Animali domestici: nel Regno Unito i rettili battono i cani
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Animali domestici: nel Regno Unito i rettili battono i cani
Numero Speciale Organo ufficiale d’informazione della Federazione dei Verdi Anno IV – n. 246 martedì 30 dicembre 2008 Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 DCB - Roma • Direttore responsabile: Enrico Fontana • Editore: undicidue srl, via del Portofluviale, 9/a - Roma • Stampa: Rotopress, via E. Ortolani, 33 - Roma Registrazione Tribunale di Roma n. 34 del 7/2/2005 • Redazione: via del Portofluviale, 9/a - 00154 Roma - tel. 0645470700 - fax 0642013131 - [email protected] • Stampato su carta ecologica • La testata fruisce dei contributi di cui alla legge 7 agosto 1990 n. 250 Le meraviglie delle nuove specie Ogni anno biologi e naturalisti rinvengono esemplari di animali mai visti prima: solo nell’ultimo anno centinaia di straordinarie scoperte Tanzania, Brasile, Congo, Nuova Guinea, Asia e Australia i luoghi protagonisti degli ultimi eccezionali ritrovamenti da parte degli scienziati a pagina 2 Una biodiversità preziosa È necessario un alto livello di protezione per lasciare il più possibile gli habitat incontaminati Andrea Drudi [email protected] Proteggere la natura 2 Africa, uno scrigno di tesori 3 L a scoperta di nuove specie animali avviene quasi sempre in angoli remoti del pianeta che, in quanto tali, riescono a garantire un’adeguata tutela alla biodiversità grazie alla loro posizione geografica strategica. Spesso però questi luoghi sono a rischio antropizzazione che mette in pericolo il territorio e le specie che vi abitano. In altri casi invece si trovano all’interno di aree protette dove esiste un alto livello di tutela della biodiversità. Il Cerrado con i suoi 716mila ettari è la seconda area protetta per dimensioni in Brasile e la distribuzione geografica di alcune specie è limitata a quest’area: la loro sopravvivenza dipende quindi dalla nostra capacità di mantenerla intatta. L’enorme distesa verde del Cerrado un tempo copriva un’area grande quanto metà del continente europeo. Da tempo, però, ampie porzioni di savana vengono convertite in piantagioni a una velocità doppia di quanto avviene in Amazzonia, con il risultato che vegetazione e fauna autoctona rischiano in molti casi di scomparire per sempre. Anche le foreste sui monti Nguru (in Tanzania), uno dei luoghi meno esplorati della Terra, dove di recente della Tanzania è stato protetto grazie a parchi e riserve naturali, ma nonostante l’impegno dello Stato per la preservazione delle specie, molte zone e molti animali sono in pericolo a causa della crescente deforestazione. Il Borneo, dove sono state scoperte nuove specie ani- Spesso gli hot spot si trovano all’interno di aree protette, ma ciò non è sempre sufficiente. Bisogna fare i conti con gli interessi della popolazione locale e con il crescente disboscamento sono state scoperte 17 nuove specie di rettili e anfibi, rischiano di essere distrutte. Infatti, questo habitat è minacciato dalle popolazioni indigene che vivono ai margini della foresta e che preferiscono abbattere e bruciare gli alberi per trasformare la regione in coltivazioni di mais, patate e altri ortaggi. Il 38,4 per cento del territorio mali, tra cui particolari tipi di leopardo e rinoceronte, costituisce un ambiente ancora incontaminato. Infatti, di recente, i ministri dei tre governi del Borneo hanno firmato un’importante Dichiarazione per la conservazione e la gestione sostenibile del cuore del Borneo e questo ha portato l’area sul piano delle principali priori- tà di conservazione globale: si tratta di una superficie di 220mila km² del tutto incontaminata. A marzo scorso il Congo ha dichiarato l’istituzione della seconda area umida protetta più grande del mondo. Si tratta dell’area di “Grand affluents”, che include le zone umide dei quattro principali tributari del fiume Congo, tra cui il Libenga e il Sangha, e due aree costiere fondamentali per la migrazione: Cayo-Loufoualeba e Conkouati-Douli. L’area complessiva è di quasi 6 milioni di acri, ed è abitata da 300mila persone. Un luogo d’incantevole bellezza che presenta al suo interno altissimi livelli di biodiversità. Per tutelare la barriera corallina australiana, recente teatro di tantissime scoperte di nuove specie, è in corso un piano di tutela che prevede una gestione più severa della pesca commerciale, per tutelare gli squali e gli altri gruppi di pesci protetti che potrebbero erroneamente finire nelle reti dei pescatori locali. Animali domestici: nel Regno Unito i rettili battono i cani La sofferenza vive in gabbia 3 Secondo i calcoli della British federation of herpetologists, riportati dal Telegraph, in tutto il Regno Unito sono più di 8 milioni gli anfibi e i rettili considerati come animali domestici, mentre i cani sarebbero soltanto 6,5 milioni. E la crescita del numero di questo tipo di animali è così rapida che in pochi anni potrebbe superare i 9 milioni di gatti del Paese, decretando così la vittoria dei rettili come animali domestici più popolari. I rettili, infatti, sono economici, non hanno bisogno di moltissime cure e non sporcano come altri animali più impegnativi. I calcoli sono stati fatti in base all’analisi delle vendite di cibo per rettili (insetti e topi): dal 2004, quando si stimava che i rettili fossero 5 milioni, il numero di grilli venduti in Gran Bretagna è raddoppiato da 10 a 20 milioni alla settimana. Nello stesso periodo, il numero delle locuste è più che quadruplicato, fino ad arrivare a un milione a settimana. Sono cresciute vertiginosamente anche le vendite di roditori congelati: oltre ai roditori allevati a questo scopo nel Regno Unito e in Europa, ne sono stati importate dai Paesi extraeuropei circa 3,5 tonnellate ogni mese. Le cinque specie più popolari sono i i gechi leopardo, i draghi barbuti, i serpenti del grano, i pitoni reali e le tartarughe di Hermann. Altre specie molto richieste sono il serpente colubro, il camaleonte dello Yemen e il geco ciliato. Quest’ultimo è stato riscoperto solo nel 1994, poiché si pensava fosse estinto da molti anni. I nuovi dati includono anche gli anfibi, soprattutto rane, salamandre e rospi, anche se ricoprono solo il dieci per cento del totale. Rispettiamo la vita Cristina Morelli Mentre l’essere umano continua a disboscare le più grandi foreste esistenti e a devastare le più belle zone della Terra, il regno animale ci sorprende con la scoperta di nuove specie negli angoli più remoti del pianeta. Questa notizia dovrebbe farci riflettere sui nostri comportamenti e soprattutto sul rispetto che dovremmo avere nei confronti di tutti i viventi che insieme a noi compiono quel “meraviglioso viaggio” che è la vita. Viviamo in un paradosso continuo. Da una parte abbiamo il problema del randagismo che affolla i canili a causa del costante abbandono dei nostri compagni a quattro zampe (e non), quasi sempre coincidente con i periodi di vacanza, quando il nostro amico diventa un ingombrante peso di cui sbarazzarci; dall’altra, assistiamo all’incremento della vendita di animali sempre più lontani da quelli cosiddetti d’affezione. Infatti, stanchi ormai del solito cane o gatto, riteniamo “indispensabile” possedere un animale che appartenga a specie esotiche o selvatiche: anfibi, rettili, roditori, ecc. nella speranza di riacquistare, forse, attraverso il controllo su ciò che ci circonda, quell’armonia e quel rispetto che abbiamo perso ormai da troppo tempo. Cresce il numero di rettili e anfibi come animali domestici nel Regno Unito, che addirittura arrivano a superare la presenza dei cani nelle famiglie inglesi. Dietro a scelte come quella di costringere un essere vivente con caratteristiche etologiche completamente diverse dalle nostre, facendolo vivere in un habitat così diverso da quello in cui è nato, si nasconde il nostro profondo egoismo e l’ignoranza più bieca, che ci allontana sempre di più dal significato vero della nostra esistenza. Laboratori di sperimentazione continuano a infliggere sofferenze atroci in nome delle cose più varie, tra cui gli interessi economici, tranne sicuramente che in nome della scienza. Eppure le maggiori riviste scientifiche hanno ormai indicato nuove tecnologie a disposizione della ricerca basate su metodi alternativi più efficaci e meno costosi, che potrebbero risparmiare migliaia di vite, sacrificate ogni minuto, nell’indifferenza generale. Così come gli zoo, gli acquari e i circhi continuano a speculare sulla pelle di innocenti creature, rinchiuse in spazi angusti e non conformi alla loro natura nel nome della cosiddetta “educazione”, che nulla ha a che fare con la vera conoscenza del mondo. Che educazione può essere quella che insegna ai nostri figli un mondo falso, che mostra animali dietro alle sbarre solo per il nostro perverso divertimento? Mi auguro ancora che gli “umani” si ravvedano e che il cammino indicato da molti (anche se sempre troppo pochi) illuminati ci induca a un cambiamento del nostro modo di vivere. Partendo dal rispetto di ogni vita su questo pianeta non possiamo che giungere al rispetto di noi stessi, alla consapevolezza che vivere nel rispetto di tutto ciò che ci circonda è l’unica vita che vale la pena di essere vissuta. 2 martedì 30 dicembre 2008 Il record del 2008 va all’Australia Una ricerca svolta nel Pacifico ha permesso di conoscere l’esistenza di coralli, meduse, crostacei e pesci sconosciuti fino a poco tempo fa dalla prima È sempre boom per le nuove scoperte di specie animali. Nel 2007 secondo i ricercatori della rivista Nature ne sono state trovate 700 nuove e anche il 2008 si avvia a essere un anno prolifico in questo senso. Negli ultimi mesi, infatti, si sono verificate una serie di scoperte interessanti in diverse parti del mondo. In Tanzania Michele Menegon, ricercatore del museo di Scienze naturali di Trento, ha scoperto 17 nuove specie di rettili e anfibi dopo oltre due mesi trascorsi nelle remote foreste sui monti Nguru, uno dei luoghi meno esplorati della Terra. Una spedizione composta da scienziati brasiliani, insieme ai colleghi della Ong americana Conservation international, hanno scoperto una rarissima lucertola senza zampe e almeno altre 14 specie mai studiate finora durante una spedizione nel Cerrado, la savana tropicale del Brasile grande quasi quanto metà Europa, considerata insieme all’Amazzonia uno dei patrimoni della biodiversità mondiale. Le specie scoperte sono molto diverse fra loro: otto tipi di pesci, tre rettili, un mammifero e un uccello nano. Nelle remote foreste del Congo, in una zona estremamente inaccessibile agli scienziati, la spedizione del World conservation society e del Wwf ha trovato sei nuove specie animali, oltre a un tesoro di biodiversità. Gli scienziati hanno perlustrato la foresta a ovest del lago Tanganika. In due mesi sono stati trovati una nuova specie di pipistrello, due di toporagno, un nuovo roditore e due di rane, ma non solo: oltre agli animali sconosciuti la regione si è rivelata una miniera di specie a rischio. L’elenco delle colonie rinvenute sembra tratto da un manuale sulla biodiversità: scimpanzè e altri tipi di scimmie, bufali, leopardi, ma anche uccelli, rettili e anfibi. I ricercatori hanno anche raccolto migliaia di campioni di piante, di cui il 10 per cento è risultato impossibile da identificare da parte dei botanici della spedizione ed è attualmente allo studio degli esperti. «Se in così poco tempo abbiamo trovato sei nuove specie - ha commentato Andrew Plumptre, che ha partecipato alla missione - si può solo immaginare cos’altro ci sia da scoprire». I ricercatori del Conservation international hanno scoperto 52 nuove specie di pesci nel Pacifico, in una zona di L’evoluzione si misura anche con la resistenza all’odore Per gli esseri umani i profumi sono importanti. Per accettazione sociale, per essere più attraenti, come mezzo per comunicare stati d’animo. Anche nel mondo vegetale e animale i profumi sono un elemento la cui importanza è fuori discussione. Le piante li usano per attirare gli insetti impollinatori, gli animali per “marcare” il loro territorio o per attirare o “annusare” un compagno con cui accoppiarsi. Ma il ruolo dell’odore nello sfruttamento di una specie animale su un’altra, con tanto di fiore in mezzo a fare da “arbitro” e capace persino di influenzare il patrimonio genetico di una delle specie animali interessate, è sicuramente poco noto. I protagonisti di questo singolare intrigo “animal-floreale” sono rispettivamente una bella farfalla di colore blu, la Maculinea, le formiche rosse e una genziana dal nome comune assai curioso: la Gentiana pneumonanthe, che in Italia si trova nelle regioni del Nord e sulle Alpi. La Maculinea depone le sue uova sulle foglie di questa genziana, a sua volta frequentata da una specie di formiche rosse. Dalle uova si sviluppa un bruco, che inizia a emettere un odore che “inganna” le formiche inducendole a credere che si tratti di una loro larva. Le formiche quindi “adottano” il bruco e iniziano a nutrirlo, trascurando completamente le vere larve di formica, che ne fanno le spese. Ma la cosa più straordinaria, dimostrata da studi recenti condotti dall’università di Copenaghen, è che queste formiche possono sviluppare geneticamente una sorta di resistenza a questo inganno, secernendo sostanze chimiche che modificano l’odore del bruco di Maculinea, mentre altre popolazioni di formiche, che invece vivono in luoghi dove queste genziane sono assenti, non sono in grado di diventare resistenti all’inganno. Inoltre è stato dimostrato che, generalmente, la “resistenza” non viene trasmessa dalle formiche rosse parassitate a quelle che non lo sono state, anche se queste ultime occupano le stesse aree in cui vegeta la genziana. Ma non basta. La capacità di alterare l’odore del bruco può essere trasmessa solo nel caso in cui una formica regina “non resistente” si accoppi con maschi di colonie “resistenti” e non viceversa. Sembra complicato, ma non lo è: in altri termini, si proverebbe che una specie può evolvere la resistenza a un determinato fattore per essa negativo attraverso la trasmissioni di geni, ma solo quando essi sono legati al sesso. Queste riflessioni appartengono al campo della biologia evoluzionistica e aprono la strada a ulteriori, interessanti ricerche anche in campo biochimico. mare ritenuta tra le più interessanti e incontaminate del mondo dal punto di vista faunistico: si trova attorno alla penisola di Bird’s Head, all’estremità occidentale della Nuova Guinea. In particolare, i biologi marini hanno trovato 24 nuove specie di pesci, 20 di corallo e 8 di gamberi. Un altro rapporto del Wwf, denominato “First contact in the greater Mekong”, ha riservato altre sorprese: un ragno predatore grande come un piatto (30 cm), un millepiedi rosa shocking che produce cianuro, una stupefacente vipera verde trovata su una trave di un ristorante di Khao Yai, un parco nazionale nel Nord della Thailandia. Sono questi solo alcuni esempi del tesoro biologico scoperto Peter Trott del Wwf locale: «Si tratta di una conquista scientifica eccezionale. Ora dobbiamo studiare quali cambiamenti nella gestione dell’ambiente marino saranno necessari per tutelare questi animali» dagli scienziati nell’immensa foresta del Mekong (4425 km) che attraversa l’Asia meridionale. In questa zona sono state censite, tra il 1997 e il 2007, circa 1.068 nuove specie. Come già verificato per il crotalo, non sono state trovate tutte in zone inesplorate: un ratto che si pensava estinto 11 milioni di anni fa è stato rinvenuto dagli scienziati in un mercato locale a Thakhek, in Laos. Ma il record di scoperte di quest’anno spetta all’Australia. I risultati di una ricerca durata quattro anni hanno messo in evidenza centinaia di nuove specie animali nella barriera corallina. Coralli, meduse, crostacei e pesci sono stati documentati in un inventario che farà parte del censimento mondiale della vita marina finanziato da governi, Nazioni unite e organizzazioni ambientaliste e che sarà pubblicato nel 2010. Sono state scoperte in particolare 100 nuove specie di squali e razze marine al largo della costa orientale, che vanno ad aggiungersi alla grande varietà di squali australiana, la più ricca al mondo dopo quella dell’Indonesia. Una di esse, il Parascyllum elongatum, è così rara che l’unico esemplare conosciuto è stato trovato nello stomaco di un altro squalo. «Si tratta di una conquista scientifica eccezionale - ha dichiarato Peter Trott, responsabile per la fauna marina del Wwf locale -. Ora dobbiamo studiare quali cambiamenti nella gestione dell’ambiente marino saranno necessari per proteggere questi animali». A.D. Proteggere la natura Dai parchi degli Usa a quello del Gran Paradiso, la storia dei luoghi deputati alla tutela del pianeta Simone Di Meo [email protected] U no degli obiettivi principali della protezione della natura è la conservazione della biodiversità, intesa come insieme delle forme di vita che popolano la Terra. Fin dall’antichità l’uomo ha tutelato parti di territorio, per finalità e scopi non direttamente riconducibili alla salvaguardia della biodiversità. È il caso dei boschi sacri della civiltà mediterranea o della cinta di Roma o ancora delle foreste appenniniche dell’Abetone e del Parco nazionale delle foreste casentinesi, conservatisi anche grazie alla presenza di eremi e monasteri che ne scoraggiavano lo sfruttamento pesante. L’istituzione di riserve di caccia a opera di famiglie nobili ha spesso permesso il mantenimento in condizioni di elevata naturalità di interi territori e la sopravvivenza di specie altrimenti estinte; basti ricordare la storia del primo parco nazionale italiano, il Gran Paradiso. Sono statunitensi i primi parchi naturali nazionali: nel 1872 viene istituito Yellowstone, nel Wyoming e, poco tempo dopo, nel 1880, Yosemite, in California; le note a commento dell’atto legislativo istitutivo dello Yellowstone sottolineano l’ampia approvazione in seno al Congresso e la massiccia mobilitazione dell’opinione pubblica sensibilizzata verso la necessità di preservare le bellezze naturali a beneficio dell’intera collettività nazionale, senza distinzione di rango. In Europa nel corso del Diciannovesimo secolo vi sono state iniziative a favore di singole specie pesantemente sfruttate; le prime leggi di protezione della natura risalgono agli inizi del Novecento, ma è la Svizzera, nel 1914, la prima nazione europea a realizzare un parco nazionale con criteri e finalità di salvaguardia scientifica, l’Engadina. Negli anni successivi si susseguirono altre istituzioni in tutta l’Europa: in Italia, il Gran Paradiso nel 1922, il Parco d’Abruzzo nel 1923, il Circeo nel 1934 e lo Stelvio nel 1935 per citare solo quelli definiti storici. I criteri istitutivi dei parchi non sono uniformi: accanto a impostazioni quasi esclusivamente protezionistiche quali quella dell’Engadina, ci sono quelle di tipo paesaggistico-ricreative, negli Stati Uniti, o di tipo misto in Inghilterra, Germania od Olanda. I primi tentativi di uniformare i criteri di classificazione e giungere a una definizione universalmente accettabile di parco nazionale risalgono alle conferenze di Londra del 1933 e di Washington del 1940 ma, malgrado gli sforzi, il panorama rimane estremamente diversificato perché condizionato dalle politiche dei diversi Paesi, ispirate a principi autonomi. Nel 1948 nasce l’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn), organismo sovranazionale di riferimento, cui viene affidato un programma per la classificazione delle aree protette. L’impostazione che ne scaturisce, basata sulla contrapposizione uomo-natura permarrà a lungo, fino alla conferenza mondiale sull’Ambiente tenutasi a L’ultimo trentennio del secolo scorso ha posto in primo piano la questione ambientale: da qui numerosi accordi internazionali per la protezione di specie animali e la Convenzione di Rio sulla diversità biologica Stoccolma nel 1972, quando si arriva finalmente ad associare i problemi della conservazione a quelli dello sviluppo. L’ultimo trentennio del secolo scorso ha posto in primo piano la questione ambientale, l’aumento demografico, l’esaurirsi delle risorse naturali, l’inquinamento e i limiti di uno sviluppo incontrollato. Risalgono a quel periodo numerose convenzioni internazionali per la protezione di specie animali; ma l’atto più significativo rimane la “Convenzione di Rio de Janeiro sulla diversità biologica”, sottoscritta da 153 Paesi. In quegli anni cominciano a emergere i primi dubbi sul concetto di protezione della natura basata esclusivamente sull’individuazione di isole di naturalità nettamente separate dal resto del territorio e precluse all’intervento umano. Comincia anche a farsi strada la consapevolezza che la creazione di un’area protetta necessiti di confini basati su criteri ecologici e di studi più complessi e approfonditi che non la semplice definizione dei punti d’interesse. Solide basi scientifiche e la consapevolezza che proteggere la natura significa anche tutelare l’ambiente di vita dell’essere umano divengono i nuovi principi ispiratori della protezione della natura e di un modello di sviluppo sostenibile che sappia farsi carico tanto delle componenti antropiche che di quelle naturali. È per questo che nascono aree a elevata biodiversità come il Costa Rica o il Madagascar e le riserve create sulle spiagge di Lampedusa dove depone le uova la tartaruga marina. martedì 30 dicembre 2008 Aumentano le torture in nome della scienza Scriveva il cardinale John Henry Newman: «C’è qualcosa di pauroso, di diabolico nelle torture inflitte a chi non ci ha mai fatto del male, non può difendersi ed è completamente in nostro potere». La sua affermazione, fatta alla fine dell’Ottocento, è ancora oggi di straordinaria attualità e definisce al meglio la pratica tuttora messa in atto di utilizzare gli animali per gli esperimenti scientifici. La Lav (Lega anti vivisezione) ha lanciato una nuova denuncia contro la vivisezione: sempre più cavalli, asini, bovini, suini, uccelli e pesci finiscono la loro vita in un laboratorio. La denuncia nasce sulla base dei dati relativi al numero degli animali utilizzati in Italia per fini scientifici e sperimentali durante i tre anni dal 2004 al 2006, resi noti, con il solito ritardo, dal ministero del Welfare. Rispetto ai tre anni precedenti, il ministero informa che sono stati utilizzati, a fini sperimentali, 221 tra cavalli e asini contro 90, più di 8.000 maiali contro meno di 7.000, quasi 3.000 bovini contro 1.500. A questo si aggiunge un notevole incremento nell’utilizzo di uccelli (quasi 100mila contro 85mila) e pesci (45mila contro 8.000). Naturalmente gli animali ancora più rappresentati in questa vera e propria strage di cui pochissimi parlano, sono i roditori che, per mere ragioni di costo e maneggevolezza, vengono sacrificati a milioni. Tutto questo accade in contrasto al fatto che le nuove tecnologie mettono a disposizione della ricerca metodi alternativi assolutamente validati che potrebbero risparmiare centinaia di migliaia di vite, sacrificate inutilmente su freddi banconi di laboratorio. Il quadro è ulteriormente aggravato dalle autorizzazioni in deroga, ovvero dalla possibilità di utilizzare cani, gatti e primati (non umani) o altre specie per fini didattici e senza fare ricorso ad anestetici. Se pensiamo che, ancora oggi, vengono testati sulle cavie profumi, unguenti e belletti e che detersivi e altri prodotti chimici per la casa finiscono negli occhi di poveri animali, prima che su piatti o pavimenti, dobbiamo renderci conto della mostruosità che implica questo tipo di sperimentazione e di quanto fossero vere le parole del cardinale Newman. Africa, uno scrigno di tesori In un continente ancora tutto da scoprire i ricercatori provano a classificare tutti i nuovi esemplari Elida Sergi [email protected] I l mondo della biodiversità è ancora uno scrigno pieno di tesori da scoprire, alcuni del tutto inaspettati, in un pianeta dove tutto sembra indagato e classificato. L’Africa in particolar modo è un continente ancora da scoprire. Ci hanno provato a partire dallo scorso anno alcuni studiosi, per mezzo di una spedizione scientifica della Wildlife conservation society Usa. I ricercatori avrebbero scoperto 6 nuove specie di animali nell’Est della Repubblica democratica del Congo, in una regione boscosa a ovest del lago Tanganika, che gli scienziati non raggiungevano da anni a causa della sanguinosa guerra che ha sconvolto il cuore verde dell’Africa nera. Gli scienziati americani, tra gennaio e marzo, avrebbero classificato 2 nuove specie di rane, 1 di pipistrello e 3 di roditori. Inoltre, anche 4 nuove specie di mammiferi, cosa sempre più rara da scoprire. La vita animale sta quindi dimostrando di Prima è toccato al Congo, con la scoperta di 6 nuove specie, di recente invece è stata la volta della Tanzania. Qui Michele Menegon, ricercatore di Trento, ha catalogato 97 nuovi gruppi animali di cui alcuni sconosciuti sopravvivere anche in quei luoghi che per dieci anni sono stati sconvolti da quella che nel continente viene chiamata la “prima guerra mondiale africana”, che ha fatto più di quattro milioni La sofferenza vive in gabbia Secondo una ricerca della university of Guelph nello zoo gli elefanti muoiono più giovani che in savana Redazione [email protected] T utti li abbiamo visitati con gioia da bambini, e molti di noi hanno accompagnato i propri figli a visitarli, magari spiegando che tenere gli animali selvatici dietro le sbarre di una gabbia o dentro un recinto serve, oltre che a farli vedere da vicino a chi non ha la possibilità di fare un safari in Africa, anche a proteggere certe specie a rischio d’estinzione. Ma il diffuso luogo comune che presenta molti zoo e zoo-safari come una sorta di moderne “arche di Noè” o di riserve protette ha ricevuto un duro colpo da uno studio pubblicato sulla rivista Science. Una ricerca dell’university of Guelph, condotta su migliaia di elefanti ospitati negli zoo di tutto il mondo, dimostra che gli elefanti in cattività muoiono più giovani degli elefanti che vivono liberi nella savana; e gli elefante nati negli zoo, anziché catturati in savana e poi trasportati in uno zoo, hanno statisticamente la vita più breve di tutti. Già si sapeva che gli elefanti tenuti negli zoo, così come altre specie in cattività, soffrono di disturbi comportamentali (il camminare ossessivamente avanti e indietro, casi di infanticidio) e segni di chiaro stress fisico. Il nuovo studio, il primo nel suo genere, rivela che la cattività danneggia non solo la salute degli elefanti ma pure la loro longevità e la loro capacità riproduttiva. Lo studio smentisce infatti che la popolazione degli elefanti negli zoo mondiali si riproduca autonomamente, cioè con un numero di nascite in cattività pari a quello dei decessi, affermando che soltanto la cattura di nuovi esemplari permette agli zoo di continuare ad avere abbastanza elefanti. Il rapporto esorta i governi occidentali ad approvare un bando alla cattura e all’importazione di elefanti selvatici. E secondo il quotidiano Inde- 3 di vittime umane, distrutto interi habitat e messo in pericolo numerose popolazioni di animali. Evidentemente la guerra e la ferocia umana non hanno raggiunto i 2.700 metri di altezza di questo santuario della natura situato vicino alle rive del Tanganika, ancora miracolosamente intatto. Una regione già conosciuta dai ricercatori per la sua biodiversità e dove vivono numerosi esemplari di grandi mammiferi come bufali, elefanti, leopardi e scimpanzé. Dopo la spedizione e le scoperte, i capi dei villaggi locali si sarebbero detti favorevoli all’istituzione di un parco naturale per proteggere l’ambiente e i suoi abitanti umani e animali. Diciassette nuove specie di rettili e anfibi sono state invece recentemente scoperte in Tanzania da Michele Menegon, ricercatore del museo di Scienze naturali di Trento. Dopo oltre due mesi passati nelle remote foreste sui monti Nguru, uno dei luoghi meno esplorati della Terra, sono state catalogate 97 specie tra le quali alcune del tutto sconosciute. Il record di stranezza (e di bruttezza), a detta dello stesso ricercatore, è stato vinto da un rospo di soli 4 cm interamente coperto di grosse ghiandole, che producono secrezioni tossiche, probabilmente utilizzate dall’animale come sistema antipredatorio. Ma queste specie rischiano di estinguersi ancora prima di essere conosciute dall’uomo. Questo habitat, infatti, è minacciato dalle popolazioni indigene che vivono ai margini della foresta e che preferiscono abbattere e bruciare gli alberi per trasformare la regione in coltivazioni di mais, patate e altri ortaggi. Le formiche killer invadono l’Europa pendent di Londra, che ne anticipa il contenuto, questo atto di accusa potrebbe valere anche per altri animali in cattività, come i rinoceronti e i grossi carnivori. E nel mirino delle critiche sono finiti anche i circhi. In Italia queste notizie hanno convinto alcuni sindaci a emanare ordinanze con le quali si vieta l’insediamento all’interno delle aree cittadine dei tendoni circensi qualora sia previsto l’utilizzo di animali negli spettacoli. Questi provvedimenti non sono però semplici casi isolati, ma si pongono in linea di continuità con una serie di prese di posizione, in primis con quella del nostro Parlamento. Lo scorso 30 luglio, infatti, con un’iniziativa parlamentare, il deputato Gabriella Giammanco, insieme ad altri colleghi, ha presentato alla Camera il progetto di legge 1564 dal titolo “Norme per la graduale dismissione dell’uso di animali da parte dei circhi e per il sostegno dello spettacolo circense”. Si tratta di un disegno di legge che mira a mettere fine alla presenza di animali nelle gabbie e negli spettacoli circensi e che ha coinvolto e sta coinvolgendo deputati di tutti gli schieramenti, insieme alla Lega antivivisezione e all’Ente nazionale per la protezione animali, che da tempo si battono per difenderne i diritti. Secondo la nuova normativa le risorse del Fondo unico per lo spettacolo andranno solo ai circhi e agli spettacoli viaggianti che non utilizzeranno animali. Inoltre sarà precluso l’ingresso nel nostro Paese di tutti i circhi stranieri che continueranno a utilizzare gli animali nelle loro esibizioni. Nel mirino anche i circhi: secondo una proposta di legge presentata nel luglio scorso in Parlamento otterranno fondi solo i spettacoli itineranti che non utilizzeranno animali per le loro performances Ha già invaso Varsavia, Ginevra e la cittadina di Jena in Germania: la nuova e più aggressiva specie di formiche da giardino, la Lasius neglectus, con ogni probabilità asiatica, sta lentamente colonizzando parchi e giardini di mezza Europa annientando le specie autoctone nel loro ambiente. Un’invasione silenziosa, ottimo esempio di quel fenomeno chiamato “bioinvasione”, che preoccupa sempre più biologi ed etologi. In apparenza sono simili alle comuni formiche nere da giardino, ma le Lasius neglectus hanno una struttura sociale molto diversa. Le regine, infatti, non lasciano la colonia per fondarne una nuova, ma si accoppiano con i maschi della colonia d’origine, espandendola e facendo crescere enormemente il numero di formiche che scavano nel suolo per costruire nuovi nidi, finché l’area non risulti popolata da una sorta di “supercolonia”. In pratica, una volta stabilitasi in un luogo, questa specie riesce a imporsi senza grosse difficoltà sulle altre, dominando l’intera fauna locale. Inoltre, queste formiche prosperano in ambienti urbani anziché in habitat naturali. In questo caso si tratta di colonie altamente infestanti, dalle dieci alle cento volte più numerose di quelle native europee, come si legge in uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Plos One. La Lasius neglectus è onnivora e ben si adatta al nuovo ambiente. Questa formica eurasiatica è arrivata dalle nostre parti grazie all’uomo. Fu scoperta nel 1990 in Ungheria. Poi trasportata attraverso l’Europa probabilmente nella terra usata per far crescere le piante: le sue colonie sono oggi presenti in oltre cento luoghi fra Francia, Germania, Polonia e Belgio, riferisce Sylvia Cremer dell’università di Ratisbona in Germania, tra gli autori dello studio. Gli esperti sono convinti che sia solo questione di tempo: implacabile, rapida e quasi invisibile la formica invasiva colonizzerà ben presto gran parte d’Europa. SI RINGRAZIA LʼEDITORE PER LO SPAZIO CONCESSO POCO DI BUONO. ' UN AVANZO DI GALERA. QUESTʼUOVO E SUA MADRE VIVE ANCORA IN GABBIA. CON ALTRE MIGLIAIA DI GALLINE. DI COSA SIANO COLPEVOLI NON SI SA. QUALCOSA DI ORRIBILE VISTO COME LE TRATTANO. AMMASSATE UNA SULL'ALTRA, NON POSSONO NEMMENO GIRARSI. PER IMPEDIRE CHE SI AGGREDISCANO DEVONO ADDIRITTURA AMPUTARGLI I BECCHI. CREDI CHE POSSA NASCERE QUALCOSA DI BUONO IN QUESTE CONDIZIONI? FAI QUALCOSA DI BUONO TU: NON COMPRARE UOVA DI GALLINE ALLEVATE IN GABBIA. WWW.LAV.IT