My Ishmael - Nuova Rivoluzione Tribale

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My Ishmael - Nuova Rivoluzione Tribale
Daniel Quinn
My Ishmael
Traduzione italiana non ufficiale di Dr. Jackal ([email protected]).
Le altre opere di Daniel Quinn sono disponibili nel sito:
NuovaRivoluzioneTribale.uphero.com
Salve.
Non è molto bello svegliarsi a sedici anni e rendersi conto di essere già
incasinata. Non che ci sia nulla di particolarmente insolito nell'essere già
incasinati a quest'età. Sembra che chiunque nel raggio di ottanta chilometri
stia cercando di renderti la vita un inferno. Ma non molti sedicenni sono
incasinati in questo modo particolare. Non molti hanno l'opportunità di
esserlo.
Ne sono grata. Lo sono davvero.
Ma questa storia non riguarda me a sedici anni. Riguarda qualcosa che
mi è successo quando ne avevo dodici. Quello fu un anno difficile. Mia
madre aveva deciso che tanto valeva essere un'ubriacona a tempo pieno.
Nei tre o quattro anni precedenti aveva cercato di farmi credere di essere
solo una bevitrice occasionale. Ma a quel punto sembrava aver deciso che
dovessi sapere la verità, quindi perché continuare a fingere? Non chiese la
mia opinione al riguardo. Se l'avesse fatto, le avrei detto: “Per favore
continua a fingere, mamma. Soprattutto davanti a me, va bene?”
Questa storia non riguarda mia madre. E' solo che dovete prima capire
alcune cose per essere in grado di capire il resto.
I miei genitori divorziarono quando avevo cinque anni, ma non vi
annoierò con quella storia. Non la conosco nemmeno, quella storia, perché
mia madre la racconta in un modo e mio padre in un altro. (Suona
familiare?)
Comunque sia, mio padre si risposò quando avevo otto anni. Mia madre
fece quasi lo stesso, ma il tizio si rivelò essere un tipo strano, quindi evitò.
Più o meno in quel periodo, cominciò a mettere su un bel po' di peso.
Fortunatamente aveva già un buon lavoro. Dirige il database di un grosso
studio legale in centro. Poi cominciò a fermarsi per “un bicchiere dopo il
lavoro”. Fermate piuttosto lunghe.
Nonostante tutto, ogni mattina rotolava fuori dal letto alle sette e
mezza, senza eccezioni. E penso che si fosse data la regola di non
cominciare a bere prima della fine della giornata lavorativa. Tranne nei
finesettimana, naturalmente – ma non voglio scendere in dettagli.
Non ero una bambina felice.
A quel tempo credevo che avrebbe potuto aiutare se avessi recitato il
ruolo della Figlia Obbediente. Quando tornavo da scuola, cercavo di
rimettere la casa in ordine come mia madre l'avrebbe voluta se gliene fosse
ancora importato qualcosa. Questo significava principalmente pulire la
cucina. Il resto della casa non si sporcava mai molto. Ma nessuna di noi
due aveva il tempo di mettersi a pulire la cucina prima di andare al lavoro
o a scuola.
Comunque sia, un giorno stavo raccogliendo i giornali quando qualcosa
nella sezione annunci catturò la mia attenzione. Diceva:
Maestro cerca allievo.
E' richiesto un sincero desiderio di salvare il mondo.
Presentarsi di persona.
Seguiva il numero di una stanza e l'indirizzo di un vecchio edificio
cadente in centro.
Mi colpì che un maestro stesse cercando un allievo. Non aveva alcun
senso. Per gli insegnanti che conoscevo io, cercare un allievo sarebbe stato
come per un cane cercare una pulce.
Poi lessi di nuovo la seconda frase: E' richiesto un sincero desiderio di
salvare il mondo. “Caspita”, pensai, “questo tizio non chiede poi molto.”
La cosa strana è che questo insegnante avrebbe dovuto offrire il proprio
servizio come qualunque altro, e invece non lo stava facendo. Era come
una richiesta di aiuto. Era come se fosse il maestro ad aver bisogno di un
allievo, e non il contrario.
Un brivido mi scorse sulla nuca, e i capelli mi si drizzarono in testa.
“Accidenti”, mi dissi, “io potrei farlo. Potrei essere l'allieva di questo
tizio. Potrei essere utile!”
Qualcosa del genere. Suona ridicolo, adesso, ma quell'annuncio mi
entrò in testa e non ci fu modo di liberarmene. Sapevo dove si trovava
quell'edificio. Tutto ciò che dovevo ricordarmi era il numero della stanza.
Ritagliai ugualmente l'annuncio e lo misi nel cassetto della mia scrivania.
In questo modo se anche fossi caduta, avessi battuto la testa e avessi avuto
un'amnesia, l'avrei comunque ritrovato, un giorno.
Doveva essere stato un venerdì sera, perché la mattina dopo rimasi a
letto a pensarci. Sognando a occhi aperti, in realtà.
Del sogno ne parlerò più tardi.
Stanza 105.
La buona notizia è che mia madre non mi controllava un granché. Non
controllava neanche se stessa, quindi deve aver pensato che non avesse
senso controllare me. Comunque sia...
Dopo colazione le dissi: “Sto uscendo”, e lei disse: “D'accordo.” Non:
“Dove stai andando?” o “Quando tornerai?”, solo “D'accordo.”
Presi un autobus per il centro.
Viviamo in una cittadina piuttosto graziosa (non dirò dove
esattamente). Ci possiamo fermare a un semaforo rosso senza che la
macchina ci venga rubata. Le sparatorie sono rare. Non ci sono cecchini
sui tetti. Cose così. Quindi non esitai un attimo ad andare in centro di
sabato mattina da sola.
Conoscevo il palazzo nominato dall'annuncio. Era il Fairfield. Un mio
zio balordo una volta aveva un ufficio lì. L'aveva scelto perché era in una
buona zona ma economico. In altre parole, scadente.
L'ingresso mi riportò alla mente dei ricordi. Aveva proprio l'aspetto
adatto al suo odore: cani bagnati e sigari. Mi ci volle un po' per capire dove
andare. C'erano solo una manciata di uffici al pianterreno, e la stanza 105
non era tra quelli. Finalmente la trovai nel retro, di fronte a dei magazzini e
a un montacarichi.
Mi dissi: “Non può essere quella giusta.” Ma eccola qui, stanza 105.
Mi dissi: “Che sto facendo qui, a ogni modo? Questa porta di sicuro
non è aperta di sabato.” Ma lo era.
Entrai in una stanza enorme e buia. Presi un bel respiro e quasi svenni.
Non erano cani bagnati e sigari stavolta. Era zoo. Non mi dispiacque. Mi
piacciono gli zoo. Ma, come ho detto, la stanza era vuota. C'era una
libreria scalcinata sulla sinistra e una poltrona troppo imbottita sulla destra.
Sembravano avanzi di garage.
“Questo tizio si è trasferito”, mi dissi.
Mi guardai intorno di nuovo. Alte, sporche finestre che davano sulla
strada. Polverose luci industriali che pendevano dal soffitto. Muri scrostati
color pus.
Allora mi dissi: “Va bene, mi trasferisco qui.” Credo di averlo pensato
sul serio. Nessuno poteva volere questo posto, giusto? Perché non avrei
potuto averlo io? Voglio dire, aveva già una poltrona, no? Potevo fare a
meno del resto, per il momento.
C'era un elemento che non avevo notato. La poltrona era rivolta verso
una grande lastra di vetro scuro nel bel mezzo del muro di destra. Mi
ricordò il tipo di vetro attraverso cui i testimoni guardano per identificare i
sospettati in un confronto all'americana. Doveva esserci una stanza, lì
dietro, perché c'era una porta accanto alla vetrata. Mi avvicinai per dare
un'occhiata. Appoggiai il naso al vetro e usai le mani per bloccare la luce,
e...
Pensai che fosse un film.
A circa 3 metri dal vetro c'era un enorme, immenso gorilla che se ne
stava seduto a masticare un ramoscello. Mi stava fissando proprio negli
occhi, e improvvisamente capii che non si trattava di un film.
“Cavolo!”, dissi, saltando indietro.
Ero sorpresa ma non proprio spaventata. Mi sentivo come se avessi
dovuto esserlo – voglio dire, mi sarei sgolata se fossi stata il personaggio
di un film – ma il gorilla si limitava a starsene lì seduto. Non so, forse ero
solo troppo intontita per avere paura. A ogni modo, mi gettai un'occhiata
alle spalle per essere sicura di poter arrivare facilmente alla porta.
Poi socchiusi gli occhi per controllare che il gorilla fosse tranquillo. Lo
era. Non ebbe nemmeno un fremito, o me la sarei data a gambe.
Va bene. Dovevo capirci qualcosa.
Il maestro non si era trasferito. Voglio dire, chi avrebbe potuto
trasferirsi e dimenticarsi di portarsi dietro il suo gorilla? Quindi il maestro
non se n'era andato. Forse era solo uscito un attimo, per andare a pranzo o
qualcosa del genere. E si era dimenticato di chiudere a chiave. O qualcosa
del genere. Sarebbe tornato presto. Probabilmente. Forse.
Mi guardai intorno di nuovo, ancora cercando di capire cosa stesse
succedendo.
La stanza in cui mi trovavo non era uno spazio abitabile – niente letto,
niente cucina, niente armadi o cassetti. Quindi il maestro non viveva qui.
Ma ovviamente il gorilla sì, nella stanza al di là del vetro.
Perché? Come mai?
Be', che diamine, immagino che uno possa tenere un gorilla, se proprio
vuole. Ma perché tenerne uno in questo modo particolare?
Guardai all'interno un'altra volta e notai qualcosa che mi era sfuggito.
Era un manifesto sul muro dietro il gorilla. Diceva:
SENZA L'UOMO
IL GORILLA
AVRA' QUALCHE SPERANZA?
“Be'”, mi dissi, “ecco una domanda interessante.” Non sembrava molto
difficile, però. Perfino a dodici anni, sapevo che stava succedendo nel
mondo. Per come stavano andando le cose, i gorilla non sarebbero durati
molto a lungo. Quindi la risposta era sì. Senza l'Uomo, il Gorilla avrebbe
una speranza.
Il primate nell'altra stanza grugnì come se non fosse rimasto molto
impressionato dal mio ragionamento.
Mi chiesi se il manifesto facesse parte del corso. L'annuncio diceva: è
richiesto un sincero desiderio di salvare il mondo. Aveva senso. Salvare il
mondo avrebbe sicuramente significato salvare i gorilla.
“Ma non le persone?”, sentii nella mente. Sapete cosa si prova quando
un'idea vi appare improvvisamente nel cervello, come se fosse spuntata
fuori dal nulla? Be', questa veniva dallo spazio profondo. Sono in grado di
distinguere un estraneo da un amico. Questo era un estraneo.
Guardai il gorilla, lui guardò me, e capii.
Mi dileguai. Ecco quanto rapidamente uscii di lì: un attimo stavo
guardando il gorilla e quello dopo ero sul marciapiede, respirando
affannosamente.
Non ero distante dal centro della città, dove un paio di centri
commerciali stavano tenendo ancora duro con le unghie e coi denti. Mi
diressi in quella direzione, sapendo che avrei trovato delle persone. Volevo
avere intorno della gente mentre riflettevo su tutto questo.
Il gorilla mi aveva parlato – dentro la mente. Ecco su cosa dovevo
riflettere.
Non dovetti chiedermi se era successo davvero o no. Era successo. Non
avrei potuto immaginarmi una cosa del genere. E perché avrei dovuto
farlo? Per ingannare me stessa? Ci rimuginai mentre ero nell'ascensore da
Pearson's. Sei piani in su, sei piani in giù. Davvero rilassante. Nessuno fa
caso a te. Nessuno ti disturba. Al pianterreno devi premere il pulsante per
ritornare su. Gioielli e bigiotteria. Abiti da donna. Abiti da uomo. Articoli
per la casa. Giocattoli. Mobilio. All'ultimo piano devi premere il pulsante
per tornare giù. Mobilio. Giocattoli. Articoli per la casa. Abiti da uomo.
Abiti da donna. Gioielli e bigiotteria. Spostamenti lenti e rilassanti.
Maestro cerca allievo. E' richiesto un sincero desiderio di salvare il
mondo.
Io dico: “Vuoi dire come salvare i gorilla?”
E il gorilla dice: “Ma non le persone?”
Dov'era il maestro mentre succedeva tutto questo? E cosa sarebbe
successo se il maestro fosse stato lì? Qual era il piano? Qual era l'idea?
Riuscivo a immaginare che un insegnante esotico avesse un animale
domestico altrettanto esotico. Un gorilla telepatico. Decisamente esotico,
già.
Maestro cerca allievo. E' richiesto un sincero desiderio di salvare il
mondo e la capacità di gestire un gorilla telepatico... Ero proprio io.
Mi fermai per una coca. Non era neanche mezzogiorno.
Affronto il gorilla.
Tornata nella stanza 105, appoggiai una mano sulla maniglia e un
orecchio contro la porta. E udii una voce maschile.
Non riuscii a capire cosa dicesse. Era troppo lontano dalla porta e
rivolto dalla parte sbagliata. Almeno così è come me lo immaginai.
“Mumble umble bumble”, disse. “Bum bum umble mumble.”
Silenzio. Un minuto intero di silenzio.
“Um bumble umble bum”, continuò l'uomo. “Bum bum mumble um
bumble.”
Silenzio. Solo mezzo minuto, stavolta.
“Umble?”, chiese l'uomo. “Umble bumble um mumblebum.”
E così via. Un suono entusiasmante. Continuò a lungo.
Pensai di limitarmi a entrare. Era un pensiero allettante – ma solo come
pensiero. Pensai di tornare più tardi, ma questo non era allettante neanche
come idea. Chissà cosa avrei potuto perdermi?
Rimasi lì. I minuti si trascinarono come pomeriggi piovosi. (Una volta
l'avevo scritto in un tema: I minuti si trascinarono come pomeriggi
piovosi. Il professore aveva scritto Bene!! al margine. Che scemo.)
Improvvisamente la voce dell'uomo fu vicina alla porta.
“Non lo so”, stava dicendo. “Non lo so davvero. Ma ci proverò.”
Mi affrettai ad allontanarmi e mi appoggiai di schiena alla porta del
montacarichi. Passò un altro minuto. Poi l'uomo disse: “Va bene”, e aprì la
porta. Quando mi vide, si immobilizzò per un secondo come se fossi stata
un cobra in posizione d'attacco. Poi decise di far finta che non fossi lì. Si
chiuse la porta alle spalle e fece per andarsene.
“E' lei il maestro?”, chiesi io. Dal modo in cui aggrottò la fronte, si
sarebbe detto che la trovasse una domanda davvero difficile. Alla fine
riordinò le idee, trovò ciò che voleva dire, e disse: “No.” Ovviamente
avrebbe voluto dire molto di più – forse migliaia di parole in più. Ma
questo fu tutto ciò che riuscì a tirar fuori in quel momento: no.
“La ringrazio”, dissi nel modo più educato possibile.
Aggrottò la fronte ancora di più. Poi si girò e si allontanò a passi
pesanti.
A scuola chiunque non ti piaccia è uno sfigato, ma io non uso questa
parola molto spesso. Preferisco riservarla per persone speciali, come
questo tizio. Questo tizio era uno sfigato. Mi ci volle un attimo per
decidere che non mi piaceva, non so nemmeno io perché. Più o meno
dell'età di mia madre, con vestiti brutti e squallidi. Uno di quei tipi cupi,
intensi, se capite cosa intendo. Giuro che non avevo mai capito cosa fosse
un brutto taglio di capelli finché non vidi il suo. Aveva: “Intellettuale –
restate a distanza” scritto in faccia.
Riportai la mia attenzione sulla porta di fronte a me. Non riuscii a
trovare nulla su cui avessi bisogno di riflettere, quindi mi limitai ad
attraversarla.
Nulla era cambiato lì dentro, ma adesso era tutto diverso, perché capivo
di che cosa si trattasse. Quello che avevo sentito attraverso la porta era una
conversazione tra lo sfigato e il gorilla. Naturalmente avevo sentito solo le
frasi dello sfigato, perché il gorilla non stava parlando con la voce. Lo
sfigato non era il maestro. Quindi doveva esserlo il gorilla. C'era ancora
una cosa: lo sfigato non era spaventato. Questo era importante. Significava
che il gorilla non era pericoloso. Se non era spaventato lui, non dovevo
esserlo neanch'io.
Ora che sapevo che era lì, era facile individuare il gorilla attraverso il
vetro. Era proprio dove l'avevo lasciato.
“Sono venuta per l'annuncio”, gli dissi.
Silenzio.
Pensai che non mi avesse sentito. Mi spostai vicino alla poltrona e lo
dissi di nuovo.
Il gorilla mi fissò in silenzio.
“Qual è il problema?”, dissi. “Mi hai parlato, prima.”
Chiuse gli occhi molto, molto lentamente. Non è facile chiudere gli
occhi così lentamente. Pensai che si stesse addormentando o qualcosa del
genere.
“Qual è il problema?”, dissi di nuovo.
Il gorilla sospirò. Non so come descrivere un sospiro simile. Mi aspettai
di vedere i muri curvarsi sotto il peso di quel sospiro. Aspettai. Pensai che
si stesse preparando a parlare. Ma dopo un minuto intero continuò a
limitarsi a starsene lì seduto.
“Non hai messo tu l'annuncio sul giornale?”, dissi.
Strizzò gli occhi come per tenere fuori qualcosa di sgradevole. Poi,
finalmente, aprì gli occhi e parlò. Come prima, lo udii nella mia mente e
non con le orecchie.
“Ho messo l'annuncio sul giornale”, ammise. “Ma non per te.”
“Che vuoi dire, non per me? Non mi ricordo di aver visto scritto da
nessuna parte: 'questo annuncio è per tutti tranne Julie Gerchak'.”
“Chiedo scusa”, disse. “Avrei dovuto dire che non ho pubblicato
l'annuncio sul giornale per i bambini.”
“Bambini!” Questo mi fece davvero infuriare. “Sarei una bambina? Ho
dodici anni. Sono abbastanza grande per rubare macchine. Sono
abbastanza grande per avere un aborto. Sono abbastanza grande per
spacciare crack.”
E questo enorme, immenso gorilla cominciò a contorcersi, giuro su
Dio. Caspita, stavo andando proprio alla grande. Stavo maltrattando un
gorilla da mezza tonnellata. Si dimenò per un po', poi si riprese, si calmò e
cominciò a parlare.
“Mi dispiace di aver cercato di liquidarti così facilmente”, disse.
“Chiaramente non sei una persona liquidabile. Comunque, il fatto che sei
abbastanza grande per rubare macchine non conta nulla qui.”
“Vai avanti”, gli dissi.
“Io sono un insegnante”, disse.
“Lo so.”
“Come insegnante, sono in grado di aiutare alcuni tipi di allievi. Non
ogni tipo. Non posso aiutare qualcuno con algebra, chimica, francese o
geologia.”
“Non sono venuta qui per cose del genere.”
“Questi sono solo esempi. Quello che intendo dire è che posso offrire
solo un certo tipo di insegnamento.”
“Quindi che stai dicendo, che io non voglio quel 'certo tipo di
insegnamento'?”
Annuì. “E' quello che sto dicendo. Gli insegnamenti che posso darti non
sono di un tipo che ti possa essere di aiuto... Non ancora.”
In un attimo i miei occhi furono pieni di lacrime brucianti, ma di sicuro
non glielo avrei lasciato vedere.
“Sei proprio come tutti gli altri”, gli dissi. “Sei un bugiardo.”
Questo gli fece sollevare le sopracciglia. “Un bugiardo?”
“Sì. Perché non dici la verità? Perché non dici: 'Sei solo una bambina,
non servi a nessuno. Torna fra dieci anni, forse allora varrai il mio tempo'.
Dillo e non mi sentirai aggiungere un'altra parola. Dillo e io mi alzerò e
tornerò a casa.”
Sospirò ancora, perfino più profondamente di prima. Poi annuì, solo
una volta.
“Hai perfettamente ragione”, disse. “Stavo mentendo. E mi aspettavo
che non lo capissi. Per favore, accetta le mie scuse.”
Annuii di rimando.
“Ma anche la verità potrebbe non piacerti”, continuò.
“Qual è la verità?”
“Lo vedremo. Ti chiami Julie?”
“Esatto.”
“E non ti piace essere trattata come una bambina.”
“Esatto.”
“Allora siediti e ti interrogherò come se fossi un'adulta.”
Mi sedetti.
“Cosa ti ha portato qui, Julie? E per favore, non dirmi che è stato
l'articolo. Abbiamo superato quel punto. Cosa vuoi? Cosa stai facendo
qui?”
Aprii la bocca, ma non ne uscì niente. Non una sola sillaba. Rimasi lì
seduta a boccheggiare per circa mezzo minuto, poi dissi: “Che mi dici del
tizio che era qui prima? A lui l'hai chiesto che cosa volesse? Gli hai chiesto
che ci faceva qui?”
A quel punto, il gorilla fece una cosa strana: alzò la mano destra e se la
mise proprio sugli occhi. Sembrava che stesse contando per una partita di
nascondino. La cosa buffa è che non si stava davvero toccando il volto,
stava tenendo la mano a un paio di centimetri dal naso, come se stesse
leggendo una scritta microscopica sul palmo.
Aspettai.
Dopo un paio di minuti abbassò la mano e disse: “No, non gli ho
chiesto queste cose.”
Rimasi seduta a battere le palpebre.
Il gorilla si leccò le labbra – nervosamente, mi sembrò. “Credo che
possiamo dire con sicurezza che non sono preparato a gestire le esigenze di
una persona della tua età. Penso che si possa dire così. Sì.”
“Vuoi dire che ti arrendi. E' questo che mi stai dicendo? Vuoi che me ne
vada perché ti arrendi.”
Il gorilla mi fissò. Non riuscii a capire se speranzosamente,
rabbiosamente o altro.
“Non credi che una dodicenne possa avere un sincero desiderio di
salvare il mondo?”, chiesi.
“Non ne dubito”, rispose, anche se sembrò fare fatica a pronunciare le
parole.
“Allora perché non parli con me? Il tuo annuncio sul giornale diceva
che cercavi un allievo. Non è quello che diceva?”
“Sì, è quello che diceva.”
“Be', ne hai trovato uno. Eccomi qui.”
Barcolliamo verso la linea di partenza.
Passò un lungo momento. L'ho letto in un libro una volta: Passò un
lungo momento. Ma quello fu davvero lungo. Alla fine il gorilla parlò di
nuovo: “Molto bene”, disse con un cenno del capo. “Cominciamo e
vediamo dove ci porta. Il mio nome è Ishmael.”
Sembrò aspettarsi una reazione di qualche tipo, ma per me era solo un
rumore. Sarebbe stato lo stesso se avesse detto di chiamarsi Meraviglia.
Lui sapeva già il mio nome, quindi mi limitai ad attendere. Finalmente
riprese a parlare.
“Riguardo il giovane uomo che era qui poco fa – il suo nome è Alan
Lomax, a proposito – non gli ho chiesto cosa volesse. Ma gli ho chiesto di
raccontarmi una storia che spiegasse perché era venuto qui.”
“Una storia?”
“Sì. Gli ho chiesto la sua storia. Ora ti chiedo la tua.”
“Non so che intendi con una storia.”
Ishmael aggrottò la fronte come se sospettasse che stessi facendo la
finta tonta. Forse lo stavo facendo, un po'.
Proseguì: “I tuoi compagni di scuola stanno facendo qualcos'altro
questo pomeriggio, non è vero? Qualunque cosa sia, tu non la stai
facendo.”
“Sì, infatti.”
“Bene. Spiegami perché non stai facendo ciò che stanno facendo loro.
Cos'ha di diverso la tua storia rispetto alla loro che ti ha condotto in questa
stanza un sabato pomeriggio?”
Ora avevo capito cosa intendesse, ma non mi aiutò. Di che storia stava
parlando? Voleva sapere del divorzio dei miei? Dell'avventura alcoolica di
mia madre? Dei problemi che stavo avendo con la signora Monstro a
scuola? Del mio ex ragazzo, Donnie, il famoso Tizio Che Non C'era?
“Voglio capire che cosa stai cercando”, disse lui, rispondendo alle mie
domande come se le avessi fatte ad alta voce.
“Non capisco”, gli dissi. “Gli insegnanti a cui sono abituata non ti
chiedono che cosa stai cercando. Si limitano a insegnarti ciò che devono.”
“Ed è questo che speravi di trovare qui? Un insegnante come quelli a
cui sei abituata?”
“Be', no.”
“Allora sei fortunata, Julie, perché io non sono come loro. Io sono ciò
che viene chiamato un insegnante maieutico. Un insegnante maieutico è
qualcuno che fa da ostetrica ai suoi allievi. Sai cos'è un'ostetrica?”
“Un'ostetrica è... Qualcuno che aiuta a far nascere i neonati. Giusto?”
“Giusto. Un'ostetrica aiuta a far venire alla luce un neonato che è
cresciuto dentro sua madre. Un insegnante maieutico aiuta a far venire alla
luce le idee che sono cresciute nelle menti dei suoi allievi.” Il gorilla mi
fissò intensamente mentre ci riflettevo su. Poi continuò: “Pensi che ci
siano delle idee che stanno crescendo dentro di te?”
“Non lo so”, gli dissi. Era la verità.
“Pensi che qualcosa stia crescendo dentro di te?”
Lo guardai nel modo più impassibile che mi riuscì. Stava cominciando
a spaventarmi.
“Dimmi, Julie, saresti venuta qui due anni fa se avessi visto il mio
annuncio?”
Questo era facile. Gli dissi di no.
“Quindi qualcosa è cambiato”, continuò. “Qualcosa dentro di te. Questo
è ciò che voglio sapere. Devo capire che cosa ti ha portato qui.”
Lo fissai per un po', poi dissi: “Sai che cosa mi ripeto tutto il tempo? E
voglio dire proprio tutto il tempo, venti volte al giorno? Mi dico: 'Devo
andarmene di qui'.”
Ishmael aggrottò la fronte, perplesso.
“Magari sto facendo una doccia, o lavando i piatti, o aspettando
l'autobus, e questo è ciò che mi viene in mente: 'Devo andarmene di qui'.”
“Che significa?”
“Non lo so.”
Grugnì. “Ma certo che lo sai.”
“Significa... Scappa per salvarti.”
“La tua vita è in minacciata?”
“Sì.”
“Da cosa?”
“Da tutto. Dalla gente che viene a scuola con la pistola. Da gente che
mette bombe in aerei e ospedali. Dalla gente che pompa gas nervino nella
metropolitana. Dalla gente che scarica veleno nell'acqua che beviamo.
Dalla gente che rade al suolo le foreste. Dalla gente che distrugge lo strato
d'ozono. Non conosco davvero tutte queste cose, perché non voglio
ascoltarle. Capisci cosa intendo?”
“Non ne sono sicuro.”
“Voglio dire, pensi che sappia cos'è uno strato d'ozono? Non lo so. Ma
dicono che lo stiamo riempiendo di buchi e che se i buchi diventeranno
abbastanza grandi cominceremo a cadere come mosche. Dicono che le
foreste pluviali sono come i polmoni del pianeta e che se le tagliamo
soffocheremo. Pensi che sappia se è vero o no? Non lo so. Uno dei mie
professori ha detto che fino a duecento specie si estinguono ogni giorno a
causa di ciò che stiamo facendo a questo pianeta. Me lo ricordo – ho una
buona memoria per cose del genere – ma pensi che sappia se è vero o no?
Non lo so, ma ci credo. Lo stesso professore ha detto che stiamo
emettendo nell'atmosfera quindici milioni di tonnellate di anidride
carbonica ogni giorno. Pensi che sappia che cosa vuol dire? Non lo so.
Tutto quello che so è che l'anidride carbonica è un veleno. Non so dove
l'ho visto o sentito, ma il tasso di suicidi tra gli adolescenti è triplicato
negli ultimi quarant'anni. Pensi che vada a cercare notizie simili? Non lo
faccio. Ma mi entrano in testa comunque. La gente sta divorando questo
pianeta.”
Ishmael annuì. “Quindi tu devi andartene di qui.”
“Esatto.”
Ishmael mi diede alcuni secondi per rifletterci, poi disse: “Ma questo
non spiega perché sei venuta da me. Il mio annuncio non diceva nulla
sull'andarsene da qui.”
“Sì, lo so. Sembra che stia dicendo cose senza senso.”
Ishmael alzò un sopracciglio.
“Devo pensarci un po' su”, gli dissi.
Mi alzai e mi girai verso il resto della stanza. Non c'era molto da
vedere. Solo quelle alte finestre polverose, quei muri color pus e quella
piccola libreria scalcinata dall'altra parte della stanza. Mi diressi verso di
essa. Avrei anche potuto farne a meno. C'erano un mucchio di libri
sull'evoluzione, sulla storia, sulla preistoria e su un sacco di popoli
primitivi. C'era un libro sulla società degli scimpanzé che sembrava
interessante – ma niente sui gorilla. C'erano un paio di atlanti archeologici.
C'era il libro col titolo più lungo che avessi mai visto, qualcosa tipo: Man's
rise to civilization as shown by the aboriginal peoples of the new world
from prehistoric times to the coming of the industrial state. C'erano tre
traduzioni della Bibbia, il che sembrava eccessivo, per uno scimmione.
Non c'era nulla con cui avrei potuto rannicchiarmi di fronte al caminetto,
se anche ne avessi avuto uno. Cincischiai più a lungo che potei, poi tornai
a sedermi.
“Volevi che ti raccontassi una storia. Non ho una storia da raccontare,
ma ho un sogno a occhi aperti.”
“Un sogno a occhi aperti?”, disse Ishmael con tono metà interrogativo.
Annuii, e lui disse che un sogno a occhi aperti sarebbe stato più che
adeguato.
“D'accordo. Ecco su cosa stavo fantasticando stamattina. Stavo
pensando: non sarebbe fantastico se andassi nella stanza 105 del Fairfield e
ci fosse una donna a una scrivania, e lei mi guardasse e dicesse...”
“Aspetta”, disse Ishmael. “Scusa se ti interrompo.”
“Sì?”
“Stai... Precipitando.”
“Precipitando?”
“Correndo. Andando in fretta e furia.”
“Vuoi dire che sto andando troppo veloce?”
“Sì, di gran lunga troppo veloce. Non abbiamo una scadenza, qui, Julie.
Se vuoi raccontarmi questa storia, prenditi il tempo che ti serve per
svilupparla con cura – tanto tempo quanto te ne sei presa stamattina
nell'immaginarla.”
“Va bene”, dissi. “Capisco cosa intendi. Vuoi che ricominci?”
“Sì, grazie. Ma niente corse stavolta. Prenditi un momento per
riordinare le idee. Rilassati e lascia che ti ritorni in mente. Non
riassumerla, raccontala integralmente.”
Prendermi un momento? Rilassarmi? Farmela tornare in mente? Non
sembrava capire che cosa mi stava chiedendo. Ero seduta, certo, ma non
potevo appoggiarmi allo schienale e mettermi comoda, perché se l'avessi
fatto i miei piedi avrebbero penzolato dal bordo e mi sarei sentita come
una bambina di sei anni. Dovevo tenere i piedi a terra perché dovevo
essere in grado di uscire di lì in un secondo – e se pensate che voi non vi
sareste sentiti in quel modo, vi suggerisco di sedervi davanti a un gorilla
adulto e fare una prova. L'unico modo per rilassarmi e lasciare che la
fantasticheria mi tornasse in mente sarebbe stato di rannicchiarmi sulla
poltrona e chiudere gli occhi, e non ero pronta a fare una cosa simile in
presenza di un gorilla di mezza tonnellata.
Diedi a Ishmael un'occhiataccia sdegnosa e impaziente che avrebbe
dovuto farglielo capire. La incassò, ci rimuginò su per un po' e poi fece
qualcosa che quasi mi fece scoppiare a ridere. Usò due dita per farsi un
gesto davanti al cuore e poi le mantenne in aria solennemente, proprio
come un Boy Scout: Croce sul cuore e potessi morire.
Che diavolo, risi davvero.
Il sogno a occhi aperti.
Nella mia fantasticheria, non mi vestii con cura per andare al Fairfield –
non più di quanto avessi fatto nella realtà. Sarebbe stato imbarazzante.
Sarebbe stato altrettanto imbarazzante vestirmi di stracci, per cui avevo
scelto una via di mezzo. Ci sono molte ragazze più carine, più brutte, più
alte, più basse, più grasse e più magre di me – e forse per loro ha senso
uscire di testa per decidere cosa mettersi, ma non per me.
Il Fairfield del mio sogno era più elegante di quello reale, e la stanza
105 non era al piano terra vicino a un magazzino di carico. Per arrivarci
dovetti prendere l'ascensore dall'ingresso (e qualcuno gli aveva dato una
bella lucidata, rivelando dei bei fregi di ottone).
La porta della stanza 105 diceva... Nulla. Ci riflettei un po'. Volevo che
recasse una scritta intrigante come Possibilità Mondiali o Avventura
Cosmica, ma niente, rimase ostinatamente vuota. Entrai. Una giovane
donna alzò gli occhi da una scrivania sistemata nella parte anteriore della
stanza. Non era una segretaria. Non era vestita da segretaria, ma in modo
più casualmente elegante. E non era seduta alla scrivania: ci era piegata
sopra, impacchettando una scatola. Mi lanciò un'occhiata incuriosita, come
se degli estranei entrassero raramente lì dentro, e mi chiese come avrebbe
potuto essermi d'aiuto.
“Sono qui per l'annuncio”, le dissi.
“L'annuncio”, disse lei, raddrizzandosi per esaminarmi più
attentamente. “Non credevo che l'annuncio stesse ancora venendo
pubblicato.”
Non riuscii a pensare a nulla da dire, quindi rimasi solo lì in piedi.
“Aspetta qui”, disse, e scomparve in un corridoio. Tornò un minuto
dopo, in compagnia di un uomo della sua stessa età, venti o venticinque
anni. Era vestito allo stesso modo, non in un completo ma più casualmente
– più un escursionista che un uomo d'affari. Mi fissarono inespressivi
finché cominciai a sentirmi un mobile che era stato inviato lì in prova.
Alla fine l'uomo disse: “Sei venuta per l'annuncio?”
“Esatto.”
La donna gli disse: “Sai, sarebbero contenti di averne una in più.”
Ovviamente non avevo idea di chi stesse parlando.
“Ne sono consapevole”, disse lui. Poi: “Vieni nel mio ufficio e ne
parleremo. Io sono Phil, a proposito, e questa è Andrea.” Nel suo ufficio, ci
sedemmo e lui disse: “Il motivo per cui stiamo esitando è che abbiamo
bisogno di gente che possa stare via per un po'. Per un bel po'.”
“Non c'è problema”, gli dissi.
“Non capisci, disse Andrea. “Stiamo parlando di anni, forse anche
decenni.”
“Davvero?”
“Davvero.”
“Be', non mi dispiacerebbe troppo”, dissi loro. “Sinceramente.”
(“Ora noterai”, dissi a Ishmael, “che nessuno dei due ha detto che ero
troppo giovane, o che sarebbe stato meglio se fossi stata un maschio, o
che avrei fatto meglio a restare a casa e occuparmi di mia madre, o che
avrei dovuto finire la scuola o roba del genere.” Lui annuì per farmi
capire che questo dettaglio non gli era sfuggito.)
Si scambiarono un'altra occhiata, poi Phil mi chiese quanto mi ci
sarebbe voluto per prepararmi.
“Intendi per andarmene?” Annuì. “Sono già pronta. Sono venuta
pronta.”
“Ottimo”, disse Andrea. “Come puoi vedere, stavamo facendo le
valigie. Se fossi venuta un'ora più tardi ci avresti mancati.”
Ora noterai che entrambi avevano nominato l'annuncio, ma nessuno dei
due aveva pronunciato neanche una sillaba della parola più importante:
maestro. Questo mi preoccupò un po'. Mi chiesi se la faccenda del maestro
non fosse stata solo un modo per adescare gente, ma non dissi nulla. Gli
adulti si irritano parecchio quando fai loro domande sulle bugie che
cercano di darti a bere. Quindi tenni la bocca chiusa e aiutai a caricare gli
scatoloni su una grossa Suburban parcheggiata nel vicolo dietro l'edificio.
Un'ora di macchina ci portò nel bel mezzo del nulla (un nulla non
specificato non presente su nessuna mappa della zona). Sembrava il tipo di
posto in cui giravano tutti quei ridicoli vecchi film dell'orrore e di
fantascienza, con i ragni giganti e le vecchie assassine. Penso che fosse
proprio quel posto. Era il mio sogno a occhi aperti, dopotutto.
La nostra destinazione era una sorta di piccolo campo militare privo di
soldati. Quando entrammo, la gente si limitò a salutarci con la mano per
poi continuare quello che stava facendo. Era facile notare che c'erano due
gruppi: lo staff, vestito color cachi, come Phil e Andrea, e le reclute, che
erano un gruppo misto e disomogeneo come la folla in un centro
commerciale un sabato pomeriggio.
Phil e Andrea mi lasciarono in una caserma, dove alcune reclute mi
assegnarono un letto. Nessuno si offrì di spiegare nulla e io non feci
domande. Immaginai che presto o tardi la situazione si sarebbe chiarita.
Quello che avvenne, comunque, fu che a un certo punto dissi qualcosa che
rese chiaro agli altri che non avevo idea di cosa stesse succedendo.
Rimasero sconcertati che Phil e Andrea non mi avessero spiegato nulla,
così dissi: “Perché non me lo spiegate voi?”. Si grattarono la testa e
borbottarono per un po' tra di loro, ma alla fine qualcuno prese la parola e
disse: “Che senso ha andare a cercare un maestro se vuoi salvare il
mondo?”
“Perché non so come farlo da sola, ovviamente.”
“Ma che tipo di maestro saprebbe come salvare il mondo, secondo te?”
“Non ne ho idea”, le dissi. Questa era una donna sui quarant'anni di
nome Gammaen.
“Pensi che possa trattarsi di un ufficiale governativo o qualcosa del
genere?”
Le dissi che non credevo proprio, e quando mi chiese perché, risposi:
“Perché se qualcuno del governo sapesse come farlo, lo starebbe facendo,
no?”
“Perché secondo te la gente in generale non sa come salvare il mondo?”
“Non lo so.”
“Pensi che nessuno nell'intero universo sappia come vivere senza
distruggere il mondo?”
“Non ne ho idea”, le dissi.
A questo punto rimasero in silenzio per un po'. Alla fine uno di loro
prese la parola: “Ci sono popoli ovunque nell'universo che sanno come
vivere senza distruggere il mondo.”
“Ah, davvero?” dissi io. Non stavo facendo l'arrogante, era la prima
volta che sentivo una cosa simile, e glielo dissi.
“Be', è così che stanno le cose”, disse. “Ci sono migliaia di pianeti
abitati nell'universo – forse milioni – e la gente riesce a viverci senza
problemi.
“Davvero?”
“Davvero. Non li distruggono, non li radono al suolo e non li riempiono
di veleni.”
“Be', è grandioso”, dissi. “Ma questo come può aiutare noi?”
“Ci aiuterebbe se sapessimo come fanno a vivere in quel modo, no?”
“Certo.”
Per un secondo sembrò che sarebbero rimasti nuovamente bloccati, ma
poi Gammaen trovò il modo di proseguire.
“Stiamo andando da loro per imparare”, disse.
“Chi?”
“Noi. Tutte le reclute – tu, noi.”
“Stiamo andando dove?”, chiesi, ancora incapace di capire dove
volesse arrivare.
“Nello spazio”, disse.
Finalmente fu chiaro: stavamo aspettando che venissero a prenderci.
Saremmo rimasti via per decenni, senza andare a scuola. Avremmo visitato
altri pianeti, osservando, cercando di capire.
E qualunque cosa avremmo imparato, l'avremmo portata sulla Terra.
Questo era il programma.
E questo era il sogno a occhi aperti.
Ti presento Madre Cultura.
“Stupido, no?”
Ishmael aggrottò la fronte. “Perché dici così?”
“Be', voglio dire, è un sogno a occhi aperti. Sono stupidaggini. Fuffa.
Sciocchezze.”
Scosse la testa. “Nessuna storia è priva di significato, se sai come
cercarlo. Questo vale tanto per le ninne-nanne e le fantasticherie quanto
per i romanzi e i poemi epici.”
“D'accordo.”
“Il tuo sogno a occhi aperti non è una stupidaggine, Julie, posso
assicurartelo. Inoltre, ha fatto proprio quello che volevo facesse. Avevo
chiesto una storia che spiegasse perché sei qui, ed è esattamente quello che
mi hai dato. Ora capisco che cosa stai cercando. O, più precisamente,
capisco cosa sei preparata a imparare, e senza questa informazione non
avrei potuto neanche cominciare.”
Non capii esattamente di cosa stesse parlando, ma gli dissi che ero
contenta di sentirlo.
“Nonostante questo”, continuò, “non sono ancora sicuro di come
procedere con te. Che tu ne sia consapevole o meno, presenti un problema
speciale.”
“Perché?”
“Io non sono come gli insegnanti nella tua scuola, Julie, che si limitano
a insegnarti le materie che i vostri adulti hanno deciso che dovresti
conoscere – cose come matematica, geografia, storia, biologia, e così via.
Come ti ho spiegato prima, io sono un insegnante che funge da ostetrica
per i suoi allievi, portando alla luce idee che erano cresciute dentro di
loro.” Ishmael si fermò un momento a riflettere, poi mi chiese quali
fossero, secondo me, le differenze tra me e Alan Lomax – dal punto di
vista educativo.
“Be', immagino che abbia finito la scuola superiore e probabilmente
l'università.”
“Esatto. Quindi?”
“Quindi conosce cose che io non conosco.”
“Questo è vero”, disse Ishmael. “Tuttavia, le stesse idee stanno
crescendo dentro entrambi.”
“Come lo sai?”
Le labbra gli fremettero in un sorriso. “Lo so perché avete entrambi
ascoltato la stessa madre dal giorno della vostra nascita. Non sto parlando
della vostra madre biologica, naturalmente, ma piuttosto della vostra
madre culturale. Madre Cultura vi parla attraverso la voce dei vostri
genitori – che a loro volta hanno ascoltato la sua voce dal giorno della loro
nascita. Vi parla attraverso personaggi dei fumetti, dei romanzi e dei
cartoni animati. Vi parla attraverso giornalisti, insegnanti e candidati
presidenziali. L'avete ascoltata nei talk-show. L'avete ascoltata nelle
canzoni popolari, negli slogan pubblicitari, nelle lezioni, nei discorsi dei
politici, nei sermoni e nelle barzellette. L'avete letta in articoli di giornale,
libri di testo e strisce a fumetti.”
“Va bene”, dissi. “Credo di capire cosa intendi.”
“Questa, naturalmente, non è una cosa esclusiva della vostra cultura,
Julie. Ogni cultura ha la propria madre culturale che alleva e sostiene i
propri membri. Le idee che sono state insegnate a te e Alan sono molto
diverse da quelle insegnate nei popoli tribali che vivono ancora come i loro
antenati vivevano diecimila anni fa – gli Huli della Papa Nuova Guinea,
per esempio, o gli Indiani Macuna della Colombia orientale.”
“Sì, capisco.”
“Le cose che possono venire estratte da te e Alan sono le stesse, ma si
trovano a differenti stadi di sviluppo. Alan ha ascoltato Madre Cultura per
vent'anni più a lungo di te, quindi ciò che può essere trovato dentro di lui è
più integro e complesso.”
“Sì, lo capisco. Come un feto è più sviluppato a sette mesi piuttosto che
a due.”
“Esatto.”
“Va bene. Quindi ora che facciamo?”
“Ora vorrei che andassi via e mi lasciassi pensare a come procedere con
te.”
“Che andassi dove?”
“Dovunque. Dove vuoi. A casa, se ne hai una.”
Fu il mio turno di aggrottare le sopracciglia. “Se ne ho una? Cosa ti fa
pensare che non ce l'abbia?”
“Mi astengo dal fare ipotesi”, replicò freddamente Ishmael. “Sei tu che
ti sei imbizzarrita quando ti ho definita una bambina e mi hai detto che sei
abbastanza grande da rubare macchine, avere un aborto o spacciare crack.
Ho pensato che fosse meglio non dare nulla per scontato sulle tue
condizioni di vita.”
“Accidenti”, dissi io. “Prendi tutto in maniera così letterale?”
Ishmael si grattò un lato della mandibola per un momento. “Sì,
immagino di sì. Scoprirai che ho un certo senso dell'umorismo, ma che le
iperboli e le esagerazioni comiche tendono a sfuggirmi.”
Gli dissi che l'avrei tenuto a mente – indulgendo in un'altra
esagerazione comica. Poi gli chiesi quando sarei potuta tornare.
“Quando vuoi.”
“Domani?”
“Ma certo. Le domeniche non sono giorni di riposo per me.”
Il lieve fremito all'angolo della sua bocca mi fece capire che quella
avrebbe dovuto essere una battuta di qualche tipo.
Mia madre era sprofondata in un piacevole torpore per quando tornai a
casa. Immagino che pensi sia un suo dovere materno mostrare interesse
alla mia giornata, perché mi chiese dove fossi stata. Le raccontai la bugia
che mi ero preparata, che ero stata con Sharon Spaley, un'amica.
Pensavate che le avrei detto la verità? Che avevo avuto un'interessante
conversazione con un gorilla?
Fatemi il piacere.
Il popolo maledetto.
Quando arrivai alla stanza 105 la mattina seguente, appoggiai l'orecchio
alla porta. Volevo sapere se Alan lo sfigato era arrivato prima di me.
Quando fui sicura che non c'era, entrai.
Non era cambiato niente. Il che significa che rimasi colpita dall'odore,
che ora sapevo essere di gorilla. Non intendo dire che non mi piacesse.
Avrei voluto averne una bottiglietta. Sapete, per spruzzarmene un po'
prima di andare alle feste. Quello sì che avrebbe attirato l'attenzione.
Ishmael era dove l'avevo lasciato. Mi chiesi se avesse un altro posto in
cui andare in quel locale. Immaginai che ci fosse un'altra stanza dietro
quella che potevo vedere. La stanza dietro il vetro era troppo piccola
perché chiunque potesse viverci, soprattutto un gorilla.
Mi sedetti e ci scambiammo un'occhiata.
“Cosa farai se Alan verrà qui mentre ci sono io?”
Fece una smorfia. Credo che la trovasse una domanda inutile.
Comunque, rispose... Chiedendomi cosa io avrei voluto che facesse.
“Credo che vorrei che gli dicessi di tornare più tardi.”
“Capisco. Ed è questo che dovrei dire anche a te se dovessi venire
mentre Alan è già qui?”
“Sì.”
“Se Alan è già qui quando arrivi, dovrei dirti di tornare più tardi?”
“Esatto.”
Scossa la testa, divertito. “Dovrò parlargliene. Posso dire a te di tornare
più tardi, ma non a lui. Non senza discuterne prima.”
“Non voglio che tu lo faccia. Se Alan arriva mentre sono qui, me ne
andrò e basta.”
“Ma perché? Cos'hai contro di lui?”
“Non lo so. Solo non voglio che sappia di me.”
“Cosa non vuoi che sappia?”
“Non voglio che sappia nulla. Non voglio nemmeno che sappia che
esisto.”
“Non posso garantirti una cosa simile, Julie. Se entrasse da quella porta
adesso, ovviamente scoprirebbe che esisti.”
“Me ne rendo conto. Ma quella è solo la mia prima scelta. Se non posso
avere quella, otterrò quella migliore dopo di essa.”
“E qual è la tua seconda scelta?”
“Qualunque cosa ottenga andandomene, ecco qual è.”
Ishmael improvvisamente sollevò il labbro superiore, scoprendo una
fila di denti marrone-dorati grandi quanto il mio pollice. Mi ci volle un
attimo per capire che si trattava di un sorriso.”
“Comincio a credere”, disse, “che tu abbia un carattere molto simile al
mio, Julie.”
Lo fissai perplessa.
“Se non capisci cosa voglio dire adesso, lo capirai un giorno.”
Aveva ragione, in quel momento non lo capii. Ora, dopo quattro anni,
credo di capirlo. Forse.
Comunque sia, quando la chiacchierata fu conclusa Ishmael si sedette
sul suo letto di paglia e cominciò.
“Tu pensi che qualcuno nell'universo debba sapere come vivere nel
mondo senza distruggerlo. Questo è ciò che il tuo sogno a occhi aperti
sembra indicare.”
“Be'... Non è che ci creda davvero.”
“Diciamo che ti sembra abbia senso. Ti sembra ragionevole che, se
esiste vita intelligente in qualche altra parte dell'universo, qualcuno da
qualche parte debba sapere come vivere in modo sostenibile nel proprio
mondo.”
“Esatto.”
“Perché ti sembra ragionevole, Julie?”
“Non lo so.”
Il gorilla fece una smorfia. “Prima di dire 'non lo so', apprezzerei se ti
prendessi un momento per vedere se per caso tu non lo sappia, dopotutto.
E anche se scopri che davvero non lo sai, fai un tentativo comunque, per
favore.”
“Va bene. Vuoi sapere perché mi sembra ragionevole che la gente di
altri pianeti sappia come vivere in modo sostenibile.”
“Esatto.”
Ci pensai su per un po' e gli dissi che era una buona domanda.
“L'intero processo consiste nel fare buone domande, Julie. Questa è
un'informazione che ho bisogno di avere da te fin da subito. Sarà la base di
tutto il nostro lavoro successivo.”
“Capisco”, dissi io, e tornai a riflettere. Dopo un altro po' dissi: “E'
difficile da spiegare.”
“Le cose semplici sono quasi sempre le più difficili da spiegare, Julie.
Mostrare a qualcuno come allacciarsi le scarpe è facile. Spiegarglielo a
parole è quasi impossibile.”
“Già”, gli dissi. “E' proprio così.” Ci lavorai su un altro po'. Finalmente
dissi: “Non so perché questo esempio funzioni, ma lo fa. Diciamo che hai
una dozzina di frigoriferi prodotti da una dozzina di compagnie diverse.
Uno o due di questi frigoriferi non varrà un centesimo, ma la maggior
parte funzionerà piuttosto bene.”
“Perché?”
“Immagino che sia perché non puoi aspettarti che ogni singola fabbrica
sia incompetente. La maggior parte di loro devono essere almeno
marginalmente competenti per rimanere in affari.”
“In altre parole, se vivessi in un mondo dove moltissime compagnie
fabbricassero frigoriferi ma nessuna di esse fosse competente, ti
aspetteresti che il tuo mondo fosse un'eccezione. Se visitassi altri mondi, ti
aspetteresti di trovare gente capace di fare frigoriferi decenti. Ancora in
altre parole, ti sembra che ci sia qualcosa di anormale riguardo la
disfunzionalità. Ciò che è normale è che le cose funzionino. Ciò che non è
normale è che le cose falliscano.”
“Sì, esatto.”
“Da dove ti viene quest'impressione, Julie? Da dove ti viene
l'impressione che sia normale che le cose funzionino?”
“Caspita”, dissi. Da dove mi era venuta quest'idea? “Forse è questo.
Ogni altra cosa nell'universo sembra funzionare. L'aria funziona, le nuvole
funzionano, gli alberi funzionano, le tartarughe funzionano, i germi
funzionano, gli atomi funzionano, i funghi funzionano, gli uccelli
funzionano, i leoni funzionano, i vermi funzionano, il sole funziona, la
luna funziona... L'intero universo funziona! Ogni singola cosa funziona...
A parte noi. Perché? Cosa ci rende così speciali?”
“Sai cosa vi rende speciali, Julie.”
“Lo so?”
“Sì. Questo sarà il primo frammento di conoscenza che ti aiuterò a
portare alla luce. Cos'ha da dire Madre Cultura a questo riguardo? Cosa vi
rende differenti da tartarughe, nuvole, vermi, sole e funghi? Essi
funzionano e voi noi. Perché non funzionate, Julie? Cosa vi rende
speciali?”
“Siamo speciali perché tutto il resto funziona. Ed è perché siamo
speciali che non funzioniamo.”
“Sono d'accordo che questo sia un ragionamento circolare che imparate
da Madre Cultura a questo riguardo, ma sarebbe utile se definissi questa
specialità.”
Lo guardai con occhi socchiusi per un po', poi dissi: “Non c'è niente di
sbagliato nelle tartarughe, nelle nuvole, nei vermi e nel sole. Ecco perché
loro funzionano. Ma c'è qualcosa di sbagliato in noi. E questo è il motivo
per cui noi non funzioniamo.”
“Bene. Ma di che si tratta, Julie? Cosa c'è di sbagliato in voi?”
Ci riflettei per qualche minuto. Poi dissi: “Questa è la maieutica?”
Ishmael annuì.
“Sono colpita. Mi piace. Nessuno l'aveva mai fatto con me prima.
Comunque, quello che c'è di sbagliato in noi è che siamo civilizzati. Penso
sia questo.” Ma mentre ci pensavo, questa risposta perse un po' della sua
sicurezza. “Parte del motivo”, gli dissi, “è che siamo civilizzati. Ma c'è
anche qualcosa riguardo il modo in cui siamo civilizzati. Non siamo
civilizzati abbastanza.”
“E come mai?”
“Accidenti”, dissi. “Il motivo per cui non siamo civilizzati abbastanza è
che c'è qualcosa di sbagliato in noi. E' come se ci fosse una goccia di
veleno in noi, e quella goccia basta a rovinare tutto ciò che facciamo.”
Immagino di essere rimasta lì seduta a bocca aperta, perché alla fine
Ishmael mi disse di continuare. Continuai.
“Ecco che cosa sento, Ishmael. Va bene se ti chiamo Ishmael?”
Il gorilla annuì, dicendo: “E' il mio nome.”
“Ecco che cosa sento: Dobbiamo evolverci in una forma superiore se
vogliamo sopravvivere. Non sono esattamente sicura di dove lo sento. E'
come se fosse qualcosa nell'aria.”
“Lo capisco.”
“Questa forma in cui siamo ora è troppo primitiva. Siamo troppo
primitivi. Dobbiamo evolverci in una forma più elevata, più angelica.”
“Per poter funzionare bene quanto funghi, tartarughe e vermi.”
Risi e dissi: “Sì, è buffo. Ma è la percezione comune, penso. Non
funzioniamo bene quanto funghi, tartarughe e vermi perché siamo troppo
intelligenti, e non funzioniamo bene quanto gli angeli e gli dei perché non
siamo intelligenti a sufficienza. Ci troviamo a uno stadio spiacevole.
Eravamo a posto quando eravamo meno che umani, e saremo di nuovo a
posto quando saremo più che umani, ma al momento siamo un disastro.
Gli umani non vanno bene. La loro forma non va bene. Credo sia questo
che Madre Cultura ha da dire.”
“Quindi il difetto è l'intelligenza stessa, secondo Madre Cultura.”
“Esatto. L'intelligenza è ciò che ci rende speciali, no? Le falene non
possono distruggere il mondo. I pesci gatto non possono distruggere il
mondo. Ci vuole intelligenza per fare una cosa del genere.”
“In questo caso, cosa significa per te il tuo sogno a occhi aperti?
Andandotene in giro per l'universo per imparare come vivere, stai
cercando degli angeli?”
“No. Sarebbe assurdo.”
Ishmael inclinò la testa da un lato e mi diede un'occhiata interrogativa.
“Sto cercando delle razze intelligenti come noi, ma che sappiano come
vivere senza distruggere il proprio mondo. Siamo perfino più speciali di
quanto pensassi.”
“Vai avanti.”
“E' come se fossimo maledetti. La gente di questo pianeta.”
Ishmael annuì. “Questo è ciò che si crede generalmente, tra la gente
della tua cultura, che l'umanità è maledetta – malformata, difettosa alla
radice o perfino maledetta da una qualche divinità.”
“Esatto.”
“Questo è il motivo per cui nel tuo sogno a occhi aperti senti il bisogno
di cercare altrove nell'universo la conoscenza di cui hai bisogno. Non puoi
trovarla tra la tua gente, perché siete una specie maledetta. Per trovare il
modo di vivere sostenibilmente, devi trovare una specie che non sia
maledetta. E non c'è motivo di supporre che siano tutte maledette. Senti
che qualcuno là fuori debba sapere come vivere in modo sostenibile.”
“Esatto.”
“Quindi, come vedi, il tuo sogno a occhi aperti era ben lontano
dall'essere una sciocchezza. E sono sicuro che se il viaggio che hai
ipotizzato potesse essere davvero compiuto, vi porterebbe davvero in
contatto con migliaia di popoli che vivono in modo sostenibile senza
problemi.”
“Lo sei? Perché?”
“Perché la maledizione sotto cui agite è molto, molto localizzata, a
differenza di quello che vi dice Madre Cultura. Non si estende nemmeno
lontanamente all'intera umanità. Migliaia di popoli hanno vissuto qui in
modo sostenibile, Julie. Senza difficoltà. Senza sforzi.”
Be', naturalmente battei le palpebre a questo punto.
“Vuoi dire come... Gli Atlantidi?”
“Non intendo nulla di remotamente simile agli Atlantidi, Julie.
Atlantide è una favola.”
“Allora non ho idea di che cosa stai parlando. Nessuna.”
Ishmael annuì lentamente. “Me ne rendo conto. Molti pochi di voi
capirebbero di che cosa sto parlando.”
Attesi che finisse il ragionamento, e quando non lo fece gli chiesi:
“Non vuoi dirmi chi sono questi popoli?”
“Preferirei di no, Julie. Vedi, hai sicuramente questa informazione nella
tua mente, e se la portassi fuori io ne rimarresti impressionata, ma non
impareresti nulla. Il compito dell'ostetrica è di aiutare la madre a dare alla
luce il bambino, non di tirarlo fuori lei stessa.”
“Vuoi dire che so già chi sono questi popoli?”
“Non ne ho il minimo dubbio, Julie.”
Scrollai le spalle, incrociai gli occhi e feci tutte le solite cose, poi gli
dissi di continuare.
La vostra cultura.
“E' convinzione comune e profondamente radicata nella vostra cultura”,
disse Ishmael, “che la saggezza non possa venire trovata tra di voi. Questo
è ciò che il tuo sogno a occhi aperti rivela. Voi sapete come costruire
meravigliosi marchingegni elettronici, sapete come spedire navicelle nello
spazio, sapete come sbirciare nelle profondità dell'atomo. Ma la più
semplice ed essenziale delle conoscenze – quella su come vivere –
semplicemente non esiste tra di voi.”
“Sì, è così che sembra.”
“Questa non è una convinzione recente, Julie. Esiste da millenni nella
vostra cultura.”
“Scusami”, dissi io. “Continui a ripeterlo – 'la gente della vostra cultura'
– e io continuo a non essere sicura di cosa intendi con questo. Perché non
dici solo 'voi umani' o 'voi americani'?”
“Perché non sto parlando degli umani o degli americani. Sto parlando
dei membri della vostra cultura.”
“Be', credo che questa dovrai spiegarmela.”
“Sai cos'è una cultura?”
“A essere onesta, non ne sono sicura.”
“La parola cultura è come un camaleonte, Julie. Non ha un colore
proprio, lo prende dall'ambiente circostante. Significa una cosa quando
parli della cultura degli scimpanzé, un'altra quando parli della cultura della
General Motors. Si può dire che esistono solo due culture umane
fondamentali, così come si può dire che ne esistono migliaia. Invece di
spiegarti cosa significhi la parola 'cultura' da sola (cosa che sarebbe quasi
impossibile), mi limiterò a spiegarti che cosa intendo quando parlo della
'vostra cultura'. D'accordo?”
“Va bene”, dissi.
“In effetti, la renderò ancora più semplice. Ti darò due regole basilari
con cui potrai identificare i popoli della vostra cultura. Eccone una. Sai che
ti trovi tra gente della tua cultura se il cibo è tutto posseduto, se è tutto
sotto chiave.”
“Mmm”, dissi. “E' difficile immaginare che possa essere in qualunque
altro modo.”
“Ma naturalmente un tempo era in un altro modo. Un tempo il cibo non
era più posseduto dell'aria o della luce del sole. Sono sicuro che te ne rendi
conto.”
“Sì, immagino di sì.”
“Sembri scarsamente impressionata, Julie, ma mettere il cibo sotto
chiave è stata una delle grandi innovazioni della vostra cultura.
Nessun'altra cultura ha mai messo il cibo sotto chiave – e farlo è la pietra
angolare della vostra economia.”
“Perché?”, chiesi. “Perché ne è la pietra angolare?”
“Perché se il cibo non fosse sotto chiave, Julie, chi lavorerebbe?”
“Oh. Già. Giusto. Caspita.”
“Se vai a Singapore, Amsterdam, Seoul, Buenos Aires, Islamabad,
Johannesburg, Tampa, Istanbul o Kyoto, troverai che la gente differisce
enormemente nel modo di vestirsi, nelle cerimonie matrimoniali, nelle
ricorrenze che osservano, nei rituali religiosi e così via, ma che tutti si
aspettano di trovare il cibo sotto chiave. E' tutto posseduto, e se ne vuoi un
po' devi comprarlo.”
“Capisco. Quindi stai dicendo che tutti questi popoli appartengono a
una sola cultura.”
“Chiaramente sto parlando delle cose fondamentali, e nulla è più
fondamentale del cibo. Sono sicuro che sia difficile per voi realizzare
quanto incredibilmente bizzarri siate in questo aspetto. Voi pensate che
abbia perfettamente senso lavorare per avere ciò che è gratuito per ogni
altra creatura sulla Terra. Soltanto voi chiudete il cibo sotto chiave lontano
da voi e poi faticate duramente per riprendervelo... E credete che nulla
possa avere più senso.”
“Sì, è bizzarro, se la metti così. Ma non è stata solo la nostra cultura a
farlo. E' stata l'umanità, no?”
“No, Julie. So che Madre Cultura insegna che questa è una cosa che
tutta l'umanità ha fatto, ma è una bugia. Siete stati solo voi, una singola
cultura, e non l'intera umanità. Per quando avremo finito, non avrai alcun
dubbio al riguardo.”
“D'accordo.”
“Un'altra regola basilare che puoi usare per identificare i membri della
vostra cultura, è questa: essi credono di appartenere a una specie
fondamentalmente difettosa e intrinsecamente condannata alla sofferenza e
alla miseria. Dato che sono difettosi, si aspettano che la saggezza sia un
lusso raro e difficile da acquisire. Dato che sono intrinsecamente
condannati alla sofferenza, non sono sorpresi di vivere nella povertà, tra
ingiustizie e crimini. Non sono sorpresi che i loro governanti siano corrotti
ed egoisti. Non sono sorpresi di star rendendo il mondo invivibile per se
stessi. Possono essere indignati al riguardo ma non ne sono sorpresi,
perché è come si aspettano che stiano le cose. Per loro ha senso quanto
mettere il cibo sotto chiave.”
“Ti dispiace se faccio l'avvocato del diavolo per un minuto?”
“Niente affatto.”
“C'è un professore nella mia scuola che non fa che rivolgerci occhiate
compassionevoli perché è buddista, il che significa che è chilometri avanti
a noi per quanto riguarda la consapevolezza e l'illuminazione spirituale e
cose simili. Per lui, la gente della nostra cultura è quella occidentale, e la
gente orientale appartiene a una cultura completamente diversa.”
“Mi sembra di capire che quest'uomo sia egli stesso un occidentale.”
“Sì, lo è. Che cosa c'entra?”
Ishmael scrollò le spalle. “Gli occidentali pensano spesso che l'Oriente
sia un unico, enorme tempio buddista, il che è come pensare che
l'Occidente sia un unico, enorme monastero certosino. Se il professore di
cui parli visitasse l'Oriente sperimenterebbe sicuramente molte cose nuove,
ma scoprirebbe innanzitutto che il cibo viene tutto tenuto sotto chiave, e
poi che gli umani sono considerati una specie miserabile, distruttiva e
avida, proprio come in Occidente. Queste sono le cose che li definiscono
come membri della vostra cultura.”
“Ci sono davvero popoli al mondo che non credono di essere creature
miserabili, distruttive e avide?”
Ishmael considerò la domanda per un momento e poi disse: “Lascia che
ti rivolga la stessa domanda in un altro modo. Nel tuo viaggio per
l'universo, progettavi di andare in cerca di altre specie maledette?”
“No.”
“Ti aspetti che ogni altra specie intelligente dell'universo sia maledetta?”
“No.”
Ishmael mi studiò per un momento e poi disse: “Vedo che la tua
domanda rimane insoluta. Lascia che risponda in questo modo. Perfino alla
tua età, hai probabilmente già incontrato un certo tipo di persona convinto
che tutto ciò che di brutto gli capita nella vita sia colpa di qualcun altro –
mai colpa sua. Se ancora non hai incontrato nessuno così, ti garantisco che
un giorno ti capiterà. Questo tipo di persona non impara mai dai propri
errori, perché per quanto lo riguarda lui non fa mai errori. Non scopre mai
la fonte delle proprie difficoltà, perché è convinto che si trovi nelle altre
persone, e loro sono al di là del suo controllo. Per fartela breve, qualunque
cosa gli vada storta per lui è colpa di qualcun altro. Non si dice mai: 'Forse
il problema è in qualcosa che sto facendo'. Dice: 'Il problema è qualcosa
che gli altri stanno facendo. I miei guai dipendono da altre persone... E
siccome non posso cambiarle, sono impotente'.”
“Sì, conosco qualcuno così”, gli dissi. Non vidi motivo di dirgli che si
trattava di mia madre.
“La vostra intera cultura ha adottato questo modo di gestire le proprie
difficoltà. Voi non dite: 'Forse il problema è in qualcosa che stiamo
facendo'. Voi dite: 'Il problema è la natura umana stessa. I nostri guai
dipendono dalla natura umana... E siccome non abbiamo modo di
cambiarla, siamo impotenti'.”
“Accidenti”, dissi. “Ho capito.”
“Lo capisco anch'io, Julie”, disse Ishmael. “I maestri hanno bisogno di
allievi che li aiutino a proseguire il loro viaggio di scoperta.”
Alzai le sopracciglia.
“Mi hai sentito dire una dozzina di volte che la gente della vostra
cultura pensa a se stessa come a una specie condannata e difettosa.”
“Esatto”, dissi.
“Ora, grazie a te, ho un modo molto migliore di dirlo: la gente della
vostra cultura incolpa la natura umana dei suoi problemi. E' ancora vero
che pensate a voi stessi come a membri di una specie difettosa e
condannata, ma adesso entrambi abbiamo una migliore comprensione del
perché pensate a voi stessi in questo modo. Serve a uno scopo. Vi permette
di spostare la colpa da voi a qualcosa che è oltre il vostro controllo: la
natura umana. Voi non avete colpa. La colpa è della natura umana stessa,
che voi non avete modo di cambiare.”
“Giusto. Capisco.”
“Lascia che spenda un momento per precisare che la natura umana è
qualcosa che la gente della vostra cultura pretende di conoscere. Non è
qualcosa che io pretendo di conoscere. Ogni volta che userò questo
termine, lo farò con il significato che gli viene dato da Madre Cultura. Lo
stesso concetto mi è estraneo. Appartiene a un'impalcatura epistemologica
esclusiva della vostra cultura. Non fare smorfie. Non ti farà male ascoltare
una nuova parola. L'epistemologia è lo studio di ciò che può essere
conosciuto. Per la gente della vostra cultura, la 'natura umana' è un oggetto
conoscibile. Per me è un oggetto fantastico, inventato apposta perché lo si
potesse cercare, come il Santo Graal o la Pietra Filosofale.
“Va bene”, gli dissi. “Ma non so perché stai insistendo su tutto questo.”
Il volto gli si piegò in un sorriso. “Sto parlando ai posteri attraverso di
te, Julie.”
“Scusa?”
“I maestri vivono attraverso i propri discepoli. Questo è un altro motivo
per cui hanno bisogno di loro. Tu sembri avere una memoria particolare. Ti
ricordi ciò che ascolti con una chiarezza inusuale.”
“Sì, immagino di sì.”
“Tu sarai il mio lascito. Porterai le mie parole oltre le mura di questa
stanza.”
“Le porterò dove?”
“Dovunque andrai – dovunque sarà.”
Passai qualche secondo a digerire tutto questo. Poi dissi: “E Alan?
Anche lui sarà un lascito?”
Ishmael scosse le spalle. “Immagino che tanto vale che ne parliamo
adesso, Julie. Ho avuto molti allievi. Alcuni non hanno preso nulla da me,
altri hanno preso solo qualcosa e altri hanno preso molto. Ma nessuno ha
preso tutto. Ognuno prende quanto può trasportare. Capisci cosa intendo?”
“Penso di sì.”
“Ciò che fanno con quanto prendono è ovviamente oltre il mio
controllo. Per la maggior parte, non ho idea di cosa ci facciano... O se ci
facciano qualcosa. Uno di recente mi ha scritto comunicandomi la sua
strana interpretazione di cosa farci. Vuole immigrare in Europa e diventare
una sorta di predicatore itinerante lì.”
“Tu cosa volevi che facesse?”
“Oh, non è una questione di cosa voglio io. Ognuno deve fare ciò che è
nelle sue possibilità. Ho chiamato la sua interpretazione 'strana' solo
perché è inconcepibile per me. Io so solo come istruire le persone in
questo modo – attraverso il dialogo. Semplicemente, non riesco a
immaginare di farlo in una sala conferenze. Una mia mancanza, non sua.”
“Mi sento persa, Ishmael. Cosa c'entra questo con Alan e me?”
“Quando ti ho chiamato il mio lascito, tu mi hai chiesto se lo fosse
anche Alan. Voglio che tu capisca che ciò che sto dando a te è molto
diverso da ciò che sto dando a lui. Non esistono due viaggi identici, perché
non esistono due allievi che lo siano.”
“Va bene. Ha senso.”
“Abbiamo fatto una breve deviazione per mostrarti come riconoscere i
membri della vostra cultura. Ora vediamo se riusciamo a tornare sulla
strada principale... Stavo dicendo che la vostra cultura è profondamente
convinta che la saggezza non possa essere trovata tra di voi, e che questa
convinzione esiste da millenni.”
“Sì, mi ricordo.”
“Capisci perché ne sto parlando?”
“No, non proprio.”
“Nel tuo sogno a occhi aperti hai dato per scontato che la saggezza
dovesse essere cercata altrove – a miliardi di chilometri di distanza da
questo pianeta. Il che è anche il motivo per cui hai dovuto creare questa
fantasticheria. E' tua profonda convinzione che il segreto che stai cercando
non possa essere trovato qui.”
“Sì, è vero.”
“Ciò che vorrei farti capire è che la perdita di questo segreto è stata un
avvenimento storico. Non si tratta di qualcosa mancante nei vostri geni.
L'umanità non è nata ignorante al riguardo. Si è trattato di qualcosa che è
avvenuto solamente nella vostra cultura.”
“Va bene. Ma perché vuoi che capisca tutto questo?”
“Perché... Hai mai perso qualcosa? Una chiave, un libro, uno
strumento, una lettera?”
“Certo.”
“Riesci a ricordarti come hai cercato di ritrovarlo?”
“Ho cercato di ricordare dove mi trovassi l'ultima volta che l'avevo
visto.”
“Ma certo. Se sai dove hai perso qualcosa sai anche dove cercarlo, non
è vero?”
“Sì.”
“Ecco cosa sto cercando di mostrarti: dove e quando avete perso il
segreto che è conosciuto da ogni altra specie sul pianeta – e da ogni altra
specie intelligente nell'universo, se ne esistono.”
“Accidenti”, gli dissi. “Dobbiamo essere davvero speciali se ogni altra
specie nell'universo conosce qualcosa che noi non sappiamo.”
“Siete davvero speciali, Julie. A questo riguardo, la vostra Madre
Cultura e io siamo completamente d'accordo.”
La Storia dell'Uomo in 17 secondi.
“C'è solo un posto da dove cominciare con un allievo, Julie”, disse
Ishmael, “e quel posto è dove l'allievo si trova. Capisci che intendo?”
“Penso di sì.”
“Perlopiù, l'unico modo che ho di sapere dove ti trovi è che me lo dica
tu stessa. E questo è ciò che devi fare adesso. Ho bisogno che tu mi dica
che cosa sai della storia umana.”
A queste parole gemetti, e Ishmael mi chiese perché. “Storia non è la
mia materia preferita”, gli dissi.
“Posso capirlo”, disse lui, “sapendo come i vostri insegnanti sono
costretti a insegnarvela. Ma io non ti sto chiedendo di recitarmi cos'hai
imparato (o non sei riuscita a imparare) a scuola. Anche se non avessi
passato un solo giorno a scuola, avresti comunque un'impressione generica
di cos'è successo qui, solo dall'aver avuto occhi e orecchie aperti nella tua
cultura per dodici anni. Anche qualcuno che non ha letto altro che la
pagina dei fumetti ce l'ha.”
“Va bene”, dissi, e poi feci un collegamento. “E' la versione di Madre
Cultura della storia umana? E' questo che mi stai chiedendo?”
Ishmael annuì. “E' questo che ti sto chiedendo. Devo sapere quanta ne
hai assorbita. Ancora più importante: tu devi sapere quanta ne hai
assorbita.”
“Capisco”, gli dissi, e cominciai a ragionarci. Dopo circa tre minuti
cominciò a contorcersi – uno spettacolo impressionante, vista la sua mole.
Gli lanciai un'occhiata interrogativa.
“Falla semplice, Julie. Questo non è un tema su cui ti verrà dato un
voto. Dimmi solo le cose generiche che conoscono tutti. Non voglio mille
parole e nemmeno cinquecento. Cinquanta basteranno.”
“Sto cercando di decidere come inserirci le Piramidi e la Seconda
Guerra Mondiale.”
“Cominciamo dalla cornice. Una volta che avremo quella, potremo
'inserirci' tutto quello che vogliamo.”
“D'accordo. Gli umani sono apparsi circa... Quanti? Cinque milioni di
anni fa?”
“Tre milioni è la stima comunemente accettata.”
“Va bene, tre milioni. Gli umani sono comparsi circa tre milioni di anni
fa. Erano mangiatori di carogne, vero?”
“Potrebbero benissimo esserlo stati, all'inizio. Ma credo che tu intenda
raccoglitori.”
“Sì, esatto. Erano raccoglitori. Nomadi. Vivevano di ciò che offriva la
terra, come facevano i nativi americani.”
“Bene. Continua.”
“Be', continuarono a vivere di ciò che offriva la terra fino a circa
diecimila anni fa. Poi per qualche motivo abbandonarono la vita nomade e
cominciarono a coltivare. E' esatto? Diecimila anni fa?”
Ishmael annuì. “Nuove scoperte potrebbero retrodatarla, ma finché non
avverrà diecimila anni è la stima generalmente accettata.”
“Va bene. Quindi si stabilirono in un punto e cominciarono a coltivare.
E questo fu fondamentalmente l'inizio della civiltà. Tutta questa roba.
Città, nazioni, guerre, navi a vapore, biciclette, razzi sulla luna, bombe
atomiche, gas nervino e così via.”
“Eccellente”, disse Ishmael. “Alan ha dovuto fare la stessa cosa per me,
ma gli ci sono volute quasi due ore.”
“Davvero? Perché?”
“In parte perché è un maschio e deve mettersi in mostra un po'. E in
parte perché ha ascoltato la voce di Madre Cultura per tanto tempo che
ormai crede sia la sua. Ha difficoltà a distinguerle l'una dall'altra.”
“Capisco”, dissi, cercando di non suonare compiaciuta.
“A ogni modo, la bugia fondamentale ora è emersa: circa diecimila anni
fa, gli umani smisero di essere raccoglitori nomadi e divennero agricoltori
stabili.”
Lo considerai per un minuto e poi gli chiesi quale parte fosse sbagliata.
“La data è giusta, vero?”
Annuì.
“Anche la parte della raccolta è giusta, vero? Voglio dire, prima che gli
umani fossero agricoltori erano raccoglitori, no?”
Annuì di nuovo.
“Poi divennero agricoltori. Non è questo che fecero?”
“Sì.”
“Allora dov'è la bugia?”
“La bugia è nascosta nell'unica parte della frase a cui non hai pensato.”
“Me la potresti ripetere?”
“'Circa diecimila anni fa, gli umani smisero di essere raccoglitori
nomadi e divennero agricoltori stabili'.”
“Caspita”, dissi. “Non ci vedo nemmeno lo spazio necessario per
infilarci una bugia.”
“Né lo vedrebbe la maggior parte delle persone della vostra cultura,
Julie. Dopotutto si tratta della versione della storia della vostra cultura,
quindi è naturale che ti sembri perfettamente accettabile. La vedrai ripetuta
(in diverse variazioni) in tutti i vostri libri di testo. La vedrai ripetuta in
articoli di giornali e riviste. Se terrai gli occhi aperti, ti imbatterai in una
versione o l'altra di questa storia due o tre volte a settimana. La vedrai
ripetuta sistematicamente dagli storici, che la riconoscerebbero
sicuramente come una bugia, se non la stessero ripetendo senza rifletterci
su.”
“Ma dov'è la bugia?”
“La bugia è nella parola 'umani', Julie. Non furono gli umani a fare
questo, furono i membri della vostra cultura – una sola cultura su decine di
migliaia. La bugia è che le vostre azioni siano le azioni dell'umanità. La
bugia è che voi siate l'intera umanità, che la vostra storia sia la storia
dell'umanità. La verità è che diecimila anni fa un popolo abbandonò la vita
di raccolta nomade e divenne un popolo di agricoltori sedentari. Il resto
dell'umanità – il restante novantanove percento – continuò esattamente
come prima.”
Rimasi comatosa per un minuto o due, poi dissi: “Ecco come sembra
che stiano le cose. Sembra che questo fosse il passo successivo
dell'evoluzione umana. L'Homo raccoglitor si estinse e l'Homo agricoltor
ne prese il posto.”
Ishmael annuì. “Molto acuto, Julie. Non l'avevo capito nemmeno io. E'
esattamente l'impressione che si ha, ma naturalmente non è vera.”
“Come lo sai?”
“Innanzitutto, perché l'Homo raccoglitor non si estinse affatto – e non
lo è tuttora. E poi perché raccoglitori e agricoltori non appartengono a due
specie diverse. Sono biologicamente indistinguibili. La differenza tra loro
è prettamente culturale. Alleva un bambino raccoglitore tra gli agricoltori e
sarà un agricoltore. Alleva un bambino agricoltore tra i raccoglitori e sarà
un raccoglitore.”
“D'accordo. Ma comunque, è come... Non lo so. E' come se l'orchestra
avesse cominciato a suonare una nuova melodia e tutti avessero
cominciato a ballarla in tutto il mondo.”
Ishmael annuì e disse: “So che è così che sembra, Julie. I vostri libri di
storia l'hanno ridotta a una storia davvero semplice. In realtà si tratta di una
storia molto complessa e intricata, e i membri della vostra cultura hanno
un bisogno vitale di conoscerla. Il vostro futuro non dipende dal
comprendere la caduta di Roma, o la scalata al potere di Napoleone, o la
guerra civile americana, e nemmeno le guerre mondiali. Il vostro futuro
dipende dal comprendere come siete arrivati a essere ciò che siete, ed è
questa la storia che sto cercando di rivelarti.”
Ishmael si fermò e lo sguardo gli divenne vitreo per una decina di
minuti. Alla fine si accigliò e scosse la testa, e io gli chiesi quale fosse il
problema.
“Stavo cercando di trovare un modo per renderti la storia comprensibile
con un solo racconto, Julie, ma non credo che si possa fare. Deve essere
presentata in varie narrazioni diverse, ognuna delle quali mirata a far
emergere un preciso gruppo di argomenti. Ha senso per te?”
“No, non molto, a essere onesta. Ma sono sicuramente disposta ad
ascoltare.”
“Bene. Ecco una narrazione della storia basata sulla tua metafora della
melodia e dei danzatori. Per quanto possa sembrarti fantasiosa, non lo è
neanche vagamente quanto quella raccontata nei vostri libri di testo, che
dal punto di vista storico è utile quanto le storie di Mamma Oca.”
Melodie e danzatori.
Tersicore è tra i luoghi che ti piacerebbe visitare nell'universo (disse
Ishmael). E' un pianeta (nominato, per inciso, come la musa della danza)
dove le persone erano emerse nel solito modo nella comunità della vita.
Inizialmente avevano vissuto come tutti gli altri, semplicemente
mangiando qualunque cosa avessero a disposizione. Ma dopo un paio di
milioni di anni di questa vita, avevano notato che era molto semplice
incoraggiare la crescita dei loro cibi preferiti. Si potrebbe dire che avevano
trovato alcuni semplici passi che avevano questo risultato. Non erano
costretti a usare questi passi per sopravvivere, ma se lo facevano i loro cibi
preferiti erano sempre maggiormente disponibili. Si trattava, naturalmente,
di passi di danza.
Pochi passi, danzati solo tre o quattro giorni al mese, arricchivano
enormemente le loro vite e non richiedevano quasi alcuno sforzo. Come
qui sulla Terra, la gente di questo pianeta non era un solo popolo ma molti
popoli diversi, e con il passare del tempo ogni popolo sviluppò un proprio
approccio alla danza. Alcuni continuarono a danzare solo alcuni passi tre o
quattro volte al mese. Altri desideravano avere maggiori quantità dei loro
cibi preferiti, quindi danzavano un po' ogni due o tre giorni. Altri ancora
non videro alcun motivo per cui non avrebbero dovuto vivere
principalmente dei loro cibi preferiti, quindi danzavano un po' ogni giorno.
Le cose restarono in questo modo per decine di migliaia di anni tra i popoli
di questo pianeta, che si ritenevano creature nelle mani degli dei e
lasciavano loro ogni decisione. Per questo motivo, si chiamarono Lascia.
Ma un gruppo di Lascia a un certo punto si disse: “Perché dovremmo
vivere solo parzialmente dei cibi che preferiamo? Perché non dovremmo
vivere esclusivamente di essi? Tutto ciò che dobbiamo fare è dedicare
molto più tempo alla danza.” Così questo particolare gruppo cominciò a
danzare per diverse ore al giorno. Dato che ritenevano di aver preso nelle
proprie mani il proprio benessere, li chiameremo Prendi. I risultati furono
spettacolari. I Prendi furono inondati dei loro cibi preferiti. In breve,
emerse una classe amministratrice deputata a gestire l'accumulo e la
conservazione delle eccedenze alimentari – cosa che non era mai stata
necessaria quando tutti danzavano solo poche ore a settimana. Gli
appartenenti a questa classe erano di gran lunga troppo occupati per
danzare loro stessi e, dato che il loro lavoro era così importante, presto
cominciarono a venire considerati leader politici e sociali. Ma dopo alcuni
anni, questi leader dei Prendi cominciarono a notare che la produzione di
cibo stava calando e andarono a controllare quale fosse il problema. Ciò
che scoprirono fu che i danzatori stavano battendo la fiacca. Non stavano
danzando diverse ore al giorno ma solo un'ora o due, e a volte nemmeno
quelle. I leader ne chiesero il motivo.
“Perché dovremmo danzare così tanto?”, chiesero i danzatori. “Non c'è
bisogno di danzare sette od otto ore al giorno per ottenere tutto il cibo che
ci serve. C'è cibo in abbondanza anche se danziamo solo un'ora al giorno.
Non siamo mai affamati. Perché non dovremmo rilassarci e prendercela
comoda, come facevamo una volta?”
I leader naturalmente vedevano le cose in maniera molto diversa. Se i
danzatori avessero ricominciato a vivere come facevano una volta, allora
anche i leader avrebbero presto dovuto fare altrettanto, e questo non li
allettava affatto. Presero in considerazione e provarono vari sistemi per
incoraggiare, tentare, costringere o spingere con la vergogna i danzatori a
danzare per più ore, ma nessuno di essi funzionò. Finché uno di loro se ne
uscì con l'idea di chiudere a chiave il cibo.
“E a che servirebbe?”, gli chiesero.
“Il motivo per cui i danzatori non stanno danzando è che devono solo
allungare la mano e prendere il cibo che vogliono. Se lo mettiamo sotto
chiave, non potrarlo più farlo.”
“Ma se chiudiamo il cibo a chiave i danzatori moriranno di fame!”
“No, no, non capite”, disse l'altro sorridendo. “Noi collegheremo il
danzare con il ricevere cibo – un tot di cibo per un tot di danza. Quindi se i
danzatori danzeranno un po' otterranno un po' di cibo, e se danzeranno
molto ne otterranno molto. In questo modo gli scansafatiche saranno
sempre affamati e i danzatori che danzeranno per molte ore avranno lo
stomaco pieno.”
“Non accetteranno mai una cosa simile”, gli dissero.
“Non avranno scelta. Chiuderemo il cibo in dei magazzini, e i danzatori
dovranno scegliere tra danzare e morire di fame.”
“Faranno irruzione nei magazzini.”
“Recluteremo delle guardie tra i danzatori. Li esonereremo dal danzare
e faremo far loro la guardia ai magazzini. Li pagheremo come pagheremo i
danzatori: con il cibo – tanto cibo quante ore di guardia faranno.”
“Non funzionerà mai”, gli dissero.
Ma incredibilmente funzionò. Funzionò ancora meglio di prima perché
adesso, con il cibo sotto chiave, c'erano sempre danzatori disposti a
danzare, e molti erano grati di poter danzare dieci, dodici, persino
quattordici ore al giorno.
Chiudere il cibo sotto chiave ebbe anche altre conseguenze. Per
esempio, in passato dei normali canestri erano stati sufficienti per
conservare il cibo superfluo prodotto, ma non erano abbastanza per le
enormi eccedenze che venivano prodotte ora. I vasai dovettero sostituire i
cestai nella produzione di contenitori, e dovettero imparare a fabbricarne di
enormi, il che significò costruire dei forni più grandi ed efficienti. E dato
che non tutti i danzatori accettarono tranquillamente l'idea del cibo messo
sotto chiave, le guardie dovettero venire equipaggiate con armi migliori di
prima, il che spinse i costruttori di utensili a cercare nuovi materiali con
cui rimpiazzare le armi di pietra usate fino ad allora: rame, bronzo, e così
via. Mentre i metalli divenivano disponibili per la fabbricazione di armi,
gli artigiani ne scoprivano nuovi utilizzi. Ogni innovazione diede origine
ad altre. Ma costringere i danzatori a danzare dieci o dodici ore al giorno
ebbe una conseguenza molto più importante. La crescita di una
popolazione è sempre una funzione della sua disponibilità di cibo. Se si
aumenta la quantità di cibo a disposizione di una qualunque specie, la
popolazione di quella specie crescerà – ammesso che abbia spazio in cui
crescere. E naturalmente i Prendi avevano molto spazio in cui crescere: i
territori dei loro vicini. Erano felici di espandersi pacificamente nei
territori dei loro vicini. Dissero ai Lascia intorno a loro: “Perché non
cominciate a danzare come noi? Guardate quanto abbiamo ottenuto
danzando in questo modo. Abbiamo cose che voi non potete nemmeno
sognare di avere. Il modo in cui danzate voi è terribilmente inefficace e
improduttivo. Il modo in cui danziamo noi è il modo in cui le persone
devono danzare, il modo che siamo nati per attuare. Quindi lasciateci
espandere nel vostro territorio e vi mostreremo come fare.”
Alcuni dei loro vicini pensarono che fosse una buona idea e
cominciarono a praticare lo stile Prendi. Ma altri dissero: “Noi stiamo bene
così. Danziamo alcune ore a settimana e questo ci basta. Noi pensiamo che
siate pazzi a estenuarvi danzando cinquanta o sessanta ore a settimana, ma
sono affari vostri. Se volete farlo, fatelo pure. Ma noi non abbiamo
intenzione di fare altrettanto.”
I Prendi si espansero attorno a questi popoli reazionari e alla fine li
isolarono. Uno di questi erano i Singe, che danzavano solo un paio d'ore al
giorno per produrre i cibi che preferivano. Inizialmente continuarono a
vivere come prima, ma poi i loro figli divennero gelosi delle cose in
possesso dei figli dei Prendi e cominciarono a offrirsi di danzare alcune
ore al giorno per i Prendi e di fare la guardia ai magazzini. Dopo alcune
generazioni, i Singe vennero completamente assorbiti dallo stile di vita
Prendi e si dimenticarono perfino di essere mai stati Singe.
Un altro popolo che cercò di resistere all'espansione Prendi furono i
Kemke, che danzavano solo poche ore a settimana e amavano la
rilassatezza che questo modo di vivere donava loro. Erano decisi a non
lasciarsi assorbire come i Singe, e continuarono a vivere a modo loro. Ma
a un certo punto i Prendi andarono da loro e dissero: “Sentite, non
possiamo continuare a lasciarvi tutta questa terra nel bel mezzo del nostro
territorio. Non la state usando in modo efficiente. O cominciate a danzare
come noi, o dovremo spingervi in un angolo del vostro territorio in modo
da utilizzare il resto in modo produttivo.” Ma i Kemke si rifiutarono di
danzare come i Prendi, così i Prendi arrivarono e li spinsero in un angolo
del loro territorio, che chiamarono una “riserva”, intendendo che era
riservato ai Kemke. Ma i Kemke erano abituati a ottenere la maggior parte
del proprio cibo con la raccolta, e quella piccola riserva semplicemente
non era sufficiente a sostenere un popolo raccoglitore. I Prendi dissero
loro: “Non importa, vi daremo noi del cibo, vogliamo solo che continuiate
a rimanere nella vostra riserva senza ostacolarci.” Così i Prendi
cominciarono a rifornirli di cibo, e gradualmente i Kemke si dimenticarono come cacciare e raccogliere da soli il proprio cibo. E, naturalmente,
più si dimenticavano e più divenivano dipendenti dai Prendi. Cominciarono a sentirsi solo dei mendicanti inutili, persero ogni amor proprio e
precipitarono nell'alcolismo e nella depressione suicida. Alla fine, i loro
figli non videro motivo di rimanere nella riserva e si trasferirono dai
Prendi per cominciare a danzare dieci ore al giorno per loro.
Un altro popolo che cercò di resistere all'avanzata Prendi furono i
Waddi, che danzavano solo poche ore al mese ed erano perfettamente
soddisfatti di questo stile di vita. Avevano visto cos'era successo ai Singe e
ai Kemke ed erano decisi a non lasciare che succedesse anche a loro.
Capirono di avere ancora di più da perdere dei Singe e dei Kemke, che
danzavano già molto da soli. Così, quando i Prendi li invitarono a unirsi a
loro, i Waddi dissero: “No grazie, siamo a posto così.” Poi, quando alla
fine i Prendi arrivarono e dissero loro che avrebbero dovuto spostarsi in
una riserva, i Waddi risposero che non avevano intenzione di fare neanche
quello. I Prendi spiegarono ai Waddi che non avevano scelta. Se non si
fossero spostati nella riserva volontariamente, sarebbero stati costretti a
farlo con la forza. I Waddi replicarono che avrebbero risposto alla violenza
con altra violenza, e avvisarono i Prendi che erano preparati a combattere
fino alla morte per proteggere il loro stile di vita. Dissero ai Prendi:
“Sentite, avete già tutta questa terra. Non vi serve questa piccola zona in
cui viviamo noi. Tutto ciò che vi chiediamo è di poter continuare a vivere
come preferiamo. Non vi daremo fastidio.”
Ma i Prendi risposero: “Voi non capite. Il modo in cui vivete non è solo
inefficiente e improduttivo, è sbagliato. La gente non deve vivere come
fate voi. Deve vivere come viviamo noi Prendi.”
“Come potete sapere una cosa simile?”, chiesero i Waddi.
“E' ovvio”, risposero i Prendi. “Basta guardare a quanto successo
abbiamo. Se non stessimo vivendo nel modo in cui la gente deve vivere,
non avremmo tutto questo successo.”
“A noi non sembrate affatto avere successo”, replicarono i Waddi.
“Costringete la gente a danzare dieci o dodici ore al giorno solo per restare
in vita, e questo è un modo orribile di vivere. Noi danziamo solo poche ore
al mese e non siamo mai affamati, perché tutto il cibo del mondo è lì fuori
pronto per essere raccolto. Abbiamo una vita comoda e spensierata, e
questo è ciò che significa avere successo.”
“Non è affatto questo che significa”, dissero i Prendi. “Vi accorgerete di
che significa avere successo quando manderemo le nostre truppe a
costringervi a trasferirvi nel territorio che vi abbiamo assegnato.”
E i Waddi in effetti impararono cos'era il successo – o almeno cosa i
Prendi consideravano successo – quando i loro soldati arrivarono per
costringerli ad andarsene. I soldati Prendi non erano più coraggiosi o più
abili dei Waddi, ma li superavano di numero e avevano a disposizione
rimpiazzi virtualmente illimitati. Inoltre gli invasori avevano armi più
avanzate e, cosa più importante, una riserva di cibo illimitata, che i Waddi
sicuramente non avevano. I soldati Prendi non dovevano mai preoccuparsi
del cibo, perché nuovi rifornimenti arrivavano quotidianamente dai loro
territori, dove stava venendo prodotto continuamente e in quantità
prodigiose. Man mano che la guerra proseguiva le forze dei Waddi
divenivano sempre più piccole e sempre più deboli, e in breve gli invasori
li spazzarono via completamente.
Questo fu ciò che avvenne non solo negli anni seguenti, ma nei secoli e
nei millenni successivi. La produzione alimentare crebbe incessantemente,
e la popolazione Prendi la seguì di pari passo, costringendoli a espandersi
in un territorio dopo l'altro. Ovunque andassero, incontravano popoli che
danzavano solo poche ore a settimana o al mese, e a tutti questi popoli
offrirono la stessa scelta che venne offerta ai Singe, ai Kemke e ai Waddi:
o vi unirete a noi e ci lascerete mettere tutto il vostro cibo sotto chiave, o
verrete distrutti. Alla fine, comunque, questa scelta si rivelava solo
un'illusione, perché questi popoli venivano distrutti qualunque facessero,
sia che scegliessero di venire assimilati, sia che si ritirassero in una riserva,
sia che cercassero di respingere gli invasori con la forza. I Prendi non
lasciarono dietro di loro altro che Prendi mentre infuriavano nel mondo.
E alla fine arrivò il giorno, circa diecimila anni dopo, in cui quasi
l'intera popolazione di Tersicore era composta da Prendi. C'erano solo
pochi rimasugli di popoli Lascia in giungle e deserti che i Prendi o non
volevano o non erano ancora arrivati a invadere. E non c'era nessuno tra i
Prendi che dubitava che lo stile di vita Prendi fosse il modo in cui le
persone erano destinate a vivere. Cosa potrebbe essere migliore che avere
tutto il proprio cibo chiuso sotto chiave e dover danzare otto, dieci o dodici
ore al giorno solo per restare in vita?
A scuola, questa era la storia che i loro figli imparavano: persone come
loro erano esistite per circa tre milioni di anni, ma per la maggior parte di
quel tempo erano rimaste inconsapevoli del fatto che danzare avrebbe
incoraggiato la ricrescita dei loro cibi preferiti. Questo fatto era stato
scoperto solo diecimila anni prima, dai fondatori della loro cultura.
Chiudendo felicemente sotto chiave il proprio cibo, i Prendi cominciarono
immediatamente a danzare otto o dieci ore al giorno. I popoli intorno a
loro non avevano mai danzato prima, ma cominciarono a farlo anche loro
entusiasticamente, capendo che quello era il modo in cui la gente doveva
vivere. A eccezione di pochi popoli troppo stupidi per capire gli ovvi
vantaggi dell'avere il proprio cibo sotto chiave, la Grande Rivoluzione
Danzante si diffuse in tutto il mondo senza opposizione.
La parabola esaminata.
Ishmael smise di parlare, e io rimasi a fissare nel vuoto davanti a me
come la vittima di un bombardamento. Alla fine, gli dissi che avevo
bisogno di uscire a prendermi della caffeina e riflettere su tutto questo. O
forse mi limitai a barcollare fuori senza aprire bocca, non ricordo.
Tornai da Pearson's e feci su e giù nell'ascensore un altro po'. Non so
perché mi rilassa tanto, ma lo fa. Altra gente fa passeggiate nel bosco, io
faccio su e giù negli ascensori dei centri commerciali. Poi mi fermai a
prendere una Coca. Guardando indietro, mi accorgo che questa è la
seconda volta che nomino la Coca Cola. Non vorrei che pensaste che ne
stia incoraggiando il consumo. Per quanto mi riguarda dovrebbero tutti
smettere di berla, ma temo di farmene una io stessa, occasionalmente.
Dopo quarantacinque minuti, mi sentivo ancora come la vittima di un
bombardamento, a parte il fatto che non provavo alcun dolore. Mi sentii
come se avessi finalmente capito che cosa significa imparare. Ovviamente,
imparare può essere anche solo controllare il significato di una parola.
Anche questo è imparare, certo, un po' come piantare un filo d'erba in un
prato. Ma poi c'è l'imparare che è simile al far saltare in aria il prato e
ripiantarlo da capo, e questo è ciò che aveva fatto la storia dei danzatori di
Ishmael. Alla fine cominciarono a venirmi in mente alcune domande, e
tornai nella stanza 105 per ottenere risposte.
“Lasciami verificare di aver capito davvero cosa ho ascoltato”, dissi.
“Mi sembra un buon piano”, disse Ishmael.
“Per 'danza' tu intendi l'agricoltura.”
Annuì.
“Stai dicendo che l'agricoltura non è costituita solo dallo stile intensivo
che pratichiamo noi. Stai dicendo che l'agricoltura è l'incoraggiare la
crescita dei cibi che si preferiscono.”
Annuì ancora. “Cos'altro potrebbe essere? Se sei su un'isola deserta,
non puoi far crescere galline o ceci – a meno di non trovarne alcuni già
esistenti. Puoi far ricrescere soltanto ciò che sta già crescendo in quella
zona.”
“Giusto. E stai dicendo che la gente stava già incoraggiando la
ricrescita dei loro cibi preferiti molto prima della Rivoluzione Agricola.”
“Ma certo. Non c'è nulla di misterioso in questo processo. Persone
intelligenti quanto te erano già esistite per duecentomila anni quando la
vostra 'rivoluzione' è cominciata. In ogni generazione c'erano persone
abbastanza intelligenti da essere ingegneri aeronautici, e non c'è nemmeno
bisogno di essere tanto intelligenti per accorgersi che le piante crescono
dai semi. Non serve essere un genio per capire che ha senso piantare un
paio di semi nel terreno quando abbandoni una zona. Non serve essere un
genio per togliere un po' di erbacce. Non serve essere un genio per capire
che quando vai a caccia ti conviene sempre scegliere un maschio anziché
una femmina. I cacciatori nomadi sono solo a un passo di distanza
dall'essere cacciatori/pastori che seguono le migrazioni dei loro animali
preferiti, ed essi sono solo a un passo di distanza dall'essere pastori/cacciatori che controllano entro certi limiti le migrazioni dei propri animali
preferiti e scacciano i loro predatori. E questi sono solo a un passo
dall'essere veri pastori, che controllano completamente i propri animali e li
fanno riprodurre in modo da favorire la docilità.”
“Quindi stai dicendo che la rivoluzione è consistita soltanto nel
cominciare a fare a tempo pieno qualcosa che le persone avevano già fatto
occasionalmente per migliaia di anni.”
“Ma certo. Nessuna invenzione emerge già completamente formata in
un solo passo, dal niente. Diecimila invenzioni hanno dovuto venire create
prima che Edison potesse inventare la lampadina.”
“Sì. Ma stai anche dicendo che la vera innovazione della nostra
rivoluzione non fu crescere il cibo, ma metterlo sotto chiave.”
“Sì, quella fu sicuramente la chiave. Senza quello, la vostra rivoluzione
si sarebbe sicuramente fermata. Si fermerebbe oggi, se il cibo non fosse
sotto chiave.”
“Un'ultima cosa. Stai dicendo che la rivoluzione non si è mai
conclusa.”
“Esatto. Si fermerà presto, comunque. La rivoluzione ha funzionato
senza troppi problemi finché c'erano sempre territori nuovi in cui
espandersi, ma adesso non ce ne sono più.”
“Immagino che potremmo esportarla su altri pianeti.”
Ishmael scosse la testa. “Anche quella sarebbe solo una soluzione
temporanea, Julie. Diciamo che sei miliardi di abitanti sono il numero
massimo di esseri umani che questo pianeta può sopportare senza problemi
(nonostante sospetti che il vero numero sia molto inferiore). Raggiungerete
i sei miliardi molto prima della fine di questo secolo. E diciamo che a quel
punto avrete accesso istantaneo a ogni altro pianeta abitabile dell'universo,
in cui potrete immediatamente cominciare a esportare persone. Al
momento la vostra popolazione raddoppia ogni trentacinque anni, quindi
nel giro di circa trentacinque anni riempirete un altro pianeta. Dopo
settant'anni, ne riempirete quattro. Dopo centocinque anni, otto pianeti
saranno pieni di esseri umani. E così via. A questo ritmo, un miliardo di
pianeti verrebbero riempiti entro l'anno 3000. So che suona incredibile ma
fidati, i calcoli sono corretti. Entro il 3300 riempireste cento miliardi di
pianeti. Questo è il numero di pianeti che potreste occupare se ogni singola
stella di questa galassia avesse un pianeta abitabile. Se continuaste a
crescere al ritmo attuale, riempireste una seconda galassia in altri
trentacinque anni. Dopo altri trentacinque anni, quattro galassie sarebbero
piene di esseri umani, e otto galassie dopo altri trentacinque. Entro l'anno
4000, i pianeti di un milione di galassie sarebbero pieni di esseri umani.
Entro l'anno 5000, lo sarebbero i pianeti di un trilione di galassie – in altre
parole, ogni pianeta dell'universo. Il tutto in appena tremila anni, e
lavorando secondo l'improbabile assunzione che ogni stella dell'universo
abbia un pianeta abitabile.”
Gli dissi che questi numeri erano difficili da credere.
“Fai i calcoli tu stessa, qualche volta. Allora non dovrai crederci: lo
saprai. Qualunque crescita senza limiti finirà inevitabilmente per
sommergere l'intero universo. L'antropologo Marvin Harris una volta ha
calcolato che se la popolazione umana raddoppiasse a ogni generazione –
ogni vent'anni anziché ogni trentacinque – l'intero universo verrebbe
convertito in una massa solida di protoplasma umano in meno di duemila
anni.”
Rimasi lì seduta per un po' cercando di ridurre tutto questo a una
dimensione comprensibile. Alla fine gli raccontai di qualcuno che
conoscevo, una ragazza che quasi ebbe un esaurimento nervoso quando le
venne detto come nascevano i bambini. “Deve essere cresciuta sul fondo
di un pozzo o qualcosa del genere”, gli dissi.
Lui mi riservò un'occhiata di educato interesse.
“Immagino che innanzitutto si sia sentita tradita da Dio, per aver ideato
un modo di procreare così disgustoso. Poi dev'essersi sentita tradita da tutti
quelli intorno a lei che lo sapevano e non gliel'avevano detto. Poi
dev'essersi sentita umiliata nel rendersi conto di essere l'unica persona
sulla faccia della Terra che non sapeva una cosa così semplice.”
“Mi sembra di capire che questo abbia una qualche rilevanza con la
nostra conversazione.”
“Sì. Vorrei sapere se sono l'ultima persona sulla faccia della Terra a
scoprire quello che mi hai detto qui oggi con la tua storia dei danzatori.”
“Prima di tutto, accertiamoci di sapere che cosa ti ho detto. Che cosa fa
questa storia?”
Questa non era una domanda difficile. Era ciò a cui avevo continuato a
pensare mentre solcavo l'aria da Pearson's. “Demolisce la bugia che
diecimila anni fa tutti abbandonarono la vita di raccolta nomade e
divennero agricoltori stanziali. Demolisce la bugia che questo fu un evento
che tutti avevano atteso dall'inizio dei tempi. Demolisce la bugia che il
fatto che il nostro modo di vivere sia diventato quello dominante significhi
che è quello in cui la gente doveva vivere.”
“Quindi: tu sei l'ultima persona a sapere tutto questo? Difficile. Molti,
ascoltando questa storia, penserebbero che l'avevano sempre saputo o che
sospettavano che la verità fosse qualcosa del genere. Molti avrebbero
potuto capirlo da soli – perché avevano tutti i fatti necessari a loro
disposizione – ma non l'hanno fatto. Non avevano la volontà di capirlo.”
“Che vuoi dire?”
“Voglio dire che la gente raramente cerca con attenzione qualcosa che
non vuole trovare. Distolgono lo sguardo da cose del genere. Dovrei
aggiungere che questa non è un'osservazione molto originale da parte
mia.”
“Mi sono persa”, gli dissi dopo un po'. “Mi sa che abbiamo deviato
dalla strada principale un'altra volta.”
“Sì, ma non stavamo girovagando senza meta, Julie. Alcune cose che
hai bisogno di esaminare non possono essere viste dalla strada principale,
quindi ogni tanto dobbiamo prendere una strada secondaria. Ma queste
strade secondarie ci riconducono sempre a quella principale. Vedi dove si
dirige?”
“Ne ho la sensazione, ma non ne sono sicura.”
“La strada principale porta al perché la gente della vostra cultura deve
cercare altrove la saggezza – nei cieli, casa di Dio e dei suoi angeli; nello
spazio aperto, casa di razze aliene 'avanzate'; nell'aldilà, casa degli spiriti
dei defunti.”
“Accidenti”, dissi. “E' lì che ci stiamo dirigendo? Non mi sarei mai
immaginata che la mia fantasticheria avrebbe potuto avere un significato
simile. E' questo che stai dicendo, giusto?”
“E' questo. Vi percepite come privi di una conoscenza essenziale. Lo
siete sempre stati. E' la vostra natura. E' proprio l'inaccessibilità di questa
conoscenza che la rende speciale. E' inaccessibile perché è speciale, ed è
speciale perché è inaccessibile. In effetti, è così speciale che potete arrivare
a essa solo attraverso mezzi sovrannaturali – preghiere, sedute spiritiche,
astrologia, meditazione, lettura delle vite passate, incanalazione dell'energia, osservazione dei cristalli, lettura dei tarocchi, e così via.”
“In altre parole, mumbo-jumbo.”
Ishmael mi fissò per un momento, poi batté le palpebre due volte.
“Mumbo-jumbo?”
“Tutto quello che hai appena nominato. Sedute spiritiche, astrologia,
angeli, tutta quella roba.”
Scosse leggermente la testa, come si scuote una saliera per controllare
che ci sia qualcosa all'interno. Poi continuò.
“Quello che voglio farti vedere è che la gente della vostra cultura
accetta il fatto che questa conoscenza è inaccessibile. Questo non li
stupisce e non li confonde. Non ha bisogno di spiegazioni. Si aspettano
che questa conoscenza sia molto difficile da ottenere. Tu, per esempio, ti
sei sentita sicura che niente di meno di un viaggio intergalattico avrebbe
potuto fartela ottenere.”
“Sì, ora lo vedo.”
Ishmael scosse la testa. “Non sono ancora riuscito a esprimere come si
deve quello che voglio dire. Lascia che provi di nuovo. I pensatori non
sono limitati da ciò che conoscono, perché possono sempre aumentare ciò
che conoscono. Piuttosto, sono limitati da ciò che li confonde, perché non
c'è modo di diventare curiosi riguardo qualcosa che non ti confonde. Se
una cosa si trova al di fuori della tua curiosità, allora non puoi fare
indagini su di essa. Costituisce un punto cieco – una zona di cecità di cui
non sei nemmeno consapevole finché qualcuno non te la fa notare.”
“Il che è ciò che stai cercando di fare con me.”
“Esatto. Noi due stiamo esplorando un territorio sconosciuto – un intero
continente che si trova nel punto cieco della vostra cultura.” Tacque per un
momento, poi disse che questo gli sembrava un buon punto per fermarsi
per oggi. Immagino di essere stata d'accordo. Non mi sentivo proprio
stanca, ma piuttosto come se mi fossi appena spazzolata tre fette di torta.
Mi alzai e gli dissi che sarei tornata il sabato seguente. Quando non
rispose per trenta secondi, dissi: “Non va bene?”
“Non è esattamente l'ideale”, disse.
Gli dissi che la scuola era appena cominciata e che cercavo sempre di
essere un buon esempio per me stessa durante le prime settimane. Il che
significava fare seriamente i compiti nelle sere dei giorni di scuola.
“Lascia che ti spieghi la situazione, Julie. Mi trovo in una posizione
difficile.” Mosse la mano verso la stanza. “A permettermi di rimanere in
questo posto finora è stato l'aiuto di una vecchia amica, Rachel Sokolow.
E' morta due mesi fa.”
“Mi dispiace”, dissi come si dice in questi casi.
“Ho definito la mia posizione difficile, ma in realtà è molto peggiore di
così. Fra due settimane sarò costretto a lasciare questo posto.”
“Dove andrai?”
Scosse la testa. “Sto ancora lavorando su questo. Quello che devi capire
ora è che non potrò rimanere qui ancora per molto. Questo significa che
non è pratico che tu venga solo nei finesettimana.”
Ci riflettei per un minuto, poi gli chiesi se Alan Lomax lo stesse
aiutando.
“Perché me lo chiedi?”
“Non lo so. Immagino di aver pensato che sarebbe difficile per te
trasferirti senza aiuto.”
“Alan non mi sta aiutando”, disse Ishmael. “Non sa nulla di questa
faccenda. Non c'è bisogno che lo sappia. C'è bisogno che lo sappia tu,
perché tu credevi che avessimo tutto il tempo del mondo.” Penso che
avesse visto che non ero soddisfatta di quello che mi stava dicendo, perché
continuò. “Alan è stato con me già per un paio di settimane, quasi quotidianamente, e presto arriveremo al limite della strada che possiamo
percorrere insieme.”
Ciononostante, rimaneva qualcosa che stava ben attento a non spiegare,
ossia perché Alan stava venendo tenuto all'oscuro. Anche se non aveva
bisogno di sapere dell'imminente trasferimento di Ishmael, perché non
dirglielo?
In quel momento, Ishmael mi dimostrò che poteva comunicare con me
anche senza usare le parole. Poteva inviarmi una sorta di sensazione, e
quella che mi inviò in quel momento diceva: Questo non ti riguarda.
Non fu neanche lontanamente rude come appare espressa in parole. E
ovviamente sapevo già che non mi riguardava. I ficcanaso sanno sempre
cosa li riguarda e cosa no.
Una visita su Calliope.
Ishmael sembrava sollevato dall'aver espresso chiaramente il suo
problema. Stavamo lavorando con una scadenza e non potevamo
permetterci di cincischiare. Ciononostante, cominciai la nostra seduta
successiva con una domanda probabilmente superflua: “Se sapevi che ti
rimanevano solo poche settimane qui, perché hai messo quell'annuncio sul
giornale?”
Grugnì. “Ho messo quell'annuncio sul giornale proprio perché sapevo
di avere poco tempo rimasto. Questa potrebbe essere la mia ultima
occasione.”
“La tua ultima occasione per fare cosa?”
“Per consegnare tutto questo a qualcuno.”
“'Tutto questo' significa ciò che hai in testa?” Annuì. “Scusami se sono
lenta, ma credevo che avessi già avuto molti allievi.”
“E' vero, ma nessuno di loro ha preso ciò che prenderai tu, Julie.
Nessuno ha preso ciò che prenderà Alan. Ognuno di voi rappresenta una
diversa codifica del messaggio. Ognuno di voi ha ricevuto una narrazione
differente e trasmetterà una narrazione differente dello stesso messaggio.”
“Alan non ha ascoltato la storia dei danzatori?”
“No, e tu non ascolterai la storia dell'aviatore sventurato. Le storie che
ascolti sono create specificamente per te nel momento in cui hai bisogno di
ascoltarle, così come quelle che ascolta Alan sono create specificamente
per lui nel momento in cui ha bisogno di ascoltarle. E con questa
premessa, te ne racconterò un'altra che ho preparato per te la notte scorsa.
Ti ricordi che ti ho detto che la storia di come siete diventati ciò che siete
avrebbe richiesto diverse narrazioni?”
“Sì.”
“La storia di Tersicore era la prima narrazione. Questa, la storia di
Calliope (la musa della poesia) è la seconda. Questo è un altro pianeta che
vorresti sicuramente visitare nel tuo viaggio per l'illuminazione.
“La vita su Calliope emerse più o meno nello stesso modo in cui
emerse sulla Terra. Coloro che vogliono immaginare che Dio abbia creato
ogni creatura vivente già nella sua forma definitiva possono farlo, ma
personalmente sono incapace di accettare una spiegazione così primitiva.
Se si vuole immaginare Dio come un genitore, allora ci si dovrebbe
chiedere che tipo di genitore creerebbe i propri figli già adulti, pronti a
volare come aquile, vedere come falchi, correre come ghepardi, cacciare
come squali e pensare come scienziati. Solo uno con pochissima immaginazione e sicurezza di sé, temo.
“Comunque sia, le creature su Calliope emersero attraverso il processo
generalmente conosciuto come evoluzione. Non c'è motivo di credere che
questo processo avvenga esclusivamente sul nostro pianeta. Al contrario,
per ragioni che chiarirò in seguito sarebbe molto strano se fosse questo il
caso.
“Non c'è motivo di esaminare il processo nel dettaglio. Sarà sufficiente
che tu veda e comprenda anche solo alcuni dei suoi risultati. Per esempio,
vorrei portare la tua attenzione su una creatura che comparve su Calliope
circa dieci milioni di anni fa, una lucertola dotata di aculei con un muso
allungato adatto a esplorare formicai. Quando dico che 'comparve' non
intendo dire che non ebbe predecessori. Ovviamente li ha avuti, penso che
tu lo capisca.”
Gli dissi che lo capivo.
“Questa lucertola acuminata (chiamiamola una spinertola) era comunque una creatura bizzarra – o perlomeno sembrerebbe tale a te o a me, così
come il porcospino o il formichiere. Ora lascia che ti chieda quali
sarebbero le tue aspettative per questa creatura. Ti aspetteresti che fosse
un'aggiunta efficace alla comunità della vita di Calliope?”
Dissi che non avevo i dati sufficienti per giudicare. Come avrei potuto?
Ishmael annuì come se capisse il senso della mia obiezione.
“Trasferiamo la questione più vicino a casa. Immagina che dei biologi
scoprano la spinertola nelle giungle più fitte della Nuova Guinea. Non
sarebbe affatto impossibile. Vengono scoperte continuamente nuove
specie.”
“D'accordo.”
“In questo caso, quali sarebbero le tue aspettative? Ti aspetteresti che
una creatura simile fosse un membro efficace delle giungle della Nuova
Guinea?”
“Certamente. Perché non dovrebbe?”
“Non è questa la domanda, Julie. La domanda è: quali sono le tue
aspettative? E la tua risposta è stata che ti aspetteresti che fosse una forma
di vita efficace. La prossima domanda è: perché ti aspetteresti che fosse
efficace?”
“Perché... Se non fosse efficace, non sarebbe proprio lì.”
“E dove sarebbe?”
“Da nessuna parte. Sarebbe scomparsa.”
“Perché?”
“Perché? Perché... Gli insuccessi scompaiono. No?”
“In questo caso, Julie, preferirei che rispondessi tu stessa. Gli insuccessi scompaiono o no?”
“Scompaiono. Devono farlo. Se una specie esiste, allora non può essere
un fallimento.”
“Proprio così. Non importa quanto ci possa sembrare bizzarra. Ecco
perché, per quanto ci sembri improbabile, un uccello inetto al volo come
l'emu è una specie che funziona – per il momento e nel luogo in cui vive.
Questo non costituisce una garanzia di sopravvivenza illimitata. Il dodo
era una specie efficace – dove viveva e in quel momento. Poi le condizioni
sono cambiate e non ha potuto più esserlo – dove viveva e in quel
momento – quindi fallì e scomparve.”
“Capisco.”
“Questo è un fatto basilare: la comunità della vita che osserviamo in un
certo luogo e in un certo momento non è mai un raggruppamento casuale
di specie. E' un raggruppamento di successi. E' ciò che è rimasto dopo che
i fallimenti sono scomparsi.”
“Giusto.”
“Ora torniamo su Calliope. Ti chiederò di nuovo quali sono le tue
aspettative per la spinertola.”
“Mi aspetto che sia un successo, perché se fosse una specie fallimentare
non esisterebbe.”
“Esatto. Nessuna specie emerge essendo un fallimento. La comunità
della vita porta avanti solo i successi – specie in grado di adattarsi e
prosperare nelle condizioni esistenti. Ecco perché dico che è straordinariamente probabile che il processo che osserviamo qui sia quello in azione
ovunque. In ogni momento e luogo, le comunità della vita saranno sempre
composte largamente di specie che funzionano.”
“Sì, non vedo come potrebbe essere altrimenti.”
“Contemporaneamente, comunque, qualsiasi specie della comunità
potrebbe essere in declino. Torna fra vent'anni e potrebbe essere scomparsa. Ma questo non confuta le nostre aspettative generali. Ogni specie
potrebbe scomparire dall'esistenza fallendo, ma di sicuro non è comparsa
fallendo. Nessuna specie compare fallendo. E' semplicemente impensabile.”
“Sì, lo capisco.”
“Ora torniamo su Calliope di nuovo. Ecco come funziona la riproduzione delle spinertole. Sono interamente promiscui. Né i maschi né le
femmine riconoscono i propri piccoli, ma le femmine riconoscono il
proprio nido e alleveranno qualunque piccolo si trovi lì dentro. Se una
femmina trova il nido incustodito di un'altra spinertola nel proprio
territorio, vi entrerà e ucciderà ogni cucciolo che troverà.”
Chiesi perché avrebbe dovuto fare una cosa simile.
“Le sue intenzioni non possono essere conosciute, naturalmente, ma
uccidere quei cuccioli tende in effetti ad aumentare il suo successo
riproduttivo. Senza quei cuccioli, i suoi sono avvantaggiati ed è più
probabile che trasmettano i suoi geni nella vasca genetica. Capisci cosa sto
dicendo?”
“Penso di sì. Forse un po' vagamente, ma penso di sì.”
“Bene. Il maschio segue la pratica opposta. Come ho detto, una
femmina uccide i cuccioli rivali dei propri all'interno del proprio territorio.
Un maschio invece uccide i cuccioli al di fuori del proprio territorio.”
“Perché al di fuori anziché all'interno?”
“Perché se il maschio uccidesse dei cuccioli all'interno del proprio
territorio potrebbe finire con l'uccidere i propri figli. Dentro il territorio
della femmina, i cuccioli sono solo nel suo nido. Dentro il territorio del
maschio, i cuccioli sono ovunque.”
“Le idee cominciano a confondermisi un po'. In che modo uccidere i
cuccioli fuori dal suo territorio aumenta il suo successo riproduttivo?”
“In modo diverso rispetto alla femmina. Il maschio che si aggira fuori
dal proprio territorio sta cercando opportunità di accoppiarsi, e queste
aumenteranno se le femmine che incontrerà non staranno allevando dei
cuccioli. Se stermina questa generazione di cuccioli, la successiva porterà
esclusivamente i suoi geni.”
“Caspita”, commentai. “Quindi uccidere i cuccioli non ha nulla a che
vedere con il controllo della popolazione.”
“I singoli individui si comportano in un modo che aumenta la loro
rappresentanza nella vasca genetica, ma ovviamente questo modo di agire
ha molti altri effetti. Quando la popolazione è fitta nel territorio di una
femmina, è più probabile che le capiti di trovare dei nidi rivali – e quindi è
più probabile che uccida dei cuccioli. D'altro canto, quando la popolazione
è scarsa il maschio ha meno possibilità di accoppiarsi nel proprio territorio
e quindi si avventura a una distanza maggiore. Andando a una distanza
maggiore, è più probabile che gli capiti di trovare cuccioli che ucciderà. In
altre parole, quando la popolazione del loro territorio è scarsa la femmina
uccide pochi cuccioli e il maschio ne uccide molti. Quando la popolazione
è fitta, la femmina uccide molti cuccioli e il maschio pochi. L'effetto finale
tende a stabilizzare la popolazione. Nulla che abbia l'effetto opposto può
avere successo, alla fine.”
“D'accordo.”
“Ora, quali sono le tue aspettative riguardo questo sistema? Ti
aspetteresti che sia un successo o un fallimento per le spinertole?”
Questa domanda mi sembrò piuttosto inutile, e glielo dissi. “Per come
l'hai spiegata, ogni sistema sarebbe un successo. Potresti inventarti
qualunque sistema e io dovrei aspettarmi che sia un successo. Potresti
inventarti un sistema in cui le spinertole non si accoppiano proprio, e io
dovrei comunque dire che si tratta di un sistema efficace, altrimenti le
spinertole non sarebbero lì.”
“Obiezione valida”, concesse. “Comunque il sistema che ti ho descritto
non è una mia fantasia. E' esattamente quello seguito dal topo peromisco
dai piedi bianchi, Peromyscus leucopus, una specie che potresti trovare
nelle foreste dei Monti Allegani. Non che questa sia l'unica specie a
comportarsi in questo modo. Comportamenti simili possono essere
osservati in topi di campagna, gerbilli, lemming e varie specie di scimmie.”
“Va bene. Immagino di non capire proprio dove vuoi arrivare con tutto
questo.”
“Cercherò di indicartelo. Il modo di vivere delle spinertole (o dei
Peromyscus leucopus) sembra bizzarro – finché non capisci come contribuisce al successo della specie. Forse sembra addirittura immorale, qual-
cosa che le persone giudiziose dovrebbero cercare di fermare.”
“Sì, è vero.”
“Quello che vorrei farti capire è che se provassi a farli comportare in un
modo diverso, che a te potrebbe sembrare più nobile o elevato, molto
probabilmente si estinguerebbero entro poche generazioni. Per usare una
terminologia tecnica, la nostra analisi di queste strategie ci ha rivelato che
sono evolutivamente stabili. Immagina che queste specie come le vediamo
ora siano il risultato di centomila esperimenti condotti in un periodo di
dieci milioni di anni. Durante questo lasso di tempo è stata provata ogni
sorta di strategia riproduttiva. Molte si sono rivelate auto-eliminanti, come
quella che hai appena suggerito – non riprodursi affatto. Gli animali che
non si riproducono affatto ovviamente non contribuiscono alla vasca
genetica. Generazione dopo generazione, quelli con nessun impulso di
accoppiarsi non si riproducono. Generazione dopo generazione, questa
tendenza a non accoppiarsi viene trovata sempre più raramente. Ti sembra
abbia senso?”
“Sì, certo.”
“Durante questo periodo vengono messe alla prova dozzine di strategie,
e quelle che tendono a favorire il successo riproduttivo vengono rinforzate
ad ogni generazione, mentre quelle che tendono a diminuirlo si indeboliscono sempre di più. Ha ancora senso?”
“Sì.”
“Alla fine di questo periodo, il risultato è che un singolo gruppo di
strategie ha prevalso. Quando il territorio delle femmine diventa troppo
popolato, esse cominciano a uccidere i cuccioli delle femmine rivali.
Quando le opportunità riproduttive cominciano a scarseggiare, i maschi
escono dal proprio territorio e uccidono ogni cucciolo che trovano.
Un'analisi di queste strategie ti mostrerebbe perché non possono essere
migliorate in alcun modo, ma questo non è né il luogo né il momento per
un'analisi simile. In sua assenza, ti chiedo di credermi sulla parola. Queste
due strategie sono evolutivamente stabili, il che significa che nessun'altra
può sostituirle. Ogni altra strategia fallirebbe. Gli individui che non uccidono cuccioli nelle circostanze che ho descritto non avranno lo stesso
successo riproduttivo degli individui che li uccidono. Questo significa che
ogni attacco a queste strategie costituisce un attacco alla resistenza
biologica di queste specie.”
“Va bene, mi gira la testa ma penso di averlo capito.”
“Questi comportamenti infanticidi probabilmente ti sembrano piuttosto
strani. Credo che sia non tanto perché sono intrinsecamente bizzarri,
quanto perché non ci sei abituata. Non vedrai mai un documentario sul
Peromyscus leucopus, perché non sono soggetti cinematograficamente
affascinanti. Ciò che vedrai saranno documentari su creature grandi e
spettacolari come gli stambecchi, le capre di montagna e gli elefanti
marini. E ti mostreranno, senza eccezioni, comportamenti che favoriscono
il successo riproduttivo dell'individuo. Per esempio, in ogni documentario
sugli stambecchi ti capiterà sicuramente di vedere dei maschi prendersi a
cornate durante il periodo degli accoppiamenti. Allo stesso modo, in ogni
documentario sugli elefanti marini ti capiterà di vedere due maschi
combattere selvaggiamente per contendersi il possesso di un harem. La
gente trova in questi spettacoli un divertimento che non troverebbe mai
nell'osservare un Peromyscus leucopus staccare a morsi la testa a un
cucciolo inerme non più grande di un pollice.”
“Non fatico a crederlo.”
“Ciononostante, gli scontri delle creature che ho appena menzionato
non sono meno letali. Sono solo più eccitanti da osservare.”
“Vero, immagino. Ma non sono sicura di dove vuoi arrivare.”
“Sto cercando di farti capire che le cose che ti sembrano bizzarre in
realtà non lo sono più di quelle che ti sembrano normali. Sei abituata a
vedere gli animali essere aggressivi, quindi l'aggressività delle capre di
montagna o degli elefanti marini ti sembra normale. Ma non sei abituata a
vedere gli animali uccidere i piccoli dei loro rivali, quindi il comportamento infanticida del Peromyscus leucopus ti sembra grottesco e forse perfino
sconvolgente. Ma in realtà entrambe le strategie sono egualmente
grottesche e ordinarie. Immagino si potrebbe dire che sto cercando di farti
smettere di pensare ai tuoi vicini nella comunità della vita come se fossero
personaggi di Bambi – ossia umani travestiti da animali. In un film
animato della Disney, due cervi maschi che combattessero tra loro
verrebbero dipinti come coraggiosi ed eroici guerrieri. Ma un Peromyscus
leucopus che si insinuasse nel nido di un rivale per ucciderne i cuccioli
verrebbe sicuramente rappresentato come un cattivo vile e codardo.”
“Sì, non fatico a immaginarlo.”
Calliope, parte II.
“Trovo, Julie, di dover fare alcune precisazioni di carattere generale
sulla competizione nella comunità della vita.”
“D'accordo.”
“Alan e io stiamo esplorando la competizione interspecie – quella tra
specie diverse. Nella comunità della vita si è evoluto un certo insieme di
strategie che assicurano una competizione vivace ma limitata. In poche
parole, possono essere riassunte in questo modo: si può competere al
massimo delle proprie capacità, ma non si possono sterminare i propri
competitori, né distruggere il loro cibo, né negare loro l'accesso al cibo.
Tu e io (in caso non l'avessi notato) stiamo esplorando un altro tipo di
competizione, quella intraspecie – ossia tra membri della stessa specie.”
“Già”, dissi brillantemente. “Va bene.”
“Come si può facilmente notare nel caso del Peromyscus leucopus, le
regole che si applicano alla competizione interspecie non si applicano a
quella intraspecie. Una femmina di Peromyscus leucopus si prenderà la
briga di fare una deviazione per uccidere i cuccioli di una femmina rivale,
ma non lo farebbe mai per uccidere i cuccioli di un toporagno. Mi chiedo
se capisci perché.”
Dopo averci riflettuto un po', dissi: “Per come l'ho capita, uccidendo i
cuccioli dei rivali la femmina di Peromyscus leucopus sta aumentando le
probabilità del proprio successo riproduttivo. In questo modo saranno i
suoi geni a finire nella vasca genetica, non quelli dei rivali. Giusto?”
“Giusto.”
“Allora uccidere i cuccioli dei toporagni non le darebbe questo
vantaggio.”
“Perché no?”
“Uccidere cuccioli di toporagno sarebbe irrilevante. I geni dei toporagni
vanno nella vasca genetica dei toporagni, no? Ho capito bene?”
Ishmael annuì. “Hai capito bene. I geni dei toporagni vanno soltanto
nella vasca genetica dei toporagni.”
“Allora uccidere toporagni non potrebbe aumentare la rappresentanza
genetica del Peromyscus leucopus più di quanto potrebbe farlo l'uccidere
gufi o alligatori.”
Ishmael rimase a fissarmi tanto a lungo che cominciai ad agitarmi. Alla
fine gli chiesi se ci fosse qualcosa che non andava.
“No, niente, Julie. La tua capacità di rispondere così facilmente a una
domanda simile mi spinge a domandarmi se tu non abbia già studiato
questa materia.”
“No”, dissi io. “Non sono nemmeno sicura di quale materia si tratti.”
“Non importa. Sei molto svelta. Dovrò stare attento a non farti montare
la testa. Tuttavia, la tua conclusione è un tantino troppo radicale. Il
Peromyscus leucopus otterrebbe alcuni benefici dall'uccidere cuccioli di
toporagno, perché essi competono con i suoi cuccioli per alcune risorse.”
“Allora perché non ucciderli?”
“Perché ci sono migliaia di specie che competono con i suoi cuccioli
per alcune risorse. Non può certo ucciderli tutti. C'è una sola specie che
compete con i suoi cuccioli completamente, per tutte le risorse.”
Per un attimo non capii, poi naturalmente ci arrivai: “Gli altri
Peromyscus leucopus.”
“Naturalmente. Uccidere una cucciolata di toporagni darebbe benefici
molto limitati al Peromyscus leucopus, ma uccidere una cucciolata di altri
Peromyscus leucopus rappresenta un vantaggio netto e innegabile.”
“Sì, è chiaro.”
“Questo è il motivo per cui le regole che governano la competizione tra
specie diverse sono (e devono essere) molto diverse da quelle che governano la competizione all'interno di una stessa specie. La competizione tra
membri della stessa specie è sempre più feroce di quella tra membri di
specie diverse. Questo perché i membri della stessa specie sono sempre in
competizione per le stesse risorse. E questo è vero soprattutto quando si
parla delle opportunità di accoppiamento. Centinaia di specie possono
competere con uno Peromyscus leucopus per una mora, ma solo un altro
Peromyscus leucopus competerà con lui per accoppiarsi con una femmina
di Peromyscus leucopus.”
“Ah”, dissi io.
“Che significa quell'Ah?”
“Significa... Ora possiamo tornare alle battaglie per l'accoppiamento
degli elefanti marini e delle capre di montagna. Giusto?”
“Non esattamente”, disse il gorilla. “Il nostro obiettivo è analizzare la
competizione intraspecie in generale – per tutte le risorse, non solo per
l'accoppiamento.”
“Va bene, ma... E' davvero questa la strada principale? Ci stiamo ancora
dirigendo verso una spiegazione del perché ci rivolgiamo ad angeli,
fantasmi e alieni per scoprire come vivere?”
“Per quanto possa sembrare strano, siamo decisamente su quella
strada.”
“Bene.”
“L'evoluzione porta avanti ciò che funziona. Ad esempio, abbiamo già
visto che uccidere i cuccioli rivali funziona per il Peromyscus leucopus.
Ma naturalmente per loro non funzionerebbe uccidere i propri cuccioli.
Quella strategia non si evolverebbe mai. Non potrebbe, perché è autoeliminante. Sono sicuro che lo capisci.”
“Sì.”
“Ora analizzeremo che cosa funziona quando si parla di conflitti tra
conspecifici – membri della stessa specie. Dato che i conspecifici sono
costantemente in competizione per le stesse risorse, opportunità di conflitti
tra di loro si presentano ogni giorno, perfino ogni ora. Ovviamente, questo
significa che l'evoluzione deve aver fatto emergere dei sistemi non letali
per risolvere questi conflitti. Non funzionerebbe se ogni singolo conflitto
su una qualche risorsa venisse risolto da un combattimento mortale.”
“Sì, lo vedo.”
“Esiste un insieme finito di strategie che possono venire adottate da
conspecifici in conflitto, ma ora il nostro scopo non è di analizzarle tutte.
Piuttosto, vorrei tornare su Calliope per studiare gli Awk e analizzare le
strategie che l'evoluzione ha sviluppato tra di loro per gestire i conflitti.”
“Cosa sono gli Awk?”
“Sono una specie di incrocio tra scimmie e struzzi, se riesci a immaginarti un animale simile. Originariamente erano uccelli, ma si adattarono
talmente alla vita arboricola che volare divenne superfluo per loro. Quindi
assomigliano agli struzzi perché hanno delle piccole ali vestigiali, e
assomigliano alle scimmie perché hanno delle utili appendici prensili come
due mani e una coda che permettono loro di sfuggire quasi a ogni
predatore che li attacca. A differenza di molte specie in cui il maschio è
superfluo dopo aver ingravidato la femmina, il maschio Awk deve
rimanere nei paraggi per procacciare il cibo per i cuccioli. E per quando
questa sua funzione non è più necessaria, le tre o quattro femmine sotto le
sue cure sono pronte ad accoppiarsi di nuovo. Quindi gli Awk hanno una
sorta di vita famigliare.”
“Quando due Awk si trovano a competere per un frutto succulento, ecco
cosa avviene generalmente. Si fissano negli occhi, si mostrano i denti e
gridano. Se uno dei due è notevolmente più piccolo dell'altro, allora
probabilmente rinuncerà in fretta e sgattaiolerà via. Ma non sempre. Due
volte su cinque (forse a seconda di quanto è affamato), comincerà a
saltellare su e giù in un modo chiaramente minaccioso. Quando questo
avviene, l'altro solitamente si ritirerà anche se più grande. Ma di nuovo:
non sempre. Circa una volta su cinque si rifiuterà di farsi intimidire e
cercherà di mostrarsi minaccioso a sua volta, saltellando su e giù e facendo
schioccare i denti. Questo di solito spedirà via l'altro con la coda tra le
gambe – ma di nuovo: non sempre. Forse una volta su dieci, il più piccolo
continuerà sconsideratamente a minacciare il più grande e i due finiranno
per avere uno scontro fisico che durerà venti o trenta secondi e risulterà in
alcuni tagli e lividi superficiali prima che il vincitore si porti via il frutto.
“La strategia che ogni Awk segue può essere espressa in questo modo:
Se un altro Awk si oppone a te, mostrati aggressivo ma ritirati se l'altro è
notevolmente più grande, a meno di non aver davvero bisogno di quella
risorsa, nel qual caso puoi occasionalmente mostrarti più aggressivo
giusto per vedere se l'altro si ritira. Se risponde diventando ancora più
aggressivo, ritirati, a meno di non avere un bisogno disperato di quella
risorsa e di non sentirti fortunato. Ora, naturalmente non intendo dire che
questa strategia sia il risultato di un ragionamento. Ma se lo fosse e venisse
articolata in parole, sarebbe qualcosa del genere. Gli Awk si comportano
come se stessero seguendo una strategia sistematica, più o meno come l'ho
descritta.”
“Capisco.”
“Ora, questo tipo di comportamento non è affatto insolito. La maggior
parte delle specie terrestri risolve i propri conflitti conspecifici in modo
simile. Non paga combattere fino alla morte per ogni ghianda, ma non
paga nemmeno rinunciare ogni volta. E' importante essere prevedibile fino
a un certo punto, ma è anche importante conservare un elemento di imprevedibilità. Per esempio, il tuo avversario dovrebbe sapere che quando
cominci a schioccare i denti contro di lui è probabile che lo attaccherai. Ma
d'altro canto non deve sapere con certezza che tu ti ritirerai ogni volta che
lui schioccherà i denti verso di te.”
“Giusto.”
“Di nuovo, questo tipo di strategia si evolve perché funziona – ancora e
ancora, per ogni tipo di specie, molto probabilmente in tutto l'universo.”
“Sì, ha senso.”
Ishmael si fermò a pensare per un attimo. “Ciò che voglio farti capire è
che se intraprendessi realmente il viaggio che hai fantasticato, troveresti
ovunque lo stesso sfondo evoluzionistico, perché l'evoluzione è sempre e
ovunque (non solo su questo pianeta) un processo che invariabilmente
porta avanti ciò che funziona, e ciò che funziona non varierà drasticamente
da un pianeta all'altro. In ogni punto dell'universo, vedresti specie uscire
dall'esistenza fallendo ma mai comparirvi fallendo. Ovunque vedresti che
non paga mai combattere fino alla morte per ogni boccone di cibo.”
Chiusi gli occhi e mi appoggiai allo schienale della poltrona per
rifletterci su un po'. Poi dissi: “Mi stai mostrando parte della saggezza che
avrei trovato se avessi fatto davvero quel viaggio nella galassia.”
Annuì. “Sì. In un certo senso, stiamo effettuando quel viaggio proprio
qui, adesso, senza alzarci da terra. Continuiamo... Nella mia analisi iniziale
delle strategie di competizione degli Awk, ho preferito rimandare
l'argomento – fondamentale – della territorialità. Vorrei parlarne ora. Gli
umani spesso fraintendono la territorialità animale interpretandola in
termini umani. Un gruppo umano tende a trovarsi innanzitutto un territorio
per se stesso – un posto che possa definire suo. Delimita una porzione di
terreno e dice: 'Questo è il nostro territorio, e difenderemo qualunque cosa
ci si trovi'. La gente quindi assume che un animale stia facendo lo stesso
tipo di affermazione quando marca un territorio col proprio odore. Questo
antropomorfismo conduce a molta confusione. Questo non solo perché gli
animali sono incapaci di un simile livello di astrazione, ma anche perché
non sanno nulla di territori e non hanno alcun interesse in essi. Un animale
non va mai in cerca di un territorio per trovare un posto da poter considerare suo. Va in cerca di cibo e partner sessuali, e quando li trova traccia un
cerchio intorno a loro che dice ai rivali conspecifici: 'Le risorse all'interno
di questo cerchio sono di qualcuno e verranno difese'. Ma non gliene
importa nulla del territorio in sé, e se le risorse che contiene dovessero
scomparire, l'animale se ne andrebbe senza guardarsi indietro.”
“Sembra abbastanza ovvio”, azzardai.
Ishmael scrollò le spalle. “Ogni sentiero è evidente una volta che è stato
aperto. Comunque, ora che abbiamo precisato che esiste una differenza
possiamo procedere come se non ci fosse. Per la maggior parte, gli animali
che difendono le loro risorse agiscono esattamente come se stessero
difendendo un territorio. Possiamo cominciare notando che gli animali non
difendono il proprio territorio da tutte le migliaia di specie che lo invadono
– non potrebbero farlo anche volendo e non ne hanno alcun bisogno.
L'unica specie da cui devono difenderlo è la loro, per ragioni che abbiamo
già visto.
“La territorialità aggiunge un'altra dimensione al conflitto conspecifico.
Quarant'anni fa, il grande zoologo olandese Nikolaas Tinbergen ideò una
magnifica dimostrazione di questo, usando due spinarelli maschi che
avevano costruito il nido alle due estremità di un acquario. Tinbergen usò
due cilindri di vetro per catturare gli spinarelli e muoverli nell'acquario.
Chiamiamoli Rosso e Blu. Quando fece incontrare Rosso e Blu nei loro
cilindri al centro dell'acquario, essi reagirono con eguale ostilità l'uno
verso l'altro. Ma quando li spostò verso il nido di Rosso, il loro comportamento cominciò a cambiare. Rosso cercò di attaccare e Blu di ritirarsi.
Quando li spostò vicino al nido di Blu, i ruoli si invertirono: Blu cercò di
attaccare e Rosso di ritirarsi. (Questo, per inciso, dimostra anche la fallacia
territoriale: gli spinarelli non si stavano certo contendendo l'acqua.)
Questo è l'elemento aggiunto dalla territorialità nella strategia tipicamente
seguita da conspecifici in conflitto: 'Se sei il residente, attacca; se sei
l'intruso, ritirati'. Se hai un cane o un gatto li avrai visti attuare questa
strategia molte volte vicino a casa tua.”
“Sì... Ma parlare di cani e gatti solleva una domanda riguardo gli
animali e la territorialità. Cani e gatti insistono spesso a tornare in una
vecchia casa anche quando la loro famiglia umana si è trasferita in una
nuova.”
Ishmael annuì. “Hai assolutamente ragione, Julie. Non stavo pensando
agli animali addomesticati quando ho fatto quella precisazione. Gli animali
addomesticati mostrano un comportamento molto umano riguardo il
territorio, e naturalmente questo è il motivo principale per cui sono addomesticati. Il termine stesso addomesticare significa 'far adattare e abituare
a una casa'. Se sono abbandonati e gli viene permesso di agire in modo
selvatico, comunque, li vedrai rapidamente mettere da parte questo
attaccamento a una casa come inutilizzabile allo stato selvaggio.”
“Sì, capisco”, dissi.
“Torniamo su Calliope dagli Awk”, disse Ishmael. “Sono passati cinque
milioni di anni dalla nostra ultima visita, e sono avvenuti drastici cambiamenti climatici. Le foreste che proteggevano gli Awk sono sparite, ma non
tanto rapidamente da non permettere agli Awk di adattarsi al cambiamento.
Ora osserviamo una specie che vive a terra anziché sugli alberi, e dato che
costituiscono una specie nuova e distinta, dovremmo dar loro un nuovo
nome. Chiamiamoli Bawk. Questi Bawk non sono più in grado di sfuggire
ai predatori disperdendosi agilmente nella foresta come facevano i loro
antenati. A quell'epoca ogni animale doveva badare a se stesso, e questa
strategia funzionava perfettamente. Ma ora devono raggrupparsi e difendersi come un branco, e un individuo che se ne andasse per i fatti suoi
sarebbe probabilmente proprio quello che verrebbe ucciso da un predatore.
“Gli antenati dei Bawk si nutrivano di tutto ciò che trovavano sugli
alberi – frutti, noci, foglie e una vasta gamma di insetti. Non erano
abbastanza agili da catturare uccelli adulti, ma le nidiate incustodite erano
una prelibatezza. Man mano che venivano gradualmente costretti a
scendere dagli alberi per trovare cibo continuarono a mangiare qualunque
cosa trovassero, ma le condizioni al suolo erano molto diverse. Tanto per
cominciare, il cibo non aspettava più semplicemente di venire raccolto
come prima. E poi a terra avevano molti più competitori per ciò che era
disponibile. Dovettero diventare dei mangiatori intraprendenti. Molti dei
loro competitori erano perfettamente buoni da mangiare ma erano anche
più difficili da catturare, perché i Bawk non erano neanche vagamente
tanto agili al suolo quanto lo erano stati sugli alberi. Gradualmente, i Bawk
svilupparono qualcosa per compensare la perdita dell'agilità, e questo fu il
lavoro di squadra, che li rese cacciatori efficaci – qualcosa che i loro
antenati non avevano mai avuto bisogno di essere.
“La natura della competizione tra di loro era cambiata. Nonostante ogni
individuo continuasse a competere con gli altri per delle risorse, il
successo finale di ogni individuo dipendeva anche dalla cooperazione con
gli altri per assicurare il successo del branco. Come ho detto, gli Awk si
limitavano a disperdersi nella foresta quando venivano attaccati, ma i
Bawk non erano abbastanza veloci al suolo da poter fare una cosa del
genere. Dovevano raggrupparsi e combattere come una squadra. Gli Awk
erano raccoglitori individuali, il che funzionava perfettamente sugli alberi,
ma i Bawk, confinati al suolo, hanno maggior successo raccogliendo in
squadra. Ora possiamo vedere che lo stato della competizione non è più
principalmente individuo contro individuo, ma è piuttosto branco contro
branco. Tuttavia, benché l'unità competitiva sia cambiata, le strategie
rimangono le stesse: 'Se il vostro branco è quello residente, attaccate; se è
quello intruso, ritiratevi. Se nessuno dei due branchi è il residente o
l'intruso, seguite una strategia mista. Minacciate l'altro branco e se si ritira,
bene. Se invece restituisce la minaccia, qualche volta attaccate e qualche
volta ritiratevi. O, se è l'altro branco a minacciare voi, a volte restituite la
minaccia e a volte ritiratevi'. Queste strategie permettono a diversi branchi
di Bawk di vivere l'uno accanto all'altro senza invadersi a vicenda.
Contemporaneamente, possono competere per le risorse di cui hanno
bisogno senza dover combattere fino alla morte per ogni minima cosa.”
“Sì, capisco”, dissi, continuando a fare la mia parte.
“Ora lasciamo Calliope e torniamo dopo altri cinque milioni di anni.
Dopo una piccola esplorazione, scopriamo che i Bawk prosperano ancora,
ma che una parte di essi si è evoluta in una nuova specie che chiameremo
Cawk. Non farò ipotesi sulle cause che hanno portato a una simile
evoluzione, basti dire che è avvenuta. I Cawk in molti sensi sembrano più
simili ai Bawk di quanto i Bawk siano simili agli Awk, che come ti
ricorderai vivevano sugli alberi, raccoglievano il cibo individualmente e si
disperdevano quando venivano attaccati. I Cawk assomigliano ai Bawk nel
vivere al suolo, nel raccogliere il cibo in gruppo e nel combattere spalla a
spalla quando attaccati. I Cawk hanno semplicemente fatto fare a queste
tendenze un gigantesco passo in avanti. Essi sono creature culturali.
Questo significa che i genitori di ogni generazione trasmettono ai loro figli
ciò che hanno imparato dai loro genitori, insieme a qualunque cosa nuova
abbiano imparato durante la loro vita. Ciò che trasmettono è un accumulo
di conoscenze provenienti da vari periodi del loro passato. Per esempio,
ogni bambino impara che i rami di un certo albero possono venire privati
delle foglie e usati come una sorta di canna da pesca per raccogliere
formiche da un formicaio. Questa tecnica risale a tre o quattro milioni di
anni fa. Ogni bambino impara come trattare le pelli degli animali in modo
da poterne ricavare dei vestiti, e questa tecnica risale a due o tre milioni di
anni fa. Ogni bambino impara come fabbricare una corda dalla corteccia
degli alberi, come accendere un fuoco, come trasformare una pietra in un
coltello, come fabbricare le lance e gli strumenti per scagliarle più distanti,
e queste tecniche risalgono tutte a un milione di anni fa. Migliaia di arti e
tecniche – di varie epoche – vengono trasmesse da una generazione
all'altra.
“Per quanto i Cawk vivano in gruppo come i loro predecessori Bawk,
non sarebbe corretto chiamare questi gruppi 'branchi', perché i branchi
sono fondamentalmente tutti uguali. I Cawk vivono in tribù – i Jay, i Kay,
gli Ell, gli Emm, gli Enn, e così via – ognuna molto differente dalle altre.
Ogni tribù ha una propria cultura distintiva che trasmette da una generazione alla successiva, insieme alle varie tecniche che ho nominato un attimo
fa, che sono eredità comune di tutti i Cawk. L'eredità tribale include
canzoni, storie, miti e usanze che possono essere antichi di decine o
addirittura centinaia di millenni. Nel momento in cui li osserviamo non
sono popoli letterati, e anche se lo fossero i loro resoconti scritti non
risalirebbero a decine di migliaia di anni fa. Se gli chiedessi quanto sono
antiche tutte queste cose, saprebbero risponderti soltanto che nessuno lo sa.
Si tratta di cose che, per quanto li riguarda, risalgono all'alba dei tempi. Per
quanto ne sanno i Jay, loro esistono da sempre. Lo stesso vale per i Kay,
gli Ell, gli Emm e le altre tribù.
“Ci sono alcune differenze fra diverse tribù che sembrano piuttosto
arbitrarie. Una tribù preferisce canestri di paglia, un'altra di corda. Una
tribù preferisce dei tessuti principalmente bianchi e neri, un'altra quelli
colorati. Ma ci sono altre differenze molto più importanti. In una tribù, il
lignaggio è riconosciuto attraverso la madre; in un'altra, è riconosciuto
attraverso il padre. In una tribù, le opinioni degli anziani hanno più peso
negli affari della comunità; in un'altra, le opinioni di tutti gli adulti hanno
lo stesso peso. I capi di una tribù vengono eletti per via ereditaria, quelli di
un'altra rimangono in carica finché non vengono sconfitti in combattimento. Tra gli Emm, i parenti più importanti sono tua madre e tuo zio materno,
e tuo padre non conta nulla. Tra gli Ell, uomini e donne non abitano mai
insieme come marito e moglie; gli uomini vivono insieme in un'abitazione
comune e le donne in un'altra. Una tribù pratica la poliandria (molti
mariti), e un'altra la poligamia (molte mogli). E così via.
“Ancora più importanti di queste differenze sono le leggi tribali, che
hanno solo una cosa in comune: non sono liste di cose proibite, ma
piuttosto procedure per gestire i problemi che sorgono inevitabilmente
nella vita in comune. Cosa fai quando qualcuno continua a disturbare la
tranquillità comune con il proprio temperamento iracondo? Cosa fai
quanto un coniuge è stato infedele? Cosa fai quando qualcuno ha ferito o
ucciso un altro membro della tribù? A differenza delle leggi che conosci tu,
Julie, queste leggi non sono state formulate da alcun comitato. Invece, si
sono sviluppate tra i membri della tribù nello stesso modo in cui si
sviluppano le strategie per la competizione: con una costante scrematura
della durata di decine di migliaia di anni di ciò che non funziona, di tutto
ciò che non ottiene i risultati voluti. In un certo senso, gli Ell sono le leggi
degli Ell. O, ancora meglio: le leggi di ogni tribù rappresentano la sua
volontà. Le loro leggi hanno perfettamente senso per loro nel contesto
della loro cultura. Le leggi degli Ell non avrebbero alcun senso per gli
Emm, ma questo che differenza fa? Gli Emm hanno le proprie leggi, che
hanno perfettamente senso per loro, nonostante siano molto diverse da
quelle degli Ell o di chiunque altro.
“Sarà difficile per te immaginare una cosa simile, ma le leggi di ogni
tribù sono del tutto complete e sufficienti per essa. Dato che sono state
formulate nel corso dell'intera vita della tribù, migliaia di anni, è quasi
inconcepibile che possa verificarsi una situazione mai vista prima. Nulla è
più importante per ogni generazione che ricevere la legge nella sua
interezza. Diventando Enn o Emm, i giovani di ogni generazione vengono
imbevuti della volontà della tribù. La legge tribale rappresenta che cosa
significa essere un Ell o un Kay. Queste non sono le tue leggi, Julie, che
sono largamente inutili, ampiamente ignorate e disprezzate e costantemente soggette a revisioni o ampliamenti. Queste sono leggi che fanno esattamente ciò che dovrebbero, anno dopo anno, generazione dopo generazione, era dopo era.”
“Be'”, dissi, “sembra grandioso, credo, ma anche un po' stagnante, se
posso essere onesta.”
Ishmael annuì. “Ovviamente voglio che tu sia onesta, Julie. Sempre.
Ricordati, comunque, che in ogni caso queste leggi rappresentano la
volontà della tribù, non la volontà di un estraneo. Nessuno li obbliga ad
usare queste leggi. Nessun tribunale li manderebbe in prigione se distruggessero la propria eredità. Sono perfettamente liberi di abbandonarla in
ogni momento.”
“D'accordo.”
“Rimane solo una cosa da fare prima di concludere per oggi, ossia
esaminare la competizione tra i Cawk. Le strategie che si sono evolute tra
di loro sono molto simili a quelle esistenti tra i Bawk. All'interno della
tribù, la strategia che funziona meglio per ogni individuo è sostenere e
difendere la tribù; nonostante ogni membro della tribù abbia bisogno delle
stesse risorse, il modo migliore che ha di ottenerle è di cooperare con gli
altri membri della tribù. Come per i Bawk, dove la competizione è branco
contro branco, per i Cawk la competizione è tribù contro tribù. Qui
notiamo che viene attuata una nuova strategia in aggiunta a quelle già
osservate. Potrebbe essere descritta come una strategia di rappresaglie
imprevedibili: 'Dai ciò che ricevi, ma non essere troppo prevedibile'.
“In sostanza dai ciò che ricevi significa che se gli Emm non ti danno
fastidio non dovresti farlo neanche tu, ma se lo fanno devi assicurarti di
restituire il favore. Non essere troppo prevedibile significa che anche se gli
Emm non ti stanno dando fastidio, non sarebbe una brutta idea attaccarli di
tanto in tanto. Loro naturalmente vi restituiranno il colpo, dando quanto
hanno ricevuto, ma questo è il prezzo da pagare per far sapere loro che
siete ancora lì e non vi siete indeboliti. Dopo tutto questo, una volta che
sarete pari, potrete ritrovarvi tutti insieme per una grande festa di riconciliazione in cui celebrerete la vostra salda amicizia e combinerete qualche
matrimonio (perché, naturalmente, non va molto bene riprodursi sempre
all'interno di una stessa tribù).
“Nonostante la strategia delle Rappresaglie Imprevedibili possa sembrare molto violenta, in realtà è una strategia per il mantenimento della
pace. Pensa a due persone che stanno discutendo per decidere se andare al
cinema o a teatro. Invece di risolvere la questione con la violenza, lanciano
una moneta, dopo aver deciso che andranno al cinema se uscirà testa e a
teatro se uscirà croce. Lo stesso scopo viene raggiunto decidendo di
attaccare se sei il residente e di ritirarti se sei l'intruso. Se entrambe le parti
seguono la stessa strategia, la violenza viene evitata. Ciononostante, se si
osservano i Jay, i Kay, gli Ell, gli Emm, gli Enn, gli Ohh e le altre tribù per
un anno, si nota che sembrano essere in uno stato più o meno costante di
guerra a bassa intensità fra di loro. Non intendo dire che ci sono battaglie
quotidiane e nemmeno mensili, per quanto ci potranno essere scaramucce
ai confini tanto frequenti. Voglio dire che ogni tribù mantiene uno stato di
costante allerta. E una volta o due all'anno, ogni tribù sferrerà un attacco
contro uno o più dei suoi vicini. A un membro della vostra cultura, questo
sembrerà bizzarro. Un membro della vostra cultura si chiederà quanto i
Cawk risolveranno una volta per tutte le loro differenze e impareranno a
vivere in pace. E la risposta è che i Cawk risolveranno una volta per tutte
le loro differenze e impareranno a vivere in pace quando lo faranno le
capre di montagna, gli spinarelli e gli elefanti marini. In altre parole, le
strategie di competizione praticate dai Cawk non vanno viste come una
fonte o un sintomo di disordine, come un difetto, come un 'problema' che
deve essere risolto; almeno non più delle strategie di competizione dei
topi, dei lupi o degli alci. Lungi dall'essere difetti da eliminare, esse sono
ciò che è rimasto dopo che tutte le altre strategie sono state eliminate. In
poche parole, sono evolutivamente stabili. Funzionano per i Cawk. Sono
state messe alla prova per milioni di anni, e ogni altra strategia che è stata
loro contrapposta è stata eliminata perché fallimentare.”
“Caspita”, dissi. “Questo suona come un climax.”
“Lo è”, disse Ishmael. “Un'ultima cosa e per oggi abbiamo finito.
Perché gli Enn si limitano a reagire agli attacchi dei loro vicini e ogni tanto
a compiere loro stessi un attacco? Perché non si decidono ad annientare i
loro vicini?”
“Perché dovrebbero farlo?”
Ishmael scosse la testa. “Non è la domanda giusta, Julie. Non importa
perché lo farebbero. La domanda è: perché non funzionerebbe? O forse
funzionerebbe. Forse funzionerebbe meglio dell'altra strategia. Stavolta
anziché limitarsi a un attacco contro gli Emm, i Jay vanno da loro e li
spazzano via.”
“Questo stravolgerebbe completamente le regole del gioco”, dissi.
“Vai avanti.”
“Sarebbe come decidere di lanciare una moneta per poi rifiutarsi di
accettarne il risultato.”
“Perché, Julie?”
“Perché gli Emm non possono rispondere all'attacco se li spazzi via. Il
gioco è: 'Tu sai che io reagirò se mi attaccherai, e io so che tu reagirai se ti
attaccherò'. Ma se ti stermino, non puoi reagire. Il gioco è finito.”
“E' vero. Ma poi che succederebbe, Julie? Immagina che i Jay abbiano
sterminato gli Emm. Che cosa ne penseranno i Kay, gli Ell, gli Enn e gli
Ohh?”
Finalmente capii. “Vedo dove vuoi arrivare”, gli dissi. “Loro diranno:
'Se i Jay cominciano a sterminare gli avversari, allora dobbiamo adottare
una nuova strategia contro di loro. Non possiamo più trattarli come se
stessero giocando alle Rappresaglie Imprevedibili, perché non lo stanno
facendo. Dobbiamo trattarli come se stessero giocando allo Stermina Tutti,
altrimenti potrebbero spazzare via anche noi.”
“E come devono trattarli se stanno giocando allo Stermina Tutti?”
“Direi che dipende. Se i Jay tornassero a giocare alle Rappresaglie
Imprevedibili, probabilmente potrebbero anche lasciarli stare. Ma se i Jay
continuassero a giocare allo Stermina Tutti, allora i sopravvissuti dovrebbero unire le forze contro i Jay e sterminare loro.”
Ishmael annuì. “Questo è ciò che fecero i nativi americani quando i
coloni europei alla fine resero completamente chiaro che non avrebbero
mai giocato a nient'altro che allo Stermina Tutti con loro. I nativi
americani provarono a mettere da parte i rancori tra le varie tribù e a unire
le forze contro i coloni... Ma aspettarono troppo a lungo.”
Intermezzo.
Mi sento come se dovessi presentare un interludio musicale o condividere qualche Pensiero Profondo tra le diverse sessioni nella stanza 105,
così la gente potrebbe alzarsi e sgranchirsi un po', andare in bagno e
comprare da mangiare. Devo ammettere che Alan ha gestito davvero bene
queste situazioni nel suo libro, ma lui è un professionista, giusto? Si
suppone che sappia come gestirle. Il meglio che posso fare io è cincischiare per dieci o venti secondi.
No, la verità è che sono un po' pigra. Non voglio riflettere su ciò che mi
stava succedendo nelle quarantott'ore che sono passate tra la sessione che
ho appena descritto e la successiva.
No, non è esatto. La verità è che non voglio che qualcuno sappia cosa
mi stava succedendo. Era troppo importante. Ishmael mi stava rigirando
come un calzino, e non potevo condividerlo con nessuno. Non posso
ancora oggi. Scusate.
Ammiro anche il modo in cui Alan è riuscito a rendere ogni visita un
evento. Per quanto posso ricordare, comunque, quando entrai di nuovo
nella stanza 105 mi limitai a camminare e sedermi, e Ishmael alzò gli occhi
e mi fissò con un'aria interrogativa.
Gli restituii lo sguardo e dissi educatamente: “E' sedano, quello?”
Aggrottò le sopracciglia e guardò il gambo che teneva in mano. “Sì, è
sedano”, replicò solennemente.
“Penso al sedano come a qualcosa da servire alle feste di classe,
nell'insalata di tonno.”
Ishmael ci rifletté un momento, poi disse: “Io penso al sedano come a
qualcosa che i gorilla mangiano di tanto in tanto quando lo trovano
crescere spontaneamente. Non lo avete inventato, sai.”
E questo fu come cominciammo quella sessione.
Quando l'ilarità si fu placata, dissi: “Non sono sicura di come interpretare la tua storia sugli Awk, i Bawk e i Cawk. Devo dirti come credo di
doverla interpretare?”
“Sì, per favore.”
“I Cawk rappresentano gli umani come vivevano qui diecimila anni fa.”
Ishmael annuì. “E come vivono ancora oggi, dove la gente della vostra
cultura non è riuscita a distruggerli.”
“Va bene. Ma perché analizzare gli affari degli Awk, dei Bawk e dei
Cawk?”
“Ti spiegherò il mio ragionamento e forse avrà senso. La strategia
competitiva seguita dai popoli tribali che possiamo osservare oggi è perlopiù quella delle Rappresaglie Imprevedibili che ho attribuito ai Cawk: 'Dai
quanto ricevi, ma non essere troppo prevedibile'. Ciò che possiamo vedere
tra di loro è esattamente ciò che ho ipotizzato si potesse vedere tra i Cawk:
ogni tribù vive in uno stato di costante allerta – e di costante ma molto
blanda guerra con i loro vicini. Quando i Prendi – la gente della vostra
cultura – li incontrano, naturalmente non sono curiosi di capire perché
vivono in questo modo, o se ha senso in un certo quadro di riferimento, o
se per loro funziona. Si limitano a dire: 'Questo non è un bel modo di
vivere e non lo tollereremo'. Non verrebbe mai loro in mente di cercare di
cambiare il modo in cui vivono i topi, le capre di montagna o gli elefanti
marini, ma si considerano degli esperti sul modo in cui dovrebbero vivere
gli umani.”
“E' vero”, dissi.
“La prossima domanda da farci è: per quanto tempo i popoli tribali
hanno vissuto in questo modo? Ecco la risposta. Non c'è motivo di
supporre che questo modo di vivere sia una novità per i popoli tribali – non
più di quanto ce ne sia di supporre che il letargo sia una novità per gli orsi
o che la migrazione sia una novità per gli uccelli o che costruire dighe sia
una novità per i castori. Al contrario, ciò che osserviamo nella strategia
competitiva dei popoli tribali è una strategia evolutivamente stabile che si
è sviluppata in centinaia di migliaia e forse persino in milioni di anni. Non
so esattamente come questa strategia si sia sviluppata. Mi limito a offrire
una narrazione teorica di come potrebbe essersi sviluppata. Lo stadio
finale di questa strategia non è in dubbio, ma il modo in cui ci è arrivata
potrebbe non essere mai nulla di più di una congettura. Questo ti aiuta?”
“Sì, lo fa. Ma dimmi di nuovo dove siamo sulla strada principale.”
“Ecco dove siamo. Quando vai tra i popoli tribali, scopri che non
cercano in cielo per scoprire come vivere. Non hanno bisogno di angeli o
di alieni che li illuminino. Loro sanno come vivere. Le loro leggi e le loro
usanze forniscono loro una guida completamente dettagliata e soddisfacente. Quando dico questo non intendo che i pigmei Akoa africani, o gli
isolani Ninivak dell'Alaska, o i Bindibu australiani credono di sapere come
tutti gli esseri umani dovrebbero vivere. Niente del genere. Tutto ciò che
sanno è che hanno un modo di vivere che funziona perfettamente per loro.
L'idea che possa esistere un modo universale in cui tutti dovrebbero vivere
a loro sembrerebbe ridicola.”
“Va bene”, dissi, “ma questo dove ci lascia?”
“Ci lascia sulla strada principale, Julie. Stiamo cercando di capire
perché la gente della vostra cultura è diversa da questi popoli tribali, che
guardano a se stessi per capire come vivere. Stiamo cercando di capire
come ha fatto questa conoscenza a diventare così difficile da ottenere per i
membri della vostra cultura, perché essi devono rivolgersi a dei, angeli,
profeti, alieni e spiriti dei defunti per scoprire come vivere.”
“Giusto. D'accordo.”
“Dovrei avvisarti che la gente ti dirà che l'impressione che ti ho dato
dei popoli tribali è una romanticizzata. Queste persone credono che Madre
Cultura dica l'assoluta verità quando insegna che gli umani sono intrinsecamente difettosi e condannati alla miseria. Sono sicuri che ci debba essere
ogni genere di cosa sbagliata in ogni stile di vita tribale, e naturalmente
hanno ragione – se per 'sbagliato' si intende qualcosa che non ci piace. In
ognuna delle culture che ho nominato ci sono cose che troveresti sgradevoli, immorali o ripugnanti. Ma rimane il fatto che ogni volta che gli antropologi incontrano popoli tribali, trovano popoli che non mostrano segni di
insoddisfazione, che non si lamentano di essere miserabili o maltrattati,
che non schiumano di rabbia, che non combattono costantemente con
depressione, ansia e alienazione.
“La gente che pensa che stia idealizzando questo modo di vivere non
riesce a capire che ogni singola cultura tribale esistente esiste perché è
sopravvissuta per centinaia di migliaia di anni, ed è sopravvissuta per
centinaia di migliaia di anni perché i suoi membri sono soddisfatti di quel
modo di vivere. E' possibilissimo che le società tribali si siano occasionalmente sviluppate in modo intollerabili per i loro membri, ma se è avvenuto
sono scomparse, per la semplice ragione che la gente non aveva motivo di
sostenerle. C'è solo un modo di costringere la gente ad accettare uno stile
di vita intollerabile.”
“Già”, dissi. “Devi chiudere sotto chiave il cibo.”
La Mezzaluna Fertile.
“Ora siamo pronti per la terza e ultima narrazione della storia, Julie, che
stavolta si svolge diecimila anni fa nella Mezzaluna Fertile. Non si trattava
assolutamente di una zona priva di vita umana. A quel tempo la Mezzaluna
Fertile era un'area rigogliosa, non il deserto che è oggi, e gli esseri umani
avevano vissuto lì per almeno centomila anni. Come i moderni cacciatoriraccoglitori, questi popoli praticavano tutti l'agricoltura in una certa
misura, nel senso che avevano l'abitudine di incoraggiare la ricrescita dei
loro cibi preferiti. Come su Tersicore, ogni popolo aveva un approccio
personale all'agricoltura. Alcuni vi dedicavano solo pochi minuti a
settimana. Altri gradivano avere maggiori quantità dei loro cibi preferiti a
disposizione, quindi vi dedicavano un paio d'ore a settimana. Altri ancora
non vedevano motivi per non vivere principalmente dei loro cibi preferiti,
quindi vi dedicavano un'ora o due al giorno. Ti ricorderai che nella storia
di Tersicore ho chiamato tutti questi popoli Lascia. Possiamo tranquillamente usare questo nome anche per i loro equivalenti terrestri, perché
anche loro pensavano a se stessi come a creature che vivevano nelle mani
degli dei e lasciavano a loro tutte le decisioni.
“A un certo punto, come su Tersicore, un gruppo di Lascia si disse:
'Perché dovremmo vivere solo in parte dei cibi che preferiamo? Perché
non vivere interamente di essi? Tutto ciò che dobbiamo fare è passare più
tempo a piantare, disboscare, allevare e così via'. Quindi questo gruppo
particolare cominciò a lavorare nei campi diverse ore al giorno. La loro
decisione di divenire agricoltori a tempo pieno non fu necessariamente
presa in una singola generazione. Potrebbe essersi sviluppata lentamente
nel corso di dozzine di generazioni o rapidamente nel giro di tre o quattro.
Entrambi gli scenari sono plausibili. Ma lentamente o rapidamente, ci fu
senza ombra di dubbio un popolo della Mezzaluna Fertile che divenne
completamente agricolo. Ora voglio che tu mi dica come stavano le cose
con questi vari popoli.”
“Che vuoi dire?”
“Quando sei stata qui l'ultima volta, abbiamo passato molto tempo ad
esaminare la competizione intraspecie – varie strategie che permettono ai
competitori di risolvere i propri conflitti senza combattere fino alla morte
per ogni minima cosa. Per esempio, la strategia territoriale dice: 'Attacca
se sei il residente, scappa se sei l'intruso'.”
“Sì, lo capisco.”
“Quindi: dimmi come stavano le cose con questi popoli della Mezzaluna Fertile.”
“Immagino che utilizzassero la strategia delle Rappresaglie Imprevedibili. 'Dai quanto ricevi, ma non essere troppo prevedibile'.”
“Esatto. Come ho già detto, non c'è alcun motivo di credere che i popoli
tribali vivessero in modo diverso diecimila anni fa rispetto a come vivono
ancora oggi. Si mantenevano sempre allerta, restituivano i colpi che prendevano e occasionalmente provocavano una scaramuccia di loro iniziativa,
così nessuno sarebbe stato tentato di darli per scontati. Ora, vivere interamente di agricoltura non rende affatto questa strategia inutilizzabile. Nel
Nuovo Mondo c'erano agricoltori a tempo pieno che la seguivano senza
alcun problema – né distruggendo né facendosi distruggere dai propri
vicini. Ma a un certo punto in medioriente diecimila anni fa, un gruppo di
agricoltori a tempo pieno cominciò effettivamente a distruggere i propri
vicini.
“Quando dico che distrussero i propri vicini intendo dire che fecero
loro ciò che i loro discendenti europei finirono per fare ai popoli nativi del
Nuovo Mondo. Quando i coloni Europei cominciarono ad arrivare qui, i
nativi stavano naturalmente ancora seguendo la strategia delle Rappresaglie Imprevedibili. Aveva funzionato con loro fin dall'alba dei tempi, ed
ebbero cura di utilizzarla anche con i nuovi arrivati, che ne rimasero a dir
poco sconcertati. Ogni volta che riuscivano a sistemare le cose – così
credevano – i nativi sferravano improvvisi attacchi ingiustificati (com'erano abituati a fare tra di loro). Questo aveva perfettamente senso per i
nativi, e in effetti funzionò per molto tempo. I coloni bianchi impararono
ad avere molto, molto rispetto dell'imprevedibilità dei nativi. Ma alla fine,
naturalmente, il numero dei coloni crebbe fino al punto da renderli in
grado di neutralizzare la strategia autoctona. In alcuni casi si trasferirono
nei territori dei nativi e li assorbirono. In altri casi si trasferirono e
scacciarono i nativi a vivere o a morire altrove. E in altri casi ancora si
trasferirono e li sterminarono. Ma in ogni singolo caso, li annientarono in
quanto entità tribali. I Prendi non avevano il minimo interesse nell'essere
circondati da popoli tribali che giocavano alle Rappresaglie Imprevedibili,
né nel Nuovo Mondo, né nella Mezzaluna Fertile. Puoi vedere perché.”
Concordai di poterlo vedere.
“L'ultima volta che sei venuta qui, abbiamo parlato di cosa sarebbe
successo se una tribù avesse improvvisamente smesso di praticare le
Rappresaglie Imprevedibili e avesse cominciato ad annientare le altre. Ti
ricordi?”
“Sì. I suoi vicini alla fine avrebbero unito le forze per fermarla.”
“Esatto, e normalmente questo avrebbe funzionato alla perfezione.
Perché non funzionò con i Prendi nella Mezzaluna Fertile?”
“Immagino che sia per lo stesso motivo per cui non ha funzionato qui
nel Nuovo Mondo. I Prendi erano in grado di generare scorte infinite delle
cose che fanno vincere le guerre. Questo li rese imbattibili dai popoli
tribali, perfino uniti.”
“Sì, è esatto. Nuove circostanze possono minare qualunque strategia,
perfino se ha funzionato senza problemi per un milione di anni, e una tribù
con risorse alimentari virtualmente illimitate decisa a sterminare le altre
tribù era sicuramente qualcosa di nuovo. I Prendi erano inarrestabili, e
questo li convinse di essere i realizzatori del destino umano stesso. Lo fa
ancora, naturalmente.”
“Di sicuro.”
“Ciò che voglio osservare ora è il cinquantesimo anno della loro
rivoluzione. I Prendi hanno conquistato quattro tribù a nord, chiamiamole
gli Hulla, i Puala, i Cario e gli Albas. I Puala si guadagnavano da vivere
principalmente con l'agricoltura anche prima di venire conquistati dai
Prendi, quindi il cambiamento è stato meno traumatico per loro. Gli Hulla,
invece, erano cacciatori-raccoglitori che praticavano solo un minimo di ciò
che chiameremmo agricoltura. Gli Albas erano stati pastori-raccoglitori per
qualche tempo. Infine, i Cario avevano coltivato alcuni campi che integravano con la caccia e la raccolta. Prima di venire conquistati dai Prendi,
queste tribù erano coesistite nel solito modo, dando quanto ricevevano e
attaccando occasionalmente le altre. Giusto per essere sicuri che non lo hai
dimenticato, che cosa favorisce questa strategia delle Rappresaglie Imprevedibili?”
“Che cosa favorisce?”
“Perché la usano? Perché hanno bisogno di una strategia in primo
luogo?”
“Sono competitori. Questa strategia li mantiene bilanciati tra di loro.”
“Ma i Prendi hanno fermato le Rappresaglie Imprevedibili tra di loro,
perché il piano ora è che gli Hulla, i Puala, i Cario e gli Albas diventino
Prendi. E' così che le persone dovrebbero vivere, no?”
“Sì.”
“Quindi la strategia delle Rappresaglie Imprevedibili è fuori questione
per questi popoli.”
“Esatto.”
“Ma adesso che cosa li tiene bilanciati tra di loro?”
“Accidenti”, dissi. “Buona domanda... Forse non hanno più nulla per
cui competere?”
Ishmael annuì entusiasticamente. “E' un'idea terribilmente interessante,
Julie. Come potrebbe succedere una cosa simile, secondo te?”
“Be', sono tutti dalla stessa parte, adesso.”
“In altre parole, forse la vita tribale in realtà era la causa della
competizione, anziché una strategia che si era evoluta per gestirla. Con la
scomparsa delle tribù, la competizione svanisce e la pace scende sulla
Terra.”
Gli dissi che non ero sicura della parte sulla pace.
“Diciamo che sei i Cario. E' stata un'estate secca, Julie, e i tuoi vicini
del nord, gli Hulla, hanno bloccato con una diga il fiume che usavi per
irrigare i tuoi campi. Dato che ora siete tutti dalla stessa parte, ti limiti a
scrollare le spalle e a lasciare che i tuoi campi muoiano?”
“No.”
“Quindi, dopo tutto, essere dalla stessa parte non fa cessare la competizione intraspecie. Che cosa fai allora?”
“Immagino che chiederò agli Hulla di smantellare la loro diga.”
“Ma certo. E loro rispondono di no, grazie tante. Hanno costruito quella
diga per poter irrigare i loro campi.”
“Forse potrebbero condividere l'acqua.”
“Dicono di non avere intenzione di farlo. Dicono di aver bisogno di
tutta l'acqua che riescono a prendere.”
“Potrei appellarmi al loro senso di giustizia.”
Un forte suono sibilante mi arrivò attraverso il vetro, e guardai in su per
vedere Ishmael che si faceva una bella risata. Quando finì, disse: “Confido
che tu stia scherzando.”
“Infatti.”
“Bene. Allora che cosa farai riguardo la diga, Julie?”
“Immagino che andremo in guerra.”
“E' naturalmente una possibilità.”
“Però mi è venuta in mente una cosa. Mi sembra che i Cario e gli Hulla
avrebbero potuto avere questo conflitto anche prima di diventare Prendi.”
“Assolutamente possibile”, disse Ishmael. “Che cosa ho detto che erano
gli Hulla prima di diventare agricoltori a tempo pieno? Con la tua memoria
eccellente sono sicuro che te lo ricordi.”
“Erano cacciatori-raccoglitori.”
“Perché dei cacciatori-raccoglitori dovrebbero costruire una diga, Julie?
Non hanno campi da irrigare.”
“E' vero ma, giusto per amor di discussione, diciamo che erano agricoltori.”
“D'accordo. Ma, se ricordo bene, i Cario erano solo parzialmente dipendenti dall'agricoltura. Perdere un fiume non avrebbe minacciato il loro
modo di vivere.”
“Vero anche questo”, dissi, “ma di nuovo, giusto per amor di discussione, diciamo che erano agricoltori a tempo pieno.”
“Molto bene. Allora i Cario compiranno delle rappresaglie molto brutali e molto imprevedibili. Di fronte a questo, gli Hulla dovranno decidere se
quella diga vale la pena.”
“Quindi è guerra in ogni caso”, gli dissi. “Diventare Prendi non ha fatto
nessuna differenza.”
Ishmael scosse la testa. “Un attimo fa hai detto che, in quanto Cario,
avresti dovuto 'andare in guerra' a causa della diga. Andare in guerra è lo
stesso che compiere una rappresaglia?”
“No, immagino di no.”
“Qual è la differenza, per come la vedi?”
“Una rappresaglia è dare quanto hai ricevuto, andare in guerra è conquistare la gente per farle fare quello che vuoi.”
“Quindi, per quanto si possa dire che è guerra in ogni caso, si tratta di
tipi di guerra diversi, con obiettivi differenti. Lo scopo della rappresaglia è
mostrare alla gente che puoi essere gentile o violento, a seconda se loro
sono gentili o violenti. Lo scopo dell'andare in guerra è conquistarli e
piegarli alla tua volontà. Due cose molto diverse, e le Rappresaglie
Imprevedibili riguardavano la prima, non la seconda.”
“Sì, suppongo sia vero.”
Ishmael tacque per un momento, poi mi chiese se riuscivo a vedere la
strategia delle Rappresaglie Imprevedibili al lavoro da qualche parte tra i
Prendi attuali. Dopo averci pensato per un po', gli dissi che mi sembrava di
vederla nelle guerre tra bande giovanili.
“Sei molto acuta, Julie. Le Rappresaglie Imprevedibili è proprio la
strategia che utilizzano per mantenere un equilibrio tra di loro. E che cosa
vuole fare la gente della tua cultura con le bande giovanili?”
“Vuole sopprimerle, naturalmente. Liberarsene.”
“Esatto”, annuì Ishmael. “Ma ci sono altri combattenti che attualmente
stanno utilizzando la strategia delle Rappresaglie Imprevedibili, non è
vero?”
“Oh”, dissi, “sì, immagino di sì. Intendi tutta quella gente folle in
Bosnia.”
“Esatto. E cosa vuole fare la gente della tua cultura con loro?”
“Vogliono farli smettere di combattere.”
“Vogliono farli smettere di applicare la strategia delle Rappresaglie Imprevedibili.”
“Esatto.”
“Andare in guerra per voi è accettabile, ma attuare delle rappresaglie
occasionali e imprevedibili non lo è, e non lo è mai stato. Fin dall'inizio, i
Prendi sono stati invariabilmente ostili a questa strategia tribale. Sospetto
che sia perché si tratta di una strategia che si controlla da sola ed è sostanzialmente immune a qualunque tentativo di controllo esterno. E i Prendi
non si fidano di nulla che non possano controllare. Vogliono dominare
tutto e non riescono a sopportare che ci sia qualcosa fuori dal loro
controllo.”
“Verissimo. Ma stai dicendo che dovremmo lasciarli stare e farli
combattere finché vogliono?”
“Niente affatto, Julie. Dovresti aver capito ormai che io non pretendo di
sapere cosa la gente dovrebbe fare. Le Rappresaglie Imprevedibili non
sono bene e la loro soppressione non è male. Ciò che sta avvenendo in
quella parte del mondo è soltanto l'ultimo disastro in una storia disastrosa
che non può essere resa giusta in alcun modo.”
“Già, sembra che sia così”, dissi.
“Già che abbiamo fatto questa deviazione, vorrei sottolineare che
abbiamo la possibilità di osservare qualcosa di nuovo, qui. Ti ho mostrato
che la competizione tra membri della stessa specie è necessariamente più
aspra della competizione tra membri di specie diverse. I cardinali rossi
competono maggiormente con altri cardinali rossi che con i passeri o le
ghiandaie, e gli umani competono più aspramente con altri umani che con
orsi o tassi.”
“Sì.”
“Ora sei in grado di vedere che la competizione tra persone con lo
stesso stile di vita è necessariamente più aspra della competizione tra
persone con stili di vita diversi. Gli agricoltori competono maggiormente
con altri agricoltori che con cacciatori-raccoglitori.”
“Accidenti, è vero”, dissi. “Quindi creando un mondo pieno di agricoltori abbiamo intensificato la competizione al massimo.”
“Questa è precisamente la situazione tra gli Hulla, i Puala, i Cario e gli
Albas, Julie. C'era già una forte competizione tra di loro quando ancora
vivevano in modi diversi. Ora stanno tutti vivendo nello stesso modo e
quindi (lungi dall'aver eliminato la competizione) devono competere molto
più intensamente.”
“Sì, capisco.”
“Nella nostra analisi delle strategie competitive, abbiamo visto che il
loro effetto è di rendere possibile per dei competitori vivere l'uno accanto
all'altro senza dover combattere fino alla morte per ogni minima cosa. Gli
Hulla, i Puala, i Cario e gli Albas non possono più vivere l'uno accanto
all'altro attuando rappresaglie imprevedibili. Quella strategia ora è inattuabile. Senza di essa, nella faccenda della diga la tua unica soluzione finora è
stata: 'Andiamo in guerra'. In altre parole, passiamo direttamente al combattimento mortale. Ma sono sicuro che capisci che non può funzionare per
gli Hulla, i Cario, i Puala e gli Albas di andare in guerra per ogni minimo
problema.”
“Giusto.”
“La strategia per il mantenimento della pace in passato era: 'Dai quanto
ricevi, ma non essere troppo prevedibile'. I Prendi l'hanno scartata. Che
cosa si sono inventati per sostituirla?”
Ci riflettei per alcuni minuti e alla fine dissi: “Immagino che i Prendi
l'abbiano sostituita con se stessi. Sono diventati loro i mantenitori della
pace.”
“Esatto, Julie. Si sono nominati amministratori del caos, e hanno
continuato a provarci fin da allora, generazione dopo generazione, con vari
gradi di successo. Hanno preso in mano il mantenimento della pace all'inizio della loro rivoluzione, ed è rimasto lì fin da allora. Quando sono
arrivati nel Nuovo Mondo, lì nessuno stava mantenendo la pace, come sai.
Invece, la pace stava venendo mantenuta nel modo tradizionale, con i vari
popoli che davano quanto ricevevano e rimanevano imprevedibili. I Prendi
fermarono tutto questo, e ora il mantenimento della pace è nelle loro mani
capaci. Il crimine è un'industria multimiliardaria, i ragazzini spacciano
droga agli angoli delle strade e cittadini impazziti si sparano addosso con
armi automatiche.”
La Mezzaluna Fertile, parte II.
Prima che gli Hulla, i Puala, gli Albas e i Cario fossero conquistati dai
Prendi, ogni tribù aveva il proprio modo di gestire i problemi, il dono di
decine di migliaia di anni di esperienza culturale. Il modo Hulla non era il
modo Puala, il modo Puala non era il modo Albas e il modo Albas non era
il modo Cario. L'unica cosa che questi metodi avevano in comune è che
funzionavano – il modo Hulla per gli Hulla, il modo Puala per i Puala, il
modo Cario per i Cario e il modo Albas per gli Albas.
“Ciò che era essenziale per questi popoli era avere un modo per gestire
gli umani per come sono realmente. Non pensavano agli umani come a
degli esseri difettosi, ma questo non significa che pensassero a loro come
ad angeli. Sapevano perfettamente che gli umani sono capaci di essere
problematici, distruttivi, egoisti, crudeli, avidi, violenti, e così via. Gli
umani non sono nulla se non emotivi e irrazionali, e non ci vuole un genio
per capirlo. Un sistema che funzioni per decine di migliaia di anni non sarà
uno che funziona per persone che sono invariabilmente altruisti, pacifici,
generosi e gentili. Un sistema che funzioni per decine di migliaia di anni
sarà uno che funziona per persone sempre capaci di essere problematiche,
distruttive, egoiste, crudeli, avide e violente. Ti sembra abbia senso?”
“Ha perfettamente senso.”
“Tra i popoli tribali, non si trovano leggi che proibiscono i comportamenti distruttivi. Alla mente tribale, questo apparirebbe immensamente
stupido. Invece, si trovano leggi che minimizzano i danni dei comportamenti distruttivi. Per esempio, nessun popolo tribale emanerebbe mai una
legge che proibisse l'adulterio. Invece, quello che si può trovare sono leggi
che stabiliscono cosa si deve fare quando avviene un adulterio. La legge
prescrive i passi da seguire per minimizzare i danni causati da questo atto
di infedeltà, che non ha ferito solo il coniuge ma l'intera comunità, perché
ha sminuito l'importanza del matrimonio agli occhi dei bambini. Di nuovo,
l'obiettivo non è punire, ma rendere giusto, favorire la guarigione, cosicché
per quanto possibile tutto possa tornare alla normalità.
“Lo stesso vale per le aggressioni. Per la mente tribale, è inutile dire
alle persone: 'Non dovete mai combattere'. Ciò che non è inutile è sapere
esattamente che cosa bisogna fare quando avviene un combattimento,
cosicché tutti riportino i danni minori possibili. Voglio farti capire quanto
tutto ciò sia diverso dagli effetti delle vostre leggi, che invece di ridurre i
danni in realtà li amplificano e li moltiplicano in tutta la vostra società,
distruggendo famiglie, rovinando vite e lasciando le vittime a curarsi da
sole le ferite.”
“Lo capisco”, gli dissi.
“Come penso sia chiaro da ciò che ho detto finora, c'era un imperativo
comune ai membri di tutte le tribù: Attaccate le altre tribù, difendetevi tra
di voi. In altre parole, a dispetto di tutti gli scontri e i dissapori intestini,
era la tribù contro il mondo. Se sei un Hulla, va bene attaccare i Cario o i
Puala, ma non attaccare altri Hulla. Se sei un Cario, va bene attaccare gli
Hulla o i Puala, ma non altri Cario. Capisci perché deve essere così?”
“Credo di sì. Se la legge tribale incoraggiasse i Cario a combattere tra
di loro, alla fine i Cario scomparirebbero come tribù. E se la legge Cario
proibisse ai Cario di attaccare gli Hulla o i Puala, allora la strategia delle
Rappresaglie Imprevedibili diverrebbe inattuabile, e anche in quel caso i
Cario scomparirebbero come tribù.”
“Esatto. All'inizio della vostra rivoluzione, la vostra tribù, che ho
chiamato i Prendi, era esattamente come gli Hulla, i Puala, gli Albas e i
Cario – e come le decine di migliaia di altre che esistevano nel mondo a
quel tempo. Intendo dire che avevano un modo di vivere che funzionava
bene per loro e un gruppo di leggi che permetteva loro di gestire efficacemente i comportamenti distruttivi all'interno della tribù. Cosa credi sia
successo all'originale modo di vivere che funzionava così bene per i
Prendi?”
“Non riesco a immaginarlo”, dissi.
“Vediamo se riusciamo a immaginarlo insieme, Julie. Ecco una cosa di
cui possiamo essere sicuri: niente nel modo di vivere tribale dei Prendi li
aveva preparati alla responsabilità che si presero quando conquistarono i
loro vicini all'inizio della rivoluzione.”
“Come fai a saperlo?”
“La cultura tribale mostra alle persone come gestire problemi che sono
sempre avvenuti. Non mostra loro come gestire problemi che non si erano
mai verificati prima nella storia del mondo – e la vostra rivoluzione è stata
proprio una cosa del genere. Le persone erano state in competizione e in
conflitto fin dall'alba dei tempi. Sapevano come gestire la situazione
usando le Rappresaglie Imprevedibili. Ma ora una tribù, sotto un impeto
mai provato prima dagli esseri umani, esercitava un potere che non era mai
stato esercitato prima. Con la loro popolazione che si espandeva a causa
dell'abbondanza di cibo, i Prendi non erano più interessati nel restare
semplicemente in equilibrio con i loro vicini. Avevano più gente da
sfamare, gli serviva più terra e avevano il potere di conquistare i loro vicini
– assimilarli, scacciarli o sterminarli (non importava quale). Ma una volta
conquistati i loro vicini, si trovarono in territorio inesplorato. Cosa avrebbero dovuto farsene di loro? Di sicuro non avrebbero ricominciato a
utilizzare le Rappresaglie Imprevedibili con loro. Non avrebbe avuto alcun
senso. Né avrebbero permesso che continuassero a utilizzare questa strategia tra di loro. Anche quello non avrebbe avuto alcun senso. Capisci
perché?”
“Sì, penso di sì. Le Rappresaglie Imprevedibili sono un modo per
mantenere la tua indipendenza e restare in equilibrio con i tuoi vicini. I
Prendi erano contrari a una cosa simile. Non volevano che gli Hulla, i
Puala e i Cario fossero entità indipendenti, in costante conflitto tra di loro.”
“Qual era la vecchia legge Prendi riguardo i combattimenti? Intendo
quella che seguivano prima della rivoluzione.” Vedendo la mia espressione
vacua, aggiunse: “Si tratta della legge che tutti i popoli tribali seguono
riguardo i combattimenti.”
“Oh. Intendi: 'Combattete contro le altre tribù, non tra di voi'.”
“Esatto. Questa era la legge che veniva seguita da tutte le tribù della
Mezzaluna Fertile, da tutte le tribù del medioriente e da tutte le tribù del
mondo.”
“Ho capito”, gli dissi.
“Ma quando i Prendi cominciarono a conquistare i propri vicini,
dovettero creare una nuova legge. Non volevano che le tribù che conquistavano continuassero a combattere tra di loro.”
“Capisco anche questo.”
“Quindi qual era la nuova legge, Julie?”
“La nuova legge doveva essere: 'Non combattere contro nessuno'.”
“Naturalmente. E come hai precisato un minuto fa, questo significava
che la strategia delle Rappresaglie Imprevedibili era inutilizzabile – e
l'indipendenza tribale cessò di esistere insieme a essa. I Prendi volevano
governare un mondo dove la gente lavorava, non un mondo dove la gente
sprecava energie a compiere Rappresaglie Imprevedibili.”
“Sì, è ovvio.”
“I vecchi confini tribali erano ormai privi di senso – geograficamente e
culturalmente – non solo per gli Hulla, i Puala, i Cario e gli Albas, ma per
gli stessi Prendi. I Prendi non imposero alle tribù conquistate le loro
vecchie leggi tribali. Esse sarebbero state prive di senso per loro. Tutte le
vecchie leggi tribali erano egualmente prive di senso nel nuovo ordine
mondiale costruito dai Prendi. Sarebbe stato inutile per gli Hulla insegnare
ai loro figli ciò che aveva funzionato per gli Hulla per decine di migliaia di
anni, perché ora non erano più Hulla. Sarebbe stato inutile per i Cario
insegnare ai loro figli ciò che aveva funzionato per i Cario per decine di
migliaia di anni, perché ora non erano più Cario.
“Ma anche se ora appartenevano a un nuovo ordine mondiale, le
persone non smisero di essere problematiche, distruttive, egoiste, crudeli,
avide e violente, non è vero? I soliti vecchi comportamenti continuarono –
ma senza più la legge tribale a ridurne gli effetti. Se anche le vecchie leggi
tribali fossero state ricordate, i Prendi le avrebbero trovate impossibili da
utilizzare. Il modo Hulla di gestire i comportamenti distruttivi era perfetto
per gli Hulla, ma sarebbe stato inaccettabile per i Cario. Sono sicuro che
puoi capirlo.”
“Sì.”
“Quindi, come gestiranno i Prendi i comportamenti distruttivi tra i
popoli che dominano? Cosa faranno riguardo adulteri, aggressioni, stupri,
furti, omicidi e così via?”
“Li metteranno fuori legge.”
“Naturalmente. La legge tribale non aveva mai provato a rendere dei
comportamenti illegali. Invece, minimizzava i danni e riportava le persone
insieme. Le leggi tribali non dicevano: 'Queste cose non devono mai
avvenire', perché sapevano con certezza assoluta che cose del genere
avrebbero continuato ad avvenire. Invece, dicevano: 'Quando queste cose
avvengono, ecco che cosa bisogna fare per aggiustare la situazione, per
quanto possibile'.”
“Capisco.”
“Siamo quasi alla fine, Julie. Rimane un'ultima cosa da vedere. Per la
mente tribale, è stupido formulare una legge che sai verrà infranta.
Formulare una legge che sai verrà infranta significa indebolire il concetto
stesso di legge. Un perfetto esempio di legge che verrà sicuramente
infranta è quella che comincia con: 'Non'. Non importa che parole
seguono: non uccidere, non mentire, non commettere adulterio, non
rubare, non ferire – ogni singola legge di questo tipo è una legge che sai
verrà infranta. Dato che i popoli tribali non perdevano tempo con leggi
simili, la disobbedienza non era un problema per loro. La legge tribale non
metteva fuori legge i comportamenti dannosi, spiegava come rimediare ad
essi, quindi le persone erano felici di obbedire. La legge faceva qualcosa di
buono per loro, quindi perché avrebbero dovuto infrangerla? Ma fin
dall'inizio le leggi Prendi erano leggi che si sapeva sarebbero state infrante
– e (non sorprendentemente) sono state infrante di continuo per diecimila
anni.”
“Sì. E' incredibile – un modo incredibile di vedere la faccenda.”
“E dato che le vostre leggi sono state formulate sapendo che sarebbero
state infrante, vi serviva un modo per gestire i fuorilegge.”
“Sì. I fuorilegge dovevano essere puniti.”
“Esatto. Che altro si può fare con loro? Dopo esservi assegnati leggi
che sapevate sarebbero state infrante, non avete trovato soluzione migliore
che punire le persone che facevano esattamente ciò che sapevate avrebbero
fatto. Per diecimila anni avete continuato a creare e moltiplicare leggi che
vi aspettavate sarebbero state infrante, ormai immagino che ne abbiate
letteralmente milioni, molte delle quali vengono infrante milioni di volte
ogni giorno. Conosci personalmente una persona che non infranga delle
leggi?”
“No.”
“Sono sicuro che perfino alla tua età ne hai infrante dozzine.”
“Centinaia”, dissi con sicurezza.
“Gli stessi ufficiali che eleggete per far rispettare le leggi le infrangono.
E allo stesso tempo, i pilastri della società in qualche modo riescono a
indignarsi per il fatto che alcune persone hanno poco rispetto per la legge.”
“E' davvero incredibile”, gli dissi.
“La distruzione della legge tribale e della strategia delle Rappresaglie
Imprevedibili non è qualcosa che possa essere avvenuto gradualmente, nel
giro di centinaia di migliaia di anni. Doveva cominciare immediatamente,
nel luogo della primissima invasione compiuta dai Prendi. La legge tribale
e le Rappresaglie Imprevedibili erano barricate che dovettero venire
distrutte fin dall'inizio. Qualunque fossero i loro nomi, gli Hulla, i Cario,
gli Albas e i Puala dovettero scomparire come entità tribali. Entro pochi
decenni, le tribù circostanti dovettero cadere nello stesso modo, scambiando, volenti o nolenti, la propria indipendenza tribale con il potere Prendi.
La rivoluzione si espanse verso l'esterno a partire dal proprio centro, come
un cerchio di fuoco che bruciasse un'eredità culturale che risaliva alle
vostre origini primati.
“Il ricordo di essere stati Hulla, Cario, Albas e Puala non scomparve in
una sola generazione, naturalmente, ma non è nemmeno plausibile che sia
sopravvissuto per più di quattro o cinque generazioni – ma diciamo pure
dieci: si tratta di appena due secoli. Dopo mille anni nel centro della
rivoluzione, i discendenti degli Hulla, dei Cario, degli Albas e dei Puala
non si sarebbero nemmeno ricordati che una cosa come la vita tribale era
mai esistita. Ovviamente sarebbe stata ancora ricordata al confine dell'espansione Prendi, ma ormai quel confine comprendeva la Persia, l'Anatolia, la Siria, la Palestina e l'Egitto. Mille anni dopo, quel confine si sarebbe
esteso fino al Lontano Oriente, alla Russia e all'Europa. Dei popoli tribali
stavano ancora venendo incontrati e inglobati dall'espansione Prendi, ma
questo avveniva ottomila anni fa, Julie.
“Il cuore della rivoluzione era ancora il medioriente, più precisamente
la Mezzaluna Fertile. La Mesopotamia, la terra tra il Tigri e l'Eufrate, era la
New York di quell'epoca. Lì la più potente innovazione della vostra cultura
(dopo l'agricoltura totalitaria e il mettere il cibo sotto chiave) stava
cominciando a emergere: la scrittura. Ma dovettero passare altri cinquemila anni prima che i logografi della Grecia classica cominciassero a pensare
di usare questo strumento per scrivere resoconti della storia umana.
Quando alla fine cominciarono a farlo, questo è il quadro che emerse: La
razza umana era nata solo pochi millenni prima vicino alla Mezzaluna
Fertile. Era nata dipendente dai campi coltivati, e li piantava istintivamente come le api costruiscono gli alveari. Aveva anche un istinto per la
civilizzazione, quindi, non appena era nata, aveva cominciato a piantare
campi e costruire civiltà. Naturalmente a quel punto non restava più il
minimo ricordo del passato tribale dell'umanità, che risaliva a centinaia di
migliaia di anni prima. Tale ricordo era svanito senza lasciare traccia in ciò
che uno dei miei allievi chiama (in modo piuttosto azzeccato) la Grande
Amnesia.
“Per centinaia di migliaia di anni, persone intelligenti quanto te hanno
avuto un modo di vivere che funzionava perfettamente per loro. I
discendenti di queste persone possono ancora essere trovati qua e là, e
ovunque esistano in uno stato inalterato mostrano di essere perfettamente
soddisfatti del proprio modo di vivere. Non sono in guerra gli uni contro
gli altri, generazione contro generazione o classe contro classe. Non sono
afflitti da angoscia, ansia, depressione, disgusto per se stessi, crimine,
follia, alcolismo e dipendenza da droghe. Non si lamentano di oppressioni
e ingiustizie. Non descrivono le proprie vite come vuote e prive di senso.
Non schiumano di rabbia e odio. Non si rivolgono al cielo bramando un
contatto con dei, angeli, profeti, alieni o spiriti dei defunti. E non si
augurano che arrivi qualcuno a spiegare loro come vivere. Questo perché
già sanno come vivere, come diecimila anni fa lo sapevano tutti gli umani
sul pianeta. Ma la conoscenza di come vivere era qualcosa che i membri
della vostra cultura dovevano distruggere per rendersi padroni del mondo.
“Erano sicuri che sarebbero stati in grado di rimpiazzare ciò che
avevano distrutto con qualcosa di altrettanto efficace, e ci stanno provando
da allora, facendo un tentativo dopo l'altro, dando alla gente qualunque
cosa che secondo loro potrebbe riempire il vuoto. Storia e archeologia
raccontano una storia lunga cinquemila anni di una società Prendi dopo
l'altra che ha brancolato nel buio alla ricerca di qualcosa che potesse
placare e ispirare, divertire e distrarre, che potesse far dimenticare alla
gente la miseria che per qualche strana ragione non voleva andar via.
Feste, baldorie, cerimonie, riti e fiere, panem et circenses, l'onnipresente
speranza di ottenere potere, ricchezze e lussi, giochi, drammi, gare, sport,
guerre, crociate, intrighi politici, imprese cavalleresche, esplorazioni del
globo, onori, titoli, alcool, droghe, gioco d'azzardo, prostituzione, opera,
teatro, arti, governi, carriere, vantaggi politici, alpinismo, radio, televisio-
ni, film, intrattenimento, videogiochi, computer, informazione globale,
denaro, pornografia, conquista dello spazio – c'è qualcosa per tutti,
sicuramente, qualcosa che faccia sembrare la vita degna di essere vissuta,
qualcosa che riempia il vuoto, che ci possa ispirare e consolare. E naturalmente ha riempito il vuoto per molti di voi. Ma solo una frazione di voi
poteva sperare di ottenere i succedanei disponibili in ogni epoca, come
oggi solo una piccola percentuale di voi può sperare di vivere come le
persone che devono (sicuramente!) avere una vita degna di essere vissuta –
miliardari, stelle del cinema, campioni sportivi e supermodelle. La vasta
maggioranza di voi è sempre stata composta da indigenti. Hai familiarità
con questa parola?”
“Indigenti? Sì.”
“La vita tribale non era divisa in ricchi e indigenti. Perché la gente
avrebbe dovuto accettare una situazione simile a meno di non esservi
costretta? E finché non avete messo il cibo sotto chiave, non c'era modo di
costringere la gente ad accettarla. Ma la vita Prendi è sempre stata divisa in
ricchi e indigenti. Gli indigenti sono sempre stati la maggioranza, e come
avrebbero potuto scoprire la fonte delle proprie miserie? A chi avrebbero
potuto chiedere perché il mondo era ordinato in quel modo, in un modo
che favoriva una manciata di persone e lasciava la maggioranza a spaccarsi
la schiena solo per essere affamati, nudi e senzatetto? Avrebbero potuto
chiederlo ai loro governanti? Ai loro padroni? Ai loro capi? Certamente no.
“Circa duemilacinquecento anni fa, quattro distinte teorie che cercavano di rispondere a questa domanda cominciarono a svilupparsi. Probabilmente la teoria più antica è quella secondo cui il mondo sarebbe la
creazione di due divinità eternamente in conflitto, un dio della bontà e
della luce e un dio della malvagità e dell'oscurità. Questo sicuramente
sembrava spiegare un mondo costantemente diviso in persone che vivono
nella luce e persone che vivono nelle tenebre. Questa teoria era il fondamento dello Zoroastrismo, del Manicheismo e di altre religioni. Secondo
un'altra teoria, il mondo era la creazione di un gruppo di divinità che,
assorbite dai propri affari, lo avevano creato per soddisfare i propri interessi, e quando gli umani rimanevano coinvolti in essi potevano essere usati,
ricompensati, distrutti, violentati o ignorati, a seconda di ciò che gli dei
preferivano. Questa, naturalmente, era la teoria abbracciata dalla Grecia
classica e dall'antica Roma. Un'altra teoria affermava che la sofferenza sia
intrinseca alla vita stessa, che sia il destino inevitabile di tutti coloro che
vivono, e che la pace possa essere ottenuta solo da chi abbandoni ogni tipo
di desiderio. Questa fu la teoria donata al mondo da Gautama Budda.
Un'altra ancora diceva che il primo uomo, Adamo, quando viveva in
Mesopotamia alcuni millenni fa aveva disobbedito a Dio, aveva perso il
suo favore ed era stato scacciato dal paradiso e condannato a vivere per
sempre col sudore della fronte, miserabile, lontano da Dio e sempre incline
al peccato. La Cristianità costruì su questa base ebraica, fornendo un
messia che insegnò che nel Regno di Dio i primi sarebbero stati gli ultimi e
gli ultimi i primi – intendendo che i ricchi e gli indigenti si sarebbero
scambiati i ruoli. Durante la vita di Cristo e nei decenni successivi, la
maggior parte della gente pensò che il Regno di Dio sarebbe stato un regno
terreno governato da Dio stesso. Quando ciò non si materializzò, comunque, si teorizzò che il Regno di Dio fosse il Paradiso, accessibile solo dopo
la morte. Anche l'Islam costruì sulle fondamenta ebraiche, rigettando Gesù
come messia ma affermando che le opere buone sarebbero state ricompensate nella vita dopo la morte.
“Ma come sai, queste teorie non vi hanno mai davvero soddisfatto,
soprattutto nei secoli recenti, e forse ancora di meno negli ultimi decenni,
durante i quali il grande vuoto al centro delle vostre vite ha continuato a
ingoiare un flusso infinito di religioni, manie spirituali, guru, profeti, culti,
terapie e guarigioni mistiche – senza mai essere riempito.”
“Questo è sicuro”, gli dissi.
Ishmael mi diede una lunga occhiata cupa. “Forse ora capisci perché
così tante persone della vostra cultura guardano al cielo, cercando disperatamente un contatto con divinità, angeli, profeti, alieni e spiriti dei defunti.
Forse ora capisci perché così tante persone della vostra cultura hanno
fantasticherie come quella che mi hai descritto nella tua prima visita.”
“Sì, lo capisco.”
“Ora sai dove conduce la strada principale. Per quanto, naturalmente,
non finisca qui.”
“Be', sono contenta di sentirlo, finalmente”, dissi.
Una questione di dannatissimo orgoglio.
“Spero che tu ti renda conto che ho un milione di domande”, gli dissi
quando arrivai sabato, due giorni dopo.
“Me ne aspettavo alcune, sì”, disse Ishmael.
“Molte persone, ascoltando quello che mi hai insegnato fino a ora,
direbbero: 'Oh mio Dio, allora non c'è alcuna speranza per noi!'”
“E perché?”
“Be', non possiamo ricominciare a vivere nelle caverne, no?”
“Pochissimi popoli tribali vivevano in caverne, Julie.”
“Hai capito cosa voglio dire. Non possiamo ricominciare a vivere
tribalmente.”
Ishmael aggrottò le sopracciglia. “In realtà, non sono sicuro che sia
questo che intendi dire.”
“Va bene. Quello che intendo è: non possiamo tornare indietro e
ricominciare da capo. Non possiamo tornare a vivere come vivevamo
prima di diventare Prendi.”
“Ma che cosa intendi con questo, Julie? Intendi che non potete tornare a
vivere in un modo che funziona per le persone?”
“No. Immagino di voler dire che non possiamo tornare a essere cacciatori-raccoglitori.”
“Ovviamente non potete. Mi hai mai sentito fare una simile proposta?
Mi hai mai sentito fare anche solo il minimo inizio di un accenno a una
proposta simile?”
“No.”
“E non mi sentirai mai farlo. Una dozzina di pianeti come questo non
basterebbe a ospitare sei miliardi di cacciatori-raccoglitori umani. L'idea è
completamente assurda.”
“Ma allora cosa dovremmo fare?”, chiesi.
“Hai perso di vista il motivo per cui sei venuta da me, Julie. Sei venuta
per scoprire come le persone nel resto dell'universo riescono a vivere senza
divorare i loro mondi.”
“Esatto.”
“Ora lo sai, non è vero? Solo che non hai avuto bisogno di salire su
un'astronave per impararlo. Gli alieni che stavi cercando erano i vostri
antenati, che riuscirono tranquillamente a vivere qui per centinaia di
migliaia di anni senza divorare il mondo – i vostri antenati e i loro
discendenti culturali, i popoli tribali tuttora esistenti. Ciò che ti confonde è
che immagini che ti abbia mostrato quali sono le risposte, mentre invece ti
ho solo indicato dove cercarle. Pensi che stia dicendo: 'Comincia a vivere
come gli Hulla', mentre invece sto dicendo: 'Comprendi perché lo stile di
vita Hulla funzionava e continua a funzionare bene come sempre ovunque
esista ancora'. Voi Prendi vi sforzate da diecimila anni di inventare un
modo di vivere che funzioni, e finora avete completamente fallito. Avete
inventato milioni di cose che funzionano – aeroplani, tostapane, computer,
organi, navi a vapore, videoregistratori, orologi, bombe atomiche, giostre,
pompe idriche, luci elettriche, forbici e penne a sfera – ma uno stile di vita
efficace vi ha sempre elusi. E più membri comprende la vostra cultura, più
questo fallimento diventa evidente, diffuso e doloroso. Incontrate difficoltà
a costruire abbastanza prigioni da contenere tutti i vostri criminali. La
famiglia nucleare sta precipitando nell'oblio. L'incidenza di dipendenza da
stupefacenti, suicidio, malattie mentali, divorzi, abusi infantili, stupri e
omicidi seriali continua a crescere.
“Il fatto che non siate mai stati in grado di inventare uno stile di vita
che funzioni non è sorprendente. Fin dall'inizio, avete sottovalutato la
difficoltà di un compito simile. Perché lo stile di vita tribale funzionava,
Julie? Non intendo il meccanismo, intendo come aveva fatto a diventare
efficace?”
“Lo era diventato venendo messo alla prova fin dalla comparsa degli
esseri umani. Ciò che funzionava sopravviveva, e ciò che non funzionava
no.”
“Ma certo. Funzionava perché era stato sottoposto allo stesso processo
evolutivo che aveva prodotto stili di vita efficaci per scimpanzé, leoni,
cervi, api e castori. Non puoi semplicemente mettere insieme quello che ti
viene in mente e aspettarti che funzioni bene quanto un sistema testato e
raffinato per tre milioni di anni.”
“Sì, ora lo capisco.”
“Ma, strano a dirsi, quasi tutte le vostre improvvisazioni avrebbero
funzionato se...”
“Se cosa?”
“Questo è quello che voglio mi dica tu, Julie. Penso che tu possa
riuscirci. L'Impero Mesopotamico avrebbe funzionato sotto il Codice di
Hammurabi se... Cosa? La Diciottesima Dinastia d'Egitto avrebbe funzionato sotto la guida religiosamente ispirata di Akhenaton se... Cosa? La
Giudea e Israele avrebbero funzionato sotto il dominio dei re se... Cosa? Il
vasto Impero Persiano avrebbe funzionato quando Alessandro lo invase
se... Cosa? L'ancor più vasto Impero Romano avrebbe funzionato sotto la
Pax Romana di Cesare Augusto se... Cosa? Non esaminerò tutte le improvvisazioni di ogni era. Il mondo che conosci meglio, gli Stati Uniti d'America, funzionerebbe sotto quella che è presumibilmente la più illuminata
Costituzione della storia umana se... Cosa?”
“Se la gente fosse migliore.”
“Naturalmente. Tutto questo funzionerebbe perfettamente, Julie, se solo
la gente fosse migliore di quanto sia mai stata. Sareste una grande famiglia
felice, se solo foste migliori di quanto la gente sia mai stata. Le fazioni in
lotta nei Balcani si abbraccerebbero e farebbero pace. Saddam Hussein
smantellerebbe la sua macchina di guerra ed entrerebbe in un monastero. Il
crimine scomparirebbe da un giorno all'altro. Nessuno infrangerebbe
alcune legge. Potreste liberarvi di tribunali, forze di polizia e prigioni. Tutti
cesserebbero di fare solo i propri interessi e lavorerebbero insieme per
aiutare i poveri e liberare il mondo dalla fame, dal razzismo, dall'odio e
dall'ingiustizia. Potrei passare ore a elencare tutte le cose meravigliose che
avverrebbero... Se solo la gente fosse migliore di quanto sia mai stata.”
“Già, ne sono certa.”
“Questa era l'incredibile forza del modo di vivere tribale: che il suo
successo non dipendeva dal miglioramento delle persone. Funzionava per
le persone per come già erano – difettose, non illuminate, problematiche,
distruttive, egoiste, meschine, crudeli, avide e violente. E i Prendi non
sono mai arrivati neanche vicini a eguagliare un simile successo. In realtà,
non ci hanno mai nemmeno provato. Invece, hanno dato per scontato di
poter migliorare le persone, come se fossero prodotti mal fabbricati.
Hanno dato per scontato di poterli punire, ispirare o educare fino a renderli
migliori. E dopo diecimila anni di tentativi – senza il minimo successo –
non si sognerebbero mai di considerare un'altra strada.”
“No, è vero. Sono piuttosto sicura che la maggior parte della gente,
ascoltando tutto questo, direbbe comunque: 'Sì, va bene, ma abbiamo
davvero il dovere di provare a migliorare le persone. Possono essere
migliorate. E' solo che non abbiamo ancora capito come fare'. Oppure
direbbero: 'Dobbiamo comunque continuare a lavorarci. Prova a pensare a
quanto sarebbero peggiori le persone se non stessimo costantemente
cercando di migliorarle!'”
“Ho paura che tu abbia ragione, Julie.”
“Nonostante tutto questo”, dissi, “mi sento ancora persa. Cosa dobbiamo farci con questa conoscenza? Di sicuro non ti aspetti che ricominciamo
a utilizzare la tattica delle Rappresaglie Imprevedibili, vero?”
Ishmael mi fissò per due minuti buoni, ma non ne fui intimidita.
Sapevo che non era scontento di me, stava solo riflettendo su qualcosa.
Quando finì, iniziò a raccontare un'altra delle sue storie.
“Dall'inizio dei tempi, un ponte collegava due popoli che erano sempre
stati alleati. Era costruito sopra un fiume che in ogni altro punto era troppo
ampio per permettere la costruzione di un ponte. Quel punto sembrava
essere stato creato appositamente per quell'utilizzo, dato che entrambe le
rive presentavano una protuberanza rocciosa che ravvicinava le sponde.
Dopo molti secoli, comunque, si pensò che c'era bisogno di qualcosa di più
avanzato di un semplice ponte di legno per unire le due nazioni, e una
squadra di ingegneri disegnò dei piani per un ponte metallico che lo rimpiazzasse. Questo ponte fu debitamente costruito, ma dopo pochi decenni
crollò improvvisamente.
“Studiando le rovine, un'altra squadra di ingegneri decise che l'evidente
erosione che si poteva osservare era dovuta alla scarsa qualità del metallo
utilizzato dai costruttori. Il ponte venne quindi ricostruito, usando i
migliori materiali disponibili, ma crollò di nuovo dopo appena quarant'anni. Un'altra squadra di ingegneri fu messa insieme per studiare il problema,
e questa volta si concentrò sui progetti originali, che considerò pieni di
gravi difetti. Disegnò nuovi progetti e costruì un nuovo ponte – che crollò
di nuovo, stavolta dopo appena trent'anni.
“Finora avevano costruito ponti continui sostenuti da due piloni nel
fiume. Decisero di rimpiazzare questo modello con un ponte a sbalzo
dotato di vari piloni di sostegno, che erano sicuri avrebbe risolto il problema. Quando crollò anch'esso dopo soli trent'anni, decisero di provare a
costruirne uno a via intermedia. Questo sembrò un miglioramento, quindi
quando crollò dopo quarant'anni provarono a costruirne uno via superiore.
Questo durò solo venticinque anni, quindi il successivo provarono a
costruirlo sospeso, poi strallato, ed entrambi durarono solo venticinque
anni.
“I costruttori del ponte di legno originario erano scomparsi da secoli,
naturalmente, ma un giorno uno studente delle loro tecniche si fece avanti
e spiegò perché i ponti di metallo degli ingegneri si rivelavano sempre così
fragili. 'Il traffico sul ponte fa vibrare il metallo', disse. 'Questo è ovvio.
Questa vibrazione è trasmessa alle rocce che state usando come sostegni, e
anche questo è ovvio. Quello che non ci si aspetterebbe è la potente
risonanza che queste vibrazioni scatenano in queste particolari rocce.
Questa risonanza, ritrasmessa al ponte dal metallo, è ciò che ne causa il
crollo in così breve tempo. Il ponte originario, essendo fatto di legno, non
trasmetteva quasi nessuna vibrazione alle rocce, quindi non generava
alcuna risonanza. Ecco perché il ponte originario è durato così a lungo e
sarebbe in realtà ancora intatto, se non lo aveste smantellato'.
“Non c'è bisogno di dirlo, gli ingegneri non furono affatto contenti di
questa spiegazione. Lungi dall'essere grati allo studente, dissero: 'Be', che
cosa proponi che facciamo? Stai suggerendo che ricostruiamo il ponte di
legno?'”
Ishmael mi diede una lunga occhiata interrogativa, che gli restituii per
un paio di minuti mentre riflettevo su tutto questo. Alla fine dissi: “Be',
non stava suggerendo che ricostruissero il ponte di legno?”
“Certamente no, Julie. Stava cercando di fornire il pezzo mancante del
puzzle che stava sconcertando quegli ingegneri, cosicché potessero comin-
ciare a pensare in modo produttivo. Dovrei aggiungere, comunque, che dei
veri ingegneri non continuerebbero a costruire un ponte dopo l'altro in
modo così sciocco. Né reagirebbero a questa nuova informazione come
hanno fatto gli ingegneri della mia storia. Al contrario, mi aspetterei che
dei veri ingegneri sarebbero positivamente ispirati da quest'informazione,
dato che la sua mancanza aveva bloccato ogni possibilità di successo.
Quest'informazione rende esplorabili molte strade che altrimenti sarebbero
rimaste ignote.”
“Capisco. Immagino di non capire quali strade hai reso esplorabili a me
– o, come continui a dire, alla gente della mia cultura.”
Ishmael ci rimuginò per un po', poi disse: “Immagina, Julie, che
fossimo in grado di intraprendere il viaggio nello spazio di cui hai
fantasticato. E immagina che trovassimo un pianeta dove persone molto
simili a voi avessero uno stile di vita soddisfacente e sostenibile che aveva
funzionato per loro per centinaia di migliaia di anni. E immagina che
potessimo catturare al lazo questo pianeta e trascinarlo fino alla Terra,
dove tutti voi potreste studiarlo a volontà. Lo osserveresti e diresti che non
c'è nulla da esplorare?”
“No.”
“Per favore, spiegami che differenza c'è.”
“Immagino di non voler vivere come le persone vivevano diecimila
anni fa.”
Il suo sopracciglio destro scattò verso l'alto. “Scusami se ti fisso, Julie,
ma sei stata così razionale fino a ora.”
“Non sono irrazionale, sono sincera.”
Scosse le testa. “Stai rifiutando una proposta che non ti è mai stata
fatta, Julie – e questo difficilmente può essere definito razionale. Non ti ho
mai chiesto di vivere come le persone vivevano diecimila anni fa. Non ho
mai nemmeno accennato a una cosa simile. Se ti dicessi che i biochimici di
un'università gesuita hanno scoperto una cura per il cancro, la rifiuteresti
dicendo che non vuoi diventare gesuita?”
“No.”
“Allora, di nuovo, per favore spiegami che differenza c'è.”
“Non vedo in cosa ciò di cui stai parlando sia simile a una cura per il
cancro.”
Mi studiò con gravità per alcuni istanti, poi disse: “Forse dovresti
passare un'oretta a guardare la tappezzeria o a fare qualunque cosa tu
faccia quando ti serve una pausa.”
Saltai giù dalla poltrona e andai a esaminare i libri nella vecchia
scalcinata libreria di Ishmael. Aprii perfino un paio di volumi nella
speranza che qualche brillante citazione saltasse fuori dalle pagine, ma non
successe nulla. Dopo dieci minuti tornai alla poltrona e mi sedetti.
“E' una questione di dannatissimo orgoglio”, gli dissi.
“Vai avanti.”
“Se avessimo a disposizione un pianeta abitato da una razza aliena –
feci per dire una razza aliena avanzata – sarebbe una cosa. Sarebbe tollerabile che sapessero qualcosa che noi ignoriamo. Ciò che non è tollerabile
è che lo sappiano questi maledetti selvaggi.”
“Lo capisco, Julie. Almeno credo. Ma ecco che cosa devi capire. Qui
noi non stiamo esaminando ciò che questi popoli sanno. Potresti sederti e
discutere con ogni individuo tribale del pianeta della vita tribale e nessuno
di loro sarebbe in grado di articolare la strategia delle Rappresaglie Imprevedibili. Ma una volta che tu la articolassi a loro, la riconoscerebbero
immediatamente e probabilmente direbbero qualcosa come: 'Be', lo sapevamo già questo. Non l'abbiamo detto perché era scontato e non credevamo ci fosse bisogno di dirlo'. E io sono d'accordo. C'è voluta una delle
menti scientifiche più grandi della storia umana per articolare il fatto che
oggetti privi di sostegno cadono verso il centro della Terra, qualcosa che
qualunque bambino di cinque anni sa – o crederebbe sicuramente di sapere
se gliene parlassi.”
“Non sono sicura di dove vuoi arrivare.”
“Neanch'io, a essere onesto. Dovrai essere paziente mentre cerco delle
risposte che ti possano soddisfare... Scienziati di varie discipline sono
interessati alla bioluminescenza, la produzione di luce da parte di creature
viventi, ma nessuno di loro sta cercando di scoprire che cosa queste
creature sappiano sul produrre luce. Ciò che sanno a riguardo è ininfluente. Non molto tempo fa abbiamo esaminato il comportamento che permette
al topo Peromyscus leucopus di vivere in modo efficace. Ma non stavamo
cercando di capire che cosa il Peromyscus leucopus sapesse sul vivere in
modo efficace. E' chiaro questo?”
“Sì.”
“Lo stesso vale per la nostra discussione attuale. Non siamo interessati
a ciò che i Lascia sanno su come vivere, non più di quanto siamo interessati a ciò che le creature bioluminescenti sanno sul produrre luce. Il soggetto del nostro studio non è la loro conoscenza, è il loro successo.”
“D'accordo. Lo capisco. Quello che non capisco è che cosa abbia a che
fare il loro successo con noi.”
Ishmael annuì. “Questo è proprio il motivo per cui non l'avete mai
studiato, Julie. Non vi è mai sembrato rilevante studiare dei popoli il cui
unico risultato è stato vivere per tre milioni di anni su questo pianeta senza
divorarlo. Ma mentre vi avvicinate al punto di non ritorno nel vostro
viaggio verso l'estinzione, questo studio vi sembrerà presto molto rilevante.”
“Sì, capisco che cosa intendi. Più o meno.”
“E' ben noto che i vichinghi visitarono il Nuovo Mondo cinquecento
anni prima di Colombo. Ma i contemporanei dei vichinghi non rimasero
elettrizzati da questa scoperta, perché per loro era irrilevante. Avresti
potuto urlarla da ogni tetto, e la gente si sarebbe chiesta perché ti sembrava
una faccenda tanto importante. Ma quando Colombo riscoprì il Nuovo
Mondo, cinquecento anni dopo, i suoi contemporanei rimasero elettrizzati.
La scoperta di un nuovo continente adesso era davvero molto rilevante.
Finora, Julie, sono stato come Leif Eriksson che si aggirasse da solo in un
vasto, incredibile continente di cui a nessuno importa nulla e di cui nessuno vuole sentir parlare. Questo continente è stato accessibile e disponibile
ai vostri filosofi, educatori, economisti e politologi per oltre un secolo, ma
nessuno di loro gli ha mai riservato più di un'occhiata annoiata. La sua
esistenza non provoca in loro altro che sbadigli. Ma io sento che le cose
stanno cominciando a cambiare. La tua comparsa qui in questa stanza è un
segno di cambiamento – e come ricorderai, me lo sono quasi fatto sfuggire
io stesso. Sento che sempre più persone cominciano a essere allarmate a
causa della vostra caduta verso la catastrofe. Sento che sempre più persone
stanno cercando nuove idee.”
“Già. Ma sfortunatamente, sempre più persone stanno anche cercando
sempre più esotiche forme di mumbo-jumbo.”
“E' normale, Julie. State sperimentando l'equivalente di un collasso
culturale. Per diecimila anni avete creduto di essere in possesso dell'unico
modo giusto di vivere per gli esseri umani. Ma negli ultimi tre decenni,
questa convinzione è divenuta sempre più insostenibile ogni anno che
passava. Potrebbe sembrarti bizzarro, ma sono gli uomini della vostra
cultura a essere colpiti più duramente dal fallimento della vostra mitologia
culturale. Essi hanno (e hanno sempre avuto) un investimento molto più
grande nella correttezza della vostra rivoluzione. Nei prossimi anni, man
mano che i segni del collasso diverranno sempre più inequivocabili, li
vedrai trovare rifugio nel mondo del successo maschile surrogato: il
mondo dello sport. E, molto più gravemente, li vedrai vendicarsi in modo
sempre più pesante delle proprie delusioni sul mondo intorno a loro –
soprattutto sulle donne intorno a loro.”
“Perché sulle donne?”
“Il sogno Prendi è sempre stato un sogno maschile, Julie, e gli uomini
della vostra cultura immaginano che il crollo di questo sogno li devasterà
lasciando le donne relativamente indenni.”
“E non lo farà?”
Ishmael ci rifletté un attimo prima di rispondere. “I detenuti della
prigione Prendi ricostruiscono la propria prigione dalle fondamenta a ogni
generazione, Julie. Tua madre e tuo padre hanno fatto la loro parte e
continuano a farla. Tu personalmente, mentre vai diligentemente a scuola e
ti prepari a prendere il tuo posto nel mondo del lavoro, sei impegnata a
costruire la prigione per la tua generazione. Quando sarà finita, sarà il
lavoro di tutti voi, uomini e donne. Tuttavia, le donne della vostra cultura
non sono mai state tanto entusiaste di questa prigione quanto gli uomini –
ci hanno raramente guadagnato quanto gli uomini.”
“Stai dicendo che gli uomini dirigono la prigione?”
“No. Finché il cibo rimane sotto chiave, la prigione si dirige da sola. I
prigionieri si governano da soli. Gli viene permesso di farlo e di vivere
come preferiscono all'interno della prigione. Per la maggior parte, questi
prigionieri hanno scelto di essere governati da degli uomini – o hanno
lasciato che avvenisse – ma questi uomini non governano la prigione
stessa.”
“Che cos'è la prigione, allora?”
“La prigione è la vostra cultura, che mantenete in vita generazione dopo
generazione. Tu stessa stai imparando dai tuoi genitori come essere una
prigioniera. I tuoi genitori l'hanno imparato dai loro genitori e così via,
risalendo fino all'inizio, nella Mezzaluna Fertile, diecimila anni fa.”
“Come fermiamo tutto questo?”
“Imparando qualcosa di diverso, Julie. Rifiutandoti di insegnare ai tuoi
figli come essere prigionieri. Interrompendo il circolo. E' per questo che
quando la gente mi chiede che cosa fare, io rispondo: 'Insegnate ad altri ciò
che avete imparato qui'. Troppo spesso, comunque, mi dicono: 'Sì, va bene,
ma che cosa dovremmo fare?' Quando sei miliardi di voi si rifiuteranno di
insegnare ai loro figli come essere prigionieri della cultura Prendi, questo
vostro orribile sogno finirà – in una sola generazione. Può continuare solo
finché voi lo perpetuate. La vostra cultura non ha un'esistenza indipendente – non esiste al di fuori di voi – e se smettete di perpetuarla, scomparirà.
Dovrà scomparire, come una fiamma a corto di carburante.”
“D'accordo, ma cosa accadrebbe in quel caso? Non puoi semplicemente
smettere di insegnare qualunque cosa ai tuoi figli, no?”
“Certo che no, Julie. Non puoi non insegnare loro nulla. Invece, devi
insegnare loro qualcosa di nuovo. E per insegnare qualcosa di nuovo, devi
prima impararlo tu stessa. E' per questo che sei qui.”
“Ho capito”, dissi.
Confusione scolastica.
“Mi rendo conto, Julie, che devo mostrarti come esplorare questo
nuovo continente in cui ti ho portata.”
“Sono felice di sentirlo”, gli dissi.
“Forse ti piacerebbe sapere come ho cominciato a esplorarlo io.”
“Mi piacerebbe davvero molto.”
“Domenica scorsa ho nominato Rachel Sokolow, la persona che mi
aveva reso possibile rimanere in questo edificio. Non è necessario che tu
sappia come avvenne, ma conoscevo Rachel fin dall'infanzia – comunicavo con lei come sto facendo con te ora. Non sapevo nulla del vostro
sistema educativo quando Rachel cominciò ad andare a scuola. Non avevo
mai avuto alcun motivo di dedicargli nemmeno un pensiero fugace. Come
la maggior parte delle bambine di cinque anni, era eccitatissima dalla
prospettiva di andare finalmente a scuola, e io ero eccitato per lei, immaginando (come lei) che la stesse aspettando un'esperienza meravigliosa. Fu
solo dopo diversi mesi che cominciai a notare che la sua eccitazione stava
svanendo – e continuò a svanire mese dopo mese, anno dopo anno. Arrivata in terza elementare, era ormai totalmente annoiata e contenta di avere
una scusa per saltare un giorno di scuola. Ti sembra strano?”
“Come no”, dissi con una risata amara. “La notte scorsa appena ottanta
milioni di ragazzini sono andati a dormire pregando per due metri di neve
in modo che le scuole chiudessero.”
“Attraverso Rachel, divenni uno studioso del vostro sistema educativo.
In pratica, andai a scuola con lei. La maggior parte degli adulti della vostra
società sembrano aver dimenticato che cosa provavano quando andavano a
scuola da bambini. Se fossero costretti a riviverlo attraverso gli occhi dei
loro figli, credo che ne rimarrebbero sconcertati e orripilati.”
“Sì, penso anch'io.”
“La prima cosa che si nota è quanto la scuola reale sia lontana
dall'ideale di 'risvegliare giovani menti'. Gli insegnanti sarebbero perlopiù
deliziati di poter davvero risvegliare giovani menti, ma il sistema in cui
devono lavorare ostacola quel desiderio alla radice insistendo che tutte le
menti debbano venire risvegliate nello stesso ordine, con gli stessi
strumenti e allo stesso ritmo, secondo un certo programma. L'insegnante
ha il compito di portare l'intera classe fino a un punto predeterminato del
piano di studi entro un certo tempo prestabilito, e gli studenti imparano
rapidamente come aiutare l'insegnante in questa missione. In un certo
senso, questa è la prima cosa che devono imparare. Alcuni la imparano
rapidamente e con facilità, altri in modo lento e faticoso, ma alla fine la
imparano tutti. Hai idea di che cosa sto parlando?”
“Penso di sì.”
“Che cosa hai imparato a fare tu per aiutare i tuoi insegnanti con il loro
lavoro?”
“A non fare domande.”
“Spiegati un po' meglio, Julie.”
“Se alzi la mano e dici: 'Accidenti, professoressa Smith, non ho capito
una sola parola di quello che ha detto oggi', la professoressa Smith ti
odierà. Se alzi la mano e dici: 'Accidenti, professoressa Smith, non ho
capito una sola parola di quello che ha detto in tutta la settimana', la
professoressa Smith ti odierà cinque volte di più. E se alzi la mano e dici:
'Accidenti, professoressa Smith, non ho capito una sola parola di quello
che ha detto in tutto l'anno', la professoressa Smith tirerà fuori una pistola
e ti sparerà.”
“Quindi l'idea è di dare l'impressione che tu abbia capito tutto, che sia
vero o no.”
“Esatto. L'ultima cosa che l'insegnante vuole ascoltare è che non hai
capito qualcosa.”
“Ma hai cominciato nominando la regola del non fare domande. Non
l'hai davvero spiegata.”
“Non fare domande significa... Non tirare in ballo un argomento solo
perché ti incuriosisce. Voglio dire, per esempio, immagina di star studiando le maree. Non alzi la mano per chiedere se è vero che la gente matta
tende a essere più matta durante la luna piena. Avrei potuto immaginare di
fare una cosa simile all'asilo, ma alla mia età sarebbe tabù. D'altro canto,
ad alcuni insegnanti piace essere distratti da alcuni tipi di domande. Se
hanno una fissazione, coglieranno al volo qualunque opportunità di parlarne, e gli studenti se ne accorgono immediatamente.”
“Perché vogliono che l'insegnante parli delle proprie fissazioni?”
“Perché è meglio che ascoltarlo spiegare come una legge viene approvata dal Congresso.”
“In che altro modo aiuti i tuoi insegnanti con i loro compiti?”
“Mai dirti in disaccordo. Mai sottolineare le incongruenze. Mai fare
domande che vadano oltre ciò che ti è stato insegnato. Mai far capire che
non ci stai capendo niente. Dai sempre l'impressione di capire ogni parola.
Si tratta sempre della stessa cosa, fondamentalmente.”
“Capisco”, disse Ishmael. “Di nuovo, sottolineo che questo è un difetto
del sistema stesso e non degli insegnanti, il cui obbligo supremo è di
'andare avanti col programma'. Tu capisci che, a dispetto di tutto questo, il
vostro è il sistema educativo più avanzato del mondo. Funziona molto
male, ma è comunque il più avanzato che ci sia.”
“Sì, me ne rendo conto. Vorrei che sogghignassi o qualcosa del genere
quando fai dell'ironia.”
“Non sono sicuro che potrei fare un'espressione simile, Julie... Tornando alla mia storia, guardai Rachel marciare attraverso i suoi anni scolastici
(e dovrei aggiungere che frequentava una costosissima scuola privata –
l'élite dell'élite). Mentre lo facevo, cominciai a mettere in relazione ciò che
stavo osservando con ciò che già sapevo del modo di funzionare della
vostra cultura e di quello delle culture rispetto alle quali siete tanto più
avanzati. A quel punto, non avevo sviluppato nessuna delle teorie che mi
hai sentito esprimere finora. Nelle società che considerate primitive, i
giovani escono dall'infanzia a tredici o quattordici anni, e per quell'età
hanno già imparato praticamente tutto ciò di cui hanno bisogno per essere
adulti efficienti nelle loro comunità. Hanno imparato così tanto, in realtà,
che se il resto della comunità scomparisse da un giorno all'altro, loro
sarebbero in grado di sopravvivere senza la minima difficoltà. Saprebbero
come creare gli utensili per andare a caccia e a pesca. Saprebbero come
costruirsi vestiti e rifugi. A tredici o quattordici anni, la loro percentuale di
sopravvivenza è del cento percento. Immagino che tu capisca cosa intendo.”
“Certo.”
“Nel vostro avanzatissimo sistema, i giovani completano la scuola a
diciott'anni e la loro percentuale di sopravvivenza è virtualmente dello zero
percento. Se il resto della comunità scomparisse da un giorno all'altro e
rimanessero da soli, dovrebbero essere molto fortunati per sopravvivere.
Senza strumenti e utensili – e senza nemmeno sapere come fabbricarli –
non potrebbero cacciare o pescare efficacemente (o affatto). E la maggior
parte di loro non avrebbe idea di quali piante selvatiche sono commestibili.
Non saprebbero come ricavare vestiti o costruirsi un riparo.”
“E' vero.”
“Quando i giovani della vostra cultura completano la scuola (a meno
che le loro famiglie non continuino a prendersene cura) devono immediatamente trovare qualcuno che dia loro denaro per poter comprare le cose di
cui hanno bisogno per sopravvivere. In altre parole, devono trovare lavoro.
Dovresti essere in grado di spiegare perché è così.”
Annuii. “Perché il cibo è sotto chiave.”
“Precisamente. Voglio farti vedere la connessione tra queste due cose.
Dato che non hanno alcuna capacità di sopravvivenza, devono trovare un
lavoro. Non possono farne a meno, a meno di non essere ricchi. O si
trovano un lavoro, o fanno la fame.”
“Sì, lo capisco.”
“Sono sicuro che ti rendi conto di come gli adulti della vostra società
ripetano in continuazione che le vostre scuole fanno un pessimo lavoro.
Sono le più avanzate nella storia del mondo, ma fanno comunque un
pessimo lavoro. In che modo le vostre scuole deludono le vostre aspettative, Julie?”
“Dio, non lo so. Non è qualcosa che mi interessi molto. Mi limito a
smettere di ascoltare quando la gente comincia a parlare di queste cose.”
“Andiamo, Julie. Non devi ascoltare molto attentamente per sapere
questo.”
Gemetti. “I risultati dei test sono pietosi. La scuola non prepara gli
studenti al lavoro. La scuola non prepara gli studenti in modo che possano
avere una buona vita. Immagino che alcune persone direbbero che la
scuola dovrebbe conferirci delle capacità di sopravvivenza. Dovremmo
essere in grado di avere successo una volta diplomati.”
“E' a questo che serve la scuola, no? A preparare i bambini in modo che
possano avere successo nella vostra società.”
“Esatto.”
Ishmael annuì. “Questo è ciò che insegna Madre Cultura, Julie. E' uno
dei suoi inganni più eleganti. Perché naturalmente non è affatto a questo
che serve la scuola.”
“E a che serve, allora?”
“Mi ci sono voluti diversi anni per capirlo. A quell'epoca non ero
abituato a smascherare questi inganni. Quello fu il mio primo tentativo, e
mi ci volle un bel po'. La scuola esiste, Julie, per regolare il flusso di
giovani competitori nel mercato del lavoro.”
“Accidenti”, dissi. “Capisco.”
“Centocinquant'anni fa, quando gli Stati Uniti erano ancora una società
largamente agraria, non c'era motivo di tenere i giovani fuori dal mercato
del lavoro dopo l'età di otto o dieci anni, e non era insolito per i bambini
lasciare la scuola a quell'età. Solo una piccola minoranza andava al college
per imparare una professione. Con l'aumentare dell'urbanizzazione e
dell'industrializzazione, comunque, questo stato di cose cominciò a
cambiare. Alla fine del diciannovesimo secolo, otto anni di scuola stavano
diventando la regola anziché l'eccezione. Man mano che l'urbanizzazione
e l'industrializzazione continuavano ad accelerare negli anni Venti e
Trenta, dodici anni di scuola divennero la regola. Dopo la Seconda Guerra
Mondiale, lasciare la scuola prima di dodici anni cominciò ad essere
fortemente scoraggiato, e si cominciò a suggerire che altri quattro anni di
college non avrebbero più dovuto essere un'esclusiva dell'élite. Tutti
avrebbero dovuto andare al college, almeno per un paio d'anni. Sì?”
Stavo agitando la mano in aria. “Ho una domanda. Mi sembra che
urbanizzazione e industrializzazione avrebbero dovuto avere l'effetto
opposto. Anziché tenere i giovani fuori dal mercato del lavoro avrebbero
dovuto provare a inserirceli.”
Ishmael annuì. “Sì, a prima vista suona plausibile. Ma immagina che
cosa succederebbe oggi se i vostri educatori decidessero che un'educazione
liceale non è più necessaria.”
Ci riflettei alcuni secondi e dissi: “Sì, capisco che intendi. Improvvisamente ci sarebbero venti milioni di ragazzini che competerebbero per
lavori che non esistono. Il tasso di disoccupazione arriverebbe al soffitto.”
“Sarebbe letteralmente catastrofico, Julie. Vedi, non è solo essenziale
tenere i ragazzi dai quattordici ai diciotto anni fuori dal mercato del lavoro,
è anche essenziale tenerli a casa come consumatori non retribuiti.”
“Che significa?”
“Questo gruppo demografico fa spendere ai genitori una quantità
enorme di denaro – duecento miliardi di dollari all'anno, si stima – per
libri, vestiti, giochi, moda, cd e cose simili progettate specificamente per
loro e per nessun altro. Molte industrie enormi dipendono dai consumatori
adolescenti. Devi esserne consapevole.”
“Sì, immagino di sì. Solo che non ci avevo mai pensato in questi
termini.”
“Se questi adolescenti dovessero improvvisamente essere dei lavoratori
e non potessero più far spendere miliardi di dollari ai genitori, queste
industrie mirate ai giovani scomparirebbero da un giorno all'altro, creando
altri milioni di competitori nel mercato del lavoro.”
“Capisco cosa intendi. Se i quattordicenni dovessero mantenersi da soli,
non spenderebbero i loro soldi in scarpe Nike, videogiochi e cd.”
“Cinquant'anni fa, Julie, gli adolescenti andavano a vedere gli stessi
film degli adulti e indossavano gli stessi vestiti degli adulti. La musica che
ascoltavano non era scritta e interpretata appositamente per loro, era
musica scritta e interpretata per gli adulti – da adulti come Cole Porter,
Glenn Miller e Benny Goodman. Per essere alla moda nel dopoguerra, le
ragazze adolescenti indossavano le camicie bianche da lavoro dei loro
padri. Una cosa simile non avverrebbe mai oggi.”
“Questo è sicuro.”
Ishmael tacque per alcuni minuti, poi disse: “Poco fa hai parlato di
ascoltare un insegnante spiegare come una legge viene approvata al
Congresso. Assumo che tu l'abbia davvero studiato a scuola.”
“Esatto. In educazione civica.”
“Sapresti spiegarmi come una legge viene approvata al Congresso?”
“Non ne ho la più vaga idea, Ishmael.”
“Sei stata interrogata a riguardo?”
“Sono sicura di sì.”
“E hai risposto bene?”
“Ma certo. Prendo sempre buoni voti.”
“Quindi tu hai 'imparato' come una legge viene approvata al Congresso,
hai superato un'interrogazione sull'argomento e poi ti sei dimenticata
tutto.”
“Esatto.”
“Puoi dividere due frazioni tra di loro?”
“Penso di sì.”
“Fammi un esempio.”
“Be', vediamo. Hai mezza torta e vuoi dividerla in tre parti uguali. Ogni
parte sarà un sesto di torta.”
“Questo è un esempio di moltiplicazione, Julie. Un mezzo per un terzo
uguale un sesto.”
“Già, è vero.”
“Hai studiato come dividere le frazioni in quarta elementare, probabilmente.”
“Ricordo vagamente.”
“Prova ancora se puoi pensare a un esempio di divisione frazionaria.”
Ci provai e dovetti ammettere che era oltre le mie capacità.
“Se dividi mezza torta per tre, ottieni un sesto di torta. Questo è chiaro.
Se dividi mezza torta per due, ottieni un quarto di torta. Se dividi mezza
torta per uno, che cosa ottieni?”
Lo fissai vacua.
“Se dividi mezza torta per uno ottieni mezza torta, naturalmente. Ogni
numero diviso per uno dà come risultato lo stesso numero.”
“Esatto.”
“Quindi che cosa ottieni se dividi mezza torta per un mezzo?”
“Oh. Una torta intera?”
“Naturalmente. E che cosa ottieni se dividi mezza torta per un terzo?”
“Tre metà. Credo. Una torta e mezzo.”
“Esatto. In quarta elementare hai passato settimane cercando di padroneggiare questo concetto, ma naturalmente è di gran lunga troppo astratto
per alunni di quell'età. Presumibilmente, però, hai passato l'interrogazione.”
“Sono sicura di sì.”
“Quindi hai imparato quel tanto che bastava per superare l'interrogazione, e poi ti sei subito scordata tutto. Sai perché te lo sei scordata?”
“Me lo sono scordata perché... A chi importa?”
“Esatto. Te lo sei scordata per lo stesso motivo per cui ti sei scordata
come una legge viene approvata al Congresso: perché non hai nessun uso
per quest'informazione nella tua vita quotidiana. Le persone raramente si
ricordano cose che non gli servono.”
“E' vero.”
“Quanto ti ricordi di ciò che hai studiato a scuola l'anno scorso?”
“Quasi nulla, credo.”
“Pensi di essere diversa dai tuoi compagni in questo?”
“Niente affatto.”
“Quindi la maggior parte di voi non si ricorda quasi niente di ciò che
impara a scuola da un anno all'altro.”
“Esatto. Ovviamente sappiamo come leggere, scrivere e fare semplice
aritmetica – la maggior parte di noi, almeno.”
“Il che prova ciò che ho detto, no? Leggere, scrivere e fare semplice
aritmetica sono cose che utilizzate nella vostra vita quotidiana.”
“Sì, è sicuramente vero.”
“Ecco una domanda interessante per te, Julie. I vostri insegnanti si
aspettano che vi ricordiate tutto ciò che avete studiato l'anno scorso?”
“No, non credo. Si aspettano che ci ricordiamo di averne sentito
parlare. Se l'insegnante dice 'forze di marea', si aspetta che tutti annuiscano e dicano: 'Sì, le abbiamo studiate l'anno scorso'.”
“Sai come operano le forze di marea, Julie?”
“Be', so che cosa sono. Ma che gli oceani formino dei rigonfiamenti su
entrambi i lati del pianeta allo stesso tempo non ha alcun senso, per quanto
mi riguarda.”
“Ma questo non l'hai detto al tuo insegnante.”
“Naturalmente no. Credo di aver preso 97 in quel test. Mi ricordo il
voto meglio della materia.”
“Ma ora sei in grado di capire perché spendete letteralmente anni della
vostra vita a scuola imparando cose che vi dimenticate istantaneamente
appena avete passato i test.”
“Lo sono?”
“Lo sei. Fai un tentativo.”
Feci un tentativo. “Devono darci qualcosa da fare negli anni in cui
veniamo tenuti fuori dal mercato del lavoro. E devono fare in modo che
sembri importante. Deve sembrare qualcosa di davvero utile. Non possono
semplicemente lasciarci fumare e ascoltare musica per dodici anni.”
“Perché no, Julie?”
“Perché non sembrerebbe giusto. La sceneggiata verrebbe smascherata.
Il segreto sarebbe allo scoperto. Tutti saprebbero che siamo lì solo per
ammazzare il tempo.”
“Quando hai elencato i motivi per cui secondo la gente della vostra
cultura la scuola non funziona, hai detto che non riesce a preparare la gente
per il mondo del lavoro. Perché pensi che sia così scadente in questo?”
“Perché? Non lo so. Non sono nemmeno sicura di capire la domanda.”
“Ti sto spingendo a rifletterci su come farei io.”
“Oh”, dissi. Fu il massimo che riuscii a fare per circa tre minuti. Poi
ammisi che non avevo idea di come riflettere su questo argomento come
avrebbe fatto lui.
“Che cosa pensa la gente di questo fallimento della scuola, Julie?
Questo ti farà capire che cosa insegna Madre Cultura a riguardo.”
“La gente pensa che la scuola sia incompetente. Ecco cosa credo che
pensi.”
“Prova a darmi qualcosa di cui sei più sicura.”
Ci lavorai per un po' e poi dissi: “I ragazzi sono pigri e le scuole sono
incompetenti e finanziate in modo inadeguato.”
“Bene. Questo è proprio quello che insegna Madre Cultura. Che cosa
farebbero le scuole se avessero più soldi?”
“Se avessero più soldi potrebbero assumere insegnanti migliori, o
pagarli di più, e immagino che la teoria sia che i soldi in più spingerebbero
gli insegnanti a fare un lavoro migliore.”
“E riguardo la pigrizia dei ragazzi?”
“Parte di quel denaro verrebbe speso per comprare nuove strumentazioni e libri migliori e carta da parati più bella, e i ragazzi non sarebbero più
pigri come prima. Qualcosa del genere.”
“Immaginiamo che queste scuole migliorate comincino a sfornare
diplomati migliori e più competenti. Che cosa succederebbe allora?”
“Non so. Credo che troverebbero lavoro più facilmente.”
“Perché, Julie?”
“Perché hanno capacità migliori. Sanno come fare ciò che vogliono i
datori di lavoro.”
“Eccellente. Quindi Johnny Smith non dovrà lavorare come cassiere in
un supermercato, giusto? Potrà farsi assumere direttamente come assistente manager.”
“Esatto.”
“E questo è fantastico, vero?”
“Sì, penso di sì.”
“Ma sai, il fratello maggiore di Johnny Smith si è diplomato quattro
anni fa, prima che le scuole migliorassero.”
“Quindi?”
“Anche lui è andato a lavorare in quel supermercato. Ma naturalmente,
non avendo capacità particolari, ha dovuto cominciare come cassiere.”
“Oh. Giusto.”
“E adesso, dopo quattro anni, vuole anche lui quel lavoro di assistente
manager.”
“Oh-oh”, dissi.
“E poi c'è Jennie Jones, un'altra diplomata migliorata. Non deve
accontentarsi di un misero lavoro da assistente contabile, può diventare
direttamente una dirigente. E questo è grandioso, vero?”
“Lo è, fino a questo punto.”
“Ma sua madre ha ricominciato a lavorare alcuni anni fa, e non avendo
capacità particolari ha dovuto cominciare come assistente contabile. Ora è
pronta a essere promossa a dirigente.”
“Male.”
“Quanto pensi che piaceranno alla vostra gente queste nuove scuole che
preparano la gente per lavori migliori?”
“Per niente.”
“Ora capisci perché la scuola fa un lavoro così scadente nel preparare
gli studenti a lavorare?”
“Certo. I diplomati devono cominciare dal fondo della scala.”
“Quindi, come vedi, le vostre scuole stanno facendo proprio quello che
volete che facciano. La gente crede di voler vedere i figli entrare nel
mercato del lavoro con capacità davvero utili, ma se lo facessero davvero
comincerebbero immediatamente a competere con i loro fratelli e le loro
sorelle maggiori e con i loro genitori per gli stessi lavori, e questo sarebbe
catastrofico. E se i diplomati uscissero di scuola con capacità migliori, chi
starebbe alle casse dei supermercati, Julie? Chi spazzerebbe le strade? Chi
pomperebbe la benzina? Chi si occuperebbe delle archiviazioni? Chi
cuocerebbe gli hamburger?”
“Immagino che diventerebbe una questione di età.”
“Vuoi dire che diresti a Johnny Smith e a Jennie Jones che non possono
avere i lavori che vogliono non perché ci sono altri più qualificati di loro,
ma perché c'è gente più anziana.”
“Esatto.”
“Ma allora che senso ha dare a Johnny e Jennie capacità che li rendono
in grado di svolgere quei lavori?”
“Così le avranno quando verrà il momento di usarle.”
“Come hanno acquisito queste capacità i loro genitori, i loro fratelli e le
loro sorelle maggiori?”
“Lavorando, immagino.”
“Cioè stando alla cassa, spazzando le strade, pompando benzina,
occupandosi delle archiviazioni e cuocendo hamburger.”
“Sì, immagino di sì.”
“E i vostri diplomati migliorati non acquisirebbero le stesse capacità
facendo quegli stessi lavori?”
“Sì.”
“Allora che cosa guadagnerebbero imparandole in anticipo, dato che le
impareranno comunque lavorando?”
“Immagino che non otterrebbero alcun vantaggio da questo”, dissi.
“Ora vediamo se puoi dirmi perché le vostre scuole sfornano diplomati
privi di qualunque capacità di sopravvivenza.”
“Va bene... Per cominciare, Madre Cultura dice che sarebbe inutile
creare diplomati con un'alta capacità di sopravvivenza.”
“Perché, Julie?”
“Perché non ne hanno bisogno. I popoli primitivi ne hanno bisogno,
certo, ma non la gente civilizzata. Sarebbe uno spreco di tempo per loro
imparare come sopravvivere da soli.”
Ishmael mi disse di continuare.
“Immagino che se stessi conducendo tu questa conversazione, mi
chiederesti che cosa succederebbe se cominciassimo a produrre diplomati
con una percentuale di sopravvivenza pari al cento percento.”
Annuì.
Rimasi seduta a rifletterci. “La prima cosa che ho pensato è che cercherebbero di trovare lavoro come guide forestali o cose simili. Ma è una
stupidaggine. Il punto è che se avessero una percentuale di sopravvivenza
pari al cento percento non avrebbero bisogno di lavorare.”
“Vai avanti.”
“Chiudere il cibo sotto chiave non li terrebbe più prigionieri. Sarebbero
fuori. Sarebbero liberi!”
Ishmael annuì nuovamente. “Naturalmente alcuni di loro sceglierebbero di restare indietro – ma sarebbe una loro scelta. Oso supporre che un
Donald Trump o un George Bush o uno Steven Spielberg non avrebbero
alcuna voglia di lasciarsi indietro la prigione Prendi.”
“Scommetto che sarebbero più di alcuni. Scommetto che metà rimarrebbe.”
“Vai avanti. Cosa accadrebbe allora?”
“Anche se metà rimanesse, le porte sarebbero aperte. La gente ne
uscirebbe a frotte. Molti rimarrebbero, ma molti se ne andrebbero.”
“Vuoi dire che a molti di voi trovarsi un lavoro e lavorare fino alla
pensione non sembra l'ideale.”
“Certamente no”, dissi.
“Quindi ora sai perché le vostre scuole producono diplomati senza
alcuna capacità di sopravvivenza.”
“Infatti. Dato che non hanno capacità di sopravvivenza, sono costretti
ad entrare nell'economia Prendi. Anche se preferirebbero evitarlo, non
possono.”
“Ancora una volta, la cosa essenziale da notare è che nonostante le
vostre lamentele, le vostre scuole stanno facendo esattamente quello che
volete che facciano, ossia produrre lavoratori che non hanno altra scelta se
non entrare nel vostro sistema economico, smistati in varie destinazioni. I
diplomati di scuola superiore sono generalmente destinati a lavori da
colletto blu. Possono essere intelligenti e talentuosi quanto i laureati, ma
non l'hanno dimostrato sopravvivendo ad altri quattro anni di studi – studi
che per la maggior parte non sono più utili dei precedenti dodici. Tuttavia,
una laurea permette l'accesso a lavori da colletti bianchi che sono generalmente fuori portata per i diplomati di scuola superiore.
“Ciò che i lavoratori da colletto blu o bianco apprendono nei loro studi
non importa molto – né sul lavoro né nella loro vita privata. Molti, molti
pochi di loro dovranno mai dividere due frazioni tra di loro, fare l'analisi
grammaticale di una frase, sezionare una rana, criticare una poesia, dimostrare un teorema, discutere delle politiche economiche di Jean-Baptiste
Colbert, definire la differenza tra sonetti spenseriani e shakesperiani,
descrivere come una legge viene approvata al Congresso o spiegare perché
gli oceani formano dei rigonfiamenti ai lati opposti del pianeta a causa
delle forze di marea. Quindi se completano gli studi senza sapere queste
cose non importa minimamente. Fanno eccezione i medici, gli avvocati, gli
scienziati e gli studiosi, che devono usare nella vita reale quello che imparano all'università, quindi per questa piccola percentuale della popolazione
la scuola fa davvero qualcosa a parte tenerla fuori dal mercato del lavoro.
“L'inganno di Madre Cultura qui è che la scuola esista per soddisfare i
bisogni delle persone. In realtà esiste per soddisfare i bisogni della vostra
economia. La scuola produce diplomati e laureati che non possono vivere
senza lavorare ma non hanno capacità lavorative di alcun tipo, e questo
soddisfa i bisogni della vostra economia alla perfezione. Ciò che si può
osservare al lavoro nella vostra scuola non è un difetto del sistema, ma un
suo requisito, e la scuola lo soddisfa con un'efficienza vicina al cento
percento.”
“Ishmael”, dissi, incontrando il suo sguardo. “Hai capito tutto questo da
solo?”
“Sì, dopo vari anni, Julie. Penso molto lentamente.”
Confusione scolastica II.
Ishmael mi chiese se avevo osservato crescere dei fratelli o delle sorelle
minori, e gli risposi di no.
“Allora non puoi sapere per esperienza che i bambini piccoli sono le
più potenti macchine da apprendimento dell'universo conosciuto. Imparano senza fatica ogni lingua che viene parlata nella casa in cui crescono.
Nessuno deve farli sedere in classe e costringerli a studiare grammatica e
vocaboli. Non fanno compiti, non hanno verifiche, non hanno voti. Imparare il loro linguaggio nativo non è affatto un problema per loro, perché è
immensamente e immediatamente utile e gratificante.
“Tutto ciò che si impara in quegli anni è immensamente e immediatamente utile e gratificante, anche se si tratta solo di imparare a gattonare, o
a costruire una torre di mattoncini, o a percuotere una pentola con un
cucchiaio, o a farsi ronzare le orecchie con uno strillo penetrante. L'apprendimento dei bambini piccoli è limitato solo da ciò che possono vedere,
udire, annusare e toccare. Questo impulso all'apprendimento continua
anche quando entrano all'asilo, almeno per un po'. Ti ricordi le cose che hai
imparato all'asilo?”
“No, non posso dire di ricordarmele.”
“Queste sono cose che Rachel ha imparato vent'anni fa, ma dubito che
siano molto differenti oggi. Ha imparato i nomi dei colori primari e
secondari – rosso, blu, giallo, verde e così via. Ha imparato i nomi delle
forme geometriche basilari – quadrati, cerchi, triangoli. Ha imparato a
leggere l'ora. Ha imparato i giorni della settimana. Ha imparato a contare.
Ha imparato i diversi valori del denaro – centesimi, nichelini, dollari e così
via. Ha imparato i mesi e le stagioni dell'anno. Queste sono cose ovvie che
chiunque imparerebbe anche senza andare a scuola, ma sono comunque
utili e gratificanti da conoscere, quindi la maggior parte dei bambini non
ha alcuna difficoltà a impararle all'asilo. Dopo aver ripassato tutto questo
al primo anno, Rachel imparò addizioni e sottrazioni e padroneggiò le basi
della lettura (per quanto in realtà fosse in grado di leggere da quando
aveva quattro anni). Di nuovo, i bambini trovano queste cose generalmente
utili e gratificanti. Non intendo esaminare l'intero corso di studi in questo
modo. Quello che voglio chiarire è che una volta arrivati in terza
elementare, la maggior parte dei bambini padroneggia ciò di cui i cittadini
hanno bisogno per funzionare nella vostra cultura, ossia: leggere, scrivere
e far di conto. Queste sono capacità che perfino a sette o otto anni i
bambini utilizzano e si divertono a usare. Centocinquant'anni fa questa era
l'educazione basilare dei cittadini. Gli anni dalla quarta elementare al liceo
sono stati aggiunti in seguito per tenere i giovani fuori dal mercato del
lavoro, e le cose insegnate in questi anni sono quelle che la maggior parte
degli studenti non trova né utili né gratificanti. Addizioni, sottrazioni,
moltiplicazioni e divisioni di numeri frazionari sono un esempio di queste
cose. Nessun bambino (e pochissimi adulti) ha mai occasione di usarle, ma
erano disponibili per essere aggiunte al corso di studi, quindi lo sono state.
Richiedono mesi e mesi di tempo e questo va benissimo, dato che lo scopo
è di occupare il tempo degli studenti. Hai nominato altre materie, come
educazione civica e scienze della terra, che permettono di consumare
molto tempo. Mi ricordo che Rachel dovette imparare a memoria le
capitali degli stati per una materia o per l'altra. Il mio esempio preferito di
questa tendenza mi viene da quando era in terza media. Le insegnarono a
compilare un modulo per le tasse, qualcosa di cui non avrebbe avuto
bisogno nella vita reale per almeno cinque anni, quando ormai si sarebbe
ovviamente dimenticata del modulo, che comunque a quel punto sarebbe
stato molto diverso. E naturalmente ogni bambino passa anni a studiare la
storia – nazionale, mondiale, antica, medievale e moderna – di cui conserva circa l'uno percento.”
“Avrei pensato che approvassi lo studio della storia”, dissi.
“Lo approvo eccome. Approvo lo studio di tutto, perché i bambini
vogliono sapere tutto. Ciò che i bambini vogliono disperatamente sapere è
come le cose sono arrivate a essere così – ma nessuno nella vostra cultura
penserebbe di insegnarglielo. Invece sono sommersi da dieci milioni di
nomi, date e fatti che 'devono' sapere, ma che scompaiono dalle loro menti
non appena non servono più per passare la verifica. E' come passare un
testo medico di mille pagine a un bambino di quattro anni che vuole sapere
da dove vengono i bambini.”
“Già, è proprio vero.”
“Tu qui, in questa stanza, stai imparando la storia che ti interessa
davvero. Non è così?”
“Sì.”
“Te la scorderai mai?”
“No. Non è possibile.”
“I bambini impareranno sempre qualunque cosa vogliano imparare.
Falliranno nell'imparare come ottenere le percentuali in classe, ma impareranno senza fatica come ottenere le medie di battuta (che naturalmente
sono solo percentuali) a baseball. Non riusciranno a imparare le materie
scientifiche in classe, ma lavorando ai loro computer sconfiggeranno senza
problemi i sistemi di sicurezza più sofisticati del mondo.”
“Vero, vero, vero.”
“Se tieni d'occhio le riviste, i giornali o i programmi televisivi giusti,
vedrai parlare almeno una volta a settimana di qualche nuovo programma
volto a 'migliorare' le vostre scuole. Quello che la gente intende per
'migliorare' è farle funzionare per le persone invece di farle agire per
dodici anni come centri di detenzione che poi rilasciano individui privi di
capacità nel mercato del lavoro. Per creare qualcosa che funzioni per le
persone, la gente della vostra cultura crede di dover inventare qualcosa dal
nulla. Non le viene in mente che forse sta cercando di reinventare la ruota.
In caso questa espressione ti risulti nuova, 'reinventare la ruota' significa
sforzarsi molto per arrivare a un'innovazione che in realtà è stata fatta
molto tempo fa.
“Tra i popoli tribali, il sistema educativo funziona così bene che non
richiede alcuno sforzo da parte di nessuno, non infligge alcuna sofferenza
agli studenti e produce individui perfettamente addestrati a prendere il loro
posto nella loro particolare società. Definirlo un sistema sarebbe improprio, comunque, se ci si aspetta di vedere edifici enormi pattugliati da
guardie e da supervisori, sotto la direzione di consigli scolastici locali e
regionali. Non esiste nulla del genere. Il sistema è completamente
invisibile e immateriale, e se chiedessi a un popolo tribale di descrivertelo
non capirebbero nemmeno di che stai parlando.
“L'educazione tra di loro avviene continuamente e senza fatica, il che
significa che non ne sono consapevoli più di quanto noi siamo consapevoli
della gravità. L'educazione tra di loro avviene continuamente e senza fatica
come in una casa dove c'è un bambino di tre anni. A meno di non confinarlo in un lettino o in un box, non c'è semplicemente modo di impedirgli di
imparare. Un bambino di tre anni è una macchina da domande con mille
braccia che esplorano ovunque. Deve toccare tutto, annusare tutto, assaggiare tutto, girare tutto sottosopra, vedere che aspetto ha a mezz'aria,
provare che sensazione dà se ingoiato o premuto contro l'orecchio. Il
bambino di quattro anni non è meno assetato di conoscenza, ma non deve
più ripetere gli esperimenti del bambino di tre anni. Ha già toccato,
annusato, assaggiato, girato sottosopra, lanciato e ingoiato tutto ciò che gli
serviva. E' pronto ad andare avanti – così come il bambino di cinque anni,
quello di sei, quello di sette, quello di otto, quello di nove, quello di dieci e
così via. Ma non gli viene permesso di farlo nella vostra cultura. Sarebbe
troppo disordinato. Dai cinque anni di età, il bambino deve essere limitato,
confinato e costretto a imparare non ciò che vuole ma quello che i vostri
programmi ministeriali dicono che 'deve' imparare, allo stesso ritmo di tutti
gli altri bambini della sua età.
“Questo non avviene nelle società tribali. Nelle società tribali, il
bambino di tre anni è libero di esplorare il mondo circostante finché vuole,
e lo esplora sempre più man mano che cresce. Non ci sono semplicemente
muri che chiudano il bambino dentro o fuori a nessuna età, nessuna porta
chiusa. Non esiste un'età a cui 'dovrebbe' imparare una certa cosa. Né
qualcuno penserebbe mai di stabilire una cosa simile. Ogni cosa fatta dagli
adulti è affascinante per un bambino, e inevitabilmente prima o poi vorrà
provare a farla anche lui, non necessariamente lo stesso giorno di
qualunque altro bambino, né la stessa settimana o lo stesso anno. Questo
processo, Julie, non è culturale ma genetico. Intendo dire che i bambini
non imparano a imitare i loro genitori. Come potrebbe essere insegnata
una cosa simile? I bambini imitano istintivamente i loro genitori. Nascono
con la voglia di imitarli, esattamente come le anatre nascono con la voglia
di seguire la prima cosa che vedono muoversi, solitamente la loro madre. E
questo istinto continua a essere attivo nel bambino... Fino a quando,
Julie?”
“Cosa?”
“Il bambino vuole imparare ogni singola cosa che i suoi genitori fanno,
ma questo impulso alla fine scompare. Quando?”
“Signore. Come potrei saperlo?”
“Lo sai perfettamente, Julie. Questo impulso scompare con la pubertà.”
“Accidenti”, dissi. “Lo fa davvero.”
“L'inizio della pubertà segnala la fine dell'apprendistato del bambino.
Segnala la fine stessa dell'infanzia. Di nuovo, questa non è una faccenda
culturale, è genetica. Nelle società tribali, il giovane pubescente viene
considerato pronto per la sua iniziazione all'età adulta – e deve esservi
iniziato. Non ci si può più aspettare che questa persona voglia imitare gli
adulti. Quell'impulso è svanito e quella fase della sua vita è conclusa. Nelle
società tribali attuano cerimonie per riconoscere questo fatto, cosicché sia
ben chiaro a tutti. 'Ieri queste persone erano bambini. Oggi sono adulti. E
questo è tutto.'
“Il fatto che questa trasformazione sia genetica è dimostrato dal vostro
stesso fallimento di abolirla attraverso mezzi culturali – legislazioni ed
educazione. In effetti, avete creato una legge che estende l'infanzia per un
periodo di tempo imprecisato e avete ridefinito l'età adulta come un
privilegio morale che alla fine può essere solo autoconferito, su basi
tutt'altro che chiare. Nelle società tribali, gli individui vengono resi adulti
come i vostri presidenti sono resi tali, e non dubitano di essere adulti più di
quanto George Bush dubiti di essere il presidente. La maggior parte degli
adulti della vostra cultura, invece, non è mai del tutto sicura di quando ha
superato quel limite – o perfino se sia mai riuscita a superarlo.”
“Sembra essere così”, dissi. “Penso che tutto questo abbia qualcosa a
che vedere con le bande.”
“Ma certo. Puoi capirlo da te, sono sicuro.”
“Direi che i ragazzi nelle bande si stanno ribellando alla legge che
estende l'infanzia per un periodo imprecisato.”
“Lo stanno facendo, anche se non consapevolmente. Trovano semplicemente insopportabile vivere sotto questa legge, trovano intollerabile che
venga chiesto loro di negare l'impulso genetico che dice loro che sono
adulti. Ovviamente, le bande compaiono solo in gruppi relativamente
svantaggiati. Altri gruppi sono ricompensati abbastanza da essere disposti
a rimandare i privilegi dell'età adulta per qualche anno. Sono i ragazzi che
non ottengono alcuna ricompensa per questo – almeno nessuna di cui
importi loro – che finiscono nelle bande.”
“Già, è vero.”
“Ci ho portati leggermente fuori dai binari qui. Volevo mostrarti un
modello educativo che funziona per le persone. Funziona molto semplicemente, senza costi, senza sforzi, senza amministrazione di alcun tipo. I
bambini vanno semplicemente dove vogliono e passano il tempo con
chiunque vogliano per imparare ciò che vogliono quando vogliono.
L'educazione non è uguale per tutti i bambini. Perché diamine dovrebbe?
L'idea non è che tutti i bambini ricevano l'intera eredità, ma che la riceva
ogni generazione. Ed è ricevuta, senza eccezioni; questo è dimostrato dal
fatto che la società continua a funzionare, generazione dopo generazione,
cosa che non potrebbe fare se la sua eredità non venisse trasmessa
fedelmente e completamente, generazione dopo generazione.
“Ovviamente molti dettagli vengono lasciati indietro da una generazione all'altra. I pettegolezzi non fanno parte dell'eredità culturale. Eventi di
cinquecento anni fa non sono ricordati come eventi accaduti cinquant'anni
fa. Eventi di cinquant'anni fa non sono ricordati come eventi dell'anno
scorso. Ma tutti capiscono che qualunque cosa non venga trasmessa alla
generazione più giovane è perduta, completamente e irrevocabilmente. E
l'essenziale viene sempre trasmesso, proprio perché è essenziale. Per
esempio, le tecniche di costruzione degli utensili che sono necessarie ogni
giorno non possono andare perdute – proprio perché vengono usate quotidianamente e i bambini le imparano come i bambini della vostra cultura
imparano come usare il telefono e il telecomando. Gli scimpanzé moderni
imparano come preparare e utilizzare rametti per 'pescare' formiche dentro
i formicai. Laddove questa pratica è in uso viene trasmessa senza fallo,
generazione dopo generazione. Il comportamento non è genetico, ma la
capacità di impararlo lo è.”
Dissi ad Ishmael che sembrava si stesse sforzando molto per dire
qualcosa che non riuscivo a cogliere. Con mia grande sorpresa, afferrò
improvvisamente un gambo di sedano e lo morse con un suono simile a un
colpo di pistola. Lo masticò per un attimo prima di continuare.
“Una volta, un'anziana e onorevole anatra aliazzurre di nome Titi
convocò tutti gli altri anziani in una grande conferenza che si sarebbe
tenuta sull'Isola di Wight nel Canale della Manica. Quando furono tutti
arrivati ed ebbero preso posto, un'anatra leggermente meno celebre di
nome Ooli si fece avanti per fare delle affermazioni introduttive.
“'Sono sicuro che tutti sapete chi è Titi', cominciò, 'ma in caso non lo
sappiate, ve lo dirò io. Titi è senza dubbio il più grande scienziato della
nostra epoca e la maggiore autorità al mondo in campo di migrazioni
aviarie, che ha studiato più a lungo e approfonditamente di chiunque altro
nella storia delle anatre, aliazzurre o meno. Non so perché ci abbia
chiamati tutti qui oggi, ma non dubito che abbia degli eccellenti motivi.' E
con questo, Ooli passò la parola a Titi.
“Titi arruffò un po' le penne per avere l'attenzione di tutti, poi disse:
'Sono qui oggi per portare alla vostra attenzione una fondamentale innovazione nell'educazione dei nostri figli.' Be', Titi di sicuro guadagnò
l'attenzione di tutti con questo annuncio, e fu inondato di domande da parte
di anatre che volevano sapere che cosa c'era di sbagliato con i metodi
educativi che avevano funzionato per le anatre aliazzurre per più generazioni di quanto chiunque di loro potesse contare.
“'Comprendo la vostra indignazione', replicò Titi quando finalmente
riuscì a calmarli. 'Ma perché capiate ciò che intendo dire dovrete prima
accettare che io sono molto diverso da voi. Come ha detto il mio vecchio
amico Ooli, io sono la maggiore autorità mondiale sulla migrazione
aviaria. Questo significa che ho una profonda comprensione teorica del
processo che tutti voi vi limitate a sperimentare in modo inconsapevole e
non ragionato. In parole molto semplici, in primavera e in autunno di ogni
anno voi sperimentate una sorta di irrequietezza che alla fine viene placata
prendendo il volo in una direzione o nell'altra sopra il Canale della
Manica. Non è così?'
“Tutti i suoi ascoltatori dovettero concordare che le cose stavano così, e
Titi continuò. 'Non dubito che la vostra vaga sensazione di irrequietezza
riesca a farvi mettere in movimento, ma non vorreste che le vite dei vostri
figli fossero guidate da qualcosa di più affidabile?'
“Quando gli venne chiesto di spiegare cosa intendesse, disse: 'Se
faceste il tipo di osservazioni dettagliate che viene fatto da scienziati come
me, sapreste quanto spesso tergiversate per una settimana o dieci giorni,
facendo una falsa partenza dopo l'altra, svolazzando qui e là, cominciando
a migrare seriamente e poi facendo dietrofront dopo cinque, dieci o perfino
venti miglia. Sapreste quanti di voi compiono l'intera migrazione... Nella
direzione sbagliata!'
“Le anatre che lo ascoltavano agitarono nervosamente le ali e arruffarono le penne per nascondere l'imbarazzo. Sapevano che ciò che Titi stava
dicendo era assolutamente vero (e infatti lo è – non solo per le anatre ma
per gli uccelli migratori in generale), ma erano mortificati dall'apprendere
che questo comportamento negligente era stato notato da qualcuno.
Chiesero che cosa avrebbero potuto fare per migliorare le loro prestazioni.
“'Dobbiamo rendere i nostri figli consapevoli degli elementi che
compongono una migrazione ideale. Dobbiamo prepararli a osservare le
condizioni rilevanti e a calcolare il momento ottimale per la partenza.'
“'Ma sembra che lei, in quanto scienziato, sia già in grado di farlo',
disse uno dei suoi ascoltatori. 'Non potrebbe semplicemente dirci lei
quando migrare?'
“'Sarebbe immensamente stupido', replicò Titi. 'Non posso essere
ovunque contemporaneamente, non posso fare io tutti i calcoli. Voi stessi
dovete fare questi calcoli dove vi trovate, riferendovi alle condizioni
specifiche che affrontate individualmente.'
“Non è facile udire un'anatra gemere in circostanze ordinarie, ma quello
stormo produsse un gemito spettacolare nell'udire queste parole. Ma Titi
continuò, dicendo: 'Andiamo, non è tanto difficile. Dovete semplicemente
capire che migrare è un vantaggio quando l'idoneità del vostro attuale
habitat è inferiore a quella dell'habitat di destinazione moltiplicata per il
cosiddetto fattore migrativo, che è solo una misura di quanto la porzione
del vostro successo riproduttivo che è sotto il vostro controllo consapevole
diminuirebbe dopo la migrazione. Mi rendo conto che possa sembrarvi
complicato adesso, ma alcune definizioni e formule matematiche ve lo
renderanno perfettamente comprensibile.'
“Be', queste anatre erano perlopiù uccelli ordinari, e non avrebbero mai
potuto neanche immaginare di contraddire un'autorità così celebre e
rispettata, che chiaramente sapeva molto di più sulla migrazione di
chiunque di loro. Sentirono di non poter fare altro che collaborare a un
piano ovviamente progettato per il loro bene. Presto cominciarono a
passare lunghi pomeriggi con i loro piccoli, cercando di comprendere e
spiegare concetti come schemi di volo, meccanismi di navigazione, gradi
di ritorno, di dispersione e di convergenza. Invece di giocare, la mattina i
piccoli studiavano calcolo, uno strumento matematico sviluppato nel
diciassettesimo secolo da due famose anatre aliazzurre di nome Leibniz e
Newton che permette di gestire le differenziazioni e le integrazioni di
funzioni di una o più variabili. Entro pochi anni, ogni anatroccolo dovette
essere in grado di calcolare le variabili di migrazione sia delle migrazioni
facoltative che di quelle obbligatorie. Condizioni meteorologiche, direzione e velocità del vento, perfino peso e percentuale di grasso corporeo.
“I fallimenti iniziali del nuovo sistema educativo furono spettacolari ma
non inaspettati. Titi aveva previsto che il successo migratorio sarebbe stato
più basso del solito nei primi cinque anni, ma che avrebbe raggiunto e poi
superato la norma entro altri cinque anni. In vent'anni, aveva detto, più
anatre avrebbero migrato più efficacemente che mai prima. Ma quando le
anatre alla fine ricominciarono a migrare normalmente, si scoprì che la
maggior parte stava fingendo di fare i calcoli – in realtà stavano semplicemente seguendo il loro istinto, adattando i calcoli al comportamento
anziché il comportamento ai calcoli. Quando vennero create delle nuove
severe regole per prevenire questo tipo di imbrogli, la percentuale di
successo migratorio calò drasticamente. Alla fine si decise che i genitori
non erano abbastanza qualificati per insegnare ai loro figli qualcosa di
complesso come la scienza migratoria. Si trattava di qualcosa che solo i
professionisti potevano padroneggiare. Gli anatroccoli vennero quindi
prelevati dal nido giovanissimi e affidati a una nuova categoria di
specialisti, che li organizzarono in unità brutalmente competitive, imponendo loro obiettivi elevati, test standardizzati e una severa disciplina. Ci
si aspettava una certa ostilità per questo nuovo sistema, e infatti si presentò
puntualmente, sotto forma di assenteismo cronico, rabbia, depressione e
suicidi tra i giovani. Nuovi gruppi di guardie, ufficiali contro l'assenteismo, psicoterapeuti e consulenti si sforzarono di tenere la situazione sotto
controllo, ma in breve i membri dello stormo cominciarono a disperdersi
come gli inquilini di un palazzo in fiamme (Titi e Ooli non erano folli al
punto da credere di poter mantenere lo stormo insieme con la forza).
“Dopo che i due vecchi amici guardarono gli ultimi membri dello
stormo allontanarsi nel cielo, Ooli scosse la testa e chiese dove avevano
sbagliato. Titi arruffò le penne con fare irritato e disse: 'Abbiamo sbagliato
nel trascurare una grande verità, ossia che le anatre sono stupide e pigre, e
perfettamente soddisfatte di rimanerlo'.”
“I problemi della migrazione – quando partire, da che parte andare,
quanto lontano, quando fermarsi – sono di gran lunga troppo complessi per
qualunque computer, ma vengono continuamente risolti non solo da
creature con cervelli relativamente grandi come uccelli, tartarughe, renne,
orsi, salamandre e salmoni, ma anche da pidocchi delle piante, afidi, vermi
acquatici, zanzare, elateridi e lumache. Non hanno bisogno di venire
istruiti per farlo. Capisci?”
“Ma certo che capisco.”
“Milioni di anni di selezione naturale hanno prodotto creature capaci di
risolvere questi problemi in un modo rapido e rozzo che non è perfetto ma
che in effetti funziona, perché – udite! – queste creature sono qui. Allo
stesso modo, milioni di anni di selezione naturale hanno prodotto esseri
umani che nascono con un insaziabile desiderio di imparare tutto ciò che i
loro genitori conoscono e che hanno capacità di apprendimento oltre ogni
immaginazione. I bambini che crescono in una casa in cui vengono parlate
quattro lingue le impareranno tutte perfettamente e senza alcuna fatica nel
giro di mesi. Non hanno bisogno di venire istruiti in questo. Ma in due
anni...”
Alzai una mano. “Lascia che ti aiuti, Ishmael. Penso di aver afferrato. I
bambini impareranno tutto ciò che vogliono imparare, tutto ciò che trovano
utile. Ma per far loro imparare cose che non considerano utili, dobbiamo
spedirli a scuola. Ecco perché ci servono le scuole. Ci servono per costringere i bambini a imparare cose per loro del tutto inutili.”
“Che in realtà non imparano.”
“Che in realtà, quando è tutto finito e l'ultima campanella suona, non
hanno imparato.”
Descolarizzare il mondo.
“Ma”, continuai, “tu non pensi davvero che il sistema originario
funzionerebbe nel mondo moderno, vero?”
Ishmael ci rifletté per un po', poi disse: “Le vostre scuole funzionerebbero perfettamente se... Cosa, Julie?”
“Se le persone fossero migliori. Se gli insegnanti fossero tutti brillanti e
i ragazzi tutti attenti, obbedienti, disciplinati e abbastanza lungimiranti da
sapere che imparare tutto ciò che gli viene insegnato a scuola sarebbe
davvero un bene per loro.”
“Ma avete scoperto che la gente non diventerà migliore, e non siete
riusciti a trovare un modo per renderla migliore. Quindi cosa fate invece?”
“Spendiamo soldi.”
“Sempre più soldi. Perché non potete migliorare la gente, ma potete
sempre spendere più soldi.”
“Esatto.”
“Come chiameresti un sistema che funzionerebbe solo se tutti fossero
migliori di quanto le persone siano mai state?”
“Non lo so. C'è un nome particolare per una cosa simile?”
“Come si chiama un sistema costruito sul presupposto che i suoi
membri saranno migliori di quanto la gente sia mai stata? Tutti in questo
sistema saranno generosi, sensibili, compassionevoli, altruisti, obbedienti e
pacifici. Che tipo di sistema è questo?”
“Utopistico?”
“Utopistico, esatto, Julie. Tutti i vostri sistemi sono sistemi utopistici.
La democrazia sarebbe il Paradiso... Se la gente fosse migliore di quanto
sia mai stata. Naturalmente anche il comunismo sovietico sarebbe stato il
Paradiso, se la gente fosse stata migliore di quanto fosse mai stata. Il
vostro sistema giudiziario funzionerebbe alla perfezione, se solo la gente
fosse migliore di quanto sia mai stata. E naturalmente le vostre scuole
funzionerebbero perfettamente alla stessa condizione.”
“Quindi? Non sono sicura di dove vuoi arrivare.”
“Ti sto restituendo la tua stessa domanda, Julie. Pensi davvero che il
vostro sistema scolastico utopistico funzionerà per il mondo moderno?”
“Capisco cosa intendi. Il sistema che abbiamo non funziona. Eccetto
che come un meccanismo che tiene i giovani fuori dal mercato del lavoro.”
“Il sistema tribale è un sistema che funziona per le persone come sono
davvero, non per come si vorrebbe che fossero. E' un sistema prettamente
pratico che ha funzionato perfettamente per le persone per centinaia di
migliaia di anni, ma apparentemente vi sembra bizzarro pensare che
funzionerebbe anche per voi, ora.”
“E' solo che non vedo come potrebbe funzionare. Come potremmo
farlo funzionare.”
“Prima di tutto, dimmi per che cosa il vostro sistema funziona e per che
cosa non funziona.”
“Il nostro sistema funziona per gli affari ma non per le persone.”
“E che cosa stai cercando adesso?”
“Un sistema che funzioni per le persone.”
Ishmael annuì. “Durante i primi anni di vita dei vostri figli, il vostro
sistema è indistinguibile da quello tribale. Non fate altro che interagire con
i vostri bambini in un modo reciprocamente soddisfacente e piacevole, e
permettete loro di esplorare la casa – per la maggior parte. Non li lasciate
dondolarsi appesi al lampadario o infilare forchette nelle prese di corrente,
ma a parte questo sono liberi di esplorare quello che vogliono. A quattro o
cinque anni i bambini vogliono esplorare più lontano, e alla maggior parte
viene permesso di farlo, entro le immediate vicinanze della loro casa. Gli
viene permesso di visitare altri bambini in fondo al corridoio o alla porta
accanto. A scuola, questi sarebbero studi sociali. A questo punto, i bambini
cominciano a imparare che non tutte le famiglie sono identiche. Si
differenziano in membri, abitudini e stile. A questo punto, nel vostro
sistema, i bambini vengono mandati a scuola, dove tutti i loro movimenti
sono controllati per la maggior parte delle loro ore da svegli. Ma
naturalmente questo non avviene nel sistema tribale. A sei o sette anni, i
bambini cominciano a differenziarsi nettamente per i loro interessi. Alcuni
continueranno a restare vicino a casa, altri...”
Io stavo agitando la mano. “Come impareranno a leggere?”
“Julie, per centinaia di migliaia di anni i bambini sono riusciti a
imparare le cose che volevano e avevano bisogno di imparare. Non sono
cambiati.”
“Sì, ma come impareranno a leggere?”
“Impareranno a leggere nello stesso modo in cui hanno imparato a
vedere: stando insieme a persone che vedevano. Nello stesso modo in cui
hanno imparato a parlare: stando insieme a persone che parlavano. In altre
parole, impareranno a leggere stando insieme a persone capaci di leggere.
So che hai imparato a non avere alcuna fiducia in questo procedimento. So
che ti è stato insegnato che si tratta di qualcosa che è meglio lasciare ai
'professionisti', ma in realtà i professionisti hanno una percentuale di
successo molto dubbia. Ricordati che in un modo o nell'altro, la gente della
vostra cultura ha imparato a leggere per migliaia di anni senza dei
professionisti che glielo insegnassero. Il punto è che i bambini che
crescono in case in cui la gente legge, crescono leggendo.”
“Già, ma non tutti i bambini crescono in case in cui la gente legge.”
“Immaginiamo, per amor di discussione, che un bambino cresca in una
casa dove le istruzioni sulle scatole di cibo non vengono lette, dove i
messaggi sullo schermo della televisione non vengono letti, dove le
bollette del telefono non vengono lette, dove i genitori sono totalmente,
completamente analfabeti, tanto da non poter nemmeno distinguere tra una
banconota da un dollaro e una da cinque.”
“Va bene.”
“All'età di quattro anni, il bambino comincia a espandere i suoi
orizzonti. Vogliamo immaginare che anche tutti i suoi vicini siano
totalmente analfabeti? Credo che sia un'esagerazione, ma facciamolo
comunque. A cinque anni, il bambino estende il suo raggio d'azione ancora
di più, e credo che sia davvero troppo supporre che il suo intero quartiere
sia completamente illetterato. E' circondato, bombardato da messaggi
scritti – che sono tutti comprensibili per la gente intorno a lui, soprattutto
per i suoi pari, che non sono affatto esitanti nel vantarsi della loro
superiore conoscenza. Potrà non imparare a leggere immediatamente a un
livello da diplomato, ma a quell'età nelle vostre scuole starebbe comunque
ancora imparando le basi. Impara abbastanza. Impara ciò che gli serve
sapere. Senza dubbio, Julie, sono convinto che lo farebbe. Sono convinto
che riuscirebbe a fare ciò che i bambini umani hanno fatto senza sforzo per
centinaia di migliaia di anni. E quello che gli serve al momento è essere in
grado di fare tutto ciò che i suoi compagni di gioco sanno fare.”
“Sì, non fatico a crederci.”
“A sei o sette anni, man mano che l'orizzonte del bambino continua a
espandersi, vorrà avere un po' di soldi in tasca, come i suoi amici. Non
avrà bisogno di andare a scuola per imparare la differenza tra centesimi e
nichelini. E apprenderà addizioni e sottrazioni con la stessa facilità con cui
respira, non perché è 'bravo in matematica' ma perché gli serve impararle,
man mano che si addentra sempre più nel mondo.
“I bambini sono universalmente affascinati dal lavoro che i loro
genitori fanno fuori casa. Nel nostro nuovo sistema tribale, i genitori
comprenderanno che includere i loro figli nelle loro vite lavorative è
un'alternativa allo spendere decine di miliardi di dollari ogni anno in
scuole che fondamentalmente non sono altro che centri di detenzione. Non
stiamo parlando di trasformare i bambini in apprendisti – quello è qualcosa
di interamente diverso. Stiamo solo dando loro libero accesso a ciò che
vogliono sapere, e tutti i bambini vogliono sapere che cosa fanno i loro
genitori quando escono di casa. Quando vengono lasciati liberi in un
ufficio, i bambini fanno ciò che avevano fatto a casa: rovistano ovunque,
ispezionano ogni armadietto e naturalmente imparano come far funzionare
ogni macchinario, dalla spillatrice alla copiatrice, dal distruggidocumenti
al computer. E se ancora non sanno leggere, lo impareranno sicuramente
adesso, perché possono fare molto poco in un ufficio senza saper leggere.
Questo non significa che ai bambini verrebbe proibito di essere d'aiuto.
Nulla dà più soddisfazione a un bambino di quest'età che sentire di stare
aiutando mamma e papà – e di nuovo, questo non è un comportamento
appreso, è genetico.
“Nelle società tribali, è dato per scontato che i bambini vogliano
lavorare insieme agli adulti. Il circolo lavorativo è anche quello sociale.
Non sto parlando di sfruttarli come manodopera, non avvengono cose
simili nelle società tribali. Non ci si aspetta che i bambini si comportino
come operai disciplinati, timbrando il cartellino ogni giorno. Come
possono imparare a fare qualcosa se non viene loro permesso di farlo?
“Ma i bambini esauriranno in fretta le possibilità offerte dal luogo di
lavoro dei loro genitori, specialmente se è uno dove vengono svolte
sempre le stesse operazioni. Nessun bambino rimarrà affascinato dall'impilare lattine in un negozio per molto tempo. Il resto del mondo è lì fuori, e
la nostra supposizione è che nessuna porta sia chiusa per loro. Immagina
cosa un dodicenne portato per la musica potrebbe imparare in uno studio di
registrazione. Immagina cosa un dodicenne con un interesse per gli
animali potrebbe imparare in uno zoo. Immagina cosa un dodicenne
portato per la pittura potrebbe imparare nello studio di un artista.
Immagina cosa un dodicenne portato per le esibizioni potrebbe imparare in
un circo.
“Ovviamente le scuole non verrebbero proibite, ma le uniche che
attirerebbero studenti sarebbero quelle che li attraggono anche adesso –
scuole di belle arti, di musica e ballo, di arti marziali, e così via. Anche le
scuole dedicate a studi letterari, scientifici o professionali attirerebbero
senza dubbio studenti più grandi. La cosa importante da notare è che
nessuna di queste scuole è un semplice centro di detenzione. Sono tutte
volte a conferire agli studenti conoscenze che desiderano e che useranno
davvero.
“Credo che un'obiezione comune a questo punto sia che un sistema
educativo simile non produrrebbe studenti 'completi', competenti in ogni
campo. Ma questa obiezione non fa che confermare la mancanza di fiducia
della vostra cultura nei vostri stessi figli. Dando loro libero accesso a tutto
nel vostro mondo, i bambini non diventerebbero educativamente 'completi'? Credo che l'idea sia assurda. Diventerebbero completi quando vorrebbero esserlo, e non si presupporrebbe che l'educazione debba finire a
diciotto o ventidue anni. Perché dovrebbe? Queste età diventerebbero
educativamente insignificanti. E in effetti sembra che molte poche persone
vogliano diventare uomini e donne del Rinascimento. Perché dovrebbero
volerlo essere? Se sei soddisfatto di conoscere esclusivamente la chimica o
la lavorazione del legno o l'informatica o l'antropologia forense, sono solo
affari tuoi. Ogni specializzazione esistente in qualche modo riesce a
trovare delle persone in ogni generazione che vogliono studiarla. Non ho
mai sentito di alcuna branca di studi che sia sparita per mancanza di
candidati ansiosi di approfondirla. In un modo o nell'altro, ogni
generazione produce alcune persone che bramano di studiare lingue morte,
che sono affascinate dagli effetti che le malattie hanno sul corpo umano,
che sono avide di conoscere i dettagli del comportamento dei ratti – e
questo rimarrebbe vero con il sistema tribale come lo è attualmente con il
vostro.
“Ma naturalmente avere i figli sul luogo di lavoro ridurrebbe gravemente la produttività e l'efficienza. Per quanto spedire i bambini in centri
di detenzione sia terribile per loro, è indubbiamente ottimo per gli affari. Il
sistema che ho descritto non verrà mai utilizzato dalla gente della vostra
cultura finché continuerà a mettere gli affari prima delle persone.”
“Quindi”, dissi, “saresti favorevole a qualcosa come la scuola a casa.”
“Non sono neanche vagamente favorevole alla scuola a casa, Julie. La
scuola è simile a un allevamento intensivo di animali, e non solo
all'apparenza. Ogni tipo di scuola è superfluo e controproducente per i
bambini umani. I bambini non hanno bisogno della scuola a cinque, sei,
sette o otto anni più di quanto ne abbiano bisogno a due o tre anni, quando
compiono miracoli dell'apprendimento senza alcuna fatica. Negli ultimi
anni i genitori hanno cominciato a vedere l'inutilità dello spedire i loro figli
nelle scuole ordinarie, e le scuole hanno replicato dicendo: 'Be', d'accordo,
vi permetteremo di tenere i vostri figli a casa, ma naturalmente capite che
devono essere comunque scolarizzati, non potete semplicemen-te sperare
che imparino da soli ciò di cui hanno bisogno. Vi terremo sotto controllo
per assicurarci che non li lasciate semplicemente imparare ciò di cui hanno
bisogno, ma che imparino ciò che i nostri legislatori e scrittori di piani di
studi pensano che dovrebbero imparare.' A cinque o sei anni, la scuola a
casa potrà essere un male minore rispetto a quella ordinaria, ma dopo
quell'età è difficile che dia anche quel piccolo vantaggio. I bambini non
hanno bisogno di essere scolarizzati. Hanno bisogno di avere accesso a ciò
che vogliono imparare – e questo significa che hanno bisogno di avere
accesso al mondo fuori delle loro case.”
Dissi a Ishmael che riuscivo a pensare a un altro motivo per cui la gente
non avrebbe voluto utilizzare il sistema tribale. “Il mondo è troppo pericoloso. La gente non lascerebbe i suoi figli vagare senza controllo per una
città, di questi tempi.”
“Non sono sicuro, Julie, che molti quartieri lavorativi siano più pericolosi delle scuole, oggigiorno. Da quello che leggo, i bambini sono molto
più inclini degli impiegati d'ufficio ad andare a scuola armati. Non molti
uffici hanno bisogno di avere guardie di sicurezza all'entrata per proteggere i dirigenti dal venire aggrediti dagli impiegati e per impedire agli
impiegati di attaccarsi tra loro.”
Dovetti ammettere che non aveva affatto tutti i torti, qui.
“Ma la cosa principale che voglio farti vedere è che è il vostro sistema
che è utopistico. Il sistema tribale non è perfetto, ma non è utopistico. E'
perfettamente realizzabile, e vi farebbe risparmiare decine se non centinaia
di miliardi di dollari ogni anno.”
“Non credo che otterresti molti voti dagli insegnanti, comunque.”
Ishmael scrollò le spalle. “Con la metà di quello che spendete adesso
potreste far ritirare ogni insegnante con una pensione piena.”
“Sì, questo potrebbero accettarlo. Ma c'è qualcosa che so che la gente
dirà riguardo tutto questo: c'è così tanto da imparare nella nostra favolosa e
grandiosa cultura che dobbiamo mandare i bambini a scuola per tutti
quegli anni.”
“Hai ragione a dire che verrà fatta questa obiezione, e quelli che la
faranno avranno ragione nel senso che c'è effettivamente un'immensa
quantità di conoscenze da imparare nella vostra cultura che non esisteva in
alcuna cultura tribale. Ma questo non c'entra con quello che sto dicendo
ora. La vostra educazione basilare non è stata estesa da quattro a otto anni
per includere astronomia, microbiologia e zoologia. Non è stata estesa da
otto a dodici anni per includere astrofisica, biochimica e paleontologia.
Non è stata estesa da dodici a sedici anni per includere esobiologia, fisica
del plasma e chirurgia cardiaca. I diplomati odierni non lasciano la scuola
con tutti gli avanzamenti scientifici degli ultimi secoli nelle loro menti.
Proprio come i loro bis-bisnonni un secolo fa, la lasciano con abbastanza
per cominciare dal fondo della gerarchia lavorativa, girando hamburger,
pompando benzina e stando alla cassa. L'unica differenza è che ai
diplomati odierni ci vuole molto di più per arrivarci.”
Ricchezza, stile Prendi.
Il giorno seguente, domenica, volli togliermi di torno i compiti prima di
incontrarmi di nuovo con Ishmael, quindi entrai nella stanza 105 a metà
pomeriggio. Avevo la mano sulla maniglia quando udii qualcuno dall'altro
lato dire, molto distintamente: “Ce lo avrebbero gli dei.”
Lo sfigato era arrivato prima di me.
Per circa dieci secondi considerai di trattenermi per un po', poi decisi di
non farlo. Sentendomi piuttosto cupa, girai i tacchi e tornai a casa.
Ce lo avrebbero gli dei.
Mi chiesi di quale conversazione facesse parte quella replica. Certamente non di una sul sistema scolastico o sulle pensioni degli insegnanti.
Non che l'argomento facesse qualche differenza. Mi sarei sentita nello
stesso modo se avessi udito “Ce lo avrebbero i supermercati” o “Ce lo
avrebbero i Green Bay Packers”. Capite cosa sto dicendo – ero gelosa.
Immagino che pensiate che voi non lo sareste stati.
“Vorrei che provassi a vedere, Julie, se puoi comprendere il nucleo del
mio messaggio per te”, disse Ishmael quando finalmente potei tornare lì,
mercoledì. “Vedi se riesci a capire che cosa ti sto dicendo ancora e ancora
e ancora, in ogni modo.”
Ci riflettei un po' e dissi: “Stai cercando di mostrarmi dov'è il tesoro.”
“Esattamente, Julie. La gente della vostra cultura immagina che il
forziere fosse completamente vuoto quando siete arrivati voi e avete
cominciato a costruire la civiltà, diecimila anni fa. Voi immaginate che i
primi tre milioni di anni della vita umana non abbiano portato nulla di
valore alla conoscenza umana a parte il fuoco e gli utensili. In realtà, voi
avete cominciato svuotando il forziere dei suoi elementi più preziosi.
Volevate cominciare con nulla e inventare tutto, e l'avete fatto. Sfortunatamente, a parte per i prodotti (che funzionano molto bene), siete riusciti a
inventare molte poche cose che funzionino come si deve – per le persone.
Il vostro sistema di leggi scritte che sapete verranno infrante funziona
molto male per le persone, ma non importa dove guardate nel vostro
forziere, non riuscite a trovare un sistema con cui rimpiazzarlo, perché
avete cominciato con il gettarlo via. Ma quel sistema è ancora lì,
perfettamente funzionante, nel forziere dei Lascia che ti sto mostrando. Il
vostro sistema che punisce la gente per aver infranto leggi scritte per
essere infrante funziona molto male per le persone, ma non importa dove
guardate nel vostro forziere, non riuscite a trovare un sistema con cui
rimpiazzarlo, perché avete cominciato con il gettarlo via. Ma quel sistema
è ancora lì, perfettamente funzionante, nel forziere dei Lascia che ti sto
mostrando. Il vostro sistema educativo funziona molto male per le persone,
ma non importa dove guardate nel vostro forziere, non riuscite a trovare un
sistema con cui rimpiazzarlo, perché avete cominciato con il gettarlo via.
Ma quel sistema è ancora lì, perfettamente funzionante, nel forziere dei
Lascia che ti sto mostrando. Tutte le cose che ti ho fatto e che ti farò
vedere erano nel forziere di ogni popolo Lascia che avete sottomesso e
distrutto. Ognuno di quei popoli sapeva quanto inestimabili fossero quei
tesori che voi stavate calpestando nel fango. Molti di loro cercarono di
farvi capire il loro valore, ma non ci riuscirono mai. Riesci a capire
perché?”
“Credo che sia perché... La vedremmo in questo modo: 'Be', certo che i
Sioux pensano che il loro modo di vivere sia grandioso. E' ovvio. Certo
che gli Arapaho pensano che dovremmo lasciarli in pace. Perché non
dovrebbero?”
“Esatto. Se io riesco a farti capire il valore di ciò che avete gettato via,
non è perché sono più intelligente dei popoli Lascia umani, ma perché non
sono uno di loro.”
“Lo capisco.”
“Che sacchetto dal forziere dovrei aprire per te oggi?”, chiese.
“Accidenti”, dissi. “Non è una domanda a cui sono preparata a
rispondere.”
“Non immaginavo che lo fossi, Julie. Pensa a un sistema che avete che
non funziona bene per le persone in generale, per quanto naturalmente
possa funzionare bene per alcuni di voi. Pensa a un sistema con cui avete
armeggiato e che avete cercato di riparare fin dall'inizio. Pensa a un'altra
ruota che siete sicuri di dover reinventare da zero. Pensa a un problema
che siete sicuri risolverete un giorno.”
“Hai in mente un sistema particolare, Ishmael?”
“No, non sto cercando di coinvolgerti in un gioco di indovinelli. Queste
sono le caratteristiche di tutti i sistemi che avete creato per rimpiazzare
quelli che avete scartato all'inizio della vostra rivoluzione.”
“Va bene. C'è un sistema a cui riesco a pensare che ha tutte quelle
caratteristiche, ma non sono sicura che ci sia un sistema corrispondente nel
forziere Lascia. In effetti, ne dubito fortemente.”
“Perché, Julie?”
“Perché è il sistema che usiamo per tenere sotto chiave il cibo.”
“Capisco cosa intendi. Visto che i popoli Lascia non chiudono sotto
chiave il proprio cibo, non possono avere un sistema per farlo.”
“Esatto.”
“Comunque sia, continuiamo in questa direzione per un po'. Non sono
proprio sicuro di sapere di che sistema stai parlando.”
“Immagino di stare parlando del sistema economico.”
“Capisco. Quindi non pensi che l'economia Prendi funzioni bene per le
persone in generale.”
“Be', funziona meravigliosamente bene per alcune persone, ovviamente. Questo è un cliché. C'è una manciata di individui in cima che
guadagnano come banditi, poi molte persone in mezzo che se la cavano
bene, e poi molte altre persone in fondo che vivono in un letamaio.”
“Era ed è il sogno socialista di rendere equa questa situazione.
Ridistribuire la ricchezza in modo più giusto in modo tale da non farne
concentrare enormi quantità nelle mani di pochissimi individui mentre la
massa muore di fame.”
“Immagino di sì. Ma devo dirti che so più cose di ingegneria spaziale di
quante ne sappia di questi argomenti.”
“Sai abbastanza, Julie. Non preoccuparti di questo... Quando avete
cominciato ad avere problemi nel distribuire la ricchezza? Lascia che te lo
chieda in un altro modo. Quand'è che enormi quantitativi di ricchezze
hanno cominciato ad essere concentrate nelle mani di pochi individui in
cima al mucchio?”
“Dio, non lo so. Ho immagini dei primissimi sovrani che vivevano in
palazzi magnifici mentre i loro sudditi vivevano come animali d'allevamento.”
“Non c'è dubbio che le cose stessero proprio così, Julie. Le più antiche
civiltà Prendi ci sono arrivate perfettamente formate in questo modo. Non
ci fu alcuna esitazione nello sviluppo qui. Appena c'è ricchezza visibile –
anziché solamente cibo sulla tavola, vestiti e un tetto sulla testa – è facile
predire come verrà distribuita. Ci saranno pochi individui ricchissimi in
cima, abbastanza individui benestanti sotto di loro, e numerosissime classi
di commercianti, soldati, artigiani, lavoratori, servi, schiavi e poveri in
fondo. In altre parole: reali, nobili e plebei. La grandezza e l'appartenenza
alle classi sono cambiate nel corso dei secoli, ma il modo in cui la
ricchezza disponibile è distribuita tra di loro è rimasto immutato. Tipicamente (e comprensibilmente) le due classi in cima pensano che il sistema
funzioni perfettamente, e naturalmente lo fa – per loro. Il sistema è stabile
finché le prime due classi sono sufficientemente ampie, come avviene ad
esempio negli Stati Uniti. Ma in Francia nel 1789 e in Russia nel 1917, la
ricchezza era concentrata in troppe poche mani. Capisci cosa sto dicendo?”
“Penso di sì. Non si ha una rivoluzione se la maggior parte delle
persone pensa di cavarsela piuttosto bene.”
“Esatto. In questo momento, la disparità tra i più ricchi e i più poveri
della vostra cultura è più ampia di quanto ogni faraone egiziano avrebbe
potuto immaginare. I faraoni non possedevano nulla di remotamente simile
alle stravaganze disponibili ai vostri miliardari. Questa è forse una delle
ragioni per cui costruirono le loro piramidi: che cos'altro avrebbero potuto
fare con i loro soldi? Non potevano comprare paradisi naturali e andarci in
aerei privati o yacht di trenta metri.”
“Vero.”
“Tra i ricchi della vostra cultura, il crollo dell'Unione Sovietica viene
percepito come una chiara giustificazione dell'avidità capitalista. Viene
interpretato come l'affermazione da parte dei poveri che preferirebbero
vivere in un mondo dove possono almeno sognare di diventare ricchi
piuttosto che in uno dove tutti sono egualmente poveri. L'antico ordine è
stato confermato e potete guardare a un futuro di infinita soddisfazione
economica, a patto, come sempre, di essere tra i pochi fortunati. E se non
lo siete, non avete altri da incolpare se non voi stessi, perché dopotutto nel
capitalismo chiunque può diventare ricco.”
“Molto persuasivo”, dissi.
“I ricchi sono sempre felici di lasciare le cose come stanno senza creare
problemi, e non vedono perché gli altri non possano essere altrettanto
disponibili a questo riguardo.”
“Ha senso”, dissi.
“Ma ora vediamo se puoi indicarmi il basilare meccanismo di
produzione della ricchezza dei Prendi.”
“Non è lo stesso per tutti?”
“Oh no”, disse Ishmael. “Il meccanismo di produzione della ricchezza
dei Lascia è radicalmente differente.”
“Mi stai chiedendo di descrivere il meccanismo di produzione della
ricchezza dei Prendi?”
“Esatto. Non è terribilmente complicato.”
Ci riflettei un po' e poi dissi: “Suppongo che si possa ridurre a: 'Io ho
qualcosa che vuoi, dammi qualcosa che voglio io'. O è troppo semplicistico?”
“Non per me, Julie. Preferisco sempre cominciare dall'osso anziché
doverci arrivare scavando nella carne”, disse Ishmael rovistando nella sua
stanza in cerca di un pennarello e di un blocco per gli appunti. Lo sfogliò
fino a trovare una pagina bianca, poi passò tre minuti a disegnare un
grafico, che premette contro il vetro per farmelo osservare.
“Questo schema mostra di che cosa si occupa la vostra economia:
creare prodotti per ottenere prodotti. Ovviamente sto usando la parola
prodotti in un modo piuttosto esteso, ma chiunque nell'industria dei servizi
capirà certamente di cosa sto parlando se mi riferisco al loro 'prodotto'. E
per la maggior parte ciò che le persone ottengono per i loro prodotti è
denaro, ma il denaro è solo un mezzo per comprare dei prodotti, e sono
quei prodotti ciò che le persone vogliono, non i pezzetti di carta. Basandoti
sulle nostre precedenti conversazioni, non avrai alcuna difficoltà ad
identificare l'evento che innescò questo scambio di prodotti.”
“Già. Il mettere il cibo sotto chiave.”
“Naturalmente. Prima di allora, non c'era motivo di fabbricare prodotti.
C'era motivo di fabbricare una pentola, un cesto o un utensile di pietra, ma
non c'era assolutamente ragione di fabbricarne migliaia. Nessuno era nel
business delle pentole, dei cesti o degli utensili di pietra. Ma con il cibo
chiuso sotto chiave, tutto questo cambiò immediatamente. Con il semplice
atto di chiuderlo sotto chiave, il cibo era stato trasformato in un prodotto –
il prodotto fondamentale della vostra economia. Improvvisamente, un
uomo con tre pentole poteva ottenere il triplo del cibo di qualcuno con una
pentola sola. Improvvisamente, qualcuno con trentamila pentole poteva
vivere in un palazzo, qualcuno con tremila poteva vivere in una bella casa
e qualcuno senza pentole poteva vivere per strada. La vostra intera
economia venne generata quando il cibo venne messo sotto chiave.”
“Quindi stai dicendo che i popoli tribali non hanno alcuna economia.”
“Non sto dicendo nulla del genere, Julie. Ecco la transazione
fondamentale dell'economia tribale.”
Passò a una pagina bianca e disegnò un nuovo schema.
“Non sono i prodotti a far girare l'economia tribale, è l'energia umana.
Questo è lo scambio fondamentale, e avviene in modo così poco
appariscente che la gente spesso suppone erroneamente che i popoli tribali
non abbiano alcuna economia, proprio come suppone erroneamente che
non abbiano alcun sistema educativo. Voi fabbricate e vendete centinaia di
milioni di prodotti ogni anno per costruire ed equipaggiare delle scuole che
educhino i vostri figli. I popoli tribali raggiungono lo stesso risultato
attraverso uno scambio di energia a basso livello e più o meno costante tra
adulti e bambini che quasi non notano nemmeno.
“Voi fabbricate e vendete centinaia di milioni di prodotti ogni anno per
finanziare le forze dell'ordine in modo che possano far rispettare la legge. I
popoli tribali raggiungono lo stesso obiettivo facendolo loro stessi.
Mantenere l'ordine non è mai un compito piacevole, ma per loro non è
neanche vagamente l'enorme preoccupazione che è per voi.
“Voi fabbricate e vendete trilioni di prodotti ogni anno per mantenere
organi governativi incredibilmente inefficienti e corrotti – come sapete
benissimo. I popoli tribali riescono a governarsi da soli efficientemente e
senza produrre o vendere nulla.
“Un sistema basato sullo scambio di prodotti concentra inevitabilmente
la ricchezza nelle mani di pochi, e nessun cambiamento governativo potrà
mai correggere questa situazione. Non è un difetto del sistema, è una cosa
intrinseca al sistema. Questo non riguarda esclusivamente il capitalismo. Il
capitalismo è solo l'espressione più recente di un'idea che è comparsa
diecimila anni fa all'inizio della vostra cultura. I rivoluzionari del
comunismo internazionale non sono andati neanche vagamente abbastanza
in profondità da causare il cambiamento a cui miravano. Pensavano di
poter fermare la giostra catturando tutti i cavalli, ma naturalmente i cavalli
non sono ciò che fa girare la giostra, sono solo passeggeri come il resto di
voi.”
“Con 'cavalli' intendi i governanti.”
“Esatto.”
“Come fermiamo davvero la giostra allora?”
Ishmael passò in rassegna i suoi rametti mentre ci rifletteva. Poi disse:
“Immagina di non aver mai visto una giostra e di incappare in una andata
fuori controllo. Potresti saltarci su e cercare di fermarla tirando le redini
dei cavalli e gridando 'Ferma!'”
“Immagino che potrei, se quella mattina mi fossi svegliata un po'
stupida.”
“E se quello non funzionasse, che cosa faresti?”
“Salterei giù e cercherei il pannello di controllo.”
“E se non ce ne fosse nessuno in vista?”
“Allora credo che cercherei di capire come funziona quell'affare.”
“Perché?”
“Perché? Perché se non c'è alcun interruttore, devi sapere come
funziona per fermarlo.”
Ishmael annuì. “Ora capisci perché sto cercando di farti capire come
funziona la giostra Prendi. Non c'è alcun interruttore, quindi se vuoi
fermarla devi sapere come funziona.”
“Un minuto fa”, gli dissi, “hai detto che un sistema basato sullo
scambio di prodotti concentra sempre la ricchezza nelle mani di pochi.
Perché avviene?”
Ishmael rifletté un momento, poi disse: “La ricchezza nella vostra
cultura è qualcosa che può essere messa sotto chiave. Sei d'accordo?”
“Penso di sì. Eccetto magari per qualcosa come un appezzamento di
terreno.”
“Scommetterei che l'atto di proprietà dell'appezzamento è sotto chiave”,
disse Ishmael.
“Vero.”
“Il proprietario del terreno potrà anche non metterci mai piede. Se ha
l'atto di proprietà può comunque venderlo a qualcun altro, che magari non
ci metterà mai piede a sua volta.”
“Vero.”
“Dato che la vostra ricchezza può venir messa sotto chiave, lo è. E
questo significa che si accumula. Specificamente, si accumula tra le
persone che hanno le chiavi e i lucchetti. Forse questo ti potrà aiutare... Se
immaginassi la ricchezza dell'antico Egitto come una sostanza visibile che
viene estratta atomo dopo atomo dal terreno da agricoltori, minatori,
costruttori, artigiani e così via, la vedresti come una nebbia diffusa che si
estende a tutto il paese. Ma questa nebbia di ricchezza è in movimento.
Viene continuamente indirizzata verso l'alto in un flusso sempre più stretto
e denso di ricchezza che affluisce direttamente ai magazzini della famiglia
reale. Se immaginassi allo stesso modo la ricchezza di una contea
medievale inglese come una sostanza visibile, la vedresti affluire
costantemente nei forzieri del duca o del conte locale. Se immaginassi allo
stesso modo la ricchezza dell'America del diciannovesimo secolo, la
vedresti affluire costantemente nelle mani di magnati, industriali e
finanzieri. Ogni transazione ai livelli inferiori spinge un po' di ricchezza su
verso un Rockefeller o un Morgan. Il minatore che compra un paio di
scarpe arricchisce leggermente Rockefeller, perché parte di quel denaro
arriva alla Standard Oil. Un'altra minuscola parte arriva a Morgan
attraverso una delle sue ferrovie. Nell'America attuale la ricchezza
affluisce allo stesso tipo di persone, anche se ora sono chiamate Boesky e
Trump invece di Rockefeller e Morgan. Ovviamente si potrebbe dire molto
di più a riguardo, ma questo risponde alla tua domanda?”
“Sì. Forse ciò che non capisco è questo. Se c'è della ricchezza, dove
potrebbe andare se non in mano a delle persone?”
“Capisco perché sei confusa”, disse annuendo. “La ricchezza naturalmente deve andare alle persone, ma non è questo il punto. Il punto non è
che la ricchezza generata dai prodotti affluisce sempre alle persone, ma
che affluisce sempre a poche persone. Quando la ricchezza è generata dai
prodotti, l'ottanta percento finirà sempre in mano al venti percento della
popolazione. Questo non avviene solo nel capitalismo. In ogni economia
basata sui prodotti, la ricchezza tenderà a concentrarsi nelle mani di
pochi.”
“Capisco, ma ho una domanda.”
“Chiedi pure.”
“Che mi dici di popoli come gli Inca o gli Aztechi? Da quel poco che
so, direi che tenessero il cibo sotto chiave.”
“Hai assolutamente ragione, Julie. L'idea di mettere il cibo sotto chiave
è stata inventata indipendentemente nel Nuovo Mondo. E tra popoli come
gli Aztechi e gli Inca, la ricchezza affluiva inesorabilmente nelle mani di
pochi facoltosi.”
“Ma allora questi popoli erano Lascia o Prendi?”
“Direi che erano una via di mezzo, Julie. Non erano più Lascia ma non
ancora Prendi, perché mancava loro un elemento fondamentale: non
pensavano che tutti nel mondo avrebbero dovuto vivere come loro. Gli
Aztechi, per esempio, avevano ambizioni territoriali, ma una volta che ti
avevano conquistato non gli importava come vivevi.”
Ricchezza, stile Lascia.
“La ricchezza generata nell'economia tribale non tende a concentrarsi
nelle mani di pochi”, disse Ishmael. “Questo non perché i Lascia sono
persone migliori di voi, ma perché hanno un tipo di ricchezza radicalmente
differente. Non c'è modo di accumulare la loro ricchezza – non è possibile
metterla sotto chiave – quindi non si può concentrare nelle mani di
nessuno.”
“Non ho idea di che cosa sia la loro ricchezza.”
“Lo capisco, Julie, e intendo sicuramente colmare questa lacuna. In
effetti, il modo più semplice di capire la loro economia è di cominciare
guardando il tipo di ricchezza che produce. Naturalmente, quando la gente
della vostra cultura osserva i popoli tribali non vede ricchezza di alcun
tipo, vede povertà. Questo è comprensibile, dato che l'unico tipo di
ricchezza che riconoscono è quello che può venire messo sotto chiave, e i
popoli tribali non sono molto interessati a quel tipo di ricchezza.
“La ricchezza più importante dei popoli tribali è la sicurezza dallaculla-alla-tomba per ogni singolo membro. Posso vedere che non sei
colpita dalla magnificenza di questa ricchezza. E' certamente non
impressionante o esaltante, specialmente (perdonami se te lo dico) per
qualcuno della tua età. Ci sono centinaia di milioni di voi, comunque, che
vivono nel puro terrore del futuro, perché in esso non vedono alcuna
sicurezza per se stessi. Essere resi obsoleti da una nuova tecnologia, essere
licenziati in quanto superflui, perdere lavori o intere carriere per colpa di
tradimenti, favoritismi o pregiudizi – questi sono solo alcuni degli incubi
che infestano i sonni dei vostri lavoratori. Sono sicuro che hai sentito
storie di lavoratori licenziati che sono tornati per sparare all'ex datore di
lavoro e agli ex colleghi.”
“Certo. Una a settimana, almeno.”
“Non sono pazzi, Julie. Perdere il lavoro per loro è la fine del mondo.
Sentono di essere mortalmente feriti. La loro vita è finita, e non rimane
altro che la vendetta.”
“Posso crederci.”
“Questo è impensabile nella vita tribale, Julie – e non solo perché i
popoli tribali non hanno lavori. Ogni membro della tribù deve sbarcare il
lunario come ognuno di voi. I mezzi per vivere non gli cadono dal cielo.
Ma non c'è modo di toglierglieli. Ce li hanno e basta. Ovviamente questo
non significa che nessuno fa mai la fame. Ma l'unico momento in cui
qualcuno fa la fame è quando la fanno tutti. Di nuovo, questo non perché i
popoli tribali sono più altruisti, sensibili e generosi – nulla del genere.
Pensi di poter capire perché?”
“Intendi perché nessuno fa la fame a meno che non la facciano tutti?
Non lo so. Posso tirare a indovinare.”
“Per favore, fallo.”
“Va bene. Be', non è che abbiano un negozio dove comprare il cibo.
Non sono sicura di che cosa sto dicendo.”
“Fai con calma.”
“Nei film avviene così. Diciamo che ci sono degli esploratori in una
spedizione al Polo Nord o qualcosa del genere. La loro nave rimane
incagliata e non possono tornare in tempo. Quindi il problema è come
sopravvivere. Devono razionare il cibo equamente e con molta attenzione.
Ma quando sono allo stremo e pronti a morire indovina che succede? Il
cattivo della situazione aveva una riserva di cibo segreta che è stato ben
attento a non condividere con nessuno.”
Ishmael annuì.
“Ora, il motivo per cui questo non accade nei popoli tribali è che loro
non cominciano con una riserva di cibo. A un certo punto, per qualche
motivo, il cibo comincia gradualmente a scarseggiare. C'è una siccità o un
incendio nella foresta o qualcosa del genere. Il primo giorno, sono tutti in
giro a cercare cibo, e tutti trovano ben poco. Il capo della tribù ha fame
quanto chiunque altro. Come potrebbe essere altrimenti, visto che non c'è
una scorta a cui possa attingere per primo? Sono tutti fuori a raggranellare
più cibo che possono, e se qualcuno ha fortuna e ne trova parecchio, la
cosa migliore che possa fare è condividerlo con gli altri, non perché è una
brava persona, ma perché più gente è in piedi a cercare cibo e meglio è per
tutti – lui incluso.”
“Analisi eccellente, Julie. Hai decisamente un dono per tutto questo...
Naturalmente non c'è nulla di specificamente umano in questo. Ovunque si
trovino animali organizzati in gruppi di raccolta del cibo, li si trova
condividere il cibo – non altruisticamente ma nel loro miglior interesse
individuale. D'altro canto, sono sicuro che ci siano state società tribali che
hanno deviato da questo modo di gestire la fame, società in cui la regola
era 'se il cibo è scarso non condividerlo, conservalo tutto per te'. Ma
nessuna di queste società può essere osservata oggi. Sono sicuro che sai
perché.”
“Certo. Perché quando è stata seguita una regola del genere, la tribù è
caduta a pezzi. Almeno credo.”
“Ma certo, Julie. Le tribù sopravvivono restando unite a tutti i costi, e
quando la regola è 'ognuno per sé', essa cessa di essere una tribù.”
“Ho cominciato questa parte della conversazione dicendo che la più
importante ricchezza dei popoli tribali è la sicurezza dalla-culla-alla-tomba
per ogni singolo membro. Questa è esattamente la ricchezza che la tribù
mira a ottenere restando unita. E, come puoi capire, è impossibile per una
singola persona avere più ricchezza di questo tipo di una qualunque altra
persona. Non c'è modo di accumularla, di metterla sotto chiave.
“Non intendo dire che questa ricchezza sia indistruttibile, naturalmente.
Rimane intatta solo finché lo rimane la tribù, e questo è il motivo per cui
così tante tribù Lascia vi hanno combattuto fino alla morte. Per come la
vedevano, se la tribù fosse stata distrutta loro sarebbero morti comunque.
Non intendo neanche dire che la gente non possa venire convinta ad
abbandonare questa ricchezza. Può esserlo di sicuro, e questo è ciò che
avviene quando per un motivo o per l'altro non potete semplicemente
mandare le truppe a sterminare i Lascia. I giovani in particolare sono
suscettibili alle tentazioni della ricchezza Prendi, che ovviamente ha molti
più lustrini e molte più luci della loro. Se riesci a convincere i giovani ad
ascoltare te piuttosto che il loro popolo, sei sulla buona strada per
distruggere la tribù, visto che qualunque cosa gli anziani non possano
tramandare viene persa per sempre quando muoiono.
“Vivere e camminare tra i loro vicini senza paura è la seconda più
grande ricchezza dei popoli tribali. Di nuovo, non è un tipo di ricchezza
molto appariscente, per quanto sicuramente molti di voi vorrebbero averla.
Non ho fatto vere e proprie ricerche a riguardo, ma mi sembra che ogni
sondaggio riveli che l'eventualità di essere vittima di crimini sia la vostra
più grande paura, o la seconda in classifica. Nelle società Prendi, solo i
ricchi vivono senza paura – o relativamente senza. Nelle società tribali,
tutti vivono senza paura. Naturalmente questo non significa che non
accade mai nulla di brutto a nessuno. Significa solo che avviene così di
rado che nessuno vive dietro porte sprangate e nessuno va in giro con delle
armi che si aspetta di dover usare per difendersi dai suoi vicini. Anche in
questo caso si tratta, ovviamente, di un tipo di ricchezza che non può
essere concentrato nelle mani di nessuno. Non può essere accumulato o
messo sotto chiave.
“Insieme a questi, c'è un altro tipo di ricchezza che vi manca così
profondamente da rendervi davvero patetici. In una società Lascia,
nessuno viene mai lasciato a gestire un problema opprimente da solo. Hai
un bambino disabile o autistico? Verrà percepito come un problema di tutta
la tribù – ma (come sempre) non per altruismo. Non ha semplicemente
alcun senso dire alla madre o al padre del bambino: 'Questo è solo un
vostro problema, non ci riguarda'. Hai un genitore che sta diventando
senile? Il resto della tribù non ti girerà le spalle mentre cerchi di gestire la
situazione. Loro sanno che un problema condiviso ampiamente cessa quasi
di essere un problema – e sanno benissimo che ognuno di loro un giorno
avrà bisogno di un aiuto simile con un problema o con un altro. Trovo
davvero straziante osservare la gente della vostra cultura soffrire senza
questa ricchezza. In una coppia di mezza età uno dei due contrae qualche
orribile malattia, i loro risparmi si esauriscono nel giro di mesi, coloro che
una volta erano loro amici li evitano, non hanno più soldi per le medicine e
improvvisamente la loro situazione è completamente disperata. Ancora e
ancora, l'unica soluzione che riescono a trovare è di morire insieme – un
misericordioso omicidio e un suicidio. Storie come questa sono comuni
nella vostra cultura, ma sono virtualmente inaudite nelle società Lascia.
“Nel sistema Prendi, voi usate la vostra ricchezza basata sui prodotti,
che avete accumulato con cura e fatica, per comprare quel sostegno che è
gratuito in ogni sistema Lascia. Quando un popolo tribale si trova ad avere
a che fare con un piantagrane, chiunque sia in grado di agire si unisce per
fare qualunque cosa sia necessaria, e questo è, in effetti, altamente
efficace. Voi, invece, per evitare di svolgere questo servizio lo trasformate
in un prodotto. Costruite forze di polizia e poi entrate in competizione per
avere la migliore (la meglio equipaggiata, la meglio pagata, e così via).
Questo è notoriamente inefficace, nonostante ci spendiate sempre più soldi
ogni anno, e crea una situazione in cui i ricchi sono molto più protetti dei
poveri. Nelle società Lascia, tutti gli adulti prendono parte all'educazione
dei giovani, che avviene senza sforzo e senza fatica. Voi, invece, per
evitare di svolgere questo servizio lo trasformate in un prodotto. Costruite
scuole, poi entrate in competizione per avere la migliore (la meglio
equipaggiata, quella con i migliori insegnanti, e così via). Anche questo è
notoriamente inefficace, nonostante ci spendiate sempre più soldi ogni
anno, e crea una situazione in cui i bambini dei ricchi sono educati in
modo generalmente meno sgradevole e meno inefficace. La cura dei malati
cronici, degli anziani, dei disabili, dei malati mentali – tutti questi servizi
vengono svolti in modo cooperativo nelle società Lascia, mentre nelle
vostre sono tutti trasformati in prodotti per cui competere, con i ricchi che
ottengono il meglio e i poveri che sono fortunati se ottengono qualcosa.”
Ci fu uno di quei momenti in cui nessuno di noi due sentiva di avere
qualcosa da aggiungere. Poi dissi: “Ho bisogno che mi chiarisci questo,
Ishmael. Non sono molto sicura di dove siamo stati e di dove siamo ora.”
Lui si grattò la mascella per un po' prima di rispondere. “Se volete
sopravvivere su questo pianeta, Julie, la gente della vostra cultura deve
cominciare ad ascoltare i suoi vicini nella comunità della vita. Per quanto
possa sembrare incredibile, non sapete tutto. E per quanto possa sembrare
incredibile, non dovete inventare tutto. Non dovete congegnare cose che
funzionino, dovete solo ispezionare i forzieri intorno a voi. Non c'è ragione
di essere sorpresi che i popoli Lascia godano di sicurezza dalla-culla-allatomba. Dopo tutto, tra i vostri vicini nella comunità della vita, ogni specie
comunitaria gode di questa sicurezza. Anatre, leoni marini, cervi, giraffe,
lupi, vespe, scimmie e gorilla (per nominare solo alcune specie tra milioni)
godono di questa sicurezza. Si deve supporre che gli Homo habilis abbiano
goduto di questa sicurezza – o come avrebbero potuto sopravvivere? C'è
forse motivo di dubitare che gli Homo erectus abbiano goduto di questa
sicurezza, o che l'abbiano trasmessa ai loro discendenti, gli Homo sapiens?
No, come specie siete comparsi vivendo in comunità in cui la sicurezza
dalla-culla-alla-tomba era la regola, e quella stessa regola è stata seguita
nel corso dello sviluppo dell'Homo sapiens fino al momento attuale – nelle
società Lascia. Solo nelle società Prendi la sicurezza dalla-culla-allatomba è diventata una rarità, una benedizione speciale limitata solo a pochi
privilegiati.”
Ishmael osservò la mia espressione per alcuni secondi e apparentemente capì di non essere ancora riuscito a spiegarsi.
“Hai fantasticato, Julie, di visitare l'universo per imparare come vivere.
Io ti sto mostrando dove questo segreto può essere trovato proprio qui sul
vostro pianeta, tra i vostri vicini della comunità della vita.”
“Capisco... Credo. C'era una ragazza nella mia classe l'anno scorso che
era abbonata a una qualche rivista. Non mi ricordo il nome, ma mi ricordo
il suo motto, almeno approssimativamente. Era: 'Guarire noi stessi, guarire
il mondo'. Diresti che è ciò di cui stai parlando?”
Ishmael ci rifletté e poi disse: “Ho paura di non avere molta simpatia
per l'approccio 'guaritore' ai vostri problemi, Julie. Voi non siete malati. Sei
miliardi di voi si svegliano ogni mattina e cominciano a divorare il mondo.
Questa non è una malattia che avete contratto una notte per colpa di uno
spiffero. Guarire è sempre una questione alla 'a volte va bene, a volte va
male', sono sicuro che lo sai. A volte l'aspirina cura il mal di testa, e a volte
no. A volta la chemioterapia uccide il cancro, e a volte no. Non potete
permettervi di gingillarvi cercando di 'curarvi'. Dovete cominciare a vivere
in modo diverso, e dovete cominciare a farlo in fretta.”
Meno non è sempre più.
“Sai”, dissi, “c'è qualcosa che potresti fare che mi aiuterebbe molto.
Non so se ho il diritto di chiedertelo, ma ecco qui.”
Ishmael fece una smorfia. “Ti ho dato l'impressione che il mio programma non sia soggetto a cambiamenti? Sembro davvero così rigido da
non essere disposto a venirti incontro?”
Ops, mi dissi, ma dopo averci pensato su un po' decisi di non scusarmi.
Gli dissi: “Probabilmente è passato parecchio tempo da quando eri una
ragazzina di dodici anni che parlava con un gorilla di mezza tonnellata.”
“Non vedo cosa il mio peso abbia a che fare con tutto questo”, scattò
lui.
“D'accordo, un vecchio gorilla centenario.”
“Non sono centenario e peso meno di duecentocinquanta chili.”
“Buon Dio”, dissi. “Sta cominciando a suonare come qualcosa preso da
Alice nel Paese delle Meraviglie.”
Ishmael ridacchiò e mi chiese cosa avrebbe potuto fare di utile.
“Dimmi come pensi che sarebbe il mondo se davvero riuscissimo a
cominciare a vivere in modo diverso.”
“E' una domanda perfettamente legittima, Julie, e non riesco a
immaginare perché tu abbia esitato a farla. So per esperienza che a questo
punto molte persone immaginano che io stia pensando a un futuro in cui la
tecnologia è scomparsa. E' fin troppo facile per voi incolpare la tecnologia
di tutti i vostri problemi. Ma gli umani sono nati creatori di tecnologia
come sono nati capaci di linguaggio, e non è mai stato trovato nessun
popolo Lascia che ne fosse privo. Come molti altri aspetti della vita
Lascia, comunque, quella tecnologia tende a essere quasi invisibile a occhi
abituati a tecnologia furiosamente potente e stravagante come la vostra. A
ogni modo, certamente non vi sto prospettando un futuro privo di
tecnologia.
“Molto spesso le persone abituate a pensare nel modo Prendi mi
dicono: 'Be', se il modo Prendi non è quello giusto, allora qual è?' Ma
naturalmente non c'è un unico modo giusto di vivere per le persone,
proprio come non c'è un unico modo giusto di costruire nidi per gli uccelli
o di tessere ragnatele per i ragni. Quindi di sicuro non sto auspicando un
futuro in cui l'Impero Prendi è stato distrutto e rimpiazzato da un altro.
Sarebbe completamente assurdo. Che cosa dovete fare, secondo Madre
Cultura?”
“Be'”, dissi. “Immagino che dica che non dobbiamo fare proprio
niente.”
Scosse la testa. “Ascoltala, non cercare di immaginare che cosa dice.
Hai nominato uno dei suoi insegnamenti a riguardo un minuto fa. Eccolo:
'Avete una qualche vaga e probabilmente incurabile malattia; non
scoprirete mai esattamente di che si tratta, ma ecco alcune cure che potete
provare. Provate questa, e se non funziona provate quest'altra. E se non
funziona neanche quella, provate quest'altra ancora.' Ad infinitum.”
“Va bene, capisco cosa intendi. Lasciami pensare.” Chiusi gli occhi e
dopo circa cinque minuti cominciai a vedere uno spiraglio. “Potrebbe
essere completamente sbagliato”, gli dissi. “Potrebbe essere la semplice
verità, ma ecco che cosa sento: 'Certo, potete salvare il mondo, ma odierete
davvero farlo. Sarà davvero doloroso'.”
“Perché doloroso?”
“A causa di tutte le cose a cui dovremo rinunciare. Ma come ho detto,
potrebbe essere la semplice verità.”
“No, non è la semplice verità, Julie. E' la semplice bugia di Madre
Cultura. Per quanto Madre Cultura sia una metafora, a volte si comporta
davvero come una persona. Perché credi che direbbe questa particolare
bugia?”
“Vuole dissuaderci dal cambiare, immagino.”
“Naturalmente. La sua intera funzione è proprio quella di preservare lo
status quo. Questa non è una caratteristica peculiare della vostra Madre
Cultura. In ogni cultura, la funzione di Madre Cultura è di mantenere lo
status quo. Non intendo affatto suggerire che questa sia sempre un'attività
malvagia.”
“Lo capisco.”
“Madre Cultura vuole fermarvi in partenza convincendovi che per voi
ogni cambiamento sarebbe sicuramente in peggio. E perché per voi ogni
cambiamento sarebbe in peggio, Julie?”
“Non capisco perché enfatizzi il 'per voi'.”
“Be', pensa ai Boscimani africani anziché a voi. Anche per loro ogni
cambiamento sarebbe un cambiamento in peggio?”
“Oh. Capisco cosa intendi. La risposta è no, naturalmente. Per i
Boscimani ogni cambiamento sarebbe un cambiamento in meglio, secondo
Madre Cultura.”
“Perché?”
“Perché quello che hanno è privo di valore. Quindi ogni cambiamento
sarebbe un miglioramento.”
“Esattamente. E perché invece per voi ogni cambiamento sarebbe
sicuramente un peggioramento?”
“Perché quello che abbiamo noi è la perfezione. Non può semplicemente migliorare oltre, quindi ogni cambiamento non potrebbe essere che un
peggioramento. E' giusto?”
“Molto giusto, Julie. Sono rimasto sorpreso da quanti di voi sembrino
davvero credere che ciò che avete sia la perfezione. Mi ci è voluto un po'
per capire che questo dipende dalla distorta comprensione che avete della
storia umana e dell'evoluzione. Molti di voi pensano, consapevolmente o
meno, che l'evoluzione sia un processo di inesorabile miglioramento.
Pensate che gli umani abbiano cominciato come creature miserabili e che,
sotto l'influenza dell'evoluzione, siano gradualmente migliorati sempre di
più, sempre di più, sempre di più, sempre di più, sempre di più, finché un
giorno sono diventati voi, completi di frigoriferi, forni a microonde,
condizionatori, furgoni e televisori satellitari con seicento canali. Per
questo, rinunciare a qualunque cosa sarebbe necessariamente un passo
indietro nello sviluppo umano. Quindi Madre Cultura presenta la questione
in questo modo: 'Salvare il mondo significa rinunciare a delle cose, e
questo significa tornare a essere miserabili. Quindi...”
“Quindi scordatevi di rinunciare a delle cose.”
“E più importante: scordatevi di salvare il mondo.”
“E che cosa stai dicendo tu?”
“Anch'io dico 'scordatevi di rinunciare a delle cose'. Non dovreste
pensare a voi stessi come a persone ricche che devono rinunciare ad alcune
delle loro ricchezze. Dovreste pensare a voi stessi come a persone in un
bisogno disperato. Capisci il significato basilare della parola benessere,
Julie?”
“Non ne sono sicura.”
“Da quale parola deriva caldo?”
“Calore, ovviamente.”
“Quindi, tira a indovinare. Da che parola deriva benessere?”
“Bene?”
“Naturalmente. Nel suo significato fondamentale, benessere non è
sinonimo di denaro, ma di stare bene.1 Per quanto riguarda i prodotti, siete
di certo favolosamente ricchi, ma per quanto riguarda il benessere umano,
siete poveri in modo patetico. In quell'aspetto siete i più miserabili del
pianeta. E questo è il motivo per cui non dovreste concentrarvi sul
rinunciare a delle cose. Come potrebbero le più miserabili creature sul
pianeta avere qualcosa a cui rinunciare? E' impossibile. Al contrario,
dovete concentrarvi sull'ottenere delle cose – ma non altri tostapane, Julie.
Non altre radio. Non altri televisori. Non altri telefoni. Non altri lettori CD.
Non altri giocattoli. Dovete concentrarvi sull'ottenere le cose di cui avete
disperatamente bisogno in quanto esseri umani. Al momento, avete
rinunciato a tutte queste cose, avete deciso che non possono essere ottenute. Ma il mio compito, Julie, è di mostrarti che non è così. Non dovete
rinunciare alle cose di cui avete bisogno come esseri umani. Sono alla
vostra portata – se sapete dove cercarle. Se sapete come cercarle. E questo
è ciò che sei venuta per imparare.”
“Ma come possiamo farlo, Ishmael?”
“Dovete diventare più esigenti per voi stessi, Julie – non meno. Qui è
dove mi dissocio dai vostri religiosi, che tendono a spingervi a essere
coraggiosi e sopportare ogni sofferenza e ad aspettarvi poco dalla vita – e
ad aspettarvi qualcosa di meglio solo nella prossima vita. Dovete esigere
per voi stessi la ricchezza che i popoli aborigeni in tutto il mondo sono
disposti a morire per difendere. Avete bisogno di esigere per voi stessi la
ricchezza che gli umani hanno avuto fin dall'inizio, che hanno dato per
scontata per centinaia di migliaia di anni. Dovete esigere per voi stessi la
ricchezza che avete gettato via per rendervi i dominatori del mondo. Ma
non potete chiederla ai vostri leader. Non la possiedono. Non possono
darvela. Ecco in cosa dovete differenziarvi dai rivoluzionari del passato,
che volevano semplicemente altri individui al potere. Non potete risolvere
i vostri problemi mettendo nuove persone al potere.”
“Già, ma a chi dobbiamo chiederla se non ai nostri leader?”
“Chiedetela a voi stessi, Julie. La ricchezza tribale è l'energia che i
membri della tribù si scambiano tra di loro per mantenere viva la tribù.
Questa energia è inesauribile, una risorsa completamente rinnovabile.”
Gemetti. “Non mi stai ancora dicendo come farlo.”
1
La parola inglese wealth può voler dire sia ricchezza che benessere, quindi la frase di Ishmael significa: “Nel suo
significato fondamentale, ricchezza non è sinonimo di denaro ma di stare bene.” La radice di wealth è infatti well
(bene).
“Julie, le cose che volete in quanto umani sono disponibili. Questo è il
mio messaggio per voi, ancora e ancora e ancora. Potete avere queste cose.
Gli individui che disprezzate e che considerate selvaggi ignoranti ce le
hanno, quindi perché non potreste averle voi?”
“Ma come? Come facciamo a ottenerle?”
“Prima di tutto dovete realizzare che è possibile ottenerle. Guarda,
Julie, per divenire in grado di andare sulla luna, avete prima dovuto
realizzare che era possibile andarci. Per divenire in grado di costruire un
cuore artificiale, avete prima dovuto realizzare che era possibile costruirlo.
Lo capisci?”
“Sì.”
“Al momento, Julie, quanti di voi capiscono che i vostri antenati
avevano un modo di vivere che funzionava molto bene per le persone? La
gente che viveva in quel modo non era continuamente tormentata da
crimine, follia, depressione, ingiustizie, povertà e rabbia. La ricchezza non
era concentrata nelle mani di pochi fortunati. Le persone non vivevano nel
terrore dei loro vicini o del futuro. Si sentivano al sicuro, e lo erano – in un
modo che è quasi inimmaginabile per voi. Questo modo di vivere esiste
ancora, e funziona ancora bene quanto prima, per le persone – a differenza
del vostro modo, che funziona molto bene per gli affari ma molto male per
le persone. Quanti di voi realizzano tutto questo?”
“Nessuno”, dissi. “O molti pochi individui.”
“Allora, come possono cominciare? Per andare sulla luna, bisogna
prima capire che è possibile andarci.”
“Quindi che cosa stai dicendo? Che è impossibile?”
Ishmael sospirò. “Ti ricordi cosa chiedeva il mio annuncio?”
“Certamente. Un sincero desiderio di salvare il mondo.”
“Allora presumibilmente sei venuta qui perché hai questo desiderio.
Pensavi che ti avrei dato una bacchetta magica? O un'arma automatica con
cui avresti potuto sterminare tutti i malvagi nel mondo?”
“No.”
“Pensavi che non ci fosse nulla da fare? Pensavi che saresti venuta qui,
avresti ascoltato per un po' e poi saresti andata a casa senza fare nulla?
Pensavi che la mia idea di salvare il mondo fosse di non fare nulla?”
“No.”
“Sulla base di ciò che ho detto qui, Julie, che cosa c'è bisogno di fare?
Che cosa dev'essere fatto innanzitutto prima che le persone possano
cominciare a capire come ottenere la ricchezza di cui hanno disperatamente bisogno?”
Scossi la testa, ma non era neanche vagamente abbastanza. Saltai giù
dalla poltrona e mulinai le braccia. Ishmael mi guardò incuriosito, come se
avessi finalmente perso la testa. Gli dissi: “Guarda! Non stai parlando di
salvare il mondo. Non riesco a capirti! Stai parlando di salvare noi!”
Ishmael annuì. “Capisco la tua confusione, Julie. Ma ecco come stanno
le cose. La gente della vostra cultura sta rendendo questo pianeta inabitabile per se stessa e per milioni di altre specie. Se avrà successo nel farlo, la
vita continuerà sicuramente, ma a livelli che voi (nel vostro modo altezzoso) considerereste indubbiamente più primitivi. Quando tu e io parliamo di
salvare il mondo, intendiamo salvare il mondo all'incirca come lo conosciamo ora – un mondo popolato di elefanti, gorilla, canguri, bisonti, alci,
aquile, foche, balene e così via. Capisci?”
“Certo.”
“Ci sono solo due modi di salvare il mondo in questo senso. Uno è di
distruggervi immediatamente – senza aspettare che rendiate il mondo
inabitabile per voi stessi. Non conosco alcun modo di fare una cosa simile,
Julie. E tu?”
“No.”
“L'unico altro modo di salvare il mondo è di salvare voi. E' di mostrarvi
come ottenere le cose di cui avete disperatamente bisogno – anziché
distruggere il mondo.”
“Oh”, dissi io.
“E' mia bizzarra convinzione, Julie, che la gente della vostra cultura stia
distruggendo il mondo non perché è malvagia o stupida, come insegna
Madre Cultura, ma perché sono terribilmente, terribilmente deprivati – di
cose che gli esseri umani devono assolutamente avere, di cui semplicemente non possono fare a meno anno dopo anno e generazione dopo
generazione. E' mia bizzarra convinzione che, se dovessero scegliere tra
distruggere il mondo e avere le cose che vogliono sinceramente e profondamente, sceglierebbero quest'ultima opzione. Ma prima di poter fare
questa scelta, devono vederla.”
Gli restituii una delle sue occhiate cupe. “E io dovrei mostrare loro che
hanno questa scelta. Giusto?”
“Giusto, Julie. Non è ciò che volevi fare nel tuo sogno a occhi aperti?
Portare l'illuminazione al mondo da luoghi lontani?”
“Sì, è quello che volevo fare nel mio sogno a occhi aperti, d'accordo.
Ma nella vita reale? Dammi tregua. Sono solo una ragazzina che si chiede
come sopravviverà quando andrà al liceo.”
“Me ne rendo conto. Ma non lo rimarrai per sempre. Che tu lo sappia o
no, sei venuta qui per essere cambiata, e lo sei stata. E che tu lo sappia o
no, il cambiamento è permanente.”
“Lo so”, gli dissi. “Ma non hai risposto alla mia domanda. Ti ho chiesto
di dirmi come sarebbe il mondo se riuscissimo davvero a cominciare a
vivere in modo diverso. Penso che abbiamo bisogno di un obiettivo a cui
aspirare. Io di sicuro ne ho bisogno.”
“Lo farò, Julie, ma la prossima volta. Penso che per oggi sia ora di
terminare. Puoi venire venerdì?”
“Sì, credo di sì. Ma perché venerdì in particolare?”
“Perché ho qualcuno che voglio farti conoscere. Non Alan Lomax”,
aggiunse rapidamente quando vide la mia espressione. “Si chiama Art
Owens, e mi aiuterà a trasferirmi da qui.”
“Potrei aiutarti io.”
“Sono sicuro che potresti, Julie, ma lui ha una vettura e un posto dove
portarmi, e verrà fatto tutto nel bel mezzo della notte. Non un momento in
cui dovresti essere in giro.”
Ci riflettei qualche momento. “Potrebbe passarmi a prendere. Se può
venire qui, può andare lì.”
Ishmael scosse la testa. “Un uomo afroamericano di quarant'anni che
passa a prendere una ragazzina bianca di dodici anni nel bel mezzo della
notte sarebbe un invito alla catastrofe.”
“Già. Odio dirlo, ma hai ragione.”
Mio Dio, non sono io!
C'era una seconda poltrona nella stanza quando arrivai venerdì, e la
cosa non mi piacque neanche un po' – il problema non era la poltrona in sé,
naturalmente, ma l'idea di condividere il mio Ishmael con chiunque altro,
egoista civetta che sono. Perlomeno non era bella come quella a cui ero
abituata io. Feci finta che non fosse lì e cominciammo.
“Tra i suoi amici al college”, iniziò Ishmael, “la mia benefattrice,
Rachel Sokolow, aveva un giovane uomo di nome Jeffrey, il cui padre era
un celebre chirurgo. Jeffrey divenne una persona importante in molte vite
in quel momento e più tardi, perché presentava alla gente un problema.
Non riusciva a capire che cosa fare di se stesso. Era fisicamente attraente,
intelligente, simpatico e portato praticamente per tutto ciò che provava a
fare. Sapeva suonare la chitarra molto bene, per quanto non avesse
interesse in una carriera musicale. Sapeva scattare una bella fotografia,
buttar giù un buon disegno, recitare da protagonista in una rappresentazione scolastica e scrivere una storia interessante o un saggio provocatorio,
ma non voleva essere un fotografo, un artista, un attore o uno scrittore.
Andava bene in tutti i suoi corsi, ma non voleva essere un insegnante o
uno studioso e non era interessato a seguire le orme di suo padre o a
perseguire una carriera nella legge, nelle scienze, in matematica, negli
affari o in politica. Era attirato dalle questioni spirituali e occasionalmente
andava in chiesa, ma non voleva diventare un teologo o un chierico. A
dispetto di tutto questo, sembrava 'ben inserito nella società', come si dice.
Non era fobico, depressivo o neurotico. Non era dubbioso o confuso sulla
propria identità sessuale. Immaginava che un giorno si sarebbe sistemato e
sposato, ma non finché non avesse trovato uno scopo nella vita.
“Gli amici di Jeffrey non si stancavano mai di trovare nuove idee da
presentargli, nella speranza di risvegliare il suo interesse. Non gli sarebbe
piaciuto recensire film per il giornale locale? Aveva mai pensato di
intagliare scrimshaw o di creare gioielli? La fabbricazione di mobilio
venne suggerita come occupazione spiritualmente soddisfacente. Che
gliene pareva di andare a caccia di fossili? Della cucina da buongustaio?
Forse avrebbe dovuto diventare un esploratore. Non sarebbe stato divertente lavorare in uno scavo archeologico? Il padre di Jeffrey era molto
comprensivo riguardo la sua incapacità di trovare qualcosa che lo entusiasmasse, ed era pronto a sostenerlo in qualunque esplorazione potesse
trovare degna di essere intrapresa. Se un giro del mondo fosse sembrato
affascinante, un agente di viaggi sarebbe stato messo al lavoro. Se avesse
voluto provare la vita all'aria aperta, l'equipaggiamento necessario gli
sarebbe stato fornito volentieri. Se avesse voluto provare la vita in mare,
sarebbe stata approntata una nave. Se avesse voluto provare con la
ceramica, avrebbe trovato una fornace ad attenderlo. Perfino se avesse
voluto limitarsi a partecipare a feste e vita sociale, sarebbe andato bene.
Lui rifiutò educatamente tutte le offerte, imbarazzato dal dare tanto
disturbo a tutti quanti.
“Non voglio darti l'impressione che fosse pigro o viziato. Era sempre ai
primi posti della sua classe, aveva un lavoro part-time, viveva in un
normale dormitorio per studenti, non possedeva nemmeno un'automobile.
Si limitava a guardare al mondo che gli veniva offerto e a non vedere una
singola cosa degna di essere perseguita. I suoi amici continuavano a dirgli:
'Senti, non puoi continuare così. Devi trovarti una qualche ambizione, fare
qualcosa della tua vita!'
“Jeffrey si laureò con lode ma senza una direzione. Dopo aver passato
l'estate in casa di suo padre, andò a visitare un amico del college che si era
appena sposato. Si portò il suo zaino, la sua chitarra e il suo diario. Dopo
qualche settimana visitò qualche altro amico, facendo l'autostop. Non
aveva fretta. Si fermò lungo la strada, aiutò delle persone che stavano
costruendo un fienile, guadagnò abbastanza soldi da poter continuare a
viaggiare, e alla fine raggiunse la sua successiva destinazione. Presto
l'inverno fu alle porte e lui tornò a casa. Lui e suo padre ebbero lunghe
conversazioni, giocarono a gin rummy, a biliardo, a tennis, guardarono il
football, bevvero birra, lessero libri, andarono al cinema.
“Quando arrivò la primavera, Jeffrey comprò un'auto di seconda mano
e partì per andare a trovare degli amici nell'altra direzione. La gente lo
accoglieva ovunque andasse. A loro piaceva e si sentivano dispiaciuti per
lui, era così sbandato, così inefficiente, così privo di obiettivi. Ma non si
arresero. Una persona voleva comprargli una videocamera per permettergli
di girare dei filmati dei suoi viaggi. Jeffrey non era interessato. Un'altra
persona si offrì di mandare le sue poesie a varie riviste per vedere se
qualcuno fosse disposto a pubblicarle. Jeffrey disse che andava bene, ma
che personalmente non gliene importava molto. Dopo aver lavorato in un
campeggio per l'estate gli fu chiesto di restare come membro permanente
dello staff, ma la prospettiva non lo attirava molto.
“Quando arrivò l'inverno, suo padre lo convinse ad andare da uno
psicoterapeuta che conosceva e di cui si fidava. Jeffrey continuò ad andarci
per tutto l'inverno, tre volte a settimana, ma alla fine lo psicoterapeuta
dovette ammettere che, a parte essere 'un po' immaturo', non c'era nulla che
non andasse in lui. Quando gli chiesero che cosa intendesse con 'un po'
immaturo', lo psicoterapeuta rispose che Jeffrey mancava di motivazione,
ambizione e obiettivi – tutte cose che già sapevano. 'Troverà qualcosa in
un anno o due', predisse lo psichiatra. 'E sarà probabilmente qualcosa di
molto ovvio. Sono sicuro che gli sta sotto il naso proprio ora e che lui
semplicemente non se n'è ancora accorto'. Quando arrivò la primavera
Jeffrey tornò a mettersi in viaggio, e se davvero qualcosa gli stava sotto il
naso, continuò a non riuscire a vederlo.
“Gli anni passarono in questo modo. Jeffrey vide i suoi amici sposarsi,
crescere dei figli, costruire carriere, creare aziende, ottenere un po' di
notorietà qui, accumulare una piccola fortuna lì... Mentre lui continuava a
suonare la sua chitarra, a scrivere poesie e a riempire un diario dopo l'altro.
La primavera scorsa ha festeggiato il suo trentunesimo compleanno con
degli amici in una casa sul lago in Wisconsin. La mattina è sceso al lago,
ha scritto alcune righe sul suo diario, poi è entrato in acqua e si è
annegato.”
“Triste”, dissi dopo un momento, senza riuscire a pensare a nulla di più
brillante.
“E' una storia piuttosto comune, Julie, eccetto che per un particolare: il
padre di Jeffrey gli ha reso possibile continuare ad andare alla deriva, lo ha
addirittura sostenuto mentre non faceva nulla per quasi dieci anni – non lo
ha messo sotto pressione perché si desse una regolata e diventasse un
adulto responsabile. Questo è ciò che differenzia Jeffrey da milioni di altri
giovani nella vostra cultura, che in realtà non hanno più motivazione di
quanta ne avesse lui. O pensi che mi sbagli in questo?”
“Non capisco cosa vuoi dire abbastanza bene da dire se ti sbagli o no.”
“Pensando ai giovani che conosci, trovi che ardano dal desiderio di
diventare avvocati, banchieri, ingegneri, cuochi, parrucchieri, agenti
assicurativi e autisti dell'autobus?”
“Alcuni di loro, sì. Non necessariamente le cose che hai menzionato,
parrucchieri e autisti dell'autobus, ma alcune cose. Conosco ragazzi a cui
non dispiacerebbe essere stelle del cinema o atleti professionisti, per
esempio.”
“E quali sono le probabilità che riescano a diventarlo, realisticamente
parlando?”
“Una su milioni, immagino.”
“Pensi che ci siano diciottenni là fuori che sognano di diventare tassisti,
ortodontisti o asfaltatori?”
“No.”
“Pensi che ci siano molti diciottenni là fuori che sono come Jeffrey, che
non sono realmente attratti da nulla nel mondo del lavoro Prendi? Che
sarebbero felici di evitarlo completamente se qualcuno desse loro uno
stipendio annuale di venti o trentamila dollari?”
“Dio, sì, se la metti così sono sicura che ci siano. Stai scherzando? Ce
ne saranno milioni.”
“Ma se non c'è nulla che desiderino davvero fare nel mondo del lavoro
Prendi, perché ci entrano? Perché svolgono lavori che chiaramente non
significano nulla né per loro né per nessun altro?”
“Li svolgono perché devono farlo. I loro genitori li cacciano di casa. O
si trovano un lavoro o muoiono di fame.”
“Esatto. Ma naturalmente in ogni classe di diplomati ce ne sono alcuni
che preferiscono morire di fame. La gente usava chiamarli barboni o
vagabondi. Oggigiorno vengono spesso definiti 'senzatetto', suggerendo
che vivano per strada perché vi sono costretti, non perché lo preferiscono.
Sono fuggitivi, raccoglitori di rottami, prostitute, truffatori, rapinatori,
rovistatori di discariche. Tirano avanti, in un modo o nell'altro. Il cibo
potrà essere sotto chiave, ma loro hanno trovato tutte le crepe nei muri del
magazzino. Si ubriacano e raccolgono lattine di alluminio. Chiedono
l'elemosina, razziano i cassonetti della spazzatura dei ristoranti e compiono
piccoli furti. Non è una vita facile, ma preferiscono vivere in questo modo
che trovarsi un lavoro privo di senso e vivere come la massa di poveri
urbani. Si tratta di una subcultura piuttosto ampia, in effetti, Julie.”
“Sì, ora che ne parli in questo modo la riconosco. Conosco personalmente dei ragazzi che parlano di andare a vivere per strada. Parlano di
andare in specifiche città in cui ci sono già molti ragazzi che lo fanno.
Credo che Seattle sia una.”
“Questo fenomeno sfuma in quello delle bande giovanili e delle sette.
Quando questi individui sono organizzati intorno a leader carismatici e
belligeranti, vengono chiamati 'bande'. Quando sono organizzati intorno a
dei guru, vengono chiamati 'sette'. I ragazzi che vivono per strada hanno
un'aspettativa di vita molto bassa, e non impiegano molto a rendersene
conto. Vedono i loro amici morire da adolescenti o da ventenni, e sanno
che la loro sorte sarà la stessa. Ciononostante, non riescono a costringersi
ad affittare un tugurio, raccattare qualche vestito decente e cercare di
ottenere un qualche stupido lavoro a paga minima che detestano. Capisci
cosa sto dicendo, Julie? Jeffrey è solo il rappresentante altoborghese di
questo fenomeno. I rappresentanti delle classi inferiori non hanno il
privilegio di potersi annegare in limpidi laghi nel Wisconsin, ma quello
che fanno alla lunga ottiene lo stesso risultato. Preferirebbero morire che
unirsi ai ranghi degli ordinari indigenti urbani, e generalmente in breve
muoiono davvero.”
“Lo capisco”, gli dissi. “Quello che non capisco è dove vuoi arrivare.”
“Non ho una vera e propria destinazione, Julie. Sto portando alla tua
attenzione qualcosa che la gente della vostra cultura preferisce fingere che
sia irrilevante, di nessuna importanza. La storia di Jeffrey è terribilmente
triste – ma lui è una rarità, non è vero? Potreste essere preoccupati se
migliaia di Jeffrey si annegassero in un lago. Ma migliaia di giovani
sbandati che muoiono nelle vostre strade è qualcosa che potete tranquillamente ignorare.”
“Sì, è vero.”
“Ciò che sto osservando è qualcosa che la gente della vostra cultura è
sicura che non abbia bisogno di venire osservato. Sono tossicodipendenti,
perdenti, malviventi, spazzatura. L'atteggiamento adulto verso di loro è:
'Se vogliono vivere come animali, lasciateli vivere come animali. Se
vogliono ammazzarsi a vicenda, lasciate che lo facciano. Sono difettosi,
sociopatici e disadattati, e stiamo meglio senza di loro'.”
“Sì, direi che è quello che pensa la maggior parte degli adulti a
riguardo.”
“Sono in uno stato di negazione, Julie, e cos'è che stanno negando?”
“Stanno negando che questi siano i loro figli. Questi sono i figli di
qualcun altro.”
“Esatto. Non c'è alcun messaggio per voi in un Jeffrey che si annega in
un lago o in una Susie che muore di overdose nei bassifondi. Non c'è alcun
messaggio per voi nelle decine di migliaia di persone che si suicidano ogni
anno o che scompaiono nelle strade, lasciandosi dietro nient'altro che volti
sul cartone del latte. Non c'è nessun messaggio. Sono come scariche
statiche nella radio, qualcosa che dev'essere ignorato, e più lo ignorate,
meglio sentite la musica.”
“Verissimo. Ma sto ancora cercando di capire dove vuoi arrivare.”
“Nessuno penserebbe mai di chiedersi: 'Di che cosa hanno bisogno
questi ragazzi?'”
“Dio, no. Chi se ne importa di che cosa hanno bisogno?”
“Ma tu puoi chiedertelo, non è vero? Puoi farlo, Julie? Puoi sopportarlo?”
Rimasi lì seduta per un minuto, fissando nel vuoto, e all'improvviso la
maledettissima cosa successe: scoppiai a piangere. Esplosi. Me ne stetti lì
seduta completamente travolta da grandi, tremendi singhiozzi che non
riuscivo a far smettere, non riuscivo a far smettere, finché cominciai a
credere di aver trovato la mia vocazione: star seduta in quella poltrona a
piangere.
Quando cominciai a calmarmi, mi alzai, dissi a Ishmael che sarei
tornata di lì a poco e uscii a fare una passeggiata intorno all'isolato –
intorno a un paio di isolati, in realtà. Poi tornai indietro e gli dissi che non
sapevo come esprimerlo a parole.
“Non si possono esprimere le emozioni a parole, Julie. Lo so. Le hai
espresse con quei singhiozzi, e non ci sono parole altrettanto eloquenti. Ma
ci sono altre cose che puoi esprimere a parole.”
“Sì, immagino che sia vero.”
“Hai avuto un qualche tipo di visione della devastante mancanza che
condividi con i giovani di cui stavamo parlando.”
“Già. Non sapevo di condividerla con loro. Non sapevo di condividere
nulla con loro.”
“Il primo giorno che sei venuta a trovarmi, hai detto che stai costantemente dicendo a te stessa: 'Devo andarmene di qui, devo andarmene di
qui'. Hai detto che questo significava: 'Scappa per salvarti!'”
“Sì. Immagino che si possa dire che è quello che provavo mentre me ne
stavo qui a piangere. Per favore! Per favore, lasciami scappare per
salvarmi! Ti prego, lasciami uscire! Lasciami andare! Per favore, non
tenermi rinchiusa qui per il resto della mia vita! DEVO scappare! Non
riesco a SOPPORTARE tutto questo!”
“Ma questi non sono pensieri che puoi condividere con i tuoi compagni
di classe.”
“Non sono pensieri che avrei potuto condividere con me stessa due
settimane fa.”
“Non avresti osato guardarli.”
“No, se li avessi guardati avrei detto: 'Mio Dio, cos'ho di sbagliato?
Devo avere una qualche malattia!'”
“Questo è esattamente il tipo di pensieri che Jeffrey ha scritto nel suo
diario ancora e ancora. 'Che cos'ho che non va? Che cos'ho di sbagliato?
Dev'esserci qualcosa di terribilmente sbagliato in me che mi impedisce di
trovare la felicità nel mondo del lavoro'. Sempre, scriveva: 'Che cosa c'è di
sbagliato in me? Che cosa c'è di sbagliato in me? Che cosa c'è di sbagliato
in me?' E naturalmente tutti i suoi amici continuavano a dirgli: 'Che cosa
c'è di sbagliato in te? Che cosa c'è di sbagliato in te? Che cosa c'è di
sbagliato in te che ti impedisce di gioire di questo meraviglioso programma?' Forse ora capisci per la prima volta che il mio ruolo è quello di
portarti questa incredibile notizia: che non c'è niente di sbagliato IN TE.
Non sei tu il problema. E credo che ci fosse questa consapevolezza nei tuoi
singhiozzi: 'Mio Dio, non sono io!'”
“Sì, hai ragione. Metà di ciò che stavo provando era un tremendo senso
di sollievo.”
Rivoluzionari.
“Vuoi sapere come sarebbe il mondo se cominciaste a vivere in modo
diverso. Ora hai un'idea migliore del motivo per cui dovreste cominciare a
vivere in modo diverso. Ti ho detto che dovevate smettere di pensare a
rinunciare a delle cose ed essere più esigenti, ma non credo che tu avessi
capito cosa intendevo.”
“No, non l'avevo capito, non veramente. Ma credevo di sì.”
“Ma ora capisci davvero. Sei crollata quando hai finalmente compreso
che io avrei davvero ascoltato le tue richieste, che volevo ascoltarle – e che
meritavi perfino di vedere le tue richieste accolte.”
“Sì, è vero.”
“Ecco come progetteremo un mondo per voi, Julie. Ascoltando le vostre
richieste. Cosa vorresti? Cosa moriresti pur di avere?”
“Accidenti”, dissi. “Proprio una bella domanda. Voglio un luogo in cui
poter stare dove non passerei il tempo a dirmi: Devo andarmene di qui,
devo andarmene di qui, devo andarmene di qui, devo andarmene di qui.”
“Tu e i Jeffrey del mondo avete bisogno di un vostro spazio culturale.”
“Sì, esatto.”
“Spazio culturale non significa necessariamente spazio geografico. I
ragazzi che vivono nelle strade di Seattle e in posti simili non stanno
cercando centinaia di acri da possedere. Sono perfettamente contenti di
condividere il vostro territorio, e in realtà probabilmente morirebbero di
fame se dovessero vivere in un territorio separato solo per loro. Stanno
dicendo: 'Sentite, ci accontentiamo di sopravvivere con quello che voi
gettate via. Perché non potete semplicemente lasciarcelo fare? Dateci solo
la possibilità di essere raccoglitori e spazzini. Saremo la tribù del Corvo.
Non uccidete i corvi che si occupano delle carcasse degli animali uccisi
dalle vostre automobili, non è vero? Se uccidete i corvi, dovete ripulire le
strade dalle carcasse voi stessi. Lasciate che lo facciano i corvi. Non
stanno prendendo nulla che vogliate, quindi che problema avete con loro?
Neanche noi stiamo prendendo nulla che vogliate, quindi che problema
avete con noi?'”
“Suona piuttosto bene, in realtà... Non che potrà mai avvenire.”
“E che mi dici di te, Julie? Ti piacerebbe appartenere alla tribù del
Corvo?”
“Non particolarmente, a essere onesta.”
“Be', perché dovresti? Non esiste un unico modo giusto di vivere. Ma
immagina che gli abitanti di Seattle dicano: 'Proviamoci. Invece di opporci
a questi ragazzi, cercare di cambiarli o rendergli la vita un inferno,
diamogli una mano. Aiutiamoli a diventare la tribù del Corvo. Qual è il
peggio che potrebbe accadere?'”
“Sarebbe grandioso.”
“E se sapessi che ci sono persone così a Seattle – persone disposte a
correre un rischio simile – dove vorresti vivere se stessi cercando un posto
dove vivere?”
“Vorrei vivere a Seattle.”
“Potrebbe essere un posto interessante, Julie. Un posto dove le persone
provano cose.” Ishmael tacque per diversi minuti, ed ebbi la sensazione
che avesse perso il filo. Finalmente, continuò. “Non importa quanto chiaro
credo di essere stato, a questo punto i miei allievi mi dicono sempre: 'Sì,
ma che cosa dobbiamo fare, in pratica?' E io dico loro: 'Voi Prendi siete
orgogliosi della vostra creatività, no? Be', siate creativi'. Ma questo non li
aiuta molto, non è vero?”
Non sapevo se stesse parlando con me o con se stesso, ma mi limitai a
stare seduta ad ascoltare.
“Parlami dell'essere creativi, Julie.”
“Cosa intendi?”
“Quando è stato il vostro più grande periodo di creatività? Il più grande
periodo di creatività della storia umana?”
“Dovrei dire che era questo. E' questo.”
“Il periodo della Rivoluzione Industriale.”
“Esatto.”
“Come funzionava?”
“Che vuoi dire?”
“Il vostro compito più importante nei prossimi decenni sarà di essere
creativi – non riguardo i macchinari ma riguardo voi stessi. Ha senso per
te?”
“Sì.”
“Allora forse c'è qualcosa che possiamo imparare sulla creatività dal
periodo più creativo della storia umana. Ti sembra plausibile?”
“Sì, assolutamente.”
“Allora, di nuovo: come funzionava?”
“La Rivoluzione Industriale? Dio, non lo so.”
“Un'Armata Rivoluzionaria Industriale ha forse marciato nella capitale
e ha preso il potere? Ha radunato la famiglia reale e l'ha ghigliottinata?”
“No.”
“Allora cos'è successo?”
“Dio... Mi stai chiedendo di parlarti di cartelli e monopoli?”
“No, nulla del genere. Non sto facendo attenzione ai soldi, ma alla
creatività. Prova in questo modo, Julie. Com'è cominciata la Rivoluzione
Industriale?”
“Oh. Va bene. Me lo ricordo. E' tutto quello che ricordo, in realtà.
James Watt. Il motore a vapore. Millesettecento e qualcosa.”
“Eccellente, Julie. James Watt, il motore a vapore, millesettecento e
qualcosa. A James Watt viene spesso attribuita l'invenzione del motore a
vapore che dette inizio a tutto, ma questa è una semplificazione ingannevole che manca completamente il punto di questa rivoluzione. James Watt nel
1763 si limitò ad apportare miglioramenti a un motore progettato nel 1712
da Thomas Newcomen, che a sua volta aveva solamente migliorato un
motore progettato nel 1702 da Thomas Savery, che senza dubbio era a
conoscenza del motore descritto nel 1663 da Edward Somerset, che era
solo una variazione della fontana a vapore di Salomon de Caus del 1615,
che era in realtà molto simile a un dispositivo descritto tredici anni prima
da Giambattista della Porta, che fu il primo a utilizzare la potenza del
vapore in modo significativo dai tempi di Erone di Alessandria, nel primo
secolo dell'era cristiana. Questa è un'eccellente dimostrazione di come
funzionava la Rivoluzione Industriale. Ma non credo che tu capisca
davvero ancora, quindi ti darò un altro esempio.
“I motori a vapore non sarebbero serviti a molto senza il carbone coke,
che è privo di fiamma e di fumo. La trasformazione del carbone normale in
carbone coke produce gas di carbone, che originariamente veniva semplicemente espulso e considerato privo di valore. Ma nel 1790 si cominciò a
bruciarlo nelle fabbriche, sia per dare energia ai macchinari che per
produrre luce. Ma produrre gas di carbone generava un altro prodotto di
scarto, il catrame, una disgustosa melma puzzolente di cui era molto
difficile sbarazzarsi. Dei chimici tedeschi pensarono che fosse stupido
faticare per liberarsene quando invece si sarebbe potuto trovare un modo
utile di usarlo. Distillando il catrame, produssero cherosene, un nuovo
combustibile, e creosoto, una sostanza catramosa che si scoprì essere uno
straordinario conservante per il legno. Dato che il creosoto impediva al
legno di marcire, sembrò ragionevole supporre che si potessero ottenere
risultati simili con altri derivati del catrame. In un esperimento simile,
dell'acido fenico venne usato per inibire la putrefazione nelle fogne.
Venendo a sapere che l'acido fenico poteva avere questo effetto nel 1865, il
chirurgo inglese Joseph Lister si chiese se avrebbe potuto prevenire la
putrefazione anche della carne umana ferita (che all'epoca rendeva ogni
intervento chirurgico potenzialmente letale). Poteva. Un altro derivato
ancora fu il nerofumo, il residuo lasciato dal fumo che il catrame liberava
bruciando. Questo trovò un utilizzo in un tipo di carta carbone inventato da
Cyrus Dalkin nel 1823. Trovò un altro utilizzo ancora quando Thomas
Edison scoprì di poter amplificare i suoni trasmessi dal telefono inserendo
un frammento di nerofumo nel ricevitore.”
Ishmael mi guardò con aria speranzosa. Gli dissi che il catrame era
molto più utile di quanto avessi pensato. “Mi dispiace”, aggiunsi. “So che
non sto cogliendo il punto.”
“Mi hai chiesto che cosa fare, Julie, e ti ho dato una direttiva generale:
siate creativi. Ora sto cercando di mostrarti che cosa significa essere
creativi. Sto cercando di mostrarti come il più grande periodo di creatività
umana ha funzionato: la Rivoluzione Industriale è stata il prodotto di un
milione di piccoli inizi, un milione di grandi piccole idee, un milione di
modeste innovazioni e miglioramenti di invenzioni precedenti. Questi
milioni non sono un'esagerazione, penso. In un periodo di trecento anni,
centinaia di migliaia di voi, agendo quasi esclusivamente per motivi di
interesse personale, hanno trasformato il mondo umano diffondendo e
migliorando idee e scoperte, portandole passo dopo passo a nuove idee e
nuove scoperte.
“So che ci sono puritani Ludditi tra di voi che pensano che la Rivoluzione Industriale sia stata opera del diavolo, ma io non sono sicuramente
uno di essi, Julie. In parte perché non procedeva secondo un progetto
teorico, la Rivoluzione Industriale non era un'impresa utopistica – a
differenza di cose come le vostre scuole, le vostre prigioni, i vostri
tribunali e le vostre strutture governative. Non aveva bisogno che le
persone fossero migliori di quello che sono. In effetti, aveva bisogno che le
persone fossero esattamente ciò che sono sempre state. Dai loro luci a gas
e abbandoneranno le candele. Dai loro luci elettriche e abbandoneranno
quelle a gas. Offri loro scarpe belle e comode e abbandoneranno le scarpe
brutte e scomode. Offri loro macchine da cucire elettriche e abbandoneranno quelle a pedale. Offri loro televisori a colori e abbandoneranno
quelli in bianco e nero.
“E' tremendamente importante notare che la ricchezza della creatività
umana che veniva generata dalla Rivoluzione Industriale era diffusa e non
concentrata nelle mani di pochi privilegiati. Non mi sto riferendo ai
prodotti che venivano fabbricati, ma piuttosto alla ricchezza intellettuale
che veniva generata. Nessuno poteva mettere sotto chiave né il processo
creativo stesso, né le scoperte che produceva. Ogni volta che qualche
nuovo dispositivo o processo veniva ideato, chiunque era libero di dire:
'Posso farci qualcosa, con quello'. Chiunque era libero di dire: 'Posso
prendere quest'idea e costruirci sopra'. Chiunque era libero di dire: 'Posso
usare quest'idea in un modo che il suo inventore non si è mai neanche
sognato'.”
“Be'”, gli dissi, “di sicuro non mi era mai venuto in mente di pensare
alla Rivoluzione Industriale in questo modo.”
“E' importante notare che non la sto proponendo come candidata alla
beatificazione. Non sto lodando i suoi scopi o le sue caratteristiche
riprovevoli – il suo materialismo spietato, il suo allettante consumismo, il
suo enorme appetito per risorse insostituibili, la sua sollecitudine nel
dirigersi ovunque l'avidità le indicasse. Sto lodando unicamente il suo
modo di operare, che ha generato il più grande e democratico flusso di
creatività della storia umana. Lungi dal pensare di 'rinunciare a delle cose',
dovete cominciare a pensare di rilasciare un altro fiume di creatività umana
– uno volto non alla creazione di ricchezza basata sui prodotti, ma
piuttosto alla creazione di quel tipo di ricchezza che avete gettato via per
rendervi i dominatori del mondo e che ora bramate così disperatamente.”
“Dammi un esempio, Ishmael. Dammi un esempio.”
“Il progetto di Seattle di cui abbiamo appena discusso è un esempio.
Sarebbe l'equivalente della fontana a vapore del 1615 di Salomon de Caus,
Julie. Non un'ultima parola, solo un inizio. La gente a Los Angeles
guarderebbe il loro esperimento e direbbe: 'Sì, non è male, ma possiamo
fare di meglio qui'. E la gente a Detroit osserverebbe il risultato di Los
Angeles e troverebbe una nuova angolazione da utilizzare nella loro città.”
“Dammi un altro esempio.”
“La gente di Peoria, Illinois, dice: 'Sentite, forse possiamo dirigerci
verso il modello tribale migliorando la Sudbury Valley School a
Framingham, Massachusetts. Potremmo mandare in pensione i nostri
insegnanti, chiudere le scuole e aprire la città ai nostri figli. Lasciare che
imparino qualunque cosa vogliano. Potremmo correre questo rischio.
Abbiamo abbastanza fiducia nei nostri figli'. Questo sarebbe un esperimento che attirerebbe l'attenzione di tutta la nazione. Tutti osserverebbero per
vedere se funzionasse o meno. Personalmente non dubito che sarebbe un
successo spettacolare – ammesso che lasciassero davvero i loro figli liberi
di seguire il loro naso senza sovvertire il progetto con piani di studio. Ma
naturalmente il modello di Peoria sarebbe solo l'inizio. Altre città
vedrebbero modi per arricchirlo e superarlo.”
“Va bene. Un altro esempio, per favore.”
“Sai, Julie, chi lavora nella sanità non è universalmente entusiasta di far
parte della macchina fabbrica-soldi che la sanità è divenuta in questa
nazione. Molti in realtà sono entrati in quel settore lavorativo per ragioni
completamente differenti dall'arricchirsi. Forse ad Albuquerque, New
Mexico, potrebbero unirsi e portare il sistema in una direzione completamente nuova. Forse si renderebbero conto che esiste già una sorta di James
Watt in questo campo, un medico di nome Patch Adams che ha fondato il
Gesundheit Institute, un ospedale in Virginia dove i pazienti vengono
curati gratuitamente. Ma forse hanno bisogno di ispirazione aggiuntiva nel
vedere cose simili avvenire altrove – cose come il progetto Seattle e il
progetto Peoria. Questo è il modo in cui ha funzionato la Rivoluzione
Industriale, Julie. Persone vedevano altre persone capire come far funzionare qualcosa e ne venivano ispirate a provare loro stesse.”
“Penso che l'ostacolo più grande a tutte queste cose sarebbe il governo.”
“Naturalmente, Julie. E' per questo che esistono i governi, per impedire
che avvengano cose buone. Ma temo di dover dire che se non riuscite
nemmeno a costringere i vostri stessi governi teoricamente democratici a
permettervi di realizzare cose buone per voi stessi, probabilmente meritate
di estinguervi.”
“Sono d'accordo.”
“Ho aperto il forziere tribale per te, Julie. Ti ho mostrato le cose che
avete gettato via per divenire i dominatori del mondo. Un sistema di
ricchezza basato sullo scambio di energia inesauribile e completamente
rinnovabile. Un sistema legale che aiutava davvero la gente a vivere
anziché limitarsi a punirla per aver fatto cose che la gente ha sempre fatto
e sempre farà. Un sistema educativo che non costa nulla, funziona
perfettamente e unisce le persone generazionalmente. Ci sono molti altri
sistemi degni di essere studiati lì, ma non ne troverai nessuno che
incoraggi la gente a migliorare creativamente l'uno le idee dell'altro come
avete fatto voi durante la vostra Rivoluzione Industriale. Non c'era alcun
divieto di esercitare una tale creatività nella vita tribale, ma non c'era
nemmeno alcuna domanda o alcuna ricompensa per essa.”
Tacque per un momento. Aprii la bocca per parlare, ma lui alzò una
mano per fermarmi.
“So che non ti ho dato ancora ciò che mi hai chiesto. Ci sto arrivando.
Devi solo essere paziente e lasciarmici arrivare a modo mio.”
Battei le ciglia e rimasi tranquilla.
Uno sguardo nel futuro.
“Per te è solo storia antica, come la Ricostruzione o la Guerra di Corea,
ma venticinque anni fa molte migliaia di ragazzi della tua età sapevano che
la via Prendi era una via di morte. Non sapevano molto più di quello, ma
sapevano di non voler fare ciò che avevano fatto i loro genitori – sposarsi,
trovarsi un lavoro, invecchiare, andare in pensione e morire. Volevano
vivere in un modo nuovo, ma gli unici veri valori che avevano erano
amore, cameratismo, onestà emotiva, droghe e rock 'n' roll – non cose
negative, certo, ma neanche vagamente sufficienti a portare avanti una
rivoluzione, e una rivoluzione è ciò che volevano. Proprio come non
avevano una teoria rivoluzionaria, non avevano neanche un programma
rivoluzionario. Quello che avevano era uno slogan – 'accenditi, sintonizzati, sganciati' – e immaginavano che se tutti si fossero accesi, sintonizzati e
sganciati, allora avrebbero cominciato a ballare per le strade e una nuova
epoca umana sarebbe cominciata. Ti sto dicendo questo perché capire il
motivo per cui le cose falliscono è importante quanto capire il motivo per
cui riescono. La rivolta giovanile degli anni Sessanta e Settanta è fallita
perché non aveva né una teoria né un programma. Ma quei ragazzi
avevano sicuramente ragione su una cosa: avete bisogno di qualcosa di
nuovo.
“Voi dovete avere una rivoluzione se volete sopravvivere, Julie. Se
continuate ad andare avanti nel modo attuale, è difficile immaginarvi
sopravvivere un altro secolo. Ma non potete avere una rivoluzione
negativa. Ogni rivoluzione che miri a tornare a dei 'bei vecchi tempi' di
presunta semplicità in cui gli uomini si toglievano il cappello, le donne
stavano a casa a cucinare e nessuno divorziava o sfidava l'autorità, sarebbe
fondata sui sogni. Ogni rivoluzione che presupponga che la gente sia
disposta a rinunciare a delle cose che vuole per cose che non vuole è pura
utopia e non potrà che fallire. Dovete avere una rivoluzione positiva, una
rivoluzione che porti alla gente più di ciò che vogliono davvero, non meno
di ciò che non vogliono. Non vogliono davvero videogiochi a sedici bit,
ma se è il massimo che possono ottenere lo accetteranno. La vostra
rivoluzione non andrà lontano chiedendo loro di rinunciare ai loro
videogiochi a sedici bit. Se volete che perdano interesse nei giocattoli,
allora dovete dare loro qualcosa di meglio dei giocattoli.
“Questa dev'essere la parola d'ordine della vostra rivoluzione, Julie.
Non povertà volontaria, ma piuttosto ricchezza volontaria. Ma vera
ricchezza, stavolta. Non giocattoli, non marchingegni, non 'amenità'. Non
cose che si possano mettere nella cassaforte di una banca. Vera ricchezza
del tipo con cui gli umani sono nati. Vera ricchezza del tipo che gli esseri
umani si sono goduti per centinaia di migliaia di anni – e che continuano a
godersi ovunque la vita Lascia sia ancora intatta. E questa è ricchezza che
potete godervi senza sentirvi in colpa, Julie, perché non è qualcosa che
avete rubato al mondo. E' ricchezza interamente prodotta dalla vostra
stessa energia. Mi segui?”
“Ti seguo.”
“Ora vediamo se riusciamo a trovare un modo ragionevole e plausibile
di osservare il futuro della vostra rivoluzione. Nel 1816, il barone Karl von
Draise di Karlsruhe, Germania, pensò che avrebbe provato a fare
l'inventore (la Rivoluzione Industriale aveva raggiunto davvero ogni
classe, alta e bassa). Ciò che aveva in mente era un veicolo a ruote a
propulsione autonoma, e ciò che ideò fu un progetto piuttosto buono per
essere un primo tentativo: una bicicletta che avanzava spingendo il terreno
con i piedi. Ora, se avesse potuto guardare settant'anni nel futuro avrebbe
potuto vedere una bicicletta che funzionava davvero bene – quella
costruita dall'inglese James Starley che, miglioramenti a parte, è in uso
ancora oggi, un secolo dopo.
“Proprio come il barone, tu e io non possiamo guardare nel futuro per
vedere un sistema sociale umano globale che funzioni davvero bene. Un
sistema del genere potrà anche venir creato, ma noi non possiamo
immaginarlo più di quanto il barone potesse immaginare la bicicletta di
James Starley. Capisci cosa sto dicendo?”
“Penso di sì.”
“Ciononostante, noi siamo avvantaggiati rispetto al barone. Lui non
solo non poteva guardare nel futuro (perché nessuno può), ma non poteva
nemmeno guardare al passato per ispirazione, perché non erano mai
esistite biciclette a cui ispirarsi. Noi siamo avvantaggiati perché, anche se
non possiamo guardare avanti per vedere un sistema sociale umano
globale che funzioni davvero bene, possiamo guardare indietro a uno che
funzionava davvero bene. Funzionava così bene da poter dire con
sicurezza che si trattava di un sistema definitivo e non migliorabile per i
popoli tribali. Non c'era un'organizzazione complessa, c'erano solo delle
tribù indipendenti che attuavano la strategia delle Rappresaglie Imprevedibili: 'Restituisci quanto hai ricevuto, ma non essere troppo prevedibile'.”
“Giusto.”
“Ora, questa strategia proteggeva quale principio o legge per i popoli
tribali?”
“Be'... Proteggeva l'indipendenza e l'identità tribale.”
“Sì, è vero, ma queste sono cose, non principi o leggi.”
Ci lavorai su per un po', ma alla fine dovetti ammettere di non vederlo.
“Non importa. La strategia delle Rappresaglie Imprevedibili proteggeva
e attuava questa legge: Non esiste un unico modo giusto di vivere per le
persone.”
“Giusto. Lo capisco ora.”
“Questo è vero oggi quanto lo era un milione di anni fa. Nulla può
renderlo obsoleto. Questa legge è qualcosa su cui possiamo fare affidamento, Julie. Almeno tu e io possiamo, parlando da rivoluzionari. I nemici
della rivoluzione insisteranno che c'è sicuramente un qualche modo giusto
di vivere per gli umani, e di solito pretenderanno di conoscerlo. Questo va
bene, finché non cercano di imporre il loro 'unico modo giusto' anche a
noi. 'Non esiste un unico modo giusto di vivere' è il nostro punto di
partenza, come 'Penso, quindi sono' era il punto di partenza di Cartesio.
Entrambe le affermazioni devono essere accettate come evidentemente
vere, oppure semplicemente rifiutate. Nessuna delle due può essere dimostrata. Entrambe possono essere contraddette da altri assiomi, ma non
possono essere smentite. Mi stai seguendo?”
“Penso di sì, Ishmael. Da lontano.”
“Quindi abbiamo un motto per il nostro vessillo: 'Non esiste un unico
modo giusto di vivere per le persone'. Vogliamo dare un nome alla rivoluzione stessa?”
Dopo averci riflettuto, dissi: “Sì, potremmo chiamarla la Rivoluzione
Tribale.”
Ishmael annuì. “E' un buon nome, ma credo sarebbe meglio la Nuova
Rivoluzione Tribale, Julie. Altrimenti la gente penserà che stiamo parlando
di archi e frecce e di vivere in caverne.”
“Sì, hai ragione.”
“Ecco alcune caratteristiche che la Nuova Rivoluzione Tribale probabilmente avrà, basandoci sull'esperienza della Rivoluzione Industriale.
Possiamo chiamarlo il Piano a Sette Punti.
“Uno: la rivoluzione non avverrà tutta in una volta. Non sarà un colpo
di stato come la Rivoluzione Francese o quella Russa.
“Due: verrà attuata incrementalmente, da persone che miglioreranno
ed estenderanno l'una le idee dell'altra. Questa è stata la grande innovazione della Rivoluzione Industriale.
“Tre: non verrà guidata da nessuno. Come la Rivoluzione Industriale,
non avrà bisogno di alcun pastore, organizzatore, leader, guida o mente al
comando; sarebbe troppo da gestire per chiunque.
“Quattro: non sarà l'iniziativa di alcun organismo politico, governativo
o religioso. Di nuovo, come la Rivoluzione Industriale. Alcuni vorranno
sicuramente nominarsi suoi sostenitori o protettori; ci sono sempre capi
pronti a farsi avanti una volta che altri hanno mostrato la strada.
“Cinque: non avrà un punto di arrivo prestabilito. Perché dovrebbe?
“Sei: non procederà secondo un programma. Come potrebbe esserci un
programma?
“Sette: ricompenserà coloro che faranno avanzare la rivoluzione con la
moneta della rivoluzione. Nella Rivoluzione Industriale, quelli che contribuivano molto nella creazione di ricchezza basata sui prodotti ricevevano
molto in ricchezza basata sui prodotti. Nella Nuova Rivoluzione Tribale,
quelli che contribuiranno molto nella creazione di sostegno riceveranno
molto in termini di sostegno.
“Ora, ecco una domanda per te. Cosa credi che avverrà ai Prendi in
questa rivoluzione, Julie?”
“Cosa intendi con 'avverrà'?”
“Voglio che cominci a pensare come una rivoluzionaria, adesso. Non
farmi fare tutto il lavoro. La prima cosa che le persone vorranno fare sarà
mettere fuori legge lo stile di vita Prendi, non è vero?”
Lo fissai vacua. “Non lo so.”
“Pensa, Julie.”
“Come possono mettere fuori legge lo stile di vita Prendi?”
“Immagino nello stesso modo in cui mettono fuori legge qualunque
cosa.”
“Ma voglio dire... Se non esiste un unico modo giusto di vivere per le
persone, come puoi rendere illegale il modo Prendi? O qualunque modo?”
“Molto meglio. Se non esiste un unico modo giusto di vivere per le
persone, allora naturalmente non puoi rendere illegale il modo Prendi. Lo
stile di vita Prendi continuerà, e la gente che lo seguirà sarà quella a cui
piace davvero dover lavorare per mangiare. Quella a cui piace davvero
tenere il cibo sotto chiave in modo da non poterlo raggiungere.”
“I Prendi perderanno molte persone in questo caso, perché il resto di
noi vorrà che il cibo sia allo scoperto, pronto per essere preso gratuitamente.”
“Allora ecco cosa succederà, Julie. Non dovete rendere illegale lo stile
di vita Prendi per farlo scomparire. Dovete solo aprire le porte della
prigione, e la gente comincerà a uscire. Ma ci saranno sempre alcuni che
preferiranno lo stile Prendi, che prosperano vivendo in quel modo. Forse
potranno riunirsi sull'isola di Manhattan. Potete dichiararla un parco
nazionale e mandarci i vostri figli in gita a studiarne gli abitanti.”
“Ma come funzionerà tutto il resto, Ishmael?”
“Sotto il sistema originario, l'appartenenza alla tribù veniva stabilita
alla nascita. Si nasceva Ute, Penobscot o Alawa, e non si poteva diventarlo
per scelta. Immagino che fosse possibile, ma era sicuramente una rarità.
Perché un Hopi avrebbe voluto diventare un Navajo, o viceversa? Ma nella
Nuova Rivoluzione Tribale, l'appartenenza tribale dovrà essere decisa
esclusivamente per scelta volontaria, almeno all'inizio. Immagina un
mondo in cui Jeffrey, anziché spostarsi da un gruppo di amici Prendi
all'altro, avesse potuto viaggiare da una tribù all'altra – ogni tribù differente, ogni tribù con le sue porte aperte in modo da permettere alla gente di
andare e venire liberamente. Pensi che avrebbe finito con l'entrare in quel
lago?”
“No, non credo. Penso che sarebbe finito in una tribù composta da
gente a cui piace sedersi a suonare la chitarra e scrivere poesie.”
“Probabilmente non otterrebbero molti risultati, non è vero?”
“Probabilmente no, ma chi se ne importa? Ma non esistono molte
comunità volontarie come questa proprio adesso?”
“Sì, più che mai. Sfortunatamente, agiscono tutte all'interno della
prigione Prendi. Sono praticamente costretti a farlo, perché non esiste uno
spazio esterno alla prigione Prendi. I Prendi molto tempo fa hanno
reclamato l'intero pianeta per se stessi, quindi tutto è all'interno della loro
prigione.”
“Cosa c'entra questo?”
“Nelle prigioni reali, i detenuti si riuniscono in gruppi per vari motivi,
alcuni riconosciuti dalle autorità e altri no. Per esempio, alcuni gruppi
esistono per protezione; i loro membri si guardano le spalle a vicenda.
Questi gruppi non hanno uno status ufficiale. Non sono riconosciuti e a
volte sono perfino illegali. E se venissero riconosciuti ufficialmente diventerebbero inutili, perché non potrebbero compiere azioni non permesse
dalle regole della prigione. Per svolgere il compito che esistono per
svolgere, devono rimanere non riconosciuti ufficialmente – liberi di
infrangere le regole. Una volta che vengono omologati, diventano come un
club di scacchi o un gruppo di discussione letteraria – obbedienti alle
regole della prigione e quindi di importanza molto marginale, per quanto
riguarda le vere preoccupazioni dei detenuti.”
“Cosa c'entra questo con le comunità volontarie?”
“Le comunità volontarie iniziano quasi sempre con l'obiettivo di venire
riconosciute dalla legge Prendi. Questo evita loro di venire disturbate dalla
polizia, ma limita l'influenza e l'importanza che possono raggiungere nelle
vite dei loro membri. Questa è la differenza tra comunità volontarie e sette
o bande di strada. Le comunità volontarie vogliono essere riconosciute
ufficialmente, mentre sette e bande non vogliono – e questo spiega perché
sette e bande possono avere un'importanza tribale nelle vite dei loro
membri.”
“Cosa intendi con 'importanza tribale'?”
“Intendo che appartenere a una setta o a una banda ha la stessa
importanza che ha l'appartenere a una tribù Lascia. Fondamentalmente
intendo che vale la pena di morire per questa appartenenza, Julie. Quando i
seguaci di Jim Jones si resero conto che Jones-town era condannata, non
videro alcun motivo di continuare a vivere. Jones disse loro: 'Se mi amate
quanto io amo voi, allora dobbiamo morire tutti insieme o venire distrutti
dall'esterno'. Mi rendo conto che è avvenuto circa un anno prima della tua
nascita, ma pensavo che ne avessi sentito parlare.”
Gli dissi di no.
“Novecento persone si suicidarono con lui. Alcune tribù Lascia hanno
fatto la stessa cosa quando si sono rese conto di non avere alcuna speranza
di poter continuare a vivere come tribù.”
Scossi la testa dubbiosamente, e lui mi chiese cosa non andasse.
“Non sono sicura. O forse sì. Sono abituata a pensare ai membri delle
bande come ad animali. Ai membri delle sette come a dei matti. Equiparare le tribù Lascia a bande e sette mi fa sentire decisamente... Confusa.”
“Lo capisco. Man mano che ti muoverai nel mondo, troverai che gli
intellettualmente insicuri spesso rafforzano la loro sicurezza mantenendo
le cose in solide, impermeabili categorie di bene e male. La Rivoluzione
Industriale è male, e in essa non si può trovare nulla di buono. Le bande di
strada e le sette religiose sono male, e in esse non si può trovare nulla di
buono. Le tribù invece sono buone, e quindi non si può trovare nessuna
connessione tra loro e cose malvagie come sette o bande. E' permesso far
notare che le tribù Lascia se la cavano benissimo senza classi e proprietà
privata, ma devi stare sempre attento a enfatizzare che non hanno letto libri
cattivi come quelli di Marx o Engels.”
“Sì, non fatico a crederci. Ma non sono ancora molto sicura di che cosa
questo abbia a che fare con le comunità volontarie.”
“Quando gli ufficiali governativi cominciarono a tenere sotto controllo
il suo Tempio del Popolo, Jim Jones lo trasferì a Guyana. Lo fece perché
sapeva che avrebbe cessato di funzionare se fosse caduto sotto la giurisdizione del governo. Per usare un esempio differente, un alcolizzato riabilitato di nome Charles Dederich fondò un centro di riabilitazione dalle droghe
a Santa Monica nel 1958. Era chiamato Synanon. Non era esattamente una
comunità, perché i tossicodipendenti andavano e venivano continuamente,
ma con il tempo Dederich cominciò a sentirsi insoddisfatto di questo
modello. Voleva una comunità, e in breve cominciò a incoraggiare i tossicodipendenti riabilitati a rimanere come impiegati di sussistenza. Poi
Dederich aprì la comunità agli esterni – professionisti e uomini d'affari che
erano disposti a cedere al Synanon beni immobili, automobili, conti in
banca e azioni per poter appartenere a una comunità esclusiva e avere ciò
che si aspettavano sarebbe stata una casa per il resto della loro vita. Passo
dopo passo, il Synanon gradualmente andò dall'essere un centro di riabili-
tazione all'essere una setta – e una setta combattiva, armata non solo per la
difesa ma anche per l'attacco, che compiva tentati omicidi e aggressioni
brutali contro coloro che percepiva come nemici. La setta di Bhagwan
Shree Rajneesh, gli Hare Krishna e la Fondazione Cristiana di Alamo
erano tutti composti da persone con una simile volontà di cedere i loro
beni terreni e di lavorare gratuitamente per appartenere a qualcosa – per
avere l'appartenenza e tutto ciò che ne consegue – cibo, alloggio, vestiti,
mezzi di trasporto, cure sanitarie e così via. Sicurezza, in una parola.”
“Di nuovo: non sono molto sicura del perché mi stai dicendo tutto
questo.”
“Sto cercando di farti capire che queste persone non sono pazze.
Vogliono disperatamente qualcosa che gli umani hanno avuto per centinaia
di migliaia di anni e che hanno ancora, dove sopravvive la vita Lascia.
Vogliono che ci si prenda cura di loro nel modo tribale, Julie. Sono perfettamente disposte a dare alle sette il loro totale sostegno – in cambio del
suo totale sostegno, il che significa cibo, alloggio, vestiti, mezzi di
trasporto, cure sanitarie e così via – tutto ciò che serve per vivere come
umani. Non si sono avvicinate a queste sette perché le percepivano come
tribali. Le hanno cercate perché sentivano che stavano offrendo loro
qualcosa che volevano disperatamente – e che vogliono ancora, te lo
garantisco, Julie. Nei prossimi anni vedrete sempre più individui del tutto
ordinari e intelligenti venire attirati da sette e culti, non perché sono pazzi,
ma perché le sette offrono loro qualcosa che vogliono profondamente e che
non possono ottenere nel mondo Prendi. Il paradigma sostegno-in-cambiodi-sostegno è più di un semplice modo di sopravvivere, è uno stile di vita
profondamente soddisfacente per gli umani. Alle persone piace davvero
vivere in questo modo.”
“Va bene, questo lo capisco. Ora dimmi che cosa dovrei fare a riguardo.”
“Ora come ora, Julie, a chi è permesso fondare sette e culti nel senso di
cui stiamo parlando qui?”
“Credo che nessuno lo sia.”
“E dato che a nessuno è permesso di farlo, chi lo fa?”
“Gente pazza”, dissi. “Gente con manie di grandezza. E truffatori.”
“Julie, ecco che cosa sto cercando di farti vedere. Dato che nessuno a
parte matti e truffatori è autorizzato a fondare sette e culti da voi, perché
siete sorpresi che tutte le vostre sette e i vostri culti vengano fondati da
matti e truffatori?”
“Questa è davvero una buona domanda.”
“Eccotene un'altra. Che cosa fareste con un culto o una setta che non
fosse stata fondata da un pazzo o da un truffatore?”
“Cosa intendi dire?”
“Be', la sopprimereste?”
“Non lo so.”
“Sai chi sono gli Amish?”
“Sì, un paio d'anni fa Harrison Ford si è nascosto dagli Amish in un
film.”
“Non pensi che gli Amish dovrebbero essere soppressi?”
“No. Perché dovrei?”
“Perché vivono proprio come una setta che non ruota intorno a un
pazzo o a un truffatore.”
Chiusi gli occhi e scossi la testa. “Ishmael”, dissi, “mi stai davvero
confondendo.”
“Bene. E' un progresso. Devo farti inciampare nei vostri tabù culturali.
Non conosco altro modo per cancellare il modo in cui sei stata condizionata a reagire alle parole. Quando ascolti la parola banda sei stata condizionata a pensare: 'male – non devo pensarci'. Quando ascolti la parola setta
sei stata condizionata a pensare: 'male – non devo pensarci'. Quando
ascolti la parola tribù sei stata condizionata a pensare: 'bene – posso
pensarci'.”
“Che cosa dovrei pensare quando sento le parole banda o setta?”
“Puoi cominciare col pensare: 'La parola non è la cosa'. Puoi cominciare col pensare: 'Una cosa non diventa malvagia solo perché viene etichettata in questo modo'. Puoi cominciare col pensare: 'Il fatto che questa
parola sia stata definita malvagia non significa che non possa rifletterci
su'.”
“Va bene. Ma che cosa dovrei pensare qui?”
“Dovresti pensare al fatto che non esiste alcuna differenza funzionale
tra una tribù e una setta, Julie. Non c'è alcuna differenza funzionale tra un
carburatore costruito da un repubblicano cattolico e uno costruito da un
anarchico ateo. Entrambi funzionano nello stesso modo. Ecco cosa intendo
quando dico che non c'è alcuna differenza funzionale tra di loro.”
“Questo lo capisco.”
“Lo stesso è vero qui. Forse ti aiuterà se ti indico un altro esempio di
vita tribale che è sopravvissuto (e ha perfino prosperato) nella vostra
cultura: il circo. Il circo potrebbe essere definito un'azienda gestita in
modo tribale, ma naturalmente nessuno si è mai seduto e ha deliberatamente pianificato di mandarlo avanti in questo modo. Piuttosto, i circhi sono
nati come tribù e cesserebbero di essere circhi se smettessero di essere
tribù. La loro leggendaria solidarietà tribale, così diversa dalla società in
cui si muovono, li rende una tentazione irresistibile, e gente di tutte le età
'scappa per unirsi al circo' per far parte di quella solidarietà. Sono particolarmente importanti come modelli per la nostra rivoluzione perché, a
differenza delle tribù aborigene, raramente sono limitati su base etnica. Il
confine intorno a loro è solido contro la gente comune, ma si aprirà per
qualunque membro del circo proveniente da qualunque luogo. La tribù, la
setta (e naturalmente il circo) operano tutti secondo questo principio: tu dai
a noi il tuo totale sostegno, e noi daremo a te il nostro totale sostegno.
Totale – in entrambe le direzioni. Senza riserve – in entrambe le direzioni.
La gente è morta per questo, Julie. La gente morirà per questo – non
perché è matta, ma perché è qualcosa che significa davvero qualcosa per
lei. Non scambierà mai questo sostegno totale per lavori a tempo pieno e
assegni della Previdenza Sociale nella vecchiaia.”
(Naturalmente mi ricordai di questa conversazione tre anni e mezzo
dopo, quando il mitico governo degli Stati Uniti d'America considerò
necessario obliterare una piccola setta fuori Waco, Texas. Non importava
che i Davidiani non erano stati condannati per alcun crimine – e nemmeno
accusati di alcun crimine. Erano preda di illusioni, e questo significava che
potevano venire distrutti senza processo – evidentemente secondo il
principio per cui le nostre illusioni vanno bene, ma le loro sono intrinsecamente malvagie e devono venir spazzate via dalla faccia della Terra,
qualunque esse possano essere realmente.)
“Suona quasi come se mi stessi incoraggiando a fondare una setta”,
dissi.
Ishmael sospirò e scosse la testa. “Tu sei la portatrice del mio messaggio, Julie, e questo è il mio messaggio: aprite le porte della prigione e la
gente comincerà a uscire. Costruite cose che la gente vuole, ed essa
accorrerà. E non esitate a guardare con attenzione alle cose che la gente vi
mostra di volere. Non distogliete lo sguardo da loro solo perché Madre
Cultura ha affibbiato loro brutte etichette. Invece, comprendete perché
gliele ha date.”
“In realtà lo capisco già ora. Ha dato loro delle brutte etichette perché
vuole che rifuggiamo da loro in preda all'orrore.”
“Naturalmente.”
Come se fosse stato un segnale di qualche tipo, un uomo attraente e
dall'aria solida si sedette sulla poltrona accanto alla mia – e seppi istantaneamente che il mio corso di studi con la scimmia era finito.
L'uomo dall'Africa.
“Julie, questo è Art Owens”, disse Ishmael, e io gli riservai un'occhiata
più attenta. Ishmael aveva detto che era un quarantenne, ma avrei pensato
che fosse più giovane – non sono brava con le età. Era di una tonalità di
nero più profonda di quella che ero abituata a vedere, probabilmente (lo
capii in seguito) perché non c'era alcun bianco tra i suoi antenati. Era
vestito molto bene, con un completo fulvo, una camicia verde oliva e una
cravatta di cachemire. Ci prendemmo un po' di tempo per squadrarci come
si deve, ecco perché vi sto dicendo tutto questo.
Aveva la corporatura di un combattente alla Tyson, basso, compatto e
potente. Non so cosa dire della sua faccia. Non era né bello né orrendo.
Aveva una faccia che faceva ripensare a che cosa può essere fatto con le
facce. Era una faccia che apparteneva a qualcuno che, se avesse detto che
avrebbe piovuto per quaranta giorni e quaranta notti a partire da domani, ti
avrebbe ricordato che avevi sempre voluto comprare una barca.
“Ciao, Julie”, disse in una voce profonda e oscura. “Ho sentito molto
parlare di te.” Da chiunque altro, lo avrei preso come il solito cliché. Gli
dissi che non avevo mai sentito parlare di lui, e lui mi ripagò con un
sorriso modesto – non abbagliante, solo un sorriso che segnalava comprensione. Poi guardò Ishmael, ovviamente aspettandosi che mi dicesse ciò che
voleva farmi sapere.
“In realtà hai sentito qualcosa su Art, Julie. Ti ho detto che ha un
veicolo e che mi aiuterà ad andarmene da questo posto.”
“Già”, dissi. “Va bene.”
“Ti sei offerta di aiutare – e ora il tuo aiuto è necessario.”
Guardai Art Owens, credo perché immaginai che avesse combinato un
guaio o avesse promesso qualcosa che non era stato in grado di mantenere.
Anche lui annuì.
“Qualcosa che pensavamo di aver risolto si è rivelato essere un
problema.” Poi chiese a Ishmael quanto mi avesse detto del piano.
“Assolutamente niente”, disse Ishmael.
“Ishmael tornerà in Africa”, disse Art. “Non ha più alcun tipo di
supporto qui, ora che Rachel non c'è più.”
“Cosa c'è in Africa?”
“Una foresta pluviale nel nord dello Zaire.”
“Sta scherzando”, gli dissi. Art aggrottò la fronte e guardò Ishmael.
“Pensa che tu stia parlando di qualche migliaio di acri circondati da una
recinzione”, spiegò Ishmael.
“Sto parlando di una foresta pluviale vergine – migliaia di chilometri
quadrati.
“Mi avete frainteso entrambi”, dissi. “Quando dico che sta scherzando,
intendo: mi sta davvero dicendo che Ishmael andrà lì fuori e vivrà come un
gorilla?”
Per un attimo sembrò che li avessi colpiti entrambi alla mascella. Art si
riprese per primo. “Perché non dovrebbe vivere come un gorilla? Lui è un
gorilla.”
“Non è un gorilla, è un maledetto filosofo.”
Si scambiarono occhiate sconcertate.
“Credimi, Julie”, disse Ishmael, “non ci sono cattedre di filosofia per
me da nessuna parte nel mondo, e non ci saranno mai.”
“Non è l'unica scelta.” Ishmael alzò un sopracciglio, sfidandomi a
trovarne altre, ma io dissi che non vedevo perché avrebbe dovuto aspettarsi
che io me venissi fuori con delle alternative. Stavo lavorando al problema
solo da trenta secondi.
“Io ci ho lavorato per mesi, Julie, e dovrai credermi sulla parola se ti
dico che questa è la miglior soluzione disponibile. Non la considero una
sconfitta o un'ultima risorsa. Mi offre un livello di libertà che non potrei
ottenere in nessun altro modo.”
Spostai lo sguardo dall'uno all'altro un paio di volte. Non c'erano dubbi
che si trattasse di una questione già stabilita, quindi scrollai le spalle e
chiesi perché avevano bisogno di me.
Si rilassarono visibilmente e Ishmael disse: “Come pensi che una cosa
simile potrebbe venir attuata, Julie?”
“Be', non credo che tu possa semplicemente prenotare un posto in
prima classe su un aereo.”
“Questo è sicuramente vero. Ma lavorare sui dettagli del trasporto è la
parte facile. I primi dodicimila chilometri, da qui a Kinshasa, non sono
nulla. I successivi ottocento chilometri, da Kinshasa fino a un punto dove
io possa venire liberato, non potrebbero venire organizzati da nessun
agente di viaggi al mondo. Presentano problemi che possono venire risolti
solo da qualcuno situato fisicamente in Africa che possa ordinare cooperazione e assistenza ai più alti livelli governativi.”
“Perché?”
“Perché lo Zaire non è il Kansas, o il New Jersey, o l'Ontario, o il New
England, o il Messico. Perché lo Zaire è completamente al di fuori della
tua esperienza, ha raggiunto un livello di corruzione e di caos organizzato
oltre qualunque cosa tu possa immaginare.”
“Allora perché andarci, santo Dio? Vai da qualche altra parte.”
Ishmael annuì e mi inviò il fantasma di un sorriso. “Esistono sicuramente dei luoghi più facili da raggiungere, ma non molti dove i gorilla
delle pianure sono una vista comune, Julie. Solo arrivare all'area selvaggia
è problematico. Una volta lì, la corruzione dello Zaire sarà alle mie spalle,
almeno per il prossimo futuro. Sotto il dominio Prendi, non esiste alcun
luogo al mondo dove i gorilla abbiano un futuro assicurato per sempre.
Inoltre, lo Zaire è la scelta migliore perché abbiamo effettivamente
qualcuno lì che può ordinare cooperazione e assistenza ai più alti livelli
governativi. E' qualcosa che non abbiamo da nessun'altra parte.”
Ovviamente, pensai, si doveva trattare di Art Owens, e lo guardai per
capire come stavano le cose.
“Non credo che tu sappia nulla sullo Zaire”, disse.
“Niente di niente”, ammisi.
“In breve, lo Zaire ha conquistato l'indipendenza dal Belgio trentun
anni da, quando avevo cinque anni. Dopo un iniziale periodo di caos, le
redini del potere caddero in mano a Joseph Mobutu, un uomo di potere
malvagio e corrotto che le ha conservate fin da allora. Il mio vero nome è
Makiadi Owona. Mio fratello minore Lukombo e io frequentavamo
Mokonzi Nkemi, un altro ragazzo della nostra età. Tutti e tre eravamo dei
sognatori, ma con diversi tipi di sogni. Io ero un naturalista nel profondo e
non volevo altro che vivere nella foresta e imparare. Nkemi era un attivista
che voleva liberare lo Zaire non solo da Mobutu, ma anche dall'insidiosa
influenza dell'uomo bianco. Luk era nato per essere un braccio destro.
Pensava che io fossi l'Africa che Nkemi voleva salvare, e questo ci
rendeva entrambi individui che lui venerava. Ha senso per te?”
“Penso di sì”, dissi.
“Quando eravamo adolescenti, Nkemi cominciò a sostenere che lo
dovessimo a noi stessi e al popolo dello Zaire di battere l'uomo bianco al
suo stesso gioco, il che significava ottenere l'educazione migliore possibile. Non sarebbe stato sufficiente per me vivere nella foresta e giocare al
naturalista. Avrei dovuto andare a scuola e studiare botanica e zoologia.
Lui avrebbe dovuto andare a scuola e studiare scienze politiche e governative, che non sarebbe stata una cattiva idea neanche per Luk. Ecco come
avvenne. Con molto duro lavoro e molta determinazione, tutti e tre
riuscimmo a entrare all'università di Kinshasa. Poi, con altro duro lavoro e
determinazione, Nkemi e io riuscimmo ad andare in Belgio per studiare nei
primi anni Ottanta. In quel periodo, Makiadi cominciò a venire accorciato
in Adi. Dopo due anni fui eligibile per la cittadinanza belga, e la presi. Alla
fine arrivai negli Stati Uniti, dove studiai gestione delle risorse delle
foreste pluviali alla Cornell. Lì Adi alla fine divenne Artie, e Artie divenne
Art. Mentre ero alla Cornell incontrai per caso Rachel Sokolow e appresi
del suo rapporto con un gorilla di nome Ishmael. Nel frattempo Nkemi,
tornato in Zaire, venne eletto nel locale partito per la gestione della zona
urbana a Bolamba, dove cominciò a costruire una base di potere, con Luk
come suo braccio destro, dove aveva sempre voluto essere.
“Io ritornai in Zaire nel 1987 con una testa piena di sogni di preservazione della vita selvaggia nel nord – la nostra zona della nazione, quella
meno densamente popolata. Quello fu l'anno in cui Nkemi fece la sua
prima mossa nella politica nazionale, tentando di farsi eleggere per il
Consiglio Legislativo Nazionale. Ma le sue idee erano troppo radicali, e
Mobutu gli tolse il terreno da sotto i piedi. Nkemi tornò a Bolamba,
virtualmente in esilio, e noi tre – ma principalmente Nkemi, naturalmente
– cominciammo a progettare la nostra rivoluzione dissidente.”
Art fece una pausa per osservarmi pensierosamente, come per capire
quanto stessi davvero comprendendo di tutto quello che mi stava dicendo.
Io gli restituii uno sguardo fermo, e lui continuò.
“Ogni visione sarebbe stata un miglioramento in Zaire, che è solo un
caos a cui tutti sono abituati e in cui corruzione e depravazione sono le
uniche cose stabili su cui si possa contare. Ma Nkemi aveva in effetti una
visione fantastica. Il nord era stato per molto tempo solo il figliastro della
più 'civilizzata' parte centrale della nazione, intorno a Kinshasa. Mobutu
voleva valuta estera, il che significa che voleva che il nord producesse
colture da reddito per l'esportazione. Dato che i contadini stavano producendo cibo per l'esportazione, per poter mangiare dovevano comprare cibo.
Questo rendeva la vita molto difficile.” Fece una pausa, bloccato, e si
rivolse a Ishmael per aiuto.
“Immagina di essere un calzolaio con una grande famiglia”, disse
Ishmael. “Sei un calzolaio, ma puoi fabbricare scarpe solo per l'esportazione, non ti è permesso farne per la tua famiglia. Vendi le tue scarpe a un
distributore per cinque dollari il paio. Il distributore le vende a un
venditore al dettaglio per dieci dollari il paio. E il venditore al dettaglio le
vende alla gente comune per venti dollari il paio. Questo significa che devi
fabbricare e vendere quattro paia di scarpe per poterne comprare uno al
negozio per la tua famiglia.”
“E' anche peggio di così, Ishmael, perché le scarpe che compri al
negozio sono importate, quindi costano quaranta dollari il paio. Devi
fabbricarne e venderne otto paia per poterne comprare un paio al negozio.”
“Ho afferrato il punto”, dissi loro.
“Questa era la pietra angolare della rivoluzione di Nkemi. Le persone si
sarebbero occupate prima delle persone. Dovevamo smettere di guardare a
Kinshasa, perché Kinshasa guardava a Londra, Parigi e New York.
Dovevamo guardare a noi stessi, verso la tradizionale vita in villaggi,
verso valori tribali. Dovevamo liberarci degli estranei che cercavano di
direzionare la nostra attenzione altrove – missionari, Corpi di Pace e
commercianti stranieri con il loro seguito di servitori, commessi, baristi e
prostitute. Tutti gli stranieri avrebbero dovuto andarsene, e la gente
adorava l'idea di liberarsi di loro. Adoravano tutte le idee di Nkemi.
“Il due marzo del 1989, prendemmo il controllo del complesso governativo di Bolamba e dichiarammo la Repubblica di Mabili – un nome che
si riferiva a un vento di ispirazione orientale che unisce le persone. Come
sempre avviene in queste situazioni, inizialmente ci fu molta confusione e
distruzione mentre gli abbienti lottavano per conservare ciò che erano
abituati ad avere. Non mi dilungherò su questo. La nostra vera preoccupazione era Mobutu. Gli ci sarebbero volute tre o quattro settimane per
spostare le truppe fino a noi, ma non dubitavamo che lo avrebbe fatto.
Anche se rappresentavamo un'insignificante e remota parte della nazione,
non poteva permettersi di lasciarci vincere senza combattere. Praticamente
da un giorno all'altro, cominciò ad arrivarci un fiume di armi attraverso il
confine con la Repubblica Centrale Africana, a nord. Pare che Andre
Kolingba, il dittatore di quella nazione, fosse deliziato dalla nostra ingenua
piccola impresa.
“Ci preparammo all'attacco. Quando finalmente arrivò, a metà aprile, fu
sorprendentemente approssimativo e incerto. Le truppe di Mobutu rasero
al suolo qualche villaggio, giustiziarono alcuni ribelli, bruciarono qualche
campo e poi tornarono a casa. Noi eravamo sconcertati. Mobutu era forse
malato? Era distratto da tumulti in qualche altra parte della nazione? Isolati
com'eravamo, non potevamo saperlo con certezza. Un'altra possibilità era
che stesse cercando di farci abbassare la guardia. Senza nulla di simile a un
esercito regolare o alla disciplina militare, le armi di Kolingba avrebbero
presto cominciato ad arrugginirsi e a raccogliere polvere. Un attacco
segreto con il giusto tempismo l'anno seguente sarebbe stato devastante.
Cercammo di far mantenere alla gente una mentalità difensiva, ma i
cittadini ordinari pensavano che fossimo inutilmente paranoici.
“C'era un agitatore di folle simile a Nkemi di nome Rubundo che stava
cercando di unire le tribù Zande nella regione a est della nostra. Venne a
dirci che i suoi seguaci erano pronti a separarsi dallo Zaire e a unirsi alla
Repubblica di Mabili, se glielo avessimo permesso. Nkemi gli disse che
era esattamente il contrario di quello che volevamo, e in quello aveva
ragione. Rubundo disse che poteva capirlo – ma avremmo almeno
accettato di sostenerli nella loro rivoluzione separatista? Nkemi esitò, ci
rifletté su e finalmente gli disse che ci avrebbe pensato. Ci pensò e ripensò,
mentre Luk e io lo guardavamo pensarci e Rubundo continuava a chiamare
e mandare messaggi, e passarono diverse settimane. Poi un giorno, a
novembre, venimmo a sapere che Rubundo era stato assassinato. Nell'attimo in cui lo seppi, capii tutto. Nkemi aveva stretto un patto segreto con
Mobutu: lasciaci liberi, e noi terremo tutte le altre tribù del nord in riga
per te. Era l'unica spiegazione del perché Mobutu aveva lasciato che
Mabili se la cavasse solo con un'opposizione simbolica. Quando espressi
chiaramente i miei dubbi, non rimase alcun dubbio che avessi indovinato.
Luk non ne era stato a conoscenza più di quanto lo fossi stato io, ma pensò
che fosse un buon affare – solo normale, concreta politica. Dato che io non
ero d'accordo, Nkemi mi chiese che cosa volessi fare.
“Io dissi: 'Ti aspetti che rimanga in silenzio dopo una cosa simile?'
“Lui disse: 'Solo se vuoi continuare a vivere', e io lasciai Bolamba
quella notte. Per Natale fui di nuovo negli Stati Uniti.”
Ci riflettei su per un minuto, poi dissi: “Sto disperatamente cercando di
capire perché mi sta dicendo tutto questo. Ha detto che aveva qualcuno in
Zaire. Si tratta della persona che chiama Luk?”
“Sì, esatto. Mio fratello.”
“Va bene. Sto ancora brancolando nel buio. Perché mi ha detto tutto
questo?”
“Cosicché potessi comprendere la situazione.”
“Sì, questo l'ho capito. Ma perché io devo comprendere la situazione?”
Art Owens lanciò un'occhiata al gorilla, poi continuò. “Far arrivare
Ishmael a Kinshasa è relativamente semplice. Fargli fare il resto del
viaggio richiede una rete di persone, cooperazione, bustarelle e complicità
dell'ammontare di migliaia di dollari. Luk può gestire tutto questo, ma solo
grazie all'autorità di Mokonzi Nkemi. In altre parole, non ha solo bisogno
del permesso di Nkemi per farlo, ha bisogno del suo ordine diretto.”
“Va bene. Quindi?”
“Quindi, come può Luk fare in modo che Nkemi gli ordini di occuparsi
di questa faccenda?”
“Non so. Chiedendoglielo?”
Art scosse la testa. “Luk non avrebbe motivo di chiedergli una cosa
simile. Non intendo dire che non sarebbe disposto a farlo. Intendo dire che
chiedendo una cosa del genere solleverebbe dei sospetti.”
“Sospetti di cosa?”
“E' abbastanza che sollevi sospetti di qualunque tipo, Julie. Non serve
che siano sospetti ben definiti.”
“Vuole dire che per lui sarebbe pericoloso andare da Nkemi e dirgli:
'Voglio importare un gorilla dagli Stati Uniti'.”
“Se andasse da Nkemi e gli dicesse una cosa simile, Nkemi penserebbe
che sia uscito di senno. Non avrebbe alcun dubbio.”
“Capisco. Quindi?”
“Quindi qualcun altro deve chiedere a Nkemi di ordinare a Luk di
gestire questa faccenda.”
E Ishmael e Art mi guardarono. Quando finalmente capii perché, risi
apertamente. “Si tratta davvero di questo? Volete che io chieda a Mokonzi
Nkemi di ordinare a Luk di trasportare Ishmael da Kinshasa a Mabili?”
“No, non dovresti nemmeno nominare Luk. Tutto ciò che dovresti fare
sarebbe chiedere a Nkemi di aiutarti a portare Ishmael a Mabili. Lui
affiderebbe automaticamente l'incarico a Luk.”
Spostai il mio sguardo dall'uno all'altro, completamente sconcertata.
Non stavano scherzando.
“Siete pazzi”, dissi loro.
“Perché, Julie?”, chiese Ishmael.
“Primo: perché diavolo Nkemi dovrebbe fare qualcosa solo perché
glielo chiedo io?”
Art annuì. “Devi fidarti del fatto che io capisca Nkemi. Gli chiederesti
di fare qualcosa che nessun altro al mondo potrebbe fare. Lo delizierebbe
pensare di avere il potere di fare qualcosa che nessun altro è in grado di
fare.”
“Non è una ragione molto valida.”
“Tutto ciò che gli chiederesti, Julie, sarebbe di alzare un dito. E' tutto
quello che gli ci vorrebbe per realizzare il desiderio di una giovane donna
della nazione più potente del mondo. Il Presidente Bush stesso non
potrebbe realizzarlo, ma Nkemi può, semplicemente girandosi verso Luk e
dicendo: 'Fallo'.”
“In altre parole, lo farebbe per pura... Qual è la parola che sto cercando,
Ishmael?”
“Vanità.”
“Già. Sta dicendo che lo farebbe solo per soddisfazione personale.”
“Può permettersi di farlo solo per soddisfazione personale, Julie”, disse
Art.
“D'accordo. Ma questa è solo la prima domanda. La seconda è: state
dicendo che dovrei davvero andare lì?”
“Oh, sì. Niente di meno di un simile sforzo lo convincerebbe della tua
serietà.”
“E quanto ci vorrebbe?”
“Un viaggiatore ordinario dovrebbe andare in barca da Kinshasa a
Bolamba, un viaggio che può facilmente richiedere due settimane sia ad
andare che a venire. Tu andresti in elicottero. Con un po' di fortuna, l'intero
viaggio – da qui a lì e ritorno – non richiederebbe più di una settimana.”
“Una settimana! Buon Dio, è completamente fuori discussione! Voglio
dire, se poteste farmi andare e tornare in tempo per la scuola lunedì
mattina, sarebbe almeno concepibile.”
Art scosse la testa. “Perfino il presidente degli Stati Uniti, con tutte le
sue risorse, faticherebbe molto a rispettare una tabella di marcia simile.”
“Be', una settimana è proprio impossibile. Perché non lo fate fare ad
Alan Lomax, per l'amor di Dio? E' un adulto. Può fare quello che vuole.”
Ci fu un momento di silenzio totale. Art cambiò posizione nella sua
poltrona con aria imbarazzata, accavallò le gambe e aspettò, insieme a me.
“Alan non è un candidato per questa missione, Julie”, disse Ishmael alla
fine. “Non potrebbe farlo.”
“Perché no?”
Ishmael aggrottò la fronte – si accigliò, in effetti. Ovviamente non
gradiva che la sua decisione a questo riguardo venisse messa in discussione, ma non aveva molta scelta, non è vero?
“Lascia che te la metta in questo modo, Julie. Qualunque cosa pensi,
qualunque opinione tu possa avere a riguardo, non lo chiederò ad Alan. Ma
lo sto chiedendo a te.”
“Be', sono lusingata, davvero, ma non cambia il fatto che è impossibile.”
“Perché impossibile, Julie?”
“Perché mia madre non mi lascerebbe andare.”
“Ti lascerebbe andare se potessi essere di ritorno per lunedì mattina?”
“No... Ma potrei arrangiarmi, in quel caso. Potrei fingere di passare il
finesettimana con un'amica.”
“Non ti permetterei mai di farlo, Julie”, disse Art solennemente. “Non
perché sono così onesto e integerrimo, ma perché sarebbe troppo rischioso.”
“Comunque non ha importanza”, dissi, “dato che di sicuro non posso
dirle che passerò una settimana da un'amica.”
“Immagina che le dicessimo qualcosa di più vicino alla verità, Julie.
Immagina che le dicessimo che farai visita a un capo di stato africano per
un'importante missione.”
“In quel caso si limiterebbe a chiamare la polizia.”
“Perché?”
“Perché lei sarebbe ovviamente un pazzo. Nessuno manda ragazzine
dodicenni in missione da capi di stato.”
Art si girò lentamente verso Ishmael. “Mi avevi portato ad aspettarmi
qualcuno di più sveglio, Ishmael.”
Saltai su dalla poltrona e lo colpii con un fulmine dai miei occhi che lo
ridusse a un mucchietto di cenere.
Ishmael ridacchiò e mi fece segno di sedermi. “Julie è abbastanza
intelligente. E' solo inesperta in trucchi e intrighi.” Rivolgendosi a me,
continuò: “Dato che la realtà non è sufficiente per i nostri bisogni in questa
situazione, Julie, dovremo darle una mano. In effetti, potresti dire che
dovremo creare una nostra realtà personale, in cui esistono certe missioni
che possono venire svolte solo da ragazzine di dodici anni.”
“E chi darà a bere questa realtà a mia madre?”, chiesi.
“Se sei d'accordo, allora il Ministro dell'Interno della Repubblica di
Mabili gliela darà a bere, Julie – Makiadi Owona, che tu conosci come Art
Owens. Il suo passaporto lo mostra ancora in possesso di questo rango. E'
piuttosto impressionante, non credi?”
Preparandomi.
Non scenderò nei dettagli.
Ciò che finimmo col dire a mia madre non era molto lontano dalla
verità, ma il modo in cui glielo dicemmo fu una completa bugia. Come ho
detto, non scenderò nei dettagli. Tra tutti e due, Art e Ishmael costruirono
un frammento di realtà così apparentemente sensato che tutto ciò che lei
poté fare fu annuire e dire: “Be', Signore Onnipotente, se Julie è l'unica
persona sul pianeta che può farlo, immagino che debba farlo.” La sua
unica condizione fu che non avrei mai dovuto trovarmi nella situazione di
dover arrivare da sola da un posto all'altro o da un aereo all'altro. Qualcuno
avrebbe dovuto incontrarmi allo sbarco di ogni volo e avrebbe dovuto
guidarmi all'imbarco del successivo.
Naturalmente, sapeva che la missione aveva a che fare con il riportare
un gorilla nel suo habitat naturale. Questo era anche tutto ciò che Luk
avrebbe saputo. Era tutto ciò che entrambi avevano bisogno di sapere.
Avrebbero comunque rifiutato di credere a qualunque altro dettaglio a
riguardo. Perché fosse così tremendamente importante riportare un gorilla
in Africa non sarebbe stato precisato in nessun caso. Era un atto di cosmica
importanza simbolica, quindi scordatevene. Ishmael se ne andò dal palazzo
Fairfield quella domenica alle tre di mattina. A quello io non presi parte.
Art e Ishmael erano ovviamente esitanti a dirmi la sua immediata
destinazione, ma alla fine non poterono più evitarlo. Naturalmente dovettero darmi quest'informazione accompagnandola con delle spiegazioni sul
passato. Gli anni che Art aveva passato a giocare al naturalista nella foresta
gli avevano fornito un modo per sostentarsi durante gli anni di scuola a
Bruxelles e in America. Aveva lavorato come addestratore di animali in
serragli, zoo e circhi, e si era guadagnato la reputazione di essere l'uomo
da chiamare in casi problematici – animali che non riusciva-no a
rassegnarsi a una vita dietro le sbarre, animali che non mangiavano,
animali che erano insolitamente aggressivi o che sviluppavano strane
abitudini autodistruttive come aprirsi delle ferite nella pelle e continuare a
tenerle aperte. Quando era tornato in America, alla fine del 1989, aveva
potuto scegliere tra vari lavori, e aveva scelto quello con il Parco
Divertimenti Darryl Hicks, per poi svernare in Florida. Come si scoprì,
Hicks stava avendo dei problemi di salute e aveva progettato di alleggerirsi
il carico di lavoro liquidando il serraglio compreso nel parco di
divertimenti. Invece lo vendette ad Art, che era tutt'altro che indigente.
Aveva fatto degli investimenti astuti mentre era in America e li aveva
lasciati nelle mani di un'amica di cui sapeva di potersi fidare – Rachel
Sokolow. Entro un anno, Hicks era pronto a ritirarsi completamente dagli
affari e offrì ad Art di comprare l'intero parco di divertimenti. Art aveva
abbastanza capitale da comprarlo, per quanto non in contanti. Era stato
durante la seconda metà del 1990 che era arrivato a conoscere Rachel
davvero bene – insieme ad Ishmael, alla fine. Nel gennaio del 1991 Rachel
venne diagnosticata HIV positiva. Evidentemente era stata contagiata
durante un'operazione per correggere un problema cardiaco di qualche
tipo. Rachel, Art e Ishmael in breve cominciarono a formulare il piano che
ora coinvolgeva me. Dopo aver lasciato il Fairfield, Ishmael sarebbe stato
trasferito in una gabbia del Parco Divertimenti Darryl Hicks, durante il suo
tour di una settimana nella nostra città. Da quel momento fino a quando il
trasferimento in Zaire non fosse stato stabilito, Ishmael sarebbe andato
ovunque andasse il parco di divertimenti. Naturalmente avevo qualche
domanda, come Perché una gabbia, per l'amor di Dio? Perché se qualcuno
avesse visto un gorilla fuori da una gabbia si sarebbe scatenato il panico; la
legge sarebbe arrivata sul posto in un lampo, armi in pugno. E Se potevano
permettersi tutta questa roba, perché non lasciarlo al Fairfield finché non
sarebbe stato il momento di metterlo sull'aereo? Perché il parco di divertimenti aveva tutte le varie licenze, i vari permessi e le connessioni che alla
fine sarebbero stati necessari per metterlo su un aereo – e Ishmael non solo
non li aveva, ma non avrebbe avuto modo di procurarseli.
“Dovrai crederci sulla parola in questo, Julie”, disse Ishmael. “Nulla di
tutto questo è perfetto, ma è il meglio che può essere fatto in queste
circostanze.” Dovetti accontentarmi di questo. Ma la prima volta che andai
al parco di divertimenti, situato in uno spiazzo disabitato in un angolo
della città, e vidi Ishmael nella sua gabbia, quasi mi si spezzò il cuore.
Nonostante avrei dovuto prima o poi, non ero ancora pronta ad affrontarlo
in quelle circostanze. Ero imbarazzata – non per lui, per me. Anche
sapendo che era irrazionale, mi sentivo personalmente responsabile della
sua presenza lì.
C'erano molte cose da sistemare – per usare un eufemismo. Il piano era
che me ne sarei andata all'alba di lunedì, il 29 ottobre, e (se tutto fosse
andato miracolosamente bene) sarei tornata intorno alla mezzanotte di
venerdì, il 2 novembre. Questo significava che avrei perso una settimana
di scuola, e la scuola doveva ricevere delle spiegazioni a riguardo. Questa
data di partenza ci diede il tempo di:
Prenotare i posti sull'aereo;
Ottenere le fotografie per il passaporto;
Ottenere il passaporto;
Fare domanda per il visto;
Fare delle iniezioni – vaccino tetano-difterite, immunoglobuline per
l'epatite A, vaccini per la febbre gialla e il colera (non tutti nello stesso
giorno!);
Cominciare a prendere le pillole antimalaria (due settimane prima della
partenza);
Fare check-up medici e dentali;
Ottenere biglietti e assicurazione di viaggio (inclusa quella medica);
Ottenere un certificato internazionale di buona salute;
Ottenere un frasario francese;
Comprare le attrezzature mediche indispensabili: aspirine, antistaminici, antibiotici, antiacidi, farmaci per la diarrea, pastiglie di sale, lozione di
calamina, protezione solare, cerotti, bende, forbici, antisettici, antizanzare,
pastiglie per la purificazione dell'acqua, burro di cacao, asciugamani,
salviettine umide, coltellino svizzero con forbici incluse, pinzette e limetta
per le unghie;
Comprare uno zaino e un marsupio per metterci tutto.
Ora, se avete perso la testa e state progettando di fare una vacanza in
Zaire quest'anno, potete basarvi sulla lista soprastante alla lettera, eccetto il
fatto che ora avrete bisogno anche di un modulo di dichiarazione valutaria
(che era stato eliminato nel 1980 e ristabilito a Kinshasa nel 1992). Io
avevo bisogno di un visto di transito di otto giorni, ma non ne avrebbero
mai spedito uno per posta a qualcuno della mia età. Avrei dovuto visitare
l'ambasciata zairese a Washington durante la strada.
Più importanti di tutte le cose che dovevo ottenere e fare erano tutte le
istruzioni che ricevevo da Art, che me le ripeté quasi quotidianamente per
tre settimane.
“Troverai qualcuno ad attenderti all'atterraggio di ogni volo. Rimani
tranquilla finché non arriva il tuo accompagnatore. Non allontanarti.
Rimani nel bel mezzo dell'uscita dell'aeroporto, in piena vista.”
“Ci sarà qualcuno che si prenderà cura di te in ogni luogo dal tuo arrivo
alla tua partenza, quindi non hai bisogno di portarti dietro molti soldi.”
“Viaggia il più leggera possibile.”
“In aria, dormi ogni volta che puoi, più che puoi. Quando arriverai a
Zurigo ti sembrerà piena notte, ma sarà l'inizio della giornata lavorativa
per loro. Quando arriverai a Kinshasa ti starai preparando a iniziare la
giornata, ma loro si staranno preparando a cenare e ad andare a letto. Nel
poco tempo che avrai a disposizione non c'è molto che tu possa fare, a
parte dormire più che puoi.”
“Non dare confidenza alla gente che incontri sull'aereo. Sii gentile ma
portati sempre dietro un libro che ti interessa.”
“Andando a Kinshasa, sii sempre consapevole che è probabilmente la
città più criminalmente pericolosa del mondo. La gente viene continuamente derubata e uccisa per strada in pieno giorno – soprattutto gli
stranieri. Tu non lo sarai perché verrai protetta attentamente, ma devi
capire perché hai bisogno di questa protezione. Non fare la furba. Non fare
giochetti.” (Questo aspetto del viaggio fu uno che non spiegammo a mia
madre, non c'è bisogno di dirlo.)
“Non ci saranno cartelli all'aeroporto, né annunci all'altoparlante. Segui
la folla verso il terminal, ma mio fratello Luk dovrebbe venirti incontro
prima che ci arrivi. Ricordati che incontrerai Luk e nessun altro. Non mi
assomiglia (abbiamo padri diversi). In effetti, non sembriamo affatto
fratelli. Lui è alto, dall'aria goffa e con occhiali spessi. Se hai dei dubbi che
sia davvero lui, fatti dire il suo nome e quello di suo fratello; se non può
farlo, non è Luk e non dovresti parlargli o avere nulla a che fare con lui.
Rimani con la gente scesa dall'aereo e non parlare con nessun altro che
Luk.”
“Luk avrà due persone con lui – una guardia del corpo, che sarà armata
fino ai denti, e un autista, che rimarrà in macchina (altrimenti verrebbe
smontata o rubata). La guardia del corpo rimarrà con te mentre Luk si
occuperà dei tuoi bagagli e del tuo passaporto.”
“Non indossare occhiali da sole. Dicono 'pezzo grosso' – segnalano un
bersaglio. Non portarti dietro una borsetta e non indossare gioielli – ti
verrebbero strappati di dosso, guardia del corpo o no. E non riempire le
tasche fino a creare rigonfiamenti – qualcuno te le aprirebbe con un rasoio
e scapperebbe con il contenuto prima che tu possa aprire la bocca.
Paragonata a Kinshasa, Times Square a New York è sicura quanto il picnic
di una scuola domenicale.”
“Fai delle copie di tutti i tuoi documenti e tienile con te in ogni
momento in una cintura da viaggiatore sotto la tua maglietta.”
“Non aspettarti che la polizia ti protegga, nemmeno in aeroporto. Non
ci sarà niente di simile alla sicurezza aeroportuale. Nessuno si preoccupa
di rendere quel posto sicuro per i turisti. Bande vaganti di ragazzini e
mendicanti agguantano tutto quello che possono e scappano via.”
“Le persone che ti mostreranno un tesserino della polizia non apparterranno necessariamente alla polizia. Anche se sono davvero poliziotti, non
sono necessariamente tuoi amici. Ti tratterranno per ogni minima infrazione – o per nessun motivo – finché qualcuno non pagherà loro una bustarella.”
“Non portarti una macchina fotografica – scattare una foto della cosa
sbagliata può farti finire in galera. Non aspettarti che la tua giovane età ti
protegga. Nessuno a Kinshasa penserà che tu sia troppo giovane per essere
una criminale – o una prostituta. Dovresti essere consapevole del fatto che
molti africani, specialmente quelli sotto l'influenza musulmana, pensano
che tutte le ragazze americane sono più o meno prostitute.”
“Mentre aspetti che Luk finisca con le sue faccende, un estraneo
potrebbe avvicinarsi a te, metterti un pacco o un sacchetto in mano e
andarsene senza dire una parola, nella speranza che lo trasporterai oltre i
controlli senza che nessuno lo noti. Che tu ci creda o no, la gente lo fa di
continuo. Rimangono così sorpresi che trasportano davvero il pacco
attraverso i controlli. Dopo, naturalmente, l'estraneo gli si avvicina di
nuovo e recupera il pacchetto.”
“Ovviamente niente di tutto questo vale per le persone da cui ti sto
mandando. Chiunque Luk ti presenti è degno di completa fiducia, e sarà
lusingato se sarai amichevole con lui quanto lo sei con me.”
“Un buon modo per prendersi un'infezione da vermi è attraverso le
piante dei piedi, quindi non camminare scalza da nessuna parte. Non
nuotare. Lavati le mani spesso. Bevi solo birra o acqua purificata. Bevi più
acqua di quanto credi sia necessario – ma solo acqua purificata. E non
lasciare che nessuno ti metta del ghiaccio nel bicchiere, a meno che non sia
stato fatto con acqua purificata. Usa solo acqua purificata per lavarti i
denti. Se qualcuno di offre del gelato, dovrai rifiutarlo.”
“Quando arrivi a Bolamba, sii preparata a mangiare con le dita. E'
perfettamente rispettabile ed educato. Preparati anche a mangiare strani
cibi. La gente potrà offrirti specialità zairesi, specialmente nella foresta –
termiti o larve fritte. Chiudi gli occhi e fingi di gradirle. Le termiti sono
croccanti e sanno di pop-corn. Ti prometto che non ti ucciderà mangiare
queste cose.”
“Non attirare l'attenzione. E sii rispettosa con tutti!”
Mi piacque specialmente quest'ultima!
En route.
Che io sia dannata se la prima guardia del corpo non mancò di presentarsi all'aeroporto di Atlanta per aiutarmi ad arrivare a Washington. Attesi
finché non mi rimasero solo quindici minuti per prendere il mio volo –
passando per un'altra area, naturalmente! – poi me ne andai, seguendo i
segnali fino a qualche tipo di maledetta stazione ferroviaria. La mia
esperienza in fatto di treni mi aveva insegnato che non puoi scendere
quando vuoi dopo che sono partiti. Sarei salita su uno di essi in questo
punto della mia vita per poi svegliarmi tre giorni dopo da qualche parte nel
Montana? No, decisamente no.
Corsi. Non sono un'esperta, Dio lo sa, ma è mia opinione personale che
chiunque abbia progettato quell'aeroporto covi un profondo rancore verso i
viaggiatori. Forse non usai la via più elegante, ma ci arrivai.
Speravo che non sarebbe stato quello l'andazzo per l'intero viaggio, ma
non avrei dovuto preoccuparmi. All'aeroporto di Dulles la mia sorvegliante
era lì ad aspettarmi all'uscita, una donna dall'aria competente di circa
quarant'anni, vestita come un'avvocatessa dei film. Mi sentii un'orfana nei
miei jeans e maglietta (ma io stavo andando in Zaire e lei no). Prendemmo
un taxi, e lungo la strada le chiesi se era un'amica di Art Owens. Mi sorrise
a quella domanda – ma in modo amichevole. Mi spiegò che era un'accompagnatrice professionista; questo era ciò che faceva per vivere: incontrava
gente agli aeroporti e alle stazioni ferroviarie e la faceva arrivare dove
dovevano. Disse che nelle altre città gli accompagnatori professionisti
passano la maggior parte del tempo prendendosi cura di scrittori in tour
promozionali per i loro libri. A Washington ci si aspetta che fungano anche
da guide e battistrada burocratici.
All'ambasciata zairese non sapevano nulla della mia richiesta di visto o
della lettera che mi avevano mandato in cui dicevano che me lo avrebbero
rilasciato appena avessi provato che non ero indigente. Tirai fuori tutti i
miei documenti, più la copia della loro lettera, più i cinquecento dollari
richiesti sotto forma di traveler's cheque e porsi tutto all'impiegato. Lui fu
d'accordo che era tutto in regola e mi invitò a riempire un altro modulo e a
tornare dopo due giorni. A quel punto la mia accompagnatrice si fece
avanti e spiegò molto educatamente che se non avesse smesso di tergiversare lei gli avrebbe strappato i polmoni e li avrebbe venduti come cibo per
cani. Non disse proprio così, ma l'idea generale era quella. Smise di tergiversare e dopo quindici minuti me ne andai col mio visto. Sulla base di
questa esperienza, aggiunsi 'accompagnatrice professionista' alla mia lista
di future possibili professioni.
Tra lì e Kinshasa era un semplice viaggio aereo, con tutta la noia, i film,
il sonno e le merendine che ciò comportava. Kinshasa dall'alto mi
sorprese. Mi aspettavo una fumante rovina post-apocalittica. Invece era
solo una grande città dall'aspetto ordinario, con uffici, grattacieli e tutto.
C'era perfino bel tempo.
L'aeroporto di Njili alle sei di pomeriggio era caldo e afoso, e non era
equipaggiato con navette passeggeri con aria condizionata. Non dovemmo
aspettare di uscire dall'aereo per sapere di che cosa odorava Kinshasa,
perché appena aprirono le porte Kinshasa entrò e ci diede un esempio, e
non fu piacevole. Percorremmo la pista e ci dirigemmo al terminal. Un
hippie attempato con una coda di cavallo grigia si fece avanti e disse:
“Julie?” Lo ignorai e continuai ad avanzare. Perplesso, ispezionò di nuovo
la folla, in cerca di altre dodicenni. Non trovandone altre, disse ancora:
“Julie?”
Gli dissi con fermezza: “Sono qui per incontrare Lukombo Owona e
nessun altro, e se non si tratta di lei apprezzerei che mi stesse lontano.”
Una risata lo scosse. “Aspetterai a lungo, ragazzina. Luk Owona è a
ottocento chilometri da qui, a Bolamba.”
Continuai ad avanzare mentre cercavo di capirci qualcosa. Nulla mi era
stato spiegato più chiaramente che non avrei dovuto accettare alcun sostituto di Lukombo Owona. Doveva essere Luk – Luk e assolutamente
nessun altro. Questo tizio si era guardato attorno a volontà. Ora lo feci
anch'io, in cerca di un tizio alto, nero e goffo che avrebbe potuto essere il
fratellastro di Art Owens. In piedi vicino alla porta del terminal c'era un
tizio nero che era una sorta di versione più grande e carnosa di Art – né
alto né goffo, ma decisamente interessato a me. Andai da lui e dissi:
“Luk?”
Lui fece una smorfia, si girò verso l'hippie e i due si scambiarono
qualche parola in francese. Quando ebbero finito, l'hippie abbassò lo
sguardo su di me e disse: “Ho spiegato a Mafuta qui che ti aspettavi di
incontrare Luk Owona all'aeroporto, e Mafuta ha detto: 'Luk Owona è il
primo ministro di Mabili. Non va a incontrare gente all'aeroporto.' Ed è
così che stanno le cose, Julie. Lui manda gente a incontrare gente. Ha
mandato Mafuta e ha mandato me, e temo che dovrai accontentarti. O
questo, oppure ti giri e torni a casa.”
Quindi una delle direttive principali andò giù per il gabinetto. Mafuta si
occupò di far passare la mia roba ai controlli, mentre il vecchio hippie
rimase a farmi la guardia in una sala d'aspetto che era come una stazione
degli autobus proveniente dall'inferno, con gente seduta per terra, pressata
contro i muri, addormentata, annoiata, stanca e rassegnata, mentre aspettava dei voli che sarebbero arrivati prima o poi, un giorno o forse mai.
L'hippie si chiamava Glen, o Solo Glen, come era conosciuto. Come pilota
in Vietnam, aveva rinunciato al suo cognome in cambio dell'elicottero che
era sulla pista in attesa di portarci a Bolamba – in altre parole, aveva
disertato in un elicottero rubato pieno di pezzi di ricambio e di carburante,
aveva passato gli anni successivi a contrabbandare armi ogni volta che
c'erano soldi da guadagnare, e alla fine si era stabilito in Zaire conducendo
una vita semirispettabile. Mentre Glen parlava per ammazzare il tempo
mentre Mafuta distribuiva tutte le necessarie bustarelle, cominciai a
sperare di poter volare direttamente a Bolamba senza passare una notte a
Kinshasa come avevamo progettato. Ma non fu così. I viaggi aerei in
Africa, mi spiegò Glen, non erano come quelli statunitensi. Negli Stati
Uniti puoi tracciare la tua posizione costantemente, giorno o notte, con il
loran – la navigazione a lungo raggio tramite una rete di stazioni radio al
suolo – e sai sempre con che condizioni atmosferiche ti troverai ad avere a
che fare. In Africa invece si vola a vista e facendo delle stime, e provare a
coprire ottocento chilometri di natura selvaggia dopo il tramonto è un'impresa riservata strettamente a eroi e pazzi. Mezz'ora dopo eravamo fuori ed
entravamo in un'automobile di una marca che non avevo mai visto, di
sicuro non americana. Mafuta si sedette davanti, accanto al guidatore, una
carabina appoggiata vistosamente all'interno del ginocchio sinistro. Questo, spiegò Glen, avrebbe fatto capire a tutti i malintenzionati che non
avremmo reagito bene se ci avessero infastidito. In caso di un vero
problema, Mafuta avrebbe molto più probabilmente usato una pistola.
Intraprendemmo un lungo viaggio attraverso La Cite, il vasto bassifondo dove vivevano due terzi della popolazione cittadina – isolato dopo
isolato di tuguri dove i pasti venivano cucinati su fuochi all'aperto. Non mi
ci volle molto a capire che era questa la fonte dell'odore terribile che ci
aveva accolti all'aeroporto. Quando chiesi a Glen che cosa lo provocava,
mi chiese se avessi mai visitato una grande discarica di immondizia.
Dovetti ammettere che si trattava di un privilegio che non mi era ancora
toccato.
“Be', per dirla semplicemente”, disse, “l'immondizia brucia.”
“Quindi?”
“A La Cite l'immondizia è combustibile per cucinare. Molte persone
che cucinano cibo su immondizia in fiamme producono un tanfo che
rimane con te per molto tempo.”
Non avevo nulla da replicare a questo – mi stavo concentrando sul
deglutire. Stranamente c'erano tonnellate di bar e locali notturni a La Cite
– molti dei quali a cielo aperto e quasi tutti rimbombanti di musica dal
vivo che alle mie orecchie suonava come la salsa più vivace. Mi chiesi
come gente che vivesse in un simile deprimente squallore potesse creare
musica che era puro divertimento selvaggio ed esaltante – poi decisi che
forse la musica era il loro antidoto allo squallore. Vedendo che avevo
notato la cosa, Glen osservò (con una punta di ironia, pensai) che Kinshasa
era la capitale africana della musica dal vivo. Non fui tentata di attardarmi
per ascoltare più attentamente.
Dopo mezz'ora di macchina non eravamo ancora neanche vagamente
vicini al centro della città, dove si trovavano gli edifici governativi, i musei
e i negozi in stile europeo, ma eravamo in un bassifondo di qualità
superiore, dove Glen viveva e dove avrei passato la notte. Lui e la sua
ragazza, Kitoko, avevano un appartamento in una casa risalente all'epoca
coloniale, che una volta doveva essere stata elegante ma che adesso era
piuttosto decadente. Perfino qui c'erano persone un po' ovunque che
cucinavano su fuochi all'aperto, e dovemmo scavalcarne alcune per
arrivare alla scalinata esterna che conduceva all'appartamento di Glen al
secondo piano.
Kitoko mi piacque appena la vidi. Era sui venticinque anni, magra, non
una gran bellezza ma con un enorme sorriso amichevole. Come Mafuta,
parlava solo lingala e francese, ma non aveva bisogno che le facessi un
disegnino per capire che bramavo un bagno che, fortunatamente, avevano.
Fui sollevata dall'apprendere che avevano una stufa a cherosene – nessuna
immondizia per cucinare qui! Il posto era anche dotato di lampade al
cherosene (e di un forte odore di cherosene) per quando l'elettricità andava
via, il che avveniva spesso.
Kitoko stava cucinando del moambe – pollo e riso con una salsa di
arachidi e di olio di palma – che riempiva la cucina con un aroma meraviglioso. Glen mi mostrò la sua collezione di cassette – per metà rock 'n' roll
e per metà musica zairese contemporanea – e mi invitò a fare una scelta.
Odio quando la gente fa così, quindi afferrai qualche cassetta a casaccio e
gliela porsi.
Mentre ascoltavamo musica e aspettavamo il moambe, Glen spiegò che
aveva incontrato Kitoko mentre volava e faceva altri strani lavori per la
Repubblica di Mabili. Venne fuori che era la figlia del cugino della moglie
di Luk – una parentela che dovetti ammettere era ben oltre la mia
comprensione. Lavorava in centro per una società di import-export ed era
anche la tuttofare, gli occhi e le orecchie di Luk a Kinshasa.
Art aveva ragione su una cosa. Avevo dormito per tutto il viaggio a
Zurigo e per la maggior parte del tragitto verso lo Zaire, e per le nove
(orario di Kinshasa) stavo cominciando a riprendere le forze per una
nottata di poker o qualcosa del genere. Comunque, dopo aver ingurgitato
un paio di bottiglie di birra locale a cena e dopo cominciai a rilassarmi, e
per l'una del mattino fui pronta per un sonnellino. Otto ore dopo facemmo
colazione a base di banane (dalla loro dispensa) e di biscotti Oreo (dalla
mia), e Kitoko ci abbracciò per salutarci. Mafuta ci stava aspettando di
sotto con la macchina, e riuscimmo a tornare all'aeroporto senza venire
rapinati, presi a sassate, fatti esplodere, garrotati, gasati, spinti, scaraventati, intrappolati in un fuoco incrociato, cecchinati, bruciati e senza che ci
sparassero addosso. Nessuno ci colpì nemmeno con un gavettone.
Nonostante tutto, durante la notte qualcuno aveva prelevato il carburante
dall'elicottero, che era rimasto parcheggiato in piena vista all'aeroporto
sotto sorveglianza da parte di un meccanico appositamente corrotto per
tutto il tempo. Solo ordinaria amministrazione, per quanto riguardava
Glen, che ci fece mettere in marcia con una sola ora di ritardo.
Una volta in aria e stabilizzati, Glen mi disse che ora potevo vantarmi
con gli amici a casa di aver incontrato una vera spia. All'inizio pensai che
si stesse riferendo a se stesso, ma non aveva senso. Dopo averci pensato un
attimo dissi: “Oh, intendi Mafuta.”
“No, non Mafuta. Lui è solo un ammasso di muscoli. Sto parlando di
Kitoko. La maggior parte delle spie reali non hanno nulla a che vedere con
quelle nei romanzi di spionaggio.”
Lukombo Owona.
La strada per Bolamba era abbastanza semplice: segui il fiume Zaire a
nord-est per ottocento chilometri, gira a sinistra al Mongala e dopo ottanta
chilometri sei arrivato. La parte dello Zaire è facile – è un fiume enorme,
grande e fangoso come il Mississippi. Anche girare a sinistra al Mongala
sarebbe facile, se fosse contrassegnato da qualche bel monumento come il
World Trade Center. Non era un problema di cui dovessi preoccuparmi io.
Ovviamente Glen aveva un qualche modo di sapere come riconoscere il
Mongala tra tutti gli affluenti che si dipanano e scompaiono nella foresta
pluviale ogni pochi chilometri.
Anche se avremmo potuto prendere una strada dritta sono felice che
non lo facemmo, perché altrimenti non avrei visto una delle cose più belle
del mondo, una sorta di villaggio galleggiante che viaggia avanti e indietro
tra Kinshasa e Kisingani. Da quello che ho potuto capire, è una nave a
vapore che sospinge una serie di chiatte così stracolme di beni e persone
che in realtà non puoi davvero vedere le chiatte. C'erano coccodrilli vivi,
galline e capre, un divano troppo imbottito e delle poltrone che stavano
venendo trasportate a monte (e che fornivano posti a sedere per una
dozzina di persone), scatole, sacchi, casse, mucchi di vestiti, una Jeep
arrugginita, una pila di bare, un pianoforte verticale, gente dappertutto,
neonati e bambini ovunque, donne che pestavano qualcosa che dopo
scoprii essere manioca in grossi tubi smaltati, gente che cucinava, gente
che commerciava, gente che scommetteva, gente che saltava da una chiatta
all'altra. Ogni chiatta aveva un bar, e musica e danze non si fermavano
mai, giorno e notte. Commercianti da villaggi interni risalgono gli affluenti
per raggiungere il fiume e si incontrano con il vaporetto – può richiedere
loro giorni. Lungo la strada, della gente pagaia fino alle chiatte e ci si lega
per vendere cose come banane, pesci, scimmie e pappagalli, e per
comprare cose come pentole e ciotole smaltate, lame di rasoio e vestiti da
riportare ai loro villaggi. Glen disse che si trattava quasi di un villaggio
vero e proprio, con bambini che nascevano a bordo e crescevano mettendo
piede a terra molto raramente, sempre su questo vaporetto trascina-chiatte
che fa continuamente la spola da Kinshasa a Kisingani. Avrei voluto che
Ishmael potesse vederlo, era una così eloquente dimostrazione del fatto
che non esiste un unico modo giusto di vivere per le persone – certamente
non era una vita per tutti, ma devo ammettere che esercitava un'attrazione
potente su di me.
Fu solo quando stavamo sorvolando il fiume a mezzo chilometro di
altezza che compresi che cosa Glen aveva voluto dirmi riguardo il
viaggiare di notte sopra la foresta pluviale senza loran o previsioni metereologiche. La foresta è una cosa sola da un orizzonte all'altro, e cresce
direttamente dalle coste del fiume. Colti da una tempesta, avremmo avuto
solo due scelte – consegnarci alla foresta o andare direttamente nel fiume
stesso. La prima sarebbe stata morte quasi certa, e la seconda non molto
più promettente. Con la luce del giorno il problema si sarebbe potuto
risolvere facilmente atterrando nella radura di uno dei villaggi situati lungo
il fiume; di notte quelle radure sarebbero state completamente invisibili.
Eravamo in volo da circa tre ore, immagino, quando girammo a nord
per seguire il Mongala. Su questo affluente vedemmo un terzetto di
piroghe venire pagaiate verso lo Zaire, dove si sarebbero agganciate al
villaggio galleggiante quando sarebbe passato davanti al Mongala,
l'indomani mattina presto. Glen disse che stavano trasportando patate dolci
e manioca, che mi spiegò essere una radice che viene polverizzata in una
farina e poi cucinata in una sorta di equivalente tropicale dei fagottini di
patate. Dopo un'altra mezz'ora avvistammo Bolamba. All'inizio pensai che
Glen mi stesse prendendo in giro e che la vera Bolamba fosse altri
cinquanta o sessanta chilometri più avanti. Ma no, era perfettamente serio.
Questo piccolo, scalcinato villaggio, grande più o meno quanto un campo
di baseball, era la capitale della Repubblica di Mabili. So che suona
stupido, ma mi sentii insultata. Voglio dire, se avessi saputo che era tutto
qui avrei detto: 'Ehi, sentite, non mandatemi a Bolamba, spedite Bolamba
qui da me.'
Percependo la mia offesa, Glen mi spiegò che era stata una città molto
più grande durante l'epoca coloniale e che, nonostante il suo aspetto poco
impressionante, era ancora un importante centro commerciale per l'intera
regione. Atterrammo nel campo giochi della scuola – e dozzine di bambini
e adulti spuntarono fuori per vedere chi o cosa Glen avesse portato. Tra di
loro c'era un giovane che si fece avanti e si presentò come Lobi, l'assistente del ministro, e mi invitò a seguirlo alla residenza ufficiale, a un isolato
di distanza. Afferrò la mia valigia e il mio zaino prima che potessi impedirglielo e disse: “Questo è tutto ciò che ha portato?”
Ammisi di sì e ci avviammo. Mi chiese educatamente, in un inglese
pesantemente accentato, se avessi fatto un buon volo e se la mia perma-
nenza a Kinshasa fosse stata 'soddisfacente'. Gli assicurai che l'avevo fatto
e che lo era stata, e questo fu tutto dal punto di vista della conversazione.
La residenza ufficiale era un insieme di edifici conosciuta come il
Complesso, risalente ai giorni colonialisti – molto bello da guardare
dall'esterno, con nient'altro che una targa di bronzo all'entrata a indicare le
sue funzioni governative. L'edificio di fronte in realtà sembrava una
versione meno ben tenuta dell'ambasciata zairese a Washington. Entrammo
e Lobi fece un cenno a qualcuno alla reception, mi portò al secondo piano,
mi mostrò dove trovare un bagno e mi fece sedere su una panchina.
“Il ministro sa che lei è qui”, disse, “e verrà da lei il prima possibile.
Nel frattempo porterò le sue cose nella sua stanza. Va bene?”
Dissi che andava bene e lui si allontanò per il corridoio. Dieci minuti
dopo tornò e sembrò sorpreso che fossi ancora lì seduta.
“Il ministro non è venuto?” chiese, a mio parere piuttosto inutilmente.
Gli dissi che non l'aveva fatto.
Lui replicò che avrebbe controllato che cosa lo stava trattenendo e
scomparve attraverso una porta in fondo al corridoio. Dopo circa tre minuti
ne fece capolino e mi fece cenno di avvicinarmi.
“Era al telefono”, disse Lobi, “ma ora è pronto a riceverla.”
Mi condusse attraverso un ufficio esterno – come se fosse stato progettato per una segretaria ma al momento ne fosse privo – e finalmente nella
sancta sanctorum, dove un uomo che era senza ombra di dubbio Luk
Owona si alzò dalla sua poltrona per farmi un inchino formale.
“Benvenuta a Bolamba, signorina Gerchak”, disse in un tono non molto
accogliente, e mi invitò a sedermi. Senza mostrare molto interesse, mi
rivolse i soliti convenevoli su come sperava che avessi fatto un volo
piacevole e una permanenza soddisfacente a Kinshasa, poi passò direttamente agli affari.
“Mi sembra di capire”, disse osservandomi sprezzantemente da dietro i
suoi spessi occhiali, “che lei stia cercando assistenza nel trovare una casa
per un gorilla delle pianure.”
Stando lì seduta ad ascoltarlo, finalmente capii quanto si era sbagliato
Art Owens nello stimare la situazione. Avrei potuto capirlo dal fatto che
Luk non era venuto a prendermi a Kinshasa (e probabilmente non ne aveva
mai avuto l'intenzione). Avrei potuto capirlo dal fatto che non si era preso
la briga di attraversare a piedi un isolato per venire incontro all'elicottero –
o di mettere fuori la testa nel corridoio, o perfino di venir fuori da dietro la
sua scrivania per salutarmi. Ma lo avevo sicuramente capito ora. Contrariamente a quanto Art aveva dato per scontato, suo fratello Luk non ci era
amico. Non sapevo se fosse nostro nemico, ma di sicuro non era un alleato.
Nel giro di tre secondi netti fui completamente infuriata – parzialmente
verso Art per essere così cieco e parzialmente verso Luk per essere qualunque cosa fosse. Persi del tutto il controllo, e quando succede sono capace
di fare cose molto stupide. Ciò che feci a quel punto potrà sembrare ardito
e coraggioso ad alcune persone, ma io non mi faccio illusioni simili. Fu
stupidità, pura e semplice.
Dissi che mi sembrava di aver capito che lui e suo fratello avessero
avuto padri diversi. Lui rimase chiaramente sconcertato dal fatto che
avessi introdotto questo elemento personale nella nostra conversazione, ma
ammise che era vero.
“Il padre di Art deve avergli insegnato l'educazione”, dissi.
Luk rimase seduto perfettamente immobile per circa venti secondi,
mentre cercava di comprendere il senso di questa replica, poi, quando ci
riuscì, il suo volto nero divenne cinereo, come carbone consumato.
Mi augurai immediatamente di essere morta. Di essere a casa, o almeno
di nuovo sull'elicottero. Immaginai di venire portata via e uccisa. Lui mi
guardò come se lo stesse immaginando anche lui. Gli restituii l'occhiata –
almeno questo lo so: se scappi vieni attaccato.
“Come osi”, disse alla fine in tono freddo, “venire nel mio ufficio e
insultarmi.”
“Come osi tu”, dissi gelidamente, “essere così inospitale verso un'amica
di tuo fratello che ha viaggiato dodicimila chilometri per chiedere un
favore.”
Ero davvero ispirata al punto tale da usare la parola inospitale? Non ci
giurerei, ma ero certamente ispirata.
Lui mi fissò e io lo fissai a mia volta. Presto crebbe in me la sensazione
che le nostre posizioni si fossero ribaltate. Adesso era lui che stava cominciando ad augurarsi di essere morto. Abbassò gli occhi e seppi che, incredibilmente, avevo vinto. Magari non mi ero fatta un amico per la pelle, ma
l'avevo spinto più forte di quanto lui avesse spinto me.
Restammo lì seduti. Chiaramente non sapeva cosa fare, e di sicuro io
non ne avevo la più vaga idea. Avevo appena insultato gravemente un
uomo abbastanza potente da farmi uccidere – e lo avevo costretto ad
ingoiare l'offesa. Nessuno di noi due sapeva come procedere da quel
punto.
Finalmente, disperata, dissi: “Suo fratello mi ha chiesto di dirle che ha
nostalgia di lei – e dell'Africa.”
Era pura invenzione, naturalmente. Non aveva mai espresso una simile
emozione o nulla di remotamente simile.
“Questo”, disse Luk, “è difficile da credere.”
Scollai le spalle come per dire: 'Che cosa si può fare con qualcuno così
stupido?'
“Sta bene?”
“Se la cava bene”, risposi ambiguamente. La sua domanda e la mia
replica significavano che una guerra aperta era stata evitata.
Dopo un'altra lunga pausa disse: “Per favore, accetti le mie scuse... E
per favore mi spieghi cos'è questa storia del gorilla.” Pensai che fosse stato
furbo a unire una domanda alle scuse in questo modo. Gli risparmiava
l'umiliazione aggiuntiva di doversene stare lì seduto a ricevere il mio
perdono.
Tuttavia, era chiaro dal suo tono che immaginava che 'questa storia del
gorilla' fosse solo una copertura per una questione più importante. Questo
mi costrinse a cambiare leggermente la posizione che avevo previsto di
dover assumere a Bolamba. Se avessi detto a Luk la verità, che Art voleva
solamente reinserire un gorilla, Luk avrebbe potuto tranquillamente liquidare la faccenda come indegna della sua attenzione. Era di sicuro l'impressione che stavo ricevendo. Per evitare questo esito, ribaltai le carte in
tavola e spiegai che ero io la persona interessata a reinserire il gorilla. In
altre parole, invece di rappresentarmi come uno strumento che Art stava
usando per arrivare al suo scopo, feci sembrare Art uno strumento che io
stavo usando per arrivare al mio scopo. Fu una mossa audace e potenzialmente disastrosa, dato che ebbi non più di cinque secondi per decidere se
avesse senso o meno.
Per Luk ebbe senso in un modo che non avrei potuto prevedere neanche
se avessi avuto sei mesi per rifletterci. Glielo vidi lampeggiare negli occhi,
vidi una scossa percorrere l'intera superficie del suo corpo mentre ogni
molecola del suo corpo si riallineava a questa nuova realtà. Art, comprese
in quell'istante, era impazzito. Per la precisione, era pazzo di me. In una
frazione di secondo nell'immaginazione di Luk ero passata dall'essere una
ragazzina sudicia ed esausta per il viaggio all'essere una ninfetta tentatrice.
Non c'era nulla che potessi fare a riguardo – e nulla che volessi fare. Nella
mente di Luk, chiariva tutto. Avevo un gorilla (Dio solo sapeva come o
perché) che volevo reinserire nella foresta pluviale dell'Africa centro
occidentale. Art non poteva resistere ai miei desideri. Non poteva venire in
Zaire di persona per risolvere la faccenda, quindi eccomi lì. Tutto questo
trambusto e queste spese non erano solo per il bene di un gorilla – sarebbe
stato assurdo. Erano per me. Questo era qualcosa che Luk poteva
comprendere... Quindi lasciai che lo facesse.
Dopo il mio incontro con Luk mi venne mostrata la mia stanza, che
comunque non era nulla di cui scrivere a casa. Appesi il vestito che avrei
indossato il giorno seguente per incontrare Mokonzi Nkemi e cercai di
lisciare alcune delle pieghe più evidenti. Era un vestito molto grazioso e
femminile, un tipo che non mi piace molto, ma mi era stato detto (ancora e
ancora) che jeans e maglietta sarebbero stati orribilmente mal a propos per
incontrare il presidente della repubblica. In fondo al corridoio c'era un
bagno con una vasca quasi abbastanza profonda per nuotarci, e io feci un
lungo e meraviglioso bagno, seguito da un sonnellino.
Dato che non c'erano molte persone che parlassero inglese a disposizione, Solo Glen si era nominato mia guida per la serata. Ci sarebbe stata una
grande cena a buffet in ciò che spacciavano per una sala da ballo, ma fui
sollevata dall'apprendere che non era in mio onore. Al contrario, era solo lo
stile di Nkemi organizzare un banchetto che durasse tutta la notte per ciò
che era fondamentalmente l'intero governo. Lui e Luk erano raramente
disponibili, perché sentivano che la presenza dei grandi capi avrebbe
potuto intimorire i sottoposti e spingerli a trattenersi. Quella notte (come
per la maggior parte delle notti) erano attese trenta o quaranta persone – i
lavoratori e le loro famiglie, dai neonati ai bisnonni.
Glen mi avvertì che, mi piacesse o no, il mio ingresso avrebbe causato
scalpore, e lo fece, soprattutto tra i bambini e i giovani adulti. Un muro di
gente piena di domande si formò intorno a me, e Glen mi disse che mi
sarebbe convenuto soddisfare la loro curiosità in gruppo, altrimenti mi
avrebbero braccata individualmente tutta la notte, ripetendomi sempre le
stesse domande. Naturalmente volevano sapere perché fossi lì, e io spiegai
che era per vedere il presidente. Naturalmente a quel punto vollero sapere
perché lo volessi vedere. Dopo aver tradotto la domanda, Glen mi avvisò
che sarebbe stato meglio dire che non potevo parlarne, e io seguii il suo
consiglio. Vollero sapere esattamente da dove venivo e com'era lì, con tutti
i dettagli. Vollero sapere cosa pensavo del cibo, della musica, delle strade e
del tempo zairese. Vollero sapere cosa si poteva vedere nella televisione
americana, e finii per cercare inutilmente di spiegare loro che cosa fosse
una situation comedy. Io chiesi loro che cosa poteva essere visto nella
televisione zairese, e questo provocò una grande risata. Glen mi spiegò che
Mobutu andava matto per il wrestling professionistico, quindi questo era
più che altro ciò che passava in televisione. Alcuni dei più adulti vollero
sapere se approvassi le politiche statunitensi in posti come Libia, Israele e
Iran. Quando risposi che cercavo di mantenere una mente aperta a riguardo
e dissi a Glen di spiegare che stavo scherzando, lui mi avvisò che non
l'avrebbero capito e aveva ragione, non lo capirono. Mi feci perdonare
essendo (per una visitatrice) insolitamente preparata sulla storia della
Repubblica di Mabili, il che ovviamente fece loro molto piacere.
Dopo circa un'ora, Glen indisse una pausa così da poter mangiare
qualcosa. Mi condusse intorno ai tavoli, dove sembravano esserci circa
cinquanta piatti diversi – la maggior parte dei quali era roba che neanche
Glen fu in grado di identificare. Scelse cinque o sei cose che riconobbe e
pensò mi potessero piacere, poi me ne fece assaggiare altre cinque o sei,
giusto per provare – nulla di strano o terribilmente esotico, quindi non ebbi
l'occasione di verificare se le termiti fritte sanno davvero di popcorn. Era
tutto molto saporito. Voglio dire che era strano trovare qualcosa che non
avesse un proprio sapore distinto, al contrario della maggior parte del cibo
americano, che non sa di nulla e quindi viene insaporito con qualcos'altro –
sale, pepe, salsa di soia, mostarda o succo di limone. Una delle cose che
provai su consiglio di Glen fu della scimmia affumicata, che immagino
pensasse mi avrebbe sconcertato. Non era nulla di squisito, ma non mi
sconvolse.
Mokonzi Nkemi.
Lo scopo della mia intervista con Luk Owona mercoledì pomeriggio
era stato abbastanza chiaro. Nella storia che stavamo cercando di dar loro a
bere, era suo compito scoprire che cosa volessi, cosicché potesse preparare
Mokonzi Nkemi per il nostro incontro di giovedì mattina. Per quanto
Nkemi ne avrebbe saputo, la mia richiesta non aveva nemmeno la più
remota connessione con Art Owens, che era persona non grata e non
avrebbe dovuto venir menzionato da nessuno. L'incontro con Nkemi
avrebbe dovuto essere molto semplice. Sarei entrata, avrei scambiato dei
convenevoli e spiegato che cosa volessi. Nkemi avrebbe detto 'Certo,
perché no', poi io avrei detto 'Grazie, arrivederci', e sarei tornata a casa.
Aveva perfettamente senso per tutti credere che sarebbe andata in questo
modo.
Nkemi aveva una reception con una vera segretaria. Dopo essere stata
accompagnata lì dal mio fedele Lobi (il cui nome, mi disse Glen, era la
parola lingala che significava sia 'ieri' che 'domani'), mi sedetti, aspettai
per dieci minuti e poi venni fatta entrare. L'ufficio di Nkemi era considerevolmente più grande ed elegante di quello di Luk, ma la vera sorpresa fu
l'individuo stesso. Per nessun vero motivo, mi ero aspettata qualcuno
basso, solido e dal portamento eretto – un generalissimo, insomma. Al
contrario, Nkemi era uno studioso alto, allampanato e con le spalle
pendenti in un completo nero, con camicia bianca e cravatta scura. Anche
lui portava gli occhiali, ma se li tolse per farmi cenno di sedermi a una
poltrona di fronte alla sua scrivania.
“Si unisce a me per del caffè?” mi chiese. Poi, vedendo che esitavo, mi
assicurò che sarebbe stato fatto con acqua purificata. Dissi che l'avrei
bevuto volentieri, per quanto in realtà avrei preferito evitarlo. Mi chiese
ancora più dettagliatamente della piacevolezza del mio viaggio e della mia
permanenza a Kinshasa. Inoltre aggiunse delle domande sulla mia stanza
nel Complesso e sulla cena della notte precedente, che per qualche motivo
definì 'ricevimento'. Presto arrivò il caffè e lo bevemmo. Poi, finalmente,
ci preparammo a occuparci degli affari. Mi spiegò che gli dispiaceva
mettermi fretta, ma stava aspettando una telefonata da Parigi in pochi
minuti. Io dissi che lo capivo e che non mi infastidiva affatto. Lui disse che
il signor Owona gli aveva descritto il mio progetto. Mi chiese di spiegarglielo in dettaglio.
Si andava in scena, finalmente.
Il gorilla Ishmael, spiegai, era una celebrità in America, più o meno
come il gorilla Gargantua lo era stato nella generazione precedente.
Gargantua aveva finito col morire in cattività, ma molte cose erano
cambiate tra gli animalisti americani da allora. C'era un forte desiderio di
vedere Ishmael rilasciato nella foresta, e i suoi proprietari erano disposti a
collaborare per raggiungere questo scopo – che consisteva non solo nel
rinunciare a un animale che valeva molto, ma anche nello spendere molto
denaro per riportarlo nella sua madrepatria, nella foresta pluviale dell'Africa centro occidentale. Tutto ciò che ci serviva era assistenza nel trasportare
Ishmael dal suo punto di arrivo a Kinshasa fino al luogo in cui sarebbe
stato rilasciato nella Repubblica di Mabili.
Nkemi mostrò un educato interesse chiedendomi se pensassi che un
animale che aveva passato tutta la vita in cattività sarebbe stato in grado di
sopravvivere allo stato selvaggio. Questa era una delle tante domande a cui
ero stata allenata a rispondere.
“Se si trattasse di un predatore, no”, replicai. “Un leone adulto che
avesse vissuto in una gabbia tutta la vita quasi sicuramente non avrebbe le
capacità predatorie necessarie per sopravvivere allo stato selvaggio. Ma un
animale raccoglitore come un gorilla non avrà problemi nel sopravvivere
nell'habitat appropriato. Nonostante questo, i suoi responsabili rimarranno
con lui nella foresta finché non saranno sicuri che vi si è stabilito con
successo. Se non ci dovesse riuscire, dovranno scegliere tra riportarlo a
casa e dargli una morte indolore.”
Non mi piacque nominare quest'ultimo punto, ma doveva essere detto.
Nkemi volle poi sapere se l'impresa fosse sponsorizzata o almeno
appoggiata da qualche gruppo animalista internazionale come il World
Wildlife Fund. Segnai un punto per Art, che aveva previsto questa
domanda. Ciò che Nkemi stava cercando era la possibilità di poter ottenere
dei buoni titoli sui giornali della stampa mondiale. Gli dissi che non
avevamo ancora chiesto una simile sponsorizzazione, ma che se fosse stato
necessario lo avremmo fatto volentieri.
Nkemi chiese perché questa missione era stata affidata a una ragazzina.
Questo era uno dei punti deboli della nostra storia, a mio parere, ma non
avevo altra scelta che ripetere ciò che avevamo stabilito. Era stata indetta
una competizione nazionale nelle scuole, che sarebbe stata vinta dallo
studente che avesse scritto il saggio migliore in cui sollecitasse il ritorno a
casa di Ishmael. Io l'avevo vinta, e il premio era questo viaggio e la
responsabilità di chiedere assistenza al presidente della Repubblica di
Mabili. L'opinione di Nkemi per questa favoletta non sembrò molto
migliore della mia, ma non fece commenti.
“Mi dica una cosa, signorina Gerchak”, disse dopo un po'. “Che motivo
pensa che abbia di assecondarla in questa faccenda?”
“Avrei sperato che l'occasione di fare una buona azione sarebbe stata un
motivo sufficiente.”
Annuì per mostrare la sua approvazione per la diplomazia di questa
risposta, ma la questione non era chiusa. “Ma immagini”, continuò, “che la
semplice occasione di fare una buona azione non fosse sufficiente.”
“Va bene”, dissi. “Posso immaginare una cosa simile. Per favore, mi
dica che cosa sarebbe sufficiente.”
Scosse la testa. “Non sto cercando una bustarella, signorina Gerchak.
Voglio che trovi qualcosa in questa faccenda che la renda degna della mia
attenzione perché, a essere onesti, io non lo vedo. Per essere brutalmente
chiaro, che cosa ci guadagno io? E se non ci guadagno nulla io, che cosa ci
guadagna Mabili – o l'Africa? Non sono un uomo terribilmente avido, ma
di sicuro mi aspetto di venire pagato in qualche modo per la mia collaborazione. Lei sta ottenendo qualcosa che vuole. I proprietari di questo animale
stanno ottenendo qualcosa che vogliono – altrimenti non lo farebbero,
glielo assicuro. E se ciò che mi dice è vero, allora tutti gli animalisti
d'America otterranno qualcosa che vogliono. Perché, tra tutte queste
persone, io dovrei essere l'unico che non ottiene nulla?”
Questa era senza dubbio una gran bella domanda, e dato che non avevo
la più pallida idea di come rispondere, non riuscivo a vedere altro esito che
il fallimento dell'intera missione. Ero in preda a un puro terrore, e il mio
cervello si chiuse.
“Il problema è”, dissi, “che non so che cosa lei voglia.”
Lui scosse la testa di nuovo, esattamente nello stesso modo – dolorosamente, con aria afflitta. “Il punto non è ciò che voglio, signorina Gerchak.
Se avendo saputo del suo desiderio di reinserire questo animale l'avessi
invitata qui così da poterla convincere a permettermi di aiutarla, allora
avrebbe sicuramente il diritto di aspettarsi che io le spiegassi perché questa
opportunità dovrebbe essere data a me anziché a qualcun altro. Vorrebbe
sapere in che modo dare a me (anziché a qualcun altro) questo compito le
porterebbe dei benefici. E io glielo direi, perché lo avrei stabilito fin
dall'inizio, prima di invitarla qui.”
Rimasi seduta a fissarlo come una stupida.
“Lei è una giovane incantevole”, continuò Nkemi, “e ha senza dubbio
scritto un saggio incantevole, ma temo che gli organizzatori di questa
faccenda avrebbero fatto meglio a mandare qualcuno che sapesse come
questi affari vengono condotti.”
“Molte persone rimarranno deluse”, tentai debolmente.
“Renderli felici non è compito mio.”
“Ma stiamo chiedendo così poco!” mi lamentai.
Scrollò le spalle. “Se chiedi poco allora naturalmente puoi offrire poco.
Ma chiedere poco difficilmente giustifica offrire nulla.”
Fortunatamente, in quel momento il segretario di Nkemi entrò a dirgli
che la sua telefonata da Parigi era arrivata. Mi chiese se mi sarebbe
dispiaciuto aspettare fuori per qualche minuto. Dispiacermi? Arrivai alla
porta come se le mie scarpe avessero preso fuoco.
Avrete un'idea del mio stato mentale se vi dico che considerai di
telefonare ad Art. Immaginai che fossero le quattro e mezzo di mattina
dove si trovava, quindi almeno sarebbe stato a casa. Il problema era che
non sapevo quanto tempo avrei avuto, né quanto ci sarebbe voluto per
inoltrare la chiamata. Decisi che il mio tempo sarebbe stato speso meglio
calmandomi e cercando una qualche brillante risposta che al momento
trovavo inimmaginabile.
Inoltre, avevo già sentito cosa Art aveva da dire sull'argomento. Era
l'autore dell'argomentazione basilare che avevo appena provato: Non
stiamo chiedendo molto, quindi perché non ce lo dà? Quest'argomentazione si era rivelata inefficace. Ishmael non aveva offerto alcuna argomenta-
zione su questo punto, ma se l'avesse fatto, quale sarebbe stata?
Bizzarramente, non sapevo che ragionamento avrebbe fatto, ma sapevo
come lo avrebbe fatto. Avrebbe raccontato una storia – una favola. Una
favola su un re e un supplicante straniero... Su un re a cui viene chiesta
assistenza per una riparazione di qualche tipo, ma che in qualche modo
non capisce che la riparazione stessa è la sua ricompensa... Avevo visto
Ishmael concepire una parabola utilizzabile nel giro di minuti. Poteva
essere fatto. Il problema era trovare i giusti elementi e farli funzionare
insieme... Pensai a una perla. Pensai a una moneta d'oro. Dopo essermi
riscaldata con questi, mi avventurai a prendere in considerazione la struttura dell'orecchio interno che controlla l'equilibrio; se avessi saputo come si
chiama quel maledetto affare avrei potuto utilizzarlo. Finalmente mi venne
un'idea che pensai fosse buona quanto qualunque altra che avrebbe potuto
venirmi, e cominciai a lavorarci sopra.
Dopo circa cinque minuti ero pronta per Nkemi, e Nkemi era pronto per
me.
“Mi piacerebbe raccontarle una storia”, dissi quando fui di nuovo
seduta nel suo ufficio. Nkemi mi fece un piccolo cenno con il capo,
mostrando che lo trovava un approccio originale e interessante e che
potevo procedere.
“Un giorno un principe venne avvicinato da un visitatore straniero che
era venuto per chiedere un favore. Il principe condusse il visitatore in una
camera privata e gli chiese quale favore volesse.
“'Vorrei che apriste le porte del vostro castello così che io possa portare
dentro un cavallo e farlo alloggiare nella vostra stalla', disse lo straniero.
“'Che tipo di cavallo?', chiese il principe.
“'Uno stallone grigio, Vostra Altezza, con una stella nera sulla fronte.'
“Il principe fece una smorfia e disse: 'C'era un cavallo come quello
nella stalla di mio padre quando ero un bambino. Poi ci fu un incendio
disastroso e quel cavallo scomparve insieme a molti altri.'
“'Aprirete le porte, allora, e mi lascerete alloggiare il cavallo nella
vostra stalla?'
“'Non capisco perché dovrei', replicò il principe. 'Perdonami se sono
scortese, ma che ci guadagnerei dal farti questo favore?'
“'Pensavo che aveste capito, Vostra Altezza', disse lo straniero. 'Questo
è lo stesso cavallo che scomparve dalla stalla di vostro padre quando
eravate un bambino. Sto solo riportando indietro qualcosa che non avrebbe
dovuto andarsene fin dall'inizio'.”
Nkemi sorrise e fece un cenno che sembrava dire: 'Vai avanti'.
“Non le stiamo chiedendo di occuparsi di qualcosa che appartiene a
noi”, gli dissi. “Stiamo cercando di restituirle qualcosa che appartiene a
lei.”
Nkemi annuì, ancora sorridendo. “Vede? Avrei potuto scoprire questo
vantaggio da solo con un minimo di ragionamento. Ma era compito suo
mostrarmelo, non mio scoprirlo. Aspettandosi che trovassi da solo un
qualche guadagno nella sua proposta, stava peccando di maleducazione –
benché io capisca che non ne avesse l'intenzione.”
“Capisco”, dissi, “e sono completamente d'accordo.”
“Naturalmente sarò felice di collaborare in questa strana piccola
impresa. Il signor Owona si occuperà di tutti i dettagli.”
E con questo, si alzò e mi porse la mano per dirmi addio.
Otto ore dopo ero in volo, diretta a Zurigo.
Questioni di tempismo.
Dopo un lungo e noioso scalo ad Atlanta, fui a casa prima della
mezzanotte di venerdì – a casa ma virtualmente comatosa. Mia madre mi
ficcò a letto. Non fui troppo amichevole quando mi svegliò alle otto
dell'indomani mattina per dirmi che il signor Owens stava venendo a
prendermi. Sarei rimasta volentieri incosciente per altre sei ore, ma mi
alzai, mi feci una doccia, mi vestii e finii di fare colazione in tempo per
andargli incontro per strada, in modo che non dovesse entrare in casa e
scambiare dei convenevoli con mia madre. Avremmo dovuto farci novanta
minuti di macchina per arrivare al parco di divertimenti, che a quel punto
si era spostato due città a nord. Dopo avergli fatto un resoconto della mia
avventura africana, gli chiesi cosa stesse succedendo.
“Sono successe due cose da quando sei partita”, disse. “Una è che
Ishmael si è preso un terribile raffreddore che temo potrebbe trasformarsi
in polmonite. Non ci sono molti veterinari capaci di curare un gorilla, ma
ne ho trovato uno e un'ambulanza si sta dirigendo al parco di divertimenti
in questo momento.”
Tutto quello che avrei voluto dire a questo punto era: 'Starà bene, non è
vero?', ma conoscevo Art abbastanza bene da sapere che se avesse avuto
delle rassicurazioni da darmi me le avrebbe già date, a quel punto. Non
appariva terribilmente preoccupato, e avrei dovuto accontentarmi di
quello.
“Qual è la seconda cosa?”
Fece una risata breve e amara. “La seconda cosa è che Alan Lomax ci
ha rintracciati.”
“Ascolti”, dissi, “deve dirmi che cos'è questa storia con Alan. So che
Ishmael non vuole parlarne, ma questo non dovrebbe impedire a lei di
farlo.”
Art continuò a guidare per un po' mentre rifletteva sul problema. Alla
fine disse: “Ogni tanto, Ishmael incontra un allievo che non vuole lasciarlo
andare. Che diventa... Possessivo. Questo spaventa Ishmael a morte – e per
buone ragioni.”
“Perché dice questo?”
“Pensaci. Una volta che possiedi un animale, be', diciamocelo, lo puoi
controllare completamente.”
“Sì, ma Alan non possiede Ishmael.”
“Il punto è che Alan vuole possederlo. L'altroieri mi ha offerto mille
dollari per comprarlo.”
“Oh, Cristo onnipotente”, gemetti. Volevo urlare. Volevo prendere a
morsi il cruscotto. “Che cosa gli ha risposto?”
Art sorrise. “Che avrei accettato per duemilacinquecento.”
“Perché lo ha fatto?” chiesi indignata.
“Cosa avrei dovuto fare? Dovevo mantenere la finzione secondo cui,
per quanto mi riguarda, Ishmael è solo uno dei tanti animali nella mia
collezione.”
“Sì, posso capirlo.”
“Devi capire che dal punto di vista di Alan, lui sta facendo qualcosa di
completamente ammirevole. Sta cercando di salvare Ishmael da una
situazione disperata.”
“Ishmael non gli ha detto che non ha bisogno di venire salvato?”
“Sono sicuro che lo ha fatto. Ma non osa spiegare perché non ne ha
bisogno.”
“Perché no?”
“Pensaci, Julie. Puoi capirlo da sola.”
Ci riflettei un po' e non arrivai da nessuna parte. “Alan come pensa che
Ishmael sia arrivato nel serraglio?”
“Non ne ho idea.”
Viaggiammo in silenzio per un po'. Alla fine dissi: “Che cosa farà ora,
secondo lei?”
“Alan? Secondo me andrà a casa e cercherà di raccogliere più soldi
possibile. Una volta che sarà in grado di sventolarmi il denaro sotto il
naso, l'avidità mi renderà manipolabile.”
“Ma Ishmael se ne sarà andato a quel punto, non è vero?”
“Oh, sì – a meno che Alan non riesca ad agire molto in fretta. Ishmael
se ne andrà in poche ore, e il parco di divertimenti stesso sarà andato via
lunedì a quest'ora.”
A quel punto arrivammo a una piccola città a circa metà strada, e che io
sia dannata se non vidi proprio Alan Lomax venir rimorchiato in una
stazione di servizio. Lui e un meccanico stavano trafficando sotto il cofano
di una Plymouth che sembrava essere stata in circolazione dall'amministrazione Carter.
“Sembra che il motore abbia un problema”, osservò Art.
“Già.”
“Probabilmente è solo un po' di polvere nella ventola del radiatore.”
“Lo credi davvero?”
“Be', potrebbe essere”, replicò Art.
Lo guardai con curiosità. “Gliene servirà una nuova?”
“Oh, sì, prima o poi”, disse. “Sfortunatamente, non è facile trovare
pezzi di ricambio in questa zona sperduta, specialmente di domenica. Se se
la prende comoda, potrà probabilmente arrivare fino a casa senza ventola,
ma arriverà troppo tardi per farla aggiustare entro oggi.”
“Che sfortuna”, dissi.
Addio, mio Ishmael.
Seduto in quella maledetta gabbia, aveva un aspetto orribile e appariva
sofferente e misero, tirando su col naso e lamentandosi, con la pelliccia
sparata in tutte le direzioni, ma non era sconfitto, e certamente non
mostrava segni di stare per morire. In realtà era decisamente di pessimo
umore e irritato, e non lo sarebbe stato se fosse stato pronto a esalare
l'ultimo respiro.
Dopo aver ascoltato i dettagli della mia avventura africana, fu seccato
da come lui e Art avessero frainteso Luk Owona e Mokonzi Nkemi così
grossolanamente. “La regola dovrebbe essere: 'Augurati il meglio e
aspettati il peggio', e noi invece ci siamo limitati a sperare in bene”, disse.
“Sono in pensione da un mese e sto già perdendo lo smalto.”
D'altro canto, fu decisamente divertito dalla favola del cavallo grigio
che avevo ideato per Nkemi.
“Hai detto qualcosa a proposito di un'idea a cui hai lavorato che
riguardava l'orecchio interno. Che diavolo era?”
“Be', sai, c'è questo minuscolo affarino che galleggia nell'orecchio
interno e ti aiuta a mantenere l'equilibrio. Stavo pensando... Lo stregone
malvagio lo preleva dall'orecchio del principe al suo battesimo o qualcosa
del genere, così lui cresce barcollando, e tutti i suoi figli e nipoti
barcollano anch'essi. Poi un giorno il nipote dello stregone arriva al
castello e dice al re: 'Sentite, vorrei restituirvi questo affarino'. E il re dice:
'Perché dovrei volere una cosa del genere? Che cosa ci guadagno se lo
prendo?' Poi il nipote dello stregone gli spiega tutto.”
“Un po'... Contorto”, disse Ishmael dubbiosamente.
“Esatto. Ecco perché ho scelto il cavallo.”
“Sarai una brava insegnante”, disse Ishmael, cogliendomi di sorpresa.
“E' questo che dovrei diventare?”
“Non intendo un'insegnante professionista”, disse. “Tutti voi dovete
essere insegnanti, che siate avvocati, medici, agenti di borsa, registi,
industriali, leader mondiali, studenti, cuochi o spazzini. Niente di meno di
un mondo composto da menti cambiate vi salverà – e cambiare menti è
qualcosa che ognuno di voi può fare, non importa di chi si tratta o che
lavoro fa. Ho detto ad Alan di raggiungerne cento, ma a dire la verità stavo
diventando un po' impaziente con lui. Ovviamente non c'è nulla di
sbagliato nel raggiungerne cento, ma se non ci riesci allora raggiungine
dieci. E se non puoi raggiungerne dieci, raggiungine uno – perché
quell'uno potrebbe raggiungerne un milione.”
“Io ne raggiungerò un milione”, gli dissi.
Lui mi osservò per un po', poi disse: “Credo che lo farai.”
“Cercherai di insegnare in Africa?” gli chiesi.
“No, no, niente affatto. Forse un giorno ti scriverò una lettera, ma
altrimenti non farò nulla del genere.”
“Allora che cosa farai?”
“Mi inoltrerò nella zona più oscura, fitta e remota della foresta pluviale
e cercherò di trovare una tribù che mi lasci cercare cibo con lei. Non
voglio farti preoccupare, ma non ha senso nascondere il fatto che probabilmente non sopravviveremo come specie allo stato selvaggio per molto.
Ma naturalmente porto nuovi strumenti per affrontare il problema.”
“Il che vuol dire?”
“Il che vuol dire che se sentirai di un vecchio, scaltro dorso argentato là
fuori che nessuno sembra riuscire a intrappolare, saprai che si tratta di
me.”
Dopo poco, Art venne a dirci che l'ambulanza era arrivata. Chiesi a
Ishmael se potessi andare con lui.
“Preferirei davvero che non lo facessi, Julie. Non sarà affatto più facile
salutarci domani di quanto non lo sia oggi.”
Allungai la mano attraverso le sbarre, e lui la prese come se fosse
fragile quanto una bolla di sapone.
La vita continua.
Per quanto possa sembrare incredibile, lunedì mattina mi alzai, feci
colazione e andai a scuola. Martedì mattina feci la stessa dannata cosa.
Non era davvero possibile per me restare in contatto con Art. Era lui
che doveva restare in contatto con me, e lo fece. Attraverso di lui, seppi
che Ishmael si era gradualmente ripreso e che un giorno del gennaio 1991
aveva cominciato il proprio viaggio in Africa. Non chiesi dettagli sul
viaggio; non sarebbe stato divertente, e meno ne sapevo meglio era. A
marzo Art mi chiamò per farmi sapere che la missione era stata compiuta.
Ishmael era a casa, e se non gli piaceva avrebbe dovuto arrangiarsi.
In qualche modo misterioso, mia madre sembrò lentamente capire che
la faccenda zairese era stata diversa da come le era stata presentata. Non
mi affrontò per chiedermi una spiegazione o niente del genere. Invece,
sviluppò una sorta di quieta lagnanza a riguardo, facendo cupi commenti
come: “So che hai i tuoi segreti. Be', anch'io ho i miei.”
A settembre il parco di divertimenti Darryl Hicks tornò in città, e Art e
io passammo un po' di tempo insieme. Gli dissi che, ripensandoci a un
anno di distanza, trovavo difficile da credere che loro due non avessero
trovato un altro modo per risolvere il problema del trasporto a parte me.
Art sorrise e disse: “Pensavo che l'avessi capito, ormai. Una ragazza
intelligente come te.”
“Che vuole dire?”
“Avevamo altri due piani per risolvere il problema. Ciascuno di essi
sarebbe stato più economico – e molto più semplice da attuare – che
mandare te.”
“Allora, per l'amor di Dio, perché avete mandato me?”
“Ishmael ha insistito, naturalmente. Voleva che fossi tu a farlo e nessun
altro.”
“Ma perché?”
“Immagino si potrebbe dire che era tutto ciò che gli rimaneva da darti.
Questo era il suo ultimo regalo: la consapevolezza di aver giocato un ruolo
fondamentale nella sua vita. E non c'è dubbio che tu l'abbia fatto. Che
avremmo potuto risolvere il problema in un altro modo non cambia nulla.”
“Ma avrei potuto fallire!”
Art scosse la testa. “Sapeva che non avresti fallito. Questo era parte del
regalo, naturalmente. Voleva che sapessi che era disposto ad affidarti la sua
vita.”
“Alan si è fatto vivo di nuovo?”
“Sì, in effetti sì, proprio quando pensavo che l'avrebbe fatto. Eravamo
in viaggio con tutti i nostri bagagli per l'alba, e ho lasciato un uomo per
intercettarlo se si fosse fatto vivo, cosa che ha fatto intorno a mezzogiorno.”
“Perché l'ha fatto?”
“Perché doveva finire.”
“Non capisco.”
“Me ne rendo conto. Ishmael era in una posizione difficile quando si
trattava di parlare di Alan con te.”
“Perché?”
Art tacque e mi indirizzò un'occhiata pensierosa. “Che cosa pensavi di
Alan?”
“A dire la verità, pensavo che fosse inquietante.”
“Questo è proprio il motivo per cui Ishmael non poteva parlarti di lui.
Non eri disposta ad ascoltare.”
“Vero, immagino.”
“C'è poco da immaginare, Julie. Per qualche motivo, quando si trattava
di Alan la tua mente era chiusa.”
“Va bene, ha ragione. Continui.”
“La maggior parte degli allievi di Ishmael è stata come te in questo
aspetto: quando è arrivato il momento di lasciarlo andare, l'ha fatto.
Capisci di cosa sto parlando?”
“Non ne sono sicura. Non avevo molta scelta, comunque. Dovevo
lasciarlo andare.”
Art non era d'accordo. “No, Julie, non eri costretta. Avresti potuto dire:
'Se non mi lascerai venire con te, mi taglierò le vene'.”
“Vero.”
“Alan era uno di quegli allievi che semplicemente non vogliono
mollare l'osso. Ishmael aveva notato i segni fin da subito, e questo divenne
un elemento essenziale dei suoi piani.”
“Che intende dire?”
“Quando è diventato chiaro che Ishmael avrebbe dovuto abbandonare il
palazzo Fairfield, avrebbe potuto coinvolgere te nei suoi piani, ma non
Alan. Stando così le cose, Ishmael non aveva altra scelta se non scomparire. Tutto ciò che Alan avrebbe dovuto vedere era che un giorno Ishmael era
lì nel suo ufficio e il giorno dopo non c'era più. Era andato, scomparso nel
nulla.”
“Vuol dire che Alan non sapeva che Ishmael avrebbe dovuto lasciare il
palazzo?”
“Esatto. Che cosa avresti pensato se un giorno fossi entrata nell'ufficio
di Ishmael e l'avessi trovato vuoto?”
“Accidenti, non lo so. Immagino che avrei pensato: 'Be', ragazzina, ora
te la devi cavare da sola'.”
“Questo è come la prenderebbe la maggior parte delle persone – ma
non Alan. Alan ha ragionato in questo modo: 'Se Ishmael è scomparso,
allora devo trovarlo!' Il che è ciò che ha proceduto a fare.”
“Capisco. Non gli è venuto in mente che Ishmael volesse scomparire.”
“Dubito che abbia anche solo provato a pensare a che cosa Ishmael
volesse. La cosa importante era ciò che voleva Alan, ossia riprendersi
Ishmael.”
“Sì, capisco.”
“Ora, devi capire che Ishmael non stava semplicemente cercando di
scaricare Alan. Stava cercando di svegliarlo. Stava cercando di eliminare la
dipendenza di Alan nei suoi confronti. Altrimenti Alan sarebbe rimasto un
allievo per sempre.”
“Che intende dire?”
“Ishmael non voleva semplicemente allievi, voleva allievi che potessero diventare insegnanti a loro volta. Non te lo ha detto chiaramente?”
“Sì. Ha detto che tutti i suoi allievi sono portatori del suo messaggio.
Ecco perché è importante che abbiano 'un sincero desiderio di salvare il
mondo'. Senza quel desiderio, potrebbero anche non fare nulla con ciò che
imparano.”
“Esatto. Ma ecco che cosa Ishmael stava ricevendo da Alan: 'Non farò
mai niente per salvare il mondo, non diventerò mai un insegnante come te,
non diffonderò mai il tuo messaggio nel mondo, perché rimarrò qui e sarò
tuo allievo per sempre'. E questo è ciò che Ishmael stava cercando di
evitare.”
“Ora capisco.”
“Quando Alan ha rintracciato Ishmael al parco di divertimenti, la
situazione è diventata ancora più disperata, perché Alan non stava più
dicendo solamente: 'Voglio restare tuo allievo per sempre', adesso stava
dicendo: 'Voglio comprarti, portarti a casa con me e restare tuo allievo per
sempre'. Dovevamo davvero chiudere questa faccenda definitivamente.”
“Sì, posso capire.”
“Ma come avremmo potuto farlo, Julie? Cosa avresti fatto tu, cono-
scendo la nostra situazione? Alan è andato a casa, presumibilmente per
raccogliere abbastanza denaro da comprare Ishmael in contanti. Ishmael
soffre di un brutto raffreddore, tanto brutto che lo voglio far ricoverare.
Quando Alan tornerà lunedì, Ishmael e il parco di divertimenti saranno
spariti. Ma io posso lasciare indietro qualcuno con un messaggio per
Alan.”
“Va bene.”
“Che messaggio gli lascio?”
“'Vai a casa e lasciaci in pace.'”
Art scosse la testa. “Non funzionerebbe, Julie. Alan sta salvando il suo
maestro dalle forze del male. 'Vai a casa e lasciaci in pace' non basta.”
“Vero.” Scrollai le spalle. “So come lo farei io, ma non credo che
Ishmael approverebbe.”
“Ishmael voleva che Alan abbandonasse ogni speranza di poter mai
riprendere la sua carriera di allievo. Voleva che Alan si dicesse una volta
per tutte: 'Ora posso contare solo su me stesso, completamente e per
sempre. Ishmael non sarà mai più qui per me ad aiutarmi'. Voleva che Alan
si dicesse una volta per tutte: 'Ishmael non c'è più, quindi devo diventarlo
io stesso'.”
“Allora forse approverebbe.”
“Allora, che messaggio lasceresti per Alan?”
“Lascerei questo messaggio: 'Ishmael è morto. Le sue condizioni sono
peggiorate sempre di più ed è morto di polmonite'.”
“Questo è il messaggio che gli ho lasciato, Julie.”
“Gesù.” Anche se non lo dissi, mi ricordo di aver pensato: Funzionerà?
Cinque mesi dopo ebbi la mia risposta.
L'Ishmael di Alan.
Nel resoconto di Alan Lomax della sua esperienza con Ishmael, lui
ammette di aver affermato di non essere il tipo di scrittore che potesse
diffondere il messaggio di Ishmael al mondo. Ma quando ha dovuto
affrontare la morte di Ishmael, evidentemente è andato a casa e ha trovato
il modo di diventarlo. Gli rendo onore per questo.
Ho parlato con molte persone che hanno letto il libro di Alan, e
nemmeno una di esse ha commentato lo strano dettaglio che quando per
Ishmael è venuto il momento di lasciare il Fairfield, se n'è andato senza
dire una parola ad Alan. (Nemmeno Alan lo ha commentato!)
Similmente, nessuno sembra notare che Ishmael era ben lungi
dall'essere contento quando Alan alla fine si è fatto vivo al parco di
divertimenti Darryl Hicks. (E anche se Alan lo nota, non si sofferma ad
analizzare questo fatto molto approfonditamente.)
Sono sicura che saranno tutti sollevati di sapere che non intendo
paragonare punto per punto ciò che Ishmael ha detto a me e ciò che ha
detto ad Alan. Per quanto mi riguarda, l'unica vera discrepanza riguarda la
faccenda degli altri allievi di Ishmael. Se Alan ha detto la verità (e perché
non avrebbe dovuto?), Ishmael gli ha dato l'impressione di aver avuto
molti pochi allievi in passato – e di aver fallito con tutti loro. Questo è
molto strano, dato che a me ha dato l'impressione opposta – che avesse
avuto molti allievi e che avesse avuto successo con tutti loro, in diversa
misura. Questo indica che Ishmael stesse offuscando i fatti per uno di noi,
anche se non riesco a immaginare perché.
L'Ishmael di Alan è il mio Ishmael? Personalmente non credo, ma io
difficilmente posso essere obiettiva a riguardo. L'Ishmael di Alan mi
sembra un po' cupo e arcigno, e piuttosto a disagio con questo particolare
allievo. Ma come percepiranno il mio Ishmael le persone che leggeranno
questo resoconto? Non ne ho idea.
Ho imparato qualcosa di molto importante dal libro di Alan – a parte
ciò che Ishmael aveva da insegnargli. Intendo dire che ho imparato
qualcosa di Alan stesso. Non è facile esprimerlo a parole, in parte perché
significa ammettere che mi sbagliavo. Leggendo il libro di Alan, ho
imparato quanto sia facile saltare a conclusioni sbagliate su qualcuno e poi
interpretare ogni cosa che fa attraverso quella conclusione. Una volta
convintami che Alan fosse un idiota, ogni cosa che faceva mi sembrava
l'opera di un idiota. Leggere il suo libro mi ha fatto capire come questo
fosse non solo molto ingiusto, ma completamente falso. Art Owens ha
commesso lo stesso errore, in diversa misura – ma non Ishmael. Ishmael
ha sempre difeso Alan con me, era chiaramente irritato dai miei pregiudizi
su di lui e si è rifiutato di contribuire a essi discutendo con me della sua
preoccupazione riguardo la possessività di Alan. Una volta ho visto citare
Sigmund Freud per aver detto: 'Capire significa perdonare'. Nel caso di
Alan, dopo aver vissuto con il suo libro per quattro anni, riformulerei
questa massima così: 'Capire significa capire'.
La gente mi chiede anche delle mie reazioni agli insegnamenti della
persona nota come B – Charles Atterley, un altro allievo del gorilla. Quello
che penso è che Ishmael non stava addestrando dei pappagalli, e B di
sicuro non è un pappagallo. Ha preso ciò che ha imparato da Ishmael e lo
ha condotto nella direzione delle sue passioni, e sono sicura che questo sia
esattamente ciò che Ishmael voleva che accadesse. Gli insegnamenti di B
sono autentici – nel senso, derivano dagli insegnamenti di Ishmael? Direi
certamente di sì, basandomi sui suggerimenti presenti nel libro di Alan. Il
fatto che quegli stessi indizi non siano presenti nel mio libro non significa
nulla. Ishmael ha detto molto chiaramente che ognuno dei suoi allievi ha
ricevuto una 'differente narrazione' del suo messaggio.
Come ho scritto in questo libro, ho sempre saputo che alla fine avrei
dovuto giustificare la mia frase di apertura sullo svegliarsi a sedici anni e
rendersi conto di essere stata incasinata. Immagino che ora sia il momento.
Quando il libro di Alan è stato pubblicato, ho detto ad Art che volevo
scriverne uno anch'io. La sua replica è stata: “Ishmael lo vorrebbe sicuramente, ma dovrai aspettare un po'.”
Naturalmente chiesi perché.
“Dovrai fidarti di me per questo”, disse.
“Mi fido”, ho detto, “ma non significa che non posso chiedere perché.”
“In questo caso sì, Julie. Dovrai accettarlo e basta.”
“Va bene, ma che cosa sto aspettando?”
“Non posso dirti neanche questo.”
“E' una qualche direttiva da parte di Ishmael?”
“No.”
“Per quanto dovrei aspettare?”
“Finché non ti dirò che puoi procedere.”
“Sì, ma quanto ci vorrà? Un anno? Due? Cinque?”
“Mi dispiace, Julie, ma proprio non lo so.”
“Non è giusto.”
“So che non è giusto. Non lo sto facendo perché è giusto. Lo sto
facendo perché è necessario.”
Questa conversazione si è svolta nell'estate del 1992. Immaginai che mi
avrebbe dato il via libera durante l'anno seguente, ma non lo fece. Nel
1993 immaginai che me lo avrebbe dato sicuramente l'anno successivo, ma
non lo fece neanche allora.
Nell'autunno del 1994 frequentai un corso di storia mondiale in cui il
libro di Alan venne letto dall'intera classe come una sorta di introduzione.
Lo sforzo che mi ci volle per mantenere la calma quasi mi uccise. A parte
questo non fu un anno negativo. Mia madre decise di fare una sorta di
svolta nella sua vita e di smettere con l'alcool. Cominciò a perdere peso, si
unì a un gruppo femminile e si ricordò come si fa a sorridere.
Quando incontrai Art nell'estate del 1995 gli dissi: “Senta, non ci può
essere niente di male nello scrivere il libro, no? Non posso scriverlo se
prometto di non renderlo pubblico?”
Lui disse che sì, potevo scriverlo, se avessi giurato su una pila di Bibbie
che non l'avrei mostrato a nessuno.
Così cominciai a scrivere – ma in realtà sentivo di essere stata fregata.
Cominciai a scrivere e lo finii quasi tutto in sei mesi – tutto tranne questo
capitolo.
Ne mandai una copia ad Art e lui disse: “E' grandioso, ma devi
aspettare.”
Ho aspettato un altro anno, poi ho scritto questo capitolo.
Art dice di aspettare.
E' il 28 novembre del 1996, e io sto aspettando.
L'attesa finisce.
L'11 febbraio del 1997, due settimane prima del mio diciottesimo
compleanno, Art mi ha telefonato per darmi il via libera. Ha detto: “I
giorni di Mobutu sono contati. Perderà il potere nel giro di qualche
settimana.”
“Per l'amor di Cristo, è questo che stavo aspettando?”
“E' questo che stavi aspettando, Julie. Perché se Mobutu ha i giorni
contati, ce li ha anche Nkemi.”
“Vuol dire che voleva che Nkemi perdesse il potere prima che rivelassi
dov'è Ishmael?”
“Non proprio. Finché Nkemi non avesse perso il potere, non volevo che
sapesse a che tipo di gorilla aveva dato rifugio. Ricordati che hai nominato
Ishmael davanti a lui.”
“Vero. Ma anche Alan lo ha nominato. Nkemi avrebbe potuto capire dal
libro di Alan a che tipo di gorilla stava dando rifugio.”
“No, non avrebbe potuto, perché secondo il libro di Alan, Ishmael è
morto.”
“D'accordo, capisco. Ma che cosa avrebbe potuto fare Nkemi se
l'avesse saputo?”
“Non ne ho idea, ma di sicuro non volevo scoprirlo nel modo peggiore,
guardandoglielo fare.”
“Giusto.” Ci riflettei per un minuto, poi gli chiesi se fosse sicuro che i
giorni di Nkemi erano contati.
“Credimi, Julie. Ho informazioni che non ha neanche il Dipartimento di
Stato, a questo punto. Per l'estate, Nkemi e la sua repubblica saranno storia
passata.”
“In un certo senso mi piaceva Nkemi – e anche suo fratello.”
“Non preoccuparti di quei due. Prima di Halloween, avranno entrambi
degli ottimi impieghi, come insegnanti di scienze politiche e di storia
africana a Parigi o Bruxelles – per quanto si arricchiranno davvero consigliando gli uomini d'affari su chi corrompere nel nuovo regime.”
“Perché non ha potuto dirmelo mentre stavo aspettando, in tutti questi
anni?”
“Se l'avessi fatto, tu mi avresti chiesto per quanto tempo Mobutu
sarebbe rimasto al potere, e io avrei dovuto dirti: 'Chi lo sa? Potrebbe
campare fino a cent'anni'. Non pensavo che ti sarebbe piaciuto sentirlo.”
“Vero.”
Quindi l'attesa è finita, e io sono due anni più vecchia e saggia della
ragazza che ha scritto la maggior parte di questo libro. Potrei facilmente
rileggerlo e smussarne le imperfezioni, che di sicuro sono presenti.
Ma penso che farò meglio a lasciarlo così com'è.
FINE
Traduzione italiana non ufficiale di Dr. Jackal ([email protected]).
Le altre opere di Daniel Quinn sono disponibili nel sito:
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