La grazia delle origini all`origine della reciprocità vitale
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La grazia delle origini all`origine della reciprocità vitale
LA GRAZIA DELLE ORIGINI ALL’ORIGINE DELLA RECIPROCITÀ VITALE Fra Felice Cangelosi, ofmcap I. LA GRAZIA DELLE ORIGINI L’VIII centenario dell’approvazione del propositum vitae ci ha dato la occasione di celebrare la grazia delle origini. Questa definizione è da ritenersi indovinata e appropriata, se per origini non intendiamo un inizio. L’inizio è un fatto cronologico; l’origine invece è un dato ontologico; l’inizio è passato; l’origine, in quanto fondamento, è sempre contemporanea. L’origine è una grazia, un dono, un dono sorprendente, non meritato né guadagnato, che abbiamo ricevuto e a cui dobbiamo corrispondere perché porti frutto nella nostra vita per la edificazione del Corpo di Cristo e l’avvento del Regno di Dio1. 1. La nascita del carisma Si tratta, infatti, della grazia delle «nostre» origini, della nascita del nostro carisma; dell’origine della nostra fraternità evangelica e minoritica. Ripensando a queste origini, alla fine della sua vita Francesco d’Assisi nel Testamento dichiara: «E dopo che il Signore mi donò dei frati, nessuno mi mostrava che cosa dovessi fare, ma lo stesso Altissimo mi rivelò che dovevo vivere secondo la forma del santo Vangelo. Ed io con poche parole e semplicemente la feci scrivere, e il signor Papa me la confermò». Tre sono gli elementi della dichiarazione di Francesco: 1) il Signore donò; 2) il Signore rivelò; 3) il signor Papa confermò. I primi due elementi si riferiscono all’opera della grazia, al carisma donato; il terzo si riferisce alla mediazione ecclesiale, al carisma riconosciuto e accettato attraverso la mediazione apostolica della Chiesa nel 1209: questo è l’oggetto proprio del centenario appena celebrato. 2. Il duplice dono Francesco dichiara innanzitutto: «il Signore mi donò dei Fratelli». Alla scuola di Gesù Francesco riconosce nei fratelli un dono di Dio e come tali egli li accoglie nell’abbraccio della fraternità2. Nello stesso tempo il Poverello sottolinea che il dono dei fratelli precede quello della Regola, ma questa non è opera sua né scaturisce dal gruppo fraterno. I fratelli raccolti attorno a Francesco si domandano cosa fare, ma non riescono a fornire indicazioni sulla forma vitae da assumere; quando, più tardi, lo faranno, non riusciranno a sintonizzarsi pienamente con le sue aspirazioni di radicalità. Si deve notare l’antitesi presente nel Testamento tra nessuno mi mostrava che cosa dovessi fare e lo stesso Altissimo mi rivelò. La Regola è esclusivamente dono di Dio; è solo un progetto divino. Francesco non ha progetti, ma si sente guidato direttamente dall’Altissimo e si sottomette incondizionatamente all’azione divina. La testimonianza del Testamento documenta la radicale povertà di Francesco e la sua assoluta libertà in ordine all’amore, libertà che era pura disponibilità a un Dio che poteva fare di lui quello che voleva. Francesco è in qualche modo consapevole di quanto di straordinario e di nuovo c’è nel suo genere di vita. Per tale ragione parla di rivelazione dell’Altissimo, anche se all’Altissimo mi rivelò difficilmente si può attribuire un valore sostanzialmente maggiore che a Il Signore mi donò, ripetutamente sottolineato con vigore nel Testamento3. 1 Cfr. P. MARTINELLI, Riflessione (2 ottobre 2009) in I Francescani di Lombardia celebrano l’VIII centenario della Regola di san Francesco d’Assisi, 19-20. 2 Sembra che l’espressione dipenda dalla Preghiera sacerdotale di Gesù. In Gv 17 il verbo dare riferito ai discepoli che Gesù ha ricevuto dal Padre ricorre sei volte (cfr. Gv 17,6.9.11.12.24). Francesco conosce bene la preghiera sacerdotale di Gesù e la riferisce più volte nei suoi Scritti (cfr. Rnb 22,42-45; FF 62; Lf [1a rec]; FF 178/3; Lf [2a ree.]; FF 201). Non sorprende quindi che il testo giovanneo abbia influenzato anche la terminologia del Testamento. 3 K. ESSER, Il Testamento di San Francesco d’Assisi. Milano, Ed. Francescane «Cammino», 1978; 142. 1 Il Signore mi donò – L’altissimo mi rivelò: siamo in presenza di un doppio dono di Dio, intimamente connesso nell'esperienza e nel progetto di Francesco: il Vangelo come norma di vita e il dono di un gruppo di compagni per incarnarlo da Fratelli. I due elementi sono necessariamente connessi l’uno all’altro, perché non esistono altri progetti di vita evangelica al di là di quella fraterna: la fraternità è il Vangelo ridotto alla sua prospettiva centrale. Perciò i francescani vengono a identificarsi come cristiani specificamente impegnati nella realizzazione della fraternità, cioè della perfetta carità, la legge dei discepoli e fratelli autentici di Gesù. Essi esistono, primariamente, per essere fratelli, membri di una «fraternità», di un «Ordine di fratelli». La nascita del carisma allora è da ravvisare innanzitutto nella duplice azione della grazia divina che dona e che rivela, e questo è l’evento fondativo primordiale; poi nella mediazione ecclesiale. 3. La nascita della Famiglia Francescana Quando il Poverello, alla fine della vita, dettava per il Testamento la sua dichiarazione autobiografica, certamente si riferiva al gruppo dei primi Compagni. Egli, però, era consapevole che dopo l’approvazione del propositum vitae il Signore gli aveva fatto ancora dono di altri Fratelli. Per di più Francesco aveva previsto che il suo Ordine sarebbe diventato una moltitudine; e ciò, nonostante egli, «per riguardo alla povertà, ... aveva paura del gran numero di frati, perché se non in realtà, almeno in apparenza, anche ciò è segno di ricchezza» (FF 657). Nel Testamento che, quanto alla forma letteraria, può ritenersi il «discorso d’addio» di Francesco ed è destinato ai Frati, egli non allude a Chiara e alle Sorelle Povere né ai Penitenti, che a lui si erano accostati e ai quali aveva dato una regola di vita. Tuttavia sono convinto che non si forza né la realtà dei fatti né la convinzione profonda di Francesco, se nel dono-dei-fratelli egli intendesse includere anche i membri del Secondo e del Terzo Ordine. Quindi, se con grazia delle origini intendiamo la nascita del carisma francescano, allora è chiaro che il riferimento deve necessariamente andare anche al Secondo e al Terzo Ordine. In fondo la ratifica ecclesiale del propositum vitae nel 1209 si pone come momento ideale dell’origine di tutta la Famiglia Francescana, di quella «gente poverella» che «crebbe dietro a costui, la cui mirabil vita meglio in gloria del ciel si canterebbe»4. I Ministri generali hanno espresso questa stessa convinzione nella loro Lettera del 29 novembre 2006 in preparazione all’VIII Centenario dell’approvazione della Regola. Essi dicono: «La celebrazione dell’VIII centenario dell’approvazione della Regola primitiva - la «protoregola» - coinvolge evidentemente in primo luogo i frati del Primo Ordine, che con la loro professione si impegnano a metterla a fondamento della loro vita personale e comunitaria. Ma il nocciolo di questo testo - il suo riferimento al Vangelo è di fatto la sua permanente ricchezza - si indirizza a tutti i cristiani e in special modo ai figli di Francesco. L’appello a vivere radicalmente il messaggio di Gesù, le sue promesse e le sue esigenze, che Francesco e i suoi compagni hanno inteso e seguito, resta di attualità per tutti i tempi e per tutti gli stati di vita. Infatti, appena qualche anno dopo, nel 1212, Chiara d’Assisi ne fu toccata e più tardi (1252), per dare origine all’Ordine delle Sorelle Povere, riprenderà in quasi tutta la sua integrità la Regola di Francesco. D’altra parte, assai presto, individui e gruppi, uomini e donne, vivendo nel loro stato di vita famiglia, professione furono attratti dalla proposta evangelica francescana, come ci testimoniano alcuni scritti che Francesco indirizzò loro: le due Lettere ai fedeli, così come il contenuto del capitolo 23 della Regola non bollata, che costituiscono la base ed il riferimento spirituale, da cui deriverà con il tempo il Terzo Ordine Francescano. Ai nostri giorni la Famiglia Francescana si compone ancora di questi tre rami: i Frati Minori, distribuiti nelle tre obbedienze; le Sorelle Povere Clarisse; il gruppo, il più numeroso, chiamato «Terzo Ordine», nella sua componente religiosa, sorelle e fratelli del TOR, e nella sua componente secolare, l’OFS. A questi dobbiamo aggiungere i membri degli Istituti secolari francescani nati nel secolo scorso. Tutti si riferiscono esplicitamente all’ispirazione evangelica di Francesco e recepiscono i suoi testi spirituali come base per la loro legislazione»5. 4. Ricordo o Memoria? Noi abbiamo ricordato l’VIII Centenario dell’approvazione del propositum vitae; ma la grazia delle origini non si ricorda, si celebra e questa celebrazione è una memoria attualizzante. Il ricordo 4 5 A. DANTE, Paradiso, canto XI. CONFERENZA DELLA FAMIGLIA FRANCESCANA, Vìvere secondo il Vangelo. Lettera della Conferenza della Famiglia Francescana in preparazione all’VIII Centenario dell’approvazione della Regola (29 novembre 2006). 2 si riferisce a un passato che non è più, a un chronosi, la memoria si riferisce a un evento originario che, proprio tramite la memoria, diventa un kairos attuale. La charis delle origini è presente nell’oggi. Paolo Martinelli ha così scritto in occasione dell’VIII Centenario: «La memoria è sempre in relazione a qualche cosa che certamente ha un inizio nel passato, ma che è la sostanza del presente; ne è la sua più intima profondità. Senza la coscienza dell’origine, il presente sta ai nostro occhi come realtà irriconoscibile e muta; come un uomo che, appunto, avesse smarrito la memoria, non sarebbe più in grado di orientarsi dentro lo spazio e il tempo e sarebbe strutturalmente privo di speranza. Noi, al contrario, siamo chiamati a fare memoria dell’origine, ad essere consapevoli del fondamento di grazia della nostra forma di vita per capire oggi chi siamo e quale sia il nostro compito nel presente e nel futuro. La realtà che incontriamo e le circostanze nuove in cui viviamo destano in noi la memoria, la attivano e ci permettono di scrutare i segni dei tempi in una prospettiva di speranza. Tutto questo si chiarisce per noi definitivamente di fronte al sacramento memoriale per eccellenza: l’Eucaristia. Qui diventa evidente che ricordo e memoria implicano due dinamiche differenti. Nella celebrazione eucaristica celebriamo il memoriale di Cristo, non ricordiamo un fatto del passato. In un certo senso nel memoriale riaccade il mistero di Cristo che dona realmente se stesso qui e ora. In analogia al mistero eucaristico, anche nei confronti dell’origine della nostra storia di francescani vogliamo ritrovare la memoria, dunque l’efficacia oggi di quel dono e non solo ricordare un evento cronologico passato»6. Se la categoria adeguata da impiegare in riferimento alla grazia delle origini è quella della memoria o, meglio ancora, del memoriale, allora essa va compresa ponendo una analogia con la Magghid (narrazione) della Haggadah della cena pasquale ebraica: «Schiavi fummo del Faraone in Egitto; ma di là ci fece uscire il Signore, nostro Dio, con mano forte e braccio disteso. In principio i nostri padri furono idolatri, ma ora Dio ci ha portati al suo culto. “Gli Egiziani ci fecero del male, ci afflissero e ci imposero una dura servitù” (Dt 26,6). “Implorammo il Signore, Dio dei nostri padri, ed egli ascoltò la nostra voce e vide la nostra sofferenza e la nostra oppressione”...». Noi c’eravamo! Analogia a parte, per celebrare la grazia delle origini occorre avere la consapevolezza che noi c’eravamo quando il Signore donò i Fratelli a Francesco e gli rivelò di dover vivere secondo la forma del Santo Vangelo. In quel momento c’erano tutti i Frati Minori di tutti i tempi, c’era Chiara e le sue Sorelle Povere, c’erano tutti i Penitenti... 5. Memoria e (Ri) Fondazione Poniamo un ulteriore passaggio riferendoci a quanto si legge nel Rito Romano-Serafico della Professione Religiosa per il Primo Ordine e il TOR: «Celebrando la Professione religiosa, si attua nell’oggi cultuale una nuova fondazione della Fraternità evangelica, cioè di quella forma di vita che il Signore rivelò a san Francesco, e i fratelli vengono più radicalmente uniti a Dio e tra di loro per costituire una sola peculiare famiglia e per essere esempio di riconciliazione universale in Cristo» (n. 10). Anche a questo livello pongo una riflessione analogica considerando il testo di Ef 5,26: «Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell’acqua accompagnato dalla parola». La santificazione della Chiesa si fonda nell’offerta di Cristo, ma si attua tramite la purificazione «per mezzo del lavacro dell’acqua accompagnato dalla parola» (en remati)7. È evidente che qui si parla del Battesimo. Ne segue che la santificazione operata da Cristo per la Chiesa è da intendersi come santificazione sacramentale. Cristo si è dato alla Chiesa nel momento della passione e morte sulla croce, ma in ogni Battesimo, che riattualizza il Mistero Pasquale, Cristo si dona alla Chiesa e la costruisce. Analogamente: – la fraternità evangelica è stata fondata da Cristo; – la fraternità evangelico-francescana è stata fondata quando lo Spirito Santo ha suscitato nella Chiesa il carisma di san Francesco. – Questa stessa fraternità viene rifondata ogni qual volta un fratello emette la Professione e si consegna al gruppo di fratelli preesistente. – E siccome la professione non è un fatto giuridico, ma liturgico e misterico, ne segue che nel momento della Professione, la fraternità viene rifondata dalla e nella celebrazione liturgica. 6 7 Cfr. I Francescani di Lombardia celebrano VIII centenario della Regola di san Francesco d'Assisi, 26. Il rema è il nome di Cristo che veniva pronunziato durante il battesimo. 3 Ogni qual volta il Signore ci fa dono di un Fratello per il Primo Ordine o di una Sorella per l’Ordine delle Sorelle Povere o di una Sorella o un Fratello per l’OFS e questi si impegnano a vivere secondo la forma del santo Vangelo, in quel momento la grazia delle origini diventa attuale e la nostra Fraternità o Famiglia spirituale viene rifondata. II. ALL’ORIGINE DELLA RECIPROCITÀ VITALE Quanto veniamo dicendo consente di potere intravedere come la grazia delle origini è all’origine della reciprocità vitale che intercorre tra i tre Ordini fondati da san Francesco. Poniamo comunque un approccio più immediato al tema della reciprocità vitale. 1. Tres Ordines hic ordinat È celebre l’antifona dell’Ufficio di san Francesco, composto da Giuliano da Spira: Tres Ordines hic ordinat: / Primumque Fratrum nominat Minorum, pauperumque / Fit Dominarum medius, Sed Poenitentum tertius / Sexum capit utrumque. L’enunciazione ordinale (primus, medius, tertius) non indica una degressione qualitativa; si vuole semplicemente affermare che dall’unico Padre Francesco sono derivati tre Ordini. Non esiste una gerarchia dei tre Ordini Francescani; tra di loro non c’è un primo, un secondo, un terzo. Anche il termine “Terzo Ordine” dapprincipio non implicava una relazione di dipendenza, ma stava ad indicare una graduatoria nel tempo di fondazione. Proprio per questi motivi, espliciti o sottintesi, e perché non vi fosse nessun appiglio per una paventata sottomissione, nei loro documenti ufficiali i Penitenti non si qualificavano mai come “frati del terzo ordine” o “della terza regola”, ma, finché fu loro possibile, conservarono il loro antico e vero nome di “frati della penitenza”, mentre il nome di “terzo ordine” o di “terza regola” prese sempre più piede nella mentalità e nella terminologia usata dai frati minori e di conseguenza nei diplomi papali da essi ispirati e condizionati8. Esiste dunque l’Ordine dei Frati Minori (anch’esso unico, sia pure distinto in tre rami), l’Ordine delle Sorelle Povere, l’Ordine Francescano Secolare (da cui è venuta fuori la realizzazione religiosa, che va sotto la denominazione di TOR). È attraverso questi tre Ordini che si viene a far parte della grande famiglia francescana. 2. Tres Ordines ... ordinat Chiaramente l’autore dell’Antifona vuol dirci che Francesco è il Fondatore dei tre Ordini; ma egli usa il verbo ordinare: Francesco ha “ordinati” o ha “coordinati” i tre Ordini. Tale coordinamento non è giuridico e, quindi, i rapporti tra i tre Ordini fondati da san Francesco non sono di tipo giuridico. Si tratta di tre Ordini nati autonomamente, sulla base di una distinta Regola di vita, per cui non è possibile ipotizzare alcun rapporto giuridico tra di loro. A livello fondazionale, il rapporto che sussiste tra il Primo e il Secondo Ordine esclude qualsiasi ipotesi di preminenza del Primo Ordine nei riguardi del Secondo, in quanto destituita di fondamento giuridico9. Anche il Terz’Ordine, scaturito dagli insegnamenti di Francesco, giuridicamente è nato pienamente autonomo nei riguardi del Primo e del Secondo Ordine10. Pertanto è da escludere categoricamente una dipendenza giuridica di uno o di due (il secondo e il terzo) da un terzo, che sarebbe il primo. 3. Eiusdem membra corporis I tre Ordini fondati da san Francesco, sono stati da lui “ordinati” (coordinati) tra di loro unicamente sul vincolo dell’amore fraterno, proiettato verso l’amore di Cristo umile, povero e crocifìsso. Si tratta di un “vincolo comunionale”, che il Papa Urbano IV ha ben colto e definito nella Bolla Spiritus Domini affermando l’indiscutidibile unità tra gli Ordini Francescani: essi “esistono come membra di uno stesso corpo” (eiusdem membra corporis existentes). 8 Cfr. G. ANDREOZZI, Storia delle Regole e delle Costituzioni dell’Ordine Francescano secolare. Manuale ad uso dei dirigenti e degli assistenti. Perugia, Edizioni Guerra [1988]; 46. 9 A. BONI, Tres Ordines hic ordinai Santa Maria degli Angeli, Edizioni Porziuncola, 1999; 148. 10 Ivi 157. 4 L’immagine del corpo applicata ai tre Ordini Francescani richiama la teologia paolina della Chiesa-Corpo (Πλερωμα) di Cristo (cfr. Ef 1,23). Noi vi facciamo riferimento per affermare la necessità della esistenza, con funzioni diversificate come quelle delle membra di un corpo (cfr. 1Cor 12,14-26), di tutti e tre gli Ordini affinché si possa parlare dell’unico corpo della Famiglia Francescana. In tal senso, nelle attuali Costituzioni del Primo Ordine, quando si parla dell’OFS, esso viene esplicitamente definito «essenziale per la pienezza (il Πλερωμα) del carisma francescano»11. 4. La complementarità Il termine di complementarità indica funzionalità di parti in quanto tali oppure di oggetti o fenomeni valutabili solo in un rapporto reciproco. Complementarità deriva da complemento che, a sua volta, indica un elemento necessario al funzionamento o alla configurazione di un oggetto, di un fenomeno, di uno svolgimento12. L’aspetto di necessità è presente anche nel significato dell’aggettivo complementare, derivato anch’esso da complemento; complementare si dice di qualsiasi parte più o meno essenziale, ma necessaria sul piano quantitativo, strutturale o del funzionamento13. Altri aspetti emergenti dal significato del vocabolario sono: parte; reciprocità; rapporto reciproco; integrazione reciproca. Il latino complementum (da cui complemento e, quindi, complementarità e complementare) deriva da compiere (= riempire ma anche compiere). Nel nostro contesto, l’attenzione va posta su compiere, che indica l’azione di condurre a termine, fare, eseguire, adempiere, ma anche, in senso riflessivo, arrivare a una conclusione, avverarsi14. In tal senso abbiamo una evocazione del testo biblico di Mt 5,17: «Non crediate che io sia venuto ad abrogare la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abrogare, ma a completare [= compiere]». Il verbo greco usato da Matteo è πλερόω (impleo, exsequor, ad perfectionem perduco), il cui significato è molteplice e nel NT viene variamente usato; vuol dire: mettere in pratica i precetti della legge; adempiere le antiche profezie (come spesso in Matteo); portare alla perfezione, completare. Sebbene i primi due sensi non siano estranei alla mente di Gesù, nella celebre affermazione di Matteo è prevalente l’ultimo significato: Gesù è venuto a portare a compimento, cioè a dare il massimo di realtà e di verità alla rivelazione della divina volontà espressa solo imperfettamente nella antica legge. Nello stesso senso sono da intendere altre affermazioni neotestamentarie (Lc 18,31; 21,22; 22,37; 24,44; Gv 19,28; 19,30; At 13, 29; 1Cor 15,54; Rom 3,31; 10,4), soprattutto quella di Gv 1,14: pieno di grazia e di verità che equivale a pieno di grazia e di fedeltà, ma che indica anche pienezza di realtà (verità = realtà). Utilizzando analogicamente sia i dati forniti dai lessici che l’uso dei termini nella Bibbia del Nuovo Testamento, possiamo affermare la necessità dell’essere e dell’esistenza di tutti e tre gli Ordini francescani perché si possa parlare di carisma francescano e di famiglia francescana. Ognuno di essi, al pari degli altri due Ordini, conferisce il massimo di realtà e di verità al carisma francescano. Per la Famiglia Francescana e nella Famiglia Francescana dobbiamo quindi parlare di dimensioni diverse dell’unico carisma, che, singolarmente considerate e tutte insieme, discendono direttamente dal comune Fondatore e, per questo, sono tra loro complementari. La pienezza del carisma non si trova nella sua attuazione religiosa, né in quella religiosa contemplativa, né in quella secolare; sussiste, invece, nella complementarità e nella reciprocità delle tre dimensioni: religiosa, religiosacontemplativa e secolare. Pertanto tutte e ognuna di queste tre dimensioni sono da considerare paradigmatiche, dal momento che ognuna di esse è manifestazione e attuazione peculiare, ma non esclusiva, dell’unico carisma: non solo i Frati del Primo Ordine e del TOR, ma, con intrinseco carattere paritario, anche le Sorelle del Secondo Ordine e i Francescani Secolari hanno pienezza di responsabilità nel vivere, custodire, approfondire e sviluppare il carisma di Francesco15. 11 Cfr. M. BIGI, Il Terz’Ordine Francescano in Francescanesimo italiano contemporaneo. Incontro di tutte le componenti del Francescanesimo italiano. [A cura delle] Famiglie Francescane Italiane. Bologna [s. ed.] 1976; 158). 12 Cfr. G. DEVOTO - G.C. OLI, Dizionario della lingua italiana. Firenze, Le Monnier, 1976; 533. Complemento è un elemento che, aggiunto ad altri, serve a completare il tutto (M. CORTELAZZO - P. ZOLLI, Dizionario etimologico della lingua italiana. Bologna, Zanichelli, 1996; 1, 261). 13 Cfr. G. DEVOTO - G. OLI, o. c. 533. 14 Cfr. M. CORTELLAZZO - P. ZOLLI, o. c. 1, 261. 15 Cfr. art. 1 della Regola dell’OFS: «Tra le famiglie spirituali, suscitate dallo Spirito Santo nella Chiesa, quella Francescana riunisce tutti quei membri del Popolo di Dio, laici, religiosi e sacerdoti, che si riconoscono chiamati alla seque5 5. Necessità carismatica Le considerazioni sulla complementarità ci inducono ad affermare che nella Famiglia Francescana vige uno stato di necessità carismatica, in forza del quale ognuno dei tre Ordini Francescani non solo è necessario agli altri due, ma tale deve ritenersi e tale deve essere considerato: - il primo Ordine ha bisogno del secondo e del terzo; - il secondo Ordine ha bisogno del primo e del terzo; - il terzo ha bisogno del primo e del secondo. 6. La reciprocità vitale L’aspetto della reciprocità vitale è già compreso in quello della complementarità. La complementarità richiama immediatamente il rapporto reciproco e la reciproca integrazione, e nello stesso tempo evoca una dimensione di necessità e di pienezza. Tuttavia a partire dalla Regola dell’OFS, che parla di comunione vitale reciproca, l’espressione reciprocità vitale è quella che si è andata maggiormente affermando negli ultimi tempi per definire i rapporti degli Ordini Francescani tra di loro. La reciprocità vitale infatti scaturisce dal vincolo comunionale che unisce tra loro i tre Ordini Francescani e dallo stato di necessità carismatica in cui tutti e tre per origine e fondazione vengono a trovarsi. Essa non è altro se non «il legame che unisce i laici francescani alle sorelle e ai fratelli degli altri due Ordini». Tale legame, secondo le ispirate parole di fr. Pasquale Rywalski, «è così forte che non si può toccare gli uni senza colpire gli altri... Il laicato francescano, i membri del Primo Ordine e le sorelle del Secondo Ordine sono accomunati da uno stesso destino sul largo fiume della fraternità che è scaturito dal cuore del nostro Padre S. Francesco. O essi vivranno insieme una vita fervente, o ne condurranno una qualsiasi in cui insieme si spegneranno»16. 7. In principio era la reciprocità vitale Quindi la reciprocità vitale si pone come intrinseca legge di vita, emergente dallo stesso essere della Famiglia Francescana; siamo di fronte al valore princeps. Perciò la reciprocità vitale ha e deve essergli riconosciuta superiorità e supremazia su ogni altro aspetto. Oggi più che mai la Famiglia Francescana è chiamata a proclamare con la sua propria vita: In principio era la reciprocità vitale. Con questa espressione, che personalmente assumo con manifesta e convinta intenzionalità, viene esplicitamente evocato il bereshit - en arché di Gen 1,1, ma anche lo en arché di Gv 1,1. Così facendo, non si intende indulgere al facile uso di slogans, ma con pienezza di convinzione e di consapevolezza si vuole testimoniare la fedeltà a un valore primordiale17, da cui discendono la complementarità, la reciproca dipendenza spirituale e la mutua assistenza, che si traduce concretamente in vigilanza fraterna, cura amorevole, responsabilità e corresponsabilità. «Nella loro coordinata azione salvifica i francescani realizzeranno una comunione “corporea” fondata sul fatto che sono membra di uno stesso corpo. Questa corporeità operativa deve essere espressa in termini di compartecipata responsabilità a livello del Primo, del Secondo e del Terzo Ordine ogni qualvolta che nel proprio dinamismo viene coinvolta tutta la grande famiglia francescana»18. la di Cristo, sulle orme di S. Francesco d’Assisi. In modi e forme diverse, ma in comunione vitale reciproca, essi intendono rendere presente il carisma del comune Serafico Padre nella vita e nella missione della Chiesa». 16 FR. P. RYWALSKI, Ministro generale OFMCap., De assistenza spirituali OFS praestanda in Analecta Ordinis Fratrum Minorum Capuccinorum, 94(1978)461-462. 17 L’aggettivo o sostantivo princeps, da cui deriva anche l’avverbio principaliter, racchiude il concetto di «superiorità»; indica colui «qui prend la première part ou le premier rang, la première place» (A. ERNOUT - A. MEILLET, Dictionnaire étymologique de la langue latine. Histoire des mots. Paris 1947). Significativi, in tal senso, sono gli altri derivati di princeps: principalis (primitif, principal, qui concerne le prince), principalitas (premier rang), principatus (greco: eghemonia) [A. ERNOUT - A. MEILLET, o. c. 947]. Da segnalare anche i sinonimi di principaliter (praecipue, praesertim) e il corrispondente greco màlista (cfr. A. Forcellini, Lexicon Totius Latinitatis. Patavii 1940; 3864). Princeps richiama anche l’idea dei primordia, dell’inizio o principio (cfr. A. ERNOUT - A. MEILLET, o. c. 947; G. DELLING, Arché in Grande Lessico del Nuovo Testamento. 1, 1273-1287). 18 A. BONI, o. c. 179-180. 6 7. Una comune derivazione carismatica L’attuale legislazione fondamentale dei tre Ordini Francescani (Costituzioni del Primo e del Secondo Ordine; Regola e Costituzioni dell’OFS)19 è pervasa da tale consapevolezza e si muove sul presupposto della unicità della Famiglia francescana, i cui membri - laici, religiosi e sacerdoti - si trovano in posizione di assoluta parità e di reciproca comunione vitale altrettanto assoluta e necessaria. I tre Ordini derivano la loro esistenza direttamente dalla intuizione carismatica di San Francesco, il quale, per interiore impulso dello Spirito, ha suscitato nella Chiesa l’Ordine dei Frati Minori, l’Ordine delle Sorelle Povere, l’Ordine Francescano Secolare o Terzo Ordine. A questi tre Ordini Francesco ha dato una propria Regola di vita, perché ognuno nelle proprie condizioni e situazioni vocazionali, vivesse l’unico ideale di vita evangelica. Si tratta allora di un’unica Famiglia Francescana, articolata in tre rami fondamentali, autonomi a livello istituzionale, ma uniti tra di loro dal vincolo di un unico carisma fondamentale e da un’unica ispirazione20. 8. L’autonomia: uno spazio carismatico. Se a livello fondazionale non vi è alcun legame giuridico tra i tre Ordini, essi a livello giuridico permangono autonomi l’uno dall’altro. Da ciò consegue che all’interno della Famiglia Francescana l’autonomia di ogni Ordine non può essere intesa come una benevola concessione fatta da uno dei tre Ordini agli altri due o a uno di essi, perché tutti e tre hanno avuto origine con pari dignità e tutti e tre godono di pari opportunità all’interno della stessa Famiglia e della Chiesa. Simultaneamente però il valore dell’autonomia deve essere situato nel contesto più ampio della reciprocità vitale e della complementarità, che non consente alcun atteggiamento né alcuna prassi di autosufficienza; al contrario, deve legare anche nella “reciproca dipendenza” insegnata da Francesco21 e che deve ispirare e determinare le relazioni reciproche tra tutte le componenti. L’autonomia deve essere intesa e compresa più come lo spazio carismatico proprio di ogni Ordine che non come aspetto propriamente giuridico, il quale peraltro deve essere rispettato sia all’interno che all’esterno. Per quanto concerne l’OFS, per esempio, è da dire che la secolarità è lo spazio proprio della autonomia dei laici francescani, la cui spiritualità non è una spiritualità di riflesso né è proiezione della spiritualità dei religiosi francescani. Questa autonomia trova il suo presupposto nel senso di appartenenza e di corresponsabilità derivante dal Battesimo - Confermazione e dalla Professione. Si tratta di eventi che segnano l’esistenza e che fondano nei francescani secolari una specifica partecipazione al munus propheticum, regale et sacerdotale di Cristo. Quindi, sulla base della Regola, delle Costituzioni e del Rituale dell’OFS, è da riconoscere pienamente la dignità battesimale-confirmatoria e il proprium locum propriumque donum che i francescani secolari hanno nella Chiesa a partire dalla loro Professione di vita evangelica, in forza della quale si può anche arguire quale è la esatta collocazione dell’OFS nella vita ecclesiale. 19 A titolo di esempio cito: - Le Costituzioni dei Frati Minori Cappuccini, avvertendo che troviamo analoghe affermazioni nelle Costituzioni dei Frati Minori, dei Conventuali e del TOR. Le Costituzioni dei Cappuccini al n. 94 dicono: 1. La varietà degli istituti religiosi che, per disegno divino, è andata crescendo per il bene della Chiesa, fiorisce anche nella stessa ed unica spirituale famiglia francescana, così che il carisma del Fondatore si diffonde ed esercita la sua efficacia per mezzo di tanti fratelli e sorelle, anche dell’Ordine Secolare. 2. Viviamo dunque nella fraterna comunione dello stesso spirito e promuoviamo volentieri in reciproca collaborazione gli studi e le iniziative comuni di vita e di attività francescana. - Le Costituzioni delle Clarisse all’art. 120,1-3: Il Padre san Francesco fondò tre Ordini: l’Ordine dei Frati Minori, l’Ordine delle Sorelle Povere e l’Ordine Francescano Secolare. Come figli dello stesso Padre viviamo in una complementarietà vitale. Compito specifico di tutti i seguaci di san Francesco è “riparare” la Chiesa di Dio: proprio per questo è necessaria tra di loro la massima collaborazione spirituale, con intenso impegno di preghiera e di penitenza. Per attuare questo, sarà opportuno conoscere le attività, le opzioni e le difficoltà delle altre famiglie francescane. 20 Cfr. E. SIMONE, Quale Assistenza per l’OFS? Comunicazione tenuta al Corso di Formazione sull’Assistenza all’OFS e alla GiFra per i Frati Francescani di Sicilia. Gibilmanna, 6-8 marzo 1997. 21 Cfr. Fr. JOHN CORRIVEAU, Ministro generale OFMCap., Vivere la povertà in fraternità. Una riflessione sul sesto Consiglio Plenario dell’Ordine. Lettera circolare n. 13 (31 maggio 1998); nn. 3.4; 3.4.1-3.4.2. 7 9. La collocazione dell’OFS nella Famiglia Francescana Il Primo, il Secondo e il Terzo Ordine hanno, ognuno e tutti e tre, la loro origine e fondazione in san Francesco e discendono, ognuno singolarmente e tutti e tre assieme, direttamente dalla intuizione carismatica di San Francesco. È da affermare con forza che l’essere e l’esistenza dell’OFS non è data dalla proiezione secolare e/o laicale del carisma di un Istituto religioso (nella fattispecie si tratterebbe di quattro Istituti religiosi). Questa è la specificità dell’OFS rispetto a tutti gli altri Terzi Ordini (TOS), la sua peculiare caratteristica e la sua singolarità. Sino a che punto si può parlare dell’OFS come di un TOS? A ben guardare le cose, l’OFS non è un TOS; è semplicemente l’OFS. Questa è la ragione fondamentale per cui il canone 303 dell’attuale CIC non è adeguato all’indole specifica dell’OFS. Uno degli elementi che il suddetto canone evidenzia è costituito dal fatto che le associazioni di cui parla perseguono i propri fini «partecipando allo spirito (carisma) di un Istituto religioso»22. Il canone vuole dire che le associazioni in qualche modo aggregate a un Istituto di vita consacrata, assumono alcuni aspetti della spiritualità propria del carisma, ma non lo condividono nella sua totalità, come fanno i membri dell’Istituto, nella responsabilità di viverlo, custodirlo, approfondirlo e svilupparlo23. Questo è il caso dei TOS. I singoli TOS, in genere, si contraddistinguono per la partecipazione da parte dei fedeli, laici o chierici, al carisma che è proprio di un Ordine o di un Istituto Religioso e che è il medesimo Ordine o Istituto Religioso ad autenticare la medesima partecipazione e a ricevere i fedeli nella specifica famiglia dello stesso Ordine o Istituto. In tal senso, per esempio, si parla di Ordine Secolare dei Carmelitani Scalzi o di Terz’Ordine dei Servi di Maria. Mai però si è parlato di Terz’Ordine dei Francescani o di Terz’Ordine dei Frati Minori, di Terz’Ordine dei Frati Minori Conventuali, di Terz’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, di Terz’Ordine (secolare) del TOR. Anche dal tempo in cui all’Ordine dei Penitenti Francescani – tutt’altro che pacificamente - venne attribuita la denominazione di Terzo Ordine, esso è stato chiamato sempre Terz’Ordine Francescano o Terz’Ordine Secolare di San Francesco. Al più, in seguito e in forza di un processo di involuzione, si è parlato di Terz’Ordine Francescano dell'obbedienza dei Frati Minori o dell’obbedienza dei Frati Minori Conventuali o dell’obbedienza dei Frati Minori Cappuccini o dell’obbedienza del TOR. Oggi, con maggiore esattezza, si parla di Terzo Ordine Francescano assistito dai Frati Minori o dai Frati Minori Conventuali o dai Frati Minori Cappuccini o dal TOR. Non è questione di mera terminologia; la motivazione è assai profonda e inequivocabile, perché nel caso dell’OFS non è l’Ordine dei Frati Minori o dei Frati Minori Conventuali o dei Frati Minori Cappuccini o il Terzo Ordine Regolare a riconoscere e autenticare nei Francescani Secolari una partecipazione al proprio carisma perché, come abbiamo ripetutamente affermato, gli stessi Francescani Secolari hanno un carisma che discende loro direttamente da san Francesco, e non attraverso il Primo Ordine e/o il TOR. Il rapporto fondamentale dell’OFS è primariamente e immediatamente con San Francesco, in quanto Fondatore del medesimo OFS, e non con l’Ordine religioso maschile che in Francesco ha ugualmente il proprio Fondatore. 22 Can. 303. L’edizione italiana traduce spiritum con carisma, un termine che il Codice ha preferito non usare mai e che, quanto al significato, è diverso dal primo. Per charisma si intende un particolare dono concesso dallo Spirito Santo ai fondatori e da questi trasmesso ai propri discepoli. Il termine charisma, quindi, va a configurare l’indole propria di ciascun Istituto sotto ogni aspetto: spirituale, strutturale, apostolico (cfr. T. VANZETTO, Commento a un canone: l’irradiarsi del carisma oltre l’Istituto di vita consacrata (c. 303) in Quaderni di diritto ecclesiale 3[1990]386-387). G. FELICIANI però scrive: «Va criticamente rilevato il silenzio del Codice circa la relazione, che frequentemente è dato constatare nella vita e nella storia della Chiesa, tra la spiritualità di un singolo fedele o di più fedeli tra loro associati, e quel dono dello Spirito che è designato con il nome di carisma. Una carenza che deriva da quell'atteggiamento di incertezza e perplessità del codificatore nei confronti di tutta la materia dei carismi che lo ha persino indotto a non utilizzare mai questo termine. In ogni caso tale singolare lacuna della nuova codificazione non può minimamente intaccare la validità dell’insegnamento conciliare secondo cui dai “doni particolari” ricevuti dallo Spirito sorge per ogni credente “il diritto e il dovere di esercitarli per il bene degli uomini e per l’edificazione della Chiesa». Un diritto-dovere che viene spesso esercitato in forma associata, come Giovanni Paolo II ha più volte sottolineato, avvertendo che i carismi sono «dati alla persona singola, ma possono essere anche condivisi da altri e in tal modo vengono continuati nel tempo come una preziosa e viva eredità che genera una particolare affinità spirituale tra le persone» (G. FELICIANI, Il diritto di associazione nella Chiesa: autorità, autonomia dei fedeli e comunione ecclesiale in Le associazioni nella Chiesa [Studi giuridici LI]. Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 1999; 25-26). 23 T. VANZETTO, Commento a un canone… 386-387. 8 Per tale ragione si parla di Famiglia Francescana (non di Famiglie Francescane), dove le tre componenti (Primo Ordine, Secondo Ordine e OFS) si pongono ognuna come figlio generato dallo stesso unico Padre San Francesco. In questa Famiglia spirituale, fondata sulla minorità evangelica, non c’è alcun diritto di primogenitura né c’è un Minister generalis totius Ordinis sancti Francisci. Tra l’altro, si può e si deve notare che la prerogativa di una Regola di TOS approvata direttamente dal Papa, in cui cioè la personale autorità del Vicario di Cristo è immediatamente coinvolta, e la cui interpretazione è riservata alla Santa Sede, è esclusiva dell’Ordine Francescano Secolare. Nella Regola di Vita dell’Ordine Secolare dei Carmelitani Scalzi, per esempio, si legge: «Il Definitorio Generale approva gli Statuti particolari e li interpreta. Interpreta inoltre anche la Regola di vita» (art. 19), approvata dalla Congregazione dei Religiosi, non dal Papa. 10. La reciproca mediazione del carisma. Gli Ordini francescani sono necessari l’uno all’altro perché chiamati a una reciproca mediazione del carisma trasmesso dal Fondatore. Il Primo Ordine (e il TOR) non è chiamato a mediare un carisma, quello di Francesco, nei confronti delle Sorelle Povere e dei Francescani Secolari, quasi che gli stessi Istituti del Primo Ordine (e del TOR), e solo essi, possedessero in proprio quel carisma. Invece nell’unica Famiglia francescana avviene precisamente che tutte le sue componenti - Primo, Secondo e Terzo Ordine - sono chiamate a vivere l’unico carisma francescano e a mediarselo reciprocamente, in forza di una fondamentale comunicazione vicendevole, di una reciprocità carismatica, di una reciproca interdipendenza e dell’esigenza vitale di una reciproca complementarità. 11. Altius moderamen a tutto campo. A che livello? Prescindendo in questo momento dagli aspetti giuridici, sottolineo solo che, se si deve parlare di altius moderamen, è da dire con convinzione che in un regime autenticamente francescano, fraterno e minoritico, neanche l’altius moderamen è sottratto alla logica e alla dinamica della reciprocità vitale e della reciproca dipendenza spirituale. Se i tre Ordini francescani esistono come eiusdem membra corporis, non si può dare un altius moderamen a senso unico o unidirezionale. Dalle finalità che la legislazione dell’OFS e per l’OFS attribuisce all’altius moderamen (garantire la fedeltà al carisma, alla Famiglia Francescana e alla Chiesa) emerge con tutta evidenza che si tratta di obiettivi da perseguire tutti assieme, fraternamente e reciprocamente, e che anche l’OFS - come del resto le Sorelle del Secondo Ordine - è chiamato a vegliare e vigilare sulla fedeltà al carisma, alla Famiglia Francescana e alla Chiesa da parte del Primo Ordine e del TOR. L’altius moderamen deve essere concepito e vissuto come una sorta di magisterium vi-tae, una forte autorevolezza di ognuno dei tre Ordini, derivante dalla propria fedeltà al carisma e alla missione che Francesco ha trasmesso a tutti i suoi figli. È in questo senso che avverto l’esigenza di insistere sull’altius, col vivo desiderio che tutti noi, finalmente, abbiamo ad offrire alla Chiesa e al mondo la “vittoriosa” testimonianza della medesima palpitante carità francescana24. Viene da ricordare il duc in altum della NMI, il “prendere il largo”, con la necessità di un respiro ampio e universale, il respiro della fraternità evangelica e minoritica. 12. L’esempio di Francesco San Francesco non ha mai parlato di giurisdizione sua e/o del Primo Ordine sugli altri due, ma a mio modo di vedere egli è stato assertore ante litteram di un altius moderamen che supera abbon24 Cfr. PAOLO VI, Messaggio per le celebrazioni del 750° anniversario della morte di san Francesco (29 settembre 1976): «Benedetti per cotesto raduno commemorativo, che professa un'esemplare fedeltà di memoria e di amore all'incomparabile Santo, che proietta su di voi il suo nome e qualifica la vostra religiosa professione! Benedetti per la fraterna armonia, che codesta convocazione dimostra e conferma fra le vostre diverse ramificazioni dell’unica radice francescana! Benedetti per l’esemplare concordia e per la mutua collaborazione con cui le vostre differenti denominazioni francescane intendono vittoriosamente testimoniare ormai ai vostri rispettivi aderenti, alla santa Chiesa, al mondo la medesima palpitante carità francescana. E benedetti ancora per le sapienti intenzioni spirituali, penitenziali, apostoliche, che hanno mosso i vostri passi a recarvi ad Assisi per aprire insieme le celebrazioni commemorative del vostro antico e sempre ispirante Fondatore». 9 dantemente la ristrettezza di un orizzonte prettamente giuridico. Lo testimonia eloquentemente la Forma vitae scritta per Chiara e per le Sorelle Povere di San Damiano25, alle quali il Poverello dichiara: «voglio e prometto da parte mia e dei miei frati, di avere sempre di voi come di loro, cura e sollecitudine speciale». La Forma vitae testimonia l’attività di Francesco come «legislatore» delle Povere Dame. Le ripetute dichiarazioni di Chiara, nella Regola26 e nel Testamento27, sono testimonianza evidente del carattere legislativo della Forma vitae, che viene in qualche modo omologata alla «Proto - Regula» del Primo Ordine. Anche il Celano più volte28 caratterizza Francesco quale legislatore delle Povere Dame, così come lo era stato dei Frati Minori29. Tutto ciò non rivela alcuna intenzione di Francesco di ingerirsi nel governo del monastero di San Damiano. Egli anzi ha proibito tassativamente ai suoi Frati di entrare nei monasteri delle monache, se non con indulto della Sede Apostolica. Invece la Forma vitae «contiene la linea spirituale, il fondamento teologico-spirituale del Secondo Ordine, come Francesco l’ha pensato e l’ha voluto, con chiaro, ineludibile riferimento al Vangelo dell’Annunciazione di Luca l,26-37»30. In essa viene espressa «una professione di prossimità fraterna, di impegno e di unione tra Francesco-frati (per me et fratres meos) e Chiara-sorelle (de vobis): è una vera dichiarazione di unità con la quale Francesco vede e ama i suoi fratelli, Chiara e le sue sorelle (de vobis tamquam de ipsis). La ragione di un così forte vincolarsi non sta nel fatto che Francesco abbia eletto Chiara, ma nel fatto che Chiara e le sue sorelle hanno eletto Dio. Ecco la ragione teologale di tale unità, di tale cura amorosa, di tale sollecitudine e di quello speciale vincolarsi. È molto importante e profondo questo passo nel quale si spiega il nesso di unità eterna (semper) tra Francesco e Chiara: la formula solenne che Francesco impiega (volo et promitto) dipende sintatticamente e letterariamente dalla particella causale con la quale comincia il testo: quia, cioè giacché... io Francesco voglio e prometto»31. In definitiva la Forma vitae esprime la preoccupazione fraterna del Fondatore per la vocazione delle sorelle e per la vocazione dei fratelli: per Francesco si trattava di avere cura di una stessa vocazione, concretizzata e vissuta in maniera diversa dai Frati Minori e dalle Clarisse32. Infatti - diceva (Francesco) - «un solo e medesimo spirito ha fatto uscire i frati e quelle donne poverelle da questo mondo malvagio»33. Se la ragione per cui Francesco avverte la propria responsabilità nei confronti delle Clarisse è data da una motivazione vocazionale e se la vocazione dei Frati Minori e delle Clarisse è identica, mi sembra di potere dedurre che quanto Francesco dice per le Sorelle Povere, Chiara, nonostante la diversità del suo ruolo (per Chiara Francesco è il legislatore del Secondo Ordine), può affermarlo per Francesco e per i Frati Minori. Neanche lei è chiamata a ingerirsi nel governo del Primo Ordine, ma anche lei ha la responsabilità di zelare la fedeltà di Francesco e dei suoi Fratelli alla forma di vita evangelica rivelata dal Signore. Quanto si afferma per il Secondo Ordine, ha valore anche per il Terzo. Ai Penitenti Francesco ha dato una Regola di vita34 e gli stessi Fratelli e Sorelle della Penitenza o Francescani Secolari da sempre riconoscono nella Exhortatio ad fratres et sorores de Poenitentia o Epistola ad Fideles I35 e 25 «Poiché, per divina ispirazione, vi siete fatte figlie e ancelle dell’altissimo sommo Re, il Padre celeste, e vi siete sposate allo Spirito Santo, scegliendo di vivere secondo la perfezione del santo Vangelo, voglio e prometto, da parte mia e dei miei frati, di avere sempre di voi, come di loro, cura e sollecitudine speciale» (FF 139; 2788). 26 Cfr. FF 2788. 27 Cfr. FF 2835. 28 Cfr. 1Cel 37: FF 384; e soprattutto 2Cel 204: FF 793. 29 Cfr. K. ESSER, Gli Scritti di san Francesco d’Assisi. Nuova edizione critica e versione italiana. Padova, Edizioni Messaggero, 1982; 355-359. 30 Cfr. A. LAINATI, OSC, Una “lettura” di Chiara d’Assisi attraverso le fonti in Approccio storico-critico alle Fonti Francescane. Roma, Edizioni Antonianum, 1979; 162-163. 31 J. SANZ MONTES, Francesco e Chiara di Assisi, icona e parola di amicizia. Roma, Movimento Religiose Francescane, 1990; 81-82. Cfr. anche G. PAOLAZZI, Francesco per Chiara (Presenza di San Francesco 40). Milano, Edizioni Biblioteca Francescana, 1993; 25-45. 32 Cfr. R. BARTOLINI, Lo Spirito del Signore. Francesco d’Assisi guida all’esperienza dello Spirito Santo (Collectio Assisiensis 18). Assisi, Studio Teologico “Porziuncola”, 1982; 101. 33 2Cel 204: FF 793. 34 Cfr. 1Cel 37: FF 385. 35 Cfr. FF 178/1-178/7. 10 nella sua recensio posterior denominata Espistola ad fìdeles II36 la primaria Fonte ispirativa del loro carisma37. In essa Francesco chiede, con insistenza e come cosa naturale, ben altro che il cristianesimo mediocre della società borghese. Egli lotta per realizzare una forma radicale di vita cristiana nei laici che lo vogliono seguire, e si sforza di ottenere da questi cristiani un rinnovamento della vita secundum formam sancti Evangelii. Raramente la forma di vita francescana, che deve unire i Frati Minori, le Povere Dame e i Fratres et Sorores de Poenitentia, è stata presentata in modo tanto chiaro, ampio e profondo come avviene in questa Lettera. Per opera dello Spirito del Signore in essa vengono radicalmente cambiati i valori di una vita umana puramente naturale. Con sorprendente naturalezza, al posto dello spiritus carnis, e cioè dello io umano ed egoista, Francesco mette lo Spiritus Domini, cioè il pensare, volere, vivere e operare secondo l’autenticità del Vangelo. Questo modo di vivere è la metànoia, lo agere poenitentiam di san Francesco! Questa la scaturigine della penitenza intesa in senso francescano38. Giustamente perciò la Regola di Paolo VI del 1978 riporta come Prologo la Esortazione di San Francesco ai fratelli e alle sorelle della penitenza39 in cui si può riscoprire l’ispirazione fondante e il nucleo evangelico originario dell’OFS. Dobbiamo anche rilevare che gli studi sugli Opuscula sancti Francisci mettono in evidenza la corrispondenza tra la prima parte (Di quelli che fanno penitenza) di questo testo, che nella seconda recensione della Lettera ai Fedeli assurge a parte centrale e culminante40, e la Forma vitae, l’uno e l’altra corrispondenti poi alla Antifona «Santa Maria Vergine»41 dell’Ufficio della Passione e, almeno idealmente, da questa dipendenti42. Tutto ciò testimonia la grandezza della vocazione dei Francescani Secolari. Grazie, infatti, alle «nuove leggi della penitenza»43, date da Francesco ai Pe36 Cfr. FF 179-206. Da ora in avanti parleremo di Lettera ai Fedeli con riferimento sia alla prima che alla seconda recensione. 37 Alcuni ritengono storicamente accertato che le due recensioni della Lettera ai Fedeli abbiano come destinatari i Fratelli dell’Ordine della Penitenza, altri negano tale destinazione. Per una sintesi di tale questione critica, cfr. tra gli altri, G. CASAGRANDE, Religiosità penitenziale e città al tempo dei Comuni (Bibliotheca Seraphico-Capuccina 48). Roma, Istituto Storico dei Cappuccini, 1995; 79-93. Personalmente continuo ad attenermi alla convinzione autorevole di K. Esser, il quale ritiene che «il genere dei rapporti esistenti tra Francesco e i destinatari di questo scritto, come pure i rapporti dei destinatari tra loro, non si possono riferire a tutti i cristiani in genere, ma devono intendersi di singoli e di comunità unite in modo particolare a Francesco che loro aveva dato una «forma vivendi» molto vicina alla forma di vita dei frati minori. Dal tenore della Lettera è difficile dire se quei cristiani che vivevano religiosamente, fossero dei terziari così come attualmente noi li intendiamo, oppure precursori dei terziari». Comunque «l’Opusculum commonitorium et exhortatorium - chiunque siano i destinatari -può essere preso come autentico fondamento per ogni vita e aspirazione del Terz'Ordine» (K. ESSER, La Lettera di san Francesco ai Fedeli in L’Ordine della Penitenza di san Francesco d’Assisi nel secolo XIII a cura di O. SCHMUCKI, Atti del Convegno di Studi Francescani, Assisi, 3-5 luglio 1972. Roma, Istituto Storico dei Cappuccini, 1973; 71-72. 759). 38 Cfr. K. ESSER, o. c. 65-66; 74-75; D. DOZZI, Penitenza, Pace e Fraternità nelle Regole dell'OFS in Il Signore ti dia pace. Celebrazioni centenarie dell’Ordine Francescano Secolare: dalla Regola di Nicolò IV ad oggi 1289-1989. Bologna, Edizioni Francescane, 1991; 41. 39 «Tutti coloro che amano il Signore con tutto il cuore, con tutta l’anima e la mente, con tutta la forza e amano i loro prossimi come se stessi, e hanno in odio i loro corpi con i vizi e i peccati, e ricevono il corpo e il sangue del Signore nostro Gesù Cristo, e fanno frutti degni di penitenza: Oh, come sono beati e benedetti quelli e quelle, quando fanno tali cose e perseverano in esse; perché riposerà su di essi lo Spirito del Signore e farà presso di loro la sua abitazione e dimora; e sono figli del Padre celeste, del quale compiono le opere, e sono sposi, fratelli e madri del Signore nostro Gesù Cristo. Siamo sposi, quando l’anima fedele si unisce al Signore nostro Gesù Cristo per virtù di Spirito Santo. Siamo suoi fratelli, quando facciamo la volontà del Padre che è nei cieli. Siamo madri, quando lo portiamo nel cuore e nel corpo nostro per mezzo del divino amore e della pura e sincera coscienza, lo generiamo attraverso le opere sante, che devono risplendere agli altri in esempio. Oh, come è glorioso, santo e grande avere in ciclo un Padre! Oh, come è santo, fonte di consolazione, bello e ammirabile avere un tale Sposo! Oh, come è santo e come è caro, piacevole, umile, pacifico, dolce, amabile e desiderabile sopra ogni cosa avere un tale fratello e un tale figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, il quale offri la sua vita a per le sue pecore, e pregò il Padre... » (FF 178/1- 178/3). 40 Cfr. FF 200-201. 41 «Santa Maria Vergine, non vi è alcuna simile a te, nata nel mondo, tra le donne, figlia e ancella dell'altissimo sommo Re il Padre celeste, madre del santissimo Signore nostro Gesù Cristo, sposa dello Spirito Santo... » (FF 281). 42 Cfr. R. BARTOLINI, o. c. 100-111; L. AGO, La «Salutatio Beatae Mariae Virginis» di san Francesco d’Assisi (Monumenta Italica Mariana. Studi e Testi 3). Roma, Edizioni Monfortane, 1998; 281-311. 43 S. Bonaventura scrive a questo riguardo: «Moltissimi, infiammati dalla sua predicazione, si vincolavano alle nuove leggi della penitenza, secondo la forma indicata dall'uomo di Dio. Il servo di Cristo stabilì che la loro forma di vita si denominasse Ordine dei Fratelli della Penitenza» (Leggenda Maggiore 6:FF 1073). 11 nitenti, gli stessi salirono ad uno stato di «non mediocre perfezione»44 e la loro vocazione è alta e sublime quanto lo è quella dei Frati Minori e delle Sorelle del Secondo Ordine. Pur con differenziate attuazioni in rapporto ai diversi stati di vita, c’è nella Famiglia Francescana una fondamentale uguaglianza vocazionale, e c’è una reciprocità nella responsabilità per la fedeltà di tutti all’unico carisma fondamentale. Anche i Fratelli e le Sorelle dell’OFS sono chiamati ad espletare tale compito nei confronti degli altri due Ordini Francescani in forza del loro carisma, della loro alta vocazione e della loro collocazione all’interno dell’unica Famiglia spirituale. In tal senso si rivela improprio attribuire all’altius moderamen nei confronti dell’OFS la finalità di garantire la sua fedeltà alla Famiglia Francescana; indirettamente viene ad affermarsi l’esistenza di due realtà distinte: da un lato l’OFS e dall’altro la Famiglia Francescana, cui l’OFS deve prestare fedeltà. 13. Communionem fraternam constanter excolere L’attuale legislazione dei tre Ordini Francescani esprime una urgenza particolare, descritta con particolare incisività dalla Costituzioni dei Frati Minori Conventuali: Quapropter summopere convenit, ut omnes, qui Patrem eundem seraphicum habent, constanter excolant communionem fraternam, ut plenitudo charismatis franciscalis semper et ubique floreat. Il testo è posto a conclusione di precedenti affermazioni sulla comune origine dei tre Ordini dall’unico Fondatore, che sta a fondamento della complementarità e reciprocità vitale. Le Costituzioni però manifestano piuttosto l’istanza della fedeltà dinamica: ut semper et ubique plenitudo charismatis floreat, quasi volendo affermare che complementarità e reciprocità vitale non tollerano la staticità e che la pienezza del carisma non è un fatto compiuto, ma costituisce un traguardo sempre da raggiungere. La stessa istanza di fedeltà dinamica viene espressa anche dalle Costituzioni dei Frati Minori, dove si afferma: Totis viribus nitantur fratres alere ac promovere huius charismatis franciscani plenam evolutionem apud omnes qui spiritu S. Francisci imbuuntur (55,2). Da qui, nelle Costituzioni dei Frati Minori Conventuali, l’esortazione a coloro che sono stati generati dallo stesso Serafico Padre, affinché constanter excolant communionem fraternam. Anche altrove le stesse Costituzioni usano il verbo excolere per affermare di nuovo la urgenza della comunione interfrancescana: Fraternae communionis et cooperationis relationes cum fratribus aliarum familiarum Seraphici Patris nostri Francisci excolantur (114,1). In contesto identico le Costituzioni dei Cappuccini usano il verbo colere: A Spiritu Sancto eadem vocatione congregati, communi oratione et activitate, sensum fraternitatis in toto Ordine et maxime in nostris provincialibus et localibus communitatibus promoveamus. Eundem sensum colamus erga omnes fratres et sorores, sive religiosos sive saeculares, qui nobiscum unicam familiam franciscanam efformant (11,3)45. In genere è da dire che le Costituzioni del Primo Ordine, quando parlano della vita fraterna, privilegiano l’uso del verbo colere e dell’intensivo excolere46; anzi le Costituzioni dei Frati Minori Cappuccini assegnano il titolo De vita fraterna colenda all’articolo primo del capitolo VI (De vita nostra in fraternitate). Da ciò ricaviamo una ulteriore considerazione sul rapporto di comunione tra i tre Ordini Francescani. Per manifestare e per costruire la pienezza dell’unico carisma, essi sono tenuti a coltivare, alimentare, incrementare la comunione reciproca. Ma c’è di più o, quanto meno, c’è dell’altro, perché colere ed excolere significano anche stimare grandemente, venerare, procurare lode e gloria, onorare, rendere culto. I due verbi evocano quindi anche l’idea di onore e di gloria, termini tra loro sinonimi che stanno ad indicare le caratteristiche di una persona o di una realtà che si impone agli altri e ne attiva la riconoscenza delle proprie prerogative: la gloria non indica tanto la fama, quanto piuttosto il valore reale dell’essere stimato dal suo peso. Così, a titolo di 44 GIULIANO DA SPIRA, Vita sancti Francisci in Fontes Franciscani a cura di E. MENESTO’ e S. BRUFANI... (Medioevo Francescano, Testi, 2). S. Maria degli Angeli, Edizioni Porziuncola, 1995; 1045. 45 Cfr. anche le Costituzioni dei Frati Minori Cappuccini al n. 94,3: «Specialis necessitudo a nobis colenda est erga sorores nostras, quae vitam contemplativam profitentes cotidie laudis sacrificium offerunt, Deo adhaerere in solitudine ac silentio satagunt, atque Ecclesiam arcana fecunditate apostolica dilatant». 46 Cfr. per esempio le Costituzioni dei Frati Minori al n. 87,1 : «Tota fraternitas, id est Ordo, Provincia et Domus, necnon omnis frater, non sibi soli vivant sed aliis profìcere debent, quaerentes curn omnibus hominibus eamdem communionem fraternam quam inter ipsos colunt»; le Costituzioni dei Frati Minori Cappuccini al n. 84,2: «Colamus mutuum colloquium, experientias inter nos cum confidentia communicantes et necessitates manifestantes». 12 esempio, quando la Bibbia parla della «gloria di Dio» intende riferirsi alla manifestazione gloriosa, visibile di Dio: una manifestazione che l'uomo non può che ammirare e lodare. Vista dalla parte di Dio, la gloria è manifestazione; vista dalla parte dell’uomo, è riconoscimento e lode47. Il significato dei termini e le reminiscenze bibliche portano a concludere che la comunione fraterna interfrancescana esige un atteggiamento cultuale: essa non solo deve essere curata, promossa e incrementata, ma soprattutto deve essere venerata, onorata, glorificata. Se ciò è vero, vi troviamo il fondamento dell’impegno per la reciprocità vitale e la complementarità richieste per la pienezza del carisma francescano. A questo va prestato un religioso ossequio per il suo immenso valore intrinseco, per il suo stesso essere, per la sua gloria, da cui deriva l’esigenza, il dovere e l’impegno di glorificare lo stesso carisma coltivando la reciproca comunione. Più si favorisce, si coltiva e viene onorata la comunione dei tre Ordini, più si manifesta la gloria del carisma francescano; la sua forza vitale è racchiusa tutta nella reciprocità comunionale e solo da essa dipende. 47 Cfr. Thesaurus Linguae Latinae editus auctoritate et consilio Academiarum quinque Germanicarum, Berolinensis, Gottingensis, Lipsiensis, Monacensis, Vindobonensis. Lipsiae 1900; II, 1670-1693; VI/3, 2916; C. BARWICK(ed.), Flavii Sosipatri Charisii Artis Grammaticae Libri V (Bibliotheca Scriptorum Graecorum et Latinorum Teubneriana). Lipsiae 1964; 400; D. MOLLAT, Gloria in Dizionario di Teologia Biblica a cura di X. Léon-Dufour. Torino, Marietti, 1965; 437-438; G. KITTEL - C. VON RAD, Doxa in G. KITTEL - G. FRIEDRICH (edd.), Grande Lessico del Nuovo Testamento. Edizione italiana a cura di G. MONTAGNINI - G. SCARPAT (Brescia, Paideia, 1965-); II, 1348-1398; C. MOHRMANN, Etudes sur le latin des chrétiens. T. I. Le latin des chrétiens (Storia e Letteratura 65). Roma, Edizioni di Storia e letteratura, 1961, 277-286; M. P. ELLEBRACHT, Remarks on the Vocabulary of the ancient Orations in the Missale Romanum (Latinitas Christianorum Primaeva 18). Nijmegen - Utrecht 1966, 32-34. 13