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ASTRONOMIA CCD
I come ed i perché
Manuele Turini
DTA S.r.L.
Via G. Cei 100
56021 Cascina (PI)
[email protected]
S. Maria a Monte – 10 Dicembre 2010
ASTRONOMIA CCD
I come ed i perché
INTRODUZIONE-PRESENTAZIONE AUTORE
Da quasi 20 anni l'azienda che ho fondato si
occupa di progettare e produrre strumentazione
scientifica, in particolare negli ultimi 15 anni la
fonte principale del nostro fatturato e' derivata
dalla produzione di camere CCD digitali
raffreddate. Mi piacerebbe dirvi che, come
vecchio astrofilo fin da bambino, la maggior parte
degli strumenti prodotti sia stato utilizzato in
astronomia, ma non e' cosi. I nostri maggiori
clienti utilizzano le nostre camere per la
radiografia digitale e per il controllo qualita' dei
sistemi di visualizzazione in ambito medico.
Insomma lavoriamo molto di piu' per la medicina
che non per l'astronomia. Vi do comunque
garanzia che andare a rilevare il debole
assorbimento di un tessuto umano sui raggi X
che lo attraversano e' altrettanto difficile come
rilevare una debole supernova in una lontana
galassia. Comunque, anche se il mio business
non ha avuto al suo centro la tanto amata
astronomia penso ugualmente di poter dire
qualcosa al riguardo ...
ASTRONOMIA CCD
I come ed i perché
INTRODUZIONE
E' fuori dubbio che l'utilizzo
dei CCD abbia apportato una
rivoluzione nell'astronomia
professionale ed amatoriale.
Corpi celesti fino a pochi anni
fa visibili solo tramite telescopi
di grosse dimensioni, sono
oggi registrabili con piccoli
strumenti anche da ambienti
urbani.
Telescopio da 5m di diametro di Monte Palomar
LX200
ASTRONOMIA CCD
I come ed i perché
INTRODUZIONE
CCD e' l'abbreviazione di
Charge Coupled Device
tradotto letteralmente
Dispositivo ad
Accoppiamento di Carica.
E' diventato una scelta
obbligata per la fotografia
astronomica come lo e' il
telescopio.
Nell'astronomia
professionale ormai si
costruiscono camere CCD
grandi qualche metro con
risoluzioni di centinaia di
mega pixel.
570 Mpixel Camera ($35M)
ASTRONOMIA CCD
I come ed i perché
INTRODUZIONE
Ma che cosa e' un CCD ?
E' un chip o se preferite
un circuito integrato che
pero' presenta una
finestra in vetro dove si
permette alla luce di
raggiungere la parte
centrale in silicio che e'
foto sensibile.
Un paragone puo' essere
fatto con la nostra retina.
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I come ed i perché
LA STORIA
Il CCD e' stato inventato nel 1969 nei
laboratori Bell da Boyle e Smith.
Lo scopo iniziale era quello di creare un
dispositivo utilizzabile come memoria, solo
successivamente, sfruttando l'effetto
fotoelettrico, fu impiegato come sensore di
immagine.
Boyle e Smith in una foto storica
All'inizio fu utilizzato come sensore a stato
solido per le riprese televisive al posto del
tubo elettronico VIDICON.
Negli anni ottanta si trovano le prime
applicazioni digitali e nel campo
dell'astronomia professionale.
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I come ed i perché
LA STORIA
Occorrera' attendere ancora 10 anni
affinché la tecnologia sia effettivamente
fruibile su larga scala.
Il perche' di questo ritardo e'
fondamentalmente legato allo sviluppo
della tecnica digitale.
Basti pensare che negli anni ottanta i
computer di allora avevano come memoria
centrale 32Kbyte.
Le allora CPU avevano frequenze di clock
di 5MHz mentre utilizzare un sensore di
256x256 pixel campionato ad 8 bit
richiedeva una memoria, per la sola
immagine, di 64Kbyte.
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I come ed i perché
LA STORIA
Inoltre, per effettuare un banale trattamento
dell'immagine o visualizzazione richiedeva
dei tempi molto lunghi.
Man mano che la tecnica digitale si e'
evoluta, la tecnologia CCD si e' resa
disponibile ad un vasto numero di
applicazioni ed utenti.
Oggi i CCD come sensori allo stato solido
hanno soppiantato completamente tutte le
vecchie tecniche di ripresa dell'immagine.
Immagine di crateri lunari ripresa con uno
dei primi CCD 100x100 pixel
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I come ed i perché
LA STORIA
Gli appunti originali di Boyle and Smith
sul Charge Bubble Device!
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I come ed i perché
LA STORIA
Si dice che questo sia il numero uno!
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I come ed i perché
IL MOTIVO DI TANTO SUCCESSO
Il dispositivo creato presenta una varieta' di
vantaggi rispetto ai precedenti sensori di
immagine:
●
E' allo stato solido, il che significa maggiore
affidabilita', riduzione dei costi e dimensioni
ridotte
●
Elevata efficienza quantica
●
Estesa risposta spettrale
●
Grande campo dinamico
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I come ed i perché
IL MOTIVO DI TANTO SUCCESSO
Sopra: Nebulosa Cigno, confronto tra film e CCD. Immagine a sinistra di Scott Tucker. Diritti dell' immagine di Dail
Terry.
Confrontate le immagini qui sopra riprese con pellicola e CCD.
L'immagine a sinistra è di 60 minuti di esposizione guidata su pellicola da uno dei più
bui cieli negli Stati Uniti, è necessario inoltre un'ora di preciso allineamento polare, 10
minuti di messa a fuoco, due ore di guida per arrivare e tornare dal sito, lo sviluppo in
un laboratorio, la scansione al computer e l'elaborazione in Photoshop. L'immagine a
destra è uno stack senza guida di dieci esposizioni di 30 secondi presi da un cielo
sub urbano. Non e' necessario alcun allineamento polare preciso, 2 minuti di messa
a fuoco, 5 minuti di esposizione, 30 minuti di guida … e 5 minuti per l'elaborazione!
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I come ed i perché
IL MOTIVO DI TANTO SUCCESSO
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I come ed i perché
COME FUNZIONA – EFFETTO FOTOELETTRICO
L'effetto fotoelettrico rappresenta l'emissione di elettroni da una superficie, solitamente metallica, quando questa viene colpita da una radiazione
elettromagnetica avente una certa frequenza.
Tale effetto, oggetto di studi da parte di molti fisici, è stato fondamentale per comprendere la natura quantistica della luce.La scoperta dell'effetto fotoelettrico va
fatta risalire alla seconda metà del XIX secolo e ai tentativi di spiegare la conduzione nei liquidi e nei gas.
Nel 1880 Hertz, riprendendo e sviluppando gli studi di Schuster sulla scarica dei conduttori elettrizzati stimolata da una scintilla elettrica nelle vicinanze, si
accorse che tale fenomeno è più intenso se gli elettrodi vengono illuminati con luce ultravioletta.
Nello stesso anno Eilhard Ernest Gustav Wiedemann e Hermann Ebert stabilirono che la sede dell'azione di scarica è l'elettrodo negativo e Wilhem Hallwachs
trovò che la dispersione delle cariche elettriche negative è accelerata se i conduttori vengono illuminati con luce ultravioletta.
Nei primi mesi del 1888 il fisico italiano Augusto Righi, nel tentativo di spiegare i fenomeni osservati, scoprì un fatto nuovo: una lastra metallica conduttrice
investita da una radiazione UV si carica positivamente. Righi introdusse, per primo, il termine fotoelettrico per descrivere il fenomeno.
Hallwachs, che aveva sospettato ma non accertato il fenomeno qualche mese prima di Righi, dopo qualche mese dimostrava, indipendentemente dall'italiano,
che non si trattava di trasporto, ma di vera e propria produzione di elettricità.
Sulla priorità della scoperta tra i due scienziati si accese una disputa, riportata sulle pagine de Il Nuovo Cimento. La comunità scientifica tagliò corto e risolse la
controversia chiamando il fenomeno effetto Hertz-Hallwachs.
Fu poi Einstein nel 1905 a darne l'interpretazione corretta, per la quale ricevette il Premio Nobel per la fisica nel 1921.
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COME FUNZIONA – STRUTTURA DEL CCD
Il CCD e' organizzato con una matrice pixel.
Ogni pixel cattura e raccoglie i fotoni incidenti.
La dimensione della matrice, per i modelli piu'
diffusi, va da 512x512 a 10000x10000 pixel.
La dimensione dei pixel va da 4x4 a 24x24 um.
Sopra l'area sensibile puo' essere presente una
finestra ottica che lo sigilla dall'ambiente
circostante.
Quello rappresentato in figura e' il Full Frame.
Il disegno mostrato non evidenzia due aree
molto importanti del sensore, che vedremo in
dettaglio successivamente, ovvero il registro
orizzontale ed il nodo di uscita.
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COME FUNZIONA – STRUTTURA DEL CCD - PIXEL
Nella figura si puo' vedere una versione semplificata di un pixel
del sensore CCD nella versione Front Illuminated.
Si distinguono tre parti fondamentali:
●
L'elettrodo di polarizzazione (Gate)
●
L'isolante (SiO2)
●
La giunzione PN
I fotoni arrivano dal lato dell'elettrodo, alcuni attraverseranno il
pixel senza interagire (rossi ed infrarossi) con il cristallo, altri
faranno effetto fotoelettrico sul Gate, in particolare la radiazione
ad alta frequenza (blu), altri ancora andranno a scatenare
l'effetto fotoelettrico nella giunzione PN dove saranno
“imprigionati” dal campo elettrico sostenuto dalla tensione
presente sull'elettrodo.
Fondamentalmente e' un processo statistico basato sull' energia
del fotone e sulla banda di valenza della giunzione PN. In pratica
fotoni a bassa energia e quindi lunghezza d'onda maggiore
(rosso ed infrarosso) avranno una buona probabilita' di
attraversare il cristallo senza causare alcunché mentre quelli a
maggiore energia e quindi a lunghezza d'onda piu' corta avranno
una buona probabilita' di andare a dissiparsi sull'elettrodo
stesso. La capacita di collezionare elettroni di origine fotoelettrica è direttamente proporzionale alla dimensione del pixel e
viene chiamata Full Well Capacity.
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COME FUNZIONA – CCD IN AZIONE
La figura rappresenta una buona analogia con la struttura ed il
funzionamento del CCD. In pratica i fotoni sono rappresentati
dalla pioggia, i pixel sono invece dei secchi che la raccolgono.
Il processo, in modo molto semplificato puo' essere cosi
descritto:
a)
Esposizione – durante questa fase i secchi (pixel) facenti
parte della matrice raccolgono la pioggia. Ogni secchio
raccogliera' la parte relativa alla zona in cui si trova.
Durante le fasi successive verra' interposto un ostacolo
alla pioggia che quindi non potra' piu' raggiungere i secchi
(shutter).
b)
Trasferimento della carica nel registro orizzontale – in
questa fase la matrice si muove e la prima fila di secchi
riversa il suo contenuto nel registro orizzontale che ha
sempre un numero uguale di secchi ma spesso con una
maggiore capacita' di contenimento.
c)
Trasferimento della carica sul nodo di uscita – adesso
uno alla volta il registro orizzontale riversa il suo contenuto
sul secchio in uscita (Output Node) dove si ha la
possibilita' di misurare il quantitativo di acqua raccolta. Poi
il secchio in uscita si ripulisce (RESET) ed è pronto a
raccogliere il successivo contenuto eseguendo ancora un
movimento del registro orizzontale
Il processo si ripete tornando al punto b) fino a che non e' stato
possibile misurare il contenuto di tutti i secchi.
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COME FUNZIONA – CCD IN AZIONE – SCORRIMENTO DELLA CARICA
Nell' animazione in alto si vede un CCD a colori
del tipo interlinea che raccoglie la luce e
successivamente trasporta gli elettroni di origine
foto-elettrica sul nodo di uscita per essere
misurati.
Nell'animazione in basso si vede invece come il
trasferimento della carica venga effettuato
cambiando la polarizzazione degli elettrodi.
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TIPOLOGIE DI SENSORI
Nelle figure soprastanti si possono vedere le tre piu' diffuse tipologie di sensori CCD, da sinistra a destra abbiamo:
Full Frame
Frame Transfer
●Interline
●
●
L' esigenza di avere cosi diverse tipologie di sensori deriva da una fondamentale problematica, ovvero, la necessita' di
interrompere il flusso di fotoni, una volta terminata la fase di esposizione. Del resto, anche la vecchia macchina fotografica a
pellicola aveva la cosiddetta “tendina” (shutter) che, con il suo caratteristico CLICK, si apriva e chiudeva permettendo alla luce
di raggiungere la pellicola.
Anche nei CCD il problema e' analogo: occorre un metodo per dare luce o meno. La soluzione piu' semplice (per modo di dire)
e' quella di realizzare un otturatore elettromeccanico che si apra e si chiuda sotto il nostro controllo e questo e' decisamente
ragionevole se il nostro numero di scatti è limitato, ma immaginate che vogliate avere immagini in tempo reale, diciamo da 20 a
50 immagini al secondo, be' allora il nostro shutter, ammesso che riesca a funzionare a quella velocita', e' destinato a morte
prematura dopo poche ore di funzionamento! Per cui sono stati inventati CCD particolari che riescono ad integrare la funzione
di shutter all'interno del chip stesso.
Ma vediamo in dettaglio come funzionano ...
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TIPOLOGIE DI SENSORI – FULL FRAME
Sono i primi sensori ad essere stati prodotti e sono caratterizzati
dal fatto che tutta l'area di silicio della zona sensibile è riservata
alla ripresa delle immagini.
Dal punto di vista ottico e della sensibilita' sono il massimo che ci
si possa aspettare. L'unita di misura che li caratterizza si chiama
Fill In ed e' sempre al 100%. Tutti i sensori per uso scientifico
sono Full Frame in quanto sono garanzia di qualita della ripresa
ed elevata efficienza. Per contro, necessitano di un otturatore
elettromeccanico che, oltre limitarne l'uso ad alte velocita' di
lettura delle immagini, aumenta considerevolmente anche il
costo dello strumento finale.
Qui di sotto si possono vedere alcuni otturatori commerciali
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TIPOLOGIE DI SENSORI – FULL FRAME
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TIPOLOGIE DI SENSORI – FRAME TRANSFER
I sensori frame transfer sono un buon compromesso per avere
Fill In del 100% e allo stesso tempo integrare sul CCD anche un
otturatore elettronico.
In pratica vengono realizzati creando una doppia matrice della
risoluzione voluta, disposte verticalmente. La prima matrice e'
esposta alla luce, mentre la seconda e' riparata da uno schermo
in alluminio. Ebbene, una volta che l'esposizione e' terminata,
tutto il contenuto della matrice esposta viene trasportato
velocemente nella matrice oscurata, dopo di che e' possibile
leggere il sensore come di consueto.
Il contro di questa tecnologia e' che il costo aumenta
considerevolmente in quanto il silicio costa anche in funzione
dell'area utilizzata ed in questo caso siamo costretti ad usare una
quantita' doppia, inoltre il tempo di trasferimento fra l'area
esposta e l'area oscurata non e' poi cosi rapido per cui, quando il
soggetto da riprendere è assai luminoso, si possono avere
problemi di smearing.
Di sotto un sensore frame transfer della E2V
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TIPOLOGIE DI SENSORI – INTERLINE
Il sensore CCD interlinea e' sicuramente il piu' diffuso al mondo,
ne vengono prodotti a milioni e rappresentano il massimo di
efficienza quando costo e velocita' di lettura siano due parametri
fondamentali.
Sono realizzati costruendo la matrice del sensore alternando una
colonna di pixel esposta alla luce ed una colonna di pixel
oscurata.
In pratica, dopo l'esposizione, con una singola operazione di
trasferimento il contenuto dei pixel esposti viene spostato nei
pixel oscurati, dopodichè il sensore viene letto normalmente.
Trovate questo tipo di tecnologia un po' dovunque, dalle
telecamere di sicurezza alle macchine fotografiche digitali etc.
Rappresenta una scelta obbligata nelle applicazioni commerciali
ma e' poco utilizzato in ambito scientifico per due ragioni
fondamentali:
●
●
Essendo l'area di ripresa molto minore dell'area esposta
(Fill In 30%), ha una bassa sensibilita' e presenta problemi
di aliasing. Per risolvere il problema del basso Fill In sono
state introdotte le microlenti che incrementano questo
valore fino al 60-70% ma hanno poi problemi per rapporti
focali al di sotto di f/5
Hanno tutti piccole Full Well Capacity.
Va assolutamente scartato nel caso si voglia fare fotometria.
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TIPOLOGIE DI SENSORI – INTERLINE - MICROLENTI
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TIPOLOGIE DI SENSORI – INTERLINE - MICROLENTI
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TIPOLOGIE DI SENSORI – FRONT/BACK ILLUMINATED
I sensori che fin qui abbiamo visto sono del tipo Front
Illuminated: la luce che li colpisce e' costretta ad attraversare gli
elettrodi e l'isolante, prima di raggiungere la zona dove e'
possibile collezionare gli elettroni derivanti dall'effetto
fotoelettrico. La scelta di questa tipologia limita fortemente la
risposta al blu in quanto questi fotoni tendono statisticamente ad
avere una forte probabilita' di dissiparsi sugli elettrodi stessi.
Da oltre 10 anni Kodak ha introdotto degli elettrodi piu'
trasparenti alla radiazione blu denominati ITO (Indium Thin
Oxide). Anche se questa tecnologia ha portato notevoli
miglioramenti, l'utilizzo dei sensori Front Illuminated rimane
proibitivo nel vicino ultravioletto. Per questa ragione, esistono i
sensori CCD Back Illuminated: in questi sensori, la radiazione va
a colpire direttamente la zona di raccolta degli elettroni
(Depletion Zone) senza alcun ostacolo.
L' efficienza quantica che si ottiene e' molto elevata e la risposta
spettrale va dall UV all' IR.
Il prezzo da pagare pero' e' molto elevato, perche il sensore back
illuminated per poter funzionare deve assere assottigliato a pochi
micron e questa operazione meccanico/chimica ha una resa
produttiva particolarmente bassa e questo ne aumenta di molto il
loro costo. La necessità di assottigliarli deriva dal fatto che se
faccio passare i fotoni in un chip di spessore standard, questi
faranno sì, effetto fotoelettrico, ma non verranno raccolti in
quanto il campo elettrico generato dagli elettrodi ha un campo di
azione di pochi micron, per cui i foto-elettroni raccolti andrebbero
dispersi.
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TIPOLOGIE DI SENSORI – FRONT/BACK ILLUMINATED
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TIPOLOGIE DI SENSORI – FRONT/BACK ILLUMINATED
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TIPOLOGIE DI SENSORI – COLORE E PERCEZIONE
E' la variazione della luminanza a creare l'immagine.
Vista dal lato degli atomi, e' la variazione del numero di fotoni
sulla superficie sensibile a creare l'informazione visiva.
Il colore e' qualcosa in piu', ci dice la caratteristica spettrale del
fotone, ovvero la sua lunghezza d'onda.
Ma il colore, almeno per come lo percepisce l'essere umano, e'
tutto meno che una cosa sicura. E' legato alla salute, alla
cultura e alla psiche dello stesso. Ma ha, dalla sua, una
notevole qualita': ad alta intensita' luminosa lo percepiamo
molto bene e notevolmente meglio delle sfumature di
grigio.
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TIPOLOGIE DI SENSORI – COLORE E PERCEZIONE
Da sinistra a destra:
●
32 sfumature di grigio
●
64 sfumature di grigio
●
256 colori
Ultimo ma non ultimo, la percezione del colore e' molto
gradevole.
La tecnica di ripresa che piu' viene utilizzata per la ripresa a
colori e' la RGB (Red Green Blue).
RGB e' un modello di colore definito nel 1931 dal CIE. E' un
modello additivo basato su tre colori:
Rosso, con una lunghezza d'onda di 700 nm
Verde, con una lunghezza d'onda di 546,1 nm
Blu, con una lunghezza d'onda di 455,8 nm
La scelta di questi colori e' legata alla fisiologia dell'occhio.
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TECNICHE DI RIPRESA A COLORI
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TECNICHE DI RIPRESA A COLORI – 3 CCD
Questa tecnica prevede l'utilizzo di un prisma dicroico e di tre
CCD monocromatici.
VANTAGGI:
●
Tempo reale
●
Alta risoluzione
SVANTAGGI:
●
Costo elevato
●
Ogni sensore prende solo 1/3 della luce.
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TECNICHE DI RIPRESA A COLORI – MASCHERA DI BAYER
Metodo piu' diffuso con cui sono realizzate le camere a colori.
Sulla matrice del sensore viene applicata una maschera, detta di
Bayer, che filtra selettivamente ogni pixel con un differente filtro.
L'immagine che si ottiene non e' utilizzabile fino a che non si
applica un algoritmo di de-mosaico. Quello che si vede e' infatti
una sorta di mosaico contenente le informazioni RGB in pixel
differenti.
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TECNICHE DI RIPRESA A COLORI – MASCHERA DI BAYER - DEMOSAICING
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TECNICHE DI RIPRESA A COLORI – MASCHERA DI BAYER
VANTAGGI:
●
Economica
●
Tempo reale
SVANTAGGI
●
Il de-mosaico crea artefatti
●
La risoluzione spaziale e' il 50% del numero dei pixel
●
Bassa sensibilita'
●
Bilanciamento del bianco problematica
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TECNICHE DI RIPRESA A COLORI – RUOTA PORTA FILTRI
Una ruota porta filtri, motorizzata o meno, equipaggiata con un
set di filtri RGB, permette di acquisire immagini statiche a colori
con una buona qualita'.
Si tratta di realizzare tre distinte immagini utilizzando
alternativamente i filtri RGB.
Le tre immagini ottenute vanno poi a sintetizzare l'immagine a
colori.
VANTAGGI:
●
Alta risoluzione
●
Buon bilanciamento del bianco
●
Media economia
SVANTAGGI:
●
●
Si possono riprendere solo immagini statiche
Il tempo di acquisizione ed elaborazione di una immagine
e' molto lungo
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TECNICHE DI RIPRESA A COLORI – RUOTA PORTA FILTRI
Realizzare una buona immagine a colori richiede diversi
passaggi nel trattamento dell'immagine e la conoscenza della
risposta spettrale del CCD utilizzato e dei filtri RGB.
I dati che occorre sapere sono:
●
Risposta spettrale del CCD
●
Risposta spettrale dei filtri RGB impiegati
●
Altezza sull'orizzonte dell'oggetto ripreso
Il primo passo e' ottenere la risposta spettrale del CCD quando
sono applicati i filtri. Per ottenere basta sovrapporre la curva di
efficienza di trasmissione dei filtri su quella di efficienza quantica
del CCD, normalizzati su una scala comune.
Calcolando l'integrale di ogni banda (l'area) si ricavano dei
coefficienti.
Nelle figure accanto la banda del blu e' quella che raccoglie la
maggiore quantita' di fotoni e viene posta ad 1, le altre si
ottengono dal rapporto degli integrali con la banda blu.
In questo caso avremo: R:G:B = 1.00 0.74 0.77
E' importante che i filtri RGB utilizzati riescano a tagliare
completamente il vicino infrarosso altrimenti ne risulta una
immagine con colori completamente falsati.
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TECNICHE DI RIPRESA A COLORI – RUOTA PORTA FILTRI
Occorre anche applicare un ulteriore coefficiente relativo
all'altezza sull'orizzonte dell'oggetto ripreso. Come ben
sappiamo, infatti, man mano che ci avviciniamo all'orizzonte la
radiazione rossa passa indisturbata ma la verde e, soprattutto la
blu, subiscono una forte attenuazione.
Ad esempio, un oggetto ripreso a 30 gradi sopra l'orizzonte
comporta un fattore di estinzione per le tre bande di:
R:G:B = 1.00 1.08 1.15
Per cui i precedenti coefficienti diventano:
R:G:B = 1.00 0.80 0.83
Questi coefficienti saranno utilizzati moltiplicandoli per i tempi di
esposizione relativamente alle tre bande.
Ad esempio, per un tempo di esposizione di 60 secondi, le tre
esposizioni saranno:
R:G:B = 60s 48s 50s
Con questo primo passaggio, abbiamo realizzato quello che
viene normalmente chiamato bilanciamento del bianco.
Per ottenere l'immagine a colori occorre applicare ad ogni frame
le correzioni cosmetiche (flat), la sottrazione del rumore
(disomogeneo) ed infine un perfetto allineamento tale che la
sovrapposizione delle immagini sia perfetta. Infine, la
compositazione ci dara' l'immagine a colori!
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TECNICHE DI RIPRESA A COLORI – RUOTA PORTA FILTRI - LRGB
Ottenere una bella immagini a colori come quella mostrata
richiede, oltre ad una buona attrezzatura anche grande
destrezza e, non ultimo, anche senso artistico! I tempi di
esposizione lunghi, la perfetta calibrazione delle immagini e le
conoscenze dei software di elaborazione dell'immagine rendono
questa tecnica accessibile a pochi.
Esiste pero' una tecnica alternativa che permette di ridurre
drasticamente i tempi di ripresa dell'immagine, denominata
LRGB (Luminance Layering).
Questa tecnica si basa sul fatto che l'occhio umano e' poco
sensibile alla risoluzione spaziale del colore, mentre lo e' molto
per la luminanza. Con questa tecnica si riescono a riprendere
immagini a colori con tempi di esposizione totali di 4 o piu' volte
inferiori.
Si realizza prendendo 4 immagini:
●
●
© Robert Gendler
Una immagine monocromatica (senza filtri) alla massima
risoluzione spaziale possibile e con il miglior rapporto S/N.
3 immagini RGB a bassa risoluzione spaziale, tipicamente
a binning >= 2 in modo da ottenere l'immagine di banda
con bassi tempi di esposizione.
Ovviamente per le tre riprese RGB si applicano le regole di
bilanciamento del bianco sopra esposte, ma, nella sintesi finale
dell'immagine a colori, queste andranno solo a stabilire il colore
che avra' il pixel dell'immagine monocromatica.
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TECNICHE DI RIPRESA A COLORI – RUOTA PORTA FILTRI - LRGB
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TECNICHE DI RIPRESA A COLORI – FILTRI LCD
Da alcuni anni sono comparsi sul mercato alcuni filtri LCD
accordabili.
Si tratta di liquidi nematici che permettono, in base alla loro
polarizzazione, di selezionare la banda spettrale di filtro.
Come si vede dalla figura, si presenta come un normale filtro, ma
una elettronica di controllo ne permette la gestione da RS232.
VANTAGGI:
●
●
Tempo reale, la commutazione da un filtro all'altro e' molto
veloce (10-20 ms)
Alta risoluzione
SVANTAGGI:
●
Costo elevato
●
Dipendenza dalla temperatura
●
Bassa reiezione per le lunghezze d'onda fuori banda
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TECNICHE DI RIPRESA A COLORI – FOVEON
Da alcuni anni e' presente sul mercato un sensore CMOS che
senza dubbio va definito come rivoluzionario. Si sfrutta il principio
che il fattore di penetrazione di un fotone dipende dalla sua
lunghezza d'onda. I fotoni della banda del blu hanno una bassa
penetrazione del silicio e vengono raccolti dalla prima matrice di
pixel, i fotoni della banda del verde hanno una capacita' di
penetrazione superiore tale da passare la prima matrice ma non
la seconda, dove vanno ad essere raccolti. Infine, i fotoni
appartenenti al banda del rosso hanno il maggiore fattore di
penetrazione tale che superano la prime due matrici e finiscono
per dare il contributo alla ultima matrice presente. Questa
esposizione e' molto teorica, nella pratica si parla di probabilita'
che un fotone di una determinata lunghezza d'onda vada ad
interagire o meno con una delle tre matrici. E' sicuramente un
progetto coraggioso e chissa' quali saranno i futuri sviluppi.
Attualmente, al di la' delle informazioni geometriche, sappiamo
ben poco di questo sensore, i risultati sembrano comunque
buoni.
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TECNICHE DI RIPRESA A COLORI – FOVEON
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CARATTERIZZAZIONE
I principali parametri che caratterizzano i sensori CCD sono:
●
Numero di pixel (HxV)
●
Dimensione dei pixel
●
Efficienza a quantica
●
Capacità di contenimento (FWC)
●
Rumore di lettura
●
Corrente di buio
●
Efficienza del trasferimento della carica
Dalla casa produttrice, vengono poi ulteriormente classificati per:
●
Numero e tipo dei difetti cosmetici
●
Corrente di buio
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CARATTERIZZAZIONE – NUMERO DEI PIXEL
Il numero dei pixel e' quello che determina la risoluzione spaziale delle immagini che
andiamo a riprendere. Se volessimo avere una risoluzione simile alla pellicola nel
formato 24x36 e, diciamo, con una risoluzione di 80 linee/mm dovremmo impiegare
un sensore 1920x2880 (5.5 Mpixel) e con un pixel 12.5 um. Ovviamente, dobbiamo
fare i conti con l'ottica e verificare che la risoluzione offerta dal telescopio ben si
accoppi con la scelta del nostro sensore CCD.
Il telescopio come un qualunque altro obiettivo deve fare i conti con una tipica
fenomenologia della luce vista come fenomeno ondulatorio, chiamata diffrazione
ovvero, l'interazione del fronte d'onda con un ostacolo.
Il risultato di questo fenomeno su una sorgente puntiforme come quella stellare e' il
seguente:
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CARATTERIZZAZIONE – NUMERO DEI PIXEL - DIFFRAZIONE
Quello che si vede e' idealmente l'immagine (Disco di Airy)
prodotta da una stella se la sua radiazione fosse monocromatica.
Sta di fatto che invece di avere una immagine puntiforme,
abbiamo un bel disco con svariate sfumature (ordini)!
Il diametro del disco lo si calcola con la seguente formula:
X = 0.00244 * Lambda * (F / D)
X e' il diametro del disco in um (10-6).
Lambda e' la lunghezza d'onda della luce in nanometri (10-9).
F e' la lunghezza focale del telescopio in mm.
D e' il diametro del telescopio inmm.
Ad esempio, per un telescopio di 200mm di diametro con una
focale di 1600mm e per luce rossa a 600 nm avremo:
X = 0.00244 * 600 * 1600 / 200 = 11.7 um
Mentre per la radiazione blu (450nm) avremo
X = 0.00244 * 450 * 1600 / 200 = 8.8 um
Essendo il pixel scelto per il nostro sensore CCD di 12.5 um direi
che siamo sotto campionati! Gia', perche' la teoria del
campionamento ci dice che dovremmo avere almeno una
risoluzione doppia e 5X sarebbe gia' vicina alla perfezione.
Ma dobbiamo fare i conti con una fonte di perturbazione ancora
maggiore che non quella causata dalla diffrazione: la
perturbazione causata dall'atmosfera sui fronti d'onda.
ASTRONOMIA CCD
I come ed i perché
CARATTERIZZAZIONE – NUMERO DEI PIXEL - SEEING
La luce proveniente dallo spazio e' costretta ad attraversare
l'atmosfera prima di raggiungere i nostri strumenti, in questo
attraversamento trova molte turbolenze e di conseguenza molte
variazioni di densita' e molte inevitabili rifrazioni differenti da
punto a punto. Chi ha messo almeno una volta l'occhio al
telescopio lo sa …
Per esprimere il grado di turbolenza si usa un termine
anglosassone chiamato seeing questo e' misurato come FWHM
della PSF creata dalla stella sul CCD. Siti eccezionali hanno
seeing di 0.4” ma valori di 7/8” sono molto frequenti per cui
andiamo a determinare quale influenza avra' questo valore sul
campionamento del sensore CCD.
Occorre calcolare il campo inquadrato da un pixel:
PV = 2 atan(PS / (2 * F))
PV campo inquadrato dal pixel in secondi d'arco.
PS dimensione del pixel in mm.
F lunghezza focale del telescopio.
Che nel nostro caso diventa:
PV = 2 * atan(0.0125 / (2 * 1600)) = 1.6”
A questo punto se il seeing produce un disco di 7” secondi d'arco
avremo che 7 / 1.6 = 4.3 pixel, che direi e' gia un buon
campionamento.
ASTRONOMIA CCD
I come ed i perché
CARATTERIZZAZIONE – NUMERO DEI PIXEL
Tutte le considerazioni fin qui fatte sono da applicare quando si
voglia avere una immagine piu' vicina possibile alla realta' e che
vi dia la possibilita' di effettuare misure come quelle fotometriche
con valori affidabili.
ASTRONOMIA CCD
I come ed i perché
CARATTERIZZAZIONE – CAPACITA' DI CONTENIMENTO
La capacita' di contenimento di un pixel esprime il numero di
elettroni che questo riesce a raccogliere. E' normalmente
chiamata FWC (Full Well Capacity) ed e' proporzionale alla
dimensione del pixel stesso.
La FWC viene espressa in numero di elettroni. Questa
grandezza e' molto importante in quanto stabilisce il campo
dinamico del segnale campionato. Valori comuni di FWC vanno
da 20000 a 500000 elettroni per pixel. La capacita' di
contenimento e' fondamentale per il campo di misura
dell'intensita' della luce catturata. Il valore del campo di dinamico,
chiamato normalmente DR (Dynamic Range) è dato da:
DR = FWC / RN
FWC e' il numero di elettroni di contenimento.
RN e' il rumore di lettura in elettroni.
Quando si tratta di effettuare misure fotometriche e bene
mantenersi lontani dalla zona di saturazione per evitare
Comportamenti non lineari del sensore, il valore dell'80% della
FWC puo' essere ragionevolmente sicuro.
Per cui sensori come il KAF1001E che offrono sul nodo di uscita
250000 elettroni ed hanno un rumore di lettura di 10 elettroni
avranno un DR di 25000 mentre il KAI-10100 con una FWC di
25000 elettroni e un rumore di lettura di 10 elettroni avra' un DR
di 2500.
E' come se la vostra bilancia pesa-persone con un fondo scala di
120 Kg avesse nel caso del KAF1001E una risoluzione di 5g
contro i 50g del KAI-10100.
Se preferite, il KAF1001E riesce ad apprezzare sfumature del
colore 10 volte migliori.
ASTRONOMIA CCD
I come ed i perché
CARATTERIZZAZIONE – CAPACITA' DI CONTENIMENTO
Un'altra conseguenza della FWC e' data dal fatto che un
eccessivo numero di elettroni causa un traboccamento del pixel
in quelli adiacenti, questo fenomeno e' chiamato Bloomin. E'
evidente che pixel che hanno una alta FWC tendono a non
andare facilmente in blooming e permettono anzi di riprendere
immagini dove allo stesso tempo siano presenti soggetti di
debole intensita' e soggetti ad alta intensita' luminosa.
Il problema del blooming e' un difetto assai importante in quanto
il segnale presente in una immagine puo' variare di diversi ordini
di grandezza e il danno che provoca alla qualita' dell'immagine
puo' non essere accettabile. Per questo motivo quasi tutti i
sensori con bassa FWC sono dotati di un elettrodo ausiliario
interposto fra i pixel per drenare l'eventuale eccesso di carica.
Questo rimedio pero' riduce l'area sensibile del pixel (riduzione
del Fill-In) e come gia' accennato causa altri problemi.
Una ulteriore considerazione sulla FWC va fatta per il registro
orizzontale e per il nodo di uscita: questi devono avere capacita'
di contenimento molto piu' grosse di quelle dei pixel in quanto
devono permettere un corretto funzionamento nella modalita' di
binning.
ASTRONOMIA CCD
I come ed i perché
RIFLESSIONE
Tentando una descrizione di questi dispositivi ci si rende
veramente conto di molte complessita' che la natura, ci impone
in particolare quando la scala con cui si va ad interagire diventa
molto piccola.
Incontriamo fenomenologie molto complesse che sono sempre
presenti, ma di cui generalmente non ci rendiamo conto perche'
normalmente interagiamo con la materia a scale molto piu'
grandi.
In un qualunque dispositivo digitale, ad esempio, computer,
telefono, etc. le correnti in gioco sono al minimo di qualche uA
(10-6A) quindi stiamo parlando di qualcosa come 6*1012 elettroni!
Le grandezze che all'interno di un CCD sono in gioco sono molto
piu' piccole, siamo in grado infatti di poter misurare 100 elettroni
ed anche con un buon rapporto segnale disturbo! Quando si
scende nel piccolo (relativo almeno al nostro mondo) le leggi che
governano gli atomi e le forze che sono in gioco cambiano
completamente l'aspetto del mondo.
Un po' come quando camminiamo su un bel prato verde: e' bello,
piacevole, ma se fossimo mille volte piu' piccoli potremmo dire
altrettanto?
www.lucianabartolini.net
ASTRONOMIA CCD
I come ed i perché
CARATTERIZZAZIONE – EFFICIENZA DEL TRASFERIMENTO DELLA CARICA
CHARGE TRANSFER EFFICIENCY
L'Efficienza di Trasferimento di Carica (CTE) è la frazione di carica trasferita con successo durante un ciclo di trasferimento del CCD
(nota che un CCD a una fase ha due cicli di trasferimento per stadio del CCD).
La CTE è uguale a 1 meno l'Inefficienza di Trasferimento di Carica (CTI) o:
CTE=1−CTI
Alcuni produttori definiscono la CTE come la carica trasferita per stadio CCD, quindi bisogna fare attenzione quando si comparano
specifiche per CTI e CTE di produttori differenti, in modo da assicurarsi che entrambi usino la stessa definizione.
La carica totale rimanente in uno stadio CCD dopo il segnale di clock attraverso l'intero CCD è definita come la CTE per frame nel
caso di sensori di immagine a matrice superficiale ed è uguale a:
CTE =CTEx
Xtransf
∗CTEy
Ytransf
CHARGE TRANSFER INEFFICIENCY
L'Inefficienza di Trasferimento di Carica (CTI) è la frazione di carica lasciata durante un trasferimento del CCD.
Bisogna fare attenzione quando si comparano specifiche per CTI e CTE di produttori differenti, in modo da assicurarsi che entrambi
usino la stessa definizione.
L'Inefficienza di Trasferimento di Carica viene misurata iniettando una sequenza di pacchetti di carica di dimensione conosciuta
all'interno del CCD e monitorando poi la forma d'onda risultante dall'uscita del sensore. Nota che un CCD a due fasi ha due
trasferimenti per stadio del CCD. L'ampiezza del segnale iniettato e il segnale perso dal segnale iniettato sono quindi usati per
calcolare la CTI come segue:
Nlost
CTI =
Ninject∗CCDtransf
ASTRONOMIA CCD
I come ed i perché
CARATTERIZZAZIONE - RUMORE
Quando si usa il termine rumore ci si riferisce ad una fluttuazione
del segnale in modo casuale.
In natura il rumore e' presente ovunque, la luce stessa, anche se
emessa da una sorgente ultra stabile, presenta fluttuazioni che
sono intrinseche alla sua natura quantistica.
Il CCD non fa certo eccezione e presenta caratteristiche di
rumore non volute.
Il rumore presente in un CCD puo' essere classificato in due
diversi tipi: TEMPORALE e SPAZIALE.
Il TEMPORALE puo' essere ridotto tramite la media di immagini
mentre quello SPAZIALE e' possibile correggerlo con le tipiche
correzioni di DARK e FLAT.
SHOT NOISE – E' il rumore associato alla randomicita' con cui i
fotoni arrivano al CCD. E' un limite naturale intrinseco nella
fenomenologia quantistica dei fotoni. L'intervallo di tempo che
intercorre fra un fotone e l'altro segue la statistica di Poisson e
l'incertezza sul numero dei fotoni raccolti nell'unita' di tempo e'
uguale a:
 = S
Dove σ e' lo shot noise ed S e' il segnale.
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I come ed i perché
CARATTERIZZAZIONE – RUMORE – RESET NOISE
RESET NOISE – Nel nodo di uscita le cariche vengono convertite in tensione, per fare questo si usa una capacita' che di volta in
volta viene caricata da una tensione di riferimento. Il FET, usato come interruttore, che permette la carica del condensatore, ha una
resistenza interna non costante a causa del rumore termico e ne consegue che il condensatore non e' mai caricato allo stesso modo.
Il risultato e' che viene aggiunta una fluttuazione non desiderata al nostro segnale.
Esiste fortunatamente un modo per azzerare questa fluttuazione con un circuito elettronico esterno chiamata CDS (Correlated
Double Sampling) che sta per Doppio Campionamento Correlato. La sequenza di funzionamento e' la seguente:
●
●
In una prima fase viene memorizzata la tensione di riferimento con cui il condensatore viene caricato.
Una volta che la carica di elettroni viene convertita in tensione il suo valore viene sottratto alla tensione di riferimento
memorizzata.
L'equazione che governa questo rumore e' la seguente:
σ reset noise
k costante Boltzman
T temperatura in Kelvin
C la capacita' del nodo di uscita
q valore della carica fondamentale
 =
kTC
q
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I come ed i perché
CARATTERIZZAZIONE – RUMORE – OUTPUT AMPLIFIER NOISE
OUTPUT AMPLIFIER NOISE – Questo tipo di rumore e' chiamato normalmente Rumore di Lettura (Readout Noise) e' un tipo di
indeterminazione che e' possibile ridurre solo tramite medie di immagini.
Le componenti fondamentali di questo tipo di rumore sono:
WHITE NOISE - Il FET presente in uscita per l'amplificazione del segnale, analogamente al FET usato per il reset ha una resistenza
intrinseca che e' soggetta a fluttuazioni di origine termica. Questo tipo di rumore termico e' anche chiamato rumore di Johnson.
Il rumore generato dipende:
σ white noise
k costante Boltzman
T temperatura in Kelvin
B banda passante in Hz
R impedenza di uscita
CCF Fattore di conversione e-/v
=
 4kTBR
CCF
FLICKER – NOISE Il rumore Flicker, chiamato anche rumore i/f, è un rumore che ha una dipendenza approssimativa dall’inverso
della frequenza. Maggiore è la frequenza o il pixel rate, più basso sarà il rumore. Più specificamente, la potenza di rumore (V2/Hz)
diminuisce di un fattore 10 per ogni incremento di frequenza di un fattore di 10. Molti sistemi naturali mostrano un comportamento del
tipo 1/f. Questi sistemi hanno in comune un insieme di stati che si attivano e si disattivano individualmente con costanti di tempo
distribuite casualmente. Nel caso del MOSFET, gli stati sono trappole (buche) sull’interfaccia silicone-ossido e le costanti di tempo
sono costanti di tempo di emissione associate a queste trappole. Quando gli elettroni sono nelle buche, essi agiscono come ciottoli in
un torrente, influendo sulla corrente del canale. La sovrapposizione di queste buche, ognuna con la sua costante di tempo, genera il
familiare spettro di rumore 1/f. La frequenza a cui i livelli di rumore scompaiono, indicante che l’amplificatore sta operando in
situazioni limitate di rumore bianco, è chiamata frequenza d’angolo 1/f. Nelle camere in cui i pixel sono letti lentamente (~ 1MHz), il
rumore 1/f generalmente determina il rumore di fondo.
In generale, il rumore bianco cresce con l’area.
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I come ed i perché
CARATTERIZZAZIONE – RUMORE – OUTPUT AMPLIFIER NOISE – FLICKER NOISE
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I come ed i perché
CARATTERIZZAZIONE – RUMORE – CORRENTE DI BUIO
La corrente di buio è il risultato di imperfezioni o impurità nella
zona di deplezione del silicio o all’interfaccia silicio-diossido di
silicio.
Questi introducono stati elettronici nel gap proibito che agiscono
come un gradino tra la banda di valenza e la banda di
conduzione, fornendo quindi un percorso attraverso il quale gli
elettroni di valenza possono sgusciare nella banda di
conduzione, aggiungendosi al segnale misurato del pixel.
L’efficienza di un centro di generazione (sottinteso: di rumore)
dipende dal suo livello di energia, con gli stati vicini alla mezza
banda che generano la maggior parte della corrente di buio.
La generazione della corrente di buio è un processo termico in
cui gli elettroni usano l’energia termica per saltare in uno stato
intermedio da cui essi sono poi emessi nella zona di conduzione.
Per questa ragione, il metodo più efficace per ridurre la corrente
di buio è raffreddare il CCD, privando gli elettroni della energia
termica richiesta per raggiungere lo stato intermedio.
ASTRONOMIA CCD
I come ed i perché
CARATTERIZZAZIONE – RUMORE – CORRENTE DI BUIO
Corrente di buio superficiale
Ci sono molti più centri di generazione sulla superficie del sensore che nella zona di svuotamento, tipicamente differiscono per un fattore
100. Questi centri sono stati di superficie formati nell’interfaccia silicio-diossido di silicio.
Il numero di questi stati è ridotto dal proprio trattamento termale durante e dopo la crescita dell’ossido, quando l’idrogeno può diffondersi
nell’interfaccia e eliminare i legami non compensati causati dal divario tra i reticoli di Si e SiO2.
Ma anche con appropriati processi, gli stati di superficie rimangono la principale sorgente di corrente di buio.
Sebbene li strati di superficie non possano essere eliminati, la corrente di buio da essi generata può essere notevolmente ridotta da
un’operazione inversa, anche conosciuta come “clocking in modalità di accumulazione”.
In questo schema di clocking, il voltaggio low verticale è settato in modo abbastanza negativo da creare uno strato di inversione di lacune tra
la superficie e la buca di raccolta.
Elettroni emessi da stati superficiali si ricombinano con queste lacune piuttosto che essere raccolti dalle buche, così che la correnti di buio
E
superficiale viene eliminata da fasi di barriera.
g
D=2.5⋅10 ⋅A⋅I d⋅T ⋅e 2kT
15
15
Corrente di Buio Interna
La maggior parte della corrente di buio all’interno del silicio e raccolta nei pixel è generata nella o vicino alla regione di deplezione del pixel. Il
livello medio della corrente di buio all’interno è attribuita principalmente a difetti del silicio. Picchi localizzati di corrente di buio vengono
attribuiti a tracce di impurità metalliche. Il numero di difetti generanti corrente di buio dipende dalla qualità del materiale di partenza e dal
processo subito dal materiale durante la fabbricazione del CCD.
Tecniche di Gettering* vengono utilizzate durante il processo per spostare le impurità dalle regioni attive del sensore , ma una volta che il
CCD è completato, la carica di buio generata all’interno può essere ridotta solo raffreddando il sensore.
La relazione tra la corrente di buio interna e la temperatura segue l’andamento empirico della formula sottostante:
Dove D è la corrente di buio (elettroni/pixel/s), A è l’area del pixel (cm2), Id è la corrente di buio misurata a 300K (nA/ cm2), Eg è l’energia della
banda di gap a temperatura T e T è la temperatura espressa in gradi Kelvin.
La banda di gap del silicio varia con la temperatura secondo la legge:
E g =1.1557−
−4
7.021⋅10 ⋅T
1108T
2
* tecniche utilizzate allo scopo di ridurre la concentrazione di impurità indesiderate nella regione superficiale della fetta di silicio, che è quella
elettricamente attiva.
ASTRONOMIA CCD
I come ed i perché
CARATTERIZZAZIONE – RUMORE – CORRENTE DI BUIO
Rumore associato alla Corrente di Buio
La corrente di buio genera due tipi di rumore: corrente di buio non-uniforme e corrente di buio da rumore shot.
La corrente di buio non-uniforme è un rumore derivante dal fatto che ogni pixel genera una quantità leggermente differente di
corrente di buio. Questo rumore può essere eliminato sottraendo, ad ogni immagine, una immagine di buio di riferimento.
L’immagine di buio di riferimento dovrebbe essere presa alla stessa temperatura e con lo stesso tempo di integrazione dell’immagine.
Sebbene il segnale di buio possa essere sottratto, non si può eliminare lo shot noise ad esso associato.
Come nel caso di shot noise da fotoni, la quantità di corrente di buio da shot noise è uguale alla radice quadrata del segnale di buio.
 = D
Il rumore di buio in un’immagine risultante dalla sottrazione da una immagine raw di una immagine di buio è maggiore di questa di un
fattore 1.41
Esistono sorgenti di corrente di buio che non seguono l’equazione generale della corrente di buio e che non possono essere sottratte
in maniera affidabile. Esempi includono picchi di corrente di buio, generati da danni di cluster indotti da protoni e da vari contaminati
metallici, contenuti all’interno del silicio.
ASTRONOMIA CCD
I come ed i perché
CARATTERIZZAZIONE – RUMORE – NON UNIFORMITA'
A causa della differente influenza del processo di lavorazione, i
pixel non dimostrano la stessa efficienza di sensibilita' alla luce.
Anche riprendendo un soggetto uniformemente illuminato (Flat
Field), si puo' vedere una sorta di scacchiera con differenti valori
da pixel a pixel.
Tipicamente, questa variazione è del 2-3% RMS del valore
medio e varia linearmente al variare del valore medio.
Il rumore associato a questa variazione puo' essere corretto con
una operazione di FLAT-FIELD che rimuove le variazioni ma
introduce' sempre un incremento di rumore di 1.41 (radice
quadrata di 2).
ASTRONOMIA CCD
I come ed i perché
CALIBRAZIONE DELLE IMMAGINI
Abbiamo visto come il CCD, oltre a collezionare elettroni di
origine fotoelettrica, collezioni anche elettroni creatisi per
corrente di buio. Inoltre, non tutti i pixel hanno la stessa
efficienza quantica e la medesima corrente di buio, per cui
occorre calibrare in modo accurato l'immagine ripresa.
E' necessario, quindi, applicare almeno due processi di
calibrazione:
●
●
Correzione per la corrente di buio
Correzione per l'uniformita' di risposta dei pixel (FLAT
FIELD)
L'equazione che permette di calibrare una immagine per la dark
ed il flat field e':
I=
avgFlat∗rawImage−darkImage
flatImage−darkFlat
Al fine di ridurre il rumore dovuto alle operazioni algebriche la flat
e relativa dark e la dark dell'immagine devono essere immagini
mediate su n immagini.
Le dark devono essere state riprese con lo stesso tempo di
esposizione con cui si riprende l'immagine stessa, alla medesima
temperatura e guadagno.
ASTRONOMIA CCD
I come ed i perché
CAMERA DIGITALE - ELETTRONICA
ASTRONOMIA CCD
I come ed i perché
CAMERA DIGITALE - MECCANICA
ASTRONOMIA CCD
I come ed i perché
CAMERA DIGITALE - MECCANICA
ASTRONOMIA CCD
I come ed i perché
CCD IBRIDI
Abbiamo visto come il CCD sia in grado di collezionare gli
elettroni di origine fotoelettrica anche per sorgenti molto deboli,
per fare questo pero' siamo costretti ad effettuare esposizioni
molto lunghe per ottenere un rapporto S/N buono.
In molte applicazioni, anche astronomiche, sarebbe necessario
avere l'immagine in tempo reale, anche quando la sorgente e'
molto debole, per questo motivo sono stati realizzati sistemi ibridi
chiamati ad intensificazione o moltiplicazione di carica. In questi
dispositivi, e' sempre presente un fotocatodo che libera elettroni
ad ogni fotone che riceve, gli elettroni vengono poi moltiplicati
per un processo di moltiplicazione a dinodi (Micro Channel Plate)
o vengono accelerati direttamente sul CCD (EBCCD) dove
generano, data l'energia ricevuta, piu' elettroni. Sono dispositivi
costosi e delicati. Il fotocatodo non puo' essere esposto a forti
sorgenti di luce pena l'evaporazione. Anche l'eventuale
raffreddamento del sensore impone bassi salti di temperatura a
causa dei differenti coefficienti di dilatazione dei diversi materiali.
Recentemente sono stati introdotti dei CCD speciali che offrono
la moltiplicazione della carica sul chip stesso. Sono stati
realizzati da due aziende diverse: Texas ha creato Impactron
mentre E2V a creato L3CCD.
In entrambi i casi è presente uno speciale registro orizzontale
dove grazie ad una forte DDP gli elettroni che vi scorrono
vengono fatti impattare su atomi ionizzati che cedono ulteriori
elettroni contribuendo cosi alla moltiplicazione della carica.
ASTRONOMIA CCD
I come ed i perché
IMPACTRON - L3CCD
ASTRONOMIA CCD
I come ed i perché
CMOS VS CCD
ASTRONOMIA CCD
I come ed i perché
STANDALONE CCD CAMERA