Bravo Prodi, è giusto dire no alla forca in Iran
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Bravo Prodi, è giusto dire no alla forca in Iran
Liberazione Quotidiano del Partito della Rifondazione Comunista edizione nazionale Anno XVII n. 186 Spedizione in abbonamento postale 45% art. 2 comma 20/b L. 662/96 Milano Redazione Roma, 00161viale del Policlinico, 131 tel. 06441831 (15 linee r.a.) fax 0644183247 MRC SpA viale del Policlinico, 131 00161 Roma La pena di morte è terrorismo. Ingerirsi (senza armi) è legittimo Il premier ha ribadito la protesta italiana e la richiesta di moratoria Chiedi il Dvd al tuo edicolante a 8 € in più giornale comunista di Piero Sansonetti I eri in Iran sono state impiccate tre persone. Dall’inizio dell’anno le impiccagioni sono state 149. Dopo la Cina, l’Iran è il paese del mondo con un maggior numero di esecuzioni capitali. Nel 2006, secondo i dati forniti da Amnesty Intarnational, le impiccagioni in Iran sono state 177. Calcolando che siamo solo all’inizio di agosto, è molto probabile che quest’anno l’Iran supererà il dato, tragico, dell’anno precedente, e supererà le 200 esecuzioni. In questa speciale a macabrissima classifica, al terzo posto c’è il Pakistan, con 82 giustiziati nel 2006, al quarto il Sudan, con 65, e al quinto gli Stati Uniti con 53. Sono questi cinque Stati quelli che - usando un linguaggio bushista - potremmo definire gli ”Stati canaglia”. Amnesty calcola che più del 90 per cento delle esecuzioni avvengono in questi cinque Stati. Negli altri 65 Stati che ancora mantengono la pena di morte, avvengono solo il 9 per cento delle esecuzioni. In questi giorni in Iran si è fatta sentire la protesta non solo per l’aumento delle impiccagioni, ma anche - e in particolare - per la condanna a morte di due giornalisti curdi, che ora sono in attesa della forca. Ci sono altri segnali di un irrigidimento del regime: è stato chiuso un giornale “riformista” (perchè aveva intervistato una poetessa lesbica, Saghi Ghahreman), arrestato un giornalista dissidente, stanno ancora in prigione più di duecento ragazzi arrestati nei giorni scorsi perché partecipavano a una festa poco ortodossa. La Farnesina, cioè il ministero degli Esteri italiano, è intervenuta presso l’ambasciata iraniana per chiedere che sia salvata la vita ai due giornalisti e per protestare contro le continue esecuzioni. Il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, a sua volta, ha replicato con durezza, polemizzando con l’Italia. Ha detto che ogni paese è autorizzato a combattere il crimine coi mezzi che ritiene più giusti e gli altri paesi non hanno il diritto a interferire. Ieri il Presidente del Consiglio italiano, Romano Prodi, ha risposto con nettezza al ministero iraniano: «Le recenti esecuzioni in Iran - ha detto - hanno molto colpito la nostra opinione pubblica. E’ chiaro che l’Italia ha il diritto di manifestare la sua diversità. La cosa importante è che nelle prossime sessioni delle Nazioni Unite noi porteremo avanti questo problema sperando che la moratoria della pena di morte in tutto il mondo sia finalmente approvata dalla maggioranza dei paesi dell’Onu. La moratoria rimane la nostra linea politica». Voi sapete che nei giorni scorsi questo giornale ha criticato molto aspramente il presidente del Consiglio ed ha avuto una polemica aspra con lui. Beh, stavolta non possiamo che apdi Sandro Podda Il Congresso Usa: «scomparse» oltre 190mila armi inviate in Iraq a pagina s4 provare la linea del governo. La protesta dell’Iran è infondata. Così come siamo sempre stati totalmente contrari alle azioni militari, alle cosiddette “guerre umanitarie” - perchè non esistono guerre umanitarie, perchè violano il diritto internazionale, perché assomigliano al terrorismo come due gocce d’acqua - così siamo assolutamente favorevoli alle ingerenze politiche. Le ingerenze politiche, le campagne di opinione pubblica, sono non solo legittime ma giuste e indispensabili. di Andrea Di Stefano Gli Usa e il crack del credito. E’ la fine della speculazione? a pagina s6 di Checchino Antonini La piazza vietata al Prc e il boom edilizio nel Parco d’Abruzzo a pagina s7 di Tiziana Barrucci Storie di ordinario amore tra una donna e un prete a pagina s8 Nei giorni scorsi avevamo varie volte - prima ancora che esplodesse il caso internazionale segnalato l’escalation forcaiola in Iran, con gli articoli di Tiziana Barrucci e di Anubi D’Avossa Lussurgiu. Ora appare del tutto evidente che l’escalation prosegue e si incattivisce. Le immagini che ci giungono da Teheran sono atroci. L’uso della forca - ancora più grave, perché avviene nella piazza, perché è reso pubblico a scopo intimidatorio - non è in nessun modo differente - nel principio, nello scopo, nel valore morale - dal terrorismo. E’ così in Iran, in Pakistan ma è così anche per quel che riguarda gli Stati Uniti. E la lotta al terrorismo di Stato è urgente. Negli Stati Uniti, una trentina di anni fa, la Corte suprema dichiarò incostituzionale la pena di morte. Stabilì che era una punizione sproporzionata e crudele. Poi anche negli Stati Uniti - con il reaganismo e negli anni successivi - prevalse quella idea della giustizia, violenta e priva di principi, che è la stessa che ora rivendica Ahmadinejad, e che rivendicano i gruppi dirigenti della Cina. Cioè l’idea che la giustizia non sia un caposaldo dello Stato di diritto e della civiltà ma uno strumento in mano alle classi dirigenti e ai gruppi dirigenti per difendere la legalità, la ricchezza, il potere. E’ questo concetto della giustizia come strumento - anziché come valore - che produce effetti devastanti nell’amministrazione dello Stato ma anche nell’opinione pubblica. Il forcaiolismo - cioè l’idea che la convivenza civile si basi fondamentalmente sulla violenza del potere e sulla difesa armata contro la trasgressione - è una malattia che nell’ultimo decennio, in tutto il mondo, si è estesa, invece che ridursi. Lambendo settori vastissimi di opinione pubblica, persino a sinistra. Naturalmente non ovunque produce gli effetti più estremi, come in Cina - dove la pena di morte provoca ogni anno un vero e proprio sterminio con centinaia e forse migliaia di morti - o in Iran o negli Stati Uniti. Però la tendenza è quella: riduzione delle libertà, aumento delle sanzioni, fine della tolleranza. In forme abissalmente distanti, è una tendenza che riguarda l’est e l’ovest, il mondo islamico e quello cattolico, il capital-socialismo cinese e il capitalismo puro dell’Europa e degli Sati Uniti. Sinistra: come coniugare la piazza con i punti programmatici In piazza ad ottobre? Era ora! E prima gli Stati generali l’articolo di Milziade Caprili* «I l governo così non va, uniamoci adesso e diamogli una scossa»: lo ha titolato così, Liberazione, l’appello che quindici autorevoli personalità della sinistra italiana hanno lanciato venerdì scorso insieme al nostro giornale e al quotidiano il manifesto. Si tratta, come è evidente leggendo sia l’appello sia le autorevoli firme apposte in calce, della richiesta di una vera e propria mobilitazione di massa e di una manifestazione conseguente. Era davvero ora che venisse alla luce. Mi trovo in perfetta sintonia con simili forme d’iniziativa popolare ma anche per questo motivo voglio qui avanzare un’ulteriore proposta che giudico integrativa e non sostitutiva, rispetto a quella della manifestazione, proposta che può andare avanti parallelamente a essa, senza confliggervi. La proposta tiene conto del fatto che, a mio parere, i ritardi accumulati del processo di aggregazione a sinistra sono tanti e le lentezze particolarmente insopportabili (del resto mi pare di continuare a leggere una qualche – come dire? – “cautela”, nel campo della sinistra, rispetto all’idea della manifestazione). La mia idea è di convocare (auto-convocare?) dei veri “Stati generali della sinistra”: andrebbero convocati a Roma, possibilmente prima della manifestazione del 20 ottobre, ma soprattutto è necessario che le modalità di convocazione riguardino il numero più alto e rappresentativo possibile, a tutti i livelli, dei dirigenti delle organizzazioni, dei gruppi, delle associazioni, dei partiti e dei sindacati che si riconoscono nell’orizzonte della sinistra di alternativa. Saranno loro a dover spingere affinché ci si dia una forma organizzativa di accordo e raccordo comune e stringente. Tornando alla manifestazione del 20 ottobre, vorrei spiegare perché è assolutamente necessaria. «L’attuale governo non ha ancora dato risposte ai problemi fondamentali che abbiamo di fronte e per i quali la maggioranza degli italiani ha condannato Berlusconi votando per il centrosinistra», scrivono i promotori dell’appello, aggiungendo che «serve una svolta, un’iniziativa di sinistra che rilanci la partecipazione popolare e conquisti i punti più avanzati del programma dell’Unione per evitare che si apra un solco tra la rappresentanza politica, il governo Prodi e chi lo ha eletto». segue a pagina s12 70807 Prezzo di copertina euro 1,00 arretrati il doppio con il Dvd euro 9,00 Chiuso in redazione alle 21.00 su internet www.liberazione.it martedì 7 agosto 2007 9 Colombia “boatos” sulla prigioniera eccellente delle Farc 771127 308003 La caduta tendenziale del saggio di piacere... Fanno la guerra, non fanno l’amore Bravo Prodi, è giusto dire no alla forca in Iran il caso euro 1,00 l’editoriale di Franco Berardi “Bifo” L trova da varie settimane a Elorza, villaggio dello Stato venezuelano di Apure. Si dice che stia in una fattoria di proprietà di “Grannobles”, un comandante guerrigliero fratello del ’“Mono Jojoy” (soprannome di Jorge Briceño, tra i maggiori dirigenti delle Forze armae rivoluzionarie di Colombia, ndr) custodita da 300 guerriglieri pesantemente armati». Ecco la notizia, la prima: c’è una base delle Farc in Venezuela, con centinaia di combattenti; e, seconda, tanto “garantita” da poter ospitare la prigioniera colombiana per eccellenza. Infine, la “buona novella”, condita di veleno: «Credo che bisognerà aspettare la visita nei prossimi giorni della first lady francese in Venezuela. Sono sicura che va per avere in consegna la Betancourt». e Monde del 19 luglio 2007 riferisce che Durex, il gigante del preservativo, la grande corporation produttrice di condom, ha commissionato un’indagine all’Istituto Harris Interactive. Sono stati scelti ventisei paesi di culture diverse. In ogni paese sono state intervistate mille persone su una questione semplice: quale soddisfazione provano nel sesso. Solo il 44% degli intervistati ha risposto di provare piacere nella sessualità. Può darsi che i bipedi post-moderni provino piaceri raffinatissimi nel lavoro o nella guerra, chi lo sa. Ma certo l’amore non riscuote grande successo di pubblico, tanto più che è difficile credere che tutti i quarantaquattro su cento abbiano detto la loro intima verità, quella che corrisponde al loro più profondo sentimento, mentre possiamo star certi che i restanti 66 sono infelici davvero. Sto sparando cazzate? Lo ammetto, sto sparando cazzate. Come si può misurare il piacere? Non si può. Però si può credere alla percezione del vissuto che un numero crescente di persone manifesta (anche se cerca di non ammetterlo). Le spiegazioni che sessuologi psicologi e sociologi forniscono su queste cose sono in generale poco interessanti: la crisi del desiderio sarebbe causata dalla liberazione dei costumi sessuali, dalla mercificazione del corpo umano, o dalla banalizzazione mediatica del sesso. Spiegazioni che spiegano poco. LucyVincent, una neurobiologa intervistata dal giornale Le Parisien a proposito dell’indagine della Durex, offre un’interpretazione intelligente sebbene un po’ sintetica: “On ne s’accord plus assez d’attention”. Non siamo più in grado di dare attenzione a noi stessi. Questa sì che è interessante. Non abbiamo abbastanza tempo per fare attenzione a noi stessi e a coloro che vivono intorno a noi. Presi nella spirale della competizione non siamo più capaci di capire nulla dell’altro. L’attenzione, facoltà cognitiva che rende possibile la piena percezione di un oggetto mentale (il nostro proprio corpo, per esempio, o il corpo della persona che accarezziamo) è disponibile in quantità limitata, tanto è vero che negli ultimi anni alcuni economisti (veri e propri becchini dell’anima umana) hanno cominciato a parlare di Attention Economy. Quando una risorsa diviene oggetto di quella scienza necrofila, vuol dire che è diventata una risorsa scarsa. Nelle società postindustriali l’attenzione è una risorsa scarsa, tanto è vero che ci sono tecniche per ottimizzarla. Essa viene assorbita in maniera crescente dalla competizione, è naturale che di attenzione ne resti poca per un’attività che non può aver nulla a che fare con la competizione e con la produttività. A riprova di questa ipotesi l’indagine della Durex offre i seguenti dati disaggregati: solo il 15% dei giapponesi dichiara di provare soddisfazione nel sesso, solo il 25% dei francesi (che pure dichiarano di farlo più spesso di tutti gli altri), mentre tra i messicani il 63%, e tra i nigeriani (i più felici di tutti, visto che l’unico lavoro competitivo che possono svolgere consiste nel rubare petrolio dai tubi che gli occidentali costruiscono alla periferia dei loro villaggi) addirittura il 67%. segue a pagina s2 segue a pagina s12 UN’IMMAGINE DI UNA FIACCOLATA PER INGRID BETANCOURT REUTERS/PHILIPPE WOJAZER Ingrid Betancourt in Venezuela e «presto libera»? Lo scoop al veleno d’una giornalista anti-Chavez di Anubi D’Avossa Lussurgiu U n boato con tutta l’aria di voler essere lo scoop dell’anno: rivelatosi poi candidabile, piuttosto, al primato delle bufale. O forse, un intervento a gamba tesa su una trama delicatissima di rapporti e di sforzi per giungere ad un risultato atteso da tanti anni e che avrebbe del decisivo, in America Latina: la liberazione negoziata di Ingrid Betancourt, detenuta da oltre 5 anni dalle Farc colombiane. Proprio questa è stata la notizia rivelata ieri a “La W”, una radio del gruppo “Caracol” di Bogotà, da una giornalista venezuelana: non una qualunque ma Patricia Poleo, tra le più strenue e virulente oppositrici del presidente della Repubblica bolivariana del Venezuela, Hugo Chavez. E la “rivelazione” soprattutto con venti versi al giorno condannato a morte Ho trovato una mano che mi aiuta Una spalla forte a cui appoggiarmi Un sorriso gentile che mi rallegra Un’amicizia buona da cui dipendere A volte temo che possa dissolversi Anche se è sempre nei miei pensieri Mentre passo i miei giorni Intrappolato nel buio Ne hanno portato via un altro Un amico che non rivedrò. Sono debole, sto impazzendo Che cosa posso fare? Troppe cose, a catena, non vanno Non riesco più a sopportarle Dominique Green, afroamericano, 24 anni. Eseguito nel carcere di Huntsville, Texas. Quasi certamente innocente Chavez aveva a che fare. Perché Poleo, in verità, ha cercato il clamore con due annunci: non solo che Betancourt starebbe per essere consegnata dal capo di Stato venezuelano in persona niente meno che alla consorte di quello francese, Cécilia Sarkozy; ma, prima ancora, che la prigioniera delle Farc sarebbe già da tempo proprio in Venezuela, sempre nelle mani dei guerriglieri colombiani. Qualche sospetto avrebbe dovuto essere nutrito considerando la formula di premessa usata da Poleo: «Prima di tutto Dio voglia che la sua liberazione sia vicina». Poi, il primo accreditamento: «Ho parlato con la mamma della Betancourt. E questo (la liberazione imminente, ndr) è il desiderio di tutti i colombiani e venezuelani». Quindi, gli scoop: «Posso dire che attualmente lei si Intervista ad Aurelio Mancuso, presidente dell’Arcigay «Perché ci sarò il 20 ottobre anche se non tutta la piattaforma...» l’intervista di Angela Mauro L a manifestazione del 20 ottobre «ha senso» perchè va espressa «una critica forte» a questo governo, che in materia di diritti civili ha deluso, e perchè, viste le vocazioni «neocentriste» del Pd, in Italia è a rischio la stessa esistenza di un «blocco progressista». Ma il cuore dell’evento non sta tutto qui. Aurelio Mancuso, presidente dell’Arcigay e firmatario (a titolo personale) dell’appello alla mobilitazione pubblicato da Liberazione e il manifesto, lancia un suo «appello». La giornata deve servire per «voltare pagina», dice rivolgendosi ai partiti di sinistra che scenderanno in piazza: «Attenti a non calcare troppo solo su pensioni e welfare, sennò per noi diventa difficile esserci in massa». Come te lo immagini il 20 ottobre? Il mio sostegno alla manifestazione è un atto di fiducia. Mi spiego. Nell’appello ci sono temi sui quali ho una posizione differente rispetto ai partiti di sinistra. Penso che laTav vada realizzata, per esempio, pur con il confronto con le popolazioni locali. Non mi piace l’accentuazione da parte dei politici che scenderanno in piazza su temi come le pensioni, ci andrei più cauto. Vorrei discutere a sinistra del patto generazionale, della precarietà, del ruolo del sindacato che è di grande presidio sociale ma che tende a privilegiare chi le garanzie già ce le ha. Nonostante queste differenze, ho firmato con convinzione l’appello perchè è necessario che chi nella società si posiziona a sinistra prema affinchè il governo, che continua a ignorare gli impegni scritti nel programma, sposti la sua attenzione verso i temi so- ciali e dei diritti civili. C’è una parte del paese, che va ben oltre la sinistra radicale, che si sente tradita. Urge lanciare dei segnali per spostare l’asse a sinistra, non tanto per la sinistra politica, ma per le persone di sinistra, altrimenti si rischia che le riforme sociali e civili non si faranno mai. Perchè “atto di fiducia”? Capisco che alcuni leader di partito premano su pensioni e welfare in vista del 20 ottobre, ma voglio lanciare un appello: attenzione a pensare e dire che la manifestazione è principalmente legata a quei temi perchè come movimento ci metterebbe in difficoltà. Noi immaginiamo una manifestazione a due voci: diritti sociali e diritti civili. Se la discussione cade solo sui primi diventa più difficile per noi esserci in massa. Deve essere un evento che parli alle libertà e ai diritti delle persone in quanto tali. Il problema vero sta nel mancato rinnovamento della sinistra nel suo complesso. Cosa vuoi dire? Ti riferisci anche alle forme della manifestazione? Da militante, apprezzo i cortei, ma per diverse tipologie di persone e associazioni non sono coinvolgenti. Va trovata una formula, comunque politica, ma che dia il senso di una pluralità. Mi piacerebbe molto che in questa manifestazione ci fossero anche carri allegorici, musica, non vorrei la solita liturgia corteo-comizio. Penso a forme che già in fase di preparazione della manifestazione, nei territori e a Roma, denuncino quanto questo paese rischia di essere arretrato. Bisogna coinvolgere: negli ultimi anni alle manifestazioni della sinistra i numeri sono un po’ diminuiti, mentre le nostre hanno dimostrato volontà di coinvolgimento. segue a pagina s5