essere volontari cambiamento e motivazione pro
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essere volontari cambiamento e motivazione pro
ESSERE VOLONTARI CAMBIAMENTO E MOTIVAZIONE PRO-SOCIALE Nel servizio che il volontario intraprende sono importanti la motivazione individuale e la disponibilità alla crescita personale, per la quale è necessaria la capacità di mettersi in discussione e quindi la disponibilità al cambiamento. Nel confronto con gli altri volontari e con l’organizzazione di appartenenza si scoprono rappresentazioni della realtà differenti dalle proprie. La scoperta e il confronto con queste diversità possono provocare “sofferenza” che non deve essere vissuta come fattore negativo ma piuttosto come possibilità di crescita personale. Questa esperienza individuale ha bisogno di una struttura di plausibilità che favorisca e sostenga questo cambiamento. Il gruppo di appartenenza è una di queste strutture di plausibilità. Anche l’incremento della motivazione pro-sociale è sostenuto in modo rilevante dal gruppo di appartenenza. Se non c’è un sostegno a questa motivazione, la persona non riesce a tradurre i valori in azioni operative e ad attribuire loro significato. Le motivazioni quindi possono mantenersi mobilitate tanto da poter raggiungere gli obiettivi prefissati soltanto all’interno di un quadro di riferimento che le sostenga. SVILUPPO DI CAPACITÀ E COMPETENZE Lo sviluppo della motivazione pro-sociale è legata ad una crescita del volontario nel suo ruolo e dell’organizzazione di appartenenza. Nel costruire un servizio si creano delle aspettative da parte della società e quindi anche i volontari devono sviluppare competenze tecniche per ricoprire correttamente il ruolo. Tali competenze riguardano: In generale: i metodi di lavoro (quali azioni compiere per affrontare i problemi) la progettazione realistica della dimensione del proprio impegno la capacità di mettere in atto delle verifiche in corso d’opera la capacità di elaborare giudizi sociali sulla realtà l’attenzione agli eventi sociali e politici che accadono (chiara e completa visione del quadro all’interno del quale si sta operando) In dettaglio: competenze psico-sociali (sul piano personale) capacità capacità capacità capacità di di di di comunicare con gli altri in modo comprensibile ascolto e accoglienza lavorare in gruppo gestire un conflitto competenze socio-politiche Il tipo di lavoro che si intende svolgere in quanto gruppo di volontari ha delle valenze che vanno al di là dell’ambito ristretto in cui ci si inserisce. Quanto meglio si lavora a livello locale tanto più si fa qualcosa che ha un significato di ordine più generale e che tocca anche il livello politico nel senso più nobile del termine, cioè di interesse per il bene comune. Una caratteristica del volontariato è costituita dal “FARE” cioè dall’agire concreto per l’altro. È importante affiancare a ciò il “DIRE” ovvero la capacità di elaborare un discorso pubblico. I punti fondamentali delle competenze socio-politiche sono: superamento della mentalità assistenzialistica conoscere e utilizzare gli strumenti resi disponibili dalle scienze sociali scelta autonoma dei contenuti dei percorsi formativi GESTIRE LA RESPONSABILITÀ Abbiamo visto quali competenze siano richieste al responsabile di un gruppo di lavoro che debba presidiare allo stesso tempo diversi e complessi livelli di relazione, sostenere la mission e curare che vengano realizzati i mandati organizzativi. La leadership ha una funzione equilibratrice dei ruoli e delle funzioni tra dentro e fuori, tra gruppo e organizzazione, tra gruppo, organizzazione e società civile. È una funzione faticosa, instabile, di contenimento delle ansie, di negoziazione dei conflitti. Diviene quindi necessario per ognuno chiedersi quale sia la propria motivazione alla leadership. Importante è porsi in ascolto di sé stessi e degli altri in una situazione di reciprocità, esprimere i desideri e mettersi in relazione con quello che gli altri desiderano. La leadership deve creare delle condizioni appropriate per cui possano esserci reciprocità e ascolto tra i diversi poli della relazione. Deve promuovere l’esistenza di condizioni che permettano la circolarità delle interazioni tra i membri del gruppo e che favoriscano gli scambi interpersonali e l’appropriazione del compito da parte del gruppo. I tempi mentali per appropriarsi di questi processi sono piuttosto lunghi e complessi perché per tutti i partecipanti della relazione significa maggiore responsabilità, autogestione del ruolo, impossibilità di scaricare la negatività sugli altri, meno rassicurazione e protezione. L’assunzione di responsabilità a qualsiasi livello comprende naturalmente anche degli aspetti positivi che compensano di gran lunga la fatica: la gratificazione per aver contribuito alla realizzazione degli obiettivi, la valorizzazione delle capacità personali e la conoscenza del proprio potenziale, la crescita personale, lo sviluppo di relazioni interpersonali appaganti, il contributo al miglioramento delle condizioni di vita e di relazione della collettività, il senso di appartenenza sociale. Per quanto riguarda le modalità di gestione del ruolo non ci sono modelli prefissati cui riferirsi. Ogni gruppo o organizzazione stabilisce come attribuire e gestire i ruoli di responsabilità in base alla sua storia organizzativa, alla fase che sta attraversando, alle priorità che si dà, alle rappresentazioni che ha di sé, al riconoscimento delle competenze presenti al proprio interno. Si può scegliere di avere un responsabile come riferimento formale per i diversi interlocutori organizzativi e istituzionali e una leadership circolante tra i componenti del gruppo in base alle competenze e alle disponibilità richieste per gestire determinate attività. Un altro modo per distribuire le competenze e alleggerire il carico di responsabilità è quello di attribuire a una persona la responsabilità per la realizzazione dei compiti (dimensione funzionale) e a un’altra il compito di curare le dinamiche relazionali del gruppo (dimensione relazionale). Questa modalità però non è così semplice come sembra, richiede ai leader una buona consapevolezza del ruolo che ricoprono, per evitare confusioni e sovrapposizioni delle rispettive aree di competenza. In conclusione, l’aspetto da sottolineare nel momento in cui si assume o ci viene assegnata una responsabilità è quello di non dimenticare che si è una persona che ricopre un ruolo e non si è solo un ruolo. Questo implica che non si risponda solo del proprio lavoro e non si risponda solo agli altri, ma che ci si ponga in comunicazione con se stessi, con le proprie risorse, coi propri limiti e coi propri desideri. Non si è mai leader perfetti, ma leader che sanno conoscere e riconoscere sé, le persone con cui collaborano e il contesto sociale e organizzativo in cui si muovono e che sanno quindi stare nei cambiamenti, favorendo la crescita e lo sviluppo di tutti. Seminario di Formazione - Firenze 20/21 maggio 2000 Il ruolo dei Responsabili nei processi motivazionali a cura di: Salvatore Raffaele - Presidente nazionale Telefono Amico Italia Diana Rucli - Commissione nazionale Formazione