Nostradamus a spasso per Torino

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Nostradamus a spasso per Torino
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Nostradamus
a spasso per Torino
Era l’anno 1559 per gli uomini della terra, senza tempo per Nostradamus che si trovava a Torino per conto della corte savoiarda. Un lavoretto semplice: predire il sesso del futuro figlio di Margherita di Francia e di Emanuele Filiberto. Semplice si fa per dire, accettare l’incarico poteva
essere pericoloso, le probabilità di successo erano del 50% ed un eventuale responso errato lo avrebbe screditato presso le alte committenze.
Mentre si dedicava a questo caso, per distrarsi volle fare un salto nel futuro sintonizzandosi nella Torino del 2012. Era il maggio odoroso e si ritrova nel bel mezzo di un’intera città in festoso movimento, divisa in due schiere: l’una con colori bianco-neri inneggiante ad un certo Conte, l’altra con colori granata clamante al seguito di un capitano di Ventura. Per comprendere questa orgia di canti e balli che spingeva tutti verso piazza San Carlo, decise di tornare indietro nel tempo avendo cura di farsi aiutare nella ricapitolazione da due partecipanti di diversa foggia.
Narra il bianconero:
tutto cominciò quel pomeriggio inoltrato in una panchina di corso Re Umberto,
che da piazza Solferino in duplice filar di platani giunge fin quasi al vecchio stadio Mussolini, poi Comunale ed ora Olimpico; lì un manipolo di studenti del liceo
classico ‘Massimo d'Azeglio’ si riunisce per dare alla luce lo Sport Club
Juventus. Era il 1º novembre 1897. La prima maglia della squadra fu rosa, con
cravatta o papillon nero; nel 1903 la Signora si rifece il look, diventando
bianconera.
Non tutto è andato liscio in questa cavalcata centenaria; triste è il ricordo della
tragedia dell'Heysel del 29 maggio 1985 e non capiamo ancora oggi perché la
stagione 2006-2007 la Juventus l’abbia giocata in serie B. La Juve è il grande
amore di milioni di tifosi in patria e nel mondo perché la Juve non tradisce mai.
È stato scritto in quel lontano 2006 con rabbia, palesando una ingiustizia
confermata poi dai riscontri, che l'uso smodato del telefono è stato decisivo nei
successi della Juve, inquinando non solo l'etere ma producendo la nascita
istantanea e simultanea di una squadra di fenomeni. Solo che ormai il disastro
è compiuto e per rifare quella Juve ci vorranno generazioni.
Narra il granata:
tutto cominciò in una sala degli ammezzati dell’allora Ristorante Fiorina (altrimenti detto Birreria Voigt), dove la sera del 3 dicembre 1906 nasceva il Foot
Ball Club ‘Torino’. Mi commuovo al pensiero che Torino Magazine abbia avuto
l’onore di scoprire, insieme al presidente Cairo, la targa commemorativa per i
cento anni del Toro, sistemata appunto in quella stessa saletta ora Bar
Ristorante Norman in via Pietro Micca 22.
Era l’anno 2006! Anno del nostro ritorno nella serie maggiore; quello in cui
Chiambretti ricordava che ‘eravamo l’unica squadra piemontese in serie A’.
Siccome ‘Vincere sempre, e con classe’ è l’imperativo categorico della
Signora siamo tornati con tenacia a riproporci grandi.
La nuova Juve c’è, e per definizione è sempre l'ultima. L'ultima è un'occasione di speranza che possa continuare; ‘bisogna crederci’ dice Andrea Agnelli.
Dice anche che ci sono due squadre, una che va in campo e una dietro le quinte; per me ce n'è una terza e sono i tifosi. Una grande società deve avere grandi tifosi, sportivi, affezionati, legati alla squadra anche se non sempre va come
si vorrebbe. L’inno d’amore per la Juve, cantato nel grande Juventus Stadium
sempre colmo di gente, deve accompagnare i nostri giocatori sia quando si
vince che quando si perde. A ricordo della vecchia struttura del Delle Alpi sono
rimasti i due pennoni. Il resto della costruzione è una magnifica realizzazione
di ingegneria moderna con gli spalti che, in vertiginosa pendenza, cadono a
picco sul prato verde. È lo Juventus Stadium dove:
Caro Nostradamus devi aiutarci a sistemare una cosa. Tengo a dirti che un assessore alla viabilità un po’ burlone ha piazzato il corso Grande Torino a ridosso dell’antico Stadio Delle Alpi, zona paludosa, scivolosa, inquinata dai vicini. Può darsi
che la scelta sia dovuta al guizzo di uno spirito illuminato che ha voluto quel corso
come linea Gotica, a contrastare le future mire espansionistiche dei cugini.
Secondo me il corso Grande Torino deve indicare la strada che da Sassi
porta a Superga: quella deve diventarlo, corso, viale o stradone che sia, dove
almeno una volta nella vita uno come noi la percorra recitando ad alta voce, a
futura memoria, la formazione di quei campioni bloccati sul sacro colle. Semel
in anno dovremmo andare a ringraziare, nella saletta del Norman, quei 23 simpaticoni che, oltre a fondare la società, scelsero anche i colori sociali: granata
e bianco.
Colori che avvolgono la storia del Torino in un alone di drammaticità.
Prima Superga, poi per quanto avvenuto in quella sera piovigginosa e triste del
15 ottobre del ’67, quando nel mezzo di corso Re Umberto un rocambolesco
incidente d’auto si porta via Meroni, o quando, per un’opera di dissacrazione
della memoria, viene abbattuto il vecchio e glorioso Filadelfia per farlo ‘più
grande e più bello che prima’.
La gag di Petrolini è opportuna, perché la ricostruzione sembra una comica che
si recita da anni senza fare neppure ridere.
Ora 2012 è il momento del tripudio! Godiamoci questa magnifica cavalcata
dalla serie B sino all’Olimpo, la città si riscopre granata.
Il Conte guerriero di alto lignaggio,
non teme la pugna, ha grande coraggio,
sul fronte nemico si lancia in tenzone,
col filo di voce rimastagli in petto
incalza la Juve e urla: scudetto!!
Il Toro infuriato del bravo Ventura
qui scalpita, sbuffa, la zebra ha paura,
la insegue, l’azzanna, lei cambia colore,
dal nero al bianco, al pallido smorto,
or siamo sicuri il Toro è risorto.
P.S. Nostradamus fece bella figura prevedendo correttamente il sesso dell’erede di Margherita e Filiberto.
sandrocenni&landomoglia
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