RIFORMA FORNERO: un bidone per i precari

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RIFORMA FORNERO: un bidone per i precari
RIFORMA FORNERO: un bidone per i precari
Scritto da 20 maggio
RIFORMA FORNERO: un bidone per i precari
Valutando i provvedimenti inseriti nel Disegno di Legge di riforma del Mercato del Lavoro
esprimiamo alcune valutazioni con particolare attenzione ai lavoratori precari, atipici e ai
professionisti. Va detto che sui temi della lotta alla precarietà e dell'estensione universale delle
tutele sociali la già deludente impostazione uscita dal Consiglio dei Ministri è stata ulteriormente
peggiorata in punti significativi dal testo del DDL presentato dal Governo e che inizierà l'esame
delle Camere dal Senato.
Riduzione delle forme abusate:
Si valuta positivamente il superamento delle dimissioni in bianco, anche se le numerose opzioni
a disposizione del datore di lavoro rischiano di depotenziare il giusto obiettivo. E', invece, deludente la marcia indietro sulle Associazioni in Partecipazione che non vengono
cancellate ma circoscritte a tre per ogni attività, oltre ai familiari fino al terzo grado. Vista
l'esigua dimensione delle attività, in cui sono attualmente impiegati gli associati in
partecipazione, la limitazione risulta minimamente efficace e non cambia la possibilità di
praticare condizioni di lavoro e retributive di mero sfruttamento.
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Apprendistato:
E’ condivisa l'affermazione che l'apprendistato deve essere lo strumento principale d’accesso
dei giovani al lavoro ma, proprio per questo, non si capisce come sia possibile con il permanere
di tutte le attuali forme di lavoro precario alternative e concorrenziali con all'apprendistato. E’ incomprensibile, quindi, che non si sia proceduto alla cancellazione dei tirocini
extracurriculari rinviando il tutto ad un ulteriore decreto che dovrebbe essere teoricamente
emanato, verosimilmente, in concomitanza con le prossime elezioni politiche.
Nella norma presentata dal Governo delude anche il passo indietro sulle stabilizzazioni degli
apprendisti, per utilizzare nuovamente l’apprendistato, rimane al 50%, come previsto nel
documento del Consiglio dei Ministri, ma per i primi tre anni viene ridotto al 30% dal DDL
“Fornero”. Con queste disposizioni è improbabile che l'apprendistato diventi realmento il
principale strumento d'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro e, nel contempo, non si
giustifica lo sperpero di oltre 2 miliardi di € solo nella parte instabile dell’apprendistato. Senza
che una parte degli attuali incentivi siano utilizzati per rendere più conveniente la stabilizzazione
c’è il serio rischio che l’utilizzo dell’apprendistato sia minore che nel passato.
Costo del lavoro:
Si condivide il principio di fare costare di più il lavoro parasubordinato e a partita iva per ridurre
gli abusi, ma la strada intrapresa è poco convincente e penalizzante per i lavoratori. Non s’incide, infatti, sulla parte importante del costo del lavoro (compensi e protezione sociale
40/50% di costo in meno rispetto ai dipendenti) e si aumenta l'aliquota previdenziale al 33%
che, in assenza di una regolazione dei compensi, viene scaricata sul reddito netto dei lavoratori.
Si parificano questi lavoratori ai dipendenti ma si lasciano grandi ingiustizie come il minimale
molto più alto o la contribuzione sociale lasciata allo 0,72% contro il 7/10 % che versano le
imprese per i dipendenti. E’ bizzarro, inoltre, l’aumento dell’aliquota al 33% anche per le partite
iva, che pagano da sole i contributi, quando per tutti gli altri lavoratori autonomi iscritti all’Inps ci
si è attestati al 24% e nessuno altro, nemmeno le imprese, paga da solo più del 24%.
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Contrasto agli abusi:
Dal DDL “Fornero”, inoltre arrivano novità negative anche sul versate del contrasto agli abusi.
Era già evidente infatti che, oltre agli innumerevoli modi di aggirare i limiti posti per le Partite
Iva, la cui portatta viene ridotta, fosse alquanto improbabile il ricorso al giudice per lavoratori
impiegati con partita iva riferibili, in gran parte, a piccolissime imprese e con tempi della giustizia
di oltre 3 anni avendo come prospettiva un ipotetico inserimento nel lavoro subordinato.
Il disegno di legge governativo trasforma le partite iva, dichiarate illegittime dal giudice, in
collaborazioni coordinate e continuative. Si potrebbe dire dalla padella alla brace. Se questa è
l'idea di contrasto alla precarietà e agli abusi lo stupore è inevitabile. Come se non bastasse le
nuove e limitatissime regole relative alle partite iva non sono applicabili prima di 12 mesi
dall'approivazione della legge.
Dai nuovi provvedimenti di contrasto al lavoro finto dipendente ma anche dall'applicazione dei
contratti a progetto rimangono inspiegabilmente esclusi gli iscritti agli ordini, la pubblica
amministrazione e gli enti di promozione sportiva dove si annidano una parte ampia degli abusi
utilizzando le vecchie co.co.co.
Non ci sono incentivi significativi per chi assume stabilmente collaboratori e partite iva.
E’ positiva la regolazione contrattuale delle mansioni esecutive e ripetitive su cui non si possono
più fare contratti a progetto e la regolazione delle alte professionalità riconducibili al Co. Co.
Pro. ma vanno regolati contrattualmente anche i compensi e il lavoro degli atipici altrimenti non
ci sarà mai il superamento del ricatto della parte dominante sulla parte debole e va ripristinato
quel controllo sociale indispensabile per ridurre effettivamente gli abusi. Basta chiedersi come
mai dove sono presenti le regolazioni collettive gli abusi sono a livelli fisiologici, mentre dove
non ci sono esplodono soprusi e sfruttamento.
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Ammortizzatori e tutele sociali:
Non si crea una protezione universale perché si riducono le attuali coperture per il lavoro
subordinato senza allargarlo al lavoro parasubordinato e ai professionisti. La positiva previsione del rafforzamento e allargamento della cosi detta “una tantum o bonus
precari”, contenuta nelle indicazioni del Consiglio dei Ministri, viene circoscritta ai soli
collaboratori a progetto e i pochi aggiustamenti operati sui requisiti d'acceso non consentiranno
un significatovo allargamento dei fruitori del “bonus”. Inoltre il tutto viene legato ai fondi stanziati
tre anni fa e non si capisce che fine farà e come si finanzierà il ”Bonus” una volta finite quelle
risorse.
Non è previsto, quindi, nessun ammortizzatore sociale per tutti gli altri lavoratori iscritti alla
gestione separata a partire dalle partite iva, dai collabortarori coordinati e continuativi e dai
professionisti con ordine o albo. Per tutti, inoltre, non è previsto l’accesso ai fondi per la
formazione continua, non è previsto nemmeno l’accesso ai nuovi fondi bilaterali di protezione
sociale. E’ auspicabile l’effettiva universalità delle protezioni sociali. Con le proposte di riforma
conosciute si sostiene, al contrario, che un vero collaboratore o professionista a partita iva non
abbiano diritto a protezioni sociali in caso di malattia, maternità, infortunio, ammortizzatori
sociali, formazione, regolazione dei compensi, tempi di pagamento, ecc.
Mini ASPI
Il provvedimento che viene propagandato come appositamente pensato per i giovani è, in
realtà, l'ennesima ingiustizia nei confronti di giovani precari e degli stagionali. Si inserisce,
infatti, il requisito dei due anni d'anzianità contributiva, escludendo proprio i giovani nei primi 24
mesi di attività. Si aumenta l'entità dell'indennizzo ma si dimezza il periodo di fruizione.
Producendo un saldo economico comunque negativo e dimezzando i periodi di copertura
previdenziale. Si aumenta da 11 a 13 settimane il limite per avere la disoccupazione fino ad
oggi definita “a requisiti ridotti”. Il rischio è di ritornare agli anni 80 dove non conveniva
regolarizzarsi perché il lavoratore aveva vantaggi limitati e la stragrande maggioranza dei lavori
stagionali preferiva lavorare in nero. Ulteriore mazzata, infine è la previsione che i contributi
figurativi che lo stato deve versare nei periodi di disoccupazione non saranno conteggiati se il
lavoratore non raggiunge i 35 anni di contributi. Chi frequenta precari e stagionali sa benissimo
che sarà un limite irraggiungibile e creerà solo risparmi per lo stato sulla pelle dei più deboli.
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Politiche per l’impiego:
L’obbiettivo di potenziare i servizi per l’impiego è condivisibile anche nelle linee guida ma al
momento privo di indicazioni pratiche rinviate a sucessivi provvedimenti. Va creato un fondo per
potenziare i servizi pubblici all’impiego legando le risorse ai risultati ottenuti. Vanno create le
condizioni per una gestione coordinata delle competenze oggi divise tra stato regioni, enti locali
e parti sociali. Vanno messi in relazione i servizi all’impiego con la formazione professionale e le
politiche attive facendo i bilanci e la certificazione delle competenze su tutto il territorio
nazionale.
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