Spalla dolorosa: Stop al bisturi

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Spalla dolorosa: Stop al bisturi
Spalla dolorosa:
“Cuffia” – “Periartrite” – “Conflitto”
Stop al bisturi
“ Cuffia rotatori lesionata”
“Periartrite calcifica”
“Sindrome da conflitto”
“Artropatia degenerativa della spalla”
GUARIRE SENZA INTERVENTO
MA CON TECNICHE DI “ALLINEAMENTO FRIZIONATO”
E’ stata individuata la causa della “spalla dolorosa”.
Riscontri clinici e scientifici fanno ritenere che la “lesione dei tendini della cuffia”, la
“sindrome da conflitto” e la “periartrite calcifica”non sono la causa della “spalla
dolorosa”, ma solo reperti occasionali. Non serve quindi l’intervento chirurgico che non
agisce sulla causa della malattia, ma ne rimuove solo gli effetti. Meglio intervenire sulla
causa mediante tecnica di “allineamento frizionato”, capace di restituire l’integrità
funzionale, con risultati di gran lunga migliori rispetto all’intervento.
(Segue Ampia Pubblicazione destinata ai Medici Generici, Ortopedici, Fisiatri e Reumatologi)
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Questa pubblicazione ha lo scopo di informare Medici e pazienti che oggi è
possibile curare e guarire la " spalla dolorosa" (periartrite calcifica, lesione cuffia,
sindrome da conflitto) senza intervento chirurgico, grazie ad una nuova terapia
denominata "allineamento frizionato" eseguita presso l'Ospedale di Asola
(Mantova).
Trattasi di una terapia ambulatoriale ed indolore messa a punto nel 2002, che ha
sostituito l'intervento chirurgico. Non solo perché l'intervento (anche in artroscopia)
richiede una riabilitazione lunga e dolorosa, ma soprattutto perché l'allineamento
frizionato dà risultati di gran lunga migliori rispetto alla terapia chirurgica (che in
passato abbiamo eseguito per oltre 25 anni).
Da novembre 2002 ad ottobre 2009, circa 800 pazienti affetti da "spalla dolorosa"
ed in attesa di intervento sono stati curati e guariti in ambulatorio senza dolore con
tecnica di "allineamento frizionato" presso l'Ospedale di Asola.
In questo primo capitolo vengono presentati i primi 432 casi, trattati tra il 2002 ed il
2006 e seguiti nel tempo fino al 2009.
Follow-Up dì 3 - 6 anni
Sono stati seguiti N°432 pazienti trattati dal 2003 al 2006 Ospedale di Asola
(Ultimo controllo 2009: nessuna recidiva a distanza di 6 anni)
Spalla dolorosa
E’ una sindrome che si manifesta con dolore a riposo e/o ai movimento, limitazione
funzionale ed irradiazione dolorosa al 3° medio del braccio.
La letteratura ortopedica individua 5 cause principali:
1. Periartrite di spalla (con o senza calcificazioni)
2. Lesioni dei tendini della cuffia dei rotatori
3. Sindrome da conflitto
4. Capsulite adesiva (spalla congelata)
5. Artropatia gleno-omerale (omartrosi)
Oggi è possibile risolvere queste patologie con tecniche di “allineamento
frizionato” (movimenti articolari passivi, variazione emodinamiche e
pressioni periarticolari selettive e progressive).
Trattasi di manovre indolori (eseguite da medico specialista Ortopedico
e Fisiatra) che agiscono sulla causa della malattia, senza bisogno poi di
riabilitazione o altro: eliminata la causa, finisce il dolore e la spalla riprende la sua
normale motilità.
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A partire dal novembre 2002 i pazienti affetti da "spalla dolorosa" resistente ai
farmaci e fisioterapie non sono stati più indirizzati alle sale operatorie ma trattati
ambulatoriamente con tecnica di "allineamento frizionato". Non più intervento
chirurgico (in artroscopia o a ciclo aperto) ma solo terapia ambulatoriale,
indolore e veloce. In questa pubblicazione presenteremo i risultati ottenuti nei
primi 4 anni e controllati a distanza di 3-6 anni. Su 432 pazienti (quasi tutti in
attesa di intervento chirurgico) trattati con la nuova tecnica di "allineamento
frizionato" solo 10 sono stati poi operati. Gli altri 422 hanno rinunciato
all'intervento perché guariti o notevolmente migliorati.
E' interessante notare che, con il miglioramento della tecnica dall'ottobre 2005 al
dicembre 2009, su centinaia di pazienti trattati solo 8 sono stati poi operati
. Trattiamo in media circa 120 pazienti all'anno. Oltre il 95% dei pazienti si
è dichiarato guarito o notevolmente migliorato.
Gli stessi dati si sono confermati poi anche negli anni successivi.
Tutti i pazienti trattati con tecnica di "allineamento frizionato", sono stati registrati
con indirizzo e numero telefonico.
In questi anni abbiamo sempre trattato spalle dolorose gravi oppure
spalle dolorose che non rispondevano alle terapie farmacologiche né alle
fisioterapie oppure pazienti ove lo specialista Ortopedico aveva suggerito un
indirizzo chirurgico.
Allineamento frizionato
* Nella stragrande maggioranza dei casi evita l’operazione (solo 10 operati su 432).
L' “allineamento frizionato” é indicato nelle seguenti patologie:
”periartrite calcifica”
“calcificazione tendine
sovraspinato”
(invece dell’intervento in artroscopia)
“sindrome da conflitto”
(invece
“
“
“ )
"lesioni dei tendini della cuffia
(invece
“
“
“ )
dei rotatori”
(invece
“
“
“ )
“lesioni del
(invece
“
“
“ )
sovraspinato” + “conflitto”
(invece
“
“
“ )
“rottura del sovraspinato e/o
(invece dell’artroprotesi)
della cuffia”
"artropatia degenerativa della
spalla"
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L'allineamento frizionato non é utile nelle lievi artralgie di spalla e
nelle cervicobrachialgie.
Caratteristiche:
 E’ indolore
 Competenza :
viene eseguito dal Medico specialista in Ortopedia ed in
Fisiatria , con esperienza di sala operatoria
 Durata:
ogni seduta ha una durata di 10 - 15 minuti,
 Frequenza:
si esegue a giorni alterni (o intervallati di 2 giorni)
 Numero di sedute:
n. 6 sedute in totale.
Solo nelle “capsuliti adesive” il trattamento può essere modicamente doloroso per il
recupero della motilità articolare e spesso richiede qualche seduta aggiuntiva
Risultati
 Il beneficio è immediato (già dopo la prima seduta)
 Miglioramento duraturo dopo la 4° seduta
 Guarigione (di norma) dopo la 6° seduta o dopo 30-40 giorni dal
trattamento
Il trattamento non necessita di essere ripetuto (come l’intervento chirurgico).
Mi presento
Medico specialista in Ortopedia e Traumatologia
Medico specialista in Fisiatria e fisiokinesiterapia
Idonietà nazionale a Primario Ortopedico
Idonietà nazionale a Primario Fisiatra
Da sempre Medico Ospedaliero a tempo pieno
Medico dirigente della divisione di Ortopedia dell'Ospedale di Asola dal 1978
Infine, dopo 25 anni di sala operatoria, Medico dirigente del Servizio di Fisioterapia
ed Elettromiografia dell'Ospedale di Asola.
Breve storia della terapia della spalla dolorosa
Dal 1978 al 2002 tutti i pazienti affetti da “spalla dolorosa” venivano destinati alla
sala operatoria se presentavano :
 lesione dei tendini della cuffia rotatori
 calcificazioni periterndinee o periarticolari
 sindrome da conflitto (impingement)
 capsulite adesiva
 omartrosi
Ogni anno centinaia di interventi, prima a cielo aperto e poi in artroscopia, fino al 2002
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Nel 2002, dopo anni di studi, venne individuata e documentata una diversa
patogenesi, cioè una diversa causa responsabile della spalla dolorosa .
In realtà già alla fine degli anni novanta molti riscontri clinici e strumentali
lasciavano capire che la spalla dolorosa non poteva essere causata da “lesione dei
tendini della cuffia” o da “calcificazioni periarticolari” o della cosiddetta “sindrome
da conflitto”, perché queste alterazioni anatomiche spesso presenti nella “spalla
dolorosa”, erano altrettanto frequenti in spalle clinicamente sane. Già allora si
intuiva quindi che queste alterazioni anatomiche molto probabilmente non erano la
causa della patologia della spalla, ma non si sapeva ancora da dove potesse originare
quella sintomatologia dolorosa che colpiva la spalla.
A conferma di queste tesi basterebbe frequentare un qualsiasi Servizio di Radiologia
Ospedaliero ove è possibile riscontrare, quasi ogni giorno, la presenza di esami che
documentano “lesioni o tendinosi del sovraspinato”, oppure “calcificazioni
periarticolari”, o anche “sindromi da conflitti”, ecc. in pazienti che non hanno mai
avuto alcun problema alle spalle e che spesso praticano anche attività sportive che
impegnano gli arti superiori (tennis, nuoto, ecc.).
Agli inizi del 2002 fu individuata una variazione di pressione nell'articolazione
gleno – omerale presente solo in pazienti affetti da spalla dolorosa. Variazione
pressoria sufficiente a provocava uno squilibrio statico (cioè a riposo) e/o dinamico
(cioè ai movimenti). Tale variazione non era mai presente nelle spalle clinicamente
sane.
Si comprendeva così nel 2002 (per la prima volta nella letteratura ortopedica) il
diverso comportamento della spalla dolorosa, che, a seconda della variazione
pressoria statico-dinamica poteva essere prevalentemente statica (cioè spalla
dolorosa che si accentuava col riposo notturno), o prevalentemente dinamica
(dolente solo ai movimenti di apertura e rotazioni).
Individuata la causa della malattia sono state elaborate tecniche idonee a modificare
l'assetto pressorio - emodinamico della spalla senza bisogno di operazioni.
Il successo della terapia denominata “allineamento frizionato” è dovuto al fatto che
dette manovre agiscono direttamente sulla causa della malattia mentre l'intervento
chirurgico agisce sulla patologia della spalla tramite effetto collaterale (perchè
indirettamente ne modifica le pressioni).
A partire dal 2003 i pazienti affetti da “spalla dolorosa” non sono più stati indirizzati
alla terapia chirurgica. A tutti è stata prospettata anche una terapia ambulatoriale
denominata “allineamento frizionato” alternativa all'intervento.
Tra dubbi e diffidenze, (sopratutto nei primi anni), molti pazienti sceglievano la
terapia chirurgica. Talvolta pazienti che (in attesa dell'intervento) avevano accettato
di fare il trattamento ambulatoriale e che erano già guariti con l'allineamento
frizionato, non si fidavano dei risultati ottenuti e confermavano l'intervento
(prenotato in precedenza) per timore di una recidiva della sintomatologia dolorosa.
Col passare degli anni, i risultati ottenuti con la tecnica di “allineamento frizionato”
(di gran lunga migliori rispetto alla terapia chirurgica) hanno via via dissipato dubbi
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e timori e, a partire dal 2004, nessun paziente ha più optato per la terapia chirurgica.
Dopo i primi due anni di attività, nel 2004, visti i risultati ottenuti con tecnica di
“allineamento frizionato” e constatato che a due anni di distanza non c'erano state
recidive, abbiamo inviato relazioni sulla nostra esperienza clinica ai maggiori
Organismi Sanitari Istituzionali, sollecitando la nomina di una Commissione
scientifica idonea a valutare le nuove acquisizioni patogenetiche e terapeutiche.
Comunicazioni sulla nuova terapia ambulatoriale sono state inviate:
 – alla SIOT (Società Italiana Ortopedia e Traumatologia) di Roma,
 – alla SIMFER,
 – alla Società Italiana di “Chirurgia della spalla”,
 – al Presidente dell'Ordine dei Medici della provincia di Mantova,
 – ai Ministri alla salute che si sono avvicendati negli ultimi anni,
 – al Presidente dell'Istituto Superiore di Sanità a Roma,
 – al Governatore ed all'Assessore alla Sanità della Regione Lombardia,
 – ai Direttori delle maggiori Cliniche Ortopediche Universitarie,
 – ai Primari Ortopedici dei maggiori Ospedali Italiani, ecc.
Finalmente, dopo 5 anni, nel giugno 2009 è stata nominata la Commissione, che,
dopo pochi mesi, si è arenata nella palude della burocrazia.
A seguito della sospensione delle attività della Commissione Scientifica, nel 2010
dimissioni dall'Ospedale ed inizio dell'attività extra-ospedaliera.
Internet ed Informazione
Grazie ad Internet centinaia di pazienti destinati alla sala operatoria sono stati curati
e guariti velocemente in ambulatorio, senza dolore e senza intervento chirurgico.
Purtroppo questa fonte di informazione libera e senza controlli espone anche a dei
rischi.
Non solo pazienti ma spesso anche Medici possono trovare difficoltà a distinguere le
informazioni dalle speculazioni.
Per aiutare i lettori a difendersi dai tanti squali che affollano questo mare
informatico è utile ricordare che :
 La stragrande maggioranza delle spalle dolorose guarisce da sola,
spontaneamente in 1 – 2 mesi (basta aspettare) .
 La fisioterapia può solo accelerare il processo di guarigione (effetto di
induzione) ma in nessun caso può essere alternativa all'intervento.
Alcune volte può essere anche dannosa se si accompagna a movimenti forzati della
spalla . Si ricorda che una articolazione bloccata è una difesa dell'organismo. Il
dolore è una spia che segnala la presenza di una patologia. Meglio non forzare una
spalla dolorosa perchè si rischia di aggiungere ulteriore danno ad una articolazione
già sofferente.
Nessuna fisioterapia può essere sostitutiva dell’intervento chirurgico.
La fisioterapia trova indicazione nelle spalle non chirurgiche e dopo l’intervento, per
la riabilitazione dell’articolazione.
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 La
tecnica di “allineamento frizionato” viene fatta solo ad Asola (MN)frizionato non è una fisioterapia, ma viene eseguita da Medico
Ortopedico e Fisiatra con lunga esperienza di sala operatoria
 La tecnica di “allineamento frizionato” risulta migliore rispetto all'intervento
chirurgico perchè agisce direttamente sulla causa della malattia (variazione
pressoria - emodinamica) e non sulle alterazioni che possono accompagnare o
meno la spalla dolorosa.
(Ricordiamo che la degenerazione del sovraspinato dopo i 43 anni è fisiologica ed
asintomatica. La calcificazione tendinea o periarticolare ed il restringimento della
spazio sottoacromiale sono exstra-articolari e non interferiscono con l'articolazione
a riposo).
 L'allineamento
Questo lavoro che qui viene pubblicato ha richiesto quasi 8 anni di studi, ricerche,
riscontri scientifici ed esperienze cliniche.
Viene pubblicato su INTERNET perchè è rivolto non solo ai Medici Generici,
Ortopedici, Fisiatri e di tutte le altre discipline, ma anche ai pazienti, che, una volta
informati, possono scegliere la terapia più idonea.
Il successo avuto da questa pubblicazione fin dalla prima apparizione è andato oltre
qualsiasi previsione.
Centinaia di telefonate (di Medici e pazienti) ed oltre 200 e-mail inviate ogni anno
soprattutto da Colleghi Medici, mi spingono ad ulteriori chiarimenti.
Chiarimenti e Patogenesi
(Causa della malattia)
Le richieste più numerose da parte dei Medici riguardano la patogenesi (cioè
vogliono conoscere la vera causa della spalla dolorosa).
Come verrà dimostrato più avanti (vedi paragrafo successivo riservato ai Medici) la
causa della “spalla dolorosa” non può essere nè la “lesioni del sovraspinato e/o dei
tendini della cuffia”, nè la "sindrome da conflitto"” nè la "periartrite calcifica"” nè la
“artropatia degenerativa” .
Posso anticipare che non si tratta di una alterazione meccanica e/o distrettuale ma di
una malattia di natura sistemica che può colpire la spalla o il polso dando luogo alla
“spalla dolorosa” o al “tunnel carpale”. Raramente può interessare la loggia anterolaterale della gamba (“sindrome del tunnel fibulare”).
Una sola patogenesi, una stessa malattia, che, se colpisce la spalla porta alla “spalla
dolorosa”, se colpisce il polso porta al “tunnel carpale”.
E’ interessante notare che, trattandosi di malattia sistemica, sia la “spalla dolorosa”
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che il “tunnel carpale” potrebbero essere curate (e guarite) non solo con la tecnica di
“allineamento frizionato”, ma anche con sostanze farmacologiche già presenti in
commercio.
Ampia e documentata esposizione sulla patogenesi e sulla clinica della “spalla
dolorosa” viene riportata nel 2° e 3° capitolo (“eziopatogenesi e clinica della spalla
dolorosa”)
Materiali e Metodi
In totale i pazienti sofferenti di “spalla dolorosa” trattati presso il nostro Centro
Ospedaliero dal dicembre 2002 al dicembre 2006 sono stati 432. Quasi tutti
erano in attesa di intervento chirurgico.
Di questi solo 10 hanno poi confermato l’intervento. Trattasi di 10 casi avuti in cura
all’inizio della nostra esperienza (dal 2002 al 2005), quando la tecnica con
l’allineamento frizionato muoveva i primi passi.
Va precisato che all’inizio (anni 2002 – 2003) c’era molto scetticismo su questa
nuova terapia e capitava spesso che alcuni pazienti, pur dichiarandosi soddisfatti del
trattamento, non si fidavano e confermavano l’intervento per non perdere la
prenotazione.. Si è trattato comunque di rarissimi casi che col tempo sono
scomparsi.
A partire dall’ottobre 2005 nessun paziente è stato più operato (da Novembre 2005
a dicembre 2006 sono stati trattati 112 spalle dolorose)..
Il rapporto femmine – maschi è stato di 2:1 (in realtà la patologie è equamente
distribuita nei due sessi, ma le donne hanno manifestato maggiore disponibilità
verso le nuove terapie)
Il range di età fra 25 e 86 anni (età media intorno ai 55 anni)
PATOLOGIE
*
*
*
*
*
*
“sindrome da conflitto”,
“lesione del sovraspinato”
“rottura del sovraspinato”
“tendinosi del sovraspinato e conflitto”
“lesione massiva dei tendini della cuffia dei rotatori”,
“periartrite calcifica”
A questi si sono aggiunti 13 casi di “artropatia degenerativa di spalla” in attesa di
intervento di artroprotesi
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SINTOMATOLOGIA
I° Gruppo – gravità 4- “capsulite adesiva”- costituito dal 9% dei pazienti trattati
Arto addotto ed intraruotato. Rigidità totale, attiva e passiva, con impossibilità
alla
esplorazione dell’articolazione. Il dolore è molto intenso, anche a
riposo, e non
recede con i FANS. Qualche transitorio sollievo solo con antidolorifici
molto forti
(tramadolo, cloridrato, ketolorac, ecc)
Il paziente è sofferente e prostrato, non dorme, spesso è agitato, sta
in poltrona (non
riesce a coricarsi nel letto) e sorregge l’arto con cuscini. Quasi mai riesce a
trovare
una posizione che allevi il dolore.
II° Gruppo - gravità 3- costituito dal 62% dei pazienti trattati
arto addotto, lievemente intraruotato, dolente alla pressione sulla “punta
della spalla”.
dolore intenso a riposo (sopratutto notturno). Spesso il dolore impedisce
il riposo a letto, non solo in decubito
sull’arto malato ma anche in decubito supino.
dolore acuto a qualsiasi movimento in abduzione e rotazione interna ed
esterna.
parziale motilità residua concessa solo in flesso-estensione per 1/3 della
norma, bloccata sugli
altri piani
III° Gruppo –gravità 2- costituito dal 29 % dei pazienti trattati
dolore assente a riposo, con possibilità di ripresentarsi solo di notte se il
paziente dorme in decubito sull’arto malato.
limitazione funzionale dolorosa con motilità concessa solo in flesso –
estensione per ½ della
norma
dolore intenso e progressivo ai movimenti di rotazione e/o di abduzione
limitati a pochissimi gradi.
Fanno parte di questo III° gruppo anche 13 pazienti in attesa di intervento
di artroprotesi di spalla.
IV° Gruppo – gravità 1- costituito dall’1% dei pazienti trattati
- dolore assente a riposo o, in qualche caso, lieve indolenzimento durante il
decubito laterale
sulla spalla omolaterale
- movimenti concessi su tutti i piani, dolenti solo alla abduzione (in
particolare all’inizio
dell’abduzione)alla circumduzione ed ai movimenti combinati in
extrarotazione ed intrarotazione.
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I pazienti lamentano dolore sopratutto quando eseguono particolari
movimenti, quali infilare il capotto o la vestaglia, giocare a tennis
(battute),ecc.
Raramente arrivano in sala operatoria ed ancora più raramente arrivano al
nostro ambulatorio.
C’è da dire però che questi pazienti spesso risultano difficili da curare . Su 4
casi che abbiamo trattato 2 sono guariti e 2 sono rimasti insoddisfatti perchè,
a conclusione del trattamento, è rimasto un “residuo funzionale doloroso” per
quasi 3 mesi.
Col termine “residuo doloroso” si intende una sintomatologia dolorosa della
spalla che permane a lungo dopo la fase acuta e che si presenta solo ai gradi
estremi dellamobilizzazione in abduzione e nelle rotazioni.
Tutti i pazienti trattati nel nostro Ospedale sono stati registrati con la
residenza e telefono
METODICA di TRATTAMENTO
Riassetto funzionale dell’articolazione mediante tecnica di “allineamento frizionato”
eseguita da Medico Ortopedico e Fisiatra, della durata di 10 minuti, a giorni alterni,
per un totale di 6 sedute.
In quasi tutti i pazienti la riduzione della sintomatologia dolorosa è stata immediata,
fin dalla prima applicazione. A partire dalla 4^ seduta la sintomatologia dolorosa si è
ridotta definitivamente.
Il recupero della motilità è sempre coinciso con la riduzione del dolore . A
dimostrazione che nella "spalla dolorosa" la motilità é impedita solo dal dolore e
non dalla “calcificazione periarticolare” o dalla “sindrome da conflitto” o dalla
“lesione dei tendini della cuffia” .
A questo proposito vorrei invitare i Colleghi Ortopedici e Fisiatri a non prescrivere
nella “spalla dolorosa” kinesiterapie forzate (mobilizzazioni articolari passive e/o
attive o con elastici o con pesi, ecc.) perchè dolorose, inutili e talvolta dannose. Il
miglioramento riferito da alcuni pazienti che eseguono queste kinesiterapie non
dipende dagli esercizi, anzi questi movimenti forzati rallentano il recupero spontaneo
che si verifica in molte spalle dolorose.
Non si capisce perchè tanti Ortopedici e Fisiatri, che ancora oggi ritengono la “spalla
dolorosa” conseguenza di lesioni tendinee o calcificazioni o conflitti, prescrivono poi
mobilizzazioni attive e passive dell’articolazione, pur sapendo che la mobilizzazione
aumenta la lesione tendinea, la calcificazione ed il conflitto.
Dall’esperienza di questi anni abbiamo sempre riscontrato che nella “spalla dolorosa”
la riduzione della motilità è legata esclusivamente al dolore che impedisce la
funzione (il dolore è una difesa dell’organismo).
Il dolore che persiste nel tempo (dopo farmaci, laserterapie, ionoforesi, ultrasuoni,
ecc,) rappresenta una spia che segnala una patologia dell’articolazione che va curata
10
prima del recupero funzionale. Finito il dolore la spalla riprende il suo movimento
senza bisogno di alcuna terapia.
RISULTATI
Col passare degli anni l’esperienza acquisita ha portato a progressivo miglioramento
delle tecniche di “allineamento frizionato” che fin dall’inizio hanno sempre avuto
risultati migliori rispetto alla terapia chirurgica.
Criteri di valutazione clinica
Abbiamo considerato i seguenti parametri
 Dolore a riposo (sopratutto notturno)
 Dolore ai movimenti
 Motilità passiva
 Motilità attiva
A seconda dei risultati raggiunti i pazienti trattati sono stati divisi in 4 gruppi:
a)
Guariti (81%)
- Recupero completo e totale della articolazione senza dolore.
I pazienti possono riprendere l’attività lavorativa e/ o sportiva
b) Notevolmente migliorati (11%)
Scomparsa del dolore a riposo (sia di giorno che di notte).
Mobilizzazione passiva concessa come di norma e non dolente
- Mobilizzazione attiva in flesso-estensione completa e senza dolore .
Mobilizzazione attiva in abduzione, consentita fino all’orizzontale e lievemente
dolente a fine
corsa
Mobilizzazione attiva in intra ed exstrarotazione concessa per 2/3 della norma,
dolente solo ai
gradi estremi..
c) Migliorati (6%)
- Scomparsa del dolore a riposo (sia di giorno che di notte).
- Mobilizzazione attiva in flesso-estensione completa e senza dolore .
- Mobilizzazione attiva in abduzione, senza dolore, consentita fino all’orizzontale
Mobilizzazione attiva in intra ed exstrarotazione concessa per 1/3 della norma,
dolente solo ai gradi estremi.
Mobilizzazione passiva concessa su tutti i piani, dolente solo nelle rotazioni ed
in abduzione
sopra l’orizzontale
d) Lievemente migliorati (1,8%)
- Riduzione della sintomatologia dolorosa a riposo. Il paziente riesce a dormire ma
con lieve
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dolore che si accentua durante i movimenti notturni e/o con il decubito sull’arto
malato.
- Mobilizzazione attiva concessa in flesso-estensione per 1/2 della norma senza
dolore.
- Mobilizzazione attiva in abduzione limitata a pochi gradi e riferita dolente.
- Mobilizzazione passiva in flesso-estensione per ½ della norma dolente a fine
escursione.
- Mobilizzazione passiva in abduzione concessa per 1/3 della norma e riferita
dolente.
- Impossibile la mobilizzazione oltre l’orizzontale
- Impossibili le rotazioni.
e) Invariati (0,7%)
-Pazienti che non hanno avuto nessun beneficio dopo “allineamento frizionato”
-Persiste il dolore intenso a riposo (diurno e notturno), con accentuazione
della sintomatologia
a qualsiasi tentativo di movimento attivo o mobilizzazione passiva della
spalla.
-Motilità attiva concessa solo in flesso-estensione per pochissimi gradi
e fortemente dolente,
bloccata sugli altri piani.
- Motilità passiva limitata a pochi gradi in flesso-estensione, impossibile sugli altri
piani.
Tipologia dei pazienti trattati
Dei 432 pazienti trattati, 410 sono arrivati alla nostra osservazione dopo essersi
sottoposti a ripetuti trattamenti fisioterapici (laser, onde d’urto, ecc) e/o infiltrazioni,
agopuntura,mesoterapie, ecc.
Oltre il 90% dei 432 pazienti era in lista d’attesa per l’intervento chirurgico
(in artroscopia a cielo aperto) o per artroprotesi.
Periodo intercorso dall’inizio della sintomatologia dolorosa all’inizio del trattamento
con “allineamento frizionato” va da un minimo di 1 mese ad un massimo di 6 anni.
Quasi tutti i pazienti sono arrivati al trattamento previo prenotazione visita
specialistica.
Solo 8 pazienti si sono presentati direttamente al nostro ambulatorio lamentando
dolore che negli ultimi giorni si era acutizzato. Di questi ben 6 erano delle “spalle
dolorose acute” (che la sera prima erano state al pronto soccorso), con blocco
completo dell’articolazione ed impossibilità al decubito supino (era concesso solo
qualche ora di riposo sulla poltrona, con due cuscini).
Provenienza dei pazienti : da tutte le Regioni d’Italia .
Informazione :
il 70% dei pazienti è stato indirizzato da parenti, amici o conoscenti già trattati
presso il nostro centro Ospedaliero (passaparola).
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il 26 % dei pazienti è stato stati indirizzati dal Medico curante (nei primi
due anni solo il 3% era stato inviato dal Medico di famiglia).
n. 9 pazienti sono stati inviati da Medici specialisti Reumatologi
n. 5 pazienti sono stati inviati da due Medici Ortopedici Ospedalieri (Dirigenti
1° livello),
n. 2 pazienti sono stati inviati da un Primario Ortopedico
n. 1 paziente è stato indirizzato da un Fisiatra.
Professioni : ugualmente distribuiti fra impiegati di concetto, operai, pensionati e
casalinghe.
Sono stati curati, tra gli altri, 22 Medici (generici, chirurghi, ortopedici,
ecc.)
(A titolo informativo si precisa che successivamente, a partire dal 2006, quasi il 40%
dei pazienti giunti al nostro ambulatorio hanno riferito di essere venuti a conoscenza
della tecnica di “allineamento frizionato” tramite internet).
FOLLOW - UP
Ad oltre 6 anni di distanza dai primi casi trattati con questa tecnica non si è registrata
nessuna recidiva .
I tempi di guarigione si aggirano mediamente intorno ai 20 giorni .
In qualche raro caso la sintomatologia dolorosa è durata più tempo (50 –60 giorni).
In 15 casi, terminate le 6 sedute, la sintomatologia dolorosa non si è spenta del
tutto (come se fosse rimasta latente) e si è ripresentata dopo 10 – 15 giorni dal
trattamento. Per questi pazienti è stato sufficiente eseguire dei richiami (altre 5
sedute): tutti sono guariti con il trattamento aggiuntivo(tranne una paziente di Lucca
che per motivi di lavoro non ha potuto eseguire i richiami).
Facendo un confronto con la terapia chirurgica si evidenzia come, con la tecnica di
“allineamento frizionato” i risultati sono più affidabili e duraturi. Sopratutto in
considerazione delle possibili recidive (come segnalato al Congresso di Riva del
Garda) e delle aderenze che talvolta possono ripristinare una sintomatologia dolorosa
anche a distanza dall’intervento chirurgico .
Tempi
Il trattamento con tecnica di “allineamento frizionato” prevede un tempo medio di
guarigione che va dai 12 ai 30 giorni. Durante tale periodo non
servono nè terapie farmacologichenè trattamenti
fisioterapici,
perchè la
sintomatologia dolorosa si riduce o scompare dopo le prime 4 sedute.
Un discorso a parte merita la “capsulite adesiva vera” , che necessita di almeno 70
giorni, -dopo il trattamento-, per il recupero della funzione della spalla. In questo
periodo il paziente deve solo aspettare (una volta sistemata, la spalla guarisce da
sola).
Di “capsulite adesiva” ne abbiamo trattate molte e, a distanza di tempo, sono quasi
tutte guarite. Vanno segnalati però 2 casi di “spalla congelata” che hanno richiesto 5 o
6 mesi (ricordo una signora di Udine che è ancora in via di guarigione dopo 5 mesi ed
una signora di Genova che, dopo 4 mesi è solo lievemente migliorata- so che non è
stata operata manon ho altre notizie-).
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TOTALE PAZIENTI TRATTATI con “ALLINEAMENTO FRIZIONATO” n. 432
- Lesione e/o calcificazione del sovraspinato
- Lesioni massiva dei tendini della cuffia dei rotatori
- Periartrite calcifica
- Sindrome da conflitto
- Artropatia degenerativa (i confronti vanno fatti con l'intervento di
artroprotesi)
CONFRONTO CON LA TERAPIA CHIRURGICA (artroscopia o a cielo aperto)
ALLINEAMENTO FRIZIONATO
TERAPIA CHIRURGICA
Guariti:.........
349...(81%)
Guariti:
Notevolmente migliorati:..
47...(11%)
Notevolmente migliorati:
TOTALE:
Migliorati:
92%
.
25 ..(6%)
75%
Migliorati:
... 19%
......2%
7. .(1,8%)
Lievemente migliorati: .. .
Invariati:
1 (0,2%)
Invariati:
Assenza dal lavoro:
15 - 30 giorni
5 - 15 giorni
Controllo a 6 anni di distanza: . nessuna
recidiva
Disagi per il paziente:
nessuno
7%
TOTALE:
Lievemente migliorati:
Tempo di guarigione:
68%
4%
Tempo di guarigione:
dai 3 ai 4 mesi
Assenze dal lavoro:
dai 2 ai 3 mesi
Percentuale di recidive diversamente
presenti, legate a trauma chirurgico (più o
meno invasivo), riabilitazione dolorosa,
aderenze
Disagi per il paziente: ricovero,
anestesia, intervento doloroso, riabilitazione
lunga e dolorosa
Osservazioni e critiche:
Alcuni Colleghi Ortopedici hanno osservato che negli ultimi anni la terapia chirurgica ha
visto
crescere
la
percentuale
dei
pazienti
migliorati
e/o
guariti.
Questa osservazione è giusta ma va anche aggiunto che il miglioramento della casistica
non dipende da variazioni della tecnica operatoria (sia artroscopicache a cielo aperto) bensì
dall’allargamento della indicazione chirurgica anche a spalle meno impegnate, ove in
passato si era più propensi a preferire terapie incruenti o ad aspettare un possibile recupero
spontaneo.
A questo proposito è opportuno ricordare che spesso il paziente accetta l’intervento
chirurgico perchè non sa che:
- l’intervento (in artroscopia o a cielo aperto) è doloroso,
- dopo l’intervento deve stare con un tutore che blocca il braccio al tronco per 25 giorni,
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dopo i 25 giorni inizia una lunga e dolorosa riabilitazione che dura dai 2 ai 4 mesi,
in una piccola percentuale di casi, dopo l’intervento, la lesione può recidivare (vedi
Congresso Riva del Garda)
la recidiva può essere irreparabile (Congresso di Riva del Garda su “Recidiva di
rottura di cuffia dei rotatori – ottobre 2004-)
ANALISI della CASISTICA
Pazienti trattati con “Allineamento Frizionato”
TOTALE PAZIENTI ..........432
Guariti :
349 (Pari a 81%)
Pazienti totalmente guariti senza residuo alcuno entro 15– 30 giorni dalla fine del
trattamento.. Tutti hanno ripreso la normale attività lavorativa dopo 10 –15 giorni
Solo un maestro di tennis ha fatto sapere di aver ripreso il suo lavoro ma di
avvertire un leggero indolenzimento alla spalla quando esegue le battute (durante
le partite di tennis). E’ stato inserito in questo gruppo perchè ultimamente ha
partecipato a tornei di tennis con buoni risultati ed il dolorino riferito per alcuni
mesi si è lentamente risolto con il potenziamento muscolare.
Patologie principali che rientrano in questo gruppo sono:
“lesioni della cuffia”, “periartriti calcifiche”, “sindrome da conflitto”
Notevolmente Migliorati : 47 (Pari a 11%)
Dolore assente a riposo (sia di giorno che di notte)
Mobilizzazione in flesso-estensione completa e senza dolore
Mobilizzazione in abduzione sopra l’orizzontale concessa per 2/3 della norma e
dolente solo a fine corsa.
Mobilizzazione nelle rotazioni concessa per 2/3 della norma e lievemente dolente ai
gradi estremi
Patologie che rientrano in questo gruppo sono principalmente:
“Lesioni dei tendini della cuffia (in particolare sovraspinato)
“Artropatie degenerative in attesa di artroprotesi di spalla”
“Calcificazioni capsulari massive”
“Capsulite adesive “
Va precisato che quasi tutti questi pazienti raggiungono poi la guarigione completa
dopo 5 o 6 mesi. Rientrano in questo gruppo per distinguerli da quelli che hanno
tempi di guarigione nei limiti dei 30 giorni.
Migliorati : 25 (Pari a 6%)
Dolore assente a riposo (sia di giorno che di notte)
Mobilizzazione in flesso-estensione completa e senza dolore
Mobilizzazione sopra l’orizzontale concessa per ½ della norma e lievemente
dolente . Mobilizzazione nelle rotazioni concessa per ½ della norma e dolente a fine
corsa.
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Patologie che rientrano in questo gruppo sono anche:
“Artropatie degenerative in attesa di artroprotesi di spalla”
“Calcificazioni capsulari massive con fibrosi diffusa inveterata
“Capsuliti adesive”
Lievemente migliorati : 7 (pari a 1,8%)
Dolore assente a riposo. Il dolore si ripresenta però durante la notte se
il paziente dorme su decubito laterale (sulla spalla dolorosa)
Motilità concessa senza dolore solo nella flesso-estensione, limitata ad 1/3
della norma sugli altri piani.
Invariati: 1 (pari a 0,7%): nessun beneficio dopo il trattamento.
PERCORSO TERAPEUTICO
Tempo medio di guarigione ==> 20 - 30 giorni
Il dolore si attenua già dopo la prima applicazione, può ritornare dopo la 2° seduta,
per ridursi definitivamente (senza recidivare) dopo la 4° seduta.
Tempo medio necessario alla ripresa della funzionalità della spalla è di 25 giorni.
Nelle lesioni inveterate con retrazione capsulare, (ove è presente anche
una tenomiosite essudativa con sinovite pericapsulare) il completo recupero
funzionale necessita di altri 30 o 70 giorni.
Un discorso a parte merita la “capsulite adesiva”. In questa patologia il dolore a
riposo si riduce o scompare dopo la 5° o 6° applicazione, ma, per il recupero della
motilità, occorrono altri 60 o 90 giorni necessari alla riossigenazione dei tessuti.
Durante questo periodo il paziente non ha dolore a riposo e non deve fare nessun tipo
di terapia (deve solo aspettare perchè, dopo il trattamento con “allineamento
frizionato” il recupero avviene spontaneamente).
Capsulite adesiva
Con l’esperienza abbiamo modificato i tempi di trattamento della “capsulite adesiva”
Attualmente il trattamento della capsulite adesiva prevede il seguente percorso :
- n.6 sedute a giorni alterni, seguite da
- n.1 seduta settimanale per 2/4 settimane (se necessarie).
Capitolo destinato ai Medici Generici, ai Medici Ortopedici, ai
Medici Fisiatri e Reumatologi
Quando è stata individuata la patogenesi della “spalla dolorosa” ho avuto molti
dubbi sulla opportunità di rendere note le nuove acquisizioni.
Dubbi e perplessità legati agli “effetti collaterali” a danno dei tanti Colleghi
Ortopedici, delle centinaia di “Case di cura” ed “Ospedali convenzionati” e delle
tantissime “Aziende parasanitarie” che gestiscono attività legate all’intervento in
artroscopia (vedi ditte prodruttrici di apparecchiature e sonde artroscopiche, enti che
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organizzano corsi per artroscopie di spalla, meccanici ortopedici che forniscono
tutori post-chirurgici, fisioterapie che hanno investito in onde d’urto o che
gestiscono la lunga riabilitazione post - chirurgica ecc).
I risultati ottenuti con la tecnica di “allineamento frizionato” però non mi
consentivano di trascurare oltre l’informazione, anche perchè gli stessi pazienti
trattati sono diventati fonti di informazioni ed hanno attivato un “passaparola”
efficientissimo che continua a portare al nostro ambulatorio un numero crescente di
malati provenienti da tutte le provincie d’Italia (informazione porta a porta).
Nel 1° capitolo (che qui viene pubblicato) vengono descritte le motivazioni
scientifiche che contrastano con le teorie patogenetiche ufficiale (lesione della
cuffia, sindrome da conflitto e periartrite calcifica), teorie che non reggono ai
riscontri clinici e strumentali.
Successivamente, nel 2° e 3° capitolo verranno presentate patogenesi e clinica
della "spalla dolorosa". Questi capitoli sono pronti da oltre un anno, in attesa di
essere presentati ad un Congresso SIOT o FIMAR (semmai gli Organizzatori
vorranno invitarmi).
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“SPALLA DOLOROSA”
Introduzione
Sono escluse da questa esposizione le fratture traumatiche o secondarie a neoplasie
della spalla, le artropatie congenite (vedi lussazione abituale di spalla), le artropatie
dismetaboliche, le artropatie neurologiche, le patologie tumorali, le artriti reumatoidi,
le forme specifiche, le forme settiche.
Dimostreremo in questo capitolo come e perché le ipotesi patogenetiche ( “lesione
della cuffia”, “periartrite” e “sindrome da conflitto”) non reggono ai riscontri
clinici e strumentali.
Terminologia:
“Periartrite di spalla“, “Sindrome periscapolo-omerale”, “Malattia di Dupley”, “Artropatie
gleno-omerali”,“Artropatie da rottura della cuffia”,“Artropatie da conflitto”,“Sindrome spalla mano” ecc...
Definizione:
Si intende per “spalla dolorosa” una sintomatologia dolorosa localizzata alla spalla
che può irradiarsi fino al 3° medio distale del braccio e può esacerbarsi alla
mobilizzazione attiva e passiva dell’articolazione o con il riposo notturno.
Insorge senza causa apparente o in seguito ad un evento traumatico (anche lieve), a
variazioni climatiche, a posture viziate, a contrattura protratta e/o intensa attività dei
muscoli del cingolo scapolo-omerale.
La letteratura ortopedica pone alla base della “spalla dolorosa” tre possibili lesioni
anatomiche che interessano tre apparati differenti : alterazioni di tipo tendinee (lesioni
di uno o più tendini della cuffia), scheletriche (sindrome da conflitto), capsulari e
pericapsulari (periartriti calcifiche).
Lesioni anatomiche differenti che agirebbero singolarmente o insieme nel determinare
la sintomatologia che caratterizza la “spalla dolorosa”.
Sintomatologia – patogenesi – lesione anatomopatologica:
La corsa alla chirurgia di spalla (sopratutto artroscopica) che ha caratterizzato l’ultimo
decennio ha lasciato dei vuoti in campo patogenetico e diagnostico .
Fiumi di pagine sono state scritte su “sottili” differenze cliniche e sintomatiche fra le
varie alterazioni anatomiche ritenute responsabili della malattia.
Dall’esperienza clinica emerge che (a prescindere dalle presunte alterazioni
anatomo-patologiche) la sintomatologia della “spalla dolorosa” è sempre la stessa:
dolore in corrispondenza del margine antero – inferiore dell’acromion, con
irradiazione
(di norma) fini al terzo medio laterale dell’omero
pressione digitale fortemente dolente in corrispondenza del margine anteriore
dell’acromion (che gli Autori Anglosassoni chiamavano la ”punta della spalla”)
dolore che si accentua con i movimenti attivi e passivi(sopratutto in abduzione)
e/o con il riposo notturno.
Tutto il resto è poesia.
Tanto è vero che, per individuare il danno anatomico (presunto), lo specialista
ortopedico è costretto a ricorrere ad indagini strumentali. E, di norma, l’intervento
chirurgico riparatore viene programmato in funzione della lesione riscontrata alla
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rxgrafia, ecografia e/o RMN.
“Per sapere è necessario dubitare, perchè il dubbio porta alla scoperta della
verità” (Aristotele)
PRIMA CONSIDERAZIONE
-Tre lesioni (presunte) per un solo quadro clinico-funzionaleNell’organismo ad ogni lesione anatomo-patologica corrisponde un quadro clinico,
che traduce in sintomi la funzione del tessuto lesionato e l’entità della lesione.
In ogni distretto articolare le diverse patologie che colpiscono i diversi tessuti si
manifestano con segni clinici peculiari.
In pratica la sintomatologia rappresenta l’espressione clinica e funzionale del tessuto
lesionato.
La diagnosi viene posta dallo studio dei segni clinici e funzionali che caratterizzano la
lesione responsabile del danno anatomico.
L’indagine strumentale serve a completamento della diagnosi clinica che ha già
individuato la lesione anatomo-patologica.
Nella spalla invece, per individuare la “presunta” lesione ritenuta responsabile della
sintomatologia dolorosa è indispensabile ricorrere ad esami strumentali.
Ad esempio:
Una lesione meniscale del ginocchio si manifesta con tantissimi segni clinici
patognomonici di quella lesione, di per sè sufficienti a porre diagnosi di meniscopatia.
Le indagini strumentali completano e dimensionano la lesione già diagnosticata.
Lo stesso vale per l’ernia discale e per le altre patologie suscettibili di terapia
chirurgica.
Tutte queste lesioni da sempre hanno avuto una indicazione chirurgica, anche quando
Ecografia, TAC e RMN non esistevano.
Nell’organismo ogni patologia che colpisce un tessuto si manifesta con segni
clinici peculiari :
La epicondilite omerale si differenzia dall’artrosi di gomito per la scarsa
compromissione articolare (sia in prono-supinazione che in esteno-flessione), per la
pressione dolorosa sull’epicondilo, per l’accentuarsi del dolore alla contrazione dei
muscoli epicondiloidei, per la persistenza del dolore spesso anche a riposo (fase
acuta), ecc. La periartrite d’anca si differenzia dalle artropatie dell’anca per
l’accentuazione del dolore sul decubito laterale interessato, per la regolare
escursione articolare dell’anca, per la irradiazione del dolore lungo la fascia lata,
ecc. La lesione di un tendine si manifesta con impotenza funzionale e dolore al
tentativo di contrarre il muscolo. Il conflitto fra due superfici articolari si manifesta
con limitazione funzionale e dolore alla mobilizzazione dell’articolazione.
E così via per tutte le patologie che colpiscono i vari distretti articolari.
Nella “spalla dolorosa” il quadro clinico è sempre lo stesso (o quasi) a
prescindere dalla presunta lesione anatomica incriminata.
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Qui mancano i segni patognomonici che caratterizzano una malattia e ne consentono
una diagnosi differenziata.
Qui manca la "corrispondenza clinica" del presunto danno biologico.
I diversi tessuti incriminati (tendineo, periarticolare, scheletrico) che, se lesionati, nel
resto dell’organismo manifestano segni clinici peculiari della lesione,
qui
perdono la loro specificità.
Nè diagnosi. nè indirizzo terapeutico possono essere posti senza gli esami strumentali.
Molti sono i dubbi :
Per quale motivo nella spalla non dovrebbe esistere una corrispondenza fra
lesione anatomica e sintomatologia clinica?
Perchè mai la lesione di un tendine (lesione della cuffia con dolore anche
notturno) nella spalla dovrebbe comportarsi in un modo e nel resto dell’organismo in
un altro?
Perchè la periartrite di spalla (calcifica o meno) dovrebbe manifestarsi con
sintomi tanto diversi dalle periartriti che colpiscono le altre articolazioni ?
Perchè il cosiddetto “conflitto” si dovrebbe manifestare con sintomi che non
trovano alcuna corrispondenza nella dinamica e meccanica articolare che origina
l’impingement?
Quale percorso patogenetico può giustificare un unico quadro clinico –
funzionale per lesioni anatomopatologiche (scheletriche, capsulari, tendinee) tanto
differenti?
Tante domande senza risposta.
Due sono le possibilità:
 O realmente queste lesioni anatomiche differenti sono la causa della “spalla
dolorosa” e, per meccanismi patogenetici incomprensibili, producono sempre
una stessa sintomatologia clinica e funzionale
 O la causa della “spalla dolorosa” è un’altra. In questo caso il quadro clinico è
sempre lo stesso perchè la lesione anatomo-patologica (che sta alla base della
”spalla dolorosa”) è sempre la stessa (diversa da quelle sin qui ipotizzate) . Di
volta in volta, a questa causa si può accompagnare o meno una “lesione della
cuffia”, una “sindrome da conflitto”, una “periartrite calcifica”, che si
comporterebbero come reperti occasionali.
Lesione e sintomo
I sintomi che caratterizzano la “spalla dolorosa” contraddicono l’ipotesi patogenetica
della “lesione della cuffia”, della “sindrome da conflitto “ e della “periartrite
calcifica”.
Dallo studio delle presunte lesioni incriminate ne deriva che l’unico sintomo comune
alle tre patologie dovrebbe essere la localizzazione del dolore che si accentua
alla pressione digitale in corrispondenza del margine anteriore inferiore
dell’acromion. Tanto è anatomicamente possibile perchè le tre lesioni ipotizzate
sono topograficamente situate nella stessa sede (o quasi) :
la lesione della cuffia inizia di norma dal sovraspinato proprio in questa zona
la periartrite calcifica può interessare (in questo punto) parte della borsa
sottoacromiale, della capsula o dei tendini (Duplay)
la sindrome da conflitto trova in questa sede il restringimento dello spazio
20
sottoacromiale (stessa collocazione topografica delle altre due lesioni)
Al di fuori del Tinel positivo, però, le tre strutture anatomiche (tessuti differenti con
funzioni differenti) non possono condividere nessun’altra sintomatologia clinica e
funzionale .
Sin qui le incongruenze di carattere generale che pongono seri dubbi sull’origine della
“spalla dolorosa” . Nel primo capitolo vedremo le tante incongruenze legate a
ciascuna delle presunte lesioni anatomopatologiche ( conflitto, cuffia, calcificazione)
ritenute responsabili della malattia.
Terapia tradizionale:
La spalla dolorosa trova una prima indicazione terapeutica nei FANS.
Spesso vengono praticate infiltrazioni con discreto successo.
In molti casi si rende necessario anche un trattamento fisioterapico (ultrasuoni, onde
d’urto, laser, ionoforesi, ecc).
Di norma, quando il trattamento farmacologico e fisioterapico risultano inefficaci, si
ricorre alla terapia chirurgia . E quasi sempre i pazienti accettano l’intervento perchè
convinti che sia l’unica alternativa all’intenso dolore che li affligge. Solo una piccola
percentuale (sopratutto sportivi) sceglie l’intervento per riconquistare una
completa motilità della spalla .
21
Capitolo 1°
Perchè la “sindrome da conflitto”, la “lesione della cuffia”, la “periartrite
calcifica”
non possono essere responsabili della “spalla dolorosa”
CONSIDERAZIONI DI CARATTERE GENERALE
Lesione anatomica e sintomo:
Si parte dall’osservazione :
Nella “spalla dolorosa” qualità e quantità del sintomo doloroso sono indipendenti
dall’entità della presunta lesione anatomica . Difficilmente il sintomo doloroso e la
limitazione funzionale sono proporzionati al danno riscontrato alle indagini
strumentali. Spesso spalle dolorosissime non trovano alcun riscontro strumentale e
viceversa.
Caratteristiche della spalla dolorosa :
Sede del dolore: sopratutto alla superficie anteriore della spalla. Spesso si
irradia fino al terzo medio distale del braccio.
 Intensità del dolore: nella “spalla dolorosa” (di origine scheletrica, tendinea o
pericapsulare) non c’è corrispondenza fra intensità del sintomo doloroso ed
entità del danno anatomico ritenuto responsabile della patologia .
 E’ frequente osservare (alle rxgrafie eseguite per altri motivi) enormi
calcificazioni periarticolari silenti e/o massive lesioni della cuffia totalmente
asintomatiche.
 In molti casi ad un intenso dolore non corrisponde alcuna lesione evidenziabile
alla Ecografia ed alla Risonanza.
 Evoluzione della malattia: non c’è corrispondenza fra andamento del dolore e
lesione anatomoca ritenuta responsabile della malattia.
 Calcificazioni periarticolari o conflitti possono persistere anche dopo la
guarigione del sintomo doloroso.
Quali non sono le cause della “spalla dolorosa”
Prima di parlare della ezio-patogenesi che porta alla spalla dolorosa (capitolo
secondo), vediamo quali non sono le cause della “spalla dolorosa” e perchè.
Attualmente la letteratura ortopedica individua tre cause principali quali
responsabili del dolore e della limitazione funzionale della malattia :
 tendinee (lesione della cuffia)
 scheletriche (sindrome da conflitto),
 capsulari (calcificazione periarticolare).
A) Cause tendinee: “lesioni tendini della cuffia”
Negli ultimi tempi (con il miglioramento della tecnica ecografica e della RMN) si
tende a colpevolizzare sempre di più la componente tendinea, fisiologicamente
esposta ad alterazioni fibrotiche. Trattasi di lesioni inveterate, di tipo degenerativo,
ove può anche mancare l’evento traumatico.
Secondo la teoria corrente i tendini della cuffia (sopratutto sovraspinato) a seguito
di una lesione (regressiva – degenerativa) sarebbero alla base della “spalla
dolorosa”.

22
Il sintomo doloroso sarebbe la conseguenza della lesione dei tendini che
eserciterebbero una maggiorata azione di attrito e compressione fra testa dell’omero
ed arco coraco-acromiale.
Ipotesi contraddittoria e poco credibile perché:
1. un tendine debilitato riduce e non accentua la sua azione sulla articolazione
2. un tendine lesionato non provoca dolore se non attivato (qui invece c’è dolore
anche a riposo)
3. ecografie e risonanze magnetiche (eseguite per altri motivi) spesso mostrano
lesioni dei tendini della cuffia totalmente silenti. Incomprensibile quindi come
una stessa lesione possa essere dolorosa ed invalidante per alcuni ed
asintomatica per altri.
4. Le elettromiografie eseguite prima e dopo l’intervento non mostrano
sostanziali differenze (con potenziali piccoli e frequenti).
5. L’evoluzione della lesione tendinea (quando presente) non interferisce con la
sintomatologia dolorosa della spalla. La “spalla dolorosa” può evolvere verso
la guarigione e la lesione del tendine rimanere invariata e viceversa.
Tutto questo contrasta con l’origine tendinea della malattia .
In realtà una lesione dei tendini della cuffia (vedi sovraspinato) è evenienza
abbastanza frequente ed asintomatica a partire dalla quinta decade di vita.
Già in passato numerosi Autori concordavano sul giudizio di “occasionalità” di tali
alterazioni, che possono accompagnare o meno la “spalla dolorosa”. .
La frequenza delle lesioni tendinee (in particolare del sovraspinato) in questo
distretto articolare dipende:
 dalla ridotta vascolarizzazione della cuffia e del tendine sovraspinato in
particolare, che, sopratutto in prossimità della inserzione omerale, presenta
anche una zona di ipovascolarizzazione chiamata “zona critica”.
 dalle condizioni anatomo – funzionali della cuffia dei rotatori, ove il
metabolismo dei tendini è condizionato dalle forze di trazione (a riposo) e
dalla intensa attività di contrazione (durante il movimento) in
direzione tangenziale e su leva svantaggiosa.
Secondo Uthoff e Sarkar (1991) le "lacerazioni degenerative" complete o
incomplete rappresentano il gruppo più vasto di rotture della cuffia dei rotatori: "La
degenerazione della cuffia si rende manifesta nella quinta decade di vita ed é
caratterizzata dalla rottura e dal logoramento delle fibre collagene e
dall'assottigliamento dei fasci di fibre. La cellularità del tendine sovraspinato si
riduce ed il tessuto connettivo interfasciale aumenta. Queste alterazioni sono
attribuite alla peculiare vascolarizzazione della zona critica del tendine, zona
predisposta ad episodi ipossici ed alla degenerazione". (vedi: "I Tendini" vol.II°,
Laszlò - Kannus).
Nel 1950 all’indagine autoptica De Palma svolse approfonditi studi su 96 spalle di
soggetti precedentemente sani (cioè individui senza problemi alla spalla) e dimostrò
una rottura della cuffia (completa o parziale) nel 37% dei casi.
Peterson e Gentz (1983) su 170 reperti autoptici hanno osservato il 19% di rottura
parziale del sovraspinato ed il 13% di rottura completa (“I Tendini vol. II°” –
Ravizza).
Lo stesso riscontro autoptico è stato fatto da Lohr ed Uhthoff (1987) che hanno
23
esaminato 306 cuffie dei rotatori, rilevando il 32% di lacerazioni parziale ed il 20%
di rotture complete (Vedi “I tendini” vol II di Làszlò – Kannus Ravizza pag.246).
In effetti, come riportato da molti Autori in passato (fra i quali spiccano Cotton e
Dideout) una degenerazione della cuffia dei rotatori sembra rientrare nel campo
fisiologico e si rende manifesta a partire dalla quinta decade di vita. Tale lesione è
caratterizzata da fibrosi delle guaine tendinee, dall’assottigliamento dei fasci di
fibre, dal logoramento e spesso rottura delle fibre collagene.
Trattasi di lesioni della cuffia che non hanno niente a che vedere con la “spalla
dolorosa”.
Per ulteriore chiarimento, Cotton e Dideout nel 1964, pubblicarono una ricerca ove
risultava che, all’indagine autoptica, avevano riscontrato una lesione (parziale o
totale) asintomatica della cuffia dei rotatori da un minimo del 20% ad un massimo
del 50% dei soggetti con più di 50 anni.
E se tanto non dovesse bastare, si ricorda che:
 La sintomatologia post-chirurgica può regredire a prescindere dalla corretta
ricostruzione dei tendini della cuffia (vedi Eco o RMN post-chirurgiche).
 Il miglioramento della sintomatologia dolorosa non “corrisponde”al tracciato
elettromiografico
 Non vi é alcun nesso fra intensità del dolore e numero dei tendini lesionati e/o
estenzione della lesione (pazienti con intensi dolori possono presentare alla
RMN lesioni piccolissime e viceversa). L'intensità della sintomatologia non
"corrisponde" quasi mai all'entità del danno presunto.
 In alcuni casi la terapia infiltrativa risolve il sintomo doloroso. I tendini
lesionati non vengono toccati (anzi il cortisone toglie il dolore ma può
aumentare la distrofia del tessuto tendineo).
EVOLUZIONE della LESIONE MUSCOLARE
Difficilmente le lesioni dei muscoli della cuffia dei rotatori evolvono verso la
guarigione (come spesso succede in altri distretti dell’organismo), in quanto i
fenomeni di riparazione cicatriziale prevalgono sul processo di rigenerazione.
Ciò è dovuto a:
a)
scarsa vascolarizzazione della cuffia:
 “La cuffia dei rotatori ha la caratteristica di essere poco irrorata”(vedi CarloMarino- Zucco “Ortopedia e traumatologia” – S.E.U. –Roma – pag.765).
 Secondo Codman la “zona critica” (ove di solito iniziano le rotture della cuffia)
è conseguenza di una ulteriore riduzione della irrorazione prima della
inserzione omerale.
 Rothamn e Parke, prima (1965) e Rathburn e MacNah, poi(1970) evidenziarono
(mediante perfusioni eseguite nel cadavere) l’esistenza di una zona
ipovascolare sopratutto nel sovraspinato . (vedi “problematiche cliniche in
Ortopedia” - La spalla - Timothy D Bunker e Peter J Schranz – vol.1- Roche)
b)
azione continua di “spremitura” (che riduce l’apporto ematico) esercitata dal
peso dell’arto (a riposo) e dalla contrazione muscolare (in attività). Il muscolo
sovraspinato è coperto dal trapezio e dal deltoide (con borsa mucosa interposta fra
tendine, acromion e deltoide).
24
Hume e Nelimarkk (1993) hanno studiato istologicamente campioni di 11 tendini
della cuffia dei rotatori, con rottura completa, trattati chirurgicamente. In tutti i
pazienti furono osservate alterazioni degenerative non specifiche. (“I tendini” –
Laszlo Jozsa Pekka Kannus – Ravizza – vol. II° pg.247)
Nelle lesioni muscolari degli altri distretti (meglio irrorati) i processi di guarigione
sono favoriti dalla proliferazione di neovasi capillari che dalla periferia portano
ossigeno e nutrimento necessari ai processi metabolici dei tessuti in fase di
evoluzione. Accanto alla attivazione delle cellule satelliti (che evolvono a formare le
fibre muscolari), inizia anche la proliferazione che porta al tessuto di granulazione e
quindi alla cicatrice connettivale.
Per ciascuno di questi fenomeni risulta essenziale l’apporto di ossigeno (più
precisamente della “tensione locale dell’ossigeno”).
I processi di rigenerazione prevalgono nei confronti di quelli di riparazione
connettivale in presenza di un idoneo apporto di ossigeno, che raggiunge il tessuto
lesionato attraverso il circolo ematico. In presenza di idonea vascolarizzazione viene
stimolata la capillarizzazione, dalla quale dipende l’apporto ematico (e quindi di
ossigeno) tale da evitare una formazione eccessiva e disordinata di tessuto
connettivo fibroso.
Nelle lesioni muscolari degli altri distretti dell’organismo (anatomicamente meglio
vascolarizzati) prevalgono i processi di rigenerazione (fibrocellule muscolari), con il
ripristino delle caratteristiche di elasticità, distensibilità e contrattilità tipiche del
tessuto muscolare .
Nelle lesioni della cuffia (scarsamente irrorata) prevalgono invece i processi di
riparazione fibroblastica che evolvono verso la formazione di tessuto connettivo
con scarse o niente fibrocellule muscolari mature (vedi anche Santilli e Dragoni
“Lesioni muscolari e tendinee” – Ciba-Geigy –pag.15-).
Tanto vale sia per le lesioni inveterate della cuffia non operate, che per quelle
sottoposte ad intervento chirurgico.
E tanto si ricava anche dalle EMG che risultano quasi sempre invariate prima e dopo
l’intervento.
INCONGRUENZA FRA "PRESUNTA" LESIONE TENDINEA E SPALLA
DOLOROSA
(Nella spalla dolorosa mancano i segni patognomonici che accompagnano la
lesione di uno o più tendini)
La lesione di un tendine, in tutti i distretti dell'organismo, si manifesta con un
quadro clinico – sintomatico del tutto diverso dal quello che accompagna la “spalla
dolorosa”.
a)
Caratteristiche delle lesioni tendinee
Lesione tendinea acuta :
odolore intenso, pungente ed improvviso al momento del danno anatomico
(trauma o altro), decresce col tempo
odolore scompare con la immobilizzazione dell’articolazione interessata
odolore si riaccende ad ogni tentativo di attivare il tendine lesionato(mobilizzare
l’articolazione)
25
olimitazione funzionale
Lesione tendinea cronica
opuò essere asintomatica,
opuò provocare dolore al tentativo di attivare il tendine lesionato,
opuò provocare limitazione funzionale proporzionata al danno anatomico
b) Funzione dei tendini e sintomo doloroso
Nell’organismo la lesione tendinea provoca dolore e limitazione funzionale quando
il tendine lesionato (lesione cronica o acuta) è l’unico deputato a quel movimento.
Ne è un esempio la lesioni del tendine d’Achille:
Il dolore si manifesta al tentativo di mobilizzare la caviglia, in quanto la flessione
plantare del piede è affidata solo al tendine d’Achille lesionato.
Una volta immobilizzata l’articolazione con tutori (come si fa quando si è in attesa
di intervento) il tendine lesionato non dà più dolore, a meno che non si provi a
contrarre volontariamente il muscolo (contrazioni isometriche, isotoniche) .
In altri casi (vedi lesione del capo lungo del bicipite omerale) ove il movimento
dell’articolazione è assicurato da più tendini, la lesione (recente o inveterata) di uno
di questi tendini non provoca dolore e la limitazione funzionale ne risulta
scarsamente limitata.
Tale funzione infatti viene vicariata dagli altri tendini integri che esplicano la stessa
attività.
Ad esempio :
 La rottura del capo lungo del bicipite omerale (frequente in persone anziane)
provoca, di norma, solo un danno estetico e molti pazienti vengono alla
visita perchè preoccupati dalla deformità del profilo anatomico del muscolo,
deformità che si accentua al tentativo di flettere l’avambraccio . Il paziente
non ha dolore e la motilità articolare non ne risente.
 La lesione del tendine estensore lungo del pollice, limita la estensione
del primo dito della mano ma non provoca dolore
 Lo stesso vale per la lesione del flessore lungo del pollice.
E così via per gli altri tendini dei diversi distretti articolari
Nulla di tutto questo succede nella “spalla dolorosa”.
In conclusione nella “spalla dolorosa” è possibile riscontrare alla RMN la presenza
di una lesione tendinea, senza che questa interferisca con il quadro clinicosintomatico e con la evoluzione della malattia.
L'esperienza clinica, gli esami autoptici, i riscontri elettromiografici mostrano con
chiarezza che, a partire dai 45 anni di età, le fibre del sovraspinato
fisiologicamente vanno incontro ad una evoluzione fibrotica che porta alla
sostituzione dei fasci tendinei con fibre ialine e tessuto connettivale.
Contemporaneamente a questa fisiologica trasformazione, la funzione dei tendini
della cuffia viene progressivamente sostituita dai fasci muscolo-tendinei (tratto
anteriore) del deltoide.
Man mano che si riduce l'attività del sovraspinato, si accentua l'attività di quella
parte delle fibre del deltoide che lo sostituiscono.
Nelle patologie della spalla trattate con intervento chirurgico, la ricostruzione e/o
26
sutura delle fibre lacerate della cuffia, non interferisce né con la fisiologica
evoluzione fibrotica, né con la funzionalità della spalla (assicurata dal deltoide) né
con il dolore (che origina da causa diversa dalla lesione tendinea).
B) Cause scheletriche: “Sindrome da conflitto”
1)
Incongruenza fra sintomo e presunta lesione scheletrica
In assenza del carico (“braccio appeso al tronco” –come diceva Scaglietti-), la
stabilità e funzionalità della spalla dipendono dai tessuti molli periarticolari
(sopratutto cuffia dei rotatori, deltoide, capsula). Il cercine glenoideo contribuisce a
rendere più profondo il cavo articolare e la testa omerale manca di un contatto
continuo con il cavo glenoideo. La capsula articolare consente alla testa dell’omero
di distanziarsi di quasi un pollice dalla cavità glenoidea. La presenza e l’azione del
sovraspinoso consentono alla testa omerale di allontanarsi dall’acromion di circa
mezzo pollice.
Ciò premesso, diciamo subito che una reale riduzione dello spazio sottoacromiale è
relativamente frequente, ma un “impingment” tale da costringere le strutture
anatomiche a generare un “urto doloroso” (come sostenuto dagli Americani) è
tutt’altra cosa, anche perchè il peso dell’arto (almeno a riposo) dovrebbe impedire
l’ipotetico “conflitto” .
Secondo la teoria del “conflitto” (Neer 1972), il dolore sarebbe dovuto alla
frizione della cuffia dei rotatori (vedi tendine sovraspinato) contro la superficie
anteriore inferiore dell’arco coracoacromiale. Viene ipotizzata per il sovraspinato
una funzione come “depressore della testa dell’omero durante l’abduzione e
l’elevazione”. Sono stati anche descritti tre stadi di “conflitto” con segni
pseudoclinici che nessuno ha mai ritenuto sufficienti per proporre un trattamento
chirurgico. Si è parlato poi di “conflitto primario” (relazione anomala tra cuffia dei
rotatori ed arco coracoacromiale) e “conflitto secondario” (restringimento relativo
dello spazio sottoacromiale per instabilità gleno – omerale) . Ma anche in questo
caso poi viene riportato il discorso alla perdita della funzione di “stabilizzazione”
della cuffia dei rotatori con conseguente traslazione superiore della testa dell’omero
e conflitto meccanico dei tendini della cuffia con l’arco coracoacromiale durante
l’attività “sopra il capo”(Riabilitazione in Ortopedia Brent Brotzman, Kevin E. Wilk
–Dompè-).
Mettendo un po’ di ordine fra le tante ipotesi formulate dagli ultimi Autori,
possiamo dire che, secondo la teoria di Neer, all’origine del “conflitto” dovrebbe
esserci una lesione del tendine del sovraspinato. La lacerazione della superficie di
questo tendine limita la sua funzione contrattile e riduce la capacità della cuffia di
tenere bassa la testa dell’omero (cioè di deprimere la testa dell’omero per lasciare
spazio sotto l’acromion). Ne consegue un restringimento dello spazio sottoacromiale
fino al “conflitto” del tendine lesionato con l’arco coracoacromiale durante l’attività
“sopra il capo”.(The Shoulder , Philadelphia. WB Saunders. 1990 p.624).
In teoria tale meccanismo è possibile.
Non si capisce però:
a)
come può un tendine lesionato o degenerato, ove le fibrocellule muscolari (ben
innervate) vengono sostituite da fibre ialine (scarsamente irrorate ed ancora meno
innervate) essere tanto sensibile anche a riposo
27
b) dove sono le terminazioni nervose capaci si raccogliere e trasmettere impulsi e
stimoli così intensi da causare la “spalla dolorosa”. Le terminazioni nervose libere
(che fungono da “recettori del dolore”) sono presenti all’interno dei tendini
(giunzione miotendinea) ma non nel tessuto fibroso-connettivale e/o nelle fibre
ialine
c)
in alcuni casi la “sindrome da conflitto” non si accompagna alla lesione del
tendine. Agli esami strumentali lo spazio sottoacromiale risulta ridotto ed il tendine
integro. In questi casi quali strutture anatomiche sarebbero responsabili del dolore?
d)
spesso si osservano lesioni del tendine del sovraspinato senza riduzione dello
spazio, con gli stessi sintomi che caratterizzano la “spalla dolorosa".
e)
nelle paresi del sovraspinato (es. per sofferenza di C5), ove la funzione di
“stabilizzazione” della cuffia è praticamente assente, difficilmente si osservano
sindromi da conflitto (in contrasto con quanto ipotizzato dalla teoria di Neer)
Inoltre si fa osservare che una deformazione dell’articolazione con restringimento
dello spazio sottoacromiale, risalita della testa omerale, tendinosi del sovraspinato
ed artrosi acromioclavicolare può realizzarsi, (sopratutto nelle persone anziane), a
seguito di
sclerosi e retrazione della capsula
artropatie dismetaboliche e/o neurologiche
artropatie secondarie a miopatie, a traumi, ad interventi chirurgici (esempio
trapianti in neoplasie benigne) .
Nella maggioranza di questi casi, (nonostante lo spazio sottoacromiale ridotto, la
testa omerale ampiamente risalita, la tendinosi del sovraspinato, la sclerosi del
legamento coraco-acromiale ed l’artrosi della acromioclaveare,) il paziente non
lamenta i sintomi della “spalla dolorosa”.
Perchè allora una stessa alterazione anatomica dovrebbe portare a sintomi così
diversi ?
Perchè dovrebbe essere fortemente invalidante per alcuni e del tutto asintomatica
per altri?
Nel tentativo di giustificare queste anomalie gli Autori fanno riferimento a presunte
alterazioni artrosiche della acromio clavicolare, a restringimento dell’arco coraco
acromiale, a sclerosi del legamento acromio claveare, ad “instabilità gleno-omerale”
e così via. A questo punto non si capisce più se il dolore è dovuto alle fibre
tendinee lesionate che frizionano (durante il movimento) contro superfici più rigide
(integre o meno) o alla solita artrosi ed alle tante alterazioni degenerative comuni a
tutte le articolazioni.
Il punto centrale della teoria di Neer è l’origine del dolore.
Delle lesioni tendinee, della riduzione dello spazio sottoacromiale, delle
degenerazioni artrosiche si è parlato da sempre. Da sempre sono state descritte le
tante alterazioni che colpiscono quel complesso sistema che gli Antichi Autori
indicavano come “seconda articolazione della spalla”
I fautori della “sindrome del conflitto” pongono alla base del sintomo doloroso le
fibre degenerate (o lesionate) del tendine del sovraspinoso che “vanno a frizionare
contro la superficie anteriore inferiore dell’acromion, il legamento cocaroacromiale
e l’articolazione acromio-claveare durante il movimento in abduzione o rotazione
esterna” (movimento“sopra il capo” -overheid- vedi “subacromial impingement”,
28
Matsen III Arntz CT). Si tratterebbe quindi di un sintomo doloroso presente solo nei
movimenti che coinvolgono quelle fibre lesionate.
L’esperienza clinica smentisce questa ipotesi :
Nella “sindrome da conflitto” di norma il dolore è presente non solo nei movimenti
di elevazione ed abduzione dell’arto ma anche nei movimenti che lasciano a riposo
le fibre del sovraspinato e che allontanano l’omero dalla spalla, come avviene nelle
rotazioni interne e nella retroposizione . Questi movimenti (rotazione mediale,
adduzione ed estensione) rappresentano l’espressione funzionale del grande rotondo
(che non rientra nella cuffia) e solo in piccola parte vi partecipa il sottoscapolare.
Ammesso che il sovraspinato (lesionato) possa interferire nei movimenti di
abduzione e rotazione esterna per l’ipotetica compressione contro l’arco
coracoacromiale, non si capisce cosa c’entra con i movimenti di retroposizione e/o
di rotazione interna, anch’essi dolorosi nella cosiddetta “sindrome da conflitto”. E se
tanto non dovesse bastare si ricorda che, nella maggioranza dei casi, il sintomo
doloroso si acutizza anche a riposo (sopratutto notturno) quando
l’immobilizzazione dell’articolazione non permette nessun ipotetico conflitto.
Si ricorda che in molti casi:
lo stesso riscontro radiografico (assenza dello spazio sub-acromiale) può
essere rilevato in pazienti assolutamente silenti che eseguono Rxgrafie o RMN per
altri motivi.
“sindromi da conflitto” documentate da esami strumentali ed in attesa di
intervento chirurgico
spesso migliorano o guariscono spontaneamente (senza recidive) dopo diversi
mesi.
In questi casi lo spazio sottoacromiale è sempre lo stesso, ma non interferisce nè con
il dolore nè con la limitazione funzionale .
Tanto è sufficiente per ritenere che nella “spalla dolorosa” vi può essere un
restringimento dello spazio sottoacromiale ma che questo sia il “conflitto
doloroso” indicato quale causa della malattia è in netto contrasto con
le caratteristiche anatomiche e funzionali dell’articolazione.
2)
Incongruenza fra evoluzione del sintomo doloroso e presunta lesione
scheletrica (conflitto)
Nessun nesso fra il decorso della “spalla dolorosa” e “conflitto”:
Qualsiasi dolore provocato da “conflitto” si manifesta con accentuazione e
regressione della sintomatologia in funzione dell’attività dell’articolazione che
accresce attrito e frizione delle superfici in conflitto. I tessuti conflittuali accentuano
il sintomo doloroso durante i movimenti (o il carico) per regredire, fino a
scomparire, durante il riposo.
In particolare, nella “spalla dolorosa”, mancando il carico, non ci può essere altro
modo di acutizzare il sintomo doloroso se non con il movimento.
La mancanza di movimento azzera il “conflitto” . Bloccato il movimento si blocca
il conflitto.
Nella “spalla dolorosa” invece il dolore provocato dal presunto conflitto aumenta
anche con il riposo, sopratutto notturno. Il contrario cioè di quanto dovrebbe
avvenire se la causa fosse davvero l’ “impingement”.
·
Nessun nesso fra intensità del dolore e riduzione dello spazio:
29
Dai riscontri strumentali si evidenzia che non c’è nessun rapporto fra presunto
conflitto ed intensità del dolore (spesso minimi “conflitti radiografici” si
accompagnano ad intensi dolori e viceversa).
3)
Incongruenza fra meccanica articolare e sintomo doloroso
Tutta la teoria di Neer si basa sul presupposto che la cuffia dei rotatori agisca come
depressore della testa dell’omero durante le attività “sopra il capo” e che il
restringimento dello spazio sottoacromiale sia la causa della sintomatologia dolorosa
lamentata dai pazienti. In pratica viene ripresa la teoria che gli Antichi
Autori (Duplay, Leriche, Goidanich, Bonola, Borrellini, ecc.) chiamavano della
“seconda articolazione della spalla”. Il problema era (e rimane) quello di stabilire da
dove origina il dolore che caratterizza la “spalla dolorosa”, quali strutture
anatomiche vengono interessate, come e perchè si genera la grave limitazione
funzionale dolorosa.
Per una verifica sull’ipotesi del “conflitto” (presunto colpevole del sintomo
doloroso) si può esplorare l’articolazione in modo da aumentare meccanicamente
(trazionando) lo spazio sottoacromiale e controllare la risposta del paziente..
Nei pazienti magri, (ove è possibile esercitare una trazione in modo da sostituirsi
all’ipotetica azione del tendine e mantenere un sufficiente spazio
sottoacromiale),trazionando il braccio e portandolo passivamente in abduzione
(mentre si mantiene costante la trazione in basso) il dolore aumenta così come
avviene senza la trazione.
Nè la lesione del tendine (mobilizzazione passiva della spalla) nè la riduzione dello
spazio sottoacromiale (trazione costante verso il basso durante il movimento
passivo) interferiscono col sintomo doloroso.
All’esame clinico ed alle prove funzionali il dolore non “corrisponde” all’ipotetico
conflitto perchè aumenta a prescindere dallo spazio sottoacromiale e dalla presunta
frizione esercitata dal sovraspinato lesionato.
·
Muscolo e funzione
Un muscolo quando si contrae accorcia le fibre avvicinando gli estremi. Il
sovraspinato agisce come starter dell’abduzione: inizia un movimento che viene poi
realizzato dal deltoide.
Inserendosi al trochite (cioè in un punto più vicino alla testa dell’omero - fulcro
della ipotetica leva-) il “lavoro” svolto dal sovraspinoso si realizza prima rispetto a
quello del deltoide che ha inserzione più distale. Il movimento in abduzione inizia
con la rotazione della testa dell’omero conseguente alla trazione esercitata dal
sovraspinoso che “tira” la tuberosità verso la glenoide (medializzandola). In realtà è
questo il meccanismo che impedisce al deltoide di trazionare in alto (contro
l’acromion) la testa dell’omero durante il movimento di abduzione, attività che gli
Autori moderni indicano come funzione di “depresione” e “stabilizzazione” della
cuffia dei rotatori. Quando il deltoide entra in contrazione la testa dell’omero ha già
iniziato la rotazione e l’omero si è già direzionato
Le fibre muscolari non agiscono “in itinere” ma solo avvicinando i capi articolari
cui si inseriscono.
Comunque sia va riconosciuta alla cuffia dei rotatori la funzione di tenere in basso,
30
nella cavità glenoidea, la testa omerale durante i movimenti di abduzione ed
elevazione
Il sistema muscolo-tendineo della cuffia è responsabile della rotazione esterna e dei
primi 40° dell’abduzione(vedi Thomas L. Vischer “il dolore scapolo – omerale”)
Quando la testa dell’omero si è già mossa ed ha incominciato a ruotare interviene il
deltoide. A questo punto del movimento l’azione del sovraspinoso è
secondaria fino ad azzerarsi.
Il dolore invece persiste anche dopo che il braccio ha raggiunto l’orizzontale
(quando cioè la contrazione del sovraspinato si annulla per l’intervento del deltoide)
e/o quando il braccio è mantenuto passivamente in abduzione.
4) Incongruenza fra terapia e presunta lesione scheletrica (conflitto)
·
Terapia medica e fisica:
Per quanto concerne la terapia della “sindrome da conflitto”, ancora oggi la prima
opzione è data dai FANS (locali o generali) e dalle fisioterapie. Molte volte tale
terapia infiltrativa e/o farmacologica è sufficiente a risolvere il problema clinico e
funzionale . Non solo per pazienti allo stadio 1 (descritto come stadio dell’edema e
dell’infiammazione) ma anche in pazienti allo stadio 2 (descritto come stadio di
fibrosi e tendinite, ove gli esami strumentali mostrano anche una riduzione dello
spazio sottoacromiale).
In molti casi il successo della terapia medica e fisica non dipende nè dall’ampiezza
dello spazio sottoacromiale nè dalla deformazione della superficie articolare : spazi
notevolmente ridotti spesso guariscono senza postumi con terapia conservativa e
viceversa. In questi pazienti il quadro radiografico e la RMN , restano inalterati
anche dopo la risoluzione incruenta (infiltrazioni, fisioterapie, fans, ecc.) della
“spalla dolorosa”.
Manca cioè un nesso fra presunta lesione e terapia medica e fisica.
·
Terapia chirurgica :
Nei pazienti sottoposti ad intervento chirurgico non esiste nessun rapporto (–
dopo l’intervento –) fra ampiezza delle superfici ossee regolarizzate e riduzione del
sintomo doloroso .
Spesso interventi molto economici (ove all’esame strumentale non emergono
sostanziali differenze prima e dopo l’operazione) portano a guarigione dei sintomi
dolorosi con recupero funzionale quasi totale. Al contrario interventi ampi (ove gli
esami strumentali mostrano uno spazio sottoacromiale vistosamente ampliato)
spesso non sortiscono alcun effetto ed i pazienti lamentano la stessa sintomatologia
antecedente all’operazione o addirittura più invalidante.
In conclusione l'ipotetico "conflitto" non trova alcun riscontro nel quadro clinicofunzionale che caratterizza la "spalla dolorosa". Sintomatologia, decorso e terapia
della "spalla dolorosa" non "corrispondono" quasi mai alle caratteristiche di una
patologia da "conflitto".
31
C) Causa periarticolare : Periartrite calcifica –Morbo Dupley- :
Non é una periartrite (ove la carattetistica infiammatoria potrebbe giustificare la
sintomatologia della "spalla dolorosa") perché non é una infiammazione, ma una
lesione degenerativa.
Trattasi di reperto occasionale che rappresenta l'espressione radiografica di
alterazioni regressive-degenerative-necrotiche con successivo deposito calcareo.
Dagli esami di laboratorio emerge che:
- "Il substrato anatomopatologico della periartrite di spalla é quasi sempre di tipo
regressivo degenerativo. Tale tipo di lesione rende possibile il deposito calcareo che
spesso si verifica su aree circoscritte di necrosi tissurale, causate da condizioni
ischemiche locali". (Goidanich "Compendio di Ortopedia e traumatologia" Ediz.
Calderini - Bologna - pag.619).
- ” La presenza di calcificazioni nello spessore della borsa sottodeltoidea (per lungo
tempo ritenuta patognomonica nel determinismo della periartrite di spalla) è solo
unfenomeno secondario ed accessorio, presente in una limitata percentuale di casi”.
(Marino Zuco e Pietrograndi “Ortopedia e Traumatologia” - Società Editrice
Universo - pag. 766).
Dagli esami autoptici si conferma che le calcificazioni consistono in depositi calcari
in aree circoscritte di necrosi tissutale (spesso post- traumatiche).
Le calcificazioni più frequenti sono a carico della borsa sottoacromiale, ma possono
verificarsi anche in sede tendinea o peritendinea.
Reichelt (1981) ha rilevato che una persona sana su cinque ha calcificazioni a livello
della spalla, senza alcun segno clinico.
All’esame autoptico Refios e Melzer (1984) trovarono calcificazioni nel complesso
della cuffia dei rotatori in 1/3 dei 195 soggetti esaminati (33%). (vedi . “I tendini.
vol. II Laszlo’ Jozsa – Ravizza- pag.282-)
La sintomatologia clinica non è influenzata dalla presenza di tali calcificazioni, che
possono persistere (praticamente immodificate) anche quando la malattia si
risolve (vedi Goidanich “Compendio di Ortopedia e traumatologia” , volume
secondo, pag.619 – Edizioni Calderini Bologna-).
Concetto ribadito poi da numerosi Autori tra i quali si ricordano Borellini e Favino:
"Quello che é certo é che la calcificazione, un tempo ritenuta causa principale del
dolore, non può essere considerata quale fattore determinante della
sindrome" (Ortopedia e traumatologia - De Feo Editore - Roma - pag. 251).
E’ ormai chiaro che :
Non c’è corrispondenza fra dimensione della calcificazione ed intensità
del dolore.
La calcificazione raramente segue il decorso sintomatico dell’articolazione.
La calcificazione può essere presente o mancare. Spesso sopravvive al
sintomo doloroso.
In pratica la calcificazione si comporta come un reperto radiografico occasionale.
Un discorso a parte merita il trattamento riservato a questa patologia, che spesso
viene risolta con infiltrazioni di cortisone.
. Questo non vuol dire che la causa della patologia sia di origine flogistica. Tanto è
vero gli i FANS, somministrati per via generale o locale (mesoterapia) sono
generalmente inefficaci e che lo stesso cortisone dato per via generale non sortisce
32
gli stessi effetti (a meno che non vengano usate dosi massicce). In realtà la
remissione della sintomatologia dopo terapia cortisonica non è conseguenza della
sua attività antiflogistica, ma di alcune attività collaterale del farmaco (come
vedremo nel capitolo relativo alla patogenesi della “spalla dolorosa”).
RIFLESSIONI
A questo punto nasce un dubbio :
Se le ipotesi patogenetiche non sono esatte. Se la spalla dolorosa non dipende dal
“conflitto articolare”, dalla “lesione della cuffia” o dalla “periartrite calcifica”
perchè in una discreta percentuale di casi (circa il 75%) il paziente affetto da
“spalla dolorosa” migliora o guarisce dopo l’intervento chirurgico alla spalla?
La spiegazione è la seguente :
Gli interventi eseguiti possono essere a cielo aperto o in artroscopia:
1)
Interventi a cielo aperto
Gli interventi a cielo aperto modificano globalmente lo stato chimico – fisico ed
il metabolismo della spalla. Vengono modificati gli equilibri interni, sovvertiti i
rapporti fra le varie componenti intraarticolari, lacerate o asportate le borse e
modificati i rapporti capsulo - muscolari . Il trauma chirurgico altera
profondamente il piccolo circolo e favorisce una ampia ossigenazione dei tessuti
con modificazione delle caratteristiche metaboliche.
In pratica, una volta aperta la breccia operatoria tutto cambia negli equilibri
interni e nel metabolismo della spalla. Tanto è vero che il miglioramento della
sintomatologia dolorosa è indipendente dal tipo e dall’entità dell’intervento
eseguito: tenorrafie che alla RMN sembrano perfette spesso rimangono più
dolenti di altre che agli esami strumentali appaiono insufficienti e lo stesso vale
per gli altri interventi.
2)
Interventi in artroscopia
I primi dubbi sulla patogenesi articolare o tendinea o periartritica del dolore di
spalla sono sorti molti anni addietro, quando, in diversi Ospedali, veniva
praticato il cosiddetto “lavaggio di spalla”. A quei tempi era “sottostimata” la
lesione della cuffia e non ancora “inventata” la sindrome da conflitto. Si pensava
che responsabile della sintomatologia dolorosa fosse principalmente
la periartrite, sopratutto nella forma calcifica, che spesso era presente alla
rxgrafie (morbo di Dupley). Esauriti i trattamenti incruenti (fans, infiltrazioni,
fisioterapie), si procedeva ad un lavaggio dell’articolazione, che raramente
interessva la calcificazione (estremamente difficile centrarla sotto controllo
rxscopico).
In realtà l’intervento consisteva nell’entrare con ago da artrocentesi nella
capsula articolare (indipendentemente dalla calcificazione, che è fuori
dall’articolazione) ed iniettare abbondante liquido fisiologico (40 - 50 cc circa).
Questo liquido iniettato distendeva capsula e tessuti periarticolari,
modificandone l’equilibrio chimico - fisico.
33
Con un altro ago dello stesso calibro (infisso in posizione opposta al primo) si
drenava poi il liquido iniettato .
Indipendentemente dalla calcificazione, i risultati erano quasi sempre
soddisfacenti.
Nessun intervento sulla causa presunta del dolore (calcificazione periartricolare –
exstra-articolare-) ma lavaggio dell’articolazione (intraarticolare). In alcuni casi
veniva centrata la calcificazione (exstraarticolare) con lo stesso risultato benefico
del lavaggio intraarticolare.
Dopo circa 18 ore, di norma, iniziava una regressione della sintomatologia
dolorosa.
Ci si rendeva conto già a quei tempi che il dolore della spalla probabilmente non
dipendeva dalla calcificazione presente alla rxgrafia. Tanto è vero che ad un
certo punto si incominciò ad eseguire “lavaggi di spalla” anche quando non erano
presenti calcificazioni agli esami rkgrafici, e/o in presenza di lesioni dei tendini
della cuffia. E si ottenevano gli stessi buoni risultati ottenuti nelle periartriti. In
pratica nella “spalla dolorosa” , a prescindere dalla ipotetica lesione, il lavaggio
di spalla risultava una delle terapie più efficaci.
* Ecco cosa succede oggi con l’intervento in artroscopia :
Prima di introdurre l’artroscopio la capsula della spalla deve essere dilatata con
abbondante liquido fisiologico . Solo dopo che è ben dilatata e riempita di
liquido si può introdurre l’artroscopio. E’ questo liquido che agisce come il
“lavaggio di spalla”. Ed è questo il motivo per cui il paziente guarisce o
migliora. Il liquido che si inietta nella capsula per distenderla (in maggiore
quantità rispetto al lavaggio) esplica la stessa azione che esplicava nel lavaggio
di spalla, con maggiore efficacia perchè la dilatazione della capsula è
notevolmente maggiore rispetto al lavaggio di spalla.
A fine intervento poi il liquido viene drenato (come per la tecnica di lavaggio).
I risultati dimostrano che la ripresa funzionale e la riduzione del dolore non
dipendono dal tipo di intervento eseguito, dalla rimozione delle calcificazioni, dal
numero di tendini suturati (lesione della cuffia)o dalla quantità di tessuto osseo
regolarizzato (acromioplastica in sindrome da conflitto).
Ciò che influisce ai fini del risultato è la massima dilatazione della capsula
mediante liquido fisiologico, che sovverte lo stato fisco – chimico delle varie
componenti articolari e le pressioni interne che regolano gli scambi fra le diverse
strutture anatomiche e gli equilibri funzionali.
Dai riscontri oggettivi emerge che spalle pressocchè invariate ai controlli
strumentali prima e dopo l’intervento (ove la variazione anatomica conseguente
all’intervento è quasi impercettibile anche alla RMN), spesso danno risultati
migliori di altre ove l’intervento sui tendini della cuffia o sul tessuto scheletrico
risulta essere stato ampio e completo.
34
A conclusione di questo primo capitolo, qualora ci fossero ancora dei dubbi, si
ricorda che in più di due anni sono state trattate con tecnica di "allineamento
frizionato" quasi duecento “spalle dolorose”, ove la diagnosi (già posta in altri
centri) era di “lesione della cuffia”, “sindrome da conflitto” e “periartrite calcifica”.
La maggioranza di questi pazienti erano in attesa di intervento. Circa il 75% è
guarito o fortemente migliorato. Non è mai stata modificata la presunta lesione
diagnosticata, che, dopo il trattamento, non interessava più a nessuno. Con la
tecnica manipolativa si agisce sulla causa (unica) responsabile della sintomatologia
dolorosa. Le tre lesioni ricordate (periartrite, cuffia, conflitto) vengono considerate
come “reperti occasionali” che possono accompagnare o meno la “spalla dolorosa”.
Mi rendo conto delle tante speculazioni che ogni giorno vengono consumate nel
campo sanitario e della difficoltà di prestare fede a numeri e casistiche che
cambiano a seconda delle diverse teorie. Ecco perchè mi sono prima preoccupato di
dimostrare scientificamente la incongruenza delle teorie patogenitiche ufficiali
piuttosto che limitarmi a presentare la sola casistica che difficilmente i lettori
possono controllare (per ogni paziente comunque abbiamo registrato indirizzo e
numero telefonico).
35
Per i Medici
"Le parole che non vi hanno detto" su:
Deltoide e Sovraspinato
36
Fisiologia della spalla
La spalla è l’articolazione con i movimenti più ampi di tutto
l’apparato scheletrico e perciò ricca di molteplici componenti
muscolari.
L’abduzione (sollevamento) dell’articolazione della spalla va da 0° a
180° e si realizza in due tempi consecutivi
Da 0° a 90° : grazie all’azione esercitata dal sovraspinato e dal
deltoide.
Da 90° in poi : per attivazione del trapezio e grande dentato.
La limitazione funzionale che colpisce l’articolazione nella “spalla
dolorosa” riguarda il primo momento (deltoide e sovraspinato).
IL Deltoide dalla nascita alla morte
Il Deltoide ha una inserzione prossimale che si distribuisce su tre
segmenti ossei: estremità laterale della clavicola, acromion, parte
laterale della spina della scapola . Nella dinamica articolare la
mobilizzazione dell’articolazione si realizza mediante una leva del 2°
tipo (vantaggiosa):
-il braccio-potenza va dalla inserzione del muscolo al centro
dell’articolazione
-il braccio-resistenza è formato dal tendine che va alla inserzione
distale (ancorata alla tuberosità deltoidea dell’omero) .
Alla nascita questo muscolo non esplica alcuna funzione perché
l’acromion, l’estremo laterale della clavicola e la parte esterna della
spina della scapola non hanno ancora il nucleo di ossificazione. Il
ritardo di ossificazione di questi tessuti è utile durante il parto per
consentire il passaggio del feto attraverso il canale vaginale. Nel
parto naturale l’ostacolo maggiore deve essere rappresentato dalla
testa del neonato, cui deve seguire un tronco di cono ancora elastico
(adattabile al canale) con la minore circonferenza possibile.
In seguito, man mano che l’osteogenesi avanza, si realizzano gli
ancoraggi acromiali e periacromiali del muscolo, rendendo possibile
la funzione del deltoide sull’articolazione (abduzione). La funzione
abduttoria del deltoide quindi inizia molto dopo la nascita. Si rafforza
ed aumenta progressivamente in sintonia con lo sviluppo
dell’organismo e con il consolidamento dell’ancoraggio prossimale
del muscolo. Una volta sviluppato questo muscolo esercita la sua
37
funzione per tutta la vita e gli elementi costitutivi di leva (potenzafulcro-resistenza) non si modificano . Le sue fibre muscolari
conservano una discreta irrorazione e seguono lo stesso percorso di
tutte le altre fibrocellule muscolari dell’organismo. Muore con la
morte dell’organismo.
Vita, Morte e Miracoli del
Sovra spinato
Vita del sovraspinato
Il Sovraspinato ha forma di triangolo rettangolo coricato, con il
vertice che si allunga a raggiungere il trochite omerale. Nel
movimento di abduzione viene a formare una leva ove la potenza
(corpo del muscolo) è situata sulla spina della scapola e la resistenza
(apice del triagolo) sull’omero.
Inizia la sua attività già prima della nascita.
Fa parte di quel gruppo di muscoli responsabili dei movimenti fetali.
Tanto è possibile perché la sua zona di ancoraggio (fossa sovra
spinata) è già presente e solida negli ultimi mesi di gravidanza.
Alla nascita lavora come leva di primo genere vantaggiosa (bracciopotenza maggiore del braccio-resistenza).
Successivamente, nel corso dell’osteogenesi, il corpo del muscolo
rimane ancorato alla fossetta sulla spina della scapola mentre il capo
distale si allunga a seguire la testa omerale (che si allontana dal
fulcro). Queste variazioni (aumento braccio resistenza e spostamento
del fulcro) finiscono per modificare gli elementi costitutivi della leva.
Alla fine dello sviluppo la leva perde le caratteristiche vantaggiose
che aveva alla nascita (e nella prima infanzia) perché sono cambiati la
posizione e le proporzioni degli elementi costitutivi. Sono cambiati
cioè la posizione del fulcro ed i parametri potenza – resistenza.
In pratica, a differenza degli altri muscoli dell’organismo,
l’accrescimento interferisce sulla attività del sovraspinato fino a
modificare il principio dell’equilibrio dei momenti.
Ne risulta (a partire dai 20 anni di età) una riduzione della funzione
(abduzione) a parità di potenza.
38
Morte del Sovraspinato
Mentre il deltoide, come tutti i muscoli dell’organismo, ci
accompagna per tutta la vita, il sovraspinato ha una emivita che si
aggira fra i 40 e 50 anni. A partire da questa età inizia una
degenerazione fibrotica delle fibre muscolo-tendinee conseguente a
progressiva riduzione di flusso ematico che agisce su un territorio già
scarsamente irrorato.
La degenerazione involutiva (spesso con lesione successiva) inizia dal
tratto distale (zona critica) per due motivi:
1) Trattasi di una zona già scarsamente irrorata fin dalla nascita, ove, a
partire dai 40 – 45 anni di età le arterie vanno incontro ad un
invecchiamento precoce con ispessimento ed indurimento delle pareti
medie e conseguente riduzione ulteriore del flusso ematico. In
carenza di ossigeno e metaboliti le fibrocellule muscolari si
“adattano” andando incontro a trasformazione fibrotica.
2) Fenomeno chiamato wringing out, (compressione della testa omerale
col braccio addotto e conseguente riduzione di apporto ematico).
La riduzione (fisiologica) del metabolismo (ed ossigenazione) porta
alla sostituzione delle fibrocellule muscolari con fibre connettivali
ialine.
Tale processo, che inizia dai 40 – 45 anni di età, può essere rilevato
anche da esami strumentali (RMN, Eco) in tanti soggetti che non
hanno mai avuto problemi alle spalle. Viene segnalato dai Radiologi
col termine di “tendinosi”.
Di norma la fase di involuzione (trasformazione delle fibrocellule in
tessuto fibroso) può durare dai 5 ai 15 anni (va dall’età di 40 ai 55
anni) e si esaurisce con la perdita della funzione abduttoria del
sovraspinato. A partire da questa età il muscolo perde
progressivamente la capacità contrattile per sostituzione delle
fibrocellule muscolari con tessuto ialino – connettivale – lasso (che
non è estensibile).
In pratica, a partire dai 40 anni di età (a seguito di un deficit vascolare
progressivo) inizia un processo di fibrotizzazione del tendine
sovraspinato che porta alla morte funzionale del muscolo (il tendine è
ancora presente ma costituito da tessuto fibroso che non esplica più
alcuna funzione). Spesso (quando il processo di fibrotizzazione non è
ancora completato) la contrazione delle residue fibrocellule muscolari
39
può agire come forza traente sulle fibre già degenerate (azione che si
può ripetere ad ogni contrazioni) fino alla loro rottura. Questo evento
è asintomatico e solo raramente viene avvertito dal paziente. Non
necessita di trauma., anche se spesso i pazienti riferiscono un
episodio traumatico.
Di norma la lesione del tendine è silente ed il paziente ne viene a
conoscenza a seguito di esame occasionale. In molti casi un episodio
di “spalla dolorosa”, anche transitorio, può essere la motivazione
dell’esame strumentale (Eco o RMN). Trattasi di processo
fisiologico. Il paziente che legge il referto della Risonanza si
preoccupa perché non sa che un tendine degenerato non può
esercitare nessuna funzione e che una sua rottura non può interferire
su una funzione che non c’è più.
Il riscontro strumentale (eco o RMN) di una lesione e/o tendinosi del
sovraspinato è solo un reperto occasionale che non ha niente a che
vedere con la “spalla dolorosa”. Questa infatti nella maggioranza dei
casi può guarire spontaneamente lasciando la “lesione” invariata. Il
reperto strumentale (eco o RMN) rimane uguale anche a distanza di
tempo, quando il paziente non ricorda più se la “spalla dolorosa” era
stata la destra o la sinistra.
Il paziente si fa operare perché è convinto che la sintomatologia
dolorosa della sua spalla sia causata da quella degenerazione e/o
rottura tendinea. Crede che dopo l’intervento il tendine suturato
riprenda a funzionare come nei primi anni di vita.
Non può sapere che a partire dai 35 - 40 anni quel tendine viene
lentamente dismesso dall’organismo, come un ramo secco, per
progressiva involuzione fibrotica.
Nel giro di 10 o 15 anni il sovraspinato completa la sua regressione
fino a diventare un tendine “insecchito” (tendinosi). A partire da
questa età, in tutti gli organismi umani, la funzione di abduzione
della spalla viene svolta solo dal deltoide.
Il termine “tendinosi” riferito ai tendini del nostro organismo
corrisponde al termine “secco” del mondo vegetale. Come un ramo
“secco” non è più utile all’albero né per la sua ossigenazione né per la
sua vegetazione, così il sovraspinato “tendinosico” non è più utile
all’organismo nè per la vitalità dei tessuti né per la motilità della
spalla.
Come nel regno vegetale la riduzione di linfa vitale porta alla
trasformazione di un ramo verde in ramo secco così nell’organismo
40
umano la riduzione del flusso ematico nella cuffia rotatori porta alla
trasformazione del tessuto muscolo-tendineo attivo (fibrocellule
muscolari) in tessuto fibrotico - ialino (inestensibile) ”rinsecchito”ed
inattivo.
In entrambi i casi trattasi di processo fisiologico ben compensato.
Nell’albero la funzione (ossigenazione,vegetazione e fioritura) viene
vicariata da altri rami verdi . Nell’organismo la funzione (abduzione
della spalla) viene vicariata dalle fibre anteriori del deltoide che si
potenziano progressivamente a partire dalla seconda – terza decade di
vita (man mano che si riduce l’attività del sovraspinato).
Quando un ramo secco rimasto attaccato al tronco si spezza non
provoca nessun danno alla pianta; nessuna interferenza con la
vegetazione e la vitalità dell’albero. Allo stesso modo un sovraspinato
tendinosico (rinsecchito) che si rompe non interferisce nè con la
motalità della spalla né con la vitalità dei tessuti.
In entrambi i casi trattasi di parti inattive di un organismo (vegetale o
animale) che da tempo non esplicano più alcuna funzione. Tenere
attaccato artificialmente un ramo secco non serve a farlo rifiorire.
Allo stesso modo riattaccare o suturare un tendine rinsecchito
(tendinosi) non può riattivare la sua funzione.
Riscontri autoptici ed elettromiografici:
- Numerosi esami autoptici hanno rilevato la presenza di tendini sovra
spinati totalmente degenerati e lacerati in pazienti (spesso atleti) dopo
i 50 anni di età che non avevano mai lamentati problemi alle spalle.
- EMG eseguite in pazienti "guariti" a seguito di intervento
artroscopico (o a cielo aperto) di sutura del sovraspinato, hanno
evidenziato un muscolo privo di risposta a qualsiasi stimolo.
- Esami elettromiografici eseguiti a seguito di blocco anestetico del
nervo sovrascapolare (che innerva il muscolo sovraspinato) hanno
dimostrato che la perdita di questo muscolo non impedisce
l’abduzione e non rallenta neanche l’inizio del movimento (gli
Inglesi avevano definito il sovraspinato lo “starter” dell’abduzione).
Viceversa in nessun caso una spalla si potrà mai sollevare
(abduzione) se vi è una paresi del circonflesso (o ascellare) che
innerva il deltoide.
Infine, contrariamente a quanto creduto, va riconosciuto che una
seppur piccola partecipazione al movimento di abduzione viene
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esercitata dal capo lungo del bicipite perché dagli esami
elettromiografici risulta che, se sezionato, potrebbe portare ad una
perdita di potenza della funzione abduttoria fino al 20% (se non
compensata con la massiccia muscolatura delle fibre acromiali del
deltoide).
Miracoli del sovraspinato
Si celebrano tutti i giorni in decine di sale operatorie di Ospedali
pubblici e privati quando questi tendini (sovra spinati),
fisiologicamente morti, vengono riesumati e “miracolosamente
resuscitati” con qualche punto di sutura (?).
Sovraspinato e deltoide
I due muscoli deputati alla abduzione della spalla esplicano la stessa
funzione durante la nostra vita, ma a dominanza contrapposta: cioè
con intensità differente a secondo dell’età dell’organismo. Il deltoide
aumenta la sua potenza con crescere dell’età e poi si stabilizza. Nello
stesso arco di vita il sovraspinato perde la sua efficienza, si fibrotizza
fino ad esaurire la sua funzione (morte fisiologica precoce) .
In età adulta l’abduzione dell’arto superiore è sostenuta solo dal
deltoide.
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Riassunto
I n t egr azi on e e ch iar im en t i
SPALLA DOLOROSA
Definizione:
Si intende per “spalla dolorosa” una sintomatologia dolorosa localizzata alla spalla
che può irradiarsi fino al 3° medio distale del braccio. Può esacerbarsi alla
mobilizzazione (attiva e/o passiva) dell’articolazione, oppure con il riposo notturno.
Insorge senza causa apparente o in seguito ad un evento traumatico (anche lieve), a
variazioni climatiche, a posture viziate, a contrattura protratta e/o intensa attività dei
muscoli del cingolo scapolo-omerale.
Patogenesi Ufficiale
La letteratura ortopedica pone alla base della “spalla dolorosa” quattro possibili
alterazioni anatomiche che interessano apparati differenti :
- alterazioni di tipo tendinee (lesioni di uno o più tendini della cuffia, tendinosi,
tendinite calcifica),
-alterazioni scheletriche (sindrome da conflitto o artropatia gleno-omerale),
-alterazioni capsulari (capsulite adesiva)
-alterazioni pericapsulari (periartriti con o senza calcificazioni)
(Un discorso a parte merita la lesione del cercine glenoideo (SLAP) che non rientra in
questo capitolo della “spalla dolorosa”).
Lesioni anatomiche differenti (tendinee, scheletriche, capsulare, periartricolari) che
agirebbero singolarmente o insieme determinando la sintomatologia dolorosa e
funzionale che caratterizza la “spalla dolorosa”.
Generalmente queste patologie nei referti specialistici ortopedici o radiologici
vengono così diagnosticate:
1. Periartrite di spalla (con o senza calcificazioni)
2. Lesioni dei tendini della cuffia dei rotatori (tendinosi, lesioni o rotture di uno o più
tendine)
3. Sindrome da conflitto (impingement)
4. Capsulite adesiva (spalla congelata)
5. Artropatie degenerative(artrosi gleno-omerale)
Se queste sono le patogenesi (cause) della “spalla dolorosa”, le terapie di elezione non
possono che essere chirurgiche (artroscopia o artroprotesi).
A conferma di questa ipotesi patogenetica sono intervenuti, a partire dagli anni
novanta, esami strumentali più sofisticati (Risonanza Magnetica), ove sono state
individuate alterazioni che sembravano confermare la presenza di lesioni tendinee, di
calcificazioni, di spazi ristretti, ecc.”.
Ma le cose stanno così ?
Gli esami strumentali possono essere sufficienti a porre una diagnosi, una
patogenesi?
O si limitano semplicemente a fotografare una realtà anatomica (fisiologica o
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patologica) la cui interpretazione potrebbe portare a differenti conclusioni cliniche
patogenetiche?
Senza mettere in discussione la presenza di lesioni tendinee, calcificazioni o spazi
ristretti, è possibile che queste alterazioni anatomiche (presenti spesso sia in spalle
dolorose che in spalle perfettamente funzionanti) possano non avere niente a che fare
con la vera patologia che affligge la spalla di molti pazienti?
Nuova ipotesi patogenetica (causa)della spalla dolorosa
Clinica e Terapia
PATOGENESI
Negli ultimi anni è stata ipotizzata una nuova teoria patogenetica, che individua il difetto
anatomopatologico (causa della malattia) in uno squilibrio pressorio che interessa
l’articolazione e le strutture periarticolari. Tale difetto è conseguente ad una riduzione del
flusso ematico a discapito del tratto superiore dell’articolazione (che si accentua con l’età)
fino ad arrivare ad uno squilibrio idrico – metabolico che mette in sofferenza le fibre sensitive
presenti in quella zona.
La spalla è l’articolazione più ampia dell’organismo, ove le diverse zone (superiore, media,
inferiore) non sono uniformemente irrorate. La diversa irrorazione porta a differente
idratazione.
In tutti gli organismi, a partire dai 40 – 45 anni di età inizia un processo di “adattamento”
delle spalle alle differenti condizioni chimico – fisiche , processo che richiede tempo per un
progressivo assestamento.
In alcune spalle (ove è presente un accentuato disequilibrio fra le diverse zone) tale processo
può accelerarsi ma senza completarsi, fermandosi ad un equilibrio instabile (spalle
scompensate).
In queste spalle scompensate il processo di stabilizzazione può essere compromesso dalla
presenza di particolari condizioni (concause) che possono essere di carattere :
- posturale (posizioni viziate),
-climatico(freddo),
-funzionali (attività muscolari protratte e/o scorrette)
-metabolico (insulinodipendente)
Tutte condizioni che insieme o singolarmente possono bloccare il processo di adattamento
delle strutture anatomiche aggravando la sofferenza dei tessuti meno vascolarizzati fino ad
irritare le fibre nervosi sensitive..
Secondo questa teoria elaborata dal Dott. Perrino presso l’Ospedale di Asola (MN) la
sindrome dolorosa che affligge la spalla non sarebbe dovuta alla “lesione dei tendini della
cuffia dei rotatori”,né alle “calcificazioni periarticolari o peritendinee”, né
al “restringimento dello spazio sottoacromiale”, ma ad una variazione pressoria all’interno
della spalla, con conseguente alterazione dell’assetto strutturale e funzionale. La variazione di
pressione (conseguente a variazione di flusso fra tessuti anatomici contigui) “irrita” le fibre
nervose sensitive che trasmettono l’insulto (sintomo doloroso) al cervello.
NUOVA CLINICA e SEMEIOTICA della “spalla dolorosa”
Secondo il Dott. Perrino si possono distinguere due forme di spalla dolorosa.
A seconda delle variazioni pressorie che si esercitano sulle differenti strutture, la
espressione clinica del danno anatomico si può manifestare in due forme differenti
riconoscibili come “spalla dolorosa statica” e “spalla dolorosa dinamica”.
A)“Spalla dolorosa statica” se il sintomo doloroso si intensifica col riposo notturno.
B)“Spalla dolorosa dinamica” se il sintomo doloroso si accentua ai movimenti
dell’articolazione.
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A)“Spalla dolorosa statica” : il dolore, lieve durante il giorno, si accentua col riposo
notturno.
Tale variazione è dovuta a fattori fisiologici che interferiscono su una struttura
anatomica già sofferente per la iperpressione sui tessuti molli.
Trattasi di processi fisiologici che accompagnano il sonno:
-ipertono vagale (fisiologico durante il riposo notturno),
-riduzione di flusso ematico (che accompagna il riposo notturno)
-riduzione (fisiologica) di cortisone immesso in circolo durante il sonno .
Inoltre la riduzione del flusso ematico (notturna e fisiologica) si può ulteriormente
aggravare con la postura notturna .
Sia in decubito laterale sull’arto malato, sia (con intensità minore) in decubito
sull’arto contro laterale, sia in decubito supino.
Vediamo perché:
Nel decubito laterale sull’arto malato il peso del corpo schiaccia sul distretto
articolare (effetto spremitura) provocando una ulteriore riduzione di flusso e
conseguente sofferenza delle fibre nervose sensitive.
Nel decubito supino il peso dell’arto malato (appoggiato al lenzuolo e più in basso sul piano sagittale- rispetto alla spalla) tira lateralmente le strutture anatomiche molli
superficiali, con conseguente rallentamento del flusso superficiale. La ipossia viene
registrata dalle fibre sensitive che trasmettono lo stimolo doloroso al cervello .
Nel decubito sull’arto controlaterale il braccio interessato non poggia sul tronco ma
cade (per gravità) sul letto (in avanti rispetto al tronco) determinando una piega a
livello ascellare che finisce per ridurre (anche se lievemente) il flusso ematico . Anche
in questo caso le fibre sensitive trasmettono lo stimolo al cervello.
B) “Spalla dolorosa dinamica” il sintomo doloroso si accentua con il movimento.
La spalla dolorosa dinamica può essere anche asintomatica a riposo e quando l’arto è
tenuto addotto (attaccato al tronco). Può essere minimo durante la deambulazione
(movimenti di flesso – estensione).
Tanto è possibile in quanto la variazione pressoria responsabile della spalla dolorosa
non è uniformemente presente nel distretto articolare. Nella spalla dolorosa vi sono
zone di iperpressione (nel segmento superiore dell'articolazione) e zone di
normopressione (nel segmento inferiore).
I movimenti che non interferiscono con le zone di iprepressione sono asintomatici
(flesso-estensione, parziale rotazione con arto addotto, ecc.)
Viceversa i movimenti che interferiscono con le zone di iperpressione, accrescono
ulteriormente la pressione (già alta) stimolando le fibre sensitive dolorose.
Movimenti e sintomo doloroso
Nella spalla dolorosa dinamica le zone con eccessiva pressione, poste generalmente
nella
parte
alta
dell’articolazione,
vengono
ulteriormente
schiacciate
(meccanicamente) portando il braccio in abduzione e/o rotazione. Ne consegue un
aumento pressorio che si esercita su tessuti già in forte sofferenza.
Il sintomo doloroso provocato dal movimento inizia a regredire appena riportato
l’arto in posizione di riposo (addotto), cioè appena esaurita la spinta pressoria creata
dal movimento.
Tanto succede indipendentemente dalla presenza o meno di tendinopatie,
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calcificazioni, o impingement che, se presenti, rappresenterebbero solo un reperto
occasionale.
La presenza di queste pseudo-anomalie infatti la si può osservare nella maggior parte
delle spalle normali dopo i 40 anni di età.
Vediamo il perché.
Perché la tendinosi e/o lesione – rottura dei tendini non vuol dire “spalla dolorosa”
ANATOMIA e FISIOLOGIA della SPALLA SANA
Caratteristiche e durata dei tendini della cuffia rotatori:
Gli studi sulla spalla hanno dimostrato come, in tutti gli organismi, le strutture miotendinee della cuffia dei rotatori abbiano caratteristiche differenti rispetto agli altri
muscoli dell’organismo. Differenti soprattutto per la durata, avendo una emivita
limitata ai primi 40 – 45 anni (vedi sovraspinato) . Tale emivita è dovuta ad una scarsa
irrorazione presente fin dalla nascita, che si riduce ulteriormente e progressivamente
per precoce ispessimento delle pareti vascolari e conseguente riduzione del lume.
Minore irrorazione comporta minore sopravvivenza delle fibre muscolari che (per loro
struttura e funzione) necessitano di elevato metabolismo ed ossigenazione.
In pratica i tendini della cuffia rotatori nascono già con una struttura anatomica
scarsamente irrorata. Col passare degli anni i vasi che irrorano questa zona diventano
gravemente insufficienti perchè vanno incontro a precoce invecchiamento (per
ispessimento della parete media) con conseguente riduzione del lume.
Man mano che diminuiscono gli scambi metabolici (per riduzione fisiologica del
flusso ematico) i tessuti nobili differenziati (fibrocellule muscolari) vengono sostituiti
da tessuto fibroso connettivale (che può sopravvivere anche con ridotto apporto
energetico-metabolico).
Trattasi di un processo fisiologico di “adattamento” del tessuto muscolare alle
modificate caratteristiche ambientali, ove è possibile la sopravvivenza di strutture
anatomiche che richiedono scarso apporto idrico e metabolico.
A partire dai 45 anni di età, man mano che si riduce il flusso (con l’avanzare dell’età)
si modificano e si “adattano” le strutture anatomiche al nuovo equilibrio idrico –
metabolico.
Il primo tendine che viene interessato dal nuovo “assetto metabolico” è il
sovraspinato. Questo tendine, man mano che sostituisce le fibrocellule con fibre ialine,
perde la sua capacità contrattile fino ad esaurirla intorno ai 50 anni.
Gli altri tendini della cuffia seguono più lentamente e con minore intensità lo stesso
processo, anche se in questi può persistere una limitata funzione contrattile, dovuta ad
una insufficiente “fibrotizzazione” muscolo tendinea. Il persistere di parte delle
fibrocellule muscolari può lasciare al sottospinato e piccolo rotondo una residua
capacità contrattile.
Evoluzione fisiologica della cuffia dei rotatori
A partire dai 45 anni i tendini della cuffia (sopratutto sovraspinato) vanno incontro
fisiologicamente ad una involuzione progressiva caratterizzata dalla sostituzione delle
fibrocellule muscolari con tessuto ialino, fibroso, connettivale. Cioè sostituzione di
tessuto contrattile con tessuto inestensibile (fibroso-lasso). Privi di fibrocellule
muscolari i tendine non possono più esercitare la funzione contrattile.
A partire dal sovraspinato, la funzione esercitata sull’articolazione (starter
dell’abduzione) viene progressivamente vicariata dagli altri tendini ed in particolare
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dalle fibre anteriori del deltoide.
Tanto si può vedere nelle RMN della maggior parte delle spalla sane, ove
l’alterazione anatomica viene descritta nei referti radiologici come “tendinosi del sovra
spinato”.
Perché viene interessato da questo processo prima il tendine sovraspinato
Il primo muscolo adandare incontro a fibrotizzazione è il sovra spinato.
Ciò è dovuto a due motivi.
- è il meno vascolarizzato
- agisce su leva svantaggiosa ad azione tangenziale .
Una scarsa vascolarizzazione costituzionale (cui si aggiunge riduzione progressiva e
fisiologica del calibro dei vasi) aggravata da una attività muscolare svolta su direzione
tangenziale con leva svantaggiosa progressiva (man mano che l’organismo cresce la
leva diventa sempre più svantaggiosa per l’allontanarsi del braccio di forza dal
fulcro della leva ed avvicinamento del fulcro alla resistenza) porta ad un esaurimento
funzionale dei muscoli della cuffia .
Un tendine degenerato (tendinosico) non ha può alcuna funzione (perde la capacità
contrattile) perché non ha più le fibrocellule muscolari (uniche strutture capaci di
contrazione).
Non serve più alla motilità della spalla .
Ridotto ad un cordone fibroso può facilmente andare incontro a lesioni o rotture che
sono quasi sempre asintomatiche.
Un tendine che non svolge più alcuna funzione non può essere responsabile né del
sintomo doloroso, né della limitazione funzionale. Per tale motivo è inutile suturarlo.
Ulteriori precisazioni sulle caratteristiche e durata dei tendini della spalla
A differenza degli altri tendini dell’organismo, che conservano la loro funzione per
tutta la vita, i tendini della cuffia dei rotatori modificano precocemente la loro struttura
(fibrotizzazione dei tendini della cuffia), con progressiva perdita delle fibrocellule
muscolari e della loro funzione contrattile.
Responsabile della precoce involuzione di questi tendini è la scarsa vascolarizzazione
(fisiologica) del segmento superiore della spalla.
Il segmento superiore della spalla è la zona più fredda dell’organismo e comprende:
- la cute (che ricopre la spina della scapola, il sovraspinato, il trochite, l'intervallo
dei rotatori),
- la cuffia dei rotatori (sovraspinato, sottospinato, piccolo rotondo),
- il sottoscapolare,
- le borse ed i legamenti,
- la parte superiore della capsula e della sinoviale.
La scarsa irrorazione di questo tratto anatomico porta ad un limitato scambio
metabolico, con apporto di ossigeno ed energia appena sufficiente alla attività
muscolare.
Si riducono le attività biochimiche che richiedono energia, fino a creare una zona di
ipotermia apprezzabile anche al termo tatto.
Il segmento inferiore della spalla comprende le strutture anatomiche del cavo
ascellare.
E’ la zona più calda, molto vascolarizzata, ben idratata e ricca di metaboliti
La vicinanza di questo segmento (ricco di vasi) contribuisce ad aggravare il deficit
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metabolico ed energetico della cuffia rotatori per una differenza di pressione osmotica
che si viene a creare a seguito dello squilibrio idrico fra le due zone.
Trattasi di una zona ricca di vasi, calda, con abbondante idratazione .
Il passaggio dei grossi vasi porta ad una ipervascolarizzazione con ipertemie ed
abbondante idratazione, diffusi scambi metabolici, che si estendono fino alla faccia
inferiore della capsula e della sinoviale.
Dividendo il distretto articolare in due poli, abbiamo un “Nord” freddo e povero ed un
“Sud” caldo, ricco di vasi, di energia, di metaboliti, che richiamano liquidi interstiziali.
Nella zona "Nord" l'attività contrattile delle fibre muscolari richiede grande consumo
energetico (trasformazione di ATP in ADP).
Fino a quando gli scambi energetici sono in attivo la fibrocellula muscolare
sopravvive alle contrazioni.
Quando, col passare degli anni, il flusso si riduce ulteriormente, la fibrocellula
muscolare regredisce man mano che si riducono gli scambi metabolici.
Precoce ispessimento dei vasi che irrorano la spalla
Trattasi di un precario invecchiamento dei vasi che interessano i tendini della cuffia.
Qui a partire dai 40 - 45 anni di età anni il flusso ematico tende a ridursi ulteriormente
per un precoce indurimento ed ispessimento delle pareti muscolare dei vasi .
Questa ulteriore riduzione di flusso porta una insufficienza metabolica delle
fibrocellule muscolari che vanno incontro a fenomeno di fibrotizzazione, con perdita
della loro funzione contrattile.
A partire dai 40 anni di età inizia una recessione metabolica conseguente ad
invecchiamento precoce delle pareti dei vasi che irrorano il “Nord” dell’articolazione,
ove il calibro delle arterie si riduce a seguito di sclerosi, fibrosi, indurimento ed
ispessimento della parete muscolare . Riducendo il lume si riduce il flusso, si riduce il
metabolismo, si riduce l'ossigenazione, si riduce l'apporto energetico.
Lentamente e progressivamente i tendini della cuffia (a partire dal sovraspinato)
vanno incontro a "fibrosi" , con conseguente esaurimento della loro funzione.
“PERIARTRITE o PERITENDINITE CALCIFICA” e “SINDROME da
CONFFLITTO”
Poche parole meritano le “calcificazioni” ed i “conflitti” perché credo non ci sia
Ortopedico che non abbia dubitato della inconsistenza scientifica dell’ipotesi
patogenetica che riporta la patologia della spalla alla calcificazione e/o al
“conflitto” .
Come facilmente intuibile nessuna responsabilità sulla patologia che porta alla “spalla
dolorosa” possono avere le “calcificazioni” e/o “sindrome da conflitto””,
.Le calcificazioni sono extra-articolari (periartrite calcifica) e non interferiscono con
la meccanica articolare della spalla. Moltissime radiografie eseguite per altre patologie
mostrano calcificazioni in spalle totalmente asintomatiche ed anche in atleti seniores in
piena attività.
La sindrome da conflitto, se mai esiste (si dubita a ragione della sua esistenza) è un
riscontro radiografico variabile ed incostante, quasi mai accompagnato da
sintomatologia dolorosa.
In molti casi dipende dalla metodica radiografica adoperata, dalla posizione della
spalla durante l’esame e dalla inclinazione del tubo (rispetto all’articolazione). Tutti
fattori che possono comportare una aumento o riduzione dello spazio sottoacromiale (a
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meno che non si tratti di risalita completa della testa, come nei pazienti operati di
protesi inversa).
In nessun caso potrebbe essere responsabile di limitazioni funzionali durante la
stazione eretta,o seduta, ove il peso dell’arto (per gravità) dovrebbe aumentare lo
spazio sottoacromiale.
Diversa patogenesi richiede diversa terapia.
Terapia della spalla dolorosa
Molte spalla dolorose possono guarire spontaneamente (basta aspettare).
Se il dolore persiste la terapia deve tener conto dell’entità del danno clinico
funzionale.
Di norma nelle fasi iniziali la prima terapia è farmacologica (FANS).
A questa si associa, nella maggioranza dei casi, anche un trattamento fisioterapico
(ultrasuoni, ionoforesi, laser, tecar, onde d’urto, ecc.).
Se la sintomatologia persiste possono essere eseguite infiltrazioni di cortisone con
anestetico (massimo tre), talvolta con esito positivo (se il danno è esclusivamente
flogistico – edematoso).
Molti casi si risolvono, molti altri no.
Ai pazienti che non rispondono a queste terapie viene riservata l’indicazione
chirurgica (artroscopica o a cielo aperto).
TERAPIA CHIRURGICA
L’intervento consiste (a secondo della lesione da trattare) in:
sutura del tendine,
allargamento spazio
rimozione calcificazioni
impianto protesico (grave artropatia degenerativa)
ALLINEAMENTO FRIZIONATO
Alla luce delle nuove ipotesi patogenetiche è possibile (in alternativa all’intervento
chirurgico) trattare la spalla dolorosa con una nuova terapia capace riequilibrare le
pressioni della spalla (causa della patologia) con conseguente ripristino funzionale.
Questa nuova terapia denominata “allineamento frizionato” consiste in manovre
combinate di rotazioni e pressioni accompagnate da frizionamenti idonei a richiamare
sangue sulla spalla fino al ripristino dell’equilibrio dinamico e funzionale
dell’articolazione.
L’allineamento frizionato ha le stesse indicazioni terapeutiche dell’intervento, viene
eseguito da Medico Ortopedico, prevede n. 6 sedute ambulatoriali e non va ripetuto
nel tempo.
Asola, maggio 2012
Dott. Claudio Perrino
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