SCHEDA TECNICA - Rilevanza di macchinari ed impianti situati all

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SCHEDA TECNICA - Rilevanza di macchinari ed impianti situati all
SCHEDA TECNICA - Rilevanza di macchinari ed impianti situati all’interno degli
immobili ai fini della determinazione della rendita catastale degli immobili industriali
Le modalità di determinazione della rendita catastale degli immobili industriali - e della
rilevanza di macchinari ed impianti situati all’interno degli immobili ai fini della
determinazione della rendita - hanno dato luogo ad un lungo contrasto sia dottrinale che
giurisprudenziale, che continua a causare alle imprese difficoltà interpretative ed
applicative e che ha portato all’instaurarsi di un significativo numero di contenziosi.
La normativa catastale
La normativa catastale prevede che la redditività media ordinaria degli immobili per le
categorie speciali e particolari (nel caso di specie gruppo catastale D – Immobili a
destinazione speciale, categoria D1 – Opifici) sia individuata mediante stima diretta per
ciascuna unità immobiliare (art. 10 del R.D.L n. 652/39).
La stessa normativa prevede che la stima possa essere eseguita con il metodo diretto o
indiretto. Il metodo diretto, che consiste nella comparazione con beni similari di cui si
conoscano caratteristiche tecniche ed economiche (canone di locazione), trova
difficilmente applicazione per la difficoltà di reperire dati comparabili. Il metodo indiretto è
invece quello più frequentemente usato e, in relazione alla peculiarità degli immobili
industriali e dei dati economici ordinariamente rilevabili dal mercato, fa di regola
riferimento ad una valutazione in base al valore di ricostruzione (circolare 4T/2009) 1.
La fase iniziale e forse più delicata della valutazione prevede l’individuazione delle
componenti che concorrono a formare l’investimento di natura immobiliare, ed in
particolare la valutazione degli impianti fissi, cioè dei macchinari ed impianti installati
all’interno dell’immobile, incorporati nelle opere murarie, fissati al suolo o installati in via
transitoria. E’ su questa fase della valutazione che si concentrano numerose difficoltà
interpretative ed applicative.
La prassi
Al fine di ripercorrere in modo estremamente sintetico ed in ordine cronologico i
chiarimenti più rilevanti forniti sulla questione, si ricorda che già nel 19422 era stato
indicato che “nel caso di opificio, il valore della consistenza immobiliare deve comprendere
anche il valore delle installazioni connesse od incorporate coi fabbricati o comunque
stabilmente infisse ad essi, che ai sensi della legge vigente sull’imposta dei fabbricati sono
da considerarsi come facenti parte dell’opificio”.
La circolare n.123/44 della Direzione Generale del Catasto aveva successivamente
indicato che gli immobili industriali sono indicati nel catasto mediante l’elencazione degli
elementi costitutivi, quali gli edifici, le aree etc, e che “debbono considerasi come parti
1
Per incentivare l’attribuzione di una rendita catastale ai fabbricati industriali, è stato previsto che la rendita
possa essere determinata a partire da una stima predisposta da un esperto di parte aziendale (procedura
DOCFA, DM n. 701/94), successivamente sottoposta alla valutazione del funzionario catastale dell’Ufficio
Provinciale dell’Agenzia del Territorio, sulla base della normativa catastale e dei criteri e delle indicazioni
generali fornite dell’Agenzia stessa. In determinate situazioni, l’iniziativa per la determinazione della rendita
catastale è attribuita ai Comuni in base alla cosiddetta “procedura speciale” ex art. 1, comma 336 della legge
n. 3/04. Sul punto, si veda più avanti nella nota.
2
Istruzione III, anno 1942 – Accertamenti particolari, paragrafo 52), relativa al Regio Decreto Legge
n.652/39.
integranti dei medesimi i generatori della forza motrice, i meccanismi ed apparecchi che
servono a trasmettere la forza motrice stessa, quando siano connessi ed incorporati col
fabbricato. Non sono da considerasi come tali le trasmissioni e le macchine lavoratrici”.
La Direzione Catasto, con la circolare 3/2935 del 1990 e facendo riferimento all’Istruzione
sopra citata del 1942, ha poi precisato che “le installazioni connesse od incorporate con i
fabbricati (ad esempio un altoforno, una caldaia a vapore) concorrono certamente a
determinare il valore della consistenza, e parimenti gli impianti stabilmente infissi (ad
esempio una gru a ponte, un montacarichi). Non si ritiene invece che rientrino tra le
installazioni stabilmente infisse quelle che sono semplicemente imbullonate alle strutture
murarie o comunque fissate in modo da essere rimovibili senza interventi sulle strutture
del fabbricato (ad es. una macchina utensile). Pertanto nella determinazione del valore da
porre a base della rendita catastale, si dovranno comprendere le sole installazioni
connesse all’immobile o quelle stabilmente infisse come sopra definite”.
Il DM n. 28/98 (art. 2 c.3) ha indicato che “sono considerate unità immobiliari anche le
costruzioni ovvero porzioni di esse, ancorate o fisse al suolo, di qualunque materiale
costituite, nonché gli edifici sospesi o galleggianti, stabilmente assicurati al suolo, purché
risultino verificate le condizioni funzionali e reddituali di cui al comma 1”, ossia purché
presentino potenzialità di autonomia reddituale e funzionale.
Il più recente intervento di prassi è rappresentato dalla circolare dell’Agenzia del Territorio
– Direzione Centrale Catasto, n. 6 del 30 novembre 2012.
La circolare fornisce chiarimenti di natura preminentemente tecnico estimale, finalizzati
alla corretta individuazione delle componenti immobiliari oggetto della stima catastale, in
conformità alla normativa di settore ed in coerenza con gli indirizzi giurisprudenziali
formatesi nel tempo sul tema.
Il documento di prassi fornisce, altresì, indicazioni metodologiche ed operative per
l’applicazione dei diversi procedimenti di stima, previsti dall’ordinamento catastale per
queste tipologie di immobili.
In particolare riferimento alla componente impianti la Direzione Catasto riprende quanto
affermato dalla Corte Costituzionale con la citata sentenza n. 162 del 20 maggio 2008 per
ribadire che “nella determinazione della rendita catastale deve tenersi contro di tutti gli
impianti che caratterizzano la destinazione dell’unità immobiliare, senza i quali la struttura
perderebbe le caratteristiche che contribuiscono a definire la specifica destinazione d’uso
e che, al tempo stesso, siano caratterizzati da specifici requisiti di immobiliarietà a
prescindere dal sistema di unione utilizzato per il collegamento alla struttura”.
E ancora mutuando le affermazioni della Corte Costituzionale l’Agenzia afferma che “…al
fine di valutare quale impianto debba essere incluso o meno nella stima catastale deve
farsi riferimento non solo al criterio dell’essenzialità dello stesso per la destinazione
economica dell’unità immobiliare, ma anche alla circostanza che lo stesso sia “fisso”,
ovvero stabile (anche nel tempo), rispetto alle componenti strutturali dell’unità
immobiliare”.
La valutazione di quali impianti abbiano tali caratteristiche viene rimessa a coloro che
procedono all’accatastamento a “presuppone la piena conoscenza dei beni immobiliari
oggetto di stima e dell’evoluzione, anche sotto il profilo tecnologico, dei processi produttivi
che negli stessi vengono svolti e che determinano con chiarezza la destinazione d’uso
dell’immobile”.
Entrando nel merito di quali impianti debbano essere compresi nella stima la Direzione
Catasto ne indica alcuni tra cui le ciminiere, gli impianti di depurazione dei fumi, le caldaie,
i condensatori, i catalizzatori ed i captatori di polveri per le centrali termoelettriche, gli
altiforni, le pese, i grandi impianti di produzione vapore, i carri ponte e i montacarichi.
Per quanto attiene invece le componenti da escludere la Circolare esclude le
apparecchiature mobili, quali robot e macchine utensili nonché quegli impianti che, pur
funzionali all’attività dell’opificio non rappresentano per la stessa destinazione componenti
essenziali quali ad esempio le apparecchiature elettroniche per la gestione delle
trasmissioni telefoniche e radiotelevisive.
La giurisprudenza
Numerosi sono stati i contenziosi avviati negli anni dai contribuenti, proprietari di fabbricati
industriali, che non hanno accettato l’inclusione da parte degli uffici dell’Agenzia delle
Entrate del valore di determinati macchinari ed impianti nella stima per l’attribuzione della
rendita catastale.
In particolare la pronuncia della Corte Costituzionale del 2008, successivamente ripresa
anche dalla Cassazione, senza esaminare la copiosa giurisprudenza precedente, se non
per ricordare che in precedenza alcune Commissioni Tributarie avevano osservato che
“oggetto della valutazione sono gli immobili ed il risultato della valutazione, la rendita
catastale, esprime il reddito immobiliare e non il reddito industriale dell’opificio (…). Il
macchinario non incorporato nell’edificio, la cui rimozione o sostituzione è possibile senza
alterare la struttura muraria, concorre certamente alla produzione industriale di reddito
d’impresa, ma certamente non di reddito fondiario da determinare a catasto”3.
La Corte Costituzionale, pronunciandosi nel 2008 su una questione di legittimità
costituzionale relativa ai criteri di calcolo della rendita catastale degli immobili delle
aziende idroelettriche4, ha precisato invece che la possibilità di separazione di un impianto
dal suolo non esclude che esso possa mantenere la sua natura immobiliare.
Secondo la Corte, ai fini della determinazione della rendita catastale non è rilevante
l’amovibilità o meno dell’impianto o del macchinario. Il criterio determinante per decidere
se l’impianto o il macchinario rileva ai fini della determinazione della rendita catastale del
fabbricato industriale in cui si trova è invece se esso costituisce o meno una componente
strutturale ed essenziale per la funzione complessiva ed unitaria del fabbricato industriale.
Nel caso specifico delle centrali idroelettriche, la Corte Costituzionale ha confermato la
legittimità costituzionale della norma che ha ricompreso nel calcolo della rendita catastale
le turbine - anche se si tratta di beni meccanicamente separabili dall’immobile - in quanto
esse sono da considerare parte integrante degli immobili delle aziende idroelettriche, ed
essenziali per la destinazione economica di tutta la centrale idroelettrica, che non sarebbe
3
Parte della dottrina, commentando le relative sentenze, aveva osservato che se gli impianti e i macchinari
dovessero essere valutati ai fini dell’attribuzione della rendita catastale degli opifici, questo determinerebbe
un aumento dell’imposizione ICI a carico delle imprese, non solo inopportuno ma anche illegittimo. La
circostanza che l’esercizio di un’attività economica mediante impianti e macchinari possa produrre sia un
reddito d’impresa oggetto di imposizione Ires, sia un reddito catastale oggetto di imposizione ICI,
integrerebbe una fattispecie di doppia imposizione in quanto il medesimo presupposto graverebbe l’impresa
di due tributi.
4
Sentenza n. 162 del 2008, in Gazzetta Ufficiale n. 23 del 28/05/2008. La Corte era stata chiamata a
pronunciarsi sulla legittimità costituzionale dell’art. 1 quinquies del DL n. 44/05 che introduceva regole ad
hoc per la determinazione delle rendite catastali delle centrali elettriche. Al fine di risolvere una serie di
contenziosi, con norma di interpretazione autentica il decreto affermava che limitatamente alle centrali
elettriche il RDL n.652/39 si interpreta nel senso che “i fabbricati e le costruzioni stabili sono costituiti dal
suolo e dalle parti ad esso strutturalmente connesse, anche in via transitoria, cui possono accedere,
mediante qualsiasi smezzo di unione, parti mobili allo scopo di realizzare un unico bene complesso.
Pertanto, concorrono alla determinazione della rendita catastale (…) gli elementi costituivi degli opifici (..) di
cui al periodo precedente anche se fisicamente non incorporati al suolo”.
concepibile senza le turbine. In altre parole, si tratta di “componenti che contribuiscono in
via ordinaria ad assicurare, ad una unità immobiliare, una specifica autonomia funzionale
e reddituale stabile nel tempo”.
Lo stesso ragionamento, secondo la Corte, si applica agli immobili industriali dotati di altri
beni mobili strumentali strutturalmente connessi e che ne costituiscono una componente
strutturale ed essenziale. La Corte cita, a titolo di esempio, altiforni, carri-ponte e grandi
impianti di produzione di vapore.
In questo senso si è successivamente allineata la Cassazione5, che ha sottolineato che
ciò che rileva, ai fini della determinazione della rendita, è il collegamento funzionale tra il
fabbricato e gli impianti e i macchinari che sono al suo interno.
Con riferimento alla giurisprudenza di merito è importante segnalare alcune sentenze che
riguardano i siti produttivi del comparto metallurgico e siderurgico ubicati nella Provincia di
Brescia.
In dettaglio la Commissione Tributaria Provinciale di Brescia in più di un occasione ha
statuito che nell’ipotesi di impianti siderurgici ai fini catastali debba essere oggetto di
valorizzazione solo la parte immobiliare con esclusione degli impianti: fra tutte la sentenza
della sez. 10 n. 1461/11 del 29 febbraio 2012.
La sentenza citata è stata però riformata dalla recente pronuncia della Commissione
Tributaria Regionale di Milano Sez. 67 del 16 dicembre 2013: il contribuente ha ricorso in
Cassazione.
Sempre in relazione al comparto siderurgico vi è un secondo contenzioso in cui la
Commissione Tributaria Regionale di Milano, sez. 1, con la sentenza n. 14 del 24 gennaio
2011 ha escluso dalla rendita gli impianti e i macchinari: anche in questo secondo caso il
ricorso è pendente in Cassazione a seguito dell’appello presentato dall’Ufficio.
Le difficoltà interpretative ed applicative delle imprese
La recente pronuncia della Corte Costituzionale lascia aperte numerose difficoltà
interpretative, in relazione alla definizione della natura strutturale ed essenziale del singolo
macchinario o impianto.
Da un lato, la definizione offerta sembra rendere indispensabile una verifica tecnica caso
per caso, effettuata da professionisti esperti del settore, al fine di determinare se il singolo
macchinario o impianto costituisca una componente strutturale ed essenziale del
fabbricato industriale o se invece nel caso specifico non sia dotato di tali caratteristiche.
Dall’altro lato, il margine di discrezionalità della verifica tecnica e della valutazione da parte
degli uffici provinciali dell’Agenzia delle Entrate – che operano perlopiù sulla base di
elencazioni esemplificative ma non esaustive - comporta la mancanza di un quadro chiaro
e una conseguente disomogeneità di trattamento sul territorio.
Nel complesso, la mancanza di certezza e di omogeneità nell’attribuzione della rendita dei
fabbricati industriali comporta difficoltà interpretative ed applicative per le imprese, con il
crearsi di materia di contenzioso, particolarmente rilevante nel caso di stima di grandi
complessi produttivi.
Va infine ricordato che la situazione di incertezza si è aggravata a seguito dell’iniziativa
attribuita ai singoli Comuni (oltre che agli Uffici Provinciali del Territorio) per la
determinazione della rendita catastale ai sensi della cosiddetta “procedura speciale” ex
5
Cassazione n. 26441 del 4 novembre 2008.
art. 1, comma 336 della legge n. 3/04. In base a tale procedura, nel caso di immobili non
dichiarati ovvero sottoposti ad interventi di manutenzione straordinaria, i Comuni possono
notificare direttamente alle imprese la richiesta di aggiornamento delle rendite inviandone
copia anche all’ Agenzia delle Entrate – Ufficio Provinciale del Territorio.