore spiegazione.
Attualmente tutta la strada che costeggia la riva del
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fiume,lungotevere Dante è lasciata all’abbandono e all’incuria.
Questa porzione di territorio, però, è attualmente uno dei pochissimi luoghi che
potrebbe ospitare degli spazi verdi messi a disposizione di una cittadinanza che
vive soffocata da cemento. Potrebbe rappresentare una possibilità per un territorio
così densamente abitato; una possibilità
di incontro e riappropriazione per diverse generazioni e composizioni, uno spazio
pubblico destinato al benessere della cittadinanza.
proposte del Comune di roma e dell’Università RomaTre.
Sulla base di tali informazioni e sui dialoghi con l’ufficio progetti metropolitani,
che ha permesso di visionare le tavole del
progetto, il Comitato Ansa del Tevere ha
iniziato un percorso di progettazione partecipata per definire soluzioni progettuali
‘a somma positiva’ in grado di perseguire
contestualmente le esigenze degli abitanti, del comune di Roma e dell’Università
RomaTre.
Le proposte progettuali dovranno tener
conto delle reali esigenze dei diversi attori territoriali, in modo da non incorrere
in quelle situazioni che si verificano di frequente nei processi inclusivi: dalla sindrome NIMBY ai ricatti messi in atto dai poteri
forti, dal disinteresse delle amministrazioni nei confronti dei soggetti deboli alla
riduzione della partecipazione a forme di
‘cattura di consenso’, ecc.
Il primo passo è stato quello di capire i
bisogni degli abitanti, ponendosi una serie
di domande al fine di trovare delle possibili
soluzioni.
Le varie proposte contemplano anche le
Quali sono le risorse?
[Bisogni degli abitanti e risorse del territorio emersi dagli incontri e dai questionari]
Cosa manca?
Luoghi di socializzazione e incontro.
Spazi per camminare, gradevoli e accessibili.
Libertà di percorrenza (ci sono molti cancelli e recinzioni).
Campi da calcio liberi e gratuiti.
[Progetto]
Luoghi di sosta.
Il Comitato ha cercato di reperire il mag- Autonomia di movimento dei bambini.
gior numero di informazioni possibile su- Parco per i bambini protetto.
gli interventi previsti dal progetto urbano Spazi per il gioco libero.
Ostiense-Marconi.
Contatto con il fiume.
L’amministrazione pubblica è sempre re- Facilità nell’acquisto di generi alimentari.
stia a mostrare i disegni di progetto e tale Verde.
difficoltà si è aggravata in conseguenza Parcheggi.
degli ultimi avvenimenti politici.
Divertimenti ed occasioni di socializzazioI documenti di riferimento sono le tavole ne per i giovani e gli adolescenti,oggi del
del PRG e i disegni di progetto e il plasti- tutto assenti.
co presentato dall’Università RomaTre l’11 Sicurezza negli spostamenti a piedi e in bisettembre 2008 presso l’Auditorium.
cicletta.
La tranquillità.
La Quiete.
Non è un agglomerato di palazzoni.
C’è tantissimo verde, ore inaccessibile, che
andrebbe riqualificato.
Il Fiume.
L.O.A Acrobax.
Vasca navale.
Associazioni sportive e a scopo sociale che
insistono sull’area dagli anni ’50.
Importante patrimonio immateriale:storia
dell’ansa (andrebbeo raccolte le memorie
e le foto di famiglia)
Università Romatre.
La parrocchia San Murialdo.
Centro Anziani.
11
04
RASSEGNA STAMPA:
UNA SPECULAZIONE
ANNUNCIATA.
Il Tempo 28/4/09
La presentazione agli studenti
“I Mondiali di nuoto un’occasione per tutta Roma”
I Mondiali di nuoto e la loro importanza per la città e l’economia romana spiegati agli
studenti. Per questo il presidente della Provincia Nicola Zingaretti, l’assessore provinciale allo sport Patrizia Prestipino, il presidente della Federnuoto Paolo Barelli e il presidente del comitato organizzatore di Roma 2009 hanno incontrato ieri all’Auditorium
Conciliazione circa 800 studenti delle scuole medie superiori di Roma e provincia. «Questi Mondiali - ha detto Zingaretti - sono uno straordinario evento sportivo e avremo gli
occhi di tutti puntati su di noi. È un’importante opportunità per l’economia della Capitale, tanto che si calcola che il ritorno economico dovrebbe essere dell’1,7% del Pil di
Roma. Dobbiamo fare in modo che dopo la conclusione della manifestazione sportiva
rimanga qualcosa ai cittadini e che l’entusiasmo suscitato dalle gare incontri un’impiantistica adeguata».
Zingaretti, presente con l’assessore allo Sport Patrizia Prestipino, ha poi ricordato che
«stiamo lavorando per portare sempre di più lo sport nelle scuole. A tal proposito inaugureremo dieci impianti sportivi nei prossimi mesi e nei prossimi cinque anni vogliamo
aprire dieci tensostrutture, dei palazzetti sportivi polifunzionali». Stoccata dal presidente della Federnuoto Paolo Barelli: «C’è un allarmismo esagerato. Tutto sarà realizzato
al meglio, alla faccia dei gufi che vogliono che le cose vadano male. Sarà un grande
Mondiale, il resto sono frottole».
Per Giovanni Malagò, presidente del comitato organizzatore della kermesse, «se i Mondiali di nuoto saranno all’altezza delle aspettative e fatti bene, ci possono essere le
premesse per sperare di riportare le Olimpiadi a Roma. La candidatura è portata dalla
città, ma sarebbe un evento che investirebbe tutta la nazione».Dan. Dim.
12
La Repubblica 16/4/09
L’INCHIESTA
Roma, le piscine vuote dei
mondiali di nuoto
Milioni di euro buttati, impianti che rischiano di non essere terminati. Da Tor Vergata
all’Appia Antica viaggio tra ritardi, cemento e zone vincolate che saranno deturpate
di GABRIELE ROMAGNOLI e CORRADO ZUNINO
ROMA - “Qui sorgerà la città dello sport”,
annuncia il cartello all’ingresso del cantiere di Tor Vergata. Invece: qui riposerà
in pace, amen. Vasche vuote, scheletri
di tribune, lo stendardo sbrindellato dei
Mondiali di nuoto, Roma 2009. Dovevano
aprirsi qui, nell’avveniristico guscio immaginato da Santiago Calatrava, dando al
campus universitario e alla capitale quattro spettacolari piscine. Un tuffo nel vuoto.
Le gru sono ferme. Ma lavorano altrove.
Roma non avrà la grande struttura che doveva essere il simbolo dell’evento, in compenso stanno sorgendo 63 nuovi impianti,
84 vasche. Molti con foresterie, decine di
stanze che dovrebbero ospitare atleti a luglio, e poi? Molti in zone vincolate, dal paesaggio, dall’urbanistica e dal buon senso.
Molti hanno trascinato con sé ampliamenti di circoli, sale fitness, box auto.
Un diluvio di iniziative private con
agevolazioni pubbliche. Un piastrellamento azzurro sul pavimento di una città che
già ora, vista dall’alto, quasi fa concorrenza a Los Angeles. I Mondiali sono un
alibi, troppe opere non saranno finite in
tempo. Ma resteranno dopo, per soddisfare una domanda a cui già rispondono
duecento piscine. Come è stato possibile?
Per capirlo abbiamo fatto un viaggio, come
quello del “Nuotatore” del racconto di John
Cheever portato sullo schermo da Burt
Lancaster. Quell’uomo decideva in “una di
quelle domeniche di mezz’estate in cui tutti se ne stanno seduti e continuano a ripetere: ho bevuto troppo ieri sera” di tornare
a casa a nuoto, attraversando la contea
da una piscina all’altra. Noi abbiamo percorso la città in un giorno di festa, da un
cantiere all’altro (Tor Vergata a parte, tutti
all’opera, solo lavoratori extracomunitari,
nessuno con l’elmetto protettivo). Curiosamente, la destinazione finale del viaggio
ci ha riservato uno scenario simile a quello
trovato dal personaggio letterario. Il resto
del percorso, tutta un’altra storia. Questa.
La prima tappa è sull’Appia Antica, numero
7000, davanti all’insegna Sporting Palace.
La Città dello Sport doveva esserci, ma non
c’è; questo palazzo non dovrebbe esistere,
invece eccolo qui. Sorge tra le rovine storiche, davanti a un parco. I nuotatori, si
è detto, potrebbero allenarsi e poi rilassarsi sulla terrazza guardando la tomba di
Cecilia Metella. Ma perché Cecilia Metella
dovrebbe guardare dalla sua perduta pace
eterna questa scatola di cemento da cui
pende un festone che “annuncia” l’inaugurazione a giugno 2008? Bisogna fare un
passo indietro.
Quando Roma ottiene i Mondiali 2009 parte la carica delle piscine. Cinque impianti
saranno pubblici (Tor Vergata, Foro Italico, Ostia, Valco San Paolo, Pietralata). Ma
non basteranno. La giunta Veltroni decide di aprire ai privati che bussano alle
sue porte. In fondo, si tratta di prendere tre piccioni con una fava: organizzare
i Mondiali, costruire la memorabile opera
nel campus e rendere Roma una capitale
natatoria planetaria. Partono 38 richieste,
il commissario straordinario (all’epoca Angelo Balducci) ne avalla 23. La
giunta filtra e riduce a 10 (un anno
13
dopo ne accoglierà altre 3). Tra le proposte
bocciate: lo Sporting Palace. Nonostante
il sì del commissario. Nonostante il parere, epr due volte favorevole, della Federazione nuoto presieduta da Paolo Barelli.
Mancavano i permessi dell’Ente Parco e
della Soprintendenza archeologica. Era già
intervenuto il guardaparco con un’azione
di sequestro. Eppure i lavori non si sono
mai fermati. L’edificio è cresciuto. Già appariva fuori posto com’era, tra le rovine e
gli alberi dove l’hanno costruito, nel ‘56,
per ospitare uffici. Ora è un assurdo, eppure c’è. Non si è fermato il cantiere, ma
neppure l’inchiesta della magistratura.
Sono tre gli indagati.
Ci sono altre quattro azioni giudiziarie sugli impianti dei Mondiali. Una è per “abuso
edilizio, deviazione acque e modificazione
terre, falsità materiale commessa da pubblico ufficiale, truffa ai danni dello Stato”.
A firma di Italia Nostra e contro Salaria
Sport Village. Ci andiamo. Il circolo ha attualmente una sola piscina, coperta da un
pallone, dove mentre passiamo non nuotano più di dieci soci. Ne sorgeranno altre
tre, due da 25 e una da 50 metri. Due saranno coperte. Ci sarà una foresteria da 41
stanze. Centosessantunomila metri cubi di
cemento nell’alveo dello sversamento del
Tevere. Uno di quei rischi su cui si fa poi
vana polemica a disastro avvenuto. Più un
paio di vincoli calpestati: paesistico e ambientale. Ma se lo Sporting Palace è rimasto nella lista dei bocciati (e ha costruito
abusivamente) questo come ha potuto rientrare dopo il no del Comune guidato da
Veltroni? E’ stato inserito in una seconda
serie di autorizzazioni, compilata dal nuovo commissario straordinario, Claudio Rinaldi, su suggerimento della Federazione
nuoto e passata dal Comune guidato da
Alemanno. “Visto si scavi” per 9 impianti e 14 piscine. Oltre a questa ci sono,
tra le altre, quella del Flaminio Sporting
Club, di cui è dirigente Luigi Barelli, fratello del presidente federale che pure costruirebbe su un’area vincolata per intero.
E poi quella della riserva Macchione, di fronte alla tenuta del presidente della Repubblica, per la quale è partito un esposto che contesta la violazione di tre
protezioni, e quella dell’area ex Snia
Viscosa, parco destinato alla città, per cui
l’autorizzazione ai lavori è arrivata in extremis. E, ultima ma solo in ordine geografico, la Sporting Life della società sportiva
Nomentum, a Mentana, prossima tappa.
Per arrivarci lasciamo Roma, superiamo
Monterotondo, dove pure sorge un megaimpianto ancora non completato, e arriviamo in questa vallata, un tempo intatta.
Lo Sporting Life ha campi da calcetto (sui
quali al momento corrono cani impegnati
in un concorso di agilità che un megafono
amplifica per la campagna), un laghetto da
pesca e una club house. Ha aggiunto l’11
aprile un bar e ristorante, inaugurati con
una serata eccezionale alla presenza del
comico Nino Taranto. E le piscine? Eccole
lì, tre buchi nella terra con altrettanti immigrati intorno. Una è per i bambini, le altre
due sono di 25 e 34 metri. Lavori iniziati a
marzo. Pronte per i Mondiali? Difficilmente. E che cosa verrebbero a farci qui, gli
atleti che gareggeranno al Foro Italico? Più
probabile rivedere un campione di agility
che un ranista da podio. Eppure, sia questo impianto che quello della Salaria hanno
conquistato in appello il diritto a esistere.
Come è successo? Avrà influito che a costruire il secondo sia, tra gli altri, il figlio del precedente commissario straordinario? A che
punto e perché è saltato il filtro che imponeva criteri per le concessioni? I responsabili
della vecchia giunta raccontano di essere
stati esposti a “molte pressioni”. Se già
loro avevano in qualche caso ceduto, i
successori si sono arresi. Il diluvio di nuove vasche è impressionante quanto disomogeneo. A suddividerle per i quartieri di
Roma, tre ne hanno 9 ciascuna. Sette non
ne hanno nessuna. A prendersene di più
è la zona dei circoli, che con l’occasione
ristrutturano, ampliano, aggiungono. E a
trarne i principali benefici saranno, più che
la cittadinanza, i soci paganti. Primi quelli
dell’Aniene presieduto da Giovanni Malagò (che è anche alla guida del Comitato
organizzatore di Roma 2009): hanno cominciato i lavori in anticipo sulla delibera
comunale generale, li stanno già concludendo e festeggeranno con 6 mila
invitati le tre piscine pur avendone
14
chiesta, in un primo momento solo una.
Ci sono coincidenze che incuriosiscono.
Andiamo nel cuore della città, nel quartiere Trieste, alla Fondazione Cristo Re. Gestisce campi da calcetto sopraelevati, sul tetto di una palestra un tempo pubblica e la
cui acquisizione, rivelano scritte sui muri,
non tutti hanno digerito. C’è una nuova
piscina, coperta, di 25 metri, autorizzata
dalla giunta Veltroni. E insieme a quella
sono sbocciati 330 posti auto nello stesso
complesso, due agglomerati di box rossi
e gialli venduti ormai completamente per
cifre comprese tra i 68 e i 120 mila euro.
Giù la serranda, è tempo, come il “Nuotatore”, di arrivare a casa, o meglio, a quella che doveva essere la casa dei Mondiali:
a Tor Vergata. Dietro l’Università si stende una piana interrotta solo dai picnic e
dall’immensa croce che fa da catalizzatore
nei raduni religiosi. Uno spreco a cui se n’è
sovrapposto un altro, di diverso segno. Eccola qui, la città fantasma dello sport. Dove
doveva esserci il museo c’è una baracca di
lamiera. Al posto dei gusci di Calatrava due
dentiere ammaccate. Dentro una di quelle
la “vasca degli spiriti”. Non echeggiano i
suoni delle bracciate di Phelps o delle entrate in acqua della Cagnotto, ma quelle di
litigi, incomprensioni, fatali prese di posizione. Già l’idea era una scommessa, una
delle tante su cui Veltroni ha puntato per
lasciare un’eredità che invece evapora. Il
giocattolo gli è cresciuto tra le mani, fino a
diventare ingovernabile. Il palazzetto per
volley e basket è passato, per rispondere
ai criteri internazionali, da 8 mila a 15 mila
posti. L’Università ha scelto come progettista lo spagnolo Calatrava: tanto geniale
quanto incontenibile. L’impresa appaltatrice era abituata a realizzazioni più schematiche. Ogni passo è divenuta una battaglia, un lievitar di costi e uno scambio
di accuse. Presto è stato chiaro che i 280
milioni preventivati non sarebbero bastati, ne occorrevano almeno altri 100. A dir
poco. E il tempo remava contro. L’elezione di Alemanno a sindaco è stata un’ascia.
Se voleva spostare la teca dell’Ara Pacis,
che già c’era, figurarsi due gusci ancora da posare. Fermi tutti. Controlli,
riconsiderazioni, meglio fermarsi qui.
Meglio? Meglio aver già speso 190 milioni per questo scarabocchio di cemento e
ferro? Abbandonarlo lì vagheggiando futuri
mondiali di basket o addirittura di baseball
per riprenderlo? Meglio farne l’ennesimo
detrito contemporaneo, la testimonianza
da capsula del tempo che Roma dispensa
rovine anche dal presente (salvo costellare quelle del passato di terrazze abusive)?
Eppure è così: il pubblico ha buttato 190
milioni. I privati, con l’alibi di doversi sostituire, ne hanno investiti altrettanti. Importa
se molti dei loro impianti non saranno pronti
a luglio, se non serviranno alla città dopo,
se le foresterie diventeranno piccoli alberghi intorno a una vasca che doveva essere
iridata? Che cosa resterà di tutto questo titanico sforzo: un monumento diffuso all’arte natatoria o un buco nell’acqua? Quando
il “Nuotatore” finalmente arrivò “cercò di
aprire le porte, ma erano chiuse a chiave e
sulle mani gli rimase la ruggine delle maniglie... Batté con i pugni, tentò di abbatterle
e poi si accorse che la casa era disabitata”.
15
La Repubblica 17/4/09
Il business dei Mondiali.
Piscine e foresterie, Ostia
miracolata.
di CORRADO ZUNINO.
Aveva già 32 impianti, Roma 2009 ne prevede altri 11. Con annessi nuovi alloggi.
La grande nidiata di piscine di Roma 2009,
prossimi mondiali di nuoto, ha la sua cova
più prolifica lungo la direttrice Cristoforo
Colombo-Ostia. In questi tre municipi confinanti - XI, XII e XIII che dalle Mura Aureliane approdano al mare - sono nate o
stanno crescendo 24 delle 84 nuove vasche
previste in città. Molte sono contestate.
Il progetto più combattuto è anche quello
più importante per l´area: il polo natatorio di Ostia, tre piscine, ampia palestra, 80
stanze di foresteria per atleti, 16 milioni il
costo pubblico. Il polo di Ostia, 54 comitati
contro all´inizio, ha conosciuto uno spostamento di sede e quattro variazioni progettuali. Più una ventina di esposti in procura
e al Tar, di cui tre restano in piedi. Oggi, con
i comitati sfarinati da una serie di compromessi sanciti lungo l´arenile, l´imponente
parallelepipedo è in fase di ultimazione in
lungomare Caio Duilio, di fronte ai bagni
“Le Dune”, di proprietà della famiglia Papagni. L´ingegner Renato Papagni, uomo
influente nell´Assobalneari locale, sponsor
dell´idea «Ostia come Rimini», è il progettista di fiducia del presidente della Federnuoto, Paolo Barelli. E quindi è stato chiamato a sviluppare sia l´impianto di Ostia
che le due strutture pubbliche omologhe
di Valco San Paolo e Pietralata. Papagni
assicura che il 15 giugno, un mese prima
dell´esordio dei mondiali, Ostia sarà pronta, «forse, però, non ancora le foresterie».
Si è formato qui, nel 13° municipio, territorio già servito da 32 piscine e che adesso
ne ospiterà altre undici, l´humus politicoaffaristico che ha sostenuto la fase privata del business mondiali 2009, 200 milioni
d´investimento. Qui, il presidente federale
Barelli, senatore di Forza Italia candidato alla presidenza del Coni, motore
del progetto piscine, ha relazioni con-
sistenti. Uomo di collegamento tra Barelli e
l´imprenditoria locale è Maurizio Perazzolo, già consigliere berlusconiano in municipio, albergatore e presidente del consorzio
Le Cupole di Acilia che, per Roma 2009,
è stato ristrutturato con oltre 3 milioni di
spesa. Perazzolo ha avviato un´operazione
ancora più ambiziosa al Torrino, dove ha
ottenuto per conto della Roma Team Sport
la possibilità di tirar su una struttura ex
novo nella collina di via Cina. La prima
delibera del Campidoglio aveva consentito una piscina coperta da 50 metri con 12
stanze. Successivamente, con l´intervento
del commissario straordinario per Roma
2009, si è aggiunta una seconda piscina
da 25 metri, una sala fitness da 1.600
metri quadrati, un ampio ristorante e altre 23 stanze. Un´amplificazione sensibile
per un cantiere tra i più ampi dell´intera
partita mondiali: 20 milioni preventivati.
Alcune imprese al lavoro al Torrino - a
sottolineare i rapporti di mutua relazione
imprenditorial-politica in XIII - stanno lavorando a un altro impianto per i mondiali,
il centro sportivo Macchione di via Traetta,
Infernetto. Lo scorso 31 marzo il belligerante Comitato entroterra 13 ha firmato
un esposto che illuminava tre vincoli violati dalla struttura ex abusiva e sanata,
confinante con la tenuta presidenziale di
Castelporziano. Al Macchione compaiono
e scompaiono foresterie, si spostano spogliatoi e zone ristoro. Consulente dei costruttori, qui, è un ex geometra comunale
arrestato nel ´93 con altre nove persone:
avevano costituito in municipio un ufficio
specializzato nell´approvare pratiche edilizie irregolari. La gestione del Macchione
sarà affidata all´Agepi, società sportiva
che nel 2006 ha trasformato una piscinetta scolastica di via dell´Idroscalo in una 25
metri. Tutto si tiene, a scendere. La lobby
di Ostia dai mondiali di nuoto ha ottenuto
vasche, allargamenti, nuove stanze.
16
Il Tempo 5/5/09
sti l’ora, un’aula magna da 200 posti, una
sala convegni, bar, ristorante, zona relax e
Strutture quasi pronte. Ecco i nuovi im- area ricevimenti con un’ampia vetrata sul
pianti dei Mondiali di nuoto
lungomare. È questo il progetto di via della Quinqueremi, davanti al lungo mare di
Una struttura completamente autoOstia e Pietralata: struttu- Ostia.
noma dal punto di vista energetico grazie
re consegnate entro la fine a un accordo siglato con Acea che prevede
del mese. Sul Lido piscine 150 kw garantiti dal fotovoltaico, 100 kw
per l’acqua calda grazie ai pannelli solari,
pronte all’uso.
altri 150 kw grazie a due gruppi di cogenerazione. Il budget previsto per il completamento dei lavori è 20 milioni di euro. La
piscina da 50 metri è praticamente fatta e
sarà pronta per il 10 maggio. Le altre due
vasche coperte e il parcheggio verranno
invece consegnate il 30 maggio. La foresteria che accoglierà gli atleti sarà invece
pronta per il 30 giugno, in linea con i tempi
previsti dal progetto.
A Ostia si alleneranno e verranno alloggiati gli atleti che saranno protagonisti delle
gare in mare, che si svolgeranno sul Lido
di Roma. Dopo i Mondiali, il Polo natatorio
diventerà un centro federale gestito dalla
Federnuoto. «Ma - precisa il delegato Fin
per i Mondiali nonché progettista e coordinatore dei lavori di Ostia, Pietralata e Valco San Paolo Renato Papagni - la struttura
Una corsa contro il tempo lunga sei mesi.
sarà anche aperta alla cittadinanza, come
Tre turni di lavoro notturno ordinati dal
prevede un’apposita delibera comunale».
commissario straordinario Claudio Rinaldi
Una gestazione lunghissima, quella del
per superare intoppi burocratici, lungaggiPolo natatorio di Ostia. I lavori sarebbeni amministrative, proteste e per consero dovuti cominciare molto prima, ma il
gnare le strutture per i Mondiali di nuoto in
cambio di area e alcune lungaggini ammitempo per la kermesse iridata in programnistrative hanno fatto aprire i cantieri con
ma nella Capitale dal 18 luglio al 2 agonetto ritardo.
sto. A poco più di due mesi dall’avvio delle
«Abbiamo cominciato a lavorare solo a nocompetizioni la scommessa è molto vicina
vembre - spiega Papagni - Il cambio d’area
all’essere vinta. Gli impianti di Ostia, Pieeffettuato dalla Regione d’accordo con la
tralata e Valco San Paolo saranno pronti
passata amministrazione comunale ci ha
per ospitare i Mondiali. I lavori sono quasi
costretti a rivedere tutto il progetto, a rifiniti, almeno per quanto riguarda il centro
partire da zero. Abbiamo perso otto mesi.
federale sul Lido e la struttura di PietralaI lavori sono iniziati a novembre. Una vera
ta.
corsa contro il tempo. Gli operai hanno lavorato di domenica, il primo maggio, perOSTIA.
sino dopo il tramonto, in quanto il comPronta per il 30 giugno Una vasca da 50
missario Rinaldi ha ordinato tre turni di
metri, una da 33 metri, una piscina per
lavoro notturno». Per non parlare poi delle
il riscaldamento, una foresteria da 84 caproteste, che Papagni rispedisce al mittenmere doppie (di cui 4 matrimoniali e 8 per
te: «Per quest’area davanti al lungodiversamente abili) tutte con bagni,
mare il Prg prevedeva impianti sporottomila metri quadrati di parcheggi
tivi e una zona ricettiva e ricreativa
su due livelli, una cucina da 100 pa-
17
per i giovani. Mi pare che il progetto vada
proprio in questa direzione. Senza contare - aggiunge - che i Mondiali saranno
per Ostia un’occasione unica: comunicare
al mondo che nell’ambito del territorio di
Roma, a pochi chilometri dal centro, esiste
una realtà a forte vocazione turistica, che
unisce mare, riserve naturali e bellezze archeologiche». L’impianto verrà inaugurato
il 14 luglio, con una serata organizzata in
collaborazione col Campidoglio e AltaRoma.
PIETRALATA .
Lavori ultimati Discorso leggermente diverso per Pietralata, dove i lavori sono in
una fase più avanzata. Entro fine mese l’intera struttura (una piscina scoperta da 50
metri e due vasche coperte - una da 33 e
una per il riscaldamento - per un budget di
circa 12 milioni di euro) verrà consegnata
il 30 maggio. «Siamo più avanti rispetto al
Polo natatorio - spiega il responsabile tecnico Di Bari - Dobbiamo solo montare le finiture esterne. Siamo in vantaggio rispetto
a Ostia perché il progetto di Pietralata non
prevede la foresteria».
VALCO S. PAOLO.
Nodo da sciogliere Consegnare la struttura
in tempo è un’impresa. Gli operai lavorano
a ritmi serrati. Il motivo del ritardo? «Il
servizio giardini del Comune non ha consegnato la struttura tenendola bloccata per
circa quattro mesi. Il commissario voleva
sgomberarla con l’esercito. In ogni caso
i lavori vanno avanti», risponde Papagni.
L’obiettivo è ultimarla per il 30 giugno.
BLOG ROMA 10/7/09
Mondiali di nuoto, inaugurata la struttura di Valco
San Paolo
Scritto Venerdì 10 Luglio 2009 da davide.
vannucci
Inaugurato, a 13 giorni di distanza dagli
impianti di Pietralata, il nuovo “polo natatorio” di Valco San Paolo (zona viale
Marconi), uno dei complessi comunali che
ospiteranno gli allenamenti dei mondiali
di nuoto, in programma dal 17 luglio al 2
agosto nella Capitale. Nelle piscine di Valco San Paolo si prepareranno le nazionali
di pallanuoto femminile. Ha tagliato il nastro il delegato allo sport del Campidoglio,
Alessandro Cochi.
La struttura si articola in due corpi: a sud
ristorante e sala convegni; a est le piscine con spogliatoi, palestre, uffici e bar. Tre
le vasche da allenamento, due all’interno
(una a otto corsie di 35 metri per 21) e
una piscina “di ambientamento” da 10 per
21 metri. All’esterno c’è invece la vasca
olimpionica di 50 metri per 25, profonda
da 2,10 a 2,3 metri. La palestra si sviluppa
su 150 metri quadri di superficie.
Tra i punti di forza del polo natatorio, l’impiego di tecnologie bio-climatiche come il
tetto-giardino, che crea negli interni un clima “primaverile” e fa risparmiare energia.
L’impianto è costato al Campidoglio circa
13 milioni di euro.
Il polo di Valco San Paolo, sottolinea il consigliere delegato Cochi, è un’opportunità
concreta per il quartiere. Dello stesso avviso Claudio Rinaldi, commissario delegato
ai mondiali di nuoto, che definisce il nuovo
impianto “di assoluto prestigio”.
18
La Repubblica 22/9/09
Piscine dei Mondiali di Nuoto. Otto milioni di conti in
rosso
di Corrado Zunino
Mondiali di nuoto. I mondiali di Roma inseguono i loro organizzatori. «I migliori della storia del nuoto», li aveva definiti in chiusura il sindaco Alemanno. “Roma
2009”, infatti, sta producendo: un’inchiesta della procura destinata ad allargarsi e, si scopre ora, un buco di bilancio di
8,5 milioni di euro. Per un evento durato 16 giorni e concentrato al Foro Italico.
Lunedì c’è stato l’incontro preliminare di un Consiglio d’a mministrazione ristretto: quattro componenti su tredici.
Assente il vicepresidente Paolo Barelli, che
ha prolungato all’a utunno il suo scontro
con il presidente del comitato organizzatore Giovanni Malagò. Quest’ultimo ha
presentato rapidamente i conti, aggravati dall’emergenza quotidiana con cui sono
stati organizzati i mondiali: «Siamo arrivati
a 24 ore dalle gare con 39 cose non omologate», ha ricordato. E ha rimandato al Consiglio del 30 settembre (potrebbe slittare)
la definizione di chi si accollerà il debito. La
Federnuoto ha chiesto un intervento paritetico: metà la federazione, metà il Comune.
Il consigliere del sindaco Alessandro Cochi,
assente, ha già fatto presente che il Comune si era astenuto di fronte alla richiesta
del voto su un “extra budget”. Il sindaco
Alemanno, oggi, non ha intenzione di superare la cifra messa a copertura inizialmente: 1,75 milioni. Il Coni vigila. Perché i
conti della Federnuoto sono — anche
quelli — in rosso e la struttura di Paolo Barelli faticherebbe a garantire altri
6-6,5 milioni per il deficit di “ Roma 2009”.
Il Comune, poi, oppone resistenza perché
a sua volta accusa sofferenze economiche
legate a manifestazioni sportive. Nello specifico, ovvero i mondiali di nuoto, alcune
imprese che hanno costruito i tre impianti
pubblici (Ostia, San Paolo e Pietralata) lamentano ritardi nei pagamenti che minano
la loro tenuta.
La tesoreria del Campidoglio, ancora, ha
esaurito il “plafond” per le fideiussioni
delle piscine private a corredo dei mondiali: quattro associazioni hanno ottenuto
le garanzie richieste mentre Città Futura
(Ardeatina-Colombo) ha visto riconosciuti
due milioni sui cinque richiesti. Rischia il
fallimento. A queste difficoltà economiche
post- mondiali si collega la protesta che
sale dagli assegnatari degli impianti Punti
verde qualità: 26 piscine in città. Da un
anno e mezzo non vengono erogati finanziamenti già deliberati e i diciassette cantieri in corso (Parco Kolbe, Cocco Ortu e
Porta Feronia quelli in fase più avanzata)
si sono fermati.
(22 settembre 2009)
La Repubblica 31/12/09
Mondiali di Nuoto, piscine
e lucchetti sono le macerie
di Roma 2009
di Corrado Zunino
Nove vasche costate fin qui 50 milioni di
euro, non finite, due su tre senza le annunciate foresterie, sono sprangate: a
Ostia, a Valco San Paolo, a Pietralata.
Dovevano essere il dividendo sociale di “Roma 2009”, il ritorno ai cittadini di fronte a mondiali di nuo-
19
to che hanno saccheggiato il territorio
regalando piscine a imprenditori amici.
Sopra le macerie dei mondiali di nuoto
di Roma ora guerreggiano le fazioni della
destra romana: Federazione nuoto contro
pezzi di Pdl, ex di An legalisti contro ex di
An gestori di piscine. E in questo scenario
deprimente i tre mirabili poli pubblici restano chiusi. Nove vasche costate fin qui 50
milioni di euro, non finite, due su tre senza
le annunciate foresterie, sono sprangate:
a Ostia, a Valco San Paolo, a Pietralata.
Inaccessibili al pubblico.
Dovevano essere, insieme all´iperimpianto
di Tor Vergata - quello affossato subito, con
gli ambiziosi “Gusci” di Santiago Calatrava
-, il dividendo sociale di “Roma 2009”, il
ritorno ai cittadini di fronte a mondiali di
nuoto che hanno saccheggiato il territorio
regalando piscine a imprenditori amici.
I tre poli li ha inaugurati in fretta e furia
il sindaco Alemanno, pochi giorni prima
dello scorso 17 luglio. Tartine al salmone e discorsi fieri: «E´ stata dura, ma ce
l´abbiamo fatta». Solo che era tutto finto: in alcune mancava l´aria condizionata,
in altre l´impianto di filtraggio, in altre il
collaudo. Alle “Iene” il progettista Renato
Papagni assicurava: «Due piastrelle e sono
completati». Dopo sei mesi siamo con gli
impianti pubblici chiusi, pezzi di impianti
privati sequestrati e il costruttore di Ostia
- la ditta Marziali - che rivendica un credito non saldato di nove milioni ed evoca il
crack. Un disastro sportivo e politico.
Ad Ostia sotto le feste natalizie il ballo sulle macerie è diventato un sabba grottesco.
E´ in atto uno scontro feroce tra Comune e
Federnuoto sulla gestione del polo, annunciato dal presidente federale Paolo Barelli
come la nuova Coverciano natatoria e fin
qui utilizzato solo per qualche festa privata
e pochi allenamenti azurri.
Secondo il presidente della Commissione sport del Comune, Federico Mollicone,
la concessione data alla Fin è decaduta:
«Per il polo natatorio non hanno sborsato
un euro, come invece prevedeva la delibera 85, e non hanno rispettato i tempi di
consegna». Barelli ha impugnato la questione e ha chiesto, con i soliti metodi
Far West, l´intervento di due uomini
della federazione al cancello di lungo-
mare Duilio 32: respinti dai vigilantes dei
costruttori, il 7 dicembre scorso. Allora ha
portato la controversia davanti a un giudice civile di Ostia ottenendo un primo parere favorevole: lunedì scorso un ufficiale
giudiziario ha troncato lucchetti e catene
posti dagli uomini della ditta Marziali e ha
consegnato le tre piscine alla Fin. Lunedì prossimo il Tribunale di Ostia potrebbe sentenziare se l´impianto locale e a cascata anche gli altri due, Valco San
Poalo e Pietralata - andrà alla Federazione italiana nuoto, uscita prosciugata dagli
sciagurati mondiali, o al Comune. Mollicone fa notare: «C´è una legge del 2002 che
impedisce a un soggetto privato di gestire
più di un impianto comunale. Bisogna porre fine alla fiction di Ostia, a giorni convocherò i nostri uffici e il commissario straordinario, ognuno deve tirare fuori le carte
che possiede: dobbiamo fare chiarezza sul
futuro del polo di Ostia e non sprecare un
bene della collettività».
Paolo Barelli è sempre più isolato, e scalcia disperato. Paolo Foschi, vicepresidente
della Commissione Sport in Regione, Pd,
chiosa: «E´ in corso una faida sulle spalle dei cittadini per far gestire le piscine a
società amiche dell´uno o dell´altro capocordata». 20
La Repubblica 18/2/10
tività edilizia della Protezione civile macina-appalti. La mattina del 7 marzo 2009 il
Al capo della Protezione Civile diceva: “La consigliere del premier chiama Bertolaso e
Ue ci critica, chiama il tuo amico Dimas” gli racconta, con la consueta cortesia, che
I rapporti con Balducci (ora in carcere) sui Antonio Tajani, vicepresidente della Comcampionati iridati del 2008
missione europea, lo ha chiamato: “Ha
saputo che Dimas apre una procedura di
sulla Maddalena e che la rendeDalla Maddalena ai mon- infrazione
rà pubblica mercoledì o giovedì. Mi ricordo
diali di nuoto la rete e le male o tu eri amico di Dimas?”. Stavros
Dimas è il commissario europeo per l’Amstrategie di Gianni Letta.
biente, e che ci sia un’istruttoria europea
si sa dal giugno 2008. Ora si rischia l’infradi CORRADO ZUNINO
zione. Bertolaso spiega a Letta che sono
due le questioni: “Una per quello che riguarda gli aspetti ambientali e l’altra per
quello che riguarda la procedura di gara...
La procedura di gara l’hanno poi chiusa in
senso positivo nostro”. Letta chiede: “Gli
vuoi fare una telefonata tu o debbo attivare l’Ambiente che evidentemente non
ha saputo difenderti a dovere”. Bertolaso:
“L’ambiente non ci difende mai... E poi in
ambasciata purtroppo c’è ancora la gente
che c’ha messo Pecoraro e che la Prestigiacomo ancora non è riuscita a togliere...”.
Chiude Letta: “Mi dici se devo fare qualcosa...”.
Sul fronte romano, l’interesse di Gianni
Letta sulle opere dei Mondiali di nuoto è
cosa antica. La mattina del 2 maggio 2008
Balducci informa l’ingegner Fabio De Santis che ha già avuto un primo colloquio con
il sottosegretario e gli ha riferito che “si
è operativi un po’ su tutto, ivi compresi i
lavori per i Mondiali di Nuoto, e che si è
ROMA - Il sottosegretario Gianni Letta è
disponibili ad effettuare delle ricalibrature
l’uomo del governo che ha scelto Guido
in relazione a quello che Alemanno adesso
Bertolaso alla Protezione civile. Oggi lo
vorrà”. Il neo-eletto sindaco di Roma vuole
difende. Fino a ieri, rivelano le intercetrivedere due progetti veltroniani, al Foro
tazioni dei Ros di Firenze, il sottosegretaItalico e a Tor Vergata. Dice Balducci: “Letrio alla Presidenza del Consiglio decideva
ta mi ha detto che per queste cose vuocon il sottosegretario Bertolaso le stratele un interlocutore unico”. De Santis: “Mi
gie per non rendere pubblica un’infraziometto in ginocchio”. Quindi il commissario
ne dell’Unione europea sui cantieri alla
Claudio Rinaldi, in piena ansia da palazzo
Maddalena. Quelli per il G8. Di più, Letdi giustizia per le piscine abusive, chiede in
ta in piena bagarre Mondiali di nuoto - la
maniera concitata “di veicolare una lettera
procura di Roma apre l’inchiesta sulle piscritta con l’avvocato” a Letta, “lì dentro
scine private abusive - prende in mano
c’è un pacchettino di situazioni”.
la situazione per gestirla con Angelo Balducci, oggi in carcere per corruzione.
Letta è al centro di una rete di relazioni decisiva per il governo e per l’at-
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L’INCHIESTA
Scuole, piscine, ospedali: gli affari di Anemone e soci
Appalti da trecento milioni a Roma e in provincia, da
Zagarolo fino a Nettuno: il cemento della “banda delle
emergenze”
di CORRADO ZUNINO
Hanno sversato cemento a tonnellate tra Roma e la sua provincia, gli imprenditori del
giro Anemone. Hanno gettato fondamenta e alzato campate in centro storico, poi sul
litorale. Si sono allargati verso Zagarolo (una scuola), Nettuno (alle “Opere pubbliche”
di Francesco Maria Piscicelli è stata affidata un’ala della scuola di polizia), hanno sconfinato a Formia (la caserma della guardia di finanza). Sì, hanno preso appalti a mani
basse, in tutto il Lazio. A una prima stima, che si desume tarando le carte raccolte dalla
Procura di Perugia, la banda dei costruttori della Protezione civile si è aggiudicata nella
capitale e nella sua immediata periferia 12 appalti negli ultimi quattro anni. Per un valore complessivo di 300 milioni. Per altri sei lavori gli imprenditori privilegiati si sono attivati, come hanno rivelato le intercettazioni di polizia: il nuovo aeroporto di Frosinone
(qui è intervenuta la Btp del fiorentino Riccardo Fusi), poi diversi appalti per il porto di
Civitavecchia. Ma quei cantieri non sono mai partiti e l’arrivo dei magistrati ha fermato
nuovi profitti.
Gli edili di Bertolaso, Anemone in testa con le sue Cosport, Tecnocos e Redim, hanno
lavorato molto con il pubblico grazie al rapporto di ferro saldato con l’ex provveditore
del Lazio Angelo Balducci. Si sono presi ospedali come lo Spallanzani, all’interno del
quale hanno edificato l’ambizioso progetto Anti-Sars (una partita da 80 milioni). Poi
dépendance del Senato, con undici appartamenti da ristrutturare in largo Toniolo affidati all’architetto Angelo Zampolini, progettista vero, utilizzato in surplus da Diego
Anemone come riciclatore delle tangenti del gruppo. I costruttori privilegiati si sono
lanciati, poi, su piccoli lavori nelle scuole di provincia: i funzionari Maria Pia Forleo ed
Enrico Bentivoglio, fidati di Balducci, alla vigilia dell’ultimo capodanno hanno assegnato
a Diego Anemone (Anemone costruzioni srl) e al padre (Tecno Edil srl) l’edificazione
della nuova scuola di Zagarolo: un appaltino da 2,8 milioni di euro, assegnato senza
attendere i termini di legge minimi per eventuali ricorsi. La Italwork consorzio, seconda
alla gara, si è già presentata al Tar. Per offrire il miglior ribasso gli architetti di Anemone avevano stornato dall’offerta fogne, porte di sicurezza, rilevazioni dei fumi, calcoli
strutturali del cemento armato.
La banda delle emergenze ha lavorato fianco a fianco con lo sport, Coni Servizi nello
specifico. Anemone ha costruito per 28 milioni e con un anno di ritardo il Centrale del
tennis, dove in queste ore si sta svolgendo l’edizione numero 80 degli Internazionali.
Lo stesso gruppo ha fatto suo il secondo lavoro nell’area del Foro Italico: il Museo dello
sport, spostato da Tor Vergata all’ex aula bunker. Il riciclatore Zampolini ha messo la
firma, poi, sul “triplete” dello scandalo: le piscine pubbliche di Ostia, Valco San Paolo
e Pietralata. Qui siamo ampiamente oltre i cento milioni di spesa, due poli su tre sono
chiusi e Valco San Paolo è stato affidato - con esiti disastrosi - ancora alle Opere pubbliche spa di Piscicelli. L’impianto natatorio di Pietralata, aperto in queste settimane, è
stato un affare riservato alla Cogei di Roberto Petrassi. Un altro del giro.
Il Polo di Ostia è stato a lungo al centro di una guerra tra il costruttore Marziali e il presidente della Federnuoto, Paolo Barelli. Come merce di scambio l’imprenditore, tutt’oggi
creditore di 8 milioni, ha ottenuto dal
commissario per “Roma 2009” Claudio
Rinaldi la ristrutturazione del vicino
Palafjilkam: un risarcimento da 5,7
milioni. Quando i comitati locali hanno segnalato l’ennesima gara anomala
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il bando è stato bloccato. Ecco, non c’è solo il Salaria Sport Village con i suoi 38 milioni
di investimento tra le opere romane degli Anemone boys. L’instancabile Piscicelli, per
esempio, ha volteggiato per giorni attorno agli uomini fidati di Gianni Alemanno per ottenere la sistemazione della sede Istat di Roma, ma la fine dei fondi per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia ha fermato ogni velleità. Interessante è la storia della Pinacoteca
Propaganda Fide, allocata in piazza di Spagna, considerata “zona vaticana”. Monsignor
Crescenzio Sepe ottenne dal gentiluomo del Papa, Angelo Balducci, l’avvio di una profonda ristrutturazione con regole da Protezione civile. La direzione della pinacoteca, era
deciso, sarebbe stata affidata alla moglie del ministro Scajola, Maria Teresa Verda. La
grande fabbrica, però, non ha mai aperto.