"Le Scienze" - Dicembre 2013
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"Le Scienze" - Dicembre 2013
materiali Il primo quasicristallo scoperto in natura, un materiale con una struttura a cavallo tra ordine e disordine ritenuto impossibile dagli scienziati, ha origine extraterrestre di Luca Bindi 76 Le Scienze 544 dicembre 2013 Roger Harris/Science Photo Library/Corbis L’impossibile caduto dal cielo In breve Nel 1984 erano stati ipotizzati materiali con caratteristiche impossibili, una via di mezzo tra stato cristallino e stato vetroso, chiamati quasicristalli. La conferma sperimentale era arrivata lo stesso www.lescienze.it anno da leghe di allumino e manganese ottenute in laboratorio. Da allora gli scienziati si sono chiesti se i quasicristalli hanno anche un'origine naturale. La risposta, è arrivata da un campione delle collezioni mineralogiche al Museo di storia naturale dell'Università degli Studi di Firenze. Nel campione di Firenze, proveniente da una regione all'estremo oriente della Russia, è stato scoperto un minerale che è stato catalogato come quasicristallo, il primo rilevato di origine naturale. Le analisi hanno anche scoperto che questo quasicristallo naturale ha un'origine extraterrestre. Le Scienze 77 s i m m e t r i a p e n ta g o n a l e Un rapporto da numero irrazionale Luca Bindi è professore di mineralogia e cristallografia al Dipartimento di scienze della Terra dell’Università degli Studi di Firenze. La sua attività di ricerca è focalizzata principalmente alla comprensione delle complessità strutturali nei minerali. S I cristalli sono composti da atomi o raggruppamenti atomici che si ripetono a intervalli regolari, come gli esagoni di un reticolo a nido d’ape. I cristalli possono avere simmetrie rotazionali di ordine uno, due, tre, quattro e sei, mentre simmetrie di ordine cinque, sette o più alte sono incompatibili con la traslazione, caratteristica dello stato cristallino. I quasicristalli possono essere scomposti in due o più raggruppamenti atomici che si ripetono a diverse frequenze il cui rapporto non può essere espresso come rapporto di numeri interi. Un’analogia è la tassellatura di Penrose mostrata qui accanto, ovvero un mosaico composto da due tipi di tasselli disposti con simmetria pentagonale. Quando la tassellatura è vista in maniera estesa, il rapporto fra i tasselli più grandi e quelli più piccoli è uguale al rapporto della successione di numeri di Fibonacci che si avvicina al numero irrazionale detto rapporto aureo che può essere espresso come (1+√•5)/2 e vale 1,618… e altre cifre ancora all'infinito. ono passati molti anni da quando l’uomo ha iniziato a interessarsi di materiali geologici, e i minerali, costituenti naturali del nostro mondo solido, sono sempre stati descritti come materiali cristallini, ovvero dotati di strutture in cui gli atomi hanno una disposizione che si ripete regolarmente, e per questo chiamata periodica. Gli esagoni in un reticolo a nido d’ape o le piastrelle quadrate di un pavimento sono esempi di disposizioni periodiche bidimensionali. 78 Le Scienze aspettava dietro l’angolo. Lo stesso anno Daniel Shechtman, Ilan Blech, Denis Gratias e John Cahn, studiando al microscopio elettronico a trasmissione leghe artificiali di allumino e manganese sovra-raffreddate, trovarono la prova sperimentale cercata e pubblicarono i dati su «Physical Review Letters». Questa pubblicazione è stata ed è ancora oggi una pietra miliare della cristallografia strutturale e della fisica dello stato solido. Nonostante Shechtman abbia incontrato molto scetticismo negli anni seguenti la pubblicazione del 1984 (inclusa una lunga «battaglia» con Linus Pauling, due volte premio Nobel, rispettivamente per la chimica e per la pace), nel 2011 è stato ripagato con l’assegnazione del Nobel per la chimica proprio per la scoperta dei quasicristalli. Oggi questi importanti materiali sono accettati dalla comunità scientifica e ne sono stati sintetizzati in laboratorio oltre un centinaio con composizione chimica e simmetria diversa tramite metodi altamente sofisticati. Tuttavia non c’è ancora consenso generale sul loro status come stati fondamentali della materia. Alcuni ricercatori pensano che i quasicristalli, essendo sintetizzati in condizioni controllate, siano materiali molto delicati, metastabili e quindi troppo complicati per essere fasi stabili della materia. Altri invece credono che i quasicristalli siano fasi robuste ed energeticamente stabili come i cristalli ordinari. Chi ha ragione? Rispondere significherebbe trovare la soluzione a un enigma fondamentale per la fisica dello stato solido. Può la natura venirci in aiuto? Se è vera la prima teoria, sembrerebbe di no. Ma se fosse vera la seconda si potrebbe pensare che questi materiali si formino anche in natura, come gli altri materiali cristallini ordinari. Alla ricerca dello status Pensando a questo, la ricerca di quasicristalli nel regno minerale ebbe inizio alla fine degli anni novanta, inizialmente sotto la guida di Paul J. Steinhardt, e qualche anno più tardi di Steinhardt e del sottoscritto, non solo per rispondere all’enigma appena visto, ma anche guidata da numerosi fattori stimolanti per le diverse discipline. Per le scienze geologiche, per esempio, scoprire un quasicristallo naturale avrebbe aperto un nuovo capitolo nello studio della mineralogia, modificando drasticamente la classificazione tradizionale dei minerali. Nella fisica della materia con- 544 dicembre 2013 4 millimetri Carol & Mike Werner, Inc/Visuals Unlimited/Corbis (tassellatura di Penrose); cortesia Saulo Bambi, Museo di storia naturale, Università degli Studi di Firenze (foto campione) e Maria Cristina Andreani (grafica) Secondo le leggi della matematica scoperte nel XIX secolo, si può avere periodicità solo in presenza di alcune simmetrie di rotazione, in particolare quelle di ordine uno, due, tre, quattro e sei; le simmetrie di rotazione di ordine cinque, sette, otto o di grado più alto sono incompatibili con la traslazione. Questo perché è possibile ricoprire in maniera congruente (senza lasciare spazi vuoti) una superficie bidimensionale (come un piano) con poligoni quali rettangoli (caratterizzati da asse di simmetria di rotazione di ordine due, chiamato così perché una rotazione di 180 gradi, rispetto ai 360 dell’angolo giro, sul piano attorno a un asse verticale riporta il rettangolo nella disposizione di partenza), triangoli (asse di ordine tre, rotazione di 120 gradi, cioè 360 diviso 3), quadrati (asse di ordine quattro) o esagoni (asse di ordine sei) mentre è impossibile farlo con pentagoni (asse di ordine cinque), ettagoni (asse di ordine sette) o ancora ottagoni (asse di ordine otto). Circa una trentina di anni fa Dov Levine, oggi al Technion, in Israele, e Paul J. Steinhardt, oggi alla Princeton University, ipotizzarono l’esistenza di un altro «tipo» di materiale, una via di mezzo tra lo stato cristallino e lo stato vetroso, un materiale con caratteristiche impossibili che infatti i due autori chiamarono prima impossible crystal e poi quasicrystal (quasicristallo), abbreviativo per «cristallo quasiperiodico». Questi materiali dovevano avere una disposizione atomica quasiperiodica. Ciò significa che in essi due o più gruppi atomici dovevano ripetersi a intervalli diversi e che il rapporto fra questi periodi di traslazione doveva essere irrazionale, cioè non esprimibile come frazione; in altre parole, dovevano presentare una sorta di dissonanza nello spazio. Poiché quasiperiodici, i quasicristalli potevano quindi avere simmetrie di rotazione vietate nei cristalli ordinari, inclusa la simmetria pentagonale in un piano (asse di ordine cinque) o una simmetria icosaedrica (la simmetria di un pallone da calcio) in tre dimensioni. Un classico esempio è la «tassellatura» con evidente simmetria pentagonale ideata dal fisico-matematico Roger Penrose nel 1974. È composta da due tasselli che si ripetono con frequenze il cui rapporto è il numero irrazionale conosciuto come rapporto aureo (si veda il box nella pagina a fronte). L’ipotesi di Levine e Steinhardt necessitava però di una prova sperimentale che, come spesso accade per le più grandi scoperte, Campione fiorentino. Immagini del campione del Museo di storia naturale dell’Università degli Studi di Firenze contenente il primo quasicristallo naturale che rivelano l’aspetto tipico di una roccia, ovvero di un aggregato di diversi minerali. In alto a sinistra il campione nella scatola originale. densata questa scoperta avrebbe spinto indietro di diversi ordini di grandezza l’età del più vecchio quasicristallo, dando così un’idea di quanto sia difficile formare questi materiali. Inoltre, trovare un quasicristallo naturale avrebbe rappresentato un modo per studiarne la stabilità in condizioni non riproducibili in laboratorio. Infine, una scoperta del genere avrebbe potuto suggerire nuove condizioni chimico-fisiche per la formazione dei quasicristalli, legate a processi naturali terrestri o extraterrestri. Ma purtroppo, dopo la selezione di centinaia di campioni, il loro studio con metodi sofisticati, la creazione di parametri statistici che potevano portare a candidati promettenti, e numerosi altri esperimenti, il responso fu univoco: un completo fallimento. La nostra migliore caratteristica era però la tenacia, così nel 2008 decidemmo di procedere in un altro modo: vedere se in natura esisteva qualcosa di simile (dal punto di vista composizionale) a qualche quasicristallo prodotto in laboratorio. Ci mettemmo www.lescienze.it di fronte la lista di tutti i quasicristalli sintetici conosciuti e tentammo di vedere se mostravano qualcosa in comune, se esistesse un parametro in grado di legarli tutti. La risposta era lì davanti ai nostri occhi, semplice e immediata: quasi tutti i quasicristalli artificiali hanno alluminio nella loro struttura, e molto spesso alluminio (Al) legato al rame (Cu). La cosa più intelligente sarebbe stata quindi verificare se esistevano già minerali descritti con quella composizione. Se c’erano, dovevamo sicuramente partire da quelli. Le nostre ricerche nelle varie banche dati mineralogiche furono rapidissime. Sì, in natura esistevano due minerali con composizione simile a quella che cercavamo, la khatyrkite (CuAl2) e la cupalite (CuAl), due leghe cristalline descritte per la prima volta nel 1985 da scienziati russi guidati da un certo Razin e trovate setacciando concentrati pesanti alla ricerca di platino nei torrenti delle montagne del Koryak, nella regione della Chukotka, la parte nord-orientale della Kamchatka, all’estremo oriente della Russia. Verificammo immediatamente se uno di questi campioni fosse presente nelle collezioni mineralogiche del Museo di storia naturale dell’Università degli Studi di Firenze. La fortuna era dalla nostra parte. Nonostante la rarità di queste specie mineralogiche, un campione etichettato come «khatyrkite» era presente davvero nelle collezioni del museo fiorentino. Il campione era stato venduto al museo da un commerciante olandese di minerali nel 1990 ed era stato catalogato come proveniente da Khatyrka, vale a dire dalla stessa località del «materiale tipo» descritto da Razin e collaboratori nel 1985. Tuttavia, al momento della catalogazione non c’era alcuna prova diretta che il campione acquistato provenisse effettivamente da quella località, sempre delle montagne del Koryak. Grazie a un’indagine degna del miglior film poliziesco e a un colloquio con Valery V. Kryachko, la persona che aveva trovato il campione, è stato possibile ricostruirne la storia e stabilire con certezza che il campione fu trovato in un letto di argilla verde-blu lungo il torrente Listventovyi, vicino all’affluente Iomrautvaam del fiume Khatryka. Tracciare l’origine del campione fiorentino si sarebbe rivelato molto importante se un giorno avessimo deciso di organizzare una spedizione scientifica sul posto. Iniziammo a studiare il campione fiorentino, la sua composizio- Le Scienze 79 Rimaneva una cosa importante da fare: capire che tipo di processo geologico potesse aver formato un qualcosa di così esotico come l’icosahedrite. Quest’ultima e le due leghe cristalline associate, khatyrkite e cupalite, avevano caratteristiche chimiche inaspettate, ovvero la presenza di alluminio nella loro struttura non legato all’ossigeno. Sappiamo che l’alluminio metallico tende a ossidarsi con estrema facilità appena entra in contatto con l’ossigeno; lo si riesce a ottenere infatti solo in ambienti altamente riducenti, poveri di ossigeno, come avviene in laboratorio o nei processi industriali e per questo motivo fu presa in considerazione anche la possibilità che il campione fosse una scoria o un sottoprodotto accidentale di un processo di origine antropica. Per chiarire il problema contattammo due geologi molto conosciuti negli Stati Uniti, Lincoln Hollister, della Princeton University, e Glenn MacPherson, della Smithsonian Institution, il primo spe- 80 Le Scienze a b c d Quattro spettri di simmetria icosaedrica La simmetria di un solido è determinata mediante il bombardando di un campione con elettroni lungo direzioni diverse, e poi esaminando lo spettro ottenuto. Se gli atomi sono disposti in modo disordinato, lo spettro risultante è costituito da anelli diffusi. Se invece gli atomi sono disposti in modo ordinato, come avviene per i cristalli e i quasicristalli, lo spettro di diffrazione è costituito da macchie singole e mostra una simmetria che riflette la simmetria della disposizione atomica lungo la direzione del fascio di elettroni incidenti. Gli spettri ottenuti per il quasicristallo naturale mostrano una simmetria icosaedrica, cioè la simmetria di un pallone da calcio. Puntando il fascio elettronico lungo gli assi, si possono ottenere spettri di diffrazione con simmetria cinque (a), tre (b) e due (c). Nell'immagine (d) la simmetria pentagonale è resa evidente dalle cosiddette linee di Kikuchi, visibili con microscopia elettronica in luce convergente. ma pressione e temperatura, come al confine tra mantello e nucleo terrestre o in una collisione tra meteoriti e asteroidi nello spazio. Prendemmo la seconda interpretazione come una vittoria: «Allora non è impossibile, è solo altamente improbabile», pensammo. Nuova meteorite Lega Cu-Al Porzione meteoritica Grano nuova spedizione. Tre immagini con rotazione differente di uno dei grani trovati durante la spedizione in Chukotka. Le immagini sono state ottenute tramite microtomografia computerizzata ai raggi X. La dimensione del grano è di circa 1,2 millimetri. Le regioni più chiare sono aree metalliche a composizione rame-alluminio, mentre le regioni più scure sono porzioni meteoritiche. cialista di materiali formatisi in regime di altissima pressione e il secondo considerato all’unanimità dalla comunità scientifica come uno dei migliori esperti di meteoriti al mondo. La nostra idea era mostrare loro il campione e ottenere un parere. I due incontri portarono allo stesso verdetto: «Quello che mi state mostrando è impossibile dal punto di vista geologico». Hollister e MacPherson ammisero in un secondo momento che il tipo di associazione mineralogica trovato nel campione fiorentino si sarebbe potuto formare solo in ambienti caratterizzati da altissi- 544 dicembre 2013 Cortesia Nan Yao, Princeton University (immagin) e Luca Bindi (grafica) Sulla Terra o dallo spazio? i m p r o n ta d i g i ta l e Cortesia Luca Bindi ne interna ed esterna, tramite la classica metodologia usata per la caratterizzazione di campioni geologici. L’interno consisteva prevalentemente di khatyrkite e cupalite, associate ad altri minerali silicatici comunemente ritrovati nelle rocce. C’erano però due piccoli frammenti (di circa 0,06 millimetri) che avevano un composizione diversa, mostrando la combinazione di alluminio (Al), rame (Cu) e ferro (Fe). La proporzione dei tre elementi osservata, Al63Cu24Fe13 (quando riportata a 100), ci lasciò senza fiato: corrispondeva esattamente a quella di un quasicristallo artificiale prodotto in laboratorio nel 1987 e provato essere con simmetria proibita. Dopo la caratterizzazione chimica decidemmo di effettuare una caratterizzazione diffrattometrica con i raggi X, la metodologia tipica per ottenere «l’impronta digitale» di un minerale. Anche stavolta la corrispondenza con il materiale sintetico era quasi perfetta. Eravamo sicuri ed eccitati: forse dopo trent’anni dalla scoperta del primo quasicristallo sintetico stavamo per trovare il primo termine naturale. Mancava però la prova definitiva, la smoking gun per dirla come gli statunitensi, per poter rendere pubblica la scoperta. Visto lo scetticismo che c’era stato dopo l’annuncio di Shechtman nel 1984 volevamo fare il meglio possibile per rendere la notizia inattaccabile. Per questo nel novembre 2008 i due piccoli frammenti estratti dal campione fiorentino furono portati alla Princeton University per tentare di ottenere la prova definitiva: un’immagine dell’asse di ordine cinque tramite diffrazione di elettroni con microscopia elettronica in trasmissione. Era il primo giorno del 2009 quando l’esperimento ebbe inizio. Dopo qualche ora l’immagine dell’asse cinque che testimoniava la simmetria proibita era lì davanti a noi. La fissammo a lungo e in silenzio. In un mix di commozione ed emozione ci abbracciammo, consci dell’importanza della scoperta. Continuammo lo studio e caratterizzammo i frammenti «fotografando» anche l’asse di ordine tre e quello di ordine due, ovvero descrivendo l’intera simmetria icosaedrica (si veda il box nella pagina a fronte). Avevamo la smoking gun. La scrittura dell’articolo per «Science» fu un puro divertimento, le revisioni dei colleghi entusiaste. Visto che il quasicristallo naturale aveva composizione e struttura mai osservate in natura, è stato sottoposto all’organo competente, l’International Mineralogical Association, per l’approvazione come nuova specie mineralogica. Il nome che abbiamo scelto è «icosahedrite», a testimonianza della simmetria icosaedrica della struttura. Il minerale e il suo nome sono stati approvati nel 2010 e il materiale tipo è oggi depositato nelle collezioni mineralogiche del Museo di storia naturale dell’Università degli Studi di Firenze. La chiave per chiarire l’origine del campione fiorentino fu la scoperta di un grano di 50 nanometri del minerale stishovite (una forma cristallina del biossido di silicio che si genera solo a pressioni elevatissime, circa 100.000 atmosfere) inglobato dentro l'icosahedrite. La presenza di questo particolare minerale nel campione fiorentino indicava pressioni di formazioni altissime, e ci fece ricordare il suggerimento sui possibili ambienti di formazione: zone ben al di sotto la superficie terrestre, o nello spazio, tramite collisioni tra meteoriti e asteroidi. Ammesso che quello giusto fosse davvero uno di questi due ambienti, avremmo potuto fare una distinzione tra materiali terrestri ed extraterrestri? Sì, è possibile, usando i rapporti fra gli isotopi dell’ossigeno. Gli isotopi stabili nelle meteoriti preservano le anomalie createsi durante la formazione del sistema solare. Queste anomalie sono ben visibili nella distribuzione isotopica di elementi leggeri quali idrogeno, carbonio, azoto e ossigeno. Noi eravamo interessati agli isotopi dell’ossigeno visti i diversi minerali ossigenati nel campione di roccia. L’ossigeno ha tre isotopi in natura: O-16, O-17, e O-18. Il più abbondante è O-16, con una piccola percentuale di O-18, e una percentuale ancora più piccola di O-17. Le analisi considerano solo i rapporti O-18/O-16 e O-17/O-16 in un campione. Per distinguere tra queste possibilità, in collaborazione con scienziati del California Institute of Technology, sono stati effettuati esperimenti per misurare il rapporto tra gli isotopi dell’ossigeno. I risultati sono stati inequivocabili: gli isotopi dell’ossigeno sono simili a quelli osservati in una categoria di meteoriti conosciute come «condriti carbonacee». La cosa interessante è che le leghe di alluminio metallico non erano mai state osservate in meteoriti; quindi il campione fiorentino è un nuovo tipo di corpo extraterrestre, molto probabilmente di 4,5 miliardi di anni fa, ovvero risalente alla formazione del sistema solare. Ma come proseguire gli studi? Il campione fiorentino era già www.lescienze.it stato consumato quasi tutto per gli esperimenti fatti. L’unica vera possibilità di portare avanti il progetto era andare sul luogo della prima scoperta e sperare di trovare ancora qualcosa. Così venne organizzata una spedizione nelle montagne del Koryak. Nell’estate del 2011 un gruppo di geologi da Stati Uniti, Italia e Russia ha effettuato la spedizione per due motivi: cercare nuovi campioni nella regione da cui proveniva il campione fiorentino e studiare nel dettaglio la geologia della zona. L’analisi di 1,5 tonnellate di argilla ha portato alla scoperta di nuovi grani con caratteristiche tipicamente meteoritiche e contenenti leghe di rame e alluminio, tra cui grani di quasicristallo. Le nuove scoperte hanno permesso di classificare la nuova meteorite con il nome «Khatyrka», approvato dal Nomenclature Committee of the Meteoritical Society. I nuovi frammenti permetteranno di fare altri esperimenti per determinare con maggiore precisione le condizioni in cui l’icosahedrite e le altre leghe cristalline si siano formate. La scoperta dell'icosahedrite manda indietro l’età del più vecchio quasicristallo conosciuto di circa 4,5 miliardi di anni. La sua scoperta in una meteorite dimostra che questi materiali possono formarsi in condizioni astrofisiche. Se un quasicristallo possa formarsi durante l’evoluzione di un pianeta o in condizioni terrestri, rimane un problema aperto. Ma a questo punto sembra altamente plausibile. Il racconto di questa storia, piena di sentimenti contrastanti quali dubbi, paure, agonia della sconfitta e gioia infinita della vittoria, ci fa sperare che possa essere uno stimolo per la ricerca di altri quasicristalli da parte di una nuova generazione di scienziati. Perché non è finita, c’è molto altro da scoprire. n per approfondire Evidence For the Extra-Terrestrial Origin of A Natural Quasicrystal. Bindi L., Eiler J., Guan Y., Hollister L.S., MacPherson G.J., Steinhardt P.J. e Yao N., in «Proceedings of the National Academy of Sciences», Vol. 109, pp. 1396-1401, gennaio 2012. Natural Quasicrystals. Bindi L., Steinhardt P.J., Yao N. e Lu P.J., in «Science», Vol. 324, pp. 1306-1309, 5 giugno 2009. Cristalli impossibili, o quasi. Puppin E., in «Le Scienze» n. 522, febbraio 2012. Crystallography of Quasicrystals. Concepts, Methods and Structures. Steurer W. e Deloudi S., Springer, 2009. Le Scienze 81