1 IL SISTEMA DI PROTEZIONE SOCIALE IN LETTONIA

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1 IL SISTEMA DI PROTEZIONE SOCIALE IN LETTONIA
IL SISTEMA DI PROTEZIONE SOCIALE IN LETTONIA
La legislazione Lettone non fornisce un’esplicita definizione del termine “sicurezza sociale”, a
cui però si può risalire tramite la Costituzione e la legge On Social Security, le quali fanno
riferimento ad una serie di diritti sociali garantiti a tutti i residenti.
La prima stabilisce che “ ognuno ha il diritto alla sicurezza sociale in caso di vecchiaia, inabilità
lavorativa, disoccupazione ed in tutti glia altri casi previsti dalla legge. Lo Stato provvede a
supportare e proteggere il matrimonio, la famiglia, i diritti dei genitori e dei figli. Altresì
fornisce un sostegno particolare ai minori disabili, senza genitori o che sono stati vittime di
abusi. Lo stato si impegna a tutelare la salute garantendo livelli di assistenza medica di basi
per ciascuno. Ognuno ha il diritto all’istruzione.”
La seconda invece definisce i principi di base del sistema di sicurezza sociale, suddividendoli in:
- diritti collegati all’istruzione e al lavoro;
- diritto all’assicurazione sociale;
- alla salute;
- al rimborso per alcuni tipi di spese familiari;
- all’assistenza sociale;
- atri diritti, come l’integrazione delle persone disabili, etc….
I piani di sicurezza sociale sono regolamentati dalla legislazione governativa e l’intero sistema
è suddiviso in 4 componenti:
1. Assicurazione Sociale;
2. Salute;
3. Indennità Statali;
4. Assistenza Sociale.
La prima è obbligatoria per tutti i lavoratori subordinati e gli autonomi residenti nel territorio
lettone e copre i rischi di morte, vecchiaia, inabilità lavorativa, incidenti sul lavoro, malattie
professionali e disoccupazione.
Il sistema sanitario nazionale garantisce a tutti i residenti un gamma minima di servizi.
Per il ricovero ospedaliero il paziente deve provvedere ad un pagamento che non supera mai il
15% del costo delle prestazioni mediche erogate, a meno che non desideri una stanza privata
con particolari comfort.
Le Indennità statali e l’Assistenza sociale sono regolamentate dalla legge sull’Assistenza
Sociale, sono finanziati tramite il sistema fiscale e sono disponibili per tutti i residenti che
soddisfano specifici criteri. L’erogazione delle prestazioni di assistenza sociale è sottoposta al
meccanismo dei means-tested, è divisa in prestazioni monetarie o servizi sociali, entrambe
fornite dalle municipalità locali e dallo Stato.
Tale Sistema è supervisionato dal Ministero del Welfare, il quale è composto dai seguenti
dipartimenti:
- Department of Social Insurance, Social Assistance, Labour, Helath, Environmental
Health, Pharmacy, Social Policy Development, European and Legal Issues, Financing
and Budget Department and the Administrative Department.
L’amministrazione dell’assicurazione sociale obbligatoria è altamente centralizzata al contrario
di quella relativa all’assistenza sociale, fortemente decentralizzata.
La legge “On Local Governments”, entrata in vigore il 1 gennaio 1995, ha rapidamente
aumentato l’autonomia degli enti locali in seguito al decentramento dell’organizzazione dei
servizi sociali iniziato nel 1994.
Il dialogo attivato dalle istituzioni pubbliche con i partner sociali fa riferimento principalmente
alle associazioni di lavoratori, sindacati e organizzazioni non governative (NGO).
Tra le prime le maggiori sono la Free Trade Union Association of Latria (FTUAL) ed il
Employers’ Confederation of Latria (ECL).
La FTUAL è un sindacato che riunisce 27 unioni di categoria e si basa sui principi di equità tra i
membri, solidarietà, trasparenza, rappresentazione democratica e cooperazione con le NGO
nazionali ed estere al fine di tutelare gli interessi degli associati.
1
L’ECL invece è un’organizzazione non-governativa libera ed indipendente che riunisce gli
impiegati e le associazioni registrate con la finalità di coordinare i rapporti di questi ultimi nei
processi di negoziazione con le istituzioni pubbliche ed i sindacati relativi alle questioni socioeconomiche.
Negli ultimi anni il numero delle NGO è cresciuto enormemente così come il loro ruolo
all’interno della sfera politica.
Attualmente sono registrate 6.000 NGO e 870 di queste hanno dato vita al NGO Centre il cui
compito è quello di fornire supporto ed assistenza.
In campo sociale sono attive numerose organizzazione di Pensionati e disabili.
FINANZIAMENTO
Il sistema di protezione sociale è finanziato per la maggior parte dal budget statale (15%
PIL/General Government Consolidate Budget) il quale include:
-
Basic State Budget (difesa, ordine pubblico, sicurezza ed istruzione);
State Social Insurance Budget;
Stae Health Insurance Budget;
Local Government Budgets.
SPESA SOCIALE IN BASE AL PIL (%)
25
20
Social insurance
Social Assistance
15
Health-care
10
Employment
Total
5
0
1996
1997
1998
1999
2000
Source: dati del Ministero delle Finanze, calcolati dal Ministero del Welfare
SPESA SOCIALE PUBBLICA (% )
60
Social Insurance
50
Pensions
Maternity and Sickness
40
Disability
Unemployment
30
Social Assistance
Health-care
20
Employment
10
Total
0
1996
1997
1998
1999
2000
2001
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SERVIZI SOCIALI
“Tutti i residenti nel territorio lettone, siano essi cittadini o meno, hanno il diritto a ricevere
assistenza sociale e ad usufruire dei servizi sociali in caso di bisogno”. (art.3 L. sui Servizi
Sociali 1996)
Il Ministro del Welfare ha il compito di elaborare la strategia politica, le linee ed i principi guida
e di amministrare i fondi statali.
Lo Stato ha il dovere di assicurare ad un particolare gruppo di cittadini, con specifici bisogni,
una gamma di servizi:
- riabilitazione professionale delle persone con disabilità;
- riabilitazione sociale delle persone con problemi di udito e di vista;
- riabilitazione sociale dei minori che hanno subito violenze;
- riabilitazione sociale,in appositi istituti, di minori che tossicodipendenti o
alcoldipendenti;
- sostegno a coloro che soffrono di disturbi funzionali;
- riabilitazione sociale delle vittime di tratta.
Ma il ruolo fondamentale nell’erogazione di servizi spetta agli Enti Locali:
- offrono lavori socialmente utili a persone, famiglie e gruppi a rischio;
- forniscono servizi sociali a famiglie con minori che si trovano in condizioni disagiate le
quali impediscono il corretto sviluppo del bambino;
- valutano il livello di bisogno, le risorse umane e materiali dell’utente;
- forniscono assistenza sociale;
- valutano al qualità dei servizi erogati;
- informano i cittadini dei servizi offerti all’interno del proprio territorio.
Un altro organo rilevante è l’Agenzia Nazionale dei Servizi Sociali, direttamente subordinata al
Ministero del Welfare, la quale partecipa all’implementazione delle politiche sociali assicurando
che la Legge venga attuata correttamente e controllando che la qualità dei servizi offerti
corrisponda ai requisiti sanciti dagli appostiti regolamenti.
Oltre agli Enti Locali possono erogare servizi sociali tutti i soggetti che rispondono a
determinati requisiti posti dal Gabinetto dei Ministri e sono registrati nell’apposito registro di
“fornitori di servizi sociali”.
Tali servizi si suddividono in servizi domiciliari e residenziali.
Nella prima categoria rientrano tutti i servizi erogati a domicilio da personale specializzato,
assistenti sociali ed infermieri.
Prima il comune valuta se la famiglia, quando presente, è in grado di prendersi cura del malato
ed in seguito decide quale tipo di aiuto fornire (supporto psicologico e materiale se necessario).
Al fine di promuovere l’inclusione sociale di tali soggetti si progetta di concerto con tutti gli
attori in gioca un piano individuale integrato specifico per ciascun paziente.
Il diritto a ricevere servizi di riabilitazione professionale spetta a tutte le persone in età
lavorativa con un serio o moderato grado di disabilità, accertato dall’apposita commissione.
Esistono inoltre i centri diurni in cui vengono realizzate attività a favore di individui con
problemi fisici e mentali tra cui pensionati e malati.
Nel secondo caso, quando la persona ha un elevato grado di non-autosufficienza si procede al
ricovero in appostiti istituti. In questa categoria rientrano anche gli orfanotrofi.
L’assistenza sociale ha invece lo scopo di fornire supporto materiale ed economico alle famiglie
(o persone) in condizione di bisogno per soddisfare i bisogni primari coinvolgendoli in prima
persona nel miglioramento della loro situazione (art 3 L. sull’Assistenza sociale).
Gli assegni sono erogati dall’Ente Locale, il quale ne decide la tipologia, l’ammontare e le
procedure di pagamento in base al bisogno riconosciuto all’applicazione dei means-teat:
- Assegno di assistenza sociale per le famiglie indigenti;
- Contributi all’affitto;
- Assegni di cura;
- Mensa gratuita negli asili e scuole;
- Rimborso per le spese mediche;
- Contributi per le spese d’istruzione;
3
-
Assegni per i pensionati rimasti soli.
Oltre a queste tipologie di assegni esiste un’altra categorie di indennità pagate dallo State
Social Insurance Agency sotto la supervisione del Ministero del Welfare, la quale comprende:
-
indennità di maternità;
malattia;
assegni familiari;
malattia professionale o incidente sul lavoro;
disoccupazione.
L’indennità di malattia è erogata ai lavoratori subordinati e agli autonomi dopo la
certificazione medica dell’incapacità lavorativa. L’ammontare non deve essere inferiore al 75%
dello stipendio per i primi due giorni di malattia e all’80% per i successivi. Il pagamento inizia
a partire dal 15° giorno di incapacità lavorativa fino al ricovero o per un massimo di 52
settimane. E’ pagato dal 1° giorno nel caso in cui una persona abbia a carico un minore di 14
anni.
L’assegno di maternità è pari al 100% del salario ed è concesso ai lavoratori subordinati ed
agli autonomi per un massimo di 112 giorni, salvo in caso di complicazioni, 56 giorni prima del
parto e 56 giorni dopo.
Sono garantiti anche gli assegni di paternità pari all’80% dello stipendio per un massimo di 10
giorni.
Gli assegni familiari sono erogati a favore di tutte le famiglie con minori al di sotto dei 15 anni
di età (20 se frequentano la scuola secondaria). Il pagamento è mensile ed è pari al 20%
dell’indennità di sicurezza sociale per il primo figlio, 1.2 volte per il secondo, 1.6 volte per il
terzo ed 1.8 per i successivi. Un supplemento (35 LVL al mese) è garantito per i minori disabili
sotto i 16 anni.
La malattia professionale ha come conseguenza una disabilità temporanea o permanete. Nel
primo caso l’assegno ha tutte le caratteristiche di quello della malattia ordinaria; nel secondo
dipende dal grado di disabilità. L’80% per la perdita totale della capacità lavorativa, 75% se la
perdita è compresa tra il 90 ed il 99%, 70% tra l’80 e l’89%. In seguito diminuisce di 5 punti
percentuali per ogni grado successivo di disabilità fino ad un minimo del 25% tra il10 ed il14%.
I titolari dell’indennità di disoccupazione sono coloro che sono regolarmente iscritti all’ufficio
di collocamento ed hanno versato almeno i contributi per 1 anno e 9 mesi.
L’ammontare dell’assegno varia a seconda della lunghezza del periodo di contribuzione e di
disoccupazione. L’assegno è pari al 100% del salario per i primi 3 mesi, al 75% dal quarto al
sesto ed al 50% dal settimo al nono.
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DISABILI
Durante il regime comunista l’orientamento prevalente delle politiche pubbliche nei confronti
delle persone disabili era quello di nascondere il problema. La situazione cambio radicalmente
a partire dal 1990 quando la Lettonia conquistò l’indipendenza e le autorità di governo si
impegnarono ad attuare numerose riforme del sistema legale e delle sue applicazioni concrete.
E’ stata così ratificata la Dichiarazione Generale sui diritti Umani e sui diritti delle Persone
Disabili e con Ritardi Mentali.
Nel 1992 è entrata in vigore la legge “On the Medical and Social Protection of Disabled
Persons” la quale, per la prima volta, definisce i diritti e gli obblighi dello Stato; regola le
procedure di riconoscimento del livello di disabilità e della conseguente assistenza medica e
sociale; assistenza sul lavoro e promozione dell’integrazione sociale.
In seguito è stato adottato il Concepì Paper “Equal Opportunities for Everybody” in cui vengono
indicati i destinatari e le azioni da intraprendere al fine di favorire la loro inclusione sociale fino
al 2010. Nello stesso periodo sono state approvate la nuova legge sul Lavoro e quella sulla
Protezione Lavorativa, emendate nel 2003 in conformità alle direttive Comunitarie
(Transforming Disability into Ability).
Inoltre, le persone con problemi di salute e disabilità hanno costituito più di 100 associazioni
differenti, che raggruppano più di 15.000 membri; 23 di queste NGO hanno istituito nel 2002
“un’ umbrella organization” chiamata SUSTENTO.
Secondo la legge sulla disabilità, tale status è concesso dalla State Commission for Medical and
Working Capacity Expertise” per le persone sopra i 15 anni di età, poiché i minori costituiscono
una categoria separata. In questo caso lo status di disabile è accordato dal medico di famiglia.
L’art. 4 definisce una persona disabile “un individuo con un disturbo funzionale fisico causato
da una malattia”. L’art. 5 (The Concepì of Disability) aggiunge che “la disabilità consiste in una
limitazione persistente delle capacità fisiche e psichiche all’interno del corpo umano (non
legato all’avanzare dell’età) che impediscono l’integrazione all’interno della società, deprivando
l’individuo della capacità lavorativa e della possibilità di prendersi cura di se stesso
autonomamente.
Esistono 3 categorie di disabilità definite in base alle condizioni mediche, la stima del grado di
perdita della capacità lavorativa e la possibilità di integrazione all’interno della società:
-
Grave:
Media:
Lieve:
Nel settore educativo è utilizzato il termine “persona con bisogni speciali” e l’art. 7 della legge
di riferimento specifica che uno dei principali gruppi è formato proprio da questi individui.
Di conseguenza sono posti in essere speciali programmi d’istruzione in accordo con lo stato di
salute e lo sviluppo del disturbo (art. 42).
I grafici riportati in seguito mostrano che, alla fine del 2002, il 62% delle persone disabili di età
compresa tra i 20 ed i 64 anni ha meno di 50 anni.
I dati evidenziano anche che solo un terzo delle persone disabili economicamente attivi hanno
ricevuto il riconoscimento ufficiale e meno del 7% risulta ,membro delle NGO.
5
% DISABILITA' IN BASE ALL'ETA'
30
20
25
18,1
15,6
27,1
15,3
Latvia
11,1
EU (11)
10
0
20-64
20-49
50-64
% DISABILITA' IN BASE AL GENERE
20
18,2
18
14,6
15
16,6
Latvia
10
EU (11)
5
0
Maschi
Femmine
% DISABILITA' IN BASE AL LIVELLO D'ISTRUZIONE
30
25
25,1
20,2
20
17,8
13,5
15
11,8
Latvia
EU (11)
10
5
0
Elementare
Secondaria
Universitaria
Il Governo Lettone negli ultimi anni ha data sempre più importanza alla questione
dell’inclusione lavorativa delle persone con “bisogni speciali” e ciò è dimostrato anche dalle
misure realizzate tramite il NAP.
La SEA (State Employment Agency), in cooperazione coi datori di lavoro ed i fornitori privati di
corsi di formazione ha applicato 3 differenti tipologie di misure per aumentare la competitività
di queste ultime all’interno del mondo del lavoro:
-
Fornitura di abilità di base (lingua e informatica) e formazione professionale;
Miglioramento delle capacità professionali e posti di lavoro sovvenzionati;
Formazione psicologica e miglioramento delle abilità comunicative.
Le azioni non sono rivolte solo ai disabili ma anche ai datori di lavoro con lo scopo di
sensibilizzarli, informarli e convincerli ad assumere tali soggetti. Fino a questo momento le idee
dei datori di lavoro erano viziate da pregiudizi e stereotipi circa la bassa produttività e la
mancanza di capacità adeguate dei portatori di handicap.
In breve tempo, il programma fu lanciato nella primavera del 2003, sono stati creati più di 500
posti di lavoro sovvenzionati dallo Stato in cooperazione con 339 imprese.
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MINORI
I diritti dei minori sono tutelati dalla legge “On the Protection of Children’s Right” la quale pone
particolare attenzione ai bambini con disabilità fisica e mentale.
L’art. 54 sancisce che “un bambino con bisogni speciali deve godere dello stesso diritto, come
ogni altro bambino, ad avere una vita normale, a svilupparsi, ad ottenere un’educazione
generale e professionale adeguata alle sue capacità fisiche e psichiche e a partecipare alla vita
della comunità”. Mentre l’art. 53 definisce il “minore con bisogni specifici” il bambino che soffre
di un disturbo funzionale fisico causato da una malattia, incidente o difetto congenito il quale
ha bisogno di cure mediche ed assistenza sociale”.
La Costituzione, art. 110 cap. Basic Human Right, stabilisce la responsabilità dello Stato a
prendersi in carico i minori disabili nel caso di perdita dei genitori o se sono stati vittime di
violenza.
La legge sulla tutela dei disabili parla dei minori solo nella quarta parte dell’art. 10, dove
stabilisce che al di sotto dei 16 anni lo stato di disabile è determinato dal medico di famiglia in
base a specifici indicatori di salute (Reg. 424 del 27/12/1999).
Tradizionalmente la cura dei minori disabili era affidata solo a specifici istituti che non
incoraggiavano la loro integrazione all’interno della società.
I livelli di riabilitazione sociale e medica erogati non sono adeguati ai loro bisogni e spesso le
famiglie non hanno la possibilità finanziaria per pagare il soggiorno in tali strutture.
Anche nell’integrazione scolastica ci sono diverse difficoltà poiché non esistono ancora scuole
miste ma istituti speciali.
Inoltre non esiste ancora un database comprendente tutte le informazioni relative al problema
e le statistiche non sono disponibili.
La scarsità di informazioni della famiglie sulle possibilità di risolvere il loro problemi o sulle
opportunità di trattamento rivestono particolare importanza nelle aree rurali.
MINORI DISABILI
10000
9000
8000
7000
Numero di disabili in istituiti di
cura
6000
Numero di disabili in famiglia
che ricevono le indennità
5000
4000
Numero di disabili registrati
3000
2000
1000
0
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001
Dal 1990 ad oggi il numero dei minori disabili è triplicato, da 2.612 a 8.965, ed ogni anno
continua ad aumentare.
Riguardo al tipo di disabilità si possono distinguere 3 tipologie predominanti:
- malattie nervose (30.2%);
- malformazioni congenite, deformazioni e anomalie cromosomiche (27.4%);
- disturbi mentali e comportamentali (13.9%).
Come evidenziato dalla tabella sovrastante, le possibilità di cura dei minori disabili sono
essenzialmente due: il ricovero negli istituti statali finanziati dallo stato e la presa in carico da
parte della famiglia.
Il tipo di istituto in cui viene posto il disabile viene scelto in base all’età e alla gravità del
problema. Esistono gli orfanotrofi, le case per minori (dall’1% al 3%) e d i centri di cura
specializzati per i minori dai 4 ai 18 anni che soffrono di disturbi psichici e fisici di grado più
elevato.
7
Il problema maggiore è rappresentato dai minori con disturbi mentali, 66.3%, di elevata
gravità. Negli ultimi anni quest’ultima si è trasformata in una vera e propria emergenza,
soprattutto dal punto di vista del finanziamento da parte degli enti locali, i quali stanno
promuovendo lo sviluppo di servizi alternativi e stanno valutando la possibilità di cooperare con
le organizzazioni del Terzo settore (NGO) per la fornitura di tali servizi.
Per i minori che restano in famiglia sono stati istituiti, a partire dal 1995, 12 centri diurni.
Particolare è posta sull’istruzione scolastica “specifica” con l’obiettivo di fornire al disabile la
conoscenza nelle materia generali, occupazionali e domestiche, al fine di favorire la propria
integrazione in ambito lavorativo e all’interno della comunità in base al suo stato di salute.
I livelli d’istruzione sono essenzialmente due:
- Pre-school education, in cui prevalgono i disturbi della parola (54%) e quelli della vista
(15%);
- General special education (primari and secondary). Nel periodo 2001-2002 c’erano 64
istituti ed il numero ha continuato a crescere proporzionalmente al numro dei minori
con disabilità fisica e mentale.
A sostegno delle istituzioni statali e locali sono intervenute le NGO con l’attuazione di
numerosi progetti all’interno del programma THENAPA:
-
“Inclusion and education of young people with disability in APA”, supportato
dal Ministero dell’Educazione;
-
“Social rehabilitation program”, finanziato dall’ONU;
“Empowerment of young people with disability toward participation in
active life” con lo scopo di sviluppare programmi di attività sociale;
“Integrative Sport Education in Latvia” supportato dal programma
internazionale Baltic American Project sull’integrazione dei disabili nelle attività sportive.
Inoltre, la Fondazione Children’s for Latria organizza ogni anno campi estivi ed invernali e la
ong Save the Children fornisce aiuto legale, assistenza finanziaria e consultazioni di vario
genere.
IL SISTEMA ECONOMICO PRODUTTIVO
La prima metà degli anni Novanta è stata caratterizzata da notevoli cambiamenti nel sistema
economico e produttivo in tutti e tre i Paesi Baltici. La quota del settore industriale nella
composizione del PIL è significativamente diminuita così come la produzione nel settore
agricolo, soprattutto nelle regioni dell’Est. Al contrario il settore di servizi è cresciuto
notevolmente, offrendo maggiori opportunità di impiego. Nel 2000 il Terzo Settore riuniva il
64% dell’occupazione mentre quello industriale è sceso al 18.5% e quello agricolo al 15%.
Average employment by sector of economic activity, 1991 - 2000
in thousands
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
TOTAL EMPLOYMENT
1387
1294
1205
1083
1046
1018
1037
1043
1038
1038
Agriculture, hunting and forestry
236
252
228
201
188
181
187
178
171
153
Fishing
12
7
7
8
5
5
6
6
5
6
Industry
371
328
278
227
214
202
209
192
184
188
Construction
130
85
66
60
56
58
60
63
64
65
Wholesale and retail trade
119
133
141
147
147
136
152
169
170
174
Hotels and restaurants
59
47
31
33
23
21
21
22
24
26
Transport and communication
107
101
104
95
92
90
89
90
88
85
Financial intermediation
7
9
10
11
14
15
15
15
16
16
8
Real estate & business
78
62
59
55
50
41
38
47
53
57
Public administration
24
36
44
48
57
61
63
64
64
64
Education
94
97
93
91
91
90
91
90
89
87
Health & social work
66
67
77
66
65
62
61
62
61
59
Other services
94
70
67
41
44
56
45
45
49
58
Source: IMF
Come si può notare dalla tabella sopra riportata il settore più a rischio è quello agricolo,
caratterizzato dal più basso livello di qualità lavorativa. Il rischio però di incorrere in lavoro
sotto-pagati e di basso livello interessa anche tutti gli altri settori. La Lettonia, come tutti paesi
che ritrovano ad affrontare una transizione economica, ha dei salari molto bassi, che spesso
non riescono ad assicurare nemmeno gli standard minimi di sussistenza. Ciò a causa della
bassa produttività, l’alta competizione ed il livello salariale finanziato dal budget statale. Le
condizioni di lavoro, inoltre, non sempre sono conformi ai requisiti di sicurezza imposti dalla
legge e le discriminazioni di genere costituiscono un serio problema, in particolare nel settore
privato.
9
10
SITUAZIONE OCCUPAZIONALE ED INCLUSIONE LAVORATIVA
La Lettonia ha raggiunto una certa stabilità economica solamente negli ultimi cinque anni,
ponendo le basi per continuare la sua crescita. Il settore del business è stato migliorato e
numero progressi sono stati realizzati nel processo di privatizzazione. Gli sviluppi positivi nel
sistema economico nazionale non hanno però portato il miglioramento delle condizioni di vita
della popolazione. Uno dei problemi principali è relativo al finanziamento de sistema di
protezione sociale. Mentre il numero dei pensionati aumenta, il numero delle persone
economicamente “attive” diminuisce simultaneamente. Di conseguenza diminuisce anche il
numero delle persone che pagano l’assicurazione obbligatoria.
Uno dei risultati dei mutamenti economici avvenuti nell’ultima decade è il problema della
povertà. Molte famiglie con due o più figli si sono trovate in situazioni molto difficili e precarie.
Le statistiche inoltre mostrano che i bambini cresciuti in famiglie povere hanno spesso
problemi legati all’educazione, abusi, attività criminali e disoccupazione. Tali svantaggi
vengono portati avanti nelle generazioni successive, per cui un bambino povero corre un alto
rischio di divenire un adulto povero. Le ricerche condotte finora evidenziano che l’esperienza di
povertà riduce le aspettative di guadagno in età adulta del 30% rispetto alla media nazionale.
L’economia lettone è stata duramente trasformata negli ultimi dieci anni, ed è stata
caratterizzata da una crescita significativa del PIL rispetto alla media europea (7.5% nel 2003;
8.5% nel 2004 soprattutto grazie alla domanda interna). Ciò ha portato però ad una crescita
delle disparità regionali, caratterizzata da un gap evidente tra zone urbane e rurali (in
particolare nelle regioni dell’Est, Latgale, dove nel 2003 l’attività economica era di pari al 62%
contro il 74% della capitale; così come il tasso di disoccupazione è molto maggiore,15.7%,
rispetto a Riga, 3.7% ed ai distretti di Ogre e Saldus, 5.3%) e delle ineguaglianze di reddito.
Queste ultime sono misurate grazie al coefficiente GINI, il quale è passato dal 34% nel 200 al
36% nel 2004.
Mentre il tasso di occupazione nel 2003 ha raggiunto il 61.8% (66.1% per gli uomini ed il
57.9% per le donne) appena sotto la media dell’UE, quello di disoccupazione continua a
rimanere molto elevato, 10.5% (disoccupazione di lungo periodo 4.3%; disoccupazione
giovanile 17.9%). La Lettonia soffre anche di standard di vita molto bassi, un alto numero di
persone è a rischio di povertà (16% nel 2002 e 43% nel 2003 dopo i trasferimenti sociali) ed
ha seri problemi di deprivazione materiale.
Prima di passare ad analizzare le cause della disoccupazione e le sue diverse forme occorre
fare una precisazione riguardo alla definizione nazionale di tale fenomeno.
Secondo la legge sull’Occupazione (On Employment Law) esistono due definizioni per misurare
la disoccupazione: i “job-seeker” (i cosiddetti cercatori di lavoro) ed i disoccupati veri e propri.
Nella prima categoria rientrano tutte le persone (registrate e non all’Ufficio del Lavoro)in età
lavorativa che sono alla ricerca di un lavoro ed immediatamente disponibili. Il numero di questi
è calcolato sulla base degli indicatori dell’ILO e corrisponde al tasso di disoccupazione misurato
dall’Eurostat.
I disoccupati veri e propri invece sono ugualmente dei “job-seekers” in età lavorativa (dai 15
sino alla pensione) ma sono tutti registrati presso l’ufficio del Lavoro.
LONG-TERM JOBSEEKERS
(% of econom ically active population)
16
12
Totale
8
Uomini
Donne
4
0
1996
1997
1998
1999
2000
11
TASSO DI DISOCCUPAZIONE
25
20
Unemployed job seekers,
%of economically active
population
15
Registered unemployed,
%of economically active
population
10
5
0
19996
1997
1998
1999
2000
TASSO DI DISOCCUPAZIONE
20
15
EUROSTAT
10
CSB
5
0
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
Le ragioni principali dell’alto tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) sono dovute ad
un’istruzione insufficiente o incompatibile con le richieste del mercato del lavoro e la mancanza
di esperienza professionale. Mentre, per le persone adulte (55-66 anni) le cause sono da
riscontrarsi nella mancanza di abilità e conoscenze aggiornate e quindi competitive sul
mercato. Un altro importante gruppo ad elevato rischio di esclusione sociale è quello dei
portatori di handicap. Le possibilità di trovare un lavoro per questi ultimi è molto limitata a
causa di stereotipi e pregiudizi circa le loro capacità lavorative e le spese aggiuntive per
rendere accessibile il luogo di lavoro ed i relativi macchinari. Inoltre ad impedire la loro
integrazione è il basso livello di scolarizzazione.
Le neo-mamme e gli ex-detenuti costituiscono un altro gruppo a forte rischio di povertà ed
esclusione sociale.
Nel 2001 sono state rilasciate 703 detenuti, nel 2003 2.517. La loro integrazione è impedita
dalle concezioni negative che la società nutre nei confronti di chi è stato in prigione e dalla
mancanza di competenze professionali adeguate all’inserimento nel mondo lavorativo.
Alla fine del 2003 la situazione si presentava nel seguente modo:
- Disoccupati di lungo periodo: 23.617 o 26.1% del totale;
- Giovani disoccupati (15-25): 12.011 o 13.3%;
- Persone adulte (pre-retirement): 8.055 o 8.9%;
Disabili: 165 o 3.5%;
- Ex-detenuti: 608 o 0.7%;
- Neo-mamme: 9.101 o 10.1%.
Sebbene la proporzione dei giovani, pre-pensionati e disoccupati di lungo periodo ha subito
negli ultimi anni un lieve calo è ancora considerevolmente alta rispetto alla media degli
indicatori europei.
12
Misure adottate nel 2003
Nel 2003 sono stati forniti servizi di riabilitazione professionale e misure attive sul mercato del
lavoro a 2.546 con disabilità, mentre servizi di “counselling” e “career guidance” a 297.
L’Agenzia Nazionale del Lavoro assegna i disoccupati ai lavori che si adattano maggiormente
alle loro capacità, in accordo con le loro preferenze. Per quello che riguarda invece i
disoccupati di lungo periodo, li assegna temporaneamente a lavoro pubblici al fine di
guadagnare almeno il mimino per sopravvivere.
I programmi finora realizzati a favore dei gruppi svantaggiati tendono alla creazione di
opportunità all’interno del mondo del lavoro e puntano soprattutto alla riqualificazione
professionale:
-
-
-
Vocational training, retraining and upgrading of qualifications. Nel 2000 10.267 persone
disoccupate erano iscritte a corsi di formazione organizzati dal Ufficio di Collocamento
(SES). Di questi, approssimativamente il 25% erano giovani, ed il 32% di lungo
periodo. Dsi coloro che hanno completato il corso, il 66.3% ha trovato lavoro.
Temporary Public Work. Questo tipo di attività è organizzato per le persone che non
riescono a trovare un lavoro permanente adeguato. In tal caso, il minimo salariale è
pagato dallo Stato, mentre il datore di lavoro paga i contributi per l’assicurazione
sociale. Sempre nel 2000, 9.993 disoccupati erano coinvolti in queste attività. Di questi,
il 9% erano giovani ed il 25% di lungo periodo.
Job-seekers’ club. Nel 2000, 17.940 disoccupati erano assistiti dai JSC e 9.367 di questi
un’assistenza internsiva relativa alla formazione o all’insegnamento della lingua lettone.
Di questi il 33% erano giovani ed il 28% di lungo periodo.
Sebbene siano stati fatti numerosi passi avanti, è ufficialmente riconosciuto che l’accesso a
questi programmi risulta insufficiente rispetto alla domanda. Per esempio, le opportunità di
formazione sono state fornite solo al 36.6% dei 28.000 disoccupati che hanno espresso il
desiderio di imparare una nuova professione o acquisire una specializzazione superiore.
INDICATORI DISOCCUPAZIONALI DI BASE
(% disoccuparti alla fine dell'anno)
80
Long-term unemployed
60
Unemployed w omen
Young unemployed (aged
15-24)
Unemployed of preretirementage
40
20
0
1995
1996
1997
1998
1999
2000
13
INIDICATORI CHIAVE DI DISOCCUPAZIONE
180
160
Persone disoccupate (in
migliaia)
140
120
Tasso di disoccupazione (%)
100
Persone disoccupate
registrate alla fine dell'anno
(in migliaia)
Tasso di disoccupazione
registrato alla fine dell'anno
(%)
80
60
40
20
0
2000
2001
2002
2003
DISOCCUPAZIONE
100
Disoccupati (in migliaia)
80
Disoccupati di lungo periodo
(per più di 12 mesi,%)
Donne disoccupate (%)
60
40
Giovani (15-24, %)
20
Persone in prepensionamento (%)
0
2000
2001
2002
2003
Uguaglianza di genere
Per facilitare l’integrazione delle donne all’interno del mondo del lavoro, ridurre il gap tra
occupazione femminile (57.9%) e maschile (66.1%) e le differenze nei tassi di disoccupazione
(10.7%) sono state implementate diverse misure a partire dal 2003.
Fino a quel momento scarsa attenzione era stata posta sulla conciliazione tra tempo di cura ed
attività lavorativa, assicurando una pari opportunità di accesso ai servizi per bambini e per
membri disabili e agevolando la re-integrazione sul mercato dopo un lungo periodo di assenza
per motivi di “cura” familiare.
Nonostante l’alto tasso di partecipazione alle misura poste in essere dal SEA per l’integrazione
dei disoccupati ed un livello di istruzione abbastanza elevato, le donne continuano ad essere
sottopagate (la media del salario corrisponde all’83% di quello maschile) e segregate in
specifiche categorie lavorative. Al fine di assicurare l’uguaglianza di trattamento sono stati
istituiti il Gender Equality Council, nel marzo del 2002, ed il Gender Equality Affaire Unit
presso il Ministro del Welfare, nel giugno 2003.
Dall’entrata nell’UE la Lettonia ha partecipato a diversi programmi comunitari realizzando
numero misure allo scopo di contrastare la tendenza negativa di tale fenomeno:
- Promotion on Gender Mainstreaming in National Policies in Latvia;
- Admistrative, Capacity Building of Governmental Bodies in Social Partners in Gende
rMainsteaming Development and Implementation, all’interno del programma Phare
Twinning Light;
- Programme for Implementing Gender Equality 2005-2006, tuttora completato.
14
Partecipazione della forza lavoro
per età e sesso
Totale
80
55-59
60-64
60
Uomini
55-59
40
60-64
Donne
20
55-59
60-64
0
1996
1997
1998
1999
2000
2001
% DI OCCUPAZIONE PER ETA' E GENERE
Totale
100
15-24
80
25-54
Uomini
60
15-24
40
25-54
Donne
20
15-24
0
1999
2000
2001
2002
2003
25-54
% DI DISOCCUPAZIONE PER GENERE
16
12
Totale
8
Uomini
Donne
4
0
1999
2000
2001
2002
2003
% DI OCCUPAZIONE PER GENERE
80
60
Totale
40
Uomini
Donne
20
0
1999
2000
2001
2002
2003
15
EDUCATION AND TRAINING
In Lettonia, come in Estonia, esiste un forte legame tra il livello d’istruzione ed il rischio di
povertà ed esclusione sociale.
Tale relazione è stata analizzata nello specifico da Franziska Grassmann nel suo libro “Who and
Where are poor in Latvia?”.
Nella maggioranza dei casi l’istruzione secondaria raggiunta in passato offre competenze
professionali super specializzate e non corrispondenti alle abilità richieste dal mercato del
lavoro.
Il primo contatto col sistema educativo si ha a 7 anni, pre-school education, in cui negli ultimi
anni si è registrato un generale aumento dovuto al cambiamento sia dei modelli familiari che
del mercato del lavoro. I genitori non possono più permettersi di stare a casa per accudire i
figli e, ancor meno, possono assumere una baby-sitter. Secondo i dati di una ricerca condotta
nel 1999 sulle condizioni di vita in Lettonia, il 98.9% dei bambini di età compresa tra i 7 ed i
16 anni è iscritto alla scuola di base e a quella primaria. Nel gruppo di età tra i 17-21 il tasso è
del 61%, mentre solo il 20% tra i giovani di 22-26 anni prosegue gli studi.
L’istruzione primaria è obbligatoria ma c’è un’elevata percentuale di abbandono, in particolare
negli ultimi livelli. E’ stimato che solo l’80% degli alunni completa “il primo ciclo” (Report
dell’Osservatorio nazionale, The Modernisation of Vocational education and traninig in Latria,
2001).
Il secondo gradino è costituito dall’istruzione secondaria e dalle scuole professionali in cui il
tasso di abbandono è inferiore: circa il 90% degli iscritti si diploma ed il 60% di questi si iscrive
all’università. Il 10% si iscrive a programmi professionali ed il restante 30% si ritira.
I giovani continuano ad abbandonare gli studi avendo acquisito solo poche e limitate
competenze, restringendo così le opportunità di essere competitivi nel mondo lavoro ed
esponendosi in futuro al rischio di povertà ed esclusione sociale.
DISOCCUPATI IN BASE AL LIVELLO D'ISTRUZIONE
(in migliaia)
Totale
120
100
Istruzione superiore
80
Istruzione secondaria
60
Istruzione secondaria
specializzata o
professionale
Istruzione elementare o
incompleta
40
20
0
1996
1997
1998
1999
2000
Il numero degli studenti iscritti alle scuole professionali ed agli istituti di formazione nel 2003 è
di circa 46.789. Il 50% di questi è iscritto a corsi di scienze naturali, ingegneria e architettura,
industria manifatturiera ed edile; il 21% nel settore dei servizi ed il 19%nelle scienze sociali.
Però solo 12.500 ha terminato gli studi e si è diplomato.
Il Vocational Education and Training Development Programme 2003-2005, di conseguenza, si
poneva gli obiettivi di migliorare la qualità del sistema educativo garantendo pari opportunità
di accesso, sviluppando abilità professionali spendibili nel mercato del lavoro attraverso la
16
creazione di una manodopera qualificata e competitiva anche a livello europeo ed ottimizzando
l’efficienza della spesa pubblica.
Un altro aspetto di fondamentale importanza è quello della formazione continua.
I continui e repentini mutamenti del mercato del lavoro rendono necessario un aggiornamento
continuo per integrare le conoscenze precedenti per riuscire a rispondere una domanda di
lavoro sempre più specifica e flessibile.
Lo sviluppo del sistema di formazione continua (life-long learning) è iniziato a partire dal 1993
con l’istituzione del Latvian Adult Education Association.
I soggetti coinvolti in tale sistema sono diversi: tutti i livelli del sistema scolastico, centri di
educazione per adulti, enti locali, datori di lavoro, sindacati, organizzazioni non governative e
altri partners.
Passi avanti sono stati compiuti grazie all’approvazione delle legge sull’istruzione (Education
Law) la quale sancisce i principi base del sistema educativo lettone, nonostante l’attuazione
delle riforme territoriali ed amministrative proceda a rilento, creando numerosi ostacoli allo
sviluppo delle risorse umane.
Attività di formazione, consultazione ed informazione sono state realizzate a favore di
agricoltori e degli abitanti delle zone rurali, colpite maggiormente dal processo di transizione
economica, dal Latvian Agricultural Advisory and Training Centre.
Una della misure realizzate nel 2003 a favore dello sviluppo di tale sistema è stata la creazione
del Tri-partite Council for Cooperation in Vocational Education.
Inoltre, i datori di lavoro sono coinvolti nello sviluppo nella valutazione degli standard
occupazionali, specifici programmi e linee giuda sono realizzati per la formazione degli adulti
ed è stato creato un sistema informatico centralizzato contenente i dati di tutti i partecipanti.
Quest’ultimo contiene le informazioni su 5.866 studenti di cui il 95.2% ha ricevuto la qualifica
professionale. Uno studio successivo ha poi messo in evidenza che le persone diplomate grazie
all’implementazione di tali misure costituiscono solo lo 0.6% del totale dei disoccupati.
Per quello che riguarda invece la pari opportunità di accesso, anche ai livelli più elevati di
istruzione, è stato elaborato il programma nazionale “Developing and Implementino Life-long
Learnig Strategy” suddiviso in 6 progetti simultanei, uno per ogni regione.
ISCRIZIONI SCOLASTICHE
80
Iscrizioni alla scuola
secondaria (inizio anno
scolastico)
Iscrizioni alle scuole
professionali (inizio anno)
60
40
Iscritti ai livelli superiori
(studio a tempo pieno)
20
% dei lavoratori attivi tra i 1519 anni
0
1996
1997
1998
1999
2000
17
POVERTA’ ED ESCLUSIONE SOCIALE
I fenomeni della povertà e dell’esclusione sociale per lungo tempo non sono stati riconosciuti
come problemi rilevanti a causa dell’eredità del comunismo, quando questa non era
ufficialmente riconosciuta.
In politica, la convinzione generale era che migliorando la situazione economica, la povertà
sarebbe scomparsa automaticamente.
Tale “certezza” era sostenuta anche a livello
internazionale, fino all’elaborazione della teoria dello Sviluppo Umano Sostenibile e dell’Indice
di Sviluppo Umano creato dall’UNDP.
Solo a partire dal 1998 il governo Lettone si impegnò realmente per sconfiggere la povertà e
l’esclusione sociale.
A febbraio, infatti, il Ministro del Welfare e l’UNDP in cooperazione con la Banca Mondiale e
l’Organizzazione Internazionale del Lavoro lanciò un progetto un progetto per supportare lo
sviluppo di una strategia per ridurre la povertà nazionale (National Poverty Reduction
Strategy) con l’obiettivo di promuovere uno sviluppo umano sostenibile.
Secondo il rapporto annuale redatto dall’UNDP, la Lettonia nel 2001 si trovava al 50° posto ne
mondo in relazione all’ISU, il quale non prende in considerazione solo il Pil ma anche il livello di
istruzione e le condizioni di salute (92° nel 1998;74° nel 1999; 63° nel 2000).
Ora si trova al 45° posto.
Tale Strategia, implementata a partire dal 2000, definisce la povertà nel seguente modo:
“…situazione in cui un individuo o una certa parte della popolazione viene a trovarsi a causa
della mancanza di risorse sociali e materiali, delle limitate opportunità di usufruire dei beni
essenziali (cibo, riparo, cure e vestiti) e di partecipazione attiva alle attività della società”.
Sebbene la definizione di povertà comprenda anche l’aspetto sociale e non solo economico, la
nozione di “esclusione sociale” non è quasi mai inclusa nei documenti di politica interna.
Inoltre non esiste una linea di condotta uniforme. Il Regolamento del Gabinetto dei Ministri del
26 marzo 1996 “On Poor Family” riconosce che una famiglia si trova in condizioni di povertà
se:
- il reddito pro-capite negli ultimi 3 mesi non supera il 75% del minimo si sussistenza
stabilito dal Gabinetto stesso;
- non possiede risparmi superiori a 200 LVL;
- non ha possedimenti di valore superiore a 3.000 LVL;
- non ha nessuno che può procurare alimenti alla famiglia.
Al contrario, la “Poverty Reduction Strategy” distingue tra povertà e basso reddito in relazione
al livello di reddito della famiglia. Coloro che hanno un reddito inferiore a 28.67 LVL sono
ritenute povere, mentre coloro, la cui media del reddito mensile rispetto agli anni precedenti è
minore del 50% della media del reddito disponibile per ogni membro familiare, rientrano nella
seconda categoria (low incombe).
I gruppi più vulnerabili sono le famiglie con figli e quelle che hanno al loro interno persone
disoccupate.
18
IL SISTEMA PENSIONISTICO
Il sistema pensionistico è stato riformato nel 1995, e successivi emendamenti, ed
caratterizzato da una compartecipazione tra pubblico e privato. Si basa principalmente su tre
pilastri:
- l’assicurazione sociale obbligatoria che opera in accordo al principio di distribuzione
(PAYG);
- l’assicurazione statale obbligatoria finanziato secondo lo schema pensionistico;
- i fondi pensionistici privati volontari.
Il primo pilastro si basa sullo schema di “solidarietà generazionale” precedente in cui il denaro
non viene accumulato ma utilizzato per pagare le pensioni correnti. Quest’ultimo provvede a
fornire una pensione stabile ma di livello medio-basso.
I fondi statali sono stati introdotti a partire dal 2001 in seguito all’approvazione del Parlamento
della legge “On State Funded Pensions” nel febbraio del 2000 e seguono la logica dei principi di
accumulazione ed investimento dei contributi individuali versati.
Il terzo pilastro prevede invece la possibilità di aprire dei fondi pensionistici privati in base alla
legge “On Private Pensions Funded” entrata in vigore nel 1998. Attualmente sono stati istituiti
4 fondi privati.
IL SISTEMA SANITARIO
Per quello che riguarda il sistema sanitario la legge distingue tra cure primarie, secondarie e
terziarie.
Normalmente, il primo contatto dei pazienti col sistema sanitario avviene il proprio medico di
famiglia (legge “On Medical Treatment” e quella
“On Doctoral Practise”), il quale, se
necessario, può consigliarli di consultare uno specialista oppure prescrivergli un ricovero
ospedaliero per ulteriori accertamenti.
Le attività di cura secondaria sono realizzate da medici specialistici nelle rispettive istituzioni
nei confronti di che hanno bisogno di cure urgenti, rapide e di particolare qualità. Tra queste
rientrano principalmente i trattamenti intensivi di dermatologia e urologia, interventi di
chirurgia ed ortopedia e le riabilitazioni.
Infine le cure terziarie da prestazioni altamente specializzate, erogate in specifici istituti di
cura.
Solitamente i costi del ricovero sono coperti dallo Stato, nel caso ci sia una prescrizione del
medico di base o una situazione di urgenza, altrimenti vengono sostenuti dal paziente.
19
IL TERZO SETTORE
Il Terzo Settore in Lettonia è formato esclusivamente da organizzazioni non governative
(NGO), le quali però hanno un significato ben diverso rispetto alle nostre ONG. Le prime
comprendono qualsiasi tipo di associazione o fondazione (culturale, sportiva, filantropica,
sociale, ambientale….) mentre le seconde si riferiscono solo alle associazioni riconosciute dal
MAE ed operanti nella cooperazione allo sviluppo.
Non esistono le cooperative sociali in quanto il ricordo del sistema cooperativo all’epoca del
comunismo è ancora vivo ed incute timore.
Al suo interno, il settore delle NGO è abbastanza diversificato, opera in tutte le regioni, fornisce
supporto a tutti i gruppi sociali (pensionati, bambini di strada, senzatetto, sieropositivi…) e
persegue un ampio range di finalità.
Secondo una ricerca condotta dal NGO Centre di Riga nel 2004, di 8.376 associazioni
registrate, sono attive solo 1.500. Di queste solo 800 sono in grado di sopravvivere a causa
della mancanza di risorse legata al declino dei finanziamenti dei donors internazionali i quali
minacciano la sostenibilità di lungo periodo e la capacità organizzativa della maggior parte
delle NGO. Quest’ultimi stanno trasferendo le loro risorse verso altri continenti mentre quelle
interne non sono ancora sviluppate pienamente.
La maggior parte delle NGO lettoni sono state fondate verso la fine degli anni 80 e all'inizio
degli anni 90 e si sono concentrate soprattutto nella capitale, circa il 60%, mentre il restante
40 è distribuito in maniera sproporzionale nel territorio.
Le dimensioni sono alquanto piccole, infatti la maggior parte di queste sono composte da
piccoli gruppi, fra i 10 ed i 25 membri attivi e soltanto due superano i 500 membri. Il personale
è essenzialmente volontario, solo poche organizzazioni possono permettersi esperti e quando è
presente personale retribuito, questo è in minima parte.
Le attività più comuni realizzate riguardano il settore dell’ istruzione e della formazione (33%),
difesa ambientale (25%), e la costruzione di una rete per la diffusione di informazioni tra le
NGO.
Per quello che riguarda l’ambiente legislativo il primo documento ufficiale a riconoscere la
libertà di associazione è la Costituzione del 1922, emendata nel 1998 in seguito ai numerosi
cambiamenti economico sociali, e rinforzato dalle leggi successive che governano il Terzo
Settore. L’articolo 102 sancisce che “ognuno ha il diritto a formare un’associazione, partito
politico e qualsiasi altra organizzazione pubblica”.
Due leggi chiave hanno regolato fino al 2003 l’istituzione, il registro e le attività delle NGO: la
legge sulle organizzazioni pubbliche e le loro associazioni del 1992 e quella sulle organizzazioni
senza scopo di lucro adottata nel ’91.
Secondo queste le NGO sono libere di lavorare senza interferenze governative, di criticare
l’operato delle autorità locali e centrali e non possono essere dissolte per ragioni politiche.
L’NGO Centre di Riga, istituito nel 1996 con il supporto del Governo Danese, la Fondazione
Soros e l’UNDP, ha ricoperto e ricopre tuttora un ruolo di importanza fondamentale nello
sviluppo della società civile lettone.
I suoi compiti sono molteplici:
- Fornisce sostegno pratico, formativo e di assistenza legale alle varie organizzazioni;
- Costruisce il legame tra il settore del privato sociale e quello pubblico e privato;
- Rappresenta le organizzazioni nei processi legislativi più importanti;
- Intrattiene relazioni con i donatori interni ed esteri;
- Partecipa con gli altri rappresentati ai tavoli sulla programmazione dei servizi.
Al momento sta collaborando con il Baltic American Partnership Program le cui priorità per il
periodo 2005-2007 sono l’aumento della sostenibilità del Terzo settore ed in particolare il ruolo
di advocacy. L’obiettivo è di completare il processo di riforma legislativa iniziato negli anni
precedenti, di sviluppare la capacità di difendere (to advocate) la propria identità ed i propri
interessi e di monitorare il lavoro delle istituzioni pubbliche.
Uno degli esempi più visibili di “public advocacy” è stata la coalizione formata per fermare il
Ministro delle Finanze dall’abbassare le deduzioni a favore delle imprese private che finanziano
le Ngo che, altrimenti, avrebbero messo in crisi la sostenibilità, già precaria, di queste ultime.
Un’altra funzione ugualmente importante è stata la pressione esercitata con attività di lobbying
nei confronti del Governo al fine di modificare le leggi precedenti soprattutto in merito ai
20
processi di registrazione ed al sistema di tassazione delle Ngo, che ha portato all’approvazione
da parte del Parlamento Lettone nel 2003 della “Legge sulle Associazioni e Fondazioni”, la
quale è entrata in vigore nell’Aprile 2004.
La nuova legge semplifica la classificazione esistente attraverso la creazione di due categorie
principali, Fondazioni ed Associazioni; agevola il processo di registrazione e riduce i pagamenti
Permette inoltre di dedicarsi ad attività economiche purchè non diventi il settore di intervento
primario.
Prima della nuova legge alle Fondazioni non era riconosciuto lo status legale, di conseguenza la
maggior parte di queste era registrata come “compagnie no-profit”. In questo modo era
veramente difficile ottenere assistenza statale e deduzioni fiscali poiché considerate alla
stregua di organizzazioni commerciali.
Attualmente nel territorio Lettone è presente una rete composta da 14 Centri di Supporto
regionale che promuovono la diffusione delle informazioni e agevolano l’accesso ai servizi di
base quali ad esempio computers, fotocopiatrici e fax.
I principali problemi che le organizzazioni devono affrontare riguardano soprattutto la
sostenibilità finanziaria e la capacità organizzativa.
L’80% delle risorse finanziarie del Terzo Settore proviene da donatori internazionali, i quali
però in questo ultimo periodo hanno ridotto notevolmente le quote di finanziamento.
Il Governo non fornisce supporto, mentre le risorse messe a disposizione dalle istituzioni locali
sono ancora molto limitate a causa della paura di perdere il controllo di specifici ambiti che
sono sotto la loro responsabilità. Questi percepiscono le ngo come dei rivali nella competizione
per aggiudicarsi risorse limitate e si sentono minacciati dal prestigio che potrebbero ottenere.
Anche il supporto del settore privato è raro e quasi mai supera il 10% dei bisogni organizzativi.
Quindi l’unica fonte di sostentamento proviene dall’attività di fund-raising realizzate dalle NGO
stesse.
Così i servizi forniti da queste ultime più che rispondere ai bisogni dei territori di appartenenza
sono maggiormente interessate ad attrarre finanziamenti che incontrino i bisogni dei donors.
I principali donatori internazionali sono il BPPA e l’UNDP, mentre quelli interni sono la
fondazione SOROS e SAWA.
Il secondo aspetto riguarda la loro organizzazione interna, la quale è ancora relativamente
debole. Come stabilito dalla legge, le Ngo esplicitano la loro mission nello statuto ma solo
alcune riescono a costruire un piano strategico di lungo periodo, la maggior parte elabora piani
di lavoro annuali poiché è alla costante ricerca di fondi per continuare le attività progettuali. Di
conseguenza i progetti non riescono ad avere un impatto ed una sostenibilità durevole.
Un altro problema è costituito dallo staff composto quasi esclusivamente da volontari. Il
personale retribuito secondo le tariffe dei contratti nazionali è pagato dai donors e tende a
ricevere uno stipendio misero, per cui è impiegato solo part-time. Tutto è causato dal non
riconoscimento da parte del Governo dello status di volontario. Il rimborso delle spese può
essere concesso solo ai “volontari” con apposito contratto di lavoro il quale prevede il
pagamento del minimo salariale ed il versamento dei contributi sociali.
E’ qui però che nasce il paradosso: come può essere considerato volontario una persona che
ha regolare contratto e riceve un salario mensile??
Inoltre, essendo la maggior parte delle NGO di piccole dimensioni non hanno Consiglio
Direttivo né un “ufficio tecnico” e non dispongono nemmeno di un’attrezzature di base. Sono
gli stessi individui a prendere le decisioni di qualsiasi tipo incrementando spesso un potenziale
conflitto d’interesse.
Anche per quello che riguarda la visibilità e la realizzazione di campagne di sensibilizzazione
della società civile esistono grossi problemi organizzativi e finanziari legate in particolare alla
mancanza di trasparenza e di un codice etico esplicito. Le NGO stanno divenendo consapevoli
di tale mancanza ed alcune di loro ha iniziato a pubblicare un rapporto annuale sulle attività
realizzate.
La ricerca sulla situazione attuale del Terzo Settore in Lettonia è caratterizzata da numerose
lacune per cui non è stato possibile andare in profondità soprattutto a causa della mancanza di
materiale in lingua inglese (sia il sito che le leggi sono in lingua lettone) e di dati disponibili.
21