Le nozze di Lorena e Bernardo
Transcript
Le nozze di Lorena e Bernardo
IN REGALO L’INSERTO ILLUSTRATO L’ANGELO DELLA FAMIGLIA Anno III • Num. 37 (140) Settimanale del 12 settembre 2015 • € 1,90 Num. 140 - 12 settembre 2015 Oltre l’emergenza La Chiesa per i migranti Caritas, Centro Astalli, parrocchie: alla scoperta delle numerose iniziative di accoglienza che funzionano Le nozze di Lorena e Bernardo In esclusiva il racconto di come è iniziato il loro amore: “Ho chiesto alla Madonna se nei progetti di Dio per me ci fosse il matrimonio” Papa Francesco verso il Giubileo Le conseguenze della misericordia “Un bene che non Nuove indicazioni per l’Anno Santo: deve far rumore” più attenzione per i carcerati e possibilità di assolvere il peccato dell’aborto Giancarlo Tornielli guida la comunità Alfaomega impegnata nel recupero degli emarginati Erasmus in missione Grazie al progetto Mex, gli studenti possono trascorrere un periodo all’estero per condividere lavoro e preghiera Prima pagina Editoriale Visto da me Indifferenti alle richieste La verità non è in uno scatto scioccante di aiuto Giornalisti e migranti M a perché il giornalismo imperante oggi è quello sensazionalista? Perché per vendere più copie di un quotidiano si è disposti a svendere l’etica e surclassare la deontologia? Perché rendere pubblico l’orrore e lo strazio di una morte prematura, assurda, crudele, prevale sul dovere di rappresentare fedelmente la verità dei fenomeni? Mi ha profondamente sdegnato quello che è accaduto pochi giorni fa sulle prime pagine dei giornali dove è risaltato “lo scatto che scuote il mondo”. Mi riferisco alla foto del bambino siriano trovato senza vita sulla spiaggia di Bodrum e raccolto da un poliziotto turco, immortalato con l’innocente tra le braccia. Dove è la notizia? Sono anni che i migranti muoiono ogni giorno. Abbiamo contato migliaia di vittime nell’ultimo lustro. La Chiesa denuncia da sempre questa situazione e ha urlato disperatamente perché tutta la società si unisse al tentativo di salvarle ma, a parte tante polemiche, fiumi di parole e ore di talk show, non è successo un granché. Poi arriva la foto di un bambino trovato morto sulla spiaggia e il mondo si sveglia... per qualche ora. Se almeno questo servisse a destare finalmente dal Sacerdote torpore le coscienze! Purtroppo, però, non credo rogazionista, che andrà così. Tra qualche giorno l’attenzione giornalista tornerà sull’acceso dibattito tra gli Stati dell’Unioe regista della ne europea, sui veleni che animano la discussione Santa Messa intorno ai migranti, sul dilemma shakespeariano di RaiUno Schengen sì, Schengen no, sui palcoscenici televisivi che ospitano i guru dell’integrazione, i soluzionisti di questa moderna piaga. E tutti dimenticheranno di nuovo le persone e le morti, il dolore e la vergogna. Chiedo scusa ai nostri lettori per lo sfogo. Non è mia abitudine attaccare e criticare gli altri, meno che mai dei colleghi. Però a me stesso ricordo sempre i doveri del giornalista, tra i quali c’è quello di rispettare la verità sostanziale dei fatti. E i fatti, in questo caso, non si limitano alla scioccante morte di un solo bambino, ma all’assenza di risposte concrete a questa strage umana continua che non deve essere raccontata perché colpisce e fa vendere copie, ma denunciata perché ingiusta e fermata perché inaccettabile. Nella carta dei doveri del giornalista è scritto anche che prima di tutto bisogna rispettare la persona e la sua dignità; che vanno osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede. Siamo onesti intellettualmente allora. Non pubblichiamo solo le immagini che scuotono le coscienze, chiediamo risposte, facciamo denunce, promuoviamo i buoni esempi, divulghiamo le storie di successo, non lasciamo spazio ai dibattiti futili e propagandistici. Il giornalismo è altro. “Io ho un concetto etico di giornalismo – scriveva Giuseppe Fava – un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza e la criminalità, impone ai politici il buon governo. Un giornalista incapace, per vigliaccheria o per calcolo, si porta sulla coscienza tutti i dolori umani che avrebbe potuto evitare, e le sofferenze, le sopraffazioni, le corruzioni, e le violenze che non è stato mai capace di combattere”. Q ualche giorno fa abbiamo dedicato la puntata di A Sua Immagine ai migranti e, in redazione, eravamo tutti d’accordo su un punto: dovevano parlare loro, i diretti interessati. In trasmissione doveva uscire la voce cioè di chi, solitamente, viene mostrato ma non ascoltato. In questi giorni si parla molto di migrazioni, una realtà inevitabile con la quale, come ha scritto anche il Corriere della sera, dovremo fare i conti almeno fino al 2050 ma, ciò che fa più rumore, sono le polemiche delle varie televisioni o delle varie fazioni politiche che dicono se accettarli o respingerli. Quasi ci stiamo abituando a quelle immagini caratterizzate da persone che camminano, a quelle donne con i fazzoletti in testa, a quei bambini portati sulle spalle dai genitori perché sfatti dai lunghi viaggi. Fa notizia inoltre, ma non so fino a che punto smuova davvero le coscienze, sentire delle persone morte asfissiate dentro un camion che raggiungeva mete in cui sognavano di ricominciare a vivere. Oppure impressiona l’immagine di un uomo nascosto nel motore di una macchina per attraversare un tragitto preceduto da dolore e sofferenza. I barconi strapieni di gente sono un ritornello delle trasmissioni televisive ma ciò che invece non arriva è la voce di quelle persone, di quei volti, muti ai nostri occhi ma che invece hanno nome, cognome, cuore e stati d’animo. Sono volti che riflettono storie diverse ma anche paure, disperazione. Volti dagli accenti a noi stranieri, riflessi di terre lontane. È il dolore e la paura di morire che può spingere una persona a vendere il proprio occhio o il proprio rene per pagare il viaggio della speranza. È la paura e il dolore della morte dei familiari e amici a portarli sulle imbarcazioni di fortuna in cui, quando va bene, subiscono violenze se non trovano addirittura la morte. Non si scappa dalla propria terra d’origine se si sta bene, non si abbandonano le proprie radici se non ci sono guerre, fame, disperazione, persecuzione. Nessuno è così masochista da rinunciare alla propria serenità per rischiare di morire e quando vedo le scene di marchi impressi sulla pelle per indicare che si tratta di immigrati o le scene in cui poliziotti picchiano chi scappa dall’incubo della guerra, beh, non vi nego che provo indignazione. Quelle persone non sono numeri, non sono ladri, vogliono vivere e basta, vogliono poter ricominciare a sognare. Non mandano cattivo odore e non vengono a portare malattie; i muri o i fili spinati che si barricano sono solo il segnale di una paura dovuta all’ansia di una realtà sconosciuta, una realtà che rompe la bambagia di alcuni equilibri malsani, una realtà che spinge alla crescita umana, quella capace cioè di considerare l’altro come essere umano da rispettare, proteggere ed integrare. Lorena Bianchetti Giornalista e conduttrice della trasmissione A Sua Immagine Gianni Epifani A Sua Immagine 3 Il Vangelo della settimana DA SABATO 12 a venerdì 18 settembre 2015 La liturgia della Parola domenicale è commentata da padre Ermes Ronchi e Marina Marcolini Settimanale Le ragioni della speranza DOMENICA 13 settembre 2015 moci. Chi mi accusa? Si avvicini a me. Ecco, il Signore Dio mi assiste: chi mi dichiarerà colpevole? Prima lettura Ho presentato il mio dorso ai flagellatori Seconda lettura La fede se non è seguita dalle opere in se stessa è morta Dal libro del profeta Isaìa (Capitolo 50, versetti 5-9) Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro. Salmo responsoriale Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso. È vicino chi mi rende giustizia: chi oserà venire a contesa con me? Affrontia- (Sal 114) A cura di monsignor Antonio Parisi Dalla lettera di San Giacomo apostolo (Capitolo 2, versetti 14-18) A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha opere? Quella fede può forse salvarlo? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: «Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi», ma non date loro il necessario per il corpo, a che cosa serve? Così anche la fede: se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta. Al contrario uno potrebbe dire: «Tu hai la fede e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede». Vangelo Tu sei il Cristo... Il Figlio dell’uomo deve molto soffrire Dal Vangelo secondo Marco Per guardare e ascoltare l’esecuzione del salmo vai su www.musicasacra-bari.it (Capitolo 8, versetti 27-35) In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti». Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro A Sua Immagine Settimanale Il Vangelo della settimana DA SABATO 12 a venerdì 18 settembre 2015 severamente di non parlare di lui ad alcuno. E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini». Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà». Commento Gesù lungo la strada interroga i suoi, quasi per un sondaggio d’opinione: La gente, chi dice che io sia? E l’opinione della gente è bella e incompleta: Dicono che sei un profeta! Ma Gesù non è semplicemente un profeta di A Sua Immagine ieri che ritorna, fosse anche il più grande. Bisogna cercare ancora: Ma voi, chi dite che io sia? Non chiede una definizione astratta, ma il coinvolgimento personale. Come dicesse: non voglio formule imparate, ma la tua esperienza di vita: che cosa ti è successo, quando mi hai incontrato? E qui ognuno deve dare la sua risposta. Chiudere tutti i libri e aprire la vita. Gesù insegnava con le domande. Stimolava la mente delle persone per spingerle a camminare dentro di sé e a trasformare attivamente la loro vita. Era un maestro dell’esistenza, e voleva i suoi pensatori e poeti della vita. Pietro risponde: Tu sei il Cristo. E qui c’è il punto di svolta del racconto: ordinò loro di non parlare di lui ad alcuno. Perché ancora non hanno visto la cosa decisiva. Infatti: cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. Volete sapere davvero qualcosa di me e al tempo stesso di voi? Vi do un appuntamento: un uomo in croce. Prima ancora, l’appuntamento di Cristo sarà un altro: uno che si china a lavare i piedi ai suoi. Chi è Dio? Il mio lavapiedi. In ginocchio davanti a me. Le sue mani sui miei piedi. Davvero, come a Pietro, ci viene da dire: ma un messia non può fare così, ma tu sei tutto matto. E Lui: sono come lo schiavo che ti aspetta, e al tuo ritorno ti lava i piedi. Ha ragione Paolo: il cristianesimo è scandalo e follia. Adesso capiamo chi è Gesù: è bacio a chi lo tradisce. Non spezza nessuno, spezza se stesso. Non versa il sangue di nessuno, versa il proprio sangue. E poi l’appuntamento di Pasqua. Quando ci cattura tutti dentro il suo risorgere, trascinandoci in alto. Tu, cosa dici di me? Faccio anch’io la mia professione di fede, con le parole più belle che ho: tu sei la cosa migliore che mi sia capitata. Sei per me quello che la primavera è per i fiori, quello che il vento è per l’aquilone. Sei venuto e hai fatto risplendere la vita. Impossibile amarti e non tentare di assomigliarti, trasformandomi in te, in te mutato come seme in fiore. Santi del giorno S. Amato di Remiremont, S. Amato di Sens,B. Aurelio Maria Villalon Acebron, S. Bernardo, B. Claudio Dumonet, Dedicazione delle basiliche di Gerusalemme, S. Emiliano di Valence, S. Evanzio di Autun, S. Giovanni Crisostomo,S. Giuliano, S. Litorio di Tours, San Marcellino, B. Maria di Gesù, S. Maurilio di Angers, S. Venerio San Marcellino è un alto funzionario imperiale a Cartagine, nell’odierna Tunisia. Amico di Sant’Agostino e di San Girolamo. Per conto dell’imperatore Onorio presiede la conferenza di Cartagine tra i vescovi cattolici e quelli che seguivano Donato. Viene accusato ingiustamente di essere complice di Eracliano, usurpatore del trono di Onorio e per questo ucciso dagli eretici donatisti per aver difeso la fede cattolica.