FIR2003-8(1) - Centro della Famiglia

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FIR2003-8(1) - Centro della Famiglia
SEZIONE DOCUMENTI:
Strumenti di valutazione familiare (5)
Continuiamo questa specifica sezione di “documenti” dedicata alla presentazione degli strumenti di
valutazione di variabili familiari, messi a punti in particolare presso il Centro Interdipartimentale di
Ricerca sulla Famiglia dell’Università di Padova. Si tratta in gran parte di strumenti non pubblicati e
quindi riservati, ma che compaiono in molte ricerche degli ultimi decenni e che pertanto hanno a
giustificazione dei risultati di ricerca consolidati. Una copia del materiale diagnostico che verrà
illustrato via via in questa sezione, è depositato presso la biblioteca interdipartimentale di psicologia
“Fabio Metelli” dell’Università di Padova (via Venezia 10) e può essere consultata da ricercatori,
studenti e operatori secondo il regolamento della biblioteca stessa. Salvo ulteriori precisazioni, la
proprietà di questi strumenti è del CIRF e l’eventuale utilizzo a scopo di ricerca e/o formativo-clinico
va concordato direttamente con il Centro.
QUESTIONARIO DI INTIMITÀ FAMILIARE
di Mario Cusinato
La radice della parola intimità è nel latino “intimus”, superlativo di “intus”, interno, quindi si
riferisce alle caratteristiche più interne di una cosa o di una persona. Ma intimus si origina anche dal
verbo “intimare”, che significa annunciare, far conoscere formalmente. Quindi il termine intimità ha
una duplice valenza: si riferisce sia a qualcosa di privato, sia a qualcosa di pubblico: riguarda sia i
sentimenti come gli eventi interpersonali (Cusinato, 1992). Secondo Pasini (199), “non c’è niente di
più ambiguo del termine intimità” (p. 33): per alcuni indica la quotidianità, la condivisione delle piccole cose, un tuffo all’indietro nel mondo dell’infanzia, per altri un privilegio, un piacere riservato a
pochi, un rifugio nel quale riassaporare le vere gioie della vita. É la struttura stessa dell’intimità a
suggerire fraintendimenti; si rivela infatti simile al canto delle sirene di Ulisse, attraente e pericolosa
al tempo stesso. Da una parte seduce: nessuno vuole rinunciare ad una relazione che permette di instaurare una piena comunicazione intellettuale, affettiva e sessuale. D’altra parte è un lusso affettivo
che non tutti possono concedersi: come il canto delle sirene porta con sé il pericolo di essere inghiottiti dai flutti delle emozioni.
Waring, McElrath, Lefcoe e Weisz (1981) hanno chiesto a 50 adulti residenti in ambiente
universitario cosa rappresenti per loro il concetto di intimità. Emersero quattro temi: il primo riguardava il mostrare pensieri privati, sogni e credenze; il secondo la sessualità con enfasi sull’affetto e
sull’impegno più che sulla specifica attività sessuale; il terzo l’assenza di rabbia e di risentimento
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nelle relazioni intime, presenti invece nelle relazioni interpersonali lontane; il quarto l’avere un senso
stabile di sé e della propria identità. Molte altre definizioni di intimità sono state date dai ricercatori.
Alcuni temi, propri delle definizioni che fanno parte del senso comune, passano attraverso queste
definizioni. Tre di questi sono la vicinanza e l’interdipendenza dei partner, il grado di autorivelazione
e l’esperienza di affetto e calore. Naturalmente possono esserci delle differenze tra le definizioni ed è
possibile che la natura dell’intimità vari attraverso le culture e il tempo (Perlman e Fehr, 1987).
Alcuni autori concettualizzano l’intimità in termini di interdipendenza; tra questi, Lewis
(1978) definisce l’intimità come una reciproca autorivelazione, diversa dall’apertura verbale, come
una dichiarazione di apprezzamento e di amore dell’altro. Altri autori hanno costruito definizioni
multidimensionali traendole dai risultati delle ricerche rilevanti per il costrutto di intimità (Dahms,
1972; White, Speisman, Jackson, Bartis e Costos, 1986). Data la derivazione empirica e l’orientamento dei ricercatori di focalizzarsi su coppie impegnate, le definizioni multidimensionali sono particolarmente adatte a specificare la natura dell’intimità nelle relazioni romantiche durevoli.
Le definizioni operazionali sono derivate solitamente da interessi pratici per gli indici comportamentali dell’intimità; possono essere raggruppate in tre sottotipi ciascuno dei quali mette in risalto qualcosa tralasciando altri aspetti: manifestazioni comportamentali, misure self-report e indicatori relazionali di intimità. Sono oggetto di critica perché il concetto di intimità diventa sinonimo di
altri costrutti oppure riguarda un numero circoscritto di comportamenti.
Prospettive teoriche
Non solo le definizioni trovano poco accordo tra i teorici dell’intimità, ma sollevano una serie consistente di questioni:
(a) L’intimità risiede nelle persone o tra le persone, cioè l’intimità è una qualità della persona o dell’intenzione, oppure le due possibilità non si escludono a vicenda? Le posizioni in proposito sono
varie. Alcuni autori concettualizzano l’intimità come una capacità individuale (Erickson, 1963; Mc
Adams, 1985; Sullivan, 1953), mentre altri sono orientati per un significato esplicitamente interazionale: si veda a questo proposito la teoria dello scambio sociale, la teoria dell’equilibrio e gli approcci
sistemici. Qualunque sia la posizione assunta da una teoria, è ovvio che una misura che indaghi le
caratteristiche statiche di un individuo, piuttosto che gli aspetti dinamici dell’interazione, non possa
essere adatta a monitorate le relazioni intime (Acitelli e Duck, 1987).
(b) L’intimità è uno stato o un processo? Il secondo si distingue dal primo termine per l’enfasi posta
sul movimento e sulla dimensione temporale. Erickson e i teorici delle relazioni oggettuali, come
pure Sullivan, vedono l’intimità come uno stato che si verifica nella relazione tra due persone con
determinati requisiti; anche le teorie dello scambio sociale, dell’apprendimento, nonché l’approccio
sistemico sembrano focalizzarsi su pattern di interazioni stabili per mantenere l’intimità ad un livello
relativamente fisso, cioè questi approcci sommano comportamenti discreti e assumono che l’intimità
sia definita dalla quantità di determinate attività (Acitelli e Duck, 1987). Le teorie umanistiche e la
psicologia sociale sono orientate a concettualizzare l’intimità come un processo continuo e flessibile.
Entrambe le posizioni adducono ragioni fondate; infatti l’intimità può essere vista come processo che
si evolve nel tempo, ma, allo stesso tempo, deve mostrare delle caratteristiche stabili, altrimenti non
si possono distinguere le relazioni intime da quelle non intime.
(c) La percezione dell’intimità di coppia vista dai protagonisti differisce dalla percezione degli osservatori esterni? Sia che i ricercatori scelgano di studiare l’intimità da una prospettiva interna che esterUniversità di Padova
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na, riflettono non solo una preferenza metodologica, ma anche un orientamento filosofico e teoretico
(Olson, 1977). I fenomenologi valutano la struttura soggettiva (interna) di riferimento, mentre i comportamentisti preferiscono la struttura oggettiva (esterna) di riferimento. Così ci sono teorici dell’intimità che si situano all’estremo del continuum (fenomenologi e comportamentisti) e teorici che si situano nel mezzo (Acitelli e Duck, 1987). Un modello epigenetico dello sviluppo dei sistemi relazionali
Proprio in considerazione dell’importanza biologica della famiglia, accanto all’evoluzione
storica del concetto di intimità, Wynne e Wynne (1986) hanno proposto un modello epigenetico, evolutivo, dei processi nei sistemi interpersonali, per dimostrare che tali processi seguono una precisa
sequenza di sviluppo riguardanti quattro livelli: (a) comportamenti di attaccamento e/o custodia; (b)
la comunicazione, come condivisione di un focus di attenzione e scambio di messaggi e di significati;
(c) la soluzione congiunta dei problemi, cioè la condivisione rinnovabile di compiti, interessi e attività; (d) la mutualità, modelli di rinnovato impegno reciproco che rinforzano e approfondiscono ciascuna delle precedenti modalità di rapporto, in un modello variabile, legato sia agli stati interni dei partecipanti, sia al contesto esterno.
Ciascuno di questi quattro concetti può essere considerato, dal punto di vista di un sistema di
relazioni, il “polo positivo” di una dimensione. Il “polo o lato negativo” corrispondente indica una
forma di distanza, divergenza, differenziazione o fallimento relazionale. É piuttosto difficile stabilire
quale posto occupi il concetto di intimità in una teoria dei processi di relazione. Spesso nella letteratura popolare l’intimità viene pubblicizzata come un rapporto ideale. Nel corso della storia e dei cambiamenti socio-culturali, l’intimità è stata più un lusso che una necessità di sviluppo nei sistemi di
relazione. Come sottolineano Schaefer e Olson (1981), le ricerche si sono concentrate nel tentativo di
definire, teorizzare e validare la natura di tale concetto.
Wynne e Wynne (1986) descrivono l’intimità come un aspetto incostante e soggettivo della
relazione, quale condivisione di sentimenti e fantasie personali, un’esperienza significativa collegata
con ciascuna delle fasi descritte. In uno scambio intimo l’individuo si apre all’altro, comunicando
verbalmente o sul piano non verbale con una forte carica emotiva, mostrando di accettare il suo interlocutore, che potrebbe anche mostrarsi sleale o approfittare della situazione, ma nello stesso tempo si
ha fiducia che non lo farà. Questa definizione suggerisce che l’intimità può essere un’esperienza molto forte, significativa e umana, complicata dal punto di vista emotivo, seducente, ma anche temibile.
Secondo questi autori, il concetto di intimità deve pertanto essere utilizzato per indicare i rapporti
complessi di coloro che sono cresciuti oltre la fase di attaccamento/custodia.
É necessario distinguere anche tra intimità e sessualità. Una passione sessuale può nascere in
un contesto di relazione che dura da tempo, senza che siano avvenute delle esperienze di intimità, e
può diventare una forte spinta motivazionale a ricercare in futuro un rapporto di questo tipo. Al di
fuori di una relazione costante nel tempo le passioni nei rapporti dì infatuazione vengono spesso erroneamente descritte come episodi di intimità.
Sembra inoltre che vi sia una differenza nel corso della vita tra maschi e femmine rispetto alla
rapidità e facilità con cui riescono a stabilire rapporti di intimità; sembra che le donne siano più portate a stabilire delle relazioni di intimità. Per i maschi, se e quando si stabilisce un rapporto di intimità, sembra svilupparsi soltanto dopo che sono state soddisfatte le richieste pressanti di soluzione con-
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giunta dei problemi.
Nell’attuale versione dello schema epigenetico, l’intimità viene definita come una fase non
costante al di là della mutualità; talvolta l’intimità viene ricercata come una qualità che ha un valore
intrinseco. Per esempio, una difficoltà comune alle coppie moderne è rappresentata dal fatto che sono
così preoccupate di mantenere un rapporto di intimità, da non riuscire a darle priorità rispetto alla
necessità di risolvere i problemi quotidiani. L’intimità può aggiungere alla soluzione congiunta dei
problemi nuovi ingredienti; nello stesso tempo, la possibilità di fare liberamente dei tentativi per arrivare a delle soluzioni può porre le basi per delle esperienze più profonde.
Strumenti di assessment
Le controversie concettuali sull’intimità hanno una loro consistenza e superano la messa a punto di specifiche definizioni legate direttamente alla operazionalizzazione del costrutto e quindi alla
tecniche di indagine, che come sappiamo, possono essere distinte in misure self-report e misure comportamentali.
Le misure self-report sono costituite da tecniche di indagine in cui l’individuo è la fonte principale di informazioni: si tratta di procedure in cui viene chiesto ai soggetti di compilare un questionario o di rispondere oralmente a delle domande standardizzate, offrendo poi dei dati quantificati. Negli
ultimi anni sono nate molte misure self-report correlate all’esperienza globale dell’intimità. Tali tecniche hanno il pregio di essere facili da somministrare ad un ampio campione, ma rimangono problemi circa la validità e la generalizzazione delle misure. Per questo fatto i ricercatori si sono rivolti ad
altri strumenti per studiare le esperienze intime, anche se i metodi self-report rimangono i metodi più
usati.
Le osservazioni comportamentali offrono informazioni su come le persone realmente si comportano nelle relazioni intime. Esistono sia esperimenti di laboratorio che sul campo, in ogni caso la
caratteristica principale è rappresentata dalla scissione tra soggetto osservato e osservatore. Si tratta
di interviste registrate, di conversazioni personali, di osservazioni di episodi di contatto fisico, osservazioni di sorrisi e contatto visivo. Da queste analisi sono emerse un’ampia gamma di variabili che
condizionano le manifestazioni espressive di esperienze intime.
In modo sintetico, possiamo dire che le misure self-report costituiscono una visione dall’interno delle relazioni intime, mentre le osservazioni comportamentali rappresenterebbero la visione esterna; per questo non ci si può aspettare che esse coincidano necessariamente (Cusinato, 1988).
Tra le tecniche di misurazione dell’intimità (Touliatos, Perlmutter e Straus, 1990) prevalgono i
metodi self-report. Esempio tipico è lo strumento PAIR, Personal Assessment of Intimacy in Relationships (Schaefer e Olson, 1981). Si tratta di una scala di 36 item ideata per l’assessment diagnostico nelle relazioni e che misura l’intimità lungo cinque dimensioni: intimità emozionale, intimità sociale, intimità sessuale, intimità intellettuale e intimità ricreativa. Il test si focalizza sugli aspetti processuali e sulle relazioni durevoli nel tempo di natura diadica eterosessuale. Un altro strumento è il
MSIS, Miller Social Intimacy Scale (Miller e Lefcourt, 1982): 17 item che misurano il livello massimo di intimità attualmente sperimentato in una relazione da parte del soggetto rispondente, ma non
rispondono ad una specifica definizione di intimità
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L’intimità nella teoria della competenza relazionale di L’Abate
L’Abate e L’Abate (1979) definiscono l’intimità come la capacità di condividere il dolore
passato e la paura di essere feriti in futuro, riuscendo a manifestare il proprio dolore e la propria vulnerabilità. Nelle relazioni con le persone per noi importanti, se vogliamo che siano costruttive, il dolore può e dev’essere condiviso senza confonderlo o nasconderlo con la rabbia. Possiamo infatti definire il dolore che sentiamo dentro di noi in due modi: (a) focalizzandoci sui nostri deficit: punti deboli, paure, fragilità e fallibilità; (b) focalizzandoci sulla nostra disperazione e impotenza davanti alla
morte o alla malattia, sulla nostra vuotezza, sulla nostra solitudine. La prima definizione è legata a
ciò che noi pensiamo di noi stessi, la seconda a ciò che noi sentiamo di noi stessi. In questo modo si
può considerare il dolore come un concetto sia cognitivo che emozionale e sta alla base della nostra
esistenza. A seconda di come lo trattiamo esso influenza il modo di metterci in relazione con se stessi
e con gli altri, specialmente con le persone che noi consideriamo per noi importanti.
Il dolore e l’essere feriti sono inevitabili così come l’altro polo dell’esistenza umana, il piacere; possiamo trarre più soddisfazione dai nostri piaceri se controlliamo meglio il nostro dolore. É importante riconoscere e accettare la nostra condizione di vulnerabilità e, nello stesso tempo, avere fiducia in chi ci ama, pur sapendo che questa persona, come essere non perfetto e quindi fallibile, può
ferirci e addolorarci. Soltanto chi ci ama può darci conforto, come soltanto chi ci ama può ferirci; ne
consegue che cerchiamo conforto da chi abbiamo ferito e, nello stesso tempo, ci ha addolorato. Soltanto questo tipo di conforto può portare la soluzione delle nostre sofferenze nel rispetto di una totale
condivisione. Tutto ciò caratterizza una relazione veramente intima.
Da questa definizione di intimità derivano tre condizioni paradossali che rendono difficoltoso
il raggiungimento dell’intimità e che rendono più arduo il sopravvivere di tale relazione: (a) abbiamo
bisogno di essere separati per essere uniti; (b) quelli che amiamo hanno il maggior potere di ferirci e
addolorarci; (c) dobbiamo consolare ed essere consolati da quelli che feriamo e che ci feriscono. La
consapevolezza e la solidità del proprio sé sono quindi prerequisiti per poter esprimere i sentimenti
da condividere; sentimenti ed emozioni sono importanti quanto le capacità cognitive e le azioni; le
emozioni nella famiglia dovrebbero essere espresse in modo costruttivo e, nello stesso tempo, distinte
dagli aspetti cognitivi e dalle azioni: i sentimenti vanno riconosciuti ed espressi reciprocamente, le
azioni negoziate attraverso il ragionamento. Conoscere e condividere le reciproche emozioni aiuta a
ragionare insieme e ad accettare un comune piano di azione. In particolare l’emozione fondamentale
di dolore o ferita va riconosciuta e condivisa prima di avviare il processo di negoziazione per un piano di azione che porti alla soluzione del problema.
Consideriamo ora le possibilità di costruire degli strumenti di misura partendo dalle concettualizzazioni presentate.
Scala di condivisione dei dolori
Stevens e L’Abate (1989) hanno costruito uno strumento di misura dell’intimità incentrato
sulla condivisione o meno dei dolori in una relazione coniugale: SOH, Sharing of Hurts Scale. L’assunto di partenza è che la condivisione dei sentimenti di dolore, vulnerabilità e debolezza rappresenta
una dimensione rilevante della relazione influenzandone la qualità. La scala è composta da 28 item
che individuano 5 fattori: (1) condivisione dei dolori che misura il grado con cui i partner provano
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dolore fisico e/o psichico e sono capaci di comunicarlo all’altro; (2) senso di vulnerabilità che riguarda la possibilità di provare dolore provocato da un’altra persona; (3) imperfezione che misura il grado
di condivisione reciproca del senso di inadeguatezza personale; (4) valori privati, cioè le possibili
influenze che il dolore esercita sulle aspettative; (5) desiderabilità sociale come scala esterna di controllo, come potenziale bias nella misura riguardanti le relazioni.
Gli item possiedono chiarezza espositiva, mancanza di ambiguità e uso appropriato della
grammatica. É stata verificata una buona consistenza interna (l’α di Cronbach compresa tra .66 e .82)
e una buona correlazione test-retest (r da .49 a .69); l’analisi degli item rivela correlazioni itemsubscala maggiori di .30. Le verifiche di validità concorrente hanno dato risultati positivi rispetto
all’IRS (Guerney, 1977) e al PAIR (Schafer & Olson, 1981), meno rispetto all’WIQ (Waring, 1983).
Il modello circolare di intimità
Rappresenta una revisione e un allargamento della concettualizzazione precedente sull’intimità
come capacità di condividere i dolori (Figura 1). Prevede come prerequisito la funzionalità individuale e relazionale (Galvin e Brommel, 1991; Health, 1991; Reis, 1990) che poggia su due serie di abilità di base sottostanti il modello circolare, anche se, per il solo fatto di esserci, non garantiscono l’intimità: la capacità di amare e la capacità di negoziare (L’Abate, 1997). É particolarmente importante la
prima, che si articola come attribuzione di importanza del sé e dell’altro in relazione e la disponibilità
emotiva che comporta: impegno alla relazione, pari importanza pur nella complementarità delle funzioni, reciprocità nello scambio delle risorse. Queste premesse sono state messe a fuoco specificatamente per le relazioni coniugali; per quelle familiari in genere il discorso va alquanto modificato. In
primo luogo il modello si applica ai membri della famiglia dopo la fase dell’adolescenza e poi il con-
Presentazione sociale
Comunicazione dei
valori personali
Perdono
degli errori
Rispetto dei
sentimenti personali
IMPEGNO
PARITÁ
RECIPROCITÁ
Accettazione dei
limiti personali
Condivisione
dei dolori
Promozione
delle potenzialità
Figura 1—Il modello teorico circolare dell’intimità
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cetto di parità non è certamente di tipo coniugale.
Impegno. Perché possa esserci una relazione i membri devono sentirsi impegnati affinché essa si perpetui ma, come lamenta Kelley (1983), questo concetto manca di un accordo nelle definizioni. Nel
contesto della psicologia individuale Kelley definisce l’impegno “durata” o continuità. Nel contesto
della psicologia relazionale (Brickman, 1987), l’impegno è uno dei costrutti cruciali come stabilità e
fluidità, ottenibili con la persistenza di fronte alle avversità, anche se un certo grado di passione è
desiderabile per la continuità della relazione. Sternberg (1987) include l’impegno tra i fattori che definiscono l’amore, assieme all’intimità e alla passione. Fiske e Chiriboga (1990) identificano l’impegno a favore dell’intimità come “un’accresciuta volontà di concedere i propri sé agli altri oltre ogni
attesa di reciprocità” (p. 255); riflettono nell’ambito dell’apprendimento sociale e accostano l’impegno alla gratificazione sessuale o all’accumulo di gratificazioni “intrinseche”. Di conseguenza la relazione cessa quando tali gratificazioni diminuiscono unitamente a quelle estrinseche. Non si può
ritenere comunque che questo approccio, limitato ai benefici e all’assenza di essi, sia in grado di rendere conto del legame profondo tra partner o tra i membri della famiglia. L’impegno verso la relazione comunque non basta, perché ci si potrebbe impegnare in una relazione meschina, come succede in
molte relazioni conflittuali dove i partner sono impegnati ad essere infelici. L’impegno dovrebbe
qualificarsi come “impegno per una relazione positiva e reciprocamente vantaggiosa”.
Parità. Riguarda la parità di attribuzione di importanza, cioè “ciò che è bene per me lo è anche per
te!”, come premessa per l’intimità. Può realizzarsi direttamente o indirettamente, in modo coerente o
incoerente, verbalmente o con comunicazioni non verbali. Quando una persona pone attenzione alla
pluralità degli aspetti dell’altro, è la persona dell’altro che diventa importante. Stabilita la pari importanza di entrambi, ne segue che l’unicità di ciascuno è riconosciuta e valorizzata: a ciascuno è permesso di essere se stesso con i propri pregi e difetti (Cusinato, 1992).
Reciprocità. Nella relazione non ci può essere reciprocità senza impegno e senza il riconoscimento di
parità di importanza per entrambi. Reciprocità significa seguire la “regola d’oro” di trattare l’altro
come desideri essere trattato. Comporta il rispetto per i suoi diritti, compresi i punti deboli personali e
i timori, nonché l’accettazione della fallibilità e la possibilità reale di ferire e di essere feriti. Houle e
Kiely (1984) fanno un’importante distinzione tra reciprocità e mutualità, intendendo la prima come
“questo per questo”, dove il comportamento positivo di uno è contingente a quello dell’altro e la seconda, dove il comportamento positivo dell’uno non è contingente a quello dell’altro. Nell’accezione
del modello si vorrebbe superare la distinzione tra reciprocità e mutualità nel senso che, se le due
persone sono capaci di seguire la regola d’oro ricordata, si comporteranno bene nella gran parte delle
occasioni, perché ognuno si impegna a comportarsi nel modo migliore senza riguardo al comportamento dell’altro, che può comportarsi anche nel modo peggiore possibile.
Poste le premesse relazionali e abbassate le difese di autopresentazione, l’intimità si presenta
come un processo circolare con sei dimensioni che si richiamano e che si autoalimentano reciprocamente, come viene rappresentato dalla Figura 1. “Il modello illustra sette fattori tra loro interdipendenti che formano un circolo dinamico, una spirale ricorsiva, cosicché ognuno alimenta l’altro. Soltanto il primo fattore appare concettualmente, almeno in parte, esterno alla spirale e riguarda la pre-
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sentazione sociale” (Cusinato, 1992, p. 15).
Scala 1. Realismo relazionale. Questo fattore, che misura la desiderabilità sociale, è inteso come
un fattore esterno che mette in evidenza la tendenza a fare buona impressione sulla gente, tenendo in
grande considerazione l’opinione che questa ha della coppia; ne deriva così una falsa intimità che si
identifica per lo più con stereotipi sociali. In questo modo la coppia si costruisce una facciata sociale
che nasconde in realtà un problema relazionale.
La presentazione sociale dovrebbe invece darci la misura di quanto una coppia condivida l’immagine che di sé vuole dare all’esterno. É necessario comunque andare oltre questo livello superficiale di presentazione, per scoprire come in una coppia i partner realmente sentono, vedono e si comportano l’uno verso l’altro nella relazione.
Seppure sia per alcune ragioni esterno al processo dell’intimità, per altre si può dire che, più
una coppia presenta apprensione verso l’intimità, più si preoccuperà di offrire una buona impressione
all’esterno.
Scala 2. Comunicazione reciproca dei valori personali. Riguarda la “manifestazione” dei valori
personali e non solo la loro presenza o assenza. Il senso di questa dimensione è dato non dalle parole,
ma dal contenuto dei discorsi. In una relazione intima è indispensabile che ognuno si senta libero di
esprimere i propri valori, le proprie difficoltà ed esperienze più o meno sofferte, senza tuttavia sentirsi costretto a farlo, altrimenti il livello di intimità verrebbe compromesso perché scattano le difese. In
questo contesto di amore cdi libertà il partner si confida e condivide parte di sé all’altro. Per comunicare pienamente i valori personali è necessario accettare l’uguaglianza, nel senso dell’importanza di
sé e dell’altro; questo senso di importanza porta a riconoscere il valore delle differenze nelle funzioni; senza questo senso di uguaglianza risulta impossibile procedere verso un miglioramento della relazione.
Scala 3. Rispetto reciproco dei sentimenti personali. Questa dimensione sancisce il diritto di ognuno di essere ciò che desidera essere all’interno della relazione, senza interferire con l’altro o svalorizzare il suo modo di essere in quanto individuo pienamente funzionante. É importante sottolineare il
rispetto per la individualità personale costituita da: sentimenti, gusti, preferenze, memorie, sensibilità
estetiche e spirituali, senso di appartenenza etnica e religiosa, storia familiare e amor proprio. Il rispetto della individualità e della personalità dell’altro deve avvenire in un contesto di accettazione e
di rispetto di se stessi; solo così il processo può essere reciproco e può nascere intimità. Ciò non significa vedere solo ciò che di positivo c’è nell’altro, ma semplicemente prendere atto delle caratteristiche del partner senza criticarle continuamente qualora non coincidano con le nostre aspettative.
L’unicità delle persone sta proprio nella loro diversità, calpestando la quale non può nascere nessuna
intimità.
Scala 4. Accettazione reciproca dei limiti personali. Questa dimensione esprime l’amore incondizionato e l’accettazione dell’imperfezione dell’altro. Tale accettazione si basa sulla solidarietà tra gli
esseri umani in quanto “limitati”. Accettarci reciprocamente permette di andare oltre quei limiti e di
vederli in modo più maturo. La relazione coniugale è paradigmatica di tale solidarietà. La solidarietà
è motivata dall’amore reciproco, cioè dalla valorizzazione reciproca delle qualità positive di ciascuno
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dei due partner e dall’accettazione reciproca dei limiti di ciascuno, e deve estendersi durante tutto
l’arco di vita insieme per poter costruire e mantenere una relazione intima. Questo comportamento di
grande maturità è riscontrabile solo nelle coppie funzionali che hanno potuto sperimentare intimità
nelle famiglie d’origine.
Scala 5. Valorizzazione reciproca delle rispettive potenzialità Questo fattore riguarda non solo la
possibilità, ma anche la capacità di ognuno, di esprimere le proprie potenzialità al fine di migliorare
la vita di coppia. Così facendo viene valorizzata al massimo l’individualità del partner il quale, sentendosi sostenuto come persona, è incoraggiato a dare il meglio di sé. Per esempio, in una coppia che
cresce positivamente e in modo sano, i due partner sanno valorizzare le proposte l’uno dell’altra, cioè
permettono ad ognuno di esprimere liberamente le proprie intenzioni e di occupare un posto importante nelle scelte di coppia; sanno riconoscere le qualità e i meriti tempestivamente; sanno apprezzare
le doti e complimentarsi al momento giusto. Qualora invece non ci si senta stimati, o peggio, derisi
nelle proprie aspirazioni, e quindi limitati nelle propria potenzialità, verrà a mancare quel senso di
appartenenza alla famiglia che permette la costruzione dell’intimità. Sentirsi sostenuti nella propria
persona è un incentivo a dare il meglio di sé, al contrario, sentirsi presi in giro per le proprie aspirazioni porta ad una progressiva svalutazione di sé e dell’altro.
Scala 6. Condivisione dei dolori e del timore di essere feriti. Nel lavoro di L’Abate questa dimensione costituisce il nucleo portante della teoria sull’intimità; in questo modello viene ridimensionato
ed equiparato ad altri contenuti. Rimane comunque un fattore molto importante per il raggiungimento
dell’intimità, poiché implica la disponibilità fisica ed emotiva delle persone a condividere dolori e
ferite. La dimensione implica due elementi: la condivisione dei dolori e la condivisione delle ferite.
Difficilmente sono intime quelle coppie di persone ognuna delle quali tiene per sé le proprie sofferenze e tra quali far vedere che si soffre è considerato un segno di debolezza. L’esperienza del dolore,
già così gravosa di per sé, può essere alleviata sapendo che gli altri sono vicini e condividono il dolore. Poter contare sul sostegno degli altri nel momento del bisogno rafforza il legame rendendolo più
saldo. Tenere per sé le proprie sofferenze, pensando che rappresentino un peso per gli altri, è la dimostrazione di quanta poca fiducia si riponga nella relazione, e questo non fa che alimentare il distacco.
“Condividere i dolori è la prova più alta che si ama qualcuno, perché amare significa dare a qualcuno
la possibilità di ferirci e accettare di esserlo” (Cusinato, 1992, p. 17). Far capire agli altri che ci si
sente feriti e che non ci si sente rifiutati se a nostra volta si ferisce è la dimostrazione che ci si accetta
come persone; questo non fa che stringere l’unione e rafforzare l’intimità.
Scala 7. Perdono reciproco degli errori. Saper perdonare e tollerare gli sbagli è un altro aspetto
essenziale dell’intimità. Perdono allora come segno di solidarietà, per ricostruire nuovi legami a partire da mutati comportamenti che nascono dalla presa di coscienza di ciò che veramente è importante
da ciò che non lo è. Rinfacciarsi a lungo gli sbagli, rimproverarsi per ogni sciocchezza, scaricarsi le
colpe degli uni sugli altri, ci da la misura di quanto negativo sia il livello di relazione. Riconoscere i
propri errori ci da poi la possibilità di accettare con più serenità l’eventualità che anche gli altri possano sbagliare; inoltre sdrammatizzare anche le situazioni più tese permette di creare un clima nel
quale ci sia spazio per dialogare anche su ciò che si è fatto di sbagliato. Insomma tolleranza, solidarietà e rispetto anche degli errori rafforzano l’intimità. Del resto “per-dono” significa proprio questo,
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in contrapposizione a “per giustizia”, “per dovere”, “per necessità”.
Su queste dimensioni sono state costruite le scale del Questionario di Intimità Coniugale, ognuna delle quali è costituita da 8 item tranne la prima scala che ne ha dieci (Cusinato, 1992).
Il Questionario di Intimità Familiare
La giustificazione concettuale
Non è da molto tempo che la famiglia è ritenuta un campo di indagine sulle relazioni intime.
Gli approcci scientifici più recenti definiscono la famiglia come un’unità di persone in relazione costituita da intimità e relazioni intergenerazionali; addirittura individuano nell’intimità il suo nucleo
portante (Petzold, 1993). Pertanto l’impegno di costruire un questionario standardizzato che sondi
l’intimità tra i membri della famiglia appare un compito importante e utile. Il modello circolare di
Cusinato e L’Abate ha guidato la creazione del Questionario di Intimità Coniugale e ci si è chiesto se
poteva anche costituire l’impostazione teorica per un questionario di intimità familiare. Certamente le
tre premesse di impegno, reciprocità e parità, come abbiamo indicato, vanno reinterpretate, ma non
c’è dubbio che i tre concetti possano essere applicati correttamente per qualificare le relazioni tra i
membri di un nucleo familiare. Anche il concetto di desiderabilità sociale è utile e correttamente applicabile; così le sei dimensioni dell’intimità che, fra l’altro, non si identificano in ogni caso con l’intimità sessuale, rispettando così il tabù dell’incesto.
I criteri di costruzione del questionario
I criteri di partenza per la creazione delle scale furono i seguenti: (a) prendere come riferimento teorico le dimensioni del modello circolare; (b) utilizzare (con eventuali, opportuni cambiamenti,
gli item del Questionario di Intimità Coniugale che fossero applicabili contemporaneamente alle relazioni coniugali, tra genitori e figli (adolescenti e/o giovani adulti), tra fratelli, tra nonni, genitori e
nipoti; (c) creare nuovi item per rafforzare le scale in modo da ottenere, alla fine del lavoro di analisi
e di scelta, almeno 10 item per scala, con la possibilità di suddividere il questionario in due forme
parallele, ciascuna delle scale comprendente 5 item. Questo lavoro ha portato alla stesura di circa 25
item per scala.
É seguita una fase di “ripulitura qualitativa degli item” per eliminare quelli troppo simili, quelli
che presentavano espressioni complesse, non chiare, termini non comprensibili da tutti, quelli che
sondavano aspetti di realtà marginali rispetto al contenuto delle scale. Contemporaneamente si è cercato di verificare le forme sintattiche grammaticali: numero di item positivi, di item negativi, item
con soggetto “io”, con soggetto “noi”, con soggetto “loro”. Il risultato di questa operazione portò alla
costruzione di 20 item per scala (in totale 140): 55 positivi e 65 negativi; 42 con soggetto “io”, 23
nella forma “loro” e 65 nella forma “noi”. La scala di valutazione degli item è di tipo Likert a 5 gradini, che va dal “disaccordo totale” all’ “accordo perfetto” rispetto al contenuto di ciascun item. Al
crescere del punteggio, previa inversione per gli item al negativo, cresce la misura della dimensione
di intimità a cui si riferisce e che è esperita all’interno della famiglia. I punteggi ottenuti sono individuali, ma possono anche essere calcolati i punteggi relazionali, che misurano la distanza di un mem-
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bro rispetto agli altri.
Il campione e la somministrazione
Il questionario è stato somministrato ai soggetti della ricerca, membri di 174 famiglie, per un
totale di 578 soggetti. L’età andava dai 12 ai 78 anni, con una media di 35 anni. Riguardo al titolo di
studio, la maggioranza possiede un diploma di scuola media superiore, seguono i soggetti con diploma di scuola media inferiore, poi con licenza elementare, poi con diploma professionale; solo il 6,7%
possiede una laurea. Le categorie professionali più rappresentate sono studenti e impiegati. Altre categorie presenti, in ordine di rilievo, sono: operaio specializzato, operaio generico e, infine, le casalinghe. Tutti i soggetti sono residenti nella regione Emilia Romagna (89%), in comuni con un numero
di abitanti tra i 50.000 e i 300.000 (78%): il 60% dei soggetti abita in periferia e il 27% in centro città, soprattutto in un appartamento (55%) o in una casa vicino ad altre (38%). Praticamente tutti dichiarano di essere in salute o con malattie non croniche. Tra i criteri per individuare le famiglie c’era
quello di sondare tre tipi di famiglie: famiglie con due genitori e un figlio adolescente (14-19 anni);
famiglie con due genitori e almeno un giovane adulto (20-30 anni); famiglie con due genitori e almeno un nonno/a. É stato subito constatato che, nei comuni di residenza, gli anziani autosufficienti viventi nella famiglia dei figli erano pochissimi e questa tripartizione dei soggetti è caduta. Le analisi
psicometriche dei dati (Novelli,1993) hanno verificato l’attendibilità delle scale mediante le analisi
classiche del testing psicologico e mediante il modello logistico di Rasch.
Le analisi classiche del testing psicologico
Le analisi di consistenza interna hanno dato i risultati riportati nella Tabella 1. Sono state calcolate le correlazioni di Pearson item-scala e tra gli item con risultati positivi. La tabella dice che c’è
una consistenza buona entro ogni scala.
Tabella 1. Valori di consistenza interna di ogni scala con 20 item per scala
Scala 1
Scala 2
Scala 3
Scala 4
Scala 5
Scala 6
Scala 7
.72
.88
.81
.81
.87
.81
.81
Si è poi operata una scelta degli item che rispondevano meglio, non solo ai criteri del testing, ma anche a quelli qualitativi che hanno guidato la costruzione del questionario, così da arrivare alla identificazione di 10 item per scala (Tabella 2).
Tabella 2. Valori di consistenza interna di ogni scala con 10 item per scala
Scala 1
Scala 2
Scala 3
Scala 4
Scala 5
Scala 6
Scala 7
.80
.87
.78
.82
.85
.85
.79
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L’analisi degli item secondo la teoria dei tratti latenti
Un’analisi parallela dei dati riguardanti gli item di ogni scala è stata condotta (Bertoli, 1994;
Borsari, 1994) secondo la teoria di Rasch ottenendo i risultati riportati nella Tabella 3.
Tabella 3. Risultati delle analisi secondo il modello di Rasch
Scale:
1 (α .80)
2 (α .81)
3 (α .78)
4 (α .79)
5 (α .85)
6 (α .86)
7 (α .80)
Item:
θ2
p
θ2
p
θ2
p
θ2
p
θ2
p
θ2
p
θ2
p
1
2.63
.43
3.65
.28
1.42
.69
5.04
.14
1.87
.59
3.49
.30
1.99
.51
2
3.47
.30
.84
.83
1.54
.66
.50
.91
3.44
.31
2.63
.44
3.07
.32
3
3.76
.27
1.44
.69
.87
.83
4.76
.17
1.72
62
.83
.84
3.25
.33
4
5.22
.13
5.87
.09
2.64
.43
4.18
.22
.68
.87
3.07
.36
1.01
.70
5
.97
.80
1.34
.71
2.91
.39
1.37
.70
4.39
.20
1.02
.79
2.10
.52
6
1.77
.61
3.12
.35
.61
.27
6.02
.08
2.62
.44
2.67
.43
2.31
.46
7
5.65
.10
2.63
.43
1.99
.56
2.85
.40
3.68
.28
5.34
.12
2.00
.37
8
3.62
.28
1.14
76
5.50
.15
3.10
.36
4.27
.21
4.10
.23
1.03
.91
9
3.50
.30
.71
.87
1.39
.70
3.07
.36
5.66
.10
5.23
.13
5.80
.09
10
4.37
.20
1.00
.80
5.53
.11
3.57
.29
2.97
.38
.49
.92
6.51
.07
La tabella riporta i valori di θ2 con la relativa probabilità degli item di ogni scala: gli item che
confermano il modello sono quelli cui è associata una p >.05. Va ricordato che la individuazione di
questi item è avvenuta attraverso successive analisi scartando ogni volta quelli che disconfermavano
più chiaramente il modello. Idieci item individuati con le analisi secondo il modello di Rasch non
sono esattamente quelli scelti attraverso il testing classico; nel caso di divergenza si è optato per la
soluzione suggerita dalle seconde analisi dal momento poi che l’α di ogni scala finale appare
soddisfacente.
In questo lavoro di messa a punto delle scale si è tenuto in conto, come ricordato, anche della
possibilità di utilizzare due forme parallele comprendenti ciascuna metà item. Le analisi di split-half
hanno dato i risultati della Tabella 4.
Tabella 4. Risultati delle analisi di correlazione split-half
Scale:
1
2
3
4
5
6
7
r
.80
.83
.67
.71
.75
.83
.69
Tutte le correlazioni sono significative per p < .001 e pertanto è giustificato anche l’uso delle
subscale specialmente nelle applicazioni di test-retest.
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Conclusioni
L’applicabilità del modello teorico circolare alle relazioni familiari di intimità trova conferma
nell’utilizzo di scale specifiche che presentano buona consistenza interna. Si tratta cioè di costrutti
che al loro interno sono omogenei e vanno così a misurare le singole dimensioni.
L’adesione di ogni item al costrutto di appartenenza è dimostrato dalle correlazioni item-subscala d’appartenenza, che sono significativamente maggiori rispetto alla correlazione di ogni item
con qualsiasi altra subscala. All’interno di ogni subscala, gli item sono fortemente correlati tra loro, a
dimostrazione dell’interdipendenza reciproca rispetto ad un unico costrutto di riferimento. I dati confermano in questo senso la possibilità di costruire uno strumento fedele per le relazioni familiari; infatti per le analisi statistiche classiche, le scale hanno un’ottima fedeltà. Resta comunque da dimostrarne la validità.
Dal punto di vista formale gli item delle sette scale presentano le caratteristiche strutturali riassunte nella Tabella 5.
Tabella 5. Risultati delle analisi di correlazione split-half
Scale:
1
2
3
4
5
6
7
Tot.
Item “positivi”
0
5
4
4
9
7
2
31
Item “negativi”
10
5
6
6
1
3
8
39
Item con soggetto “io”
3
4
1
4
3
4
4
23
Item con soggetto “loro”
0
1
3
2
5
3
0
14
Item con soggetto “noi”
7
5
6
4
2
3
6
33
La distinzione tra item positivi e item negativi non riguardano la forma grammaticale bensì il
significato dell’item rispetto alla direzione della scala. Pertanto i dati ottenuti dagli item negativi vanno rovesciati per il computo di ogni scala. Si sono evitate invece proposizioni che comprendessero il
“non” perché di più difficile valutazione. Circa il soggetto delle affermazioni da valutare, si è cercato
di mantenere una certa varietà, anche se nella struttura finale del questionario il soggetto “loro” appare su un sesto circa degli item, il soggetto “io” per due sesti, il soggetto “noi” per la metà circa. É già
stato verificato che la distinzione per soggetti non da strutture fattoriali omogenei e che la consistenza interna è il risultato della confluenza di molteplici aspetti, primo fra tutti i contenuti specifici.
Il commento finale va proprio ai contenuti. Attraverso questo lavoro abbiamo ottenuto uno
strumento che risponde positivamente al modello di partenza, che è il modello circolare dell’intimità
che ha guidato all’operazionalizzazione dell’intimità coniugale, ma che giunge ad identificare contenuti specifici dell’intimità tra tutti i componenti di una famiglia. Mentre le scale sono riportate in appendice (Appendice 1), accenniamo brevemente al significato di ogni scala.
Scala 1. Realismo relazionale. Se è vero che molte famiglie hanno come regola di condotta che “i
panni sporchi si lavano in casa”, questa scala di “controllo” è molto rilevante nel monitorare se o
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membri della famiglia sanno andar oltre il livello superficiale di presentazione, per vivere autentici
rapporti di condivisione e di intimità.
Esempio di item: In famiglia ci capiamo sempre veramente in tutto.
Scala 2. Comunicazione reciproca dei valori personali. La dimensione applicata alla famiglia patisce
le situazioni dovute all’età dei membri, alle condizioni di impegno lavorativo o scolastico, al ritmo
delle stagioni, ecc., tuttavia è rilevante al fine di monitorare l’intimità. Non si stratta del dialogo generico, ma della possibilità di esprimere-ascoltare ciò che ciascuno ritiene “importante”, “determinante”, “decisivo” per la propria vita. Questa possibilità sta al centro dell’intimità! Esempio di item: Anche se ognuno di noi ha tante cose da fare troviamo sempre il tempo per migliorare.
Scala 3. Reciproco rispetto dei sentimenti personali. Nel Questionario di Intimità Coniugale, il rispetto reciproco dei sentimenti personali è un prerequisito fondamentale per raggiungere l’intimità,
evitando la fusione e la confusione tra i partner in favore dell’individualità rappresentata dai gusti,
preferenze, memorie e sentimenti. Nella scala familiare, il rispetto dei sentimenti avviene attraverso il
rispetto della sensibilità religiosa di ognuno, il rispetto delle scelte importanti per ognuno, il rispetto
della privacy, di ciò che sta a cuore ad ognuno e, soprattutto, nel rispetto della persona. É centrale
allora l’accettazione e il rispetto di se stessi proprio al fine di accettare e rispettare la personalità dell’altro. Se talora è difficile nella coppia coniugale, appare più difficile tra genitori e figli dove il fattore “disparità di età” gioca un ruolo importante. Al di là delle buone intenzioni, spesso il figlio deve
adeguarsi alle richieste degli adulti soffocando la propria personalità. É ovvio che non ci sia parità,
ma è importante che ci sia reciprocità o che si costruiscano rapporti ispirati alla reciprocità per ciò
che ognuno sente, prova, vive dentro di sé.
Esempio di item: I miei familiari diventano invadenti quando esigo riservatezza.
Scala 4. Accettazione reciproca dei limiti personali. Il modello formale indica che l’accettazione reciproca dei limiti personali è fondata sulla solidarietà tra gli esseri umani in quanto imperfetti e sempre “limitati”. Nella scala realizzata, l’accettazione dei limiti significa non dimenticarsi delle qualità
nei momenti in cui emergono i difetti, saper riconoscere apertamente i limiti senza farne un dramma,
saper mostrare i propri limiti senza sentirsi inferiori. Nel vivere familiare quotidiano è ovvio che emergono e vengono esplicitati i difetti dei singoli membri; questa esplicitazione dovrebbe evitare di
qualificare l’intera persona per un suo aspetto peculiare e contingente.
Esempio di item: In famiglia l’accettazione dei limiti personali è più a parole che a fatti.
Scala 5. Valorizzazione delle reciproche potenzialità. Se è una dimensione di spessore per la vita di
coppia, appare forse più determinante per le relazioni tra tutti i membri della famiglia. Infatti se i genitori non valorizzano le potenzialità dei figli, come può dirsi positivo il loro ruolo genitoriale? E se i
figli non credono nelle potenzialità dei genitori come ci può essere affiatamento se non proprio intimità? Lo stesso discorso vale per le persone anziane rispetto a quelle giovani e viceversa.
Esempio di item: In famiglia ognuno apprezza i comportamenti positivi dell’altro.
Scala 6. Capacità di condividere i dolori. Nell’intimità coniugale è stato dimostrato che è l’asse por-
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tante del sentirsi insieme e certamente questa capacità può portare ad esperienze uniche e irrepetibili
all’interno della coppia coniugale, tuttavia è una capacità “coniugabile” anche nei rapporti familiari
in genere. Nel rapporto tra fratelli, per esempio, alcuni ricercatori hanno ipotizzato e dimostrato che
c’è una sorta di compensazione dell’amore fraterno rispetto all’amore non ricevuto dai genitori, spesso e volentieri in un clima di sofferenza. Pensiamo in particolare comunque non alle esperienze dei
primi anni, ma quando i figli hanno la capacità di metabolizzare ciò che è doloroso e sofferto facendosene una ragione. Per questo il questionario può essere applicato ai membri della famiglia partendo
almeno dall’età dell’adolescenza avanzata.
Esempio di item: I dispiaceri hanno spaccato la nostra famiglia
Scala 7. Perdono reciproco degli errori. Si può dire che la dimensione è soprattutto familiare perché
trova applicazioni nell’esperienza quotidiana manifesta della vita della famiglia. Ogni sottosistema
familiare fa poi le proprie applicazioni, compresi i coniugi con specifiche peculiarità e tonalità. Ma la
rivalità fraterna che buona parte della letteratura sull’argomento ha messo in evidenza richiama con
forza l’esigenza del perdono; l’esperienza empirica di studio, al pari di quella soggettiva, sta a dimostrare che la dimensione comporta effettive importanti differenze. La ricaduta sul senso di intimità
reciproca è evidente.
Esempio di item: In famiglia il perdono è considerato un segno di debolezza
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Appendice 1.
A– SCALA DI REALISMO RELAZIONALE
N.
Dir.
ITEM:
7*
(-) I rapporti in famiglia sono sempre stati sereni senza la minima incrinatura.
42** (-) Posso fare totale affidamento sui miei familiari in ogni circostanza.
14*
(-) In famiglia siamo sempre stati spontanei gli uni con gli altri.
49** (-) In famiglia ci diciamo sempre tutto.
21*
(-) La mia famiglia è la migliore tra quelle che conosco.
56** (-) In famiglia riusciamo sempre a capirci veramente in tutto.
28*
(-) Non ho mai avuto alcun segreto verso i miei familiari.
63** (-) In famiglia abbiamo sempre avuto un dialogo perfetto.
35*
(-) I miei modi di fare non hanno mai recato alcun dispiacere ai miei familiari.
70** (-) Il nostro affiatemento è così intenso che non ci potrà mai essere alcuna incomprensione.
* subscala A1; ** subscala A2
B– SCALA DI COMUNICAZIONE RECIPROCA DEI VALORI PERSONALI
N.
Dir.
ITEM:
1*
(+) Sono abituato a confidare ai miei familiari le cose per me importanti.
43** (+) Quando siamo in famiglia ognuno parla con franchezza delle cose a cui tiene.
22*
(*) Anche se ognuno di noi ha tante cose da fare troviamo sempre il tempo per dialogare.
50** (-) Trovo molto difficile confidarmi con i miei familiari su quanto riguarda la mia vita.
29*
(+) In famiglia le cose di ogni giorno sono occasione per dirci ciò che ci sta a cuore.
36** (-) È più facile confidarmi con persone fuori casa che con i miei familiari.
15*
(-) I miei familiari ascoltano veramente ciò che mi sta a cuore.
64** (-) In famiglia non si riesce a dialogare nemmeno sulle piccole cose di ogni giorno.
8*
(-) In famiglia le conversazioni riguardano soltanto cose pratiche.
57** (-) Ascolto con più interesse le confidenze di persone esterne che di familiari.
* subscala A1; ** subscala A2
Università di Padova
Centro Interdipartimentale di Ricerca sulla Famiglia
c/o Dipartimento di Psicologia Generale, via Venezia 8, 35131 Padova
tel. 049 827 6663 – fax 049 827 6600 – E-mail: [email protected]
Strumenti di valutazione familiare
Volume 8, Numero 1, 2003, pag. 51
C– SCALA DI RECIPROCO RISPETTO DEI SENTIMENTI PERSONALI
N.
Dir.
ITEM:
2*
(+) L’affetto che nutro per le persone a cui tengo viene rispettato dai miei familiari.
37** (-) Opinioni diverse tra noi ci portano spesso a mancarci di rispetto
9*
(+) In famiglia rispettiamo i sentimenti di ognuno sia a parole che a fatti.
44** (+) In famiglia si rispetta la sensibilità religiosa di ognuno.
16*
(-) I miei familiari diventano spesso invadenti quando esigo riservatezza.
51** (-) I miei familiari tendono a sostituirsi a me nelle mie scelte.
23*
(+) In famiglia siamo attenti ai bisogni di ognuno.
58** (+) In famiglia abbiamo rispetto per ciò che sta a cuore ad ognuno.
30*
(-) Pur di ottenere dei benefici pratici lascio che in casa mi prendano anche in giro.
65** (-) In famiglia il rispetto delle persone è più a parole che con i fatti.
* subscala A1; ** subscala A2
D– SCALA DI ACCETTAZIONE RECIPROCA DEI LIMITI PERSONALI
N.
Dir.
ITEM:
3*
(+) In famiglia possiamo mostrare i nostri difetti senza sentirci inferiori.
38** (-) In famiglia si punta così tanto sull’efficienza, che non c’è spazio per i limiti delle persone.
10*
(-) In famiglia l’accettazione dei limiti personali è più a parole che con i fatti.
45** (+) Accetto i limiti dei miei familiari senza farne una tragedia.
17*
(-) Quando penso ai lati negativi dei miei familiari, dimentico ogni loro qualità.
52** (-) I familiari pretendono da me la perfezione in ogni cosa.
24*
(+) In famiglia riusciamo a riconoscere apertamente i nostri limiti.
59** (-) Accetto i limiti dei miei familiari purché non ledano i miei interessi.
31*
(-) In casa mi mostro sicuro e distaccato pur di non far vedere i miei limiti.
66** (+) Con i familiari non ho timore di mostrarmi come sono in realtà.
* subscala A1; ** subscala A2
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Strumenti di valutazione familiare
Volume 8, Numero 1, 2003, pag. 52
E – SCALA DI VALORIZZAZIONE DELLE RISPETTIVE POTENZIALITA’
N.
Dir.
ITEM:
32*
(+) I miei familiari si complimentano con me quando lo merito.
46** (+) I miei familiari approvano ciò che decido di fare.
18*
(+) In famiglia vengono riconosciute le qualità personali di ognuno.
53** (+) In famiglia ognuno apprezza i comportamenti positivi dell’altro.
11*
(+) In famiglia mi incoraggiano a seguire le mie inclinazioni.
67** (+) Mi sento valorizzato dai miei familiari.
4*
(+) In mio impegno di ogni giorno viene riconosciuto dai familiari.
60** (+) Sono orgoglioso delle qualità dei miei familiari.
25*
(+) I miei familiari mi aiutano ad esprimere le mie risorse nascoste.
39** (-) Per i miei familiari è del tutto indifferente che io mi impegni o non mi impegni.
* subscala A1; ** subscala A2
F – SCALA DI CAPACITA’ DI CONDIVIDERE I DOLORI
N.
Dir.
ITEM:
5*
(-) Se mi capitasse qualcosa di grave dubito che i familiari saprebbero sostenermi.
40** (+) In famiglia mi sento sostenuto nelle difficoltà della vita.
19*
(-) Nei momenti di difficoltà i familiari non mi comprendono.
54** (+) Condividere un dolore con i familiari mi aiuta a superarlo.
12*
(+) Quando ho delle preoccupazioni cerco l’appoggio dei familiari.
47** (+) Quando c’è qualcosa che mi tormenta posso sfogarmi con i miei familiari.
33*
(+) I miei familiari sanno trovare modi adatti per confortarmi.
61** (-) I dispaceri hanno spaccato la nostra famiglia.
26*
(+) Ognuno di noi rende partecipi gli altri familiari dei propri dolori.
68** (-) In famiglia, appena ci accorgiamo che qualcuno è triste, cerchiamo di essergli vicino.
* subscala A1; ** subscala A2
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Strumenti di valutazione familiare
Volume 8, Numero 1, 2003, pag. 53
F – SCALA DI PERDONO RECIPROCO DEGLI ERRORI
N.
Dir.
ITEM:
6*
(-) Quando sbaglio in qualcosa i miei familiari me lo rinfacciano a lungo.
41** (-) Mi è difficile superare un torto fatto da un mio familiare
13*
(-) In famiglia il perdono è considerato un segno di debolezza.
48** (-) In famiglia siamo portati a non ammettere i nostri sbagli.
20*
(-) In famiglia tendiamo a scaricare le colpe degli uni sugli altri.
55** (-) In famiglia mi tocca spesso pagare per gli errori degli altri
27*
(-) Errori passati tolgono serenità alla nostra famiglia
62** (+) Gli sbagli dei miei familiari non hanno diminuito la mia fiducia nei loro confronti.
34*
(+) Siamo tolleranti gli uni verso gli altri anche quando si sbaglia.
69** (-) In famiglia ci si rimprovera per ogni sciocchezza.
* subscala A1; ** subscala A2
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Strumenti di valutazione familiare
Volume 8, Numero 1, 2003, pag. 54