Bravo Prodi, è giusto dire no alla forca in Iran

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Bravo Prodi, è giusto dire no alla forca in Iran
Liberazione
Quotidiano del Partito della Rifondazione Comunista
edizione nazionale Anno XVII n. 186 Spedizione
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La pena di morte è terrorismo. Ingerirsi (senza armi) è legittimo
Il premier ha ribadito la protesta italiana e la richiesta di moratoria
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giornale comunista
di Piero Sansonetti
I
eri in Iran sono state impiccate tre persone. Dall’inizio
dell’anno le impiccagioni sono
state 149. Dopo la Cina, l’Iran è
il paese del mondo con un
maggior numero di esecuzioni
capitali. Nel 2006, secondo i dati forniti da Amnesty Intarnational, le impiccagioni in Iran
sono state 177. Calcolando che
siamo solo all’inizio di agosto, è
molto probabile che quest’anno l’Iran supererà il dato, tragico, dell’anno precedente, e supererà le 200 esecuzioni. In
questa speciale a macabrissima classifica, al terzo posto c’è
il Pakistan, con 82 giustiziati nel
2006, al quarto il Sudan, con 65,
e al quinto gli Stati Uniti con 53.
Sono questi cinque Stati quelli
che - usando un linguaggio bushista - potremmo definire gli
”Stati canaglia”. Amnesty calcola che più del 90 per cento
delle esecuzioni avvengono in
questi cinque Stati. Negli altri
65 Stati che ancora mantengono la pena di morte, avvengono
solo il 9 per cento delle esecuzioni. In questi giorni in Iran si è
fatta sentire la protesta non solo per l’aumento delle impiccagioni, ma anche - e in particolare - per la condanna a morte di
due giornalisti curdi, che ora
sono in attesa della forca. Ci sono altri segnali di un irrigidimento del regime: è stato chiuso un giornale “riformista”
(perchè aveva intervistato una
poetessa lesbica, Saghi Ghahreman), arrestato un giornalista dissidente, stanno ancora
in prigione più di duecento ragazzi arrestati nei giorni scorsi
perché partecipavano a una festa poco ortodossa.
La Farnesina, cioè il ministero
degli Esteri italiano, è intervenuta presso l’ambasciata iraniana per chiedere che sia salvata la vita ai due giornalisti e
per protestare contro le continue esecuzioni. Il portavoce
del ministero degli Esteri iraniano, a sua volta, ha replicato
con durezza, polemizzando
con l’Italia. Ha detto che ogni
paese è autorizzato a combattere il crimine coi mezzi che ritiene più giusti e gli altri paesi
non hanno il diritto a interferire. Ieri il Presidente del Consiglio italiano, Romano Prodi, ha
risposto con nettezza al ministero iraniano: «Le recenti esecuzioni in Iran - ha detto - hanno molto colpito la nostra opinione pubblica. E’ chiaro che
l’Italia ha il diritto di manifestare la sua diversità. La cosa importante è che nelle prossime
sessioni delle Nazioni Unite noi
porteremo avanti questo problema sperando che la moratoria della pena di morte in tutto il
mondo sia finalmente approvata dalla maggioranza dei
paesi dell’Onu. La moratoria rimane la nostra linea politica».
Voi sapete che nei giorni scorsi
questo giornale ha criticato
molto aspramente il presidente del Consiglio ed ha avuto una
polemica aspra con lui. Beh,
stavolta non possiamo che apdi Sandro Podda
Il Congresso Usa:
«scomparse» oltre
190mila armi
inviate in Iraq
a pagina s4
provare la linea del governo. La
protesta dell’Iran è infondata.
Così come siamo sempre stati
totalmente contrari alle azioni
militari, alle cosiddette “guerre
umanitarie” - perchè non esistono guerre umanitarie, perchè violano il diritto internazionale, perché assomigliano
al terrorismo come due gocce
d’acqua - così siamo assolutamente favorevoli alle ingerenze
politiche. Le ingerenze politiche, le campagne di opinione
pubblica, sono non solo legittime ma giuste e indispensabili.
di Andrea Di Stefano
Gli Usa e il crack
del credito.
E’ la fine della
speculazione?
a pagina s6
di Checchino Antonini
La piazza vietata
al Prc e il boom
edilizio nel Parco
d’Abruzzo
a pagina s7
di Tiziana Barrucci
Storie di
ordinario amore
tra una donna
e un prete
a pagina s8
Nei giorni scorsi avevamo varie
volte - prima ancora che esplodesse il caso internazionale segnalato l’escalation forcaiola
in Iran, con gli articoli di Tiziana
Barrucci e di Anubi D’Avossa
Lussurgiu. Ora appare del tutto
evidente che l’escalation prosegue e si incattivisce. Le immagini che ci giungono da
Teheran sono atroci. L’uso della
forca - ancora più grave, perché
avviene nella piazza, perché è
reso pubblico a scopo intimidatorio - non è in nessun modo
differente - nel principio, nello
scopo, nel valore morale - dal
terrorismo. E’ così in Iran, in
Pakistan ma è così anche per
quel che riguarda gli Stati Uniti.
E la lotta al terrorismo di Stato è
urgente. Negli Stati Uniti, una
trentina di anni fa, la Corte suprema dichiarò incostituzionale la pena di morte. Stabilì
che era una punizione sproporzionata e crudele. Poi anche negli Stati Uniti - con il reaganismo e negli anni successivi
- prevalse quella idea della giustizia, violenta e priva di principi, che è la stessa che ora rivendica Ahmadinejad, e che rivendicano i gruppi dirigenti della
Cina. Cioè l’idea che la giustizia
non sia un caposaldo dello Stato di diritto e della civiltà ma
uno strumento in mano alle
classi dirigenti e ai gruppi dirigenti per difendere la legalità,
la ricchezza, il potere. E’ questo
concetto della giustizia come
strumento - anziché come valore - che produce effetti devastanti nell’amministrazione
dello Stato ma anche nell’opinione pubblica. Il forcaiolismo
- cioè l’idea che la convivenza
civile si basi fondamentalmente sulla violenza del potere e
sulla difesa armata contro la
trasgressione - è una malattia
che nell’ultimo decennio, in
tutto il mondo, si è estesa, invece che ridursi. Lambendo settori vastissimi di opinione pubblica, persino a sinistra. Naturalmente non ovunque produce gli effetti più estremi, come in Cina - dove la pena di
morte provoca ogni anno un
vero e proprio sterminio con
centinaia e forse migliaia di
morti - o in Iran o negli Stati
Uniti. Però la tendenza è quella: riduzione delle libertà, aumento delle sanzioni, fine della tolleranza. In forme abissalmente distanti, è una tendenza che riguarda l’est e l’ovest, il
mondo islamico e quello cattolico, il capital-socialismo cinese e il capitalismo puro dell’Europa e degli Sati Uniti.
Sinistra: come coniugare la piazza con i punti programmatici
In piazza ad ottobre? Era ora!
E prima gli Stati generali
l’articolo
di Milziade Caprili*
«I
l governo così non va,
uniamoci adesso e diamogli una scossa»: lo ha titolato così, Liberazione, l’appello
che quindici autorevoli personalità della sinistra italiana
hanno lanciato venerdì scorso insieme al nostro giornale e
al quotidiano il manifesto. Si
tratta, come è evidente leggendo sia l’appello sia le autorevoli firme apposte in calce,
della richiesta di una vera e
propria mobilitazione di massa e di una manifestazione
conseguente. Era davvero ora
che venisse alla luce.
Mi trovo in perfetta sintonia
con simili forme d’iniziativa
popolare ma anche per questo motivo voglio qui avanzare un’ulteriore proposta
che giudico integrativa e non
sostitutiva, rispetto a quella
della manifestazione, proposta che può andare avanti
parallelamente a essa, senza
confliggervi. La proposta tiene conto del fatto che, a mio
parere, i ritardi accumulati
del processo di aggregazione
a sinistra sono tanti e le lentezze particolarmente insopportabili (del resto mi
pare di continuare a leggere
una qualche – come dire? –
“cautela”, nel campo della sinistra, rispetto all’idea della
manifestazione).
La mia idea è di convocare
(auto-convocare?) dei veri
“Stati generali della sinistra”:
andrebbero convocati a Roma, possibilmente prima della manifestazione del 20 ottobre, ma soprattutto è necessario che le modalità di convocazione riguardino il numero
più alto e rappresentativo
possibile, a tutti i livelli, dei dirigenti delle organizzazioni,
dei gruppi, delle associazioni,
dei partiti e dei sindacati che si
riconoscono nell’orizzonte
della sinistra di alternativa.
Saranno loro a dover spingere
affinché ci si dia una forma organizzativa di accordo e raccordo comune e stringente.
Tornando alla manifestazione del 20 ottobre, vorrei spiegare perché è assolutamente
necessaria. «L’attuale governo
non ha ancora dato risposte ai
problemi fondamentali che
abbiamo di fronte e per i quali
la maggioranza degli italiani
ha condannato Berlusconi
votando per il centrosinistra»,
scrivono i promotori dell’appello, aggiungendo che «serve
una svolta, un’iniziativa di sinistra che rilanci la partecipazione popolare e conquisti i
punti più avanzati del programma dell’Unione per evitare che si apra un solco tra la
rappresentanza politica, il governo Prodi e chi lo ha eletto».
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martedì 7 agosto 2007
9
Colombia “boatos” sulla prigioniera eccellente delle Farc
771127 308003
La caduta tendenziale
del saggio di piacere...
Fanno
la guerra,
non fanno
l’amore
Bravo Prodi,
è giusto dire no
alla forca in Iran
il caso
euro 1,00
l’editoriale
di Franco Berardi “Bifo”
L
trova da varie settimane a Elorza,
villaggio dello Stato venezuelano
di Apure. Si dice che stia in una
fattoria di proprietà di
“Grannobles”, un comandante
guerrigliero fratello del ’“Mono
Jojoy” (soprannome di Jorge
Briceño, tra i maggiori dirigenti
delle Forze armae rivoluzionarie
di Colombia, ndr) custodita da 300
guerriglieri pesantemente
armati». Ecco la notizia, la prima:
c’è una base delle Farc in
Venezuela, con centinaia di
combattenti; e, seconda, tanto
“garantita” da poter ospitare la
prigioniera colombiana per
eccellenza. Infine, la “buona
novella”, condita di veleno: «Credo
che bisognerà aspettare la visita
nei prossimi giorni della first lady
francese in Venezuela. Sono sicura
che va per avere in consegna la
Betancourt».
e Monde del 19 luglio 2007 riferisce che
Durex, il gigante del preservativo, la
grande corporation produttrice di condom, ha commissionato un’indagine all’Istituto Harris Interactive. Sono stati scelti
ventisei paesi di culture diverse. In ogni
paese sono state intervistate mille persone su una questione semplice: quale soddisfazione provano nel sesso. Solo il 44%
degli intervistati ha risposto di provare
piacere nella sessualità.
Può darsi che i bipedi post-moderni provino piaceri raffinatissimi nel lavoro o nella
guerra, chi lo sa. Ma certo l’amore non riscuote grande successo di pubblico, tanto
più che è difficile credere che tutti i quarantaquattro su cento abbiano detto la loro intima verità, quella che corrisponde al loro
più profondo sentimento, mentre possiamo star certi che i restanti 66 sono infelici
davvero. Sto sparando cazzate? Lo ammetto, sto sparando cazzate. Come si può misurare il piacere? Non si può. Però si può
credere alla percezione del vissuto che un
numero crescente di persone manifesta
(anche se cerca di non ammetterlo).
Le spiegazioni che sessuologi psicologi e sociologi forniscono su queste cose sono in generale poco interessanti: la crisi del desiderio sarebbe causata dalla liberazione dei costumi sessuali, dalla mercificazione del corpo umano, o dalla banalizzazione mediatica
del sesso. Spiegazioni che spiegano poco.
LucyVincent, una neurobiologa intervistata
dal giornale Le Parisien a proposito dell’indagine della Durex, offre un’interpretazione
intelligente sebbene un po’ sintetica: “On ne
s’accord plus assez d’attention”. Non siamo
più in grado di dare attenzione a noi stessi.
Questa sì che è interessante.
Non abbiamo abbastanza tempo per fare
attenzione a noi stessi e a coloro che vivono intorno a noi. Presi nella spirale della
competizione non siamo più capaci di capire nulla dell’altro.
L’attenzione, facoltà cognitiva che rende
possibile la piena percezione di un oggetto
mentale (il nostro proprio corpo, per
esempio, o il corpo della persona che accarezziamo) è disponibile in quantità limitata, tanto è vero che negli ultimi anni alcuni
economisti (veri e propri becchini dell’anima umana) hanno cominciato a parlare di
Attention Economy. Quando una risorsa
diviene oggetto di quella scienza necrofila,
vuol dire che è diventata una risorsa scarsa.
Nelle società postindustriali l’attenzione è
una risorsa scarsa, tanto è vero che ci sono
tecniche per ottimizzarla. Essa viene assorbita in maniera crescente dalla competizione, è naturale che di attenzione ne resti poca per un’attività che non può aver
nulla a che fare con la competizione e con
la produttività.
A riprova di questa ipotesi l’indagine della
Durex offre i seguenti dati disaggregati: solo
il 15% dei giapponesi dichiara di provare
soddisfazione nel sesso, solo il 25% dei francesi (che pure dichiarano di farlo più spesso
di tutti gli altri), mentre tra i messicani il
63%, e tra i nigeriani (i più felici di tutti, visto
che l’unico lavoro competitivo che possono
svolgere consiste nel rubare petrolio dai tubi che gli occidentali costruiscono alla periferia dei loro villaggi) addirittura il 67%.
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UN’IMMAGINE DI UNA FIACCOLATA PER INGRID BETANCOURT REUTERS/PHILIPPE WOJAZER
Ingrid Betancourt in Venezuela e «presto libera»?
Lo scoop al veleno d’una giornalista anti-Chavez
di Anubi D’Avossa Lussurgiu
U
n boato con tutta l’aria di voler
essere lo scoop dell’anno:
rivelatosi poi candidabile,
piuttosto, al primato delle bufale.
O forse, un intervento a gamba
tesa su una trama delicatissima di
rapporti e di sforzi per giungere ad
un risultato atteso da tanti anni e
che avrebbe del decisivo, in
America Latina: la liberazione
negoziata di Ingrid Betancourt,
detenuta da oltre 5 anni dalle Farc
colombiane.
Proprio questa è stata la notizia
rivelata ieri a “La W”, una radio del
gruppo “Caracol” di Bogotà, da
una giornalista venezuelana: non
una qualunque ma Patricia Poleo,
tra le più strenue e virulente
oppositrici del presidente della
Repubblica bolivariana del
Venezuela, Hugo Chavez. E la
“rivelazione” soprattutto con
venti versi
al giorno
condannato
a morte
Ho trovato una mano
che mi aiuta
Una spalla forte
a cui appoggiarmi
Un sorriso gentile
che mi rallegra
Un’amicizia buona
da cui dipendere
A volte temo
che possa dissolversi
Anche se è sempre
nei miei pensieri
Mentre passo i miei giorni
Intrappolato nel buio
Ne hanno portato via un altro
Un amico che non rivedrò.
Sono debole,
sto impazzendo
Che cosa posso fare?
Troppe cose, a catena,
non vanno
Non riesco più a sopportarle
Dominique Green,
afroamericano, 24 anni.
Eseguito nel carcere di
Huntsville, Texas. Quasi
certamente innocente
Chavez aveva a che fare. Perché
Poleo, in verità, ha cercato il
clamore con due annunci: non
solo che Betancourt starebbe per
essere consegnata dal capo di
Stato venezuelano in persona
niente meno che alla consorte di
quello francese, Cécilia Sarkozy;
ma, prima ancora, che la
prigioniera delle Farc sarebbe già
da tempo proprio in Venezuela,
sempre nelle mani dei guerriglieri
colombiani.
Qualche sospetto avrebbe dovuto
essere nutrito considerando la
formula di premessa usata da
Poleo: «Prima di tutto Dio voglia
che la sua liberazione sia vicina».
Poi, il primo accreditamento: «Ho
parlato con la mamma della
Betancourt. E questo (la
liberazione imminente, ndr) è il
desiderio di tutti i colombiani e
venezuelani». Quindi, gli scoop:
«Posso dire che attualmente lei si
Intervista ad Aurelio Mancuso, presidente dell’Arcigay
«Perché ci sarò il 20 ottobre
anche se non tutta la piattaforma...»
l’intervista
di Angela Mauro
L
a manifestazione del 20 ottobre «ha senso» perchè va
espressa «una critica forte» a
questo governo, che in materia
di diritti civili ha deluso, e perchè, viste le vocazioni «neocentriste» del Pd, in Italia è a rischio la stessa esistenza di un
«blocco progressista». Ma il
cuore dell’evento non sta tutto
qui. Aurelio Mancuso, presidente dell’Arcigay e firmatario
(a titolo personale) dell’appello alla mobilitazione pubblicato da Liberazione e il
manifesto, lancia un suo «appello». La giornata deve servire
per «voltare pagina», dice rivolgendosi ai partiti di sinistra
che scenderanno in piazza:
«Attenti a non calcare troppo
solo su pensioni e welfare,
sennò per noi diventa difficile
esserci in massa».
Come te lo immagini il 20 ottobre?
Il mio sostegno alla manifestazione è un atto di fiducia. Mi
spiego. Nell’appello ci sono temi
sui quali ho una posizione differente rispetto ai partiti di sinistra. Penso che laTav vada realizzata, per esempio, pur con il
confronto con le popolazioni locali. Non mi piace l’accentuazione da parte dei politici che
scenderanno in piazza su temi
come le pensioni, ci andrei più
cauto. Vorrei discutere a sinistra
del patto generazionale, della
precarietà, del ruolo del sindacato che è di grande presidio sociale ma che tende a privilegiare
chi le garanzie già ce le ha. Nonostante queste differenze, ho firmato con convinzione l’appello
perchè è necessario che chi nella
società si posiziona a sinistra
prema affinchè il governo, che
continua a ignorare gli impegni
scritti nel programma, sposti la
sua attenzione verso i temi so-
ciali e dei diritti civili. C’è una
parte del paese, che va ben oltre
la sinistra radicale, che si sente
tradita. Urge lanciare dei segnali
per spostare l’asse a sinistra, non
tanto per la sinistra politica, ma
per le persone di sinistra, altrimenti si rischia che le riforme
sociali e civili non si faranno mai.
Perchè “atto di fiducia”?
Capisco che alcuni leader di partito premano su pensioni e welfare in vista del 20 ottobre, ma
voglio lanciare un appello: attenzione a pensare e dire che la
manifestazione è principalmente legata a quei temi perchè
come movimento ci metterebbe in difficoltà. Noi immaginiamo una manifestazione a due
voci: diritti sociali e diritti civili.
Se la discussione cade solo sui
primi diventa più difficile per
noi esserci in massa. Deve essere
un evento che parli alle libertà e
ai diritti delle persone in quanto
tali. Il problema vero sta nel
mancato rinnovamento della
sinistra nel suo complesso.
Cosa vuoi dire? Ti riferisci anche alle forme della manifestazione?
Da militante, apprezzo i cortei,
ma per diverse tipologie di persone e associazioni non sono
coinvolgenti. Va trovata una formula, comunque politica, ma
che dia il senso di una pluralità.
Mi piacerebbe molto che in questa manifestazione ci fossero
anche carri allegorici, musica,
non vorrei la solita liturgia corteo-comizio. Penso a forme che
già in fase di preparazione della
manifestazione, nei territori e a
Roma, denuncino quanto questo paese rischia di essere arretrato. Bisogna coinvolgere: negli
ultimi anni alle manifestazioni
della sinistra i numeri sono un
po’ diminuiti, mentre le nostre
hanno dimostrato volontà di
coinvolgimento.
segue a pagina s5