Meglio prevenire! Il giusto equilibrio fra divertimento e sicurezza

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Meglio prevenire! Il giusto equilibrio fra divertimento e sicurezza
CLUB ALPINO ITALIANO
Conclusa la Conferenza “Meglio prevenire!
il giusto equilibrio fra divertimento e sicurezza”
Sullo scenario inquietante delle valanghe si sono accesi ancora una volta i riflettori del Palamonti di
Bergamo, che già ospitò un anno fa sull’argomento una memorabile “Giornata bianca” non stop. E
subito si registra il tutto esaurito in questo ospitale “rifugio in città”. Folla di appassionati dunque, il 9
febbraio, gente “giusta” con il volto levigato dall’aria delle alte quote, all’appuntamento con i maggiori
esperti della bianca materia. Si è parlato di prevenzione, un tema che Servizio Valanghe Italiano,
Guide Alpine, Soccorso Alpino e AINEVA portano avanti con tenacia, dedizione, largo impiego di
uomini e di strumenti. Non a caso la serata organizzata dalla Commissione cultura del CAI di
Bergamo e condotta con misura dal vicepresidente della commissione Luca Pellicioli, è nata dalla
collaborazione di tutte queste istituzioni, compresa l'Icar Medcom (l'International commission for
mountain emergency medicine).
Oltre alla presentazione del nuovo manuale edito dal CAI e dedicato all'autosoccorso (“Artva. La
ricerca di travolti in valanga”) con due degli autori, Sandro Sterpini e Alessandro Calderoli,
l’occasione è stata ghiotta per almeno due motivi: la recente e opinabile proposta di emendamento
del Governo al Decreto Legge sulle emergenze in discussione al Senato che prevede cinquemila
euro di ammenda per chi provoca valanghe; e la presenza del
carismatico Cesare Cesa Bianchi, già presidente della Commissione
tecnica nazionale del Collegio Nazionale delle Guide Alpine, “guru”
indiscusso dello sci alpinismo, da una quarantina d’anni impegnato
professionalmente nel delicato, mutevole, affascinante ambiente
della montagna invernale.
◄ Cesare Cesa Bianchi durante il suo intervento al Palamonti (Foto di Roberto Serafin).
Mentre si contavano i morti, otto in totale, del week end di febbraio,
l’argomento che ha fatto più discutere è stato ovviamente il citato
intervento a gamba tesa degli organi governativi, sia pure motivato
dall’impressionante succedersi di sciagure legato, oltre che a motivi
climatici, al fascino esercitato dal fuoripista su masse crescenti di
appassionati e dalla facilità con cui il manto nevoso può essere
affrontato con sci e snowboard sempre più docili e manovrabili.
Al Palamonti è risuonato inevitabilmente l’eco delle parole del presidente generale del Club Alpino
Italiano appena diffuse dall’Ufficio Stampa del CAI. "Il CAI e il mondo della montagna”, ha spiegato
Annibale Salsa, “non possono accettare una norma che, forse dettata dall’emozione, costringe a
casa alpinisti, sciatori ed escursionisti, e che porta una militarizzazione delle terre alte”.
Parole da condividere. Nessuno nella grande famiglia del CAI è favorevole a sbarramenti e patentini
- che non rientrano in alcun modo nella filosofia e nella missione del Club Alpino Italiano - e a ogni
tentativo di limitazione, sanzione eccessiva, “militarizzazione” della montagna.
È tuttavia un equilibrio sottile quello tra sicurezza e divertimento in alta quota. Un equilibrio che si
può rompere con un niente: basta una mossa sbagliata, un'imprudenza di troppo, una fatalità e
l'armonia si spezza. Proprio come il distacco di una valanga, che può essere innescato su una
“gobba” apparentemente innocente dove altri sono passati senza problemi, come ha osservato Igor
Chiambretti, responsabile tecnico dell’AINEVA: nel presupposto che il manto nevoso è in continua
evoluzione nel corso della giornata e difficile è stabilire con esattezza il punto in cui può staccarsi una
valanga.
Del resto, il pericolo per chi va fuori pista è costantemente presente: il temuto grado tre nella scala
del rischio si registra nell’ottanta per cento delle giornate di neve sulle Alpi. E, dopotutto, come
ricorda Chiambretti, “la valanga non sa che tu sei esperto”. Ci vuole niente, insomma, perché un
candido paradiso si trasformi in un inferno bianco.
Ma se errare è umano, l’uomo possiede gli strumenti per ridurre al minimo il rischio. E Cesa Bianchi,
che in quarant’anni di attività come Guida Alpina non è mai incappato in un incidente grave, ne è la
prova vivente. “Mi disorientano”, ha detto Cesa Bianchi con ammirevole flemma, “tutti questi incidenti,
ma ancor più l’isteria dei politici e dei media. Anche se, lo ammetto, la passione per la neve vergine
sta dilagando e subito dopo una nevicata a Courmayeur non c’è più un costone che non sia solcato
ripetutamente da sciatori, anche nei punti dove personalmente preferirei tenermi alla larga. Il clima
che si è creato mi sembra inaccettabile. La montagna è la mia vita, il mio lavoro. Ma per fortuna, mal
che vada, in Francia, in Svizzera, in Austria si ragiona in modo meno impulsivo e al primo posto
nella prevenzione ci sono ancora parole come insegnamento, educazione”.
“Importante”, ha continuato Cesa Bianchi, milanese colto e pragmatico, “è puntare su alcune
semplicissime regole di base che purtroppo, in molti casi, non vengono rispettate. Prendiamo le
distanze, per esempio. Quante volte si vedono scialpinisti impegnati in un'ascensione tutti con le
punte degli sci nelle code di chi li precede, oppure alle prese con una discesa da un pendio da cui si
lanciano tutti simultaneamente. Nel caso di una valanga il rispetto del giusto intervallo tra
un'escursionista e l'altro è fondamentale, così come importantissima è l'informazione sull'escursione
che si vuole affrontare. Io stesso, prima di partire, chiamo sempre sul posto qualche collega perché
solo chi frequenta quotidianamente una zona ha il polso della situazione in tempo reale. Così
facendo ottengo due tipologie di dati ugualmente utili: quelli sulla sicurezza, ma anche quelli sul
divertimento, perché le Guide non mi diranno solo dove la neve è ben assestata e non presenta
problemi, ma anche dove è più sciabile e polverosa”. Se poi anche la prevenzione si scontra con
l'imponderabile, c'è sempre la carta dell'autosoccorso e dell'Artva. “L'utilizzo di questo strumento,
assieme a pala è sonda, è preziosissimo a patto di saperlo utilizzare, come s’insegna a fare nelle
130 scuole del Club Alpino Italiano frequentate ogni anno da ottomila allievi”, ha spiegato Maurizio
Dalla Libera, presidente della Commissione nazionale scuole di alpinismo, sci alpinismo e
arrampicata libera, ribadendo il proprio disappunto per il riaffiorare di articoli di legge risalenti all’era
fascista in base ai quali provocare il distacco di una valanga rappresenta un reato penale.
Con l’aggravante, ha osservato il responsabile del Soccorso Alpino in Lombardia Danilo Barbisotti,
che questi ipotetici deterrenti non aiutano l’opera dei soccorritori, anzi li peggiorano: perché sulla
scena dell’incidente può capitare che chi si sente in qualche modo responsabile si dilegui per timore
di conseguenze penali senza offrire il proprio indispensabile sostegno nelle ricerche dei sepolti.
Nel dipanare la preziosa matassa degli interventi al Palamonti (e dei numerosi interventi del
pubblico), affiorano anche fondati motivi di speranza. Che vanno ascritti all’incessante opera di
prevenzione del CAI attraverso la Campagna permanente per la prevenzione degli incidenti in
montagna con il progetto del CNSAS “Sicuri in montagna” (www.sicurinmontagna.it) di cui ha
riferito con giustificato compiacimento lo stesso Barbisotti raccontando anche delle frequenti lezioni
tenute nelle scuole della regione dagli uomini del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico
del CAI (CNSAS).
Investire sull’educazione, unire le forze per informare ed educare: questo il messaggio lanciato al
Palamonti da Sterpini, presidente del Servizio Valanghe Italiano. Ottimi propositi, che trovano
riscontro anche in un progetto interministeriale per promuovere il “prodotto sicurezza” di cui ha riferito
a Bergamo Andrea Salmeri, direttore del Centro addestramento di Moena della Polizia di Stato che in
questo progetto è impegnato.
Anche Paolo Valoti, presidente del CAI di Bergamo, ha portato - al termine della serata che si è
protratta fin quasi a mezzanotte - la sua testimonianza di sci alpinista appassionato. “La maggior
parte degli incidenti”, ha osservato, “si verifica durante la giornata o le giornate dopo nevicate più o
meno abbondanti, quando magari le temperature si alzano, e il vento contribuisce a costruire
valanghe, spostando volumi di neve da un versante all'altro. Se c'è neve fresca la tentazione di
essere i primi ad aprire piste e percorsi è forte, ma bisogna resistere perché il pericolo è reale, con le
conseguenze gravi anche degli episodi di questi giorni”.
Un invito inequivocabile alla prudenza, ma anche alla necessità di non perdere mai la testa.
Roberto Serafin
Redattore de “Lo Scarpone”
[email protected]
Layout: Vinicio Vatteroni – [email protected]