primo monitoraggio delle raccomandazioni del consiglio diritti umani
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primo monitoraggio delle raccomandazioni del consiglio diritti umani
Comitato per la promozione e protezione dei diritti umani Member of the FRA Fundamental Rights Platform Member EU Civil Society Platform Against Trafficking in Human Beings Accredited Observer to WIPO Intergovernmental Committee on Intellectual Property and Genetic Resources, Traditional Knowledge and Folklore (IGC) L'ITALIA A QUATTRO ANNI DALLE RACCOMANDAZIONI DEL CONSIGLIO ONU PER I DIRITTI UMANI Rapporto di Monitoraggio delle Organizzazioni Non Governative e Associazioni del Comitato per la Promozione e Protezione dei Diritti Umani 2011-2014 GIUGNO 2014 A.GE., AGEDO, AGENZIA DELLA PACE, AGESCI, ANFAA, ANOLF, ANTIGONE, ARCHIVIO DISARMO, ARCHIVIO IMMIGRAZIONE, ARCI, ARCIGAY, ARTICOLO 21, ASGI-ASSOCIAZIONE STUDI GIURIDICI SULL'IMMIGRAZIONE, ASSOCIAZIONE CAMPANARI D’ARRONE, ASSOCIAZIONE ELEONORA PIMENTEL, ASSOCIAZIONE ASTRO NASCENTE, ASSOPACE, ASSOCIAZIONE SENZA CONFINI, ATD-QUARTO MONDO, AUCI, AUSER, BANCA ETICA, BE FREE, CASA DEI DIRITTI SOCIALI, CGIL, CHIAMALAFRICA, CIAI, CIPAX, CIPSI COORDINAMENTO DI INIZIATIVE POPOLARI DI SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALE, CIR-CONSIGLIO ITALIANO RIFUGIATI, CISL DIPARTIMENTO POLITICHE MIGRATORIE, CISMAI, CISP-COMITATO INTERNAZIONALE SVILUPPO DEI POPOLI, CITTADINANZATTIVA, COMITATO PER I DIRITTI UMANI, COMITATO SINGH MOHINDER, COMITATO UNRWA ITALIA, DISABLED PEOPLES’ INTERNATIONAL (DPI) ITALIA, DONNE IN NERO, EMA, FEDERAZIONE CHIESE EVANGELICHE, FEDERAZIONE ITALIANA PER IL SUPERAMENTO DELL’HANDICAP (FISH), FONDAZIONE CENTRO ASTALLI, FONDAZIONE INTERNAZIONALE DON LUIGI DI LIEGRO, FONDAZIONE BASSO-SEZIONE INTERNAZIONALE, FONDAZIONE LABOS, FVGS, GIOVANI PER UN MONDO UNITO, GRUPPO MARTIN BUBER, ICS-CONSORZIO ITALIANO DI SOLIDARIETÀ ‘, IISMAS-ISTITUTO INTERNAZIONALE SCIENZE MEDICHE ANTROPOLOGICHE E SOCIALI, IMS –INTERNATIONAL MEDICINE SOCIETY, INTERSOS, INTERVITA, IRMA, ISTITUTO COOPERAZIONE ECONOMICA INTERNAZIONALE, ISTITUTO DI MEDICINA DEL SOCCORSO, LABORATORIO DIRITTI UMANI, LA GABBIANELLA, LAW-LEGAL AID WORLDWIDE, LEGAMBIENTE, LEGA INTERNAZIONALE PER I DIRITTI E LA LIBERAZIONE DEI POPOLI, LIBERA, MED.EA, MEDICI CONTRO LA TORTURA, MEDICI PER I DIRITTI UMANI, MOVIMONDO, OLTRE BABELE, OSSIGENO PER L’INFORMAZIONE, PAXCHRISTI, PONTE DELLA MEMORIA, PRO.DO.C.S., PROGETTO CONTINENTI, RETE EDUCARE AI DIRITTI UMANI, SAVE THE CHILDREN ITALIA, TERRE DES HOMMES, UBI MINOR, UDIUNIONE DONNE IN ITALIA, UIL, UNICEF ITALIA, UNIONE FORENSE PER LA TUTELA DEI DIRITTI UMANI, UNITS, VIDES INTERNAZIONALE, VIS-VOLONTARIATO INTERNAZIONALE PER LO SVILUPPO, WILPF-WOMEN’S INTERNATIONAL LEAGUE FOR PEACE AND FREEDOM, AND WITH THE COLLABORATION OF AMNESTY INTERNATIONAL, FOCSIV, MANI TESE, MEDICI SENZA FRONTIERE 1 2 INDICE PRESENTAZIONE DEL COMITATO PER LA PROMOZIONE E PROTEZIONE DEI DIRITTI UMANI 5 ELENCO DELLE ORGANIZZAZIONI NON GOVERNATIVE E ASSOCIAZIONI ADERENTI AL COMITATO PER LA PROMOZIONE E PROTEZIONE DEI DIRITTI UMANI 13 INTRODUZIONE 15 NOTA METODOLOGICA 19 GLOSSARIO 20 GRUPPO DI LAVORO III Monitoraggio – 2013/2014 II Monitoraggio - 2012 I Monitoraggio - 2011 TERZO MONITORAGGIO DELLE RACCOMANDAZIONI DEL CONSIGLIO DIRITTI UMANI NELL’AMBITO DELLA REVISIONE PERIODICA UNIVERSALE (UPR) 21 22 23 25 1. Diritti Civili e Politici e strumenti internazionali, Racc. 1-10 2. 3. 4. 5. Legislazione Nazionale, Racc. 67-82 Istituzione Nazionale per i Diritti Umani, Racc. 11-15 Educazione ai Diritti Umani, Racc. 30,31,32 Migranti e richiedenti asilo 5.1 Diritti dei migranti e legislazione nazionale, Racc. 2, 9, 10, 27, 28, 63, 72, 73, 74, 75, 79, 80, 81, 82 5.2 Evizioni forzate. Racc. 61, 62 5.3 Diritto dei rifugiati e richiedenti asilo, Racc. 67, 68, 69, 70, 71, 76, 77 6. Razzismo e Xenofobia, Racc. 22, 23, 24, 26, 28, 29, 32, 33 7. Diritti delle Donne, Racc. 24, 34, 35, 36, 42, 43, 44 8. Discriminazione in base all’orientamento sessuale, Racc. 36 9. Diritti dei bambini e degli adolescenti, Racc. 37, 38, 39, 40, 41, 42, 43, 44 10. Sovraffollamento nelle carceri, Racc. 45, 46 11. Tortura, Racc. 4, 6, 8 12. Tratta, Racc. 83, 84, 85, 86, 87, 88 13. Indipendenza della Informazione, Racc. 50, 51, 52, 53, 54 14. Lo Stato dell’aiuto pubblico allo sviluppo, Racc. 90, 91 ANNEX i) 59 Tavola sinottica delle Raccomandazioni ricevute dal Consiglio Diritti Umani e risposte del Governo italiano 61 ii) II Rapporto di Monitoraggio 2012 99 iii) I Rapporto di Monitoraggio 2011 115 3 4 Comitato per la promozione e protezione dei diritti umani Comitato per la promozione Member of the European Agency for Fundamental Rights e protezione dei diritti umani SCHEDA DESCRITTIVA Il Comitato per la Promozione e Protezione dei Diritti Umani è una rete di 89 associazioni e organizzazioni non governative italiane che operano nel settore dei diritti umani per la loro promozione. E’ stato creato nel 2002 su iniziativa della Fondazione Basso–Sezione Internazionale da un gruppo di organizzazioni non governative attive nel campo dei diritti umani con il supporto di un gruppo di esperti in diritti umani. Obiettivi Promozione e sostegno al processo legislativo per la creazione in Italia di una“Istituzione nazionale indipendente per i diritti umani”, in linea con gli standard promossi dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite contenuta nella Risoluzione n. 48/134 del 20 dicembre 1993 e i Principi di Parigi. In aggiunta: realizzazione di “attività culturali per la diffusione di informazione su problematiche relative ai diritti umani con particolare attenzione alla situazione in Italia ed in Europa con il fine di attirare l’attenzione del pubblico sulle violazioni che possono esserci nei paesi a democrazia consolidata”. Struttura a) l’Assemblea delle organizzazioni aderenti al Comitato;; b) il Portavoce; c) il Coordinatore che coordina la Segreteria Esecutiva e il Gruppo di Coordinamento. Il Gruppo di Coordinamento è responsabile della gestione operativa delle attività del Comitato e riunisce i responsabili dei vari gruppi di lavoro. Da gennaio 2006 a dicembre 2013, Carola Carazzone, VIS-Volontariato Internazionale per lo Sviluppo, è stata nominata Portavoce e Barbara Terenzi, Fondazione Basso-Sezione Internazionale, è stata nominata Coordinatore ed è stata membro dell’Advisory Panel della FRA Platform dal 2010 al 2012. Attualmente Barbara Terenzi ha assunto le funzioni anche di Portavoce ad interim in attesa della prossima Assemblea per il rinnovo delle cariche. L’Assemblea attraverso il piano di azione identifica attività e strategie da portare avanti attraverso il Coordinamento. Ogni anno vengono identificati gruppi di lavoro sulla base del piano di azione stabilito dalla Assemblea. Il Portavoce rappresenta pubblicamente il Comitato e viene sostituito, in caso di necessità, dal Coordinatore. Coerentemente con l’approccio di lavoro collegiale e con lo scopo di ottimizzare le limitate risorse disponibili, la partecipazione ad eventi esterni può anche essere assegnata a rappresentati delle organizzazioni aderenti al Comitato, in linea con le indicazioni emerse dagli incontri periodici del gruppo di coordinamento. 5 Disegno di legge per la creazione in Italia di una istituzione nazionale indipendente per i diritti umani Nel 2002, si è costituito un “Gruppo giuridico” del Comitato,composto da esperti in materia, che ha steso una proposta di disegno di legge per la creazione di una istituzione nazionale indipendente, presentata a Roma nel corso della conferenza “Promozione e protezione dei diritti umani: una istituzione nazionale indipendente ed efficace”. Questo lavoro è stato affiancato da un “Gruppo di contatto” che ha integrato l’attività giuridica con una azione sistematica di advocacy a livello parlamentare secondo un approccio pluralistico e trasversale. Dal 2004 al 2006, nel corso della XIV Legislatura, la proposta di legge è stata trasformata nel Disegno di Legge n. 3300: ”Creazione di una Commissione italiana per la promozione e protezione dei diritti umani secondo la Risoluzione n. 48/134 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 20 dicembre 1993”, primo firmatario il Sen. Antonio Iovene e sottoscritta da altri 28 senatori. Ma nonostante le Raccomandazioni ONU (2.11.2005; 26.11.2004; 18.3.2003) e la pressione da parte della società civile, il Disegno di Legge è rimasto bloccato al Senato. Nel 2006, all’inizio della XV Legislatura, il Disegno di legge è stato ripresentato al Senato con primo firmatario il Sen. Antonio Iovene e sottoscritto da altri 32 senatori, con il n. 247 e assegnato alle Commissioni Affari Costituzionali e Giustizia del Senato. A dicembre 2006, il Disegno di legge viene anche presentato alla Camera dei Deputati con primo firmatario l’On. Tana de Zulueta. Mentre il 5 dicembre 2006 il Comitato, e il National Institutions Unit of the Office of the High Commissioner for Human Rights of the United Nations, co-organizzano un Workshop internazionale a Roma alla Camera dei Deputati a cui partecipa una delegazione di esperti delle Nazioni Unite insieme a rappresentanti istituzionali, parlamentari, esperti accademici, giornalisti e rappresentanti della società civile. L’impatto dell’evento fu talmente forte che il Disegno di legge presentato alla Camera dei Deputati fu unificato con quello per il Garante dei detenuti e privati della libertà personale. Ad aprile 2007, dopo un lungo processo di esame e dibattito, il Disegno di Legge è passato alla Camera dei Deputati con il n. 1463 con la nuova intestazione “Creazione di una commissione nazionale per la promozione e protezione dei diritti umani e la protezione dei diritti delle persone detenute o private della propria libertà personale”. Il testo finale era il risultato degli sforzi congiunti di varie proposte presentate dalle varie forze politiche On. Mazzoni (no. 626); On. Mascia, On. Forgione, On. Farina, On. Frias e On. Russo (no. 1090); On. Boato e On. Mellano (no. 1441) e On. De Zulueta (no. 2018), ma è rimasto fermo al Senato. Per quanto concerne l’iter parlamentare, nonostante le Raccomandazioni n. 32 del CESCR e n. 7 del CCPR, nessuna consultazione inclusiva, trasparente e partecipatoria è stata implementata coinvolgendo la società civile . A maggio 2007, il Disegno di legge n. 1463 venne approvato dalla Camera dei Deputati e passato al Senato, come previsto dal sistema giuridico italiano, e in settembre assegnato dal Presidente del Senato congiuntamente alle Commissioni Affari Costituzionali e Giustizia. Comunque non venne mai calendarizzato e quindi mai discusso in Senato. A giugno 2008, all’inizio della XVI Legislatura, dei nuovi Disegni di legge vennero presentati al Senato, n. 1223 primo firmatario Sen. P. Marcenaro e alla Camera dei Deputati n. 1918, primo firmatario On. Maran e n. 1720 primo firmatario On. Giulietti, per approdare il 20 luglio 2011 finalmente in un testo consolidato, il Disegno di legge n. 4534. Ma anche questo tentativo non è riuscito a completare l’iter legislativo e non ha ottenuto la seconda approvazione richiesta quella della Camera dei Deputati, dove pur avendo subito vari 6 cambiamenti non si è riusciti a concludere il procedimento. Tutto il processo, che a partire dal 2008, è andato avanti fino alla fine del 2012 non ha mai tenuto conto né coinvolto in alcuna maniera la società civile come richiesto dagli standards internazionali e dai Principi di Parigi. A luglio 2011 si è concluso l’iter per l’approvazione di un disegno di legge sull’Istituzione della Commissione nazionale per la promozione e la protezione dei diritti umani di proposta governativa, che però ha tenuto conto di tutto il lavoro fatto in precedenza anche da parte del Comitato. Infatti in sede di discussione uno dei relatori ha espressamente citato il lavoro portato avanti dal 2002 ad oggi dal Comitato affinché si traducesse in realtà questo meccanismo. L’iter legislativo comunque non si è concluso in quanto il ddl è rimasto in discussione alla Camera dei Deputati. Il 20 maggio 2013 viene presentato il Disegno di legge n. 1004 “ Istituzione della Commissione nazionale per la promozione e la protezione dei diritti umani” primo firmatario On. Kjalid Chouki e 82 parlamentari. Il testo ripercorre il Disegno di legge precedente con alcune piccole modifiche; assegnato alla Commissione Affari Costituzionali è ancora in attesa di calendarizzazione. Il 21 giugno 2013, il Disegno di legge n. 865 “ Istituzione della Commissione nazionale per la promozione e la tutela dei diritti umani” primo firmatario Sen. Fattorini e altri 12 senatori è stato presentato al Senato ed è ancora in attesa di essere esaminato. Il 29 maggio 2014 è stato presentato dal Movimento 5 Stelle alla Camera il Disegno di Legge n. 2424” Istituzione della Commissione nazionale indipendente per la promozione e la tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali" primo firmatario Emanuele Scagliusi e 6 parlamentari. L’Italia, comunque, pur essendosi impegnata in maniera formale a livello internazionale a realizzare tale meccanismo, ancora oggi non si è dotata di questo strumento di democrazia partecipativa. Attività di supporto Il 5 dicembre 2006, a Roma, con il fine di contribuire in modo fattivo alle procedure istituzionali per la creazione di una istituzione nazionale indipendente in Italia, il Comitato in collaborazione con l’Ufficio Istituzioni Nazionali dell’ Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, ha organizzato un Workshop internazionale ad alto profilo istituzionale presso la Camera. L’evento era principalmente indirizzato ai parlamentari italiani e alla stampa ed ha visto riuniti le Nazioni Unite, rappresentanti istituzionali italiani e la società civile, inclusi esperti del mondo accademico ed i media. Nel 2008, nell’ambito delle iniziative per il 60° Anniversario della Dichiarazione dei Diritti Umani, il Comitato ha lanciato una petizione a livello nazionale di raccolta firme via internet per la realizzazione in Italia della istituzione nazionale indipendente per i diritti umani. Ha inoltre dato il patrocinio e partecipato alla realizzazione del film no profit All Human Rights for All. Dal 2008 partecipa agli incontri informali del Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa, Thomas Hammamberg con la società civile italiana. Dal 2008 Il Comitato fa parte del Tavolo italiano della FRA, l’Agenzia Europea per i Diritti Fondamentali di Vienna, e diventa membro del Fundamental Rights Platform. Nel 2009, il Comitato è stato audito presso la Commissione Straordinaria Diritti Umani del Senato presieduta dal Sen. Pietro Marcenaro, dove sono stati illustrati il lavoro svolto in linea con il proprio mandato statutario e una dettagliata presentazione ed analisi della istituzione nazionale indipendente per la promozione dei diritti umani come prevista dai 7 Principi di Parigi e dagli standards internazionali, alla cui realizzazione l’Italia, pur formalmente impegnata, rimane ancora inadempiente. Sempre nel 2009, ha avuto una audizione particolare con il Defensor del Pueblo del Ecuador, in visita in Italia, per un confronto e scambio di esperienza nell’ambito delle istituzioni nazionali indipendenti per la promozione dei diritti umani e analisi della situazione italiana. Il 17 giugno 2009 ha collaborato con la Commissione Interministeriale per i Diritti Umani del Ministero per gli Affari Esteri alla organizzazione dell’incontro del direttore del FRA, Agenzia Europea per i Diritti Fondamentali, sig. Morten Kjaerum con la società civile. Il Comitato ha inoltre partecipato nello stesso anno al Workshop nazionale sul Rapporto italiano sulla lotta alle discriminazioni per ragioni di razza, origini etniche, religione o credo, età, disabilità, orientamento sessuale organizzato il 29 settembre 2009 a Roma dalla Fondazione Giacomo Brodolini. Il 11 marzo 2010, in occasione della visita ufficiale dell’Alto Commissario per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, sig.ra Navi Pillay, il Comitato ha organizzato un incontro con la società civile italiana presso la sede della Fondazione Basso in Roma, a cui hanno partecipato oltre 40 organizzazioni non governative, aderenti al sua rete ed esterne. In tale occasione sono state presentate raccomandazioni specifiche da parte delle varie associazioni presenti. Il Comitato ha partecipato come membro italiano della Piattaforma FRA per la società civile, alla Conferenza Internazionale Paure del “diverso”. L’Europa e i diritti fondamentali, organizzata in occasione della Settimana contro il Razzismo, il 15 e 16 marzo 2010 a Milano dalla Università degli Studi di Milano Bicocca in collaborazione con la FRA. La conferenza si proponeva di presentare in Italia per la prima volta in ambito accademico l’Agenzia dell’Unione Europea per i Diritti Fondamentali che ha come obiettivo centrale la lotta contro la discriminazione, il razzismo e la xenofobia. In tale ambito, il Comitato da anni partecipa alla sua Piattaforma e funge da punto di riferimento per la società civile per il tavolo italiano. Nel 2010, il Comitato è stato audito presso la Commissione Straordinaria Diritti Umani del Senato con il Presidente, Sen. Pietro Marcenaro e l’On. Vicenzo Scotti, Sottosegretario agli Affari Esteri. In tale occasione oltre alle attività del Comitato è stata presentata una dettagliata ed approfondita descrizione della Istituzione nazionale indipendente per la promozione e protezione dei diritti umani come indicato nei Principi di Parigi e dagli standards internazionali. Il 9 giugno 2010, a Ginevra, il Portavoce, Carola Carazzone (VIS), ha presentato un discorso alla Sessione Plenaria presso il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite alla Sessione Finale della UPR che esaminava l’Italia, sottolineando la mancanza ancora oggi in Italia di una istituzione nazionale indipendente per i diritti umani. Nel 2011, con riferimento alla istituzione nazionale indipendente per i diritti umani, il portavoce, Carola Carazzone, è stata audita dal Presidente della Repubblica al Quirinale. Nel 2013 il Comitato organizza l’incontro informale con rappresentanti della società civile italiana con il nuovo Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa, Nils Muižnieks. Ciclo di incontri seminariali “La promozione dei diritti umani: dalla teoria alla pratica” a.a. 2012-2013 in collaborazione con il Comitato Interministeriale per i Diritti Umani del Ministero Affari Esteri e le università romane Roma Tre, Sapienza, LUISS, LUMSA, LUSPIO, Tor Vergata e SIOI. Conferenza internazionale conclusiva del ciclo di incontri seminariali “Centralità della persona e tutela dei diritti umani nel mondo contemporaneo” in collaborazione con il Ministero Affari Esteri e l’Ufficio dell’Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, Roma 12 dicembre 2012. 8 Organizzazione dell’incontro della società civile con Morten Kjaerum, Direttore del FRA, in preparazione del semestre europeo dell’Italia, Roma, 12 maggio 2014. Monitoraggi Parallelamente alle principali attività connesse con la creazione della istituzione nazionale e sulla base dei risultati positivi ottenuti attraverso il Rapporto Supplementare al IV Rapporto Governativo CESCR, il Comitato, dal 2005, ha iniziato a progettare e realizzare un sistematico processo di monitoraggio del rispetto dei diritti civili, culturali, economici e sociali in Italia utilizzando il quadro normativo dell’ ICESCR e dell’ICCPR in una prospettiva integrata. In tale senso è stato istituito uno specifico “Gruppo di monitoraggio” composto da 60 organizzazioni non governative ed associazioni, coordinate dal VIS con il supporto della Fondazione Basso. La prima fase di tale esercizio di monitoraggio ha riguardato la realizzazione, sperimentazione e applicazione di specifici strumenti tecnici. Questi strumenti hanno incluso la realizzazione di un quadro di riferimento per la raccolta dati, 45 schede tematiche, una tavola sinottica con la definizione integrata di tutti i diritti umani in base alle ICESCR e ICCPR, suddivisa per argomento e sotto argomento con le relative fonti nazionali e internazionali e documentazione reperibile. Il 20 giugno 2007 sono stati lanciati ufficialmente i risultati del Primo Rapporto di Monitoraggio del Comitato, lo stesso giorno in cui l’Italia è diventata formalmente uno dei 47 Stati membri del Consiglio Diritti Umani delle Nazioni Unite. La pubblicazione è intitolata “Rapporto di monitoraggio delle Raccomandazioni al Governo italiano del Comitato ONU sui diritti economici, sociali, culturali (26 novembre 2004) e del Comitato ONU sui diritti umani (2 dicembre 2005) in merito allo stato di attuazione da parte dell’Italia dei Patti internazionali sui diritti economici, sociali e culturali e sui diritti civili e politici e di altri strumenti di diritto internazionale. Questo lavoro è considerato dalle Nazioni Unite una buona pratica. Nel 2010 è stato lanciato un secondo esercizio di monitoraggio con l’intento di fornire una prima analisi delle azioni poste in essere dal Governo italiano a seguito delle raccomandazioni all’Italia emerse dalla sessione finale della UPR a Ginevra a giugno dello stesso anno. Il 9 giugno 2011, allo scadere di un anno esatto dal termine della sessione finale della UPR delle Nazioni Unite che ha visto l’Italia sotto esame, è stato lanciato ufficialmente il rapporto L’Italia ad un anno dalle raccomandazioni del Consiglio ONU per i diritti umani. Primo Rapporto di monitoraggio delle Organizzazioni Non Governative e Associazioni del Comitato per la Promozione e Protezione dei Diritti Umani. L’uscita del rapporto intende marcare significativamente l’evento e evidenziare le misure adottate in risposta alle raccomandazioni fatte. Il Primo Rapporto di monitoraggio delle organizzazioni non governative e associazioni del Comitato per la promozione e protezione dei diritti umani segna il primo passo di una iniziativa che verrà estesa nei prossimi quattro anni in attesa che l’Italia sia di nuovo chiamata dalle Nazioni Unite ad una successiva Revisione Periodica Universale. Il Rapporto oltre ad essere stato lanciato nel corso di una conferenza stampa presso la sede nazionale della stampa italiana, è stato oggetto di una audizione al Senato con la partecipazione dell’On. Scotti presso la Commissione Straordinaria Diritti Umani del Senato presieduta dal Sen. Pietro Marcenaro. Il 9 giugno 2012, allo scadere del secondo anno dal termine della sessione finale della UPR delle Nazioni Unite che ha visto l’Italia sotto esame, è stato lanciato ufficialmente il rapporto L’Italia al secondo anno dalle raccomandazioni del Consiglio ONU per i diritti umani. Secondo Rapporto di monitoraggio delle Organizzazioni Non Governative e Associazioni del Comitato per la Promozione e Protezione dei Diritti Umani. L’uscita del 9 rapporto intende continuare il lavoro di evidenziazione forte dell’evento e analizzare lo stato delle misure adottate in risposta alle raccomandazioni fatte dopo due anni dalla UPR. Nei fatti i due primi rapporti – del 2011 e 2012 – rappresentano l’unica Mid-Term Review effettuata nel nostro Paese. Rapporto intermedio che l’Italia era tenuta a presentare ufficialmente alle Nazioni Unite, ma di cui non si è avuta alcuna notizia. I Rapporti di monitoraggio delle organizzazioni non governative e associazioni del Comitato per la promozione e protezione dei diritti umani costituiscono i passaggi successivi di una iniziativa che verrà completata al termine dei quattro anni (2010-2014) quando l’Italia sia di nuovo chiamata dalle Nazioni Unite ad una successiva Revisione Periodica Universale. Elaborazione ed invio al Consiglio Diritti Umani delle Nazioni Unite della Submission of Information in preparazione della UPR secondo ciclo che vedrà sotto revisione l’Italia nel corso del 2014. Rapporto di Monitoraggio finale in preparazione della UPR all’Italia 2015, in elaborazione. Attività a livello internazionale Dal 2008 è membro della Fundamental Rights Platform della European Union Agency for Fundamental Rights, Vienna Dal 2011 è Osservatore accreditato al WIPO Intergovernmental Committee on Intellectual Property and Genetic Resources, Traditional Knowledge and Folklore (IGC) Dal 2013 è membro dell’ EU Civil Society Platform Against Trafficking of Human Beings A partire dal 2003, il Comitato ha partecipato a livello internazionale a: - International NGO Coalition per l’approvazione del “Protocollo Opzionale” al Patto per i Diritti Economici, Sociali e Culturali (da novembre 2003); - Elaborazione di un Rapporto Supplementare non governativo al IV Rapporto Governativo presentato dall’Italia sulla implementazione del Patto per i Diritti Economici, Sociali e Culturali, novembre 2004; - Delegazione a Ginevra all’esame di tale Rapporto, 8-26 novembre 2004; - Elaborazione di una Submission of Information al CCPR precedente alla stesura della List of Issues, gennaio 2005; - Lisbon Forum 2007, Annual Forum of the North-South Centre in cooperazione con la Venice Commission e l’Ufficio del Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa, Lisbona, 16-17 novembre 2007; - Elaborazione congiunta con il Gruppo di Lavoro per la CRC di tre Submission of Information su tre componenti specifiche della Convenzione CERD sulla base della List of Issues presentata al Governo italiano alla sua 72a Sessione per l’esame del XIV e XV Rapporto periodico governativo presentato dall’Italia, Ginevra, 18 febbraio-7 marzo 2008; - Delegazione congiunta con il Gruppo di Lavoro per la CRC (11 persone) a Ginevra all’esame del XIV e XV Rapporto periodico governativo;; - Partecipazione alla V Tavola Rotonda delle Istituzionali Nazionali per i Diritti Umani Europee e il Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa su “Domestic Protection of Human Rights. Strengthening Independent National Structures”(Protezione domestica dei diritti umani. Rafforzamento delle strutture nazionali indipendenti), Dublino, 16-17 Settembre 2008; - Incontro della Piattaforma dei Diritti Fondamentali della Fundamental Rights Agency, Vienna, 7-8 ottobre 2008; - Second meeting of the FRA Fundamental Rights Platform, Vienna, 5-6 maggio 2009; - 2nd Fundamental Rights Conference “Making a Reality for All”, Stoccolma 10-11 dicembre 2009; 10 - FRA Consultative Conference with the Civil Society on the Setting Up of the Fundamental Rights Platform, Brussels, 10-11 dicembre 2007; - Delegazione a Ginevra al Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite VII Sessione del Gruppo di Lavoro per la Revisione Periodica Universale – Italia, 8-19 febbraio 2010; - 3rd Meeting del FRA Fundamental Rights Platform, Vienna, 15-16 aprile 2010; - Elezione del Coordinatore, Barbara Terenzi, come esperta, nell’Advisory Panel, of FRA, Vienna, maggio 2010, per il biennio 2010-12; - FRA Symposium “Strengthening the fundamental rights architecture in the EU”, partecipazione al panel di Barbara Terenzi, Vienna, 7 maggio 2010; - Delegazione al Working Group e poi alla Sessione finale a Ginevra presso il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite alla Universal Periodic Review – Italy, febbraio e giugno 2010; - Relazione in Plenaria del Portavoce, Carola Carazzone (VIS), in Sessione Plenaria alla Sessione finale a Ginevra presso il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite alla Universal Periodic Review – Italy, giugno 2010; - EU Fundamental Rights Agency’s Meeting on Access to Justice, 10-11 febbraio, Vienna; - 4th Meeting del FRA Fundamental Rights Platform, Vienna, 14-15 aprile 2011; - Fundamental Rights Conference “Dignity and rights of irregular migrants”, Varsavia, 2122 Novembre 2011; - Submission of Information consolidate con il Gruppo di Lavoro per la CRC su specifiche componenti dell’ICERD basata sulla List of Issues presentata dal Governo italianoa al CERD 80th Session considering the XVI and XVII reports presentati dall’Italia, 13 febbraio-9 marzo 2012; - Interactive dialogue in Plenaria e Lunch Time Briefing su component specifiche dell’ICERD basata sulla List of Issues presentata dal Governo italianoa al CERD 80th Session considering the XVI and XVII reports presentati dall’Italia, 13 febbraio-9 marzo 2012; - International Experts Conference Pauvreté et inégalité dans les socieétés de droits humains – le paradoxe des démocraties,organized del Consiglio d’Europa, Strasburgo, 22-23 febbraio 2012; - 5th meeting del FRA Fundamental Rights Platform, Vienna, 14-15 Aprile 2012; - Serie di Seminari a studenti delle Università di Roma “Promozione dei diritti umani dalla teoria alla pratica”, 2011-2012, co-organizato e tutoraggio con il Ministero degli Esteri italiano e le Università di Roma; - International Conference “Centrality of the Human Being and Protection of Fundamental Rights in the contemporary World”, co-organizato con il Ministero degli Affari Esteri italiano, l’OHCHR, il CERD e le Università di Roma, Roma, 12 dicembre 2012;; - 6th Meeting del FRA Fundamental Rights Platform, Vienna, 24-26 Aprile 2013; - Lancio della EU Civil Society Platform, Brussels, 31 Maggio 2013; - Hearing on the future of migration and asylum in Europe, organized by the Social Platform and the EU Commission, DG Home Affairs, Brussels, 3rd December 2013; - II Meeting della EU Civil Society Platform against Trafficking in Human Beings, Brussels, 9-10 dicembre 2013; - Conference international La Valeur de l’Europe. Croissance, employ et droits: l’Union européenne à l’épreuve, organizato dei Governi italiano e greco in preparazione del Semestre di Presidenza dell’Italia, Camera dei Deputati, 13-14 Marzo 2014; - OSCE Civil Society Forum, Vienna, 7-9 Aprile, 2014 - 7th meeting del FRA Fundamental Rights Platform, Vienna, 9-10 Aprile 2014; - III Meeting della EU Civil Society Platform against Trafficking in Human Beings, Brussels, 7-8 maggio 2014; 11 Sulla base dell’accoglimento positivo riscontrato fin dal primo rapporto presentato al CESCR, l’Assemblea del Comitato ha deciso di: Continuare a preparare documentazione informativa sui diritti umani in Italia per supportare ed integrare il lavoro di advocacy portato avanti a livello istituzionale attraverso la raccolta dati dal campo, con particolare attenzione alla realizzazione della istituzione nazionale indipendente per la promozione e protezione dei diritti umani, all’educazione ai diritti umani e il monitoraggio delle violazioni ai diritti umani. I diritti umani vengono intesi in tale approccio come un unicum orizzontale in cui diritti civili, economici, culturali, sociali e politici sono considerati un intero trasversale e interdipendente che non può essere separato o frammentato. In tale ottica, il Comitato intende realizzare rapporti informativi da utilizzare nelle sessioni internazionali dell’architettura dei diritti umani come presso la Unione Europea, il Consiglio d’Europa e le Nazioni Unite. In linea con quanto sopra, monitorare le Osservazioni Conclusive all’Italia per quanto concerne la protezione dei diritti umani preparate dai Treaty Bodies delle Nazioni Unite. Completare un esercizio sistematico di monitoraggio della durata di 4 anni alle raccomandazioni all’Italia fatte nel corso della Revisione Periodica Universale del Consiglio Diritti Umani delle Nazioni Unite, concluso a giugno 2010, in preparazione del secondo ciclo di Revisione a cui sarà sottoposta l’Italia nel 2015. Roma, giugno 2014 [email protected]; [email protected]; Comitato per la promozione e protezione dei diritti umani c/o Casa del Volontariato - Via F. Corridoni, 13 - 00195 Roma – www.comitatodirittiumani.net https://www.facebook.com/pages/Comitato-per-la-Promozione-e-Protezione-dei-DirittiUmani/374549908703 Tel. 06 486804 - Cell: 3666561467 12 Elenco delle organizzazioni non governative e associazioni aderenti al Comitato per la Promozione e Protezione dei Diritti Umani A.GE. AGEDO AGENZIA DELLA PACE AGESCI ANFAA ANOLF ANTIGONE ARCHIVIO DISARMO ARCHIVIO IMMIGRAZIONE ARCI ARCIGAY ARTICOLO 21 ASGI-ASSOCIAZIONE STUDI GIURIDICI SULL'IMMIGRAZIONE ASSOCIAZIONE CAMPANARI D’ARRONE ASSOCIAZIONE ELEONORA PIMENTEL ASSOCIAZIONE ASTRO NASCENTE ASSOPACE ASSOCIAZIONE SENZA CONFINI ATD-QUARTO MONDO AUCI AUSER BANCA ETICA BE FREE CASA DEI DIRITTI SOCIALI CGIL CHIAMALAFRICA CIAI CIPAX CIPSI - COORDINAMENTO DI INIZIATIVE POPOLARI DI SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALE CIR-CONSIGLIO ITALIANO RIFUGIATI CISL DIPARTIMENTO POLITICHE MIGRATORIE CISMAI CISP-COMITATO INTERNAZIONALE SVILUPPO DEI POPOLI CITTADINANZATTIVA COMITATO PER I DIRITTI UMANI COMITATO SINGH MOHINDER COMITATO UNRWA ITALIA DISABLE PEOPLES’ INTERNATIONAL (DPI) Italia Onlus DONNE IN NERO EMA FEDERAZIONE CHIESE EVANGELICHE FISH-FEDERAZIONE ITALIANA PER IL SUPERAMENTO DELL’HANDICAP FONDAZIONE CENTRO ASTALLI FONDAZIONE INTERNAZIONALE DON LUIGI DI LIEGRO FONDAZIONE BASSO-SEZIONE INTERNAZIONALE FONDAZIONE LABOS FVGS GIOVANI PER UN MONDO UNITO GRUPPO MARTIN BUBER ICS-CONSORZIO ITALIANO DI SOLIDARIETÀ ‘ IISMAS-ISTITUTO INTERNAZIONALE SCIENZE MEDICHE ANTROPOLOGICHE E SOCIALI – IMS –INTERNATIONAL MEDICINE SOCIETY INTERSOS INTERVITA IRMA ISTITUTO COOPERAZIONE ECONOMICA INTERNAZIONALE ISTITUTO DI MEDICINA DEL SOCCORSO LABORATORIO DIRITTI UMANI LA GABBIANELLA LAW-LEGAL AID WORLDWIDE LEGAMBIENTE LEGA INTERNAZIONALE PER I DIRITTI E LA LIBERAZIONE DEI POPOLI LIBERA MED.EA MEDICI CONTRO LA TORTURA MEDICI PER I DIRITTI UMANI MOVIMONDO OLTRE BABELE OSSIGENO INFORMAZIONE PAXCHRISTI PONTE DELLA MEMORIA PRO.DO.C.S. PROGETTO CONTINENTI RETE EDUCARE AI DIRITTI UMANI SAVE THE CHILDREN ITALIA ONLUS TERRE DES HOMMES UBI MINOR UDI-UNIONE DONNE IN ITALIA UIL UNICEF ITALIA UNIONE FORENSE PER LA TUTELA DEI DIRITTI UMANI UNITS VIDES INTERNAZIONALE VIS-VOLONTARIATO INTERNAZIONALE PER LO SVILUPPO WILPF-WOMEN’S INTERNATIONAL LEAGUE FOR PEACE AND FREEDOM. e con la collaborazione di AMNESTY INTERNATIONAL FOCSIV MANI TESE MEDICI SENZA FRONTIERE 13 14 INTRODUZIONE Con il lancio del rapporto quadriennale “L'Italia a quattro anni dalle raccomandazioni del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani: Rapporto di monitoraggio delle Organizzazioni Non Governative e Associazioni del Comitato per la Promozione e Protezione dei Diritti Umani, 2011-2014”, che conclude e contiene i dati raccolti con il lavoro di monitoraggio portato avanti nel corso di questi quattro anni a partire dalle Raccomandazioni UPR all’Italia, le ONG e associazioni aderenti al Comitato hanno inteso sottolineare con un contributo concreto e positivo la significativa ricorrenza del 9 giugno 2010, anche in considerazione della mancanza nel nostro Paese di una Istituzione nazionale indipendente per i diritti umani in linea con le risoluzioni delle Nazioni Unite del 1993, del Consiglio d’Europa del 1997 e i cosiddetti Principi di Parigi. Per correttezza di informazione, desideriamo evidenziare che la rilevazione dei dati, partita nel giugno 2010 si è conclusa a marzo 2014. Quindi, pur rendendo pubblici i risultati a giugno 2014, nel rispetto della scadenza mensile, i dati si riferiscono fino a tale data. A quattro anni dall'adozione, il 9 giugno del 2010, nei confronti dell’Italia delle raccomandazioni da parte Consiglio delle Nazioni Unite per i Diritti Umani nell’ambito della Revisione Periodica Universale (UPR) e dopo aver assunto, a partire dal 2007 per ben due mandati consecutivi l’incarico come uno dei 47 Stati membri del Consiglio delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, la rete delle 89 organizzazioni e associazioni italiane del Comitato intende dare un contributo concreto ad una nuova consapevolezza della centralità dei diritti umani, alla divulgazione di una cultura diffusa e alla elaborazione di una politica sistematica, coerente, trasparente e partecipata per la realizzazione di tutti i diritti umani per tutti. A giugno 2011, al termine del primo anno di monitoraggio sistematico del Comitato, il Primo Rapporto fu presentato ufficialmente presso la Federazione Nazionale della Stampa Italiana. Nuovamente a giugno 2012 il Secondo Rapporto di Monitoraggio sempre presentato ufficialmente presso la Federazione Nazionale della Stampa Italiana ha voluto segnare lo scadere del secondo anno di monitoraggio, unico esercizio in tale senso, ed ha mirato a chiedere al Governo di preparare, seguendo l'esempio di altri paesi dell'Unione Europea, un Rapporto di Follow Up a medio termine, di renderlo pubblico inviandolo all'Ufficio dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani e di promuovere la diffusione in Italia dei contenuti delle raccomandazioni e del meccanismo di Revisione Periodica Universale (UPR). Il processo di Revisione Periodica Universale rappresenta un’occasione unica di riflessione e condivisione e il presente rapporto insieme ai due precedenti, lungi dal rappresentare una mera denuncia delle carenze e delle inadempienze del nostro Paese in materia di diritti umani, intendendo contribuire ad instaurare un dialogo, puntuale e costruttivo, con le istituzioni e sollecitare e collaborare allo sviluppo di strategie, politiche e azioni di rafforzamento della promozione e protezione dei diritti umani in Italia. I tre rapporti nel loro insieme vogliono costituire un esempio, forse migliorabile, di un progetto di monitoraggio con cadenza annuale all’interno del ciclo quadriennale della UPR, frutto di un processo di ricerca, discussione, partecipazione e crescita della società civile italiana, che può essere inteso come una buona pratica scaturita dal basso e replicabile anche in assenza di risorse finanziarie significative. E’ il risultato di uno sforzo congiunto delle organizzazioni aderenti al Comitato compiuto - come in passato – anche con la partecipazione di alcune organizzazioni esterne alla rete e di esperti indipendenti. Esprime così una posizione condivisa di molte ONG ed esperti, diverse per origine, background e expertise, unite nell’obiettivo di utilizzare come strumenti di sensibilizzazione, di advocacy e di dialogo i meccanismi che il sistema ONU dei diritti umani – e, in particolare, in questa sede, la UPR - offre alla società civile. 15 Il Consiglio delle Nazioni Unite per i Diritti Umani ha chiesto1 al Governo italiano di “stabilire un procedimento efficace e inclusivo per dare seguito alle raccomandazioni della UPR tenendo in conto che la attiva partecipazione della società civile è essenziale per un processo di revisione che abbia valore; di consultare e coinvolgere la società civile nel dare seguito alla UPR inclusa la realizzazione delle raccomandazioni”. In tale senso, abbiamo ritenuto, a fianco del lavoro di monitoraggio, che la traduzione in lingua italiana dei documenti fondamentali della UPR costituisse un contributo importante del processo di Revisione Periodica Universale e per questo costituisce una parte rilevante di Primo e del Secondo Rapporto di monitoraggio. Infatti il Comitato considera la traduzione in lingua italiana una conditio sine qua non per la diffusione e divulgazione dei contenuti della Revisione Periodica Universale presso l’opinione pubblica italiana al fine di innescare un processo partecipativo ed inclusivo di monitoraggio e attuazione delle raccomandazioni del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani. Così nel corso di questi quattro anni di monitoraggio, ha intrapreso un lavoro di traduzione propria non ufficiale, messa a disposizione di tutti gratuitamente. Purtroppo però nell’offrire le proprie traduzioni non ufficiali, il Comitato nota con dispiacere che purtroppo ancora oggi manca una traduzione ufficiale o la pubblicazione e divulgazione da parte del Governo delle raccomandazioni ricevute dai vari organismi del sistema diritti umani delle Nazioni Unite. Come già buona pratica del Comitato per le osservazioni conclusive e le raccomandazioni al Governo italiano da parte degli Organi basati sui trattati, sono stati nel corso di questi anni da noi tradotti in italiano, nell’ambito dell’esercizio di monitoraggio, i documenti fondamentali della Revisione Periodica Universale in particolare: - il Rapporto compilativo elaborato dall'Ufficio dell'Alto Commissario per i diritti umani; il Rapporto riassuntivo dei portatori di interessi anch’esso elaborato dall'Ufficio dell'Alto Commissario per i Diritti Umani; il Rapporto del Gruppo di Lavoro sulla Revisione Periodica Universale (Sintesi degli atti del processo di revisione: A. Relazione dello Stato sotto revisione; B. Dialogo interattivo e risposte dello Stato sotto revisione; Conclusioni e raccomandazioni); l’Addendum con le opinioni sulle conclusioni e raccomandazioni, impegni volontari e risposte presentate dallo Stato sotto revisione. Osservazioni conclusive ei Comitato delle Nazioni Unite CEDAW 2011, CERD 2012 e CRC 2011. Che cosa è la Revisione Periodica Universale (UPR)? La Revisione Periodica Universale (Universal Periodic Review -UPR) è uno dei meccanismi di monitoraggio dei diritti umani a livello paese più importanti del sistema di promozione e protezione dei diritti umani delle Nazioni Unite. Istituito nel 2008 nell’ambito di una serie di riforme del sistema è una delle prerogative del nuovo Consiglio ONU per i diritti umani a Ginevra ed ha per obiettivo la valutazione periodica (ogni 4 anni) dei progressi compiuti in materia di diritti umani da tutti gli stati membri ONU. Si tratta di una revisione tra pari (Peer Review) cooperativa ed intergovernativa che si inserisce nell’ambito delle prerogative del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani che appunto è l’organo intergovernativo costituito da 47 Stati Membri eletti per 3 anni che nel 2006 ha sostituito la vecchia Commissione per i diritti umani. Quali Stati riguarda? Il meccanismo esamina periodicamente ciascuno dei 192 Paesi membri delle Nazioni Unite, 1 Rapporto del Gruppo di Lavoro sulla Revisione Periodica Universale –UPR (A/HRC/14/4 18 marzo 2010), adottato dal Consiglio Diritti Umani il 9 giugno 2010 con decisione 14/103, raccomandazione n.92. 16 indipendentemente dalla ratifica dei trattati internazionali e anche in base agli impegni assunti a livello politico (Voluntary Pledges). Il primo ciclo è iniziato nel 2008, ha esaminato 48 stati all’anno e terminerà ad ottobre 20112. Come funziona? Semplificando, l’istruttoria è basata su 3 documenti sintetici: 1) il rapporto del Governo; 2) il rapporto compilativo, elaborato dall'ufficio dell'Alto Commissario per i diritti umani, di sintesi di tutte le raccomandazioni ricevute da parte di organi delle Nazioni Unite che hanno riguardato il Paese negli ultimi 4 anni; 3) il rapporto riassuntivo, elaborato dall'ufficio dell'Alto Commissario per i diritti umani, di sintesi di tutte le informazioni pervenute da parte di ONG, agenzie ONU e organizzazioni internazionali riguardo alla situazione diritti umani nel Paese. Il “dibattimento” si svolge in due tempi. In una sessione del Gruppo di Lavoro per la UPR della durata di 3 ore a cui partecipano tutti i 47 stati membri del Consiglio Diritti Umani e tutti gli stati membri delle Nazioni Unite interessati. Le 3 ore sono suddivise in massimo 40 minuti a disposizione dello Stato Sotto Revisione (SUR) per la presentazione del proprio rapporto; 2 ore di dialogo costruttivo in cui gli stati del Consiglio e gli stati membri delle Nazioni Unite possono chiedere la parola per fare domande e raccomandazioni; 20 minuti di commenti conclusivi da parte del SUR. Al termine della sessione del Gruppo di Lavoro per la UPR viene adottato un rapporto con raccomandazioni specifiche per il Paese sotto revisione. Il Paese ha tempo fino alla sessione plenaria successiva del Consiglio (di norma 2-3 mesi dopo) per dichiarare quali raccomandazioni accetta e quali rifiuta, in questo caso motivando, e può farlo o per iscritto prima della plenaria oppure oralmente durante la plenaria stessa. Nel corso della sessione plenaria, il Consiglio dedica, sotto l’item 6 dell’agenda, un’ora di dibattito al Paese Sotto Revisione al termine della quale fa proprio il rapporto del Gruppo di Lavoro specificando l’accettazione o rigetto delle raccomandazioni da parte del SUR. L’ora di dibattito in plenaria è suddivisa in 20 minuti allo Stato sotto revisione, 20 agli altri Stati come Stati raccomandanti e 20 minuti alle Istituzioni nazionali indipendenti per i diritti umani e organizzazioni non governative con status consultivo ECOSOC. L’Italia è stata esaminata nel corso della Settima Sessione del Gruppo di Lavoro sulla Revisione Periodica Universale (8-19 febbraio 2010) e poi nella Quattordicesima Sessione Plenaria, item 6 dell’Agenda del Consiglio Diritti umani, il 9 giugno 2010. Il Governo italiano ha opportunamente deciso di rispondere per iscritto con l’Addendum del 31 maggio alle raccomandazioni ricevute nel Rapporto del Gruppo di Lavoro sulla Revisione Periodica Universale. Il Comitato per la Promozione e Protezione dei diritti umani è stato presente a Ginevra con una sua delegazione sia alla Sessione del Gruppo di Lavoro sia a quella plenaria e, in quest’ultima sede, ha presentato uno Statement orale3, uno dei dieci ammessi. Un valore aggiunto del processo di Revisione Periodica Universale è costituito dalla sinteticità di insieme dei documenti prodotti e dalla trasparenza e pubblicità della procedura. Tutti i documenti sono disponibili nelle lingue ufficiali delle Nazioni Unite nel sito dell’Ufficio dell’Alto Commissario per i diritti umani e tutte le sessioni sono videoregistrate e visibili le registrazioni su http://www.un.org/webcast/unhrc/index.asp Partecipazione delle organizzazioni non governative alla revisione periodica universale La UPR offre un’importante piattaforma di dialogo ed advocacy alle organizzazioni non governative e associazioni a tutti i livelli: locale, nazionale ed internazionale. 2 Si segnalano il sito dell’Ufficio dell’Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite www.ohchr.org e il sito web di un’organizzazione non governativa di Ginevra www.upr-info.org che ad aprile 2010 ha lanciato un database aggiornato dove è possibile fare ricerche incrociate sia per Stato Sotto Revisione (SUR) e Stato Raccomandante (Recommending State) sia per temi e sessioni di revisione. 3 Intervento alla Quattordicesima Sessione Plenaria del Comitato Diritti Umani delle Nazioni Unite del Portavoce del Comitato per la promozione e protezione dei diritti umani, Carola Carazzone, VIS – Volontariato Italiano per lo Sviluppo, Ginevra, 9 giugno 2010. 17 Tutte le ONG possono partecipare inviando informazioni alternative che verranno tenute in considerazione nella redazione del Rapporto riassuntivo da parte dell’Ufficio dell’Alto Commissario. Le ONG con status consultivo ECOSOC, inoltre, possono assistere sia alla sessione del Gruppo di Lavoro per la UPR sia alla sessione plenaria del Consiglio Diritti Umani e, in quest’ultima sede, prendere la parola in merito a quanto presentato dai propri governi nazionali con statement orali che rimangono agli atti e sono videoregistrati. Il Follow Up della UPR negli altri Paesi La maggior parte degli Stati sotto revisione durante il 2008 hanno prodotto un Rapporto di Follow Up a medio termine che certifica lo stato di avanzamento nella attuazione delle raccomandazioni del Consiglio Diritti Umani delle Nazioni Unite a due anni dalla UPR: Argentina, Bahrain, Bolivia, Cile, Colombia, Ecuador, Finlandia, Francia, Giappone, Mauritius, Paesi Bassi, Romania, Ucraina, Regno Unito. Il termine del biennio è stato infatti considerato, nella prassi dei governi nazionali, un tempo sufficiente ad approntare un bilancio dell’adeguamento alle raccomandazioni del Consiglio Diritti Umani. Il rapporto intermedio ha visto Paesi produrre dossier di ampio respiro in cui, accanto alla mera elencazione degli interventi legislativi avanzati in osservanza delle raccomandazioni ricevute ed accettate, si trova l’adozione di Piani di azione governativa per la promozione e protezione dei diritti umani. Come è accaduto per il Bahrain che ha prodotto un rapporto intermedio con il coinvolgimento tripartito del Governo, della Istituzione nazionale indipendente per i diritti umani e delle organizzazioni non governative. Altri esempi di eccellenza si trovano nei Mid-Term Report di Norvegia, Francia, Polonia, Gran Bretagna e Svizzera. In quest’ultimo caso, inoltre, il coinvolgimento della società civile è presentato come asse portante nell’elaborazione del monitoraggio. Gli esempi di Gran Bretagna e Francia, poi, mostrano come la presenza di un’istituzione nazionale indipendente per la promozione e protezione dei diritti umani in linea con i Principi di Parigi possa risultare fondamentale nella stesura del rapporto medesimo (è il caso dell’Equality and Human Rights Commission inglese) o nell’attività di advocacy e vigilanza dell’operato governativo (per la Commission nationale consultative des droits de l’homme in Francia). Dal punto di vista strutturale, infine, occorre segnalare che la valorizzazione dell’operato dei governi procede di pari passo al grado di completezza vantato dai rapporti. Molti Paesi dell’Unione Europea hanno prodotto documenti che riportano sia il testo integrale delle raccomandazioni ricevute sia il riferimento all’accettazione - anche parziale - o al respingimento delle stesse, salvo poi inserire un terzo intervento sull’aggiornamento in materia di diritti umani concluso nel biennio preso a riferimento. La forma e l’impostazione di questi schemi di Rapporti di Follow Up a medio termine costituisce un elemento ulteriore da tenere in considerazione per l’efficacia dei monitoraggi intermedi. Al termine di questo lungo percorso di 4 anni, desideriamo condividere i risultati del grande sforzo fatto da tutti noi, organizzazioni non governative e associazioni aderenti al Comitato per la promozione e protezione dei diritti umani, organizzazioni non governative e associazioni esterne al Comitato ma che hanno generosamente contribuito al lavoro, esperti indipendenti ed infine amici che nel lungo percorso ci hanno sostenuto ed hanno apprezzato il lavoro comunque portato avanti. A tutti un grande ringraziamento ed incoraggiamento a non lasciarsi sgomentare dall’impresa. In ogni caso ne vale la pena ed è importante soprattutto per quelli che verranno con l’intento di salvaguardare quella democrazia partecipativa in cui tutti noi crediamo e che si esprime al massimo nella promozione e protezione dei diritti umani di tutti, dovunque ci si trovi e in qualsiasi situazione contingente. Infine, questo lavoro vuole anche essere un augurio affinchè pure il nostro Paese possa portare avanti con orgoglio e soddisfazione una politica per i diritti umani ricca e generosa che guardi alla loro promozione e protezione per la costruzione di una realtà che sia veramente pluralistica, democratica e consapevole della importanza di far sviluppare e crescere le proprie risorse umane e materiali per un domani migliore e giusto per tutti. 18 NOTA METODOLOGICA Sulla base della esperienza precedente maturata nel 2007 dal Comitato con il Monitoraggio delle raccomandazioni ricevute dal Comitato ONU sui diritti economici, sociali e culturali e dal Comitato ONU sui diritti umani, il primo gruppo di lavoro - nel 2010 all’inizio dell’esercizio di monitoraggio - ha proceduto alla identificazione e allo studio dei materiali esistenti relativi ad esperienze di Follow Up da parte di Stati membri che erano stati già sottoposti alla procedura della Revisione Periodica Universale con l’intento di identificare buone pratiche ed esempi concreti utilizzati. La selezione dei Paesi esaminati ha seguito il criterio dell’area geografica e il criterio temporale, in attesa di ampliare la campionatura in una fase successiva del monitoraggio. Oltre alla identificazione dei paesi la ricerca è stata focalizzata alla identificazione dell’esistenza di esercizi di monitoraggio da parte di essi, della metodologia impiegata, degli attori che hanno partecipato all’esercizio e del periodo di tempo preso in considerazione. La prima fase di studio comparato è stata successivamente integrata da un attento lavoro di analisi delle 92 raccomandazioni fatte all’Italia sulla base della scala di Mac Mahon 4. In base a questo tipo di scala le raccomandazioni ricevute dal Consiglio Diritti Umani possono essere ordinate in modo decrescente dal massimo al minimo impegno richiesto al Paese Sotto Revisione: azione specifica (5), azione generica (4), considerare un’azione (3), continuare un’azione (2), azione minima (1). L’analisi in base alla scala di Mac Mahon è stata poi integrata da un successivo lavoro di elaborazione di una prima proposta di raggruppamento/clustering che potesse fungere da griglia dentro la quale poter iniziare l’effettivo monitoraggio rispetto all’adempimento da parte dell’Italia e alla definizione della situazione in atto rispetto alle varie raccomandazioni formulate. Costruito il quadro metodologico entro il quale far poi confluire il materiale di analisi in una tavola sinottica delle raccomandazioni ricevute dal Consiglio Diritti Umani e risposte del Governo italiano, le 92 raccomandazioni sono state analizzate dagli esperti delle singole organizzazioni non governative e associazioni del Comitato secondo una logica di expertise/competenza specifica dell’ente di appartenenza in modo da effettuare un approfondimento tecnico della materia in questione. Questo impianto ideato e disegnato a monte di tutto il lavoro, ha continuato a seguire tutta l’elaborazione dei dati portata avanti nel corso di questi quattro anni ed è alla base dell’approccio applicato, nella speranza di aver tracciato un percorso utilizzabile anche da altri per una ricchezza di dati sempre più ampia e condivisibile in un discorso di costruzione democratica del nostro Paese. 4 Si veda UPR-INFO.ORG PROMOTING AND STRENGTHENING THE UNIVERSAL PERIODIC REVIEW www.upr-info.org e in particolare UPR-INFO.ORG “Analytical assessment of the UPR 2008-2010” e Edward McMahon, “Herding Cats and Sheep: Assessing State and regional behavior in the Universal Periodic Review Mechanism of the United Nations Human Rights Council”, July 2010 19 GLOSSARIO CAT Convenzione ONU contro la tortura e altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti CCPR Comitato ONU per i diritti umani, istituito dal Patto Internazionale sui diritti civili e politici CEDAW Convenzione ONU per l’eliminazione della discriminazione conto le donne CEDU Convenzione Europea per i diritti umani CERD Convenzione ONU per l’eliminazione della discriminazione razziale CESCR Comitato ONU per i diritti economici, sociali e culturali CIDU Comitato Interministeriale per i diritti umani CMW Convenzione ONU sui diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie CRC Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza ECOSOC Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite ICCPR Patto Internazionale sui diritti civili e politici ICESCR Patto Internazionale sui diritti economici, sociali e culturali ILO Organizzazione Internazionale del Lavoro OHCHR Ufficio dell’Alto Commissario per i diritti umani UPR Universal Periodic Review 20 GRUPPO DI LAVORO III RAPPORTO DI MONITORAGGIO Il presente rapporto di monitoraggio è stato realizzato con il contributo di: Luisa Bosisio Fazzi (FISH), Simonetta Capobianco (FISH), Silvana Cappuccio (CGIL), Carola Carazzone, Chiara Curto (UNICEF Italia), Alberta del Bianco (Ossigeno per l’Informazione), Luisa del Turco, Tana De Zulueta (Articolo 21), Celina Frondizi (ASGI), Dina Galano (Antigone), Ilenia Granitto (Law Legal Aid WorldWide), Maurizio Gressi, Ginevra Grieco(Law Legal Aid WorldWide), Giampiero Griffo (Disabled Peoples’ International Italia, FISH) Laura Guercio (Law Legal Aid WorldWide), Yuri Guaiana (Associazione Radicale Certi Diritti), Alessandra Mancuso (Gi.U.Li.A, Giornaliste), Emanuela Marri (PRO.DO.C.S.), Francesca Pasquini, Maria Egizia Petroccione (CINI), Carol Pizzuti (VIS - Volontariato Internazionale per lo Sviluppo), Vittoria Pugliese (Save the Children Italia e Gruppo di Lavoro per la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza CRC), Francesco Quarta (Libera), Rossella Ricchiuti (Ossigeno per l’Informazione), Debora Sanguinato, Antonia Sani (WILPF Italia), Arianna Saulini (Save the Children Italia e Gruppo di Lavoro per la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza CRC), Piero Soldini (CGIL), Alberto Spampinato (Ossigeno per l’Informazione), Patrizia Sterpetti, (WILPF Italia), Loredana Taddei (CGIL), Alessandra Tarquini (VIS-Volontariato Internazionale per lo Sviluppo), Barbara Terenzi (Fondazione Basso – Sezione Internazionale), Maria Gigliola Toniollo (CGIL), Jean Tonglet (ATD Quarto Mondo), Monica Usai (Libera), Giovanna Zunino (CGIL) Coordinamento ricerca e rapporto: Barbara Terenzi (Fondazione Basso – Sezione Internazionale), Gruppo di redazione: Celina Frondizi (ASGI), Barbara Terenzi (Fondazione Basso – Sezione Internazionale), Riproduzione del rapporto: CGIL, Roma, che si ringrazia per il suo contributo alla riproduzione del presente rapporto Comunicazione: Alessandra Tarquini VISITATE IL SITO del Comitato Promozione e Protezione dei Diritti Umani: http://www.comitatodirittiumani.net 21 GRUPPO DI LAVORO II RAPPORTO DI MONITORAGGIO Il II Rapporto di monitoraggio è stato realizzato con il contributo di: Alberto Barbieri (MEDU), Filippo Caliento (LIBERA), Silvana Cappuccio (CGIL), Carola Carazzone (VIS- Volontariato Internazionale per lo Sviluppo), Tana De Zulueta (Articolo 21), Celina Frondizi (ASGI), Dina Galano (Antigone), Oria Gargano (BE FREE), Patrizio Gonnella (Antigone), Ilenia Granitto (Law Legal Aid WorldWide), Irene Biglino (Il Laboratorio Diritti Fondamentali) Laura Guercio (LAW), Anthony Olmo (Il Laboratorio Diritti Fondamentali) Maria Egizia Petroccione (CINI), Vittoria Pugliese (Save The Children Italia e Gruppo di Lavoro per la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza), Gianni Restivo (ATD Quarto Mondo), Debora Sanguinato (VIS-Volontariato Internazionale per lo Sviluppo), Antonia Sani (WILPF Italia), Patrizia Sterpetti, (WILPF Italia), Alessandra Tarquini (VIS-Volontariato Internazionale per lo Sviluppo), Barbara Terenzi (Fondazione Lelio Basso – Sezione Internazionale), Maria Paola Tini (Fondazione Lelio Basso – Sezione Internazionale) Si ringrazia la CGIL per il suo contributo alla riproduzione del rapporto Coordinamento: Carola Carazzone (VIS- Volontariato Internazionale per lo Sviluppo) Debora Sanguinato (VIS-Volontariato Internazionale per lo Sviluppo) Barbara Terenzi (Fondazione Basso – Sezione Internazionale) Organizzazione ricerca: Debora Sanguinato (VIS-Volontariato Internazionale per lo Sviluppo) Barbara Terenzi (Fondazione Basso – Sezione Internazionale) Gruppo di redazione: Carola Carazzone (VIS-Volontariato Internazionale per lo Sviluppo), Debora Sanguinato (VIS-Volontariato Internazionale per lo Sviluppo), Barbara Terenzi (Fondazione Basso – Sezione Internazionale), Maria Paola Tini (Fondazione Basso – Sezione Internazionale) Riproduzione del rapporto: CGIL, Roma Comunicazione: ALESSANDRA TARQUINI [email protected] VISITATE IL SITO del Comitato Promozione e Protezione dei Diritti Umani: http://www.comitatodirittiumani.net 22 GRUPPO DI LAVORO I RAPPORTO DI MONITORAGGIO Il I rapporto di monitoraggio è stato realizzato con il contributo di: Laura Baldassarre (UNICEF Italia), Sergio Bassoli (CGIL), Filippo Caliento (LIBERA), Carola Carazzone (VIS- Volontariato Internazionale per lo Sviluppo), Chiara Curto (UNICEF Italia), Kurosh Danesh (CGIL), Tana De Zulueta (Articolo 21), Celina Frondizi (ASGI), Dina Galano (Antigone), Federica Giannotta (Terre des hommes – Italia), Patrizio Gonnella (Antigone), Ilenia Granitto (Law Legal Aid WorldWide), Paola Gumina (La Gabbianella), Laura Hein (Unione Forense per la Tutela dei Diritti Umani), Angela Maria Loreto (Ius Primi Viri), Gabriella Patriziano (VIS- Volontariato Internazionale per lo Sviluppo), Antonia Sani (WILPF Italia), Arianna Saulini (Save The Children Italia e Gruppo di Lavoro per la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza), Debora Sanguinato (VIS-Volontariato Internazionale per lo Sviluppo), Alessandra Tarquini (VIS-Volontariato Internazionale per lo Sviluppo), Barbara Terenzi (Fondazione Lelio Basso – Sezione Internazionale), Maria Paola Tini (Fondazione Lelio Basso – Sezione Internazionale) Luca Trentini (Arcigay) Si ringrazia Maria Egizia Petroccione, del CINI, Comitato Italiano Network Internazionali, per il suo contributo nel monitoraggio delle raccomandazioni n°90 e 91. Si ringrazia la CGIL per il suo contributo alla riproduzione del rapporto. Coordinatrice del rapporto: Carola Carazzone (VIS- Volontariato Internazionale per lo Sviluppo) Organizzazione ricerca: Barbara Terenzi (Fondazione Basso – Sezione Internazionale) Gruppo di redazione: Carola Carazzone (VIS-Volontariato Internazionale per lo Sviluppo), Luisa Meneghetti (Università di Padova), Gabriella Patriziano (VIS- Volontariato Internazionale per lo Sviluppo), Debora Sanguinato (VIS-Volontariato Internazionale per lo Sviluppo), Barbara Terenzi (Fondazione Basso – Sezione Internazionale), Maria Paola Tini (Fondazione Basso – Sezione Internazionale) Riproduzione del rapporto: CGIL, Roma Comunicazione: ALESSANDRA TARQUINI [email protected] VISITATE IL SITO del Comitato Promozione e Protezione dei Diritti Umani: http://www.comitatodirittiumani.net 23 24 TERZO MONITORAGGIO DELLE RACCOMANDAZIONI DEL CONSIGLIO DIRITTI UMANI NELL’AMBITO DELLA REVISIONE PERIODICA UNIVERSALE (UPR) 1. Diritti Civili e Politici e strumenti internazionali, Racc. 1-10 In merito alle Raccomandazioni 1 e 3, l’Italia ha firmato il “Patto internazionale sui diritti civili e politici” (International Covenant on Civil and Political Rights) il 18 Gennaio 1967 e lo ha ratificato il 15 Settembre 1978. Nel 2005 sono state ritirate le riserve relative ai seguenti articoli: art. 9, par. 5;; art. 12, par. 4;; art. 14, par. 5. Permangono invece quelle relative all’art. 14, par. 3;; all’art. 15, par. 1 e all’ art. 19, par. 3. 5 Nonostante le richieste avanzate nella Raccomandazione 2, l’Italia non ha ancora firmato né ratificato la “Convenzione internazionale di tutela dei diritti di tutti i migranti lavoratori e delle loro famiglie” (International Convention on the Protection of the Rights of All Migrant Workers and Members of Their Families). Se nel prossimo futuro le politiche migratorie dell’UE e dell’Italia non subiranno mutamenti significativi, l’attuazione di tale Raccomandazione si farà sempre più irrealizzabile: a livello europeo, infatti, ancora non si è giunti a un accordo relativamente alla firma e alla ratifica della Convenzione, e a livello nazionale permane ancora una distinzione tra lavoratori migranti regolari e irregolari, distinzione non presente invece all’interno della Convenzione, che rende praticamente impossibile sia la firma sia la ratifica della stessa. In merito alla Raccomandazione 4 e al primo punto della Raccomandazione 6, il Governo italiano ha ratificato il “Protocollo opzionale alla Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti ” (Optional Protocol to the Convention against Torture and other Cruel, Inhuman or Degrading Treatment or Punishment) il 3 Aprile 20136. Benché all’interno del Protocollo sia specificato che lo Stato Membro debba costituire “al massimo entro un anno dall'entrata in vigore del presente Protocollo o dal momento della sua ratifica o adesione, uno o più meccanismi nazionali indipendenti di prevenzione della tortura a livello interno” (Art. 17), l’Italia non ha ancora provveduto a crearne uno. Ciò significa che in Italia non esiste, ora, un organismo indipendente che possa visitare e ispezionare i luoghi di detenzione, inclusi i centri per migranti e richiedenti asilo e quelli in cui vivono minoranze nazionali e persone con disabilità, per verificare che non vi si pratichi tortura o trattamenti crudeli, inumani o degradanti. È inoltre necessario aggiungere che, nonostante l’Italia abbia firmato la “Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti” il 4 febbraio 1985 e l’abbia ratificata il 12 gennaio 1989, il nostro Governo non ha ancora introdotto il reato di tortura, così come definito dall’articolo 1 della Convenzione, nel Codice Penale italiano – contravvenendo così alle richieste avanzate nella Raccomandazione 8. Nelle Risposte del Governo italiano alle Raccomandazioni tale assenza è stata giustificata con queste parole: “Sia il quadro costituzionale che giuridico puniscono già gli atti di violenza fisica e morale sulle persone sottoposte a restrizioni della libertà personale”. Tale affermazione risulta, a oggi, inqualificabile: il legislatore italiano non solo sembra dimostrare indifferenza rispetto ai richiami della più recente giurisprudenza, ma sembra anche cieco riguardo ai fatti di cronaca italiani degli ultimi anni. Tutto ciò non causa altro che un sostanziale ristagno in materia di prevenzione e condanna di ogni forma di tortura e trattamento inumano e degradante nel nostro Paese. Relativamente alla Raccomandazione 5 e al secondo punto della Raccomandazione 6, l’Italia non ha ancora ratificato la “Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone 5 6 “VII Relazione al Parlamento sull’attività svolta dal Comitato Interministeriale dei Diritti Umani nonché sulla tutela e rispetto dei Diritti Umani in Italia per l’anno 2005”, Ministero degli Affari Esteri - Comitato Interministeriale dei Diritti Umani, Roma, 2006 https://treaties.un.org/Pages/ViewDetails.aspx?src=TREATY&mtdsg_no=IV-9-b&chapter=4&lang=en 25 dalla sparizione forzata” (International Convention for the Protection of All Persons from Enforced Disappearance). Nonostante la Convenzione sia stata firmata dal governo italiano il 3 luglio 20077, la proposta di legge "Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite per la protezione di tutte le persone dalla sparizione forzata, adottata a New York il 20 dicembre 2006" (Atto Camera 1374) è stata presentata solo il 18 Luglio 2013 ed è, oggi, ancora in fase di assegnazione8. Considerando, inoltre, che ogni sparizione forzata viola una serie di diritti umani9, tra cui il diritto a non essere sottoposto a tortura o ad altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti ed il diritto a condizioni umane di detenzione, la mancata ratifica della Convenzione in questione si connette anche all’inosservanza delle Raccomandazioni 4 e 8. L’Italia ha approvato con la Legge n. 108/10 del 2 luglio 2010 la “Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno”. Tale provvedimento è entrato in vigore il 30 luglio 2010 ed è apparso sulla Gazzetta Ufficiale n.163 del 15 luglio 2010.10 Relativamente agli emendamenti alla legge sull’immigrazione, citati dalla Raccomandazione 9, e ai provvedimenti contenuti del Pacchetto Sicurezza, citati nella Raccomandazione 10, l’Italia ha recentemente fatto un passo in avanti approvando in via definitiva il 2 aprile 2014 un Disegno di Legge11 che permette di adottare pene alternative al carcere e che, di fatto, abroga, depenalizzandolo12 , il reato di clandestinità. Nonostante questo l’Italia deve lavorare ancora molto per adempiere gli obblighi esistenti relativi alle politiche migratorie, in particolare in base al “Patto internazionale sui diritti civili e politici” e al Diritto Internazionale. 2. Legislazione Nazionale, Racc. 67-82 In materia di immigrazione ed asilo sono purtroppo scarse le norme positive introdotte nel sistema normativo italiano dall’ultimo monitoraggio. Si sono, in buona sostanza susseguiti una serie di decreti legislativi attuativi di direttive UE. Il governo e il Parlamento, nella trasposizione delle norme europee, non hanno in tenuto conto di alcune precise indicazioni fatte da associazioni ed esperti in materia. L’invarianza del quadro legislativo, il perdurare e l’aggravarsi della crisi economica ed occupazionale hanno accentuato le discriminazioni sia in campo lavorativo (disoccupazione degli immigrati al 14% su una media del 12%) sia in campo sociale con la regressione degli indici di integrazione (Rapporto CNEL 2013). In relazione alla acquisizione della cittadinanza italiana per nascita (ius soli) la legge n. 91 del 1992 non è stata ancora modificata nonostante la presentazione di diverse proposte di legge e, inoltre, si continua a riscontrare un allungamento dei tempi nelle pratiche per l’acquisizione della cittadinanza per naturalizzazione. Il “reato di clandestinità” è finalmente abolito dall’ordinamento. E’ stata approvata definitivamente dalla Camera la legge che delega il Governo a trasformare in illecito amministrativo il reato di soggiorno illegale introdotto dalla legge n. 94/1999. Tuttavia, la durata del trattenimento nei CIE (Centri di espulsione e identificazione) non è stata modificata e sono di pubblico dominio le condizioni ed i trattamenti disumani e degradanti che subiscono le persone trattenute con costi economici insostenibili per l’economia nazionale. Sono ormai tantissime le denunce fatte in seguito a “visite” ai Centri da parte di associazioni, 7 https://treaties.un.org/Pages/ViewDetails.aspx?src=TREATY&mtdsg_no=IV-16&chapter=4&lang=en http://www.camera.it/leg17/126?tab=1&leg=17&idDocumento=1374&sede=&tipo 9 http://www.amnesty.org/en/enforced-disappearances 10 http://www.senato.it/leg/16/BGT/Schede/Ddliter/35028.htm 11 “Nella seduta del 2 aprile 2014, la Camera ha approvato in via definitiva un testo unificato, già esaminato in prima lettura e poi modificato dal Senato, che si propone quattro obiettivi: 1) delegare al Governo la disciplina di pene detentive non carcerarie, ovvero da eseguire presso il domicilio; 2) delegare il Governo a realizzare una depenalizzazione; 3) introdurre la messa alla prova nel processo penale; 4) disciplinare in modo innovativo il processo a carico di imputati irreperibili.” http://www.camera.it/leg17/465?tema=886&Messa+alla+prova 12 http://www.internazionale.it/news/italia/2014/04/02/soppresso-il-reato-di-clandestinita/ 8 26 Ong, giornalisti e parlamentari, avvocati e medici. L’appello per la chiusura e l’abolizione di questi dall’ordinamento si fa sempre più forte. Le persone trattenute, per il solo fatto di commettere un illecito amministrativo, sono private della loro libertà e, spesso, persino del diritto di usufruire di cure mediche essenziali. In materia di riconoscimento dello status di rifugiato la legislazione è rimasta in sostanza invariata. Manca ancora una legislazione organica. Le Commissioni Territoriali per il riconoscimento della Protezione Internazionale continuano spesso ad emettere dinieghi alle domande di riconoscimento, costringendo i richiedenti a fare ricorso giurisdizionale per vedersi riconosciuto il loro status. Una gravissima criticità da evidenziare riguarda il diritto al patrocinio a spese dello Stato dei richiedenti che, da alcuni Consigli dell’ordine degli avvocati (ad esempio quello di Roma), è negato. Prassi assolutamente illegittima e discriminatoria e, anche se non diffusa a livello nazionale, molto grave poiché la competenza del tribunale di Roma è molto estesa. A giustificazione del rigetto delle istanze, il Consiglio dell’ordine di Roma sostiene che mancherebbe la certificazione consolare sui redditi e beni posseduti nel paese d’origine (art. 79.2 DPR 115/02): ma, com’è noto, i richiedenti asilo non possono avere alcun contatto con le autorità consolari del proprio paese d’origine, così come del resto garantito dalla normativa internazionale, europea e nazionale. Del resto, era proprio lo stesso Consiglio dell’Ordine che, coerentemente con la normativa interna ed internazionale, accettava, in sostituzione della certificazione consolare, un‘autodichiarazione. Questo fino al marzo del 2012. Da ormai più di due anni, invece, senza un’apparente spiegazione tale prassi è radicalmente mutata, e tuttora perdura, ledendo in modo grave “il diritto alla difesa”. Questo anche se l’art. 16 del d.lgs 25/08 ribadisce la possibilità di sostituire la certificazione consolare con un’auto-dichiarazione (“Nel caso di impugnazione delle decisioni in sede giurisdizionale, il cittadino straniero è assistito da un avvocato ed è ammesso al gratuito patrocinio ove ricorrano le condizioni previste dal decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115. In ogni caso per l’attestazione dei redditi prodotti all’estero, si applica l’articolo 94 [sull'impossibilità di rivolgersi alle autorità consolari del proprio paese d'origine. n.d.r.] del medesimo decreto”). Nonostante l’Italia sia interessata da un crescente numero di arrivi di profughi, nel sistema generale di accoglienza, si insiste nella prassi dell’emergenza, agendo così al di sotto degli standard minimi europei. Le persone arrivano e sono collocate in strutture improvvisate e totalmente inadeguate, sovraffollate e precarie o in alberghi, dove sono lasciate prive di qualsiasi assistenza ed in balia dei privati. Addirittura, sono trasportati da una città all’altra e lasciati senza la minima assistenza, creando in alcune città allarme sanitario tanto che alcuni sindaci hanno lanciato degli appelli. L’ultimo è quello del sindaco di Roma Ignazio Marino, che in una lettera ai ministri dell’Interno e della Salute esprime la sua preoccupazione per le condizioni ”igienico-sanitarie” e per la mancanza di controlli e assistenza agli immigrati che stanno giungendo in Italia e nella Capitale in queste ore. Egli suggerisce l’istituzione di “presidi territoriali per eseguire screening di tipo medico, che possano da un lato rassicurare gli immigrati circa le loro condizioni di salute e, dall’altro, tranquillizzare la comunità che li riceve”. Una programmazione strutturale dell’accoglienza è non solo possibile ma doveroso. Recentemente la Corte di Giustizia europea ha chiarito che è obbligo degli Stati membri garantire l’accoglienza dei richiedenti asilo, sin dal momento della presentazione della domanda di protezione internazionale, anche fornendo loro sussidi economici, a condizione che questi ultimi rispettino le norme minime del diritto dell’Unione in materia di condizioni materiali di accoglienza. La società civile chiede ormai da qualche tempo la definizione di un piano d’accoglienza strutturato e coordinato a livello nazionale, cercando di rinforzare il sistema Sprar (Servizio Protezione Richiedenti Asilo), che, nonostante tutte le criticità riscontrate, è per il momento, l’unica alternativa per una accoglienza su tutto il territorio nazionale. Si concentra in piccoli centri, così consentendo la realizzazione di un percorso di inserimento socioeconomico a basso impatto per i territori e per gli stessi richiedenti protezione internazionale. 27 Queste le novità introdotte dai decreti legislativi attuativi di direttive UE: Il decreto legislativo 21 febbraio 2014, n. 18 (G.U. n. 55 del 7 marzo 2014) di attuazione della direttiva 2011/95/UE recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta. Molte disposizioni del d. lgs. n. 251/2007 e l’art. 29 del T.U. sull’immigrazione vengono modificate. Migliorano le norme per il riconoscimento delle qualifiche di status di rifugiato e di protezione sussidiaria e si uniforma il trattamento dei beneficiari di entrambe le qualifiche portando a 5 anni la durata del permesso di soggiorno per protezione sussidiaria. Si rinviano ad un futuro piano nazionale le misure di integrazione sociale dei beneficiari della protezione internazionale. Tale piano verrà realizzato da un apposito Tavolo di concertazione a cui parteciperanno le amministrazioni statali, regionali e locali e gli enti del privato sociale e avrà comunque come limite quello delle risorse economiche già disponibili a bilancio dello Stato. Sebbene non vengano eliminate tutte, diminuiscono alcune parti della normativa nazionale in contrasto con le norme UE. Il decreto legislativo 13 febbraio 2014, n. 12 di attuazione della direttiva 2011/51/UE, che modifica la direttiva 2003/109/CE del Consiglio per estenderne l’ambito di applicazione ai beneficiari di protezione internazionale. Modifica l’art. 9 del T.U. sull’immigrazione consentendo così il rilascio del PDS CE per soggiornanti di lungo periodo anche ai titolari di protezione internazionale (status di rifugiato o status di protezione sussidiaria) che deve essere indicato sul PDS CE per soggiornanti di lungo periodo e che può essere rilasciato a condizioni facilitate. Il decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 24 di attuazione della direttiva 2011/36/UE, relativa alla prevenzione e alla repressione della tratta di esseri umani e alla protezione delle vittime, che sostituisce la decisione quadro 2002/629/GAI (G.U. Serie Generale n. 60 del 13 marzo 2014) Vengono modificati diversi articoli del codice penale e le norme penali e amministrative in materia di tratta. Se pure parzialmente, viene modificato anche l’art. 18 del T.U. sull’immigrazione e il d.lgs. n. 25/2008 sulle procedure di esame delle domande di asilo. E’ prevista all’art. 4, una procedura per l’identificazione dei minori non accompagnati vittime di tratta, contenente principi generali nel superiore interesse del minore. Una procedura multidisciplinare di accertamento dell’età verrà disciplinata con decreto ministeriale da emanarsi. Il decreto legislativo n. 40/2014 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale (Serie Generale n.68 del 22 marzo 2014) di attuazione della direttiva 2011/98/UE relativa a una procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico che consente ai cittadini di Paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro e a un insieme comune di diritti per i lavoratori di Paesi terzi che soggiornano regolarmente in uno Stato membro. Nel complesso, tuttavia, il recepimento della direttiva 2011/98 appare largamente insoddisfacente, soprattutto con riferimento alle norme riguardanti il principio di parità di trattamento. La mancanza di una legge che preveda una specifica copertura finanziaria delle nuove spese impedisce ogni modifica delle norme restrittive vigenti relative a trattamenti economici previdenziali ed assistenziali in favore dei cittadini stranieri. In relazione alla fruizione da parte dei cittadini immigrati dei benefici sociali previsti dalla normativa italiana in materia di sostegno al reddito familiare e alla funzione genitoriale o di cura dei familiari si evidenziano le seguenti novità: Il 4 settembre 2013 sono entrare in vigore la legge 6 agosto 2013, n. 96 (“Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea - Legge di delegazione europea 2013”) e la legge 6 agosto 2013, n. 97 (”Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea - Legge europea 2013”) pubblicate sulla G.U. n.194 del 20 agosto 2013. 28 Esse costituiscono i nuovi strumenti di adeguamento all’ordinamento dell’Unione Europea previsti dalla legge 24 dicembre 2012, n. 234, che ha introdotto una riforma organica delle norme che regolano la partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione Europea. La legge comunitaria annuale prevista dalla legge n.11 del 2005 è infatti sostituita da due distinti provvedimenti: la Legge di delegazione europea, il cui contenuto è limitato alle disposizioni di delega necessarie per il recepimento delle direttive e degli altri atti dell’Unione Europea, e la Legge europea, che contiene norme di diretta attuazione volte a garantire l’adeguamento dell’ordinamento nazionale all’ordinamento europeo, con particolare riguardo ai casi di non corretto recepimento della normativa europea. Con l’art. 13 della legge n. 97/2013 è stato introdotto nella legislazione italiana il diritto dei cittadini di paesi terzi titolari di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo all’assegno INPS per nuclei familiari numerosi. La norma contenuta nella legge n. 97/2013 non si deve intendere come costitutiva del diritto del cittadino di Stato terzo titolare di permesso di soggiorno di lungo periodo poiché tale diritto esisteva prima della sua entrata in vigore in virtù della norma sulla parità di trattamento contenuta nella direttiva UE n. 109/2003, che, come confermato da diversi Tribunali nazionali, era di immediata e diretta applicazione nel nostro ordinamento. A disposizione delle famiglie con basso reddito è prevista una nuova social card chiamata “Carta acquisti sperimentale”. Con Decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 10 gennaio 2013, sono state definitive le modalità attuative del nuovo beneficio sociale con riferimento ai criteri di identificazione dei beneficiari da parte dei Comuni;; l’ammontare delle disponibilità sulle carte acquisti; le modalità di implementazione del beneficio e dei flussi informativi riguardo ai rapporti tra Comuni, INPS quale ‘soggetto attuatore’ e Poste italiane quale “gestore del servizio”. I cittadini di paesi terzi titolari di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, i rifugiati e i titolari della protezione sussidiaria possono accedere alla prestazione. Rimangono esclusi i cittadini di paesi terzi titolari di permesso di soggiorno ordinario. La “legge europea 2013” contiene anche disposizioni sull’accesso del cittadino straniero al lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione, sancendo anche nella normativa relativa al pubblico impiego il diritto dei famigliari di cittadini UE, dei cittadini di paesi terzi titolari di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, rifugiati e titolari di protezione sussidiaria all’accesso alla funzione pubblica, con gli stessi limiti e condizioni previste per i cittadini dell’Unione europea. La normativa interna sul pubblico impiego e l’accesso ai concorsi e alle selezioni pubbliche si adegua così agli obblighi derivanti dal diritto dell’Unione europea, evitando dunque il procedimento di infrazione del diritto UE che altrimenti la Commissione europea avrebbe potuto promuovere ai sensi del Trattato UE. L’adeguamento si rileva tuttavia ancora parziale e insufficiente in quanto la normativa di settore non è stata riformata anche con riferimento ad altre due categorie di cittadini di Paesi terzi non membri UE, cui pure l’accesso al pubblico impiego dovrebbe essere consentito per effetto della legislazione europea, ovvero i titolari di Carta Blu UE di cui alla direttiva 2009/50, attuata in Italia con il d.lgs. n. 108/2012 (art. 12 c. 3 direttiva 2009/50) e i titolari di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo rilasciato da altro Stato membro che hanno acquisito il diritto di soggiorno in Italia per motivi di lavoro (art. 21 direttiva 109/2003). 3. Istituzione Nazionale per i Diritti Umani, Racc. 11-15 L'Italia è uno dei pochi Stati (www.nhri.net) senza una istituzione nazionale indipendente per i diritti umani, in linea con i Principi di Parigi, la Risoluzione 48/134 Assemblea Generale ONU 20 dicembre 1993 e la Risoluzione del Consiglio d'Europa (97) 30 settembre 1997. La Revisione Periodica Universale del Consiglio Diritti Umani dell’ONU con il A/HRC/14/4/Add.1 maggio 2010 raccomandazioni 11-15, insieme a tutte le raccomandazioni specifiche dei Treaty Bodies delle Nazioni Unite che hanno esaminato il contesto italiano nell'ultimo decennio (CRC/C/15/Add198 del 18 marzo 2003; CESCR / ITA / 04 del 26 novembre 2004; CCPR/C/ITA/CO/05 del 2 novembre 2005; CEDAW, 2005 A/60/38 (SUPP); CAT/C/ITA/CO/4 del 18 maggio 2007, 29 CERD/C/ITA/CO/15 del 16 maggio 2008, CERD/C/ITA/CO/16-18 del 9 marzo 2012), hanno messo in evidenza questa lacuna italiana. In aggiunta la mancanza di tale commissione è aggravata anche dal mancato impegno derivante dalla ratifica italiana della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità (2006) con legge 18/2009, che prevede che gli stati parte, come l’Italia, ”conformemente ai propri sistemi giuridici e amministrativi, mantengono, rafforzano, designano o istituiscono al proprio interno una struttura, includendo uno o più meccanismi indipendenti, ove opportuno, per promuovere, proteggere e monitorare l’attuazione della presente Convenzione. Nel designare o stabilire tale meccanismo, gli Stati Parti devono tenere in considerazione i principi relativi allo status e al funzionamento delle istituzioni nazionali per la protezione e la promozione dei diritti umani”. Il ritardo italiano non ha giustificazione. Il Governo italiano, l'8 maggio 2007, nel presentare la sua prima candidatura al nuovo Consiglio ONU per i diritti umani (eletta per il periodo 20072010) si è formalmente impegnato di fronte all'Assemblea Generale dell’ONU "... a creare la Commissione nazionale indipendente per la promozione e protezione dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali…". Pur avendo disatteso questo impegno ufficiale, nuovamente nel 2011, nel ripresentare per la seconda volta la propria candidatura al Consiglio Diritti Umani ha ancora promesso formalmente con impegno volontario di creare "la Commissione nazionale indipendente per la promozione e la protezione dei diritti umani in conformità con i Principi di Parigi...” da realizzare durante il suo secondo mandato 2011-2014 (eletta il 20 maggio, con decorrenza formale dal 19 giugno 2011). A maggio 2013 un nuovo progetto di legge TU n. 1004: "Istituzione della Commissione nazionale per la promozione dei diritti umani e protezione”, su iniziativa parlamentare senza alcun coinvolgimento della società civile, a firma di 84 parlamentari, è stato presentato alla Camera dei Deputati, assegnato alla 1° Commissione permanente (Affari Costituzionali) in sede referente il 29 luglio 2013, il cui esame non è ancora iniziato. A giugno dello stesso anno il disegno di legge n. 865: “Istituzione della Commissione nazionale per la promozione e tutela dei diritti umani” su iniziativa parlamentare senza alcun coinvolgimento della società civile a firma di 13 senatori, è stato presentato al Senato della Repubblica. A giugno 2014 è stata infine annunciata la proposta di legge “Istituzione della Commissione nazionale indipendente per la promozione e protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali” d’iniziativa di 7 deputati 5 Stelle. Per quanto concerne l'iter per la discussione parlamentare si può notare che, a prescindere dalla consapevolezza di alcuni parlamentari, in questi anni, dal 2004 al 2013 non si è avuta alcuna procedura consultiva, inclusiva, trasparente e partecipativa della società civile. Quando i Principi di Parigi espressamente raccomandano che la creazione di una istituzione nazionale indipendente per i diritti umani sia realizzata attraverso un processo trasparente, partecipativo e inclusivo di tutte le forze sociali della società civile considerata nella sua accezione più generale (art. 1 della Sezione Composizione e garanzie di indipendenza e pluralismo) con la sua partecipazione attiva almeno in tre fasi vitali della istituzione: creazione, composizione/nomina dei membri della Commissione e meccanismi e metodi di cooperazione tra l'istituzione nazionale per i diritti umani e la società civile. Partecipazione e coinvolgimento attivo evidenziati anche dalle raccomandazioni formalmente espresse dall'Ufficio dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, Ufficio Istituzioni Nazionali. 4. Educazione ai Diritti Umani, Racc. 30,31,3213 Mentre l’Europa continua ad adeguare i propri programmi scolastici integrando le materie di studio tradizionali a quelle cosiddette di nuova generazione, a tutt’oggi l’Italia risulta inottemperante rispetto alle raccomandazioni pervenute a livello internazionale – sia dalle 13 La presente Sezione 4 è estratta dal 6° Rapporto di aggiornamento dell’applicazione della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, www.gruppocrc.net. 30 Nazioni Unite14 87 che dal Consiglio d’Europa15 – che sollecitano l’inserimento dell’educazione ai diritti umani nei curricula scolastici. Anche apprezzando gli sforzi degli ultimi venti anni, finora scarse risorse sono state investite nella promozione e nell’educazione ai diritti umani. Infatti, ancora oggi la promozione e protezione dei diritti umani non è materia obbligatoria di studio per la formazione degli insegnanti, né è inserita trasversalmente nei nuovi piani di offerta formativa della scuola dell’obbligo e della scuola superiore, né è studiata, se non come disciplina opzionale, a livello universitario, nella Facoltà di Giurisprudenza. La Dichiarazione sull’Educazione e Formazione ai Diritti Umani, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 19 dicembre 2011, dopo un decennio di gestazione e tante resistenze, non specifica soltanto i contenuti in materia di diritti umani, ma anche la metodologia di apprendimento. Il rispetto di tutte le libertà fondamentali e dei diritti civili, culturali, economici, politici e sociali sia degli educatori che di coloro che apprendono è il fondamento di una corretta metodologia di apprendimento (così come esplicitato nell’art. 29 della Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza). L’educazione ai e per i diritti umani è una materia interdisciplinare che dovrebbe essere rielaborata e trasmessa, in un approccio multidisciplinare e trasversale (mainstreaming), all’interno di tutte le materie, anche attraverso l’educazione non formale e informale. L’educazione ai e per i diritti umani non prevede solo la trasmissione di informazioni riguardo al contenuto dei trattati sui diritti umani; i bambini e i ragazzi dovrebbero apprendere il significato di tali diritti vedendoli attuati nella pratica, sia a casa che a scuola o all’interno della comunità. È un processo completo e permanente, e i valori espressi da tali diritti devono avere riscontri concreti nelle esperienze quotidiane di bambini e adolescenti. La compiuta realizzazione dei principi della Dichiarazione (con particolare riferimento agli artt. 7, 8 e 10), dovrebbe coordinare l’educazione ai diritti umani con la conoscenza degli istituti e delle regole sottese al funzionamento della giustizia minorile, allo scopo di evitare la perdurante disinformazione della maggioranza dei docenti circa il ruolo, i principi e le finalità del Tribunale per i Minorenni, nonché la inesistenza di contatti regolari tra la giustizia minorile e gli insegnanti del minore deviante o a rischio16. Il Programma Mondiale per l’educazione ai diritti umani, istituito il 10 dicembre del 2004 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite – Risoluzione 59/113 -, oggi alla sua seconda fase, prevede che ciascun Paese membro promuova l’educazione ai diritti umani per l’istruzione superiore e nei programmi di formazione per insegnanti ed educatori, funzionari pubblici, funzionari di polizia e personale militare. Ad oggi non abbiamo riscontri “nazionali” sull’applicazione delle disposizioni contenute nel “Piano d’azione per la seconda fase (2010-2014) del Programma Mondiale per l’Educazione ai Diritti Umani” (A/HRC/15/28) in merito ad azioni specifiche rivolte alle diverse componenti del percorso educativo: politiche nazionali adeguate, cooperazione internazionale, coordinamento e valutazione. Negli ultimi anni, significative evoluzioni nel settore della cittadinanza e dell’educazione ai diritti umani hanno avuto luogo anche grazie al Consiglio d’Europa. In particolare, l’11 maggio 2010 – nel corso del processo di follow-up della Conferenza Internazionale di alto livello istituzionale sul futuro della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo tenutasi a Interlaken il 18-19 febbraio 2010 – i Ministri degli Affari Esteri rappresentanti i 47 Stati membri del Consiglio d’Europa hanno adottato, in occasione della 120a Sessione del Comitato dei Ministri, con raccomandazione CM / Rec (2010) 7 del Consiglio d’Europa, la Carta sull’Educazione alla 14 CESCR/ ITA/ 04 del 26 novembre 2004, n. 13, 29, 31 Raccomandazione CM/Rec(2010)7 del Comitato dei Ministri agli stati membri sulla Carta del Consiglio d’Europa sull’educazione per la cittadinanza democratica e l’educazione ai diritti umani, adottata dal Comitato dei Ministri l’11 maggio 2010 alla sua 120° Sessione. 16 Rapporto di monitoraggio del III Piano nazionale infanzia, op. cit www.minori.it/minori/rapporto-di-monitoraggio-delpiano-azionaleper-linfanzia. 15 31 cittadinanza democratica e l’Educazione ai Diritti Umani. La Carta, nel rafforzare la credibilità e l’efficacia della Convenzione Europea dei Diritti Umani, rappresenta un importante riferimento per tutti i Paesi europei e uno strumento di lavoro preziosissimo del Consiglio d’Europa nel novero dell’educazione ad una cittadinanza democratica e ai diritti umani. Infatti, è l’educazione ai diritti umani e a una cittadinanza democratica e responsabile a dotare bambini, giovani e studenti di conoscenze, capacità e competenze tali da permettere loro lo sviluppo di una coscienza civica che favorisca la promozione e protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali. L’educazione ai diritti umani trasforma la scuola e gli spazi educativi non formali e informali in un ambito dove poter realizzare esperienze concrete di democrazia e partecipazione. L’introduzione della riforma del sistema scolastico italiano attraverso l’attuazione della Legge 169/2008, ha favorito l’inserimento, nel nostro sistema scolastico, di una nuova materia di insegnamento: “Cittadinanza e Costituzione”, operativa dall’anno scolastico 2009-2010 per un ammontare annuo di 33 ore ricavate nell’ambito del monte-ore degli insegnanti di storia e geografia. Il non riconoscimento di questa nuova materia come disciplina a sé stante lascia alla discrezionalità dell’insegnante, in base alla propria sensibilità culturale e civica, promuovere nel tempo assegnato una nuova cultura di educazione ai diritti umani. Inoltre, “Cittadinanza e Costituzione” non è materia di valutazione specifica in pagella, rischiando di sminuirne il valore formativo17. Mancano altresì fondi destinati alle realtà del Terzo Settore che svolgono un costante lavoro di formazione in tema di diritti umani con insegnanti ed educatori, in ambiti non formali e sempre più spesso anche in quelli formali, con un ruolo suppletivo all’istituzione scolastica, che andrebbe maggiormente riconosciuto e sostenuto sotto tutti i punti di vista al fine di potenziarne la ricaduta formativa e garantire la continuità degli interventi. 5. Migranti e richiedenti asilo 5.1 Diritti dei migranti e legislazione nazionale, Racc. 2, 9, 10, 27, 28, 63, 72, 73, 74, 75, 79, 80, 81, 82 Vedi paragrafo “2. Legislazione Nazionale” 5.2 Evizioni forzate, Racc. 61, 62 Vedi paragrafo “2. Legislazione Nazionale” 5.3 Diritto dei rifugiati e richiedenti asilo, Racc. 67, 68, 69, 70, 71, 76, 77, 78 Vedi anche paragrafo “2. Legislazione Nazionale” 6. Razzismo e Xenofobia, Racc. 16, 22, 23, 24, 26, 28, 29, 32, 33 Raccomandazione 16 Per quanto concerne la questione relativa all’indipendenza dell’Ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull’origine etnica, l’attuale assetto dell’istituzione rimane di dipendenza governativa. Si legge nella relazione al parlamento sull’effettiva applicazione del principio di parità di trattamento e sull’efficacia dei meccanismi di tutela dell’UNAR 2011: “si sottolinea che dal 2009 ad oggi l’Ufficio, anche al fine di aderire alle osservazioni rivolte in passato in sede Nazioni Unite, Consiglio d‟Europa e Unione Europea nell’ambito della periodica attività di 17 5° Rapporto CRC, disponibile a questo link http://www.gruppocrc.net/Educazione-ai-diritti-umani. 32 vigilanza svolta dalla Commissione Indipendente CERD (ONU), ECRI (Consiglio d‟Europa) e FRA (Unione Europea) nelle more della definizione da parte delle Istituzioni competenti di modifiche normative o regolamentari atte a rafforzare giuridicamente il mandato conferito all’UNAR in attuazione della Direttiva 43/2000, ha dispiegato un’attività di concreta autonomia e imparzialità manifestatasi in particolare attraverso: a) apertura di istruttorie su eventi e fattispecie discriminatorie poste in essere da altre Amministrazioni centrali dello Stato e della stessa Presidenza del Consiglio (quali i “Buoni vacanze” del Dipartimento del Turismo, il “bando Mecenati” del Dipartimento della Gioventù e l‟apertura del Servizio civile ai ragazzi stranieri nati in Italia e regolarmente soggiornanti);; b) apertura di istruttorie relative ad eventi e fattispecie discriminatorie poste in essere da Amministrazioni regionali ed enti locali diretti e/o composte da partiti politici, anche facenti parte della coalizione governativa (vedasi le numerose istruttorie inerenti il fenomeno delle cosiddette “ordinanze” concentrato in particolare in Lombardia e Veneto, nonché alcune leggi regionali emanate dal Friuli Venezia Giulia e dalla Regione Veneto che subordinavano l‟accesso a servizi fondamentali al possesso di lunghi periodi di residenza nel territorio regionale etc.); c) l’elaborazione e la diffusione di apposite “raccomandazioni” su ambiti tematici di significativa rilevanza, emanate dall’Ufficio sulla base del ripetersi di fattispecie discriminatorie, come nel caso delle discriminazione nell’accesso ai servizi sociali etc. Tali raccomandazioni hanno lo scopo precipuo, mediante la loro opportuna diramazione al sistema delle autonomie locali, di prevenire l‟adozione da parte degli enti pubblici competenti di atti e procedimenti anche solo potenzialmente discriminatori; d) apertura di istruttorie inerenti a dichiarazioni di esponenti politici, inclusi quelli appartenenti a Partiti della maggioranza di Governo, nonché materiali propagandistici utilizzati dagli stessi nel corso delle competizioni elettorali (arrivati in alcuni casi alla trasmissione da parte dell’Ufficio di notizie di reato alle competenti Procure della Repubblica);; e) la riorganizzazione del Call Center dell’Ufficio, trasformato in contact center e interconnesso, mediante la sottoscrizione di accordi e protocolli operativi con Regioni ed altri enti locali, con le reti di centri ed antenne territoriali contro ogni forma e causa di discriminazione già autonomamente istituite o da istituirsi congiuntamente con gli enti locali stessi e tutte le parti sociali e le organizzazioni no profit di riferimento (ONG, associazioni di volontariato, comunità di rappresentanza degli interessi diffusi etc.) in modo da rendere sempre più trasparente e condivisa la gestione delle istruttorie e prescindere nella loro definizione quotidiana da qualsiasi eventuale valutazione di ordine politicoistituzionale estranea alle previsioni normative; f) la istituzione di una serie di tavoli e luoghi di concertazione, co-programmazione e condivisione delle attività UNAR quali la “cabina di regia UNAR – Parti sociali” istituita nel maggio 2010 cui hanno aderito tutte le organizzazioni di rilievo nazionale, il Gruppo nazionale di lavoro con le associazioni, cui aderiscono oltre 20 tra le principali associazioni nazionali operanti su tutti gli ambiti di discriminazione etc. Per quanto riguarda la costruzione di un sistema integrato di prevenzione e contrasto delle discriminazioni razziali, in adesione alle osservazioni e alle raccomandazioni formulate dalla Commissione per l'eliminazione delle discriminazioni razziali delle Nazioni Unite (CERD) e dalla Commissione contro il razzismo e l'intolleranza razziale del consiglio d'Europa (FRA), è stato presentato il 30 luglio 2013 a Roma dalla Ministra dell’Integrazione Cecile Kyenge, in un confronto aperto tra Ministri, Associazioni ed Enti locali il Piano Nazionale d’azione contro il razzismo, la xenofobia e l’intolleranza, Il contesto in cui questa risposta si colloca è il Decreto legge 215/2003 e l’art. 13 legge 40/1998. Il Piano rappresenta il primo esempio a livello nazionale di una risposta dinamica e coordinata delle istituzioni e della società civile alla recrudescenza del fenomeno razzista alla quale stiamo assistendo non solo nel nostro Paese ma in tutto il contesto europeo. 33 Si tratta di un lavoro che richiede nelle prossime settimane la necessaria collaborazione e condivisione, non solo delle associazioni di settore, ma anche delle istituzioni, centrali e territoriali, a vario titolo coinvolte, al fine di pervenire a una strategia che possa essere di supporto alle politiche nazionali e locali in materia di prevenzione e contrasto del razzismo, della xenofobia e dell’intolleranza, con l’obiettivo finale di valorizzare una società multietnica e multiculturale, aperta e democratica. Come previsto dal D. lgs 215/2003 e dall’art. 43 della Legge 40/1998, il Piano si propone di offrire una definizione chiara ed unitaria di cosa si debba intendere per contrasto al razzismo, alla xenofobia e all’intolleranza. Per questo motivo, è immediatamente esplicitato che il Piano d’azione riguarda le discriminazioni basate sulla razza, sul colore, sull’ascendenza, sull’origine nazionale o etnica, sulle convinzioni e le pratiche religiose. Naturalmente il Piano tiene conto e appresta ulteriori strumenti in ragione del diverso impatto che le stesse forme di discriminazione possono avere su donne e uomini, in un’ottica di genere, nonché dell’esistenza di forme di razzismo a carattere culturale. Lo schema di Piano è stato predisposto dall’UNAR secondo un approccio integrato e multidisciplinare, sulla base di intese fra il Ministro per l’Integrazione ed il Viceministro del lavoro e delle politiche sociali con delega alle pari opportunità. Al Gruppo Nazionale di Lavoro sono stati proposti i seguenti Assi prioritari di azione per i quali occorrerà individuare misure ed azioni positive da mettere subito in campo: Occupazione, Alloggio, Istruzione, Mass Media e Sport, Sicurezza. Ciascun asse sarà declinato per ambiti strategici, obiettivi operativi e misure positive concretamente attuabili a legislazione vigente. L’elemento innovativo offerto dal Piano risiede nella sua multisettorialità, vale a dire nell’ampliamento del target dei destinatari. Il Piano, infatti, non riguarderà, solo i cittadini stranieri che vivono in Italia, ma anche i cittadini italiani di origine straniera, tra i quali le seconde e terze generazioni, con un focus specifico sulle seconde generazioni che hanno acquisito la cittadinanza italiana dopo i 18 anni. Un approfondimento, inoltre, sarà dedicato alla discriminazione basata sul colore della pelle. Diverse ricerche hanno evidenziato, infatti, come il colore della pelle sia uno specifico elemento di discriminazione, in particolare nelle scuole o nel mondo del lavoro. Nell’analisi statistica saranno analizzate tali ricerche e approfondito il tema della specifica discriminazione basata sul colore della pelle. Si terrà conto anche dei minori stranieri presenti in Italia, e, come dimensione evolutiva, anche dei dati relativi alle nascite e alla presenza nelle scuole negli ultimi 3/5 anni. Il Piano riguarderà, infine, anche le persone appartenenti alle minoranze religiose ed etnico-linguistiche. Per la definizione e l’attuazione del Piano è necessario un sistema di governance multilivello, che coinvolga tutti gli attori a vario titolo interessati alle politiche in materia di prevenzione e contrasto della discriminazione per motivi razziali ed etnici. Si tratta, quindi, di un modello articolato e integrato che prevede l’azione sinergica delle istituzioni, centrali e locali, della società civile, delle parti sociali e delle tante associazioni coinvolte. Raccomandazioni 24-28 Nell’ Ordinamento giuridico italiano, il concetto generale di minoranza in Italia è legato alla peculiarità linguistica e trova il suo fondamento nell’articolo 6 della Costituzione: “La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche”. A seguito di un non facile dibattito parlamentare, la Legge n. 482 del 15 dicembre 1999 recante “Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche-storiche” riconosce e tutela dodici minoranze linguistiche: albanese, catalana, germanica, greca, slovena, croata, francese, franco-provenzale, friulana, ladina, occitana e sarda (tenendo conto sì de criteri linguistico-storici, ma soprattutto del criterio della territorialità/stanzialità - in pratica, della localizzazione in un dato territorio). Nell’interpretazione dell’articolo 6 è prevalso il principio della “territorialità”, che di fatto esclude dal dettato normativo, la minoranza Rom, in quanto “minoranza diffusa”, ossia priva di una concentrazione territoriale stanziale, riconoscibile. Un tentativo di modifica si è avuto solo in tempi recenti con la proposta di Legge n. 2858, presentata alla Camera dei Deputati, nel luglio del 2007. La proposta, poi decaduta con la fine 34 anticipata della Legislatura, proponeva l’estensione delle disposizioni di tutela delle minoranze linguistiche-storiche, previste dalla Legge n. 482/99, alle minoranze dei Rom e dei Sinti, recependo i principi della “Carta europea delle lingue regionali o minoritarie”, che riconosce le “lingue non territoriali” come lo yiddish e il romanè. Le ultime Legislature, sono state e sono caratterizzate da intensi dibattiti sull’opportunità di includere le comunità Rom, Sinti e Camminanti (RSC) tra le minoranze linguistiche nazionali, in base alla Legge n. 482/99, o piuttosto di adottare delle misure legislative nazionali ad hoc e/o omnibus. I disegni e le proposte di legge, più recenti, introdotti nel corso della XVI Legislatura sono: • A.S. 2558 “Modifiche alla legge 20 luglio 2000, n.211, in materia di “Estensione del Giorno della Memoria al popolo dei Rom e dei Sinti”;; • A.S. 2562 “Modifiche alla legge 15 dicembre 1999, n.482, in materia di riconoscimento e di tutela della minoranza linguistica storica dei Rom e dei Sinti” Presentata dalla parlamentare del Partito democratico, Maria Letizia De Torre il 22 giugno 2011 ed ancora da esaminare; • P. d. L. n. 4446, per: “L’integrazione scolastica dei giovani Rom”. In Italia, il nodo centrale resta quindi legato al mancato riconoscimento di Rom, Sinti e Camminanti in quanto minoranza, attraverso una legge nazionale omnibus, poiché, ad oggi, i Rom, i Sinti ed i Camminanti acquisiscono diritti de jure esclusivamente come individui;; non hanno invece diritti in quanto “minoranza”, perché non sono ancora disciplinati in tal senso, da un punto di vista legislativo. 18 Raccomandazione 32 Si segnala come elemento positivo l’istituzione del Ministero per l’Integrazione voluto dal Governo Letta di cui è in carica dal 28 aprile 2013 la Ministra Cècile Kyenge. In questo ambito l’auspicio è che si possa disporre di un quadro normativo aggiornato e complessivo su tutti i fattori di discriminazione ed in particolare quelli legati alla cittadinanza, allo scopo di suggerire modificazioni legislative in particolare della legislazione italiana sulla cittadinanza (Legge n. 91/92). Raccomandazione 33 Manca una legge penale sui discorsi d’incitamento all’odio, conforme alle norme stabilite dall'Unione europea; Manca un programma di formazione completo per i funzionari delle forze dell'ordine (agenti di polizia e pubblici ministeri) sul quadro giuridico relativo ai discorsi e ai crimini di odio al fine di promuovere efficaci azioni penali d’ufficio di questi atti criminali; È necessario implementare e promuovere una legislazione civile sempre più efficace contro la discriminazione razzista e xenofoba; Risulta urgente l’adozione di appropriate misure legislative contro la diffusione delle idee che negano l'Olocausto, esistenti in molti altri paesi europei. 7. Diritti delle donne, Racc. 24, 34, 35, 36, 42, 43, 44 E’ evidente che sotto il profilo della proclamazione del principio in Italia le Pari Opportunità trovano piena legittimazione a livello istituzionale, ma nell’ambito del mercato del lavoro persistono forti discriminazioni e, ciò che più preoccupa, è quella di una concreta attuazione di tali enunciati. Attualmente, secondo la rilevazione ISTAT del mese di settembre 2013, il tasso di disoccupazione femminile si attesta al 13,2 per cento con un incremento pari all’ 1,3 per 18 Vd. Anche “Strategia Nazionale d’inclusione dei Rom, dei Sinti e dei Camminanti 2012-2020” (28.02.2012) Ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull’origine etnica 35 cento rispetto al settembre dell’anno precedente. Disoccupazione femminile che supera di oltre 1,2 punti percentuali quella maschile. Il tasso di inattività si mantiene sostanzialmente stabile, intorno al 46,3 per cento, come il tasso di attività stimato nel 53,7 per cento. In diminuzione il tasso di occupazione (46,5 per cento a settembre 2013, contro il 47,3 per cento del 2012). Una lettura disaggregata dei dati conferma gli elementi di criticità presenti nel mercato del lavoro per la componente femminile, in un contesto di progressiva e complessiva polarizzazione delle dinamiche occupazionali. Dal rapporto sul mercato del lavoro 2012-2013 emerge per l’occupazione femminile la maggiore incidenza delle condizioni di svantaggio: le donne rappresentano ben oltre la metà delle collaborazioni e delle prestazioni d’opera, quasi la metà degli occupati temporanei con un tasso d’instabilità della posizione lavorativa superiore al 15 per cento. Analogo ragionamento si potrebbe evidenziare relativamente alla durata media della disoccupazione e ai tassi di uscita della disoccupazione verso l’occupazione. Anche nelle statistiche sull’occupazione a basso salario si rileva una maggiore incidenza della componente femminile, come per il ricorso al part-time involontario. In un contesto di progressivo e generale indebolimento del nostro mercato del lavoro comunque emerge un quadro di non bilanciamento delle dinamiche occupazionali. In tale ambito è interessante inoltre evidenziare che particolare multi discriminazione viene vissuta dalle donne con disabilità, le quali rappresentano solo il 40% degli occupati totali mentre tra le persone con disabilità, solo il 2% delle donne ha una occupazione rispetto al 7,7% degli uomini. (art. 6 della CRPD). Il proseguimento della crisi economico-finanziaria continua ad impattare in maniera significativa in questo ambito e non ha consentito alcun miglioramento rispetto alla condizione riscontrata nei precedenti due rapporti di monitoraggio degli anni passati. Sia nel Nord che nel Sud Italia, l’assenza di investimenti su Asili Nido e Scuole dell’Infanzia, ad opera dei tagli al welfare da parte di Enti locali e Regioni, continua a far ricadere sempre più sulle donne il lavoro di “cura”. Per il “Piano Italia 2020” non si registrano mutamenti e pertanto si rimanda alle osservazioni già espresse in passato. In merito alla Raccomandazione 35, il 2013 ha visto ancora un raccapricciante numero di donne vittime di violenza. La violenze sulle donne, in particolare nell’ambito della famiglia, in ogni Regione,sembra in aumento. In Italia fino al mese di ottobre nel 2013 sono state 127 le donne uccise, 47 i tentati femminicidi in tutta la penisola.Le vittime di femminicidio vengono uccise prevalentemente in casa (63%) e spesso non sono le uniche a soccombere: nel 2012 otto persone, tra le quali anche figli della coppia, sono state ammazzate durante la furia omicida. La maggioranza di questi delitti avviene nelle regioni del Nord: l’affermazione della parità di genere spesso è un elemento scatenante. Le regioni che contano maggiori femminicidi sono Lombardia, Campania e Emilia Romagna. Molte le straniere vittime di violenza domestica: il 31%, ma è italiano il 73% degli assassini. Il termine “femminicidio” è scoppiato nel corso dell’anno precedente, data la frequenza dei delitti consumati sul corpo delle donne. Da parte di numerose associazioni di donne è stata diffusa dall’autunno 2012 la Convenzione “NO MORE” che contiene tutta una serie di richieste di intervento al Governo che si possono sintetizzare in maggiori investimenti per la prevenzione , a partire dai Centri antiviolenza, all’educazione nella scuola, al rispetto alla riservatezza e alla dignità delle donne da parte delle forze dell’ordine durante gli interrogatori. 36 In questo contesto è importante notare come le donne con disabilità non siano incluse nelle politiche di prevenzione e ascolto e come le loro storie rientrino raramente nei dati statistici nonostante esse siano percepite come un “target facile” e quindi doppiamente esposte al rischio di subire violenza fisica e sessuale rispetto alle donne che non vivono tale condizione. Si pensi che dal 39 al 68% di ragazze e dal 16 al 30% di ragazzi con ritardo nello sviluppo mentale saranno sessualmente abusati prima del loro diciottesimo compleanno 19. Il pericolo di subire violenze o abusi diviene per le persone, soprattutto donne, con disabilità intellettive e psichiatriche o che vivono in istituto: dipendere in ogni cosa da altri espone al rischio di essere o divenire oggetto di violenza e anche quando riescono a sfuggire alla violenza, non trovano servizi di protezione adatti a loro. Gli operatori di servizi di consulenza e pronto intervento in questo ambito spesso ignorano i rischi che queste donne corrono perché non conoscono la loro condizione o perché non riconoscono il maltrattamento come violento e associato alla disabilità. Questo rischio e’ considerato più basso quando gli operatori hanno seguito percorsi di formazione specifici. Allo stesso tempo gli operatori preposti alla raccolta della denuncia di violenza, dovrebbero essere formati sulle modalità di approccio alle donne con una disabilità quando queste riferiscono una violenza o un maltrattamento e abuso. Dalle statistiche risulta che dei molti casi portati davanti al magistrato, pochi risultano perpetrati a danno di donne con disabilità. Il dato sta’ a significare che può essere negata la violenza o che la donna con disabilità non sia creduta o non ascoltata perché non capace di riportare l’accaduto. Non esiste alcun riferimento sulle donne con disabilità in nessuna legge emanata a favore delle donne in Italia. Soprattutto, nonostante le donne con disabilità siano quelle maggiormente esposte a violenze di nature sessuali, fisiche e psicologiche, non vi è nessun riferimento a loro nella Legge n. 66 del 15 febbraio 1996 “Norme contro la violenza sessuale”. Possiamo ipotizzare che la mancanza di riferimenti legislativi sta alla base di una completa assenza di dati relativi alle donne con disabilità in Italia. Anche nell’ultimo report “Violenza e maltrattamenti contro le donne”20 non vi è nessun dato riguardante le donne con disabilità. I CENTRI ANTIVIOLENZA hanno sicuramente visto nel corso di quest’anno un maggiore impegno delle istituzioni. Rispetto ai 60 Centri attivi fino al 2012, quest’anno i Centri sono divenuti 115, di cui 90 gestiti da associazioni di donne, ma almeno una piccola parte di essi è ora gestita da personale pubblico dipendente nella maggior parte dei casi dalle Province. LE CASE DI OSPITALITA’ sono 56, ma quasi esclusivamente al Nord e al Centro. Il numero è certamente del tutto insufficiente. Positivo è invece il finanziamento di diverse tipologie di servizio pubblico o privato ( centri ascolto, sportello antiviolenza, centri donne) oltre a quelli già gestiti da associazioni di donne. Resta da verificare il livello di accessibilità e fruibilità di questi presidi e dei relativi servizi da parte delle donne con disabilità motoria, sensoriale o intellettiva. Iniziative legislative in materia di violenza sessuale Nell’ ottobre 2013 è stata varata la Legge 193/2013 “ in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere”, il cui obiettivo principale- ma non esclusivo, come è stato criticamente rilevato- è combattere il fenomeno della violenza sulle donne e il femminicidio. Le pene saranno più severe, la querela diventa irrevocabile, sono state introdotte aggravanti per coniuge e compagno anche non conviventi. La legge contiene la previsione dell’arresto in flagranza per i maltrattamenti e per lo stalking. I tribunali potranno adottare delle “corsie preferenziali” per l’esame delle cause riguardanti i maltrattamenti. E’ previsto inoltre il gratuito patrocinio legale per chi è vittima di stalking o 19 Sobsey, 1994, as reported in Reynolds, 1997 cited in Rousso 2000. Rousso, Harilyn: Girls and women with disabilities: An international overview and summary of research“, Disability Unlimited Consulting Services, New York 2000 (Background paper for the Beijing +5 Conference in New York, June 2000) 20 Report commissionato dal Ministero per i Diritti e le Pari Opportunità e realizzato dall’Istat sulla base dei risultati dell’indagine sulla sicurezza delle donne, realizzato tra gennaio e ottobre 2007, 37 maltrattamenti e non si può permettere un avvocato. Alle forze di polizia viene data la possibilità di allontanare da casa il coniuge violento, se c’è un rischio per l’integrità fisica della donna. Viene impedito a chi è violento in casa di avvicinarsi ai luoghi frequentati dalla donna. Una norma riguarda gli immigrati: sarà concesso un permesso di soggiorno per motivi umanitari agli stranieri che subiscono violenze in Italia. La vittima di violenza dovrà essere informata costantemente sulla condizione giudiziaria in cui versa il denunciato. La legge, inoltre, aumenta di un terzo la pena se alla violenza assiste un minore di 18 anni e prevede maggiorazioni di pena se la violenza è commessa nei confronti di una donna in gravidanza o da parte del coniuge, anche se separato, e dal compagno, anche non convivente. Stesso discorso varrà anche per il reato di stalking. Il provvedimento è il riconoscimento della gravità della situazione e del bisogno di azioni concrete di contrasto e di lotta alla violenza sulle donne, ma nelle audizioni davanti alle Commissioni Affari Costituzionali e Giustizia della Camera che hanno preceduto la trasformazione del decreto in legge, è stato lanciato un appello al Governo, affinchè il tema della violenza di genere venisse affrontato in modo più organico e strutturale; fosse prevista un’adeguata copertura finanziaria che consentisse la realizzazione delle finalità del Piano Nazionale; che coinvolgesse direttamente tutti gli attori interessati, comprese le parti sociali e il mondo dell’associazionismo civile. Un giudizio positivo dunque su una legge che sottolinea l’importanza di misure repressive e di azioni di tutela delle vittime della violenza, ma è preoccupante che non sia stato previsto alcun finanziamento legato alla prevenzione, vale a dire l’educazione, la formazione, la raccolta strutturata di dati, le forme di assistenza, sostegno e protezione delle vittime, mentre sono state contemplate nell’articolato questioni di ordine pubblico che con la violenza di genere non hanno nulla a che vedere, tanto che si è parlato di legge “omnibus”. Ci si sarebbe aspettati una legge organica e finanziata che affrontasse tutti gli aspetti relativi alla violenza di genere e non solo gli aspetti penali perché senza un adeguato lavoro di prevenzione, di potenziamento dei centri antiviolenza e dei servizi di assistenza, di formazione degli operatori, di adeguati interventi educativi, culturali e sociali, si rischia di rendere vano l’intervento legislativo e la fiducia da parte delle donne di poter essere adeguatamente protette. Presso la Commissione Giustizia della Camera è inoltre iniziato l’esame di una proposta di legge volta ad estendere l’accesso al gratuito patrocinio anche per le spese relative a processi celebrati all’estero per violenze sessuali commesse all’estero ai danni di cittadini italiani. Il PIANO NAZIONALE CONTRO LA VIOLENZA DI GENERE Già nel 2012 Rashida Manjoo, Relatrice Speciale delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne, le sue cause e conseguenze, a seguito della sua missione in Italia aveva presentato al Consiglio Diritti Umani, un rapporto in cui dopo aver esaminato la situazione di violenza contro le donne nel nostro paese e analizzato cause e conseguenze, aveva dibattuto sulla "risposta dello Stato” in termini di prevenzione del fenomeno, protezione delle vittime e individuazione dei rimedi necessari per contrastare il fenomeno e perseguire e punire i colpevoli. La Commissione Pari Opportunità presso la presidenza del Consiglio ha previsto il “rafforzamento della rete Nazionale antiviolenza e del servizio telefonico 1522 – numero verde gratuito - istituito nel 2009 a sostegno delle donne vittime di violenza e di stalking”, nel rispetto della convenzione di Istanbul ratificata in questi ultimi mesi anche dal nostro Parlamento (vedi commento precedente su accessibilità degli strumenti di monitoraggio). Il nuovo PIANO NAZIONALE ANTIVIOLENZA (NAP) (2013-14-15) in data 9 novembre 2013 ha previsto uno stanziamento del Governo di Euro: 10 milioni per il 2013; 7 milioni per 2014; 10 milioni per il 2015. Un terzo dei fondi è vincolato all’avvio di nuovi servizi, all’avvio di iniziative di prevenzione, di mappature , piani d’azione e riparto delle risorse… 38 Si tratta di stanziamenti del tutto insufficienti per un così ambizioso progetto, se si pensa che lo Stato per il solo anno 2014 elargisce alle Scuole private paritarie 494 milioni di euro!! Più concretamente, le istituzioni pubbliche a livello locale hanno promosso protocolli operativi con le associazioni di volontariato per la gestione dei fondi (Comune di Venezia, di Forlì) e per l’erogazione di servizi, come più sopra si diceva. Sono anche da menzionare le leggi regionali di quest’ultimo decennio che hanno tentato almeno negli enunciati - di favorire la conciliazione tra tempi di vita e di lavoro delle donne. Quanto alla partecipazione paritaria delle donne nelle sedi decisionali della vita pubblica in materia di pace e sicurezza, previste da specifiche Risoluzioni delle Nazioni Unite (a partire dalla celebre UNSCR 1325 per arrivare alla più recente 2122), il riferimento è in uno specifico Piano Nazionale di Azione (NAP), adottato dall’Italia in data 23 dicembre 2010. Il testo di questo Piano offre uno spazio molto limitato agli obiettivi dei Diritti Umani delle donne in situazioni di conflitto e post-conflitto e la partecipazione ai negoziati di pace che sono parti integranti della risoluzione 1325, inoltre manca di aspetti programmatici di rilievo e di indicazioni su tempi di realizzazione, risorse dedicate, linee di responsabilità. Si è in attesa della sua revisione dopo la scadenza a dicembre 2013, con l’auspicio che vengano colmate le attuali lacune nella struttura e nell’attuazione. LE MUTILAZIONI GENIALI FEMMINILI21 Sebbene il numero esatto di donne e ragazze che in Europa convivono con le conseguenze derivanti dalle MGF sia ancora sconosciuto, il Parlamento Europeo fino a qualche anno fa stimava che la cifra si aggirasse intorno alle 500.000 unità con altre 180.000 donne e ragazze a rischio di essere sottoposte alla pratica ogni anno.22 In Italia le stime ufficiali più recenti parlano di circa 39.000 donne/ragazze che hanno subito una qualche forma di mutilazione dei genitali femminili.23 L’Italia ha approvato nel 2006 la legge n. 7 che detta le misure necessarie per prevenire, contrastare e reprimere le pratiche di mutilazione genitale femminile quali violazioni dei diritti fondamentali all’integrità della persona e alla salute delle donne e delle bambine (art. 1). Tale legge in particolare ha introdotto nel codice penale un’autonoma fattispecie di reato che punisce con la reclusione da 4 a 12 anni chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, cagiona una mutilazione degli organi genitali femminili (clitoridectomia, escissione, infibulazione ed altre analoghe pratiche); la legge inoltre prevede che chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, provochi, al fine di menomare le funzioni sessuali, lesioni agli organi genitali femminili diverse da quelle sopra citate, da cui derivi una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da tre a sette anni: in questo caso è inoltre previsto l’aggravamento della pena se il reato è commesso a danno di un minore o a fini di lucro. La L.7/2006 prevede altresì la punibilità della persona giuridica o dell'ente nella cui struttura è commesso il delitto, oltre alla previsione dell’extraterritorialità ogniqualvolta il fatto venga commesso all'estero da cittadino italiano così come da straniero residente in Italia, ovvero in danno di cittadino italiano o di straniero residente in Italia (artt. 583-bis e ter del codice penale). Nel settembre 2012 l’Italia ha ratificato la Convenzione del Consiglio d'Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale (c.d. Convenzione di Lanzarote): il trattato introduce criteri e misure comuni, tra i Paesi aderenti, sia per la prevenzione del fenomeno, sia per il perseguimento dei rei, nonché per la tutela delle vittime, introducendo in particolare pene più severe per tutta una serie di reati e nuove fattispecie di reato all’interno del Codice 21 Le informazioni contenute in questo paragrafo sono tratte dalla scheda tematica “Mutilazioni genitali femminili” a cura del Comitato Italiano per l’UNICEF Onlus e scaricabile al seguente indirizzo: http://www.unicef.it/doc/5301/mutilazioni-genitali-femminili-30-milioni-da-salvare.htm 22 Amnesty International, “Ending Female Genital Mutilation. A Strategy for the European Union Institutions” Executive Summary, 2010. 23 Stime a cura dell'Istituto Piepoli per il Dipartimento Pari Opportunità (2009). 39 Penale. In particolare, in relazione al reato di pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili, la Convenzione di Lanzarote ha introdotto la pena accessoria della perdita della potestà genitoriale e l'interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela, alla curatela e all'amministrazione di sostegno. Il Governo italiano nel dicembre 2012 ha siglato un’intesa con le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano in materia di prevenzione e contrasto delle mutilazioni genitali femminili, per l’individuazione dei criteri di ripartizione delle risorse, le finalità, le modalità attuative ed il monitoraggio del sistema di interventi da sviluppare sul territorio nazionale per prevenire e contrastare il fenomeno.24 Saranno quindi le Regioni, quali affidatarie delle risorse, ad implementare le varie progettualità, in virtù dell’approfondita e ravvicinata conoscenza del territorio, mentre al Dipartimento Pari Opportunità spetterà l’attività di coordinamento e monitoraggio di quest’ultime. Nel settembre 2013 l’Italia ha ratificato la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza sulle donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul) che entrerà in vigore il 1 agosto 2014. La Convenzione di Istanbul è il primo trattato internazionale legalmente vincolante a creare una cornice legale onnicomprensiva in materia di prevenzione della violenza nei confronti della donne, fornendo protezione alle vittime e ponendo fine all'impunità dei persecutori. Si ritiene rappresenti il livello più avanzato dello standard internazionale sia nella prevenzione che nel contrasto dei diversi, possibili atti di violenza di genere in quanto definisce e criminalizza diverse forme di violenza nei confronti della donne (incluse le mutilazioni genitali femminili, il matrimonio forzato, lo stalking, oltre alla violenza psicologica, fisica e sessuale). 8. Discriminazione, Racc. 36 Discriminazione in base all’orientamento sessuale Dal punto di vista del recepimento delle norme contenute nella Raccomandazione n. 36 si evidenzia come in questo paese l'approvazione di una norma contro gli atti di discriminazione, aggressione e violenza verso le persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender, nonché un adeguamento legislativo che assicuri la parità di accesso ai diritti per tutti i cittadini e per tutte le cittadine incontrino una sistematica e ferrea opposizione di una consistente parte dei componenti del Governo e del Parlamento nazionale. Dopo infinite promesse elettorali, lunghi e inconcludenti dibattiti e, persino, l’approvazione di una pregiudiziale di incostituzionalità su una proposta di legge contro omofobie e trans fobia, la discussione parlamentare è tutt’oggi bloccata sull’approvazione di un’aggravante per i reati contro la persona commessi in ragione dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere della vittima a integrazione della legge Mancino, norma considerata dalle più importanti associazioni nazionali di interesse nonché dalla CGIL lo strumento più idoneo (necessario, ma non sufficiente) non solo a sanzionare ma anche a prevenire dal punto di vista culturale il fenomeno omofobo e trans fobico presente nel nostro Paese in misura e proporzione sempre più preoccupante. Si ritiene dunque che l'estensione della legge Mancino possa essere lo strumento idoneo non solo a sanzionare ma anche a prevenire dal punto di vista culturale il fenomeno omofobico e trans fobico presente nel nostro Paese in misura e proporzione sempre più preoccupante. Alla luce di ciò, ben lontana pare in Italia ogni possibilità di un reale adeguamento internazionale con il riconoscimento del matrimonio tra persone dello stesso sesso, unica garanzia di equiparazione delle persone nell’accesso ai diritti. Nel nostro Paese inoltre è prevista una protezione umanitaria per i cittadini stranieri discriminati o perseguitati in patria, in cui possono rientrare cittadine e cittadini in ragione del 24 “Intesa concernente il sistema da sviluppare per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno delle mutilazioni genitali femminili”: http://www.pariopportunita.gov.it/index.php/component/content/article/87-attivita/2257-intesaper-la-promozione-di-interventi-contro-le-mutilazioni-genitali-femminili 40 loro orientamento sessuale o dell’espressione della loro identità di genere, come previsto nelle leggi che regolano l’immigrazione e la richiesta d’asilo. La direttiva europea 2000/78 contro la discriminazione sui luoghi di lavoro è stata recepita in modo insufficiente e problematico on il dl 216/2003, che risulta pertanto di difficile e di scarsa applicazione. E’ di recente istituzione un osservatorio della Polizia di Stato, l’OSCAD, volto a monitorare e tutelare le vittime di reati di discriminazione, incluse quelle di omofobia e di trans fobia. Il Ministero delle Pari Opportunità ha avviato nel corso dello scorso anno una campagna di sensibilizzazione contro l’omofobia e la trans fobia e l’UNAR attua una politica di intervento esplicita in collaborazione con le associazioni e le parti sociali. In Europa leggi di tutela e protezione dall'omofobia sono presenti in Austria, Belgio, Cipro, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Islanda, Lussemburgo, Norvegia, Olanda, Romania, Slovenia, Spagna, Svizzera, Svezia, Ungheria, Inghilterra, Serbia e Montenegro e Repubblica Ceca. L'Italia ha urgente bisogno di recuperare un ritardo colpevole e di adeguare la propria legislazione a tutela di una fascia di popolazione particolarmente esposta a discriminazione e violenza. Ogni ritardo in tal senso è un atto di complicità morale. L'approvazione di una direttiva orizzontale sulle discriminazioni presentata al Parlamento europeo renderà ancor più urgente agli Stati membri legiferare in tal senso. Nel nostro Paese esistono esclusivamente due norme. La prima relativamente alla protezione umanitaria per i cittadini stranieri discriminati o perseguitati in patria in ragione dell'orientamento sessuale o dell'identità di genere contenuta nella legge Bossi Fini. La seconda di recepimento della direttiva europea 2000/78 contro la discriminazione sui luoghi di lavoro che però, non avendo invertito l'onere della prova che risulta così in capo al discriminato, risulta di difficile e scarsa applicazione. Dopo l'approvazione di una pregiudiziale di incostituzionalità passata l'anno scorso su una legge anti omofobia assistiamo in questi giorni ad un analogo posizionamento delle forze politiche di centro destra su di un nuovo provvedimento presentato dall'onorevole Concia (PD) relativo all'istituzione di un aggravante per i reati commessi in ragione dell'orientamento sessuale e dell'identità di genere. Discriminazione dei gruppi vulnerabili Come sottolineato già nel Rapporto di Monitoraggio del 2012, le popolazioni che vivono nella precarietà economica e sociale rappresentano uno tra i gruppi di persone classificati come vulnerabili. L'accumulo di precarietà conduce le donne e gli uomini che ne sono vittime all'esclusione e alla discriminazione sociale. Nel settembre 2012, il Consiglio Diritti Umani delle Nazioni Unite ha approvato per consenso i Principi guida su povertà estrema povertà e diritti umani25. Dal momento che l'Italia ha giocato un ruolo importante in quanto co-sponsor di questa risoluzione ed il testo dei Principi guida è stato tradotto in italiano su iniziativa della Commissione Diritti Umani del Senato della Repubblica26. Ci si aspetta quindi che nei prossimi mesi e anni, tali principi guida ispirino una politica globale, coerente anche in futuro di contrasto alla povertà. Una politica che sia fondata sui diritti umani e sul rispetto della dignità umana, che ancora oggi manca nel nostro Paese e che riconosca inoltre la povertà come fonte di discriminazione sociale. 25 26 http://ap.ohchr.org/documents/dpage_f.aspx?si=A/HRC/RES/21/11 http://www.atd-quartomondo.it/?p=1615 41 In tale direzione e come esempio, nel corso del 2013, in Francia, dopo le prese di posizione della HALDE 27 , della CNCDH 28 , e del Défenseur des droits, è stata depositata all’Assemblea nazionale francese una proposta di legge. Ci si augura quindi che anche nel nostro Paese si attui una apertura del mandato all’UNAR che includa anche la povertà e la discriminazione sociale e al contempo la creazione al più presto della istituzione nazionale indipendente per la tutela dei diritti umani. La discriminazione fondata sulla disabilità non trova nella legislazione italiana in materia la figura dell’accomodamento ragionevole previsto dall’art. 5 della CRPD. Solo di recente tale figura è stata inserita nell’ambito del lavoro (legge 99/2013) a seguito di una procedura di infrazione della Commissione Europea per mancata trasposizione della Direttiva europea 78/2000. Ancora però non è prevista nella legislazione la materia di discriminazione fondata sulla disabilità (Legge 67/2006). 9. Diritti dei bambini e degli adolescenti, Racc. 37, 38, 39, 40, 41, 42, 43, 44 Nell’ambito dell’Universal Periodic Review (UPR) sono state rivolte specifiche raccomandazioni all’Italia in merito ai diritti delle persone minori di età che vivono nel nostro Paese. L’universo dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza è un ambito rispetto al quale il Consiglio ONU per i Diritti Umani si è espresso, rivolgendo all’Italia numerose Raccomandazioni, precisamente dalla 37 alla 44 e 84, 85, 86. Mentre molte sono le raccomandazioni in cui la questione minorile è richiamata più o meno indirettamente. I principi richiamati nelle Raccomandazioni riguardano: - prevenzione di tutte le forme di discriminazione nei confronti dei minori; tutela di tutti i bambini nati e presenti in Italia (diritto alla cittadinanza). - Piano nazionale per l’infanzia e l’adolescenza e Garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza. - Diritto all’istruzione per tutti i bambini e adolescenti. - Rafforzamento delle misure di contrasto riguardo crimini specifici a danno dei minori, quali la tratta, il recupero delle vittime e la questione dell’accoglienza dei minori stranieri e il contrasto di qualsiasi forma di violenza nei confronti dei bambini. Oltre al monitoraggio compiuto dal Consiglio ONU per i Diritti Umani, anche il Comitato delle Nazioni Unite per l’eliminazione della discriminazione razziale (CERD) ha manifestato attenzione riguardo alcune questioni attinenti particolari gruppi di minori, tra i cui si segnalano i minori Rom, Sinti e Camminanti. Il CERD, nel documento pubblicato il 9 marzo 201229, ha raccomandato all’Italia di intensificare gli sforzi per garantire l’effettivo accesso all’istruzione da parte dei bambini Rom e Sinti e altri gruppi vulnerabili, attraverso l’adozione di tutte le misure necessarie per facilitare l’inclusione di tutti i bambini Rom e Sinti nel sistema scolastico (punto 20); di assicurare che il provvedimento amministrativo che limita al 30 per cento il numero dei bambini/e con nazionalità non italiana in ciascuna classe non influisca negativamente sull’iscrizione dei figli da parte dei gruppi più vulnerabili (punto 20); di adottare misure per facilitare l’accesso alla cittadinanza per gli apolidi Rom, Sinti e per i non cittadini che risiedono in Italia da molti anni e di adottare misure per ridurre l’apolidia. Infine ha espresso particolare preoccupazione per il sistema fortemente decentrato dell’Italia che può portare diversità delle politiche e delle decisioni a livello regionale e provinciale (punto 27) 30. In Italia si stima una presenza di rom, sinti e camminanti tra i 120.000 e i 180.000. Si tratta di circa lo 0,25% della popolazione italiana, una delle percentuali più basse d’Europa, il 60% del totale ha meno di 18 anni. Circa la metà sono cittadini italiani; il 20-25% proviene da altri Stati dell’UE (per lo più dalla Romania) e il resto da paesi non UE (soprattutto ex Jugoslavia). Tra 27 28 29 30 Haute autorité de lutte contre les discriminations et pour l'égalité. Commission nationale consultative des droits de l'homme Concluding observations of the Committee on the Elimination of Racial Discrimination 2012. http://www.gruppocrc.net/120-Non-discriminazione-pubblicate. 42 quanti non hanno il permesso di soggiorno molti sono apolidi di fatto: molti minori rom, pur essendo nati e cresciuti in Italia (ciò vale almeno per 15.000 di loro), non sono cittadini italiani; ma allo stesso tempo, proprio per essere nati e cresciuti in Italia, difficilmente ottengono lo status di cittadino del paese di origine dei propri genitori. Pochissimi sono i minori rom e sinti scolarizzati, soprattutto tra gli stranieri. Secondo una recente stima, sarebbero almeno 20.000 i rom sotto i dodici anni, per lo più romeni e jugoslavi, che evadono l’obbligo scolastico e si stima che “i restanti coetanei Rom e Sinti siano in un generalizzato ritardo didattico di non meno di tre anni”. Rispetto al precedente anno scolastico, nel 2012/2013, gli alunni rom e sinti sono ulteriormente diminuiti, attestandosi a 11.481 iscritti, il numero più basso degli ultimi sei anni. Ciò dipende anche da condizioni oggettive come la lontananza fisica dei “campi” dalle scuole, il collegamento affidato a scuolabus “speciali” riservati ai minori rom che, per raggiungere tutti i campi, spesso accompagnano i bambini a scuola con grande ritardo e li prelevano con notevole anticipo e le discriminazioni di cui sono vittime i minori rom e sinti a scuola. Nonostante alcune buone prassi, l’Italia è tuttora oggetto di numerose critiche da parte delle istituzioni internazionali. La politica dei campi nomadi, con poche eccezioni, non esiste in altri Paesi europei. La precarietà delle condizioni abitative e l’emarginazione fisica e sociale precludono il pieno godimento dei diritti dei minori rom e sinti, inclusi quelli all’istruzione e alla salute31. Nel 2011 si è svolto a Ginevra, presso le Nazioni Unite, l’esame sull’attuazione della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (CRC) in Italia, a seguito del quale, il Comitato ONU per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza ha pubblicato le proprie Osservazioni Conclusive (ottobre 2011)32. Molte delle questioni sollevate nell’ambito dell’UPR che riguardano specificatamente l’infanzia sono state riprese e ribadite anche dai succitati organismi internazionali. Risorse finanziarie33 In Italia, persiste il problema della diminuzione delle risorse dedicate all’infanzia e all’adolescenza e dei Fondi specifici dedicati alle persone di minore età che vivono nel nostro Paese e alle famiglie. Inoltre continua ad essere difficile riuscire a capire come e dove vengono allocate le risorse dedicate ai minori e agli adolescenti e quali sono gli effetti delle leggi e delle manovre economiche nazionali e degli interventi a livello regionale e degli Enti Locali. Per il triennio 2013/2015 la legge di stabilità non prevede Fondi per la prima infanzia. Vengono mantenuti i Fondi ex Legge 285/1997, rispettivamente per 39,35 milioni nel 2014 e 38,8 milioni nel 2015. Si segnala una diminuzione della quota dedicata, da 43,9 milioni di Euro nel 2009 a 39,35 milioni di Euro nel 2013. Il Fondo servizi per la prima infanzia è stato praticamente azzerato, nel 2009 e nel 2010 sono stati stanziati 100 milioni di Euro;; dal 2010 ad oggi non c’è più stato nessuno stanziamento. Il Fondo per le Politiche per la Famiglia è passato da 186.600 milioni di Euro nel 2009, a 70 milioni di Euro nel 2012. Inoltre il Fondo è stato dedicato ai servizi per la prima infanzia, per le famiglie, per anziani e per l’assistenza domiciliare. Per gli anni 2014 e 2015, la Legge di Stabilità 2013/2015 assegna per il Fondo per la Famiglia 21,184 milioni nel 2014 e 21,389 nel 2015. Per il Fondo pari opportunità 11,550 milioni nel 2014 e 11,679 nel 201546; per il Fondo per le politiche giovanili, 6,8 milioni nel 2014 e 6,7 nel 2015. 31 “I Diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia. 6° Rapporto di monitoraggio dell’attuazione della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia. 2011-2012”, a cura del Gruppo CRC (www.gruppocrc.net). Pubblicato il 6 giugno 2012. Disponibile al link, http://www.gruppocrc.net/IMG/pdf/Cap_7_par_10_Minori_di_minoranza_etniche.pdf. 32 http://www.gruppocrc.net/Osservazioni-Conclusive-del-Comitato-ONU. 33 Dati ripresi dal paragrafo “Risorse destinate all’infanzia e all’adolescenza in Italia” nel 6° Rapporto CRC, disponibile al link http://www.gruppocrc.net/IMG/pdf/Cap-_1_par_2-_Le_risorse.pdf. 43 Inoltre, così come segnalato nel procedente Rapporto di Monitoraggio, il Piano Nazionale Infanzia e Adolescenza 2010/2011, promulgato dopo sette anni di attesa nel gennaio 2011, non prevede alcuna copertura finanziaria. Oltre alla fortissima preoccupazione per la costante contrazione delle risorse dirette e indirette per l’infanzia e l’adolescenza, si esprime preoccupazione anche per l’assenza di strumenti perequativi a livello nazionale in previsione dell’attuazione del Federalismo fiscale (che siano LIVEAS o Livelli Essenziali di Prestazioni). La mancanza della definizione dei Livelli Essenziali di Prestazione non fa che incrementare la disuguaglianza di servizi, prestazioni e quindi anche di condizioni di vita e di sviluppo dei minori che vivono in parti differenti del nostro Paese. Riforma minorile34 Così come avvenuto nel precedente Rapporto di monitoraggio, si evidenzia anche quest’anno la mancanza di una riforma organica della legislazione in materia di famiglia e minori così come l’assenza di una riforma della Giustizia Minorile. In particolare, l’adozione di una legge di ordinamento penitenziario minorile, da tempo sollecitata anche dal Comitato ONU sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, dal Consiglio d’Europa e dalla Corte Costituzionale italiana, appare improcrastinabile. Al momento nessuno dei progetti di riforma elaborati ha potuto essere adottato. Né ci si è mossi nella direzione di creare un Osservatorio nazionale sulla condizione dei minori detenuti che veda la collaborazione di attori istituzionali, ONG, centri di ricerca. Si deve tuttavia valutare positivamente lo sforzo compiuto dal Dipartimento della Giustizia Minorile (DGM) per rendere disponibile sul suo sito internet un numero sempre maggiore di dati statistici e di analisi. Manca un approccio “globale” alla questione penale minorile, benché le stesse istituzioni siano consapevoli del fatto che solo un simile approccio sia in grado di affrontare “i fattori di discriminazione multipla” che riguardano i minori che entrano nel circuito penale, “fra i quali la minore età, la condizione giuridica di autore di reato, l’esposizione al rischio di disagio psicologico e sociale”. Raccolta dati35 La carenza del sistema italiano di raccolta dati, anche disagregati, inerenti l’infanzia e l’adolescenza, sottolineata anche nel precedente Rapporto di monitoraggio, è stata ampiamente evidenziata anche dal Comitato ONU nelle proprie raccomandazioni al Governo italiano. Tale lacuna del nostro sistema non permette di stimare l’incidenza dei fenomeni e costituisce un impedimento per la programmazione e realizzazione di politiche ed interventi idonei e qualificati. A livello generale si ribadisce la mancanza di dati, e conseguentemente di monitoraggio, sulla spesa pubblica per l’infanzia e l’adolescenza, sia a livello centrale che locale Si evidenziano particolari criticità soprattutto per quanto riguarda i minori fuori dalla famiglia - le modalità di raccolta dati permangono frammentate e disomogenee a livello nazionale; non è ancora operativa la banca dati in relazione al fenomeno dell’abuso sessuale dei minori, è tutt’ora assente un sistema di monitoraggio nazionale dei casi di maltrattamento. Non si hanno dati completi rispetto alla qualità dell’inclusione scolastica degli alunni con disabilità, a causa di un sistema di valutazione e auto-valutazione nazionale non comprensivo 34 Dati ripresi dal paragrafo “I minori in stato di detenzione o sottoposti a misure detentive” nel 6° Rapporto CRC, disponibile al link, http://www.gruppocrc.net/IMG/pdf/Cap_7_par_3_Minori_in_stato_di_detenzione.pdf. 35 Dati ripresi dal paragrafo “Raccolta dati” nel 6° Rapporto CRC, disponibile al link, http://www.gruppocrc.net/IMG/pdf/Cap_1-_par_7-_La_raccolta_dati.pdf. 44 di questo aspetto, nonché alla presenza degli insegnanti di sostegno e i dati dell’Anagrafe dell’edilizia scolastica, relativi alle condizioni strutturali e non, di tutti gli edifici scolastici pubblici italiani, non sono pubblici e consultabili. Infine si lamenta ancora la mancanza di dati statistici per i bambini con disabilità relativi alla fascia d’età 0-6 anni. Violenza sui minori36 L’attuazione di efficaci strategie di contrasto a tutte le forme di violenza e di maltrattamento contro i bambini non può prescindere da una conoscenza del fenomeno che si basi su dati quantitativi e qualitativi attendibili. In assenza tuttora di un sistema di monitoraggio nazionale dei casi di maltrattamento abbiamo a disposizione solo statistiche parziali, che si basano su dati centrati sulla dimensione giudiziaria. Nel periodo 2006-2010 sono cresciute del 6% le denunce di violenza sessuale in danno ai minori e del 25% le denunce di atti sessuali con minorenni. Nel 2011 sono stati 10.985 i bambini vittime di violenze sessuali, sfruttamento prostituzione, percosse e minacce. Si tratta di un dato sicuramente sottostimato, considerato che i casi denunciati si attestano a meno del 10%. Per quanto riguarda la cura e la riabilitazione delle vittime, gli interventi di assistenza e recupero psicoterapeutico delle stesse sono inserite a pieno titolo tra le prestazioni sanitarie garantite dal SSN a livello di assistenza territoriale, ambulatoriale e domiciliare (DPCM 14 febbraio 2001). Va infine segnalata una forma di violenza contro i minori che è presente in Italia e che riguarda tutte le forme di coinvolgimento e reclutamento dei ragazzi nelle organizzazioni criminali, spesso di stampo mafioso. L’anno scorso è stato compiuto un innovativo passo avanti proprio nella direzione conoscitiva del fenomeno, grazie all’indagine quali-quantitativa realizzata nel 2013 da due organizzazioni che da sempre partecipano al Gruppo CRC, indagine che fornisce per la prima volta una fotografia dell’incidenza del maltrattamento in Italia 37. I risultati dello studio hanno confermato che ben 100.000 bambini sono presi in carico ogni anno dai Servizi Sociali italiani esclusivamente per maltrattamento e abuso sessuale: dunque lo 0,98% della popolazione minorile. Se ad essi si aggiungono i casi di minori presi in carico per altre cause, il dato sale a 150.000 bambini. Si segnala, con particolare riguardo alla fenomenologia dell’abuso sessuale sui minori di quattordici anni come emerge dall’attività giudiziaria espletata nel quadriennio 2000-2013 dal Tribunale Penale di Roma, il primo studio sistematico sulla materia di recente pubblicazione di Giuliana Olzai.38 Per la sua portata fortemente innovativa e per poter incidere realmente nelle politiche nazionali di contrasto del maltrattamento, il progetto è stato riattivato nel 2014 su scala nazionale, con il coinvolgimento di 250 Comuni, grazie allo specifico mandato e contributo dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, in collaborazione con ANCI e ISTAT. Obiettivo del progetto è portare a ‘sistema’ questo innovativo strumento di monitoraggio sull’incidenza del maltrattamento su scala nazionale, in modo permanente, condividendo con Ministeri, ANCI e ISTAT i risultati e gli strumenti adottati dall’Indagine39. Il ricorso alle punizioni fisiche 40 e umilianti in tutti i contesti, compreso quello familiare, sebbene sia un fenomeno contrario ai principi e ai diritti sanciti dalla CRC, è ancora ampiamente diffuso e tollerato, sia a livello globale, sia nel nostro Paese. Il nostro ordinamento prevede un divieto esplicito dell’uso delle punizioni fisiche soltanto 36 Dati ripresi dal paragrafo “Abuso, sfruttamento sessuale e maltrattamento dei minori” nel 6° Rapporto CRC, disponibile al link, http://www.gruppocrc.net/IMG/pdf/Cap_7_par_9_Abuso_sfruttamento_sessuale.pdf 37 “Maltrattamento sui bambini: quante le vittime in Italia?”. Lo studio, condotto da CISMAI e Terre des Hommes, ha coinvolto una cinquantina di Comuni italiani. Per dettagli: http://terredeshommes.it/cosa-facciamo/progetti-italia/. 38 39 40 Olzai G., Abuso sessuale sui minori. Scenari, dinamiche, testimonianze, Antigone Edizioni, Torino, 2014 Per approfondimenti si veda il sito del Gruppo CRC, www.gruppocrc.net. Si veda 6° Rapporto CRC e 7° Rapporto CRC, disponibili al seguente link www.gruppocrc.net. 45 nell’ambito scolastico41 e nell’ordinamento penitenziario42. È necessario dunque intervenire con maggior chiarezza sulla normativa nazionale introducendo un esplicito divieto delle punizioni corporali. Ciò non solo al fine di adeguare il testo legislativo all’indirizzo giurisprudenziale e ai principi costituzionali e di diritto da esso richiamati, ma anche perché fino a quando la pratica delle punizioni corporali si confonderà con il ricorso all’impiego di mezzi di correzione e disciplina resterà aperta la possibilità che violazioni dell’integrità fisica dei minori siano nei fatti tollerate o, comunque, non attivamente contrastate sul piano giudiziario, culturale, sociale e familiare. La modifica della normativa, infatti, avrebbe l’effetto di un forte deterrente su tali comportamenti 43, ma si deve accompagnare ad attività di sensibilizzazione atte a ottenere quel cambiamento culturale necessario per proteggere bambini e adolescenti da qualsiasi forma di violenza. Perché avvenga un reale cambiamento culturale, dunque, occorre promuovere modelli di genitorialità positiva 44. Da segnalare positivamente il fatto che l’Italia ha ratificato gli accordi di Lanzarote: oggi, finalmente, il turismo sessuale e gli adescamenti on-line sono considerati reato. Per i minori con disabilità l’assenza di dati sulla violenza è totale (art. 7 della CRPD). Minori stranieri non accompagnati45 Per quanto riguarda la raccomandazione UPR numero 34 relativa all’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati si segnala che rimane ancora aperta la questione del diritto alla protezione e all’accoglienza. Nel 2013 sono arrivati in Italia via mare quasi 43.000 migranti, di cui circa 5.200 minori non accompagnati (MNA)46 e 3.000 minori in nucleo familiare. Mentre il numero di adulti si è quasi triplicato rispetto al 2012, quello dei MNA è poco più che raddoppiato, ma è il numero dei minori giunti in nucleo familiare a essere aumentato esponenzialmente: il dato del 2013 è dieci volte superiore a quello dell’anno precedente. È cambiata anche la provenienza dei minori: la quasi totalità (2.440) dei minori accompagnati sono siriani, mentre la maggior parte dei MNA proviene dalla Siria (1.224), dall’Egitto (1.144), dalla Somalia (820) e dall’Eritrea (685)47. All’incremento degli arrivi via mare, non corrisponde lo stesso aumento nelle presenze dei MNA in Italia, che si mantiene quasi costante rispetto all’anno precedente. Al 31 gennaio 2014 risultano essere 7.824 i MNA segnalati dalle comunità al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – D.G. dell’immigrazione e delle politiche di integrazione48, di cui 41 Regolamento Scolastico 1928;; Cass. Sez. I, ord. 2876 del 29/03/1971: “…gli ordinamenti scolastici escludono in maniera assoluta le punizioni consistenti in atti di violenza fisica”. 42 Legge n. 354/1975 - Norme sull’ordinamento Penitenziario, “non consente l’impiego della forza fisica nei confronti dei detenuti”. 43 Per esempio, in Svezia il 14,1% dei genitori dichiara di aver schiaffeggiato i propri figli; mentre in Francia, dove le punizioni fisiche non sono vietate, il 71,5% dei genitori le utilizza ancora. Dati elaborati nell’ambito della ricerca: The Effect of Banning Corporal Punishment in Europe: A Five-Nation Comparison, ottobre 2009. 44 Si segnala che nel 2011 Save the Children Italia ha lanciato la campagna di sensibilizzazione “A MANI FERME. Per dire NO alle punizioni fisiche contro i bambini”, nell’ambito della quale sono stati realizzati materiali informativi tra cui la Guida pratica alla genitorialità positiva. Come costruire un buon rapporto genitori-figli e leaflet per genitori. Tutti i materiali sono disponibili al link www.savethechildren.it/amaniferme. La campagna è stata realizzata nell’ambito del Progetto “Educate, do not punish”, finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del Programma Daphne III. 45 Dati ripresi dal paragrafo “Minori stranieri non accompagnati. Il diritto alla protezione e all’accoglienza nel 6° Rapporto CRC e 7° Rapporto CRC, disponibile al link, http://www.gruppocrc.net/IMG/pdf/Cap_7_par_1_Minori_stranieri_non_accompagnati.pdf 46 Per “minori non accompagnati” s’intendono i minori che si trovano in Italia privi di assistenza e rappresentanza da parte di genitori o di altri adulti per loro legalmente responsabili. 47 Dati forniti dal Ministero dell’Interno a Save the Children – partner del Progetto Praesidium. Per maggiori informazioni sul profilo dei minori in arrivo via mare, si vd. Save the Children, Dossier minori migranti in arrivo via mare 2013, dicembre 2013, disponibile al link: http://risorse.savethechildren.it/files/comunicazione/Ufficio%20Stampa/I%20MINORI%20IN%20ARRIVO%20VIA%20 MARE_2013.pdf. 48 Dal 2012 la Direzione Generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha assorbito ruolo e funzioni del Comitato per i Minori Stranieri (Decreto Legge n. 95/2012, art. 12, comma 20, convertito con modifiche nella Legge n. 135/2012). 46 1.872, alla stessa data, risultavano essere irreperibili. La maggior parte dei MNA segnalati (6.150) sono ragazzi con un’età compresa tra i 16 (1.962) e i 17 anni (4.238). Per quanto riguarda le nazionalità, si rileva un aumento del numero di MNA egiziani (1.697) e albanesi (915), mentre sono in lieve diminuzione i MNA del Bangladesh (1.026) 49. Nonostante il numero di arrivi e presenze di MNA sia diminuito e nonostante gli impegni presi pubblicamente da parte del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, anche nel 2013 non si è provveduto ad una riforma del sistema di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati. Nel corso del 2013 non vi sono stati rilevati cambiamenti in materia di accertamento dell’età. Si rileva, in particolare, con preoccupazione, non solo la mancata formale adozione a livello nazionale del c.d. Protocollo Ascone23, ma anche l’uso sempre più diffuso e sistematico dell’accertamento medico dell’età tramite radiografia del polso. La raccomandazione numero 40 sul diritto di cittadinanza 50 , accolta dal nostro Governo, rimane a nostro avviso ancora disattesa. Per quanto riguarda l’accesso alla cittadinanza per i minori stranieri nati in Italia o arrivati sul territorio da bambini, il principio ispiratore dell’attuale Legge sulla cittadinanza 91/1992 è lo jus sanguinis, ovvero il diritto di acquisire la cittadinanza se uno dei genitori è italiano; la norma prevede che il minore nato in Italia da cittadini stranieri possa divenire cittadino italiano a condizione che vi abbia risieduto legalmente e ininterrottamente fino al raggiungimento della maggiore età e dichiari, entro un anno da questo, di voler acquisire la cittadinanza italiana (art. 4, co. 2). Può però spesso accadere che i neo maggiorenni di origine straniera, non essendo a conoscenza di tale limite temporale, non presentino la domanda in tempo, perdendo così la possibilità di riconoscimento di questo diritto. L’eccessiva rigidità della norma, solo in parte stemperata dalle due successive Circolari del Ministero dell’Interno del 2002 e 2007, esclude, di fatto, dalla possibilità di accesso alla cittadinanza molti minorenni di seconda generazione, nati e vissuti in Italia ma che non posseggono le caratteristiche richieste di residenza legale e continuativa. Inoltre, la Legge 91/1992 non contempla nessuna disposizione di acquisizione della cittadinanza nel caso dei minori, figli di genitori stranieri, arrivati in Italia da piccoli. Per loro, una volta divenuti maggiorenni, non è prevista la possibilità di acquisizione della cittadinanza, se non attraverso i canali già previsti per gli adulti (10 anni di residenza o matrimonio). Un ultimo aspetto di criticità della Legge 91/1992, riguarda l’ostacolo derivante dall’impossibilità di effettuare il giuramento richiesto per l’attribuzione della cittadinanza da parte di persone di minore età affette da qualsiasi tipo di patologia che limita la capacità di intendere e di volere. Se da un lato la legislazione mostra tutte le criticità elencate sopra, dall’altro, e questo rende ancora più urgente una riforma legislativa sul tema, le statistiche indicano una presenza sempre più radicata di minori nati sul territorio italiano da genitori stranieri. La Fondazione ISMU ha stimato che al 1° gennaio 2013 non avevano un titolo valido di soggiorno 294.000 stranieri, pari al 6% del totale delle presenze51.. Secondo i più recenti dati ISTAT 52 , gli stranieri residenti in Italia al 1° gennaio 2013 sono 4.387.721, 334.000 in più rispetto all’anno precedente (+8,2%). Il calcolo effettuato dopo l’ultimo censimento registra un aumento della quota di cittadini stranieri, sul totale dei residenti (italiani e stranieri), dal 6,8% del 1° gennaio 2012 al 7,4% del 1° gennaio 2013. I 49 Fonte: Report Nazionale Minori Stranieri non Accompagnati al 31/01/2014, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali - D.G. dell’Immigrazione e delle Politiche di Integrazione - Divisione IV. Disponibile online al link: http://www.lavoro.gov.it/AreaSociale/Immigrazione/minori_stranieri/Documents/Report%20MSNA31012014.pdf. I dati aggiornati vengono pubblicati mensilmente/bimestralmente. 50 Dati ripresi dal paragrafo “Diritto di registrazione e di cittadinanza” nel 6° Rapporto CRC e 7° Rapporto CRC, disponibile al link, http://www.gruppocrc.net/IMG/pdf/Cap_3_par_1-_Diritto.pdf 51 Fondazione ISMU, Diciannovesimo rapporto sulle Migrazioni 2013, Franco Angeli, Milano 2014. Cfr. ISTAT, La popolazione straniera residente in Italia al 1 Gennaio 2013. Si noti l’infografica “Stranieri e nuovi cittadini”: http://www.istat.it/storage/infographics/infografica-stranieri.pdf. 52 47 neonati stranieri nel 2012 costituiscono il 15% del totale dei neonati in Italia. Rispetto al 2011, l’incremento delle nascite di bimbi stranieri è dell’1%, mentre nel 2010 era dell’1,3%. I minori di origine straniera nati nel nostro Paese, le cosiddette seconde generazioni, sono ormai più di 500.000, poco meno del 60% del totale di minori stranieri residenti. Garante Nazionale per l’Infanzia53 Nel 2011 è stata approvata la Legge per l’istituzione del Garante nazionale e a novembre dello stesso anno è stato nominato il primo Garante Nazionale per l’Infanzia e l’Adolescenza. Il 2012 è stato quindi il primo anno in cui in Italia è stata presente tale figura, anche se si segnala che il regolamento, che rende operativa tale Autorità, è stato approvato solo a settembre 2012. La Legge di Stabilità 2013/2015 ha però confermato per il 2013 il Fondo di 1 milione per il funzionamento dell’Ufficio del Garante Nazionale per l’Infanzia e l’Adolescenza. Nel regolamento vengono stabilite le norme che regolano le attività dell’Autorità Garante. In particolare, la sede, la composizione e l’organizzazione dell’Ufficio (artt. 4 e 5), nonché l’organizzazione della Conferenza nazionale per la garanzia dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (art. 8). Il 10 aprile 2014 è stata presentata in Parlamento la Terza relazione annuale 54. A partire dal 2013 è diventata operativa la Conferenza nazionale per la garanzia dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza55, presieduta dal Garante e composta dai Garanti regionali (ne fanno parte Calabria, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Toscana, Umbria, Veneto e i Garanti delle due Province Autonome di Bolzano e Trento). La conferenza si è riunita 3 volte nel 2013. È avvenuta la prevista nomina di un Garante Coordinatore nella persona del Garante regionale del Lazio. Sul funzionamento della struttura organizzativa dell’Autorità si registra una grave difficoltà nello svolgimento del proprio mandato a causa del dimezzamento dei fondi messi a disposizione e “l'obbligo di non avvalersi di esperti "56. A partire dal dicembre 2013, è stata istituita anche la Consulta nazionale delle associazioni e delle organizzazioni, prevista dal Regolamento attuativo dell’Autorità di garanzia. Per quanto concerne i Garanti regionali per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, si segnala che solo la Valle d’Aosta e l’Abruzzo 57 non hanno approvato una legge che prevede l’istituzione di tale figura. Tuttavia, le leggi istitutive differiscono in mandato, competenze e risorse a disposizione, provocando un’ulteriore differenziazione nell’accesso ai diritti. Rispetto alla nomina, al momento della stesura del presente Rapporto di aggiornamento 58, sono attivi 10 Garanti regionali, a cui si aggiungono i due delle Province Autonome di Trento e Bolzano, anche se si segnala che due di questi non hanno un mandato esclusivo 59. In particolare con riferimento all’attuale disegno di legge in discussione in Parlamento per l’istituzione di una Istituzione nazionale indipendente sui diritti umani occorrerà, nella definizione finale della legge in materia, accordare particolare attenzione al raccordo con il Garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, per dare attuazione ad un approccio che 53 Dati ripresi dal paragrafo “Istituti di garanzia e tutela dell’infanzia e dell’adolescenza” nel 6° Rapporto CRC, disponibile al link, http://www.gruppocrc.net/IMG/pdf/Cap_1_par_5-_Istituti_di_Garanzia.pdf 54 Le relazioni sono disponibili al seguente link: http://www.garanteinfanzia.org. 55 Art. 8 del Regolamento. 56 http://www.repubblica.it/solidarieta/dirittiumani/2014/06/18/news/crisi_la_povert_riguarda_oltre_300_mila_bambini_in_italia-89370105/ 57 L’Abruzzo, con Legge Regionale n. 46 del 2 giugno 1988, ha affidato in convenzione la funzione e il ruolo di “Difensore dell'infanzia” al Comitato Italiano per l'UNICEF. 58 Si segnala che, in occasione del 20 novembre 2013, alcune Regioni italiane hanno approvato una mozione dedicata all’infanzia e l’adolescenza: in Lombardia (moz. 000138 del 19 novembre 2013) tale documento impegna il Presidente e la Giunta Regionale “a dare piena attuazione alla legge regionale 6/2009 procedendo in tempi brevi alla nomina del Garante regionale per infanzia e adolescenza”;; in Sicilia (moz. 225) impegna il Governo della Regione “a provvedere in tempi brevi alla nomina del Garante regionale”. 59 Nelle Marche, l’Autorità di garanzia si occupa sia degli adulti che dei minorenni;; a Trento, il difensore civico ha anche il ruolo di Garante per i diritti dei bambini e degli adolescenti. 48 inserisca i diritti dei bambini e degli adolescenti a pieno titolo all’interno di un rafforzato quadro di riferimento nazionale sui diritti umani. 10. Sovraffollamento nelle carceri, Racc. 45, 46 Le Raccomandazioni 45 e 46, entrambe accettate, reclamano iniziative per ridurre il sovraffollamento delle carceri italiane suggerendo l’adozione di misure alternative alla reclusione e la possibilità di reintegrazione dei detenuti stranieri. Nel maggio 2013 la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia a risolvere entro un anno, cioè entro maggio 2014, il problema del sovraffollamento negli istituti di pena e a prevedere i rimborsi per i detenuti vittime del problema. L'8 gennaio scorso la Corte europea aveva infatti condannato l’Italia per aver sottoposto sette detenuti del carcere di Busto Arsizio e di Piacenza a condizioni inumane e degradanti in quanto condividevano celle di 9 metri quadri con altri due carcerati e non avevano sempre accesso alle docce spesso prive di acqua calda. La Corte, rigettando il ricorso del governo italiano, ha condannato l’Italia a risarcirli con quasi 90 mila euro e ha dato al governo un anno di tempo per risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri e introdurre nel proprio ordinamento misure che garantiscano ai detenuti di poter ottenere un miglioramento delle loro condizioni oltre che un risarcimento per i danni subiti. Inoltre ha solleva dubbi sulle misure prese sin dal 2010, in particolare con il "piano carceri", e invita le autorità italiane a mettere in atto misure alternative al carcere e a ridurre al minimo il ricorso al carcere preventivo. In relazione a ciò, il decreto-legge n. 78 del 2013 ha inteso dare un nuovo impulso al "Piano Carceri" con una serie di misure in materia di esecuzione della pena, volte a fronteggiare il sovraffollamento. Il Ministro della Giustizia, Cancellieri, ha dichiarato, quindi che entro il mese di maggio 2014 sono previsti altri 4 mila nuovi posti detentivi mentre al completamento del Piano Carceri, cioè entro la fine del 2015, i nuovi posti saranno circa 10 mila. Questi numeri dovrebbero essere raggiunti grazie alla creazione di nuovi posti di cui una parte ottenuti in edifici oggi destinati ad ospedale psichiatrico giudiziario e la riapertura di spazi detentivi nell'isola di Pianosa. , alla riduzione della detenzione preventiva in attesa di giudizio e al potenziamento dei lavori socialmente utili. L'incremento ipotizzato della ricettività carceraria appare però, in relazione alla tempistica prevista per l'incremento complessivo, insufficiente rispetto all'obbiettivo di ottemperare tempestivamente e in modo completo alla sentenza della Corte di Strasburgo. Al 30 settembre 2013 sono usciti dagli istituti penitenziari nazionali 12.109 detenuti di cui 3.478 stranieri per effetto della legge 199/2010, la cosiddetta “sfolla carceri”. Al 31 ottobre 2013, secondo le statistiche del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, tra i 205 istituti penitenziari italiani si contano 64.323 detenuti, su 47.668 posti regolamentari (Di questi 2.800 sono donne). Riguardo al problema della carenza di personale, il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria rileva che a fronte di una di 534 unità previste per il personale dirigenziale ne operano effettivamente solo 416 con un divario del 22,1%, mentre sono attivi 1.002 funzionari giuridico-pedagogici (in precedenza denominati educatori) a fronte di organico previsto di 1.376 elementi con un divario quindi del 27,2%. e 1.058 funzionari di servizio sociale contro i 1.630 elementi previsti, con un divario del 35,1 %. L'organico della Polizia Penitenziaria dovrebbe essere di 41.281 unità, ma sono attive solo 37.590 unità con un divario dell'8,9%, che apparentemente non sembra costituire una grave carenza ma che nei fatti non tiene conto dell'altissimo numero di operatori che non vengono utilizzati presso le sedi detentive, ma vengono dislocati presso enti od organi esterni al Dap e al ministero della Giustizia, tra i quali organi del Parlamento, uffici non giudiziari del ministero della Giustizia, uffici giudiziari e non di Roma e altre sedi non detentive, Presidenza del Consiglio e “organi di rango costituzionale” come Presidente della Repubblica Governo, Parlamento e Corte Costituzionale e altri eventuali enti. Inoltre l'implementazione dell'organico della polizia penitenziaria che era stata prevista dal 49 Governo non è stata attuata. Il personale è quindi ancora carente e si trova, oltre a far fronte a questa già di per sé difficile gestione, a dover trattare con un numero di detenuti superiore alla capienza regolamentare in una sproporzione che va a scapito sia del personale stesso sia dei detenuti. Rimane costante quindi la relazione sempre più stretta tra il sovraffollamento e la frequenza dei suicidi in carcere, favoriti anche dalle pessime condizioni di vivibilità delle strutture. A tal proposito il Sindacato Autonomo Polizia penitenziaria (Sappe) ha rivolto ad agosto 2013 un appello al governo perché sia risolta al più presto la “sempre più critica e drammatica situazione degli organici della Polizia penitenziaria”. A fronte di una popolazione detenuta che si attesta sempre di quasi 20.000 unità in più oltre i 43mila posti letto effettivi delle carceri italiane, con tutte le relative valenze di pericolo e di trattamento, gli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria diminuiscono ogni anno di 800 - 1.000 unità, per ragioni fisiologiche, senza essere adeguatamente sostituiti. Dal 2008 al 2013 sono state perse di forza circa 7.500 unità, che non sono state compensate. Il sovraffollamento è anche una questione dei costi sociali: dal 2007 i detenuti sono aumentati del 50 per cento e le risorse del D.A.P. sono diminuite del 10 per cento. Il costo medio giornaliero per singolo detenuto nel 2012 è stato di 124,73 Euro. Al 30 giugno 2013 la situazione sembra leggermente migliorata attestandosi al 123,78 Euro, ma dobbiamo arrivare alla fine dell'anno per avere dati definitivi. La Raccomandazione 46 suggeriva “l'adozione di misure alternative alla privazione della libertà personale ... e la possibilità di reintegrazione dei detenuti stranieri.” Il “Piano carceri” prevede a questo scopo l'ampliamento il modello di detenzione “aperta”, in cui le stanze in cui pernottano i detenuti siano deputati a luoghi per il riposo e non per lo svolgersi della giornata quasi nella sua totalità. Questo provvedimento di tipo amministrativo sarà messo a punto da un’apposita Commissione e rivolto prioritariamente ai detenuti classificati come richiedenti misure di media o bassa sicurezza, riguardando quindi la quasi totalità della popolazione detenuta, coinvolgendo più di 50.000 detenuti. La detenzione “aperta” è già in fase di attuazione, riguarda la permanenza fuori dalle camere di pernottamento e dalle sezioni del 29% dei detenuti e secondo il programma del governo nell'aprile 2014 usufruirà di questa condizione il 79% dei detenuti. L’ipotesi di detenzione aperta si accompagnerà ad altri interventi tra cui l’estensione dell’attività lavorativa nell’ambito della riorganizzazione del sistema detentivo. La gestione dei fondi prevede di ricollocare le risorse in relazione a un piano nazionale di elaborazione di spazi all’interno degli Istituti penitenziari idonei ad accogliere attività lavorative. Riguardo la possibilità di integrare professionalmente i detenuti, nel 2012 i lavoranti in carcere sono stati 13.808, cioè il 21,02 per cento della popolazione detenuta, di cui 11.557 alle dipendenze dell'Amministrazione Penitenziaria e 2.251 per datori di lavoro esterni (intesi come enti no profit o cooperative). Al 30 giugno 2013 i detenuti lavoranti in carcere erano 13.727, cioè il 20,79 per cento della popolazione carceraria, tra i quali 11.579 alle dipendenze dell'Amministrazione Penitenziaria e 2.148 per datori di lavori esterni. Percentuali rimaste quindi pressoché invariate. In base alle nuove direttive le imprese che hanno in carico detenuti lavoratori saranno riconosciuti il credito d’imposta fino al 31 agosto 2013 e gli sgravi contributivi fino al 31 dicembre 2013. Tale decreto dovrebbe rendere effettiva la cifra di 16 milioni di euro per l’applicazione della cosiddetta “legge Smuraglia”. Il fondo era stato previsto dalla Legge di stabilità 2013 (n. 228/2012) e prevede di incentivare misure alternative come il lavoro dopo la pena: un fattore riabilitativo che produce un abbattimento della recidiva quasi nel 98% dei casi. Per quanto riguarda la rieducazione dei detenuti, per le attività trattamentali, (scolastiche, culturali, ricreative, sportive) vengono spese giornalmente 0,23 Euro a testa, cifra che impedisce di svolgere la rieducazione. 50 I detenuti stranieri erano 23.492 nel 2012 e sono passati, al 31 ottobre 2013, a 22.586, di cui 1.109 donne. La lieve flessione registrata nell’ultimo anno si deve in parte alla legge “svuota carceri”, in parte all’impatto significativo della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che nell’aprile del 2011 ha sancito il dovere dei giudici italiani di disapplicare le norme presenti nella legge Bossi-Fini che prevedevano l’arresto per l’inottemperanza all’obbligo di allontanamento del Questore per l’extracomunitario non in regola coi documenti. Molti stranieri detenuti hanno compiuto reati legati all'uso o alla detenzione di sostanze stupefacenti. Ben il 36% della popolazione carceraria è dentro per avere violato la legge Fini-Giovanardi sulle droghe. Le misure alternative alla detenzione, quando applicate, hanno avuto buon esito con una recidiva dello 0,46 per cento. Sarebbe utile quindi una rivalutazione delle pene, delle misure alternative alla detenzione e della loro applicabilità, soprattutto nel caso degli stranieri. 11. Tortura, Racc. 4, 6, 8 Vedi paragrafo su “1. Diritti Civili e Politici e strumenti internazionali” 12. Tratta, Racc. 83, 84, 85, 86, 87, 88 Il 15 aprile 2013, la Commissione europea ha presentato la prima relazione sulla tratta degli esseri umani dalla quale emerge che l' Italia detiene il triste primato per la tratta di esseri umani: 1.624 casi nel 2008, 2.421 nel 2009 e 2.381 nel 2010. Tra i minori, le vittime sono per lo più ragazze, sfruttate principalmente nella prostituzione e provenienti dall’Est Europa o dalla Nigeria ma cominciano ad affiorare evidenze anche di sfruttamento nel lavoro di ragazzi (egiziani, cinesi) mentre fenomeni di tratta e grave sfruttamento riguardano anche minori provenienti per lo più dalla Romania e in particolare di origine Rom, coinvolti in circuiti di prostituzione, accattonaggio, attività illegali. A rischio di sfruttamento e tratta sono poi i numerosi i minori stranieri non accompagnati che sono “in transito” nel nostro paese, come gli afgani. Si stima che siano 30.000 i minori in Italia coinvolti in lavori pericolosi per la loro salute, sicurezza o integrità morale. Fra di essi ci sono sia ragazzi italiani che minori di origine straniera, soprattutto egiziani. Giovani tra i 13 e i 16 anni sfruttati principalmente nel settore commerciale (frutterie, bar, ristorazione, panifici, mercati generali). Il 30 maggio 2013 la Commissione europea ha inoltre aperto una procedura d' infrazione ( n. 2013/0228 ) inviando all'Italia una lettera di messa in mora ( ex art. 258 TFUE ) per il mancato recepimento della direttiva 2011/36/UE del 5 aprile 2011, concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/629/GAI. In seguito l'Italia con la Legge di delegazione europea del 12 luglio 2013 ha, all'art. 5 del provvedimento, dettato specifici criteri di delega per il recepimento della suddetta direttiva sulla tratta di esseri umani e la protezione delle vittime. Tali criteri direttivi prevedono che l'attuazione della direttiva avvenga senza pregiudizio alcuno di diritti, obblighi, responsabilità ( individuali come statali ) posti dal diritto internazionale umanitario; si soffermano sul coordinamento per la tutela, l'assistenza e il diritto di asilo alle vittime della tratta di esseri umani; sulla necessità di adottare procedure efficaci volte sia a facilitare l'identificazione di minori non accompagnati che ad informare i minori stessi sui loro diritti, con particolare riferimento alla protezione internazionale, e delle decisioni prese nei loro confronti, tenendo in preminente conto il superiore interesse del minore. Il sistema italiano di protezione sociale per le vittime di tratta si fonda su tre pilastri di azione: l’emersione, l’identificazione e la prima assistenza, l’inclusione socio-lavorativa o il rientro assistito. A questi pilastri sono collegati i seguenti dispositivi di intervento: Numero Verde Nazionale anti-tratta (800.290.290); 51 Programma di prima assistenza, ai sensi dell’art. 13 “Istituzione di uno speciale programma di assistenza per le vittime dei reati previsti dagli articoli 600 e 601 del codice penale” della legge 228/2003 (“Misure contro la tratta”);; Programma di assistenza e integrazione sociale previsto dall’art. 18 “Soggiorno per motivi di protezione sociale” del d.lgs. 286/98 “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”. Dal 2006 i progetti ex art. 13 garantiscono assistenza alle presunte vittime di tratta e a quelle già identificate come tali per un periodo minimo di tre mesi che, ove possibile, può essere esteso ad altri tre mesi. Durante questo lasso temporale, le persone prese in carico da enti pubblici o del privato sociale hanno diritto ad adeguate condizioni di alloggio, di vitto, di assistenza sanitaria e legale. In molti casi, una volta concluso il progetto individuale ex art. 13, le persone continuano ad essere assistite nell’ambito dei progetti ex art. 18. Dal 1999 al 2012, il Dipartimento per le Pari Opportunità ha co-finanziato 665 progetti ex art. 18. Da oltre un decennio, dunque, attraverso tali progetti, le persone trafficate possono accedere ai seguenti servizi ed attività finalizzati all’inclusione sociolavorativa e, quindi, al raggiungimento dell’autonomia individuale dal 2006 al 2012, i progetti ex art. 13 finanziati sono stati 166. Alla base di una “criticità’” nell’affrontare il fenomeno della tratta in Italia, vi è la scarsa volontà politica di porre in essere “un piano nazionale antitratta”;; nonché “il tardivo recepimento della Direttiva europea 36/2011”;; come anche “la mancanza di un/a National Rapporteur” e, quindi, la inottemperanza di normative e documenti di indirizzo europeo ed internazionale che l’Italia ha sostenuto, recepito o ratificato nel corso degli ultimi quindici anni (es. la su citata Direttiva europea 36/2011 concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime; Convenzione sulla lotta contro la tratta di esseri umani del Consiglio d’Europa, 2005;; Piano di Azione OSCE per la Lotta alla Tratta di Esseri Umani, 2003; OIL ). L’incertezza, la scarsità e i progressivi tagli dei finanziamenti assegnati ai programmi ex artt. 13 e 18 condizionano e penalizzano gli interventi anti-tratta e, quindi, la tutela della vittime a discapito della, sia pur ineccepibile, previsione normativa che il legislatore italiano ha previsto. 13. Indipendenza della Informazione, Racc. 50, 51, 52, 53, 54 Come già notato in occasione del lancio del monitoraggio UPR da parte del Comitato nel luglio 2011, le raccomandazioni n.50-54 in materia di libertà dei media nei confronti dell’Italia, anche se formalmente accettate, sono state di fatto largamente respinte da parte del governo italiano (A/HRC/14/4/Add.1 31 maggio 2010) che ha opposto la bontà della legislazione vigente ad ogni rilievo, compreso la richiesta di depenalizzazione per il reato di diffamazione. Il rapporto del governo italiano accoglie invece senza riserve la raccomandazione n.54 relativa alla protezione di giornalisti oggetto di minacce da parte della criminalità organizzata, anche perché ritiene che sia “già attuata o in corso di attuazione”. Il rapporto odierno di Ossigeno per l’Informazione costituisce dunque una puntuale informativa sull’attuazione della raccomandazione in questione per quanto riguarda i giornalisti oggetto di minacce da parte della criminalità, ma anche per ciò che concerne i limiti alla libertà di stampa derivanti dalla legislazione vigente in materia di diffamazione, l’unico campo di riforma dei media nel quale sia stato iniziato un percorso di riforma durante l’attuale legislatura. Per quanto riguarda le altre raccomandazioni formulate dai paesi membri e dalle organizzazioni internazionali partecipanti al meccanismo UPR, e in particolare quelle sulla concentrazione dei media, la mancanza di indipendenza dei media del servizio pubblico e il conflitto d’interesse, l’Italia ha continuato ad opporre la legislazione vigente, le cosiddette “Legge Gasparri” (N.112 2004) e “Legge Frattini” (N.215 2004), dichiarando che sono idonee a garantire la libertà dei media. Questa posizione è stata ribadita dal governo italiano, che ha citato il proprio rapporto presentato in occasione dell’esame dell’Italia in sede UPR, al momento della discussione del rapporto CERD sull’Italia (CERD/ITA/16-18) nel febbraio 2012. In quest’ultima occasione il governo italiano ha rivendicato l’adeguatezza della propria legislazione in materia di 52 trasmissioni radiotelevisive al fine di garantire un servizio pubblico pluralistico e non discriminatorio. La posizione italiana adottata sin qui ha evitato di tenere in alcun conto le osservazioni contrarie e le raccomandazioni degli organismi internazionali, a cominciare dal Rapporto sulla visita in Italia dello Special Rapporteur on the promotion and protection of the right to freedom of opinion and expression del Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU60 indicata in calce come 1, il quale si riferisce a precedenti valutazioni negative della legislazione vigente italiana in materia dei media da parte, in particolare, dell’Alto Rappresentate per i Media dell’OSCE e della Commissione di Venezia del Consiglio d’Europa, per raccomandare la revisione delle norme vigenti in materia: “The Special Rapporteur strongly recommends that the Government revisit its legislation”. Intimidazioni La legge sulla stampa n.47 del 1948 e gli articoli del Codice Penale in materia di diffamazione e di segreto professionale dei giornalisti non sono stati ancora riformati. Queste norme consentono atti intimidatori che determinato un oscuramento di notizie e di opinioni sempre più esteso. Violenze (spesso impunite), querele strumentali, abusi del diritto, procedure giudiziarie svantaggiose, finanziamenti in cambio della rinuncia al pluralismo permettono di realizzare quella forma di “censura camuffata” che il Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa Nils Muiznieks ha denunciato citando il caso italiano 61. Ogni anno centinaia di giornalisti italiani sono vittime di questa forma di censura. Nonostante il fenomeno sia evidente, le autorità pubbliche e i media non vi prestano alcuna attenzione. Poco impatto politico e mediatico ha avuto perfino la documentata indagine condotta nel 2012 dalla Commissione Parlamentare Antimafia, raccogliendo la drammatica testimonianza di dieci giornalisti minacciati a causa del loro lavoro in tre regioni (Calabria, Campania e Sicilia). In base alla documentazione raccolta, la Commissione ha rivolto al Parlamento e al Governo alcune raccomandazioni urgenti che finora non sono state accolte. Fra l’altro, la Commissione ha chiesto: maggiore protezione dei giornalisti; una verifica della effettiva proprietà dei media per i quali sospettano infiltrazioni mafiose; il pieno riconoscimento del segreto professionale ai cronisti. L’indagine Parlamentare ha illuminato a giorno le difficoltà degli operatori dei media nelle regioni in cui la criminalità organizzata ha un radicamento storico. Lo stesso tipo di intimidazioni, come rivelano altri dati, si verifica in tutte le aree del paese, con l’eccezione del centro delle aree metropolitane, dove la presenza di un alto numero di giornalisti e di testate in concorrenza fra loro rende impossibile nascondere informazioni rilevanti. Ma questo effetto cessa già nelle periferie delle aree metropolitane. Molti giornalisti si piegano alle imposizioni, si auto censurano o subiscono la censura imposta con le minacce. Altri si ribellano e subiscono ritorsioni. Per queste ragioni in Italia, fra il 1960 e il 1993, sono stati assassinati 11 giornalisti che pubblicavano inchieste sulla mafia e sul terrorismo. Dal 2007 al 2013 molti giornalisti sono stati minacciati di morte a causa del loro lavoro e almeno dieci di loro vivono sotto scorta armata permanente. Centinaia di giornalisti ricevono avvertimenti e intimidazioni analoghe. Alcuni hanno subito minacce tali da indurre le forze dell’ordine a proteggerli sistematicamente con le armi. Altre centinaia di giornalisti devono difendersi in tribunale da accuse strumentali sostenendo, in proprio, spese di giudizio superiori alle possibilità offerte dai loro modesti guadagni. Solo alcuni giornalisti denunciano le intimidazioni. Gli altri non hanno la forza per farlo. Una grande parte di intimidazioni è attuata con l’abuso delle norme sulla diffamazione, delle procedure giudiziarie e di altre leggi vigenti che consentono di mettere in difficoltà un 60 Il quale nel suo rapporto Addendum A/HRC/26/20/Add. 3 pubblicato il 29 aprile 2014 sottolinea l’importanza della creazione in Italia di una istituzione nazionale indipendente per i diritti umani secondo i Principi di Parigi anche per quanto riguarda questi aspetti. 61 http://www.ossigenoinformazione.it/2012/06/troppi-giornalisti-minacciati-commissario-diritti-umani-consiglioeuropa-cita-litalia-8682/ 53 giornalista e un giornale che ha pubblicato notizie sgradite. La facoltà del querelante di chiedere danni di importo illimitato induce molti giornalisti ad autocensurarsi. Le statistiche ufficiali non contengono dati specifici sul fenomeno. Il Governo non fornisce le informazioni in suo possesso ai membri del Parlamento che le hanno chieste con ripetute interrogazioni. La Commissione Antimafia ha avviato la sua indagine basandosi sui dati dell’osservatorio indipendente “Ossigeno per l’Informazione”, che fa un monitoraggio continuo del fenomeno e pubblica i nomi dei minacciati e delle vittime di abusi, classificando trenta differenti tipologie di intimidazione. I dati dicono che gli operatori dei media intimiditi in Italia da gennaio 2006 a giugno 2013 sono 1900. Da gennaio a ottobre del 2013 sono stati 306. Nei primi cinque mesi si è registrato un aumento del 50% rispetto all’anno precedente. Gli esperti dell’Osservatorio hanno dichiarato alla Commissione Antimafia che l’osservatorio viene a conoscenza di molti altri episodi che non può rendere pubblici per volontà delle vittime o perché non dispone di sufficiente documentazione. In base a queste considerazioni, Ossigeno stima che per ogni caso reso pubblico dall’osservatorio se ne verificano almeno altri dieci. Nel 2012 il Procuratore Nazionale Antimafia, Pietro Grasso, oggi presidente del Senato, ha citato i dati di Ossigeno e ha affermato che “non possono non destare preoccupazione”. Diffamazione La diffamazione continua ad essere regolata dalla legislazione che ha suscitato le raccomandazioni contenute nel Rapporto presentato a Ginevra il 3 marzo 2005. Nel 2013 il Parlamento ha avviato la discussione di una nuova proposta di legge che è stata approvata il 17 ottobre 2013 dalla Camera dei Deputati e trasmessa al Senato che, al momento in cui viene redatto questo rapporto, deve ancora esaminarla. Il testo all’esame del Senato non allinea pienamente la legislazione italiana agli standard internazionali, non impedisce di invocare strumentalmente il diritto di tutelare la propria reputazione allo scopo di limitare la libertà di espressione e di informazione. La novità principale della proposta di legge è la cancellazione della pena detentiva attualmente prevista per i giornalisti, che possono essere condannati per diffamazione a sei anni di carcere. Il Parlamento esita a fare questo passo nonostante ripetuti richiami del Presidente della Repubblica e nonostante l’arresto del giornalista Alessandro Sallusti (2012) e del giornalista Francesco Cangemi e (2013) abbiano destato clamore e indignazione. La Corte europea di Giustizia, negli ultimi anni, ha accolto numerosi ricorsi di giornalisti italiani condannati a pene detentive. La proposta di legge prevede altre novità positive: il giudice potrà imporre una sanzione economica (sia pure limitata) a chi presenta querele strumentali (malicious complainants); decadrà l’aggravante applicabile se il diffamato è un rappresentate delle alte istituzioni o una di queste istituzioni;; il termine entro cui promuovere un’azione civile di risarcimento del danno alla reputazione sarà ridotto da dieci a due anni. Invece il principale richiamo delle istituzioni internazionali, ovvero la richiesta di depenalizzare la diffamazione, non è stata presa in considerazione dal Parlamento. Altri aspetti deludenti sono i seguenti: la riforma non bilancia esigenze giudiziarie e segreto professionale dei giornalisti; non prevede tempi rapidi per rigettare le querele e le azioni civili infondate; non riduce la durata dei processi per diffamazione, che si protraggono per molti anni; non pone un tetto all’importo dei danni che si possono chiedere a un giornalista. Inoltre la legge in discussione non commisura la sanzione pecuniaria alla capacità economica del condannato; permette sanzioni economiche talmente elevate da indurre il giornalista a interrompere l’attività;; lascia al giudice la facoltà di infliggere la sospensione dell’attività giornalistica; la rettifica diventa causa di non punibilità ma a condizione che sia pubblicata senza commento, senza distinguere fra la rettifica di giudizi e opinioni; i media radiotelevisivi e l’informazione web vengono assimilati in parte alle rigide regole previste per la stampa scritta. Discriminazioni e stereotipi di genere veicolati dall’informazione A partire dal 2012 e nel corso del 2013, di fronte ai dati drammatici del femminicidio, e di fronte alle inadempienze dello Stato italiano rilevate dalle Raccomandazioni Onu all’Italia del 2011, la Special Rapporteur Rashida Manjoo ha svolto una Missione conoscitiva in Italia e, con un Rapporto presentato a Ginevra il 25 giugno 2013, ha messo in evidenza la 54 preoccupazione per la rappresentazione della donna quale oggetto sessuale e per gli stereotipi circa i ruoli e le responsabilità dell’uomo e della donna nella famiglia e nella società. Il Rapporto chiede che l’Italia si impegni “a eliminare gli atteggiamenti stereotipati circa i ruoli e le responsabilità delle donne e degli uomini nella famiglia, nella società e nell’ambiente di lavoro”. E conferma in tal modo, quanto è da tempo oggetto di denuncia in Italia, da parte della associazioni delle donne e delle giornaliste: la cattiva qualità dell’informazione e della comunicazione nella rappresentazione dei generi e il suo essere veicolo di pensieri, abitudini e atteggiamenti stereotipati che discriminano la donna e non aiutano a creare una cultura di rispetto nelle relazioni tra i sessi tesa anche a prevenire il femminicidio. Una forma quindi anch’essa di discriminazione. La mobilitazione delle donne, il moltiplicarsi nella società e sul web di contributi di denuncia e di analisi sul modo in cui l’informazione rappresenta le donne, o le offende, in particolare nel web, ha fatto sì che l’informazione abbia assunto una centralità nelle preoccupazioni e nelle attese della società civile per la questione di genere. Informazione messa costantemente sotto esame e criticata per il perdurare di stereotipi, a partire da quelli che nascondono la vera natura del femminicidio dietro lo schermo della “passione”. L’utilizzo, nelle cronache e nella titolazione delle quotidiane notizie sulla violenza domestica, di frasi come “uccisa in un raptus di follia”, “accecato dalla gelosia”, “l’ha uccisa perché l’amava troppo”, non aiuta a comprendere che la donna è uccisa in quanto donna, occulta il dato della sua libertà e perpetua lo stereotipo della donna oggetto di possesso maschile. E si è diffusa enormemente, nella società civile e tra le donne, la consapevolezza che l’informazione attui una forma di discriminazione costante nell’uso di un linguaggio, che non avendo la forma neutra, declina al maschile le definizioni di ruoli e cariche ricoperte da donne ai vertici di istituzioni e nelle professioni. Un terreno d’azione tanto più cruciale perché affidato solo a un cambiamento culturale, all’interno delle redazioni, che anche le istituzioni devono favorire attraverso la formazione. Nel periodo in esame si sono evidenziati timidi progressi (a partire dall’utilizzo del termine femminicidio sempre più frequente nei mass media) ma in generale perdura una rappresentazione della donna ancora discriminante. Tanto più evidente nell’uso del linguaggio che, di fronte all’ascesa delle donne ai vertici delle istituzioni, in politica o nelle professioni, continua a definirle prevalentemente col genere maschile. E’ ancora largamente in uso, inoltre, soprattutto in ambito televisivo, pubblicitario, nel web e nei siti on line dei quotidiani, una rappresentazione della donna come oggetto sessuale, nonostante si moltiplichino gli appelli a una corretta rappresentazione di genere, sia dall’interno della professione giornalistica, sia dalle associazioni della società civile, sia dai vertici istituzionali, a partire dal Presidente della Repubblica. Il web si è anche distinto in vere e proprie campagne di insulti, offese e intimidazioni a donne impegnate ed esposte, politiche e giornaliste comprese. In generale, l’informazione, anche della carta stampata, scarsamente si interessa e dà notizia dei temi che riguardano la salute delle donne, l’applicazione delle leggi che le riguardano (anche sulla libertà riproduttiva) , le discriminazioni sul lavoro. Una maggiore presa di coscienza si registra all’interno della professione giornalistica, anche per effetto della mobilitazione delle giornaliste. E ciò si rileva tanto dalla scelta della formazione come campo privilegiato d’azione, quanto dalle segnalazioni che hanno portato a provvedimenti disciplinari, da parte dell’Ordine dei Giornalisti, nei confronti del direttore del Giornale Sallusti in due casi in cui si sono ravvisate violazioni della deontologia all’interno di notizie che riguardavano le donne. Cambiamenti verso una più corretta rappresentazione si sono registrati nel servizio pubblico radiotelevisivo, sia per gli obblighi inseriti nel contratto di servizio, sia per effetto delle decisioni del vertice aziendale, con la presidente Tarantola, che ha adottato una Policy in materia di genere per la promozione delle pari opportunità e una corretta rappresentazione della donna 55 presentato il 25 ottobre 2013. La Rai ha sospeso Miss Italia, ma di contro, nelle trasmissioni, anche informative, continuano a prevalere opinionisti uomini e le donne continuano a essere relegate nei ruoli tradizionali nella gamma che va dalle “vittime” alle “donne di spettacolo”. Difficilmente tra gli opinionisti si ospitano donne scienziate, economiste, politologhe….E sono ancora largamente sottorappresentate, nel piccolo schermo, le donne politiche. Nel corso della campagna elettorale, sono state violate le norme di legge che prescrivono la “par condicio di genere” nelle trasmissioni elettorali Contro tutte queste forme di discriminazione nei confronti delle donne, valutiamo ancora insufficiente l'azione di richiamo ai principi costituzionali da parte del Governo nell'ambito dell'informazione erogata dalla RAITV, servizio pubblico." Campagna mediatica contro i falsi invalidi Da anni ormai le persone con disabilità che percepiscono indennità o pensione sono al centro di campagne mediatiche piuttosto imponenti, a tratti verbalmente violente 62 . In concomitanza con l’inizio della crisi economica e finanziaria, le istituzioni pubbliche hanno avviato l’ennesima campagna alla ricerca del “falso invalido”, prontamente ripresa da testate giornalistiche che l’anno connotata come offensiva e discriminatoria 63. L’avvio di controlli straordinari da parte dell’INPS ha ottenuto si dei risparmi, ma solo dello 0,67 per cento della spesa annuale per pensioni e indennità. A fronte di questi numeri fallimentari, ci sono i disagi patiti dalle persone invalide, spesso convocate a visita nonostante condizioni di salute gravissime, ed il blocco della attività ordinaria per il riconoscimento delle prestazioni. La Corte dei Conti segnala nel suo più recente controllo ispettivo che gli invalidi attendono mediamente 299 giorni dalla data della domanda, i ciechi 338. Peggio ancora va ai sordi: 399 giorni. Anche la Sentenza del Tar Lazio a seguito dei ricorsi ANFFAS e FISH ha evidenziato modalità adottate dall’INPS per le verifiche straordinarie illegittime e lesive dei diritti delle vere persone con disabilità e sconfessa i dati forniti dall’Istituto in materia. 64 65 14. Lo Stato dell’aiuto pubblico allo sviluppo, Racc. 90, 91 Il Governo Letta e il Governo Renzi hanno entrambi confermato l’intenzione di rilanciare la cooperazione internazionale allo sviluppo sia istituendo prima e confermando poi la carica di viceministro per la cooperazione, che presentando un nuovo DDL per la riforma organica del sistema della cooperazione pubblica italiana. Attualmente (Aprile 2014) il DDL è in fase di approvazione in Commissione Esteri al Senato e prevede una serie importanti di innovazioni che vanno nella direzione da anni auspicata dalle OSC di cooperazione. Rispetto ai volumi delle risorse dedicate alla cooperazione, i dati preliminari OCSE/DAC per l’aiuto pubblico allo sviluppo (APS) del 2013 registrano un’inversione di tendenza al rialzo rispetto al 2012 con un incremento delle risorse in termini reali di circa il 12%. Tuttavia il risultato dell’Italia rimane ancora contenuto, infatti solo lo 0,16% del reddito nazionale lordo (RNL) è dedicato all’APS, a fronte di una media APS/RNL OCSE e UE rispettivamente dello 0,30% e dello 0,42%. Nel 2013 la cooperazione italiana è riuscita a centrare quell’obiettivo tendenziale che il DEF del governo Letta aveva stabilito (0,15%-0,16%), in crescita rispetto allo 0,14% del 2012. Non si è trattato di un risultato scontato, visto che in passato i calendari degli incrementi graduali per gli aiuti allo sviluppo previsti nei documenti di programmazione economica non sempre sono stati rispettati. La legge di stabilità del Governo Letta ha incremento del 10% le risorse per la cooperazione allo sviluppo gestite dal Ministero degli Affari Esteri per il 2014 ma si dovrà attendere fino all’aprile 2015 per capire se sarà stato rispettato l’obiettivo dello 0,17%-0,19% del DEF di 62 “Due milioni e settecentomila invalidi in Italia pongono la questione se un Paese così può essere competitivo”. Parole dell’ex ministro Tremonti durante la conferenza di presentazione della manovra correttiva, 26 maggio 2010. 63 Nel 2001 la rivista Panorama pubblica in copertina l’immagine di Pinocchio in sedia a ruote accompagnata dalla scritta “scrocconi” (link all’immagine: http://www.disablog.it/wp-content/uploads/2011/03/pa_pre.jpg) 64 Ecco finalmente la verità sui cosiddetti “falsi invalidi”, del 4 giugno 2014 sul portale www.superando.it (link http://www.superando.it/2014/06/04/ecco-finalmente-la-verita-sui-cosiddetti-falsi-invalidi/) 65 Sentenza Tar Lazio http://www.giustiziaamministrativa.it/DocumentiGA/Roma/Sezione%203Q/2011/201105186/Provvedimenti/201403851_01.XML 56 Letta o l’eventuale obiettivo che il primo DEF di Renzi potrebbe aver oggi aggiornato. Infine, il fatto che vi sia una sezione del DEF dedicata alla cooperazione allo sviluppo è segno di attenzione dell’esecutivo al tema e può rassicurare rispetto a possibili incrementi di risorse almeno nella prossima legge di stabilità, tuttavia sarebbe fortemente auspicabile l’istituzione di un vero Fondo Unico per la cooperazione, capace di garantire unitarietà e coerenza delle politiche. 57 58 ANNEX 1. Tavola sinottica delle Raccomandazioni ricevute dal Consiglio Diritti Umani e risposte del Governo italiano 2. II Rapporto di Monitoraggio 2012 3. I Rapporto di Monitoraggio 2011 59 60 Tavola sinottica delle Raccomandazioni ricevute dal Consiglio Diritti Umani e risposte del Governo italiano 61 62 N. Tematica Testo della raccomandazione (A/HRC/14/4 - 18 MARZO 2010, adottato dal Consiglio Diritti Umani il 9 giugno 2010 con decisione 14/103 Stato/i raccomandan te/i Diritti civili e politici 1 Pakistan Asia Diventare membro dei rimanenti trattati OIG Strumenti per i diritti umani e valutare il ritiro Commonwealth internaziona delle proprie riserve, in particolare per li quanto riguarda il Patto sui diritti civili e politici Indice nella Status: scala accettata Mac o respinta Mahon 5 R Algeria Africa AU, OIC, AL Azerbaijan EEG OIG, CIS 2 Valutare la possibilità, nell’ottica di un auspicabile ri-orientamento della Diritti dei politica europea, di ratificare la migranti Convenzione internazionale di tutela dei diritti di tutti i migranti lavoratori e delle Strumenti loro famiglie, pur se inizialmente con internaziona riserve; li prendere in considerazione la ratifica di tale Convenzione internazionale; Cile GRULAC OAS, OEI Egitto Africa AU, OIC, AL, OIF 3 R Risposte del Governo italiano alle raccomandazioni (A/HRC/14/4/Add.1, 31 maggio 2010) Nel 2005 l'Italia ha ritirato tre riserve formulate all'atto della firma del ICCPR. Le restanti dichiarazioni italiane al Patto internazionale devono essere considerate di carattere interpretativo, piuttosto che riserve. Si prega di fare riferimento anche alla risposta alla raccomandazione n. 2 La normativa italiana garantisce già la maggior parte dei diritti sanciti dalla Convenzione delle Nazioni Unite per la protezione dei diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie. Tuttavia l'Italia non è nella posizione di ratificare questo strumento, perché non fa alcuna distinzione tra lavoratori migranti regolari e irregolari e la firma e ratifica potrebbe essere programmata solo congiuntamente agli altri partners dell'Unione Europea, poiché molte delle disposizioni contenute nella presente Convenzione rientrano nel novero delle competenze dell'Unione Europea. Iran Asia OIC Messico GRULAC OAS, OEI, ACS 63 Filippine Asia ASEAN Bosnia e Erzegovina EEG Diritti civili e politici 3 4 Strumenti internaziona li Kirgyzstan Asia OIC, CIS Strumenti internaziona li 5 A Nicaragua GRULAC OAS, OEI, ACS Ratificare il Protocollo Opzionale alla Messico Convenzione contro la tortura, in modo GRULAC da permettere al Sotto Comitato per la OAS, OEI, ACS Prevenzione di condurre le visite ai Tortura e luoghi di detenzione, inclusi i centri di altri Azerbaijan reclusione per migranti e richiedenti trattamenti EEG OIG, CIS asilo, e anche quelli in cui vivono disumani e minoranze nazionali in modo da degradanti Repubblica permettere al Governo di migliorare le Ceca condizioni di tali centri; Strumenti EEG, EU ratificare il Protocollo Opzionale alla internaziona Convenzione contro la tortura; li Regno Unito ratificare il Protocollo Opzionale alla WEOG, EU, Convenzione contro la tortura e Commonwealth adottare le misure necessaria per adempiere alle sue obbligazioni; Sparizioni forzate 5 Ratificare il Patto internazionale sui diritti civili e politici L'Italia accetta la seguente raccomandazione, considerandola già attuata o in corso di attuazione Ratificare la Convenzione internazionale Francia per la protezione di tutte le persone WEOG, EU, OIF dalla Sparizione Forzata; 5 5 A A L'Italia si impegna a ratificare il Protocollo Opzionale alla Convenzione contro la Tortura una volta che venga messo in atto un meccanismo importante nazionale indipendente di prevenzione. L'Italia accetta la seguente raccomandazione, considerandola già attuata o in corso di attuazione 64 Tortura e altri trattamenti disumani e degradanti 6 Sparizioni forzate L'Italia accetta la seguente raccomandazione, considerandola già attuata o in corso di attuazione Valutare di ratificare il Protocollo Opzionale alla Convenzione contro la tortura e la Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalla Sparizione Forzata Cile GRULAC OAS, OEI 3 A Kirgyzstan Asia OIC, CIS 5 A Strumenti internaziona li 7 Ratificare la Convenzione del Consiglio Traffico di d’Europa di azione contro la tratta di esseri umani esseri umani 8 Incorporare il crimine di tortura Treaty nell’ordinamento interno, come bodies raccomandato dal Comitato contro la Olanda Tortura; WEOG, EU Tortura e incorporare nell’ordinamento interno il altri crimine di tortura e la correlata Repubblica trattamenti definizione di tortura come richiesto Ceca disumani e nell’articolo 1 della Convenzione contro EEG, EU degradanti la tortura; intraprendere i passi necessari per Nuova Zelanda Strumenti incorporare il crimine di tortura WEOG, PIF, internaziona nell’ordinamento interno così come Commonwealth li definito dall’articolo 1 della Convenzione contro la tortura; 5 R Diritti dei migranti 9 Assicurare che gli emendamenti alla legge sulla immigrazione siano in Spagna accordo con gli obblighi esistenti in Strumenti WEOG, EU, OEI base al Patto internazionale sui diritti internaziona civili e politici li 4 A L'Italia accetta la seguente raccomandazione, considerandola già attuata o in corso di attuazione In Italia, la tortura è punibile a norma di vari reati e circostanze aggravanti, che innescano un’applicazione più vasta di tale crimine. Anche se la tortura non è prevista come un reato specifico nel codice penale italiano, sia il quadro costituzionale che giuridico puniscono già gli atti di violenza fisica e morale sulle persone sottoposte a restrizioni della libertà personale. In entrambi i casi si prevedono sanzioni penali per tutti i comportamenti criminali che ricadono nella definizione di tortura, così come previsto dall'articolo 1 della Convenzione in questione. L'Italia accetta la seguente raccomandazione, considerandola già attuata o in corso di attuazione 65 10 11 12 13 Pubblica sicurezza Garantire che i provvedimenti nel pacchetto sicurezza siano in pieno accordo con i suoi obblighi derivanti dal diritto internazionale Austria WEOG, EU Considerare di creare al più presto una istituzione nazionale per i diritti umani che sia in accordo con i Principi di India Parigi; Asia continuare i propri sforzi per creare una Commonwealth istituzione nazionale per i diritti umani, Istituzioni con un mandato per la promozione e Burkina Faso nazionali per protezione dei diritti umani conforme ai Africa i diritti Principi di Parigi; AU, OIC, OIF umani continuare nei propri sforzi per la (NHRI) stesura di un disegno di legge per la Kuwait creazione di una istituzione Asia indipendente per i diritti umani che OIC, AL funzioni in maniera indipendente ed in linea con i Principi di Parigi; Intraprendere i passi necessari per accelerare gli sforzi attuali per la creazione di una istituzione indipendente per i diritti umani; Istituzioni accelerare il processo verso la creazione nazionali per di una istituzione indipendente i diritti nazionale per i diritti umani conforme umani con i Principi di Parigi; (NHRI) accelerare gli sforzi verso la creazione di una istituzione indipendente nazionale per i diritti umani conforme con i Principi di Parigi; Istituzioni Creare una istituzione nazionale per i nazionali per diritti umani, come priorità, in accordo i diritti con i Principi di Parigi; 4 A L'Italia accetta la seguente raccomandazione, considerandola già attuata o in corso di attuazione 3 A L'Italia accetta la seguente raccomandazione, considerandola già attuata o in corso di attuazione Algeria Africa AU, OIC, AL Filippine Asia ASEAN L'Italia accetta la seguente raccomandazione, considerandola già attuata o in corso di attuazione 4 A 5 A Malesia Asia ASEAN, OIC, Commonwealth Pakistan Asia OIG L'Italia accetta la seguente raccomandazione, considerandola già attuata o in corso di attuazione 66 umani (NHRI) 14 Istituzioni nazionali per Creare la propria istituzione nazionale i diritti per i diritti umani in accordo con i umani Principi di Parigi entro la fine del 2010 (NHRI) Diritti dei bambini 15 creare una istituzione nazionale Commonwealth indipendente per i diritti umani; creare una istituzione nazionale Iran indipendente per i diritti umani in Asia accordo con i Principi di Parigi; OIC adottare al più presto il progetto di legge per la istituzione nazionale Azerbaijan indipendente per i diritti umani in EEG OIG, CIS accordo con i Principi di Parigi; completare il procedimento per la Francia creazione di una istituzione nazionale WEOG, EU, OIF per i diritti umani in accordo con i Principi di Parigi; Cile creare una istituzione nazionale GRULAC indipendente ed autonoma conforme OAS, OEI con i Principi di Parigi e con l’assistenza tecnica dell’ OHCHR ;; Continuare gli sforzi per creare una istituzione indipendente per la promozione e protezione dei diritti Istituzioni umani e delle libertà fondamentali, e nazionali per anche un ente nazionale indipendente i diritti per la promozione dei diritti dei minori; umani creare un ombudsperson per i minori in (NHRI) accordo con i Principi di Parigi; Danimarca WEOG, EU Federazione Russa EEG, CIS 5 R Una proposta di legge riguardante la costituzione di una Istituzione Nazionale Indipendente sarà presentata al Parlamento non appena le risorse finanziarie necessarie saranno rese disponibili. Tuttavia, in conformità al principio della separazione dei poteri, il Governo non è in grado di impegnare il Parlamento ad agire entro un determinato termine. L'Italia accetta la seguente raccomandazione, considerandola già attuata o in corso di attuazione 2 A Norvegia WEOG 5 67 16 Rafforzare l’Ufficio Nazionale contro la Filippine Discriminazione Razziale per quanto Asia concerne la sua capacità di fornire ASEAN assistenza alle vittime e aumentare la consapevolezza; Bosnia e rafforzare il mandato dell’Ufficio Erzegovina Nazionale contro la Discriminazione EEG Discriminazi Razziale; one rafforzare il mandato e l’indipendenza Pakistan razziale dell’Ufficio Nazionale contro la Asia Discriminazione Razziale in linea con i OIG Principi di Parigi; Commonwealth rafforzare l’azione dell’Ufficio Nazionale contro la Discriminazione Razziale per Algeria garantire la migliore protezione Africa concreta alle vittime di atti di AU, OIC, AL discriminazione ed intolleranza; 4 A 5 17 Piano d'Azione nazionale Sviluppare un piano nazionale integrato per i diritti umani in accordo con la Dichiarazione e il Programma d’Azione di Vienna Iran Asia OIC R Piano d'Azione nazionale 18 Aggiornare e rendere più ampio il suo Canada Piano di Azione Nazionale contro il WEOG, OAS, Razzismo in consultazione con la Discriminazi OIF, società civile e le comunità coinvolte one Commonwealth razziale 4 A La revisione dell'Ufficio Nazionale Contro la Discriminazione Razziale (UNAR) è stata lanciata a gennaio 2010, al fine di migliorarne l'efficienza e l’efficacia. Per quanto riguarda il rafforzamento delle misure di tutela per le vittime della discriminazione, l'UNAR sta sperimentando nuove forme di sostegno diretto, tra cui il potenziamento dei servizi di consulenza giuridica e l'istituzione di un fondo di solidarietà per le spese processuali, a carico di vittime e / o associazioni interessate. Nel corso degli anni, con l'obiettivo di promuovere e proteggere i diritti umani e le libertà fondamentali, l'Italia ha sviluppato diverse strategie ad hoc in specifiche settori rilevanti. Così l'elaborazione di un documento strategico globale a livello nazionale non è stato ritenuto necessario per l'adempimento dei suoi obblighi e impegni nel campo dei diritti umani. Ci sono già diverse misure legislative e pratiche di ampio respiro per combattere il razzismo, la discriminazione razziale e le relative forme di intolleranza e xenofobia. All'interno di questo quadro, un Gruppo di lavoro interministeriale sarà presto istituito, al fine di elaborare un piano d'azione per prevenire il 68 razzismo. A Ci sono già diverse misure legislative e pratiche di ampio respiro per combattere il razzismo, la discriminazione razziale e le relative forme di intolleranza e xenofobia. All'interno di questo quadro, un Gruppo di lavoro interministeriale sarà presto istituito, al fine di elaborare un piano d'azione per prevenire il razzismo. A Ci sono già diverse misure legislative e pratiche di ampio respiro per combattere il razzismo, la discriminazione razziale e le relative forme di intolleranza e xenofobia. All'interno di questo quadro, un Gruppo di lavoro interministeriale sarà presto istituito, al fine di elaborare un piano d'azione per prevenire il razzismo. Piano d'Azione nazionale 19 Pubblicizzare ampiamente il proprio Piano di Azione Nazionale contro il Canada Razzismo e promuoverne la più WEOG, OAS, Discriminazi completa realizzazione OIF, one Commonwealth razziale Diritti delle minoranze 20 Aggiornare il piano di azione nazionale e mettere in atto ulteriori misure concrete per stimolare tolleranza e Discriminazi prevenire discriminazione e xenofobia, one con particolare riguardo alla situazione razziale dei Rom e Sinti 5 Olanda WEOG, EU 21 Adottare misure per eliminare la discriminazione nei confronti dei segmenti vulnerabili della popolazione Belgio Diritti delle tenendo conto di quanto indicato nella WEOG, EU minoranze Dichiarazione di Durban e del suo Piano di Azione del 2001 e del documento India Discriminazi emerso dalla Conferenza di Revisione di Asia one Durban nel 2009; continuare i propri Commonwealth razziale sforzi per rafforzare una cultura di tolleranza per eliminare tutte le forme di discriminazione nei confronti dei gruppi vulnerabili; 22 Continuare i propri sforzi nella lotta contro i comportamenti e le tendenze Discriminazi discriminatorie e razziste; one razziale proseguire nella sua politica per combattere la discriminazione in modo Yemen Asia OIC, AL Libano Asia 4 R 2 A Nel quadro dei meccanismi e strumenti pertinenti, l’Italia ribadisce fortemente il suo costante impegno a contribuire attivamente allo sradicamento di ogni forma di razzismo, in particolare nei confronti dei gruppi vulnerabili. Tuttavia, va ricordato che, insieme ad altri paesi, l'Italia ha deciso di non partecipare alla Conferenza di Revisione di Durban nel 2009 e quindi non è in grado di adottare o approvare il suo documento finale. Combattere il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e l'intolleranza è stata e resta una priorità per l'Italia. Tuttavia va notato che i dati statistici raccolti su questo problema non confermano l'aumento dei fenomeni 69 speciale alla luce dell’aumentato numero di atti di razzismo 23 Porre in essere una ampia serie di misure per contrastare razzismo e Discriminazi discriminazione razziale e combattere in one maniera più risoluta tutte le sue forme razziale e manifestazioni, con particolare attenzione a piattaforme politiche razziste e xenofobiche OIC, AL, OIF Iran Asia OIC razzisti a livello nazionale. L'Italia accetta la seguente raccomandazione, considerandola già attuata o in corso di attuazione 4 A Diritti dei migranti Diritti delle minoranze 24 Diritti delle donne Discriminazi one razziale Porre in essere misure più efficaci per combattere la discriminazione razziale, in particolare contro gruppi vulnerabili di donne, in modo particolare Rom e migranti, e anche misure per rafforzare il rispetto dei loro diritti umani con tutti i mezzi possibili L'Italia accetta la seguente raccomandazione, considerandola già attuata o in corso di attuazione Cile GRULAC OAS, OEI Eliminare tutte le forme di discriminazione contro la comunità Bangladesh Rom, le minoranze religiose ed i Asia migranti e garantire loro pari Discriminazi OIC, opportunità per il godimento dei diritti one Commonwealth economici, sociali e culturali, compresa razziale la educazione, la salute e la casa 4 A L'Italia accetta la seguente raccomandazione, considerandola già attuata o in corso di attuazione Diritti delle minoranze 25 Diritti dei migranti 26 Diritti delle minoranze 27 Diritti dei migranti Adottare le misure necessarie per prevenire la discriminazione nei confronti delle minoranze e contribuire ad una immagine positiva dei migranti nel paese Uzbekistan Asia OIC, CIS Adottare misure più efficaci per Egitto eliminare la discriminazione nei Africa confronti dei non-cittadini rispetto alle AU, OIC, AL, 4 A 4 A 4 A L'Italia accetta la seguente raccomandazione, considerandola già attuata o in corso di attuazione Nel 2003 l'Italia ha adottato una legislazione globale del lavoro, ispirata al principio di non discriminazione nel 70 Diritto al lavoro 28 condizioni di lavoro ed ai requisiti per OIF lavorare, adottare una legislazione che vieti la discriminazione nell’impiego e adottare ulteriori misure per ridurre la disoccupazione fra i migranti mercato del lavoro e focalizzata su: accesso al lavoro, occupazione, appartenenza ai sindacati, protezione sociale, orientamento, istruzione e formazione professionale e assistenza sanitaria. In questo quadro, i lavoratori migranti regolari, sotto contratto di lavoro, godono di pari diritti. Pertanto, in caso di disoccupazione, tutti coloro che perdono il lavoro hanno parità di accesso a servizi e benefici. Al fine di sradicare il mercato nero, in particolare nel settore agricolo ed edile – essendo le aree con la più alta percentuale di immigrati - l'Italia ha recentemente adottato un piano d'ispezione ad hoc. Adottare misure amministrative e legali contro coloro i quali perpetrino atti di natura razzista nei confronti di Rom, Sinti, migranti e musulmani; L'Italia accetta la seguente raccomandazione, considerandola già attuata o in corso di attuazione Bangladesh Asia OIC, Commonwealth Discriminazi condannare fortemente gli attacchi a one razziale migranti, Rom e altre minoranze Norvegia etniche, garantendo che tali attacchi WEOG Libertà di siano indagati a fondo dalla polizia e credo e di che i responsabili siano consegnati alla pensiero giustizia; Pakistan assicurare che attacchi a migranti, Rom Asia Diritti delle e altre minoranze etniche siano OIG minoranze investigate a fondo e i responsabili Commonwealth consegnati alla giustizia; garantire che gli attacchi a sfondo xenofobico o razzista siano immediatamente investigati dalla polizia 4 A Austria WEOG, EU 71 e che i responsabili siano consegnati alla giustizia; 29 Rafforzare ulteriormente gli sforzi delle autorità nel combattere il razzismo nel Discriminazi campo dello sport anche attraverso one razziale misure legislative Austria WEOG, EU 4 A Adottare le misure necessarie comprese campagne pubbliche e formazione degli insegnanti e del corpo insegnante per sensibilizzare sul valore della integrazione culturale e combattere tutte le forme di razzismo e xenofobia; 30 continuare nelle buone pratiche in materia di educazione ai diritti umani e promuovere programmi di educazione Uruguay ai diritti umani per il pubblico in GRULAC, OAS, Discriminazi generale e per i dipendenti pubblici con OEI one razziale l’obbiettivo di combattere il razzismo, la discriminazione e la xenofobia; Filippine Educazione Asia e ulteriormente rafforzare le sue misure, ASEAN formazione incluse la educazione ai diritti umani e ai diritti la formazione a scuola e dei dipendenti Vietnam umani pubblici, per promuovere tolleranza, Asia rispetto della diversità, uguaglianza e ASEAN, OIF combattere la discriminazione; L'Italia accetta la seguente raccomandazione, considerandola già attuata o in corso di attuazione L'Italia accetta la seguente raccomandazione, considerandola già attuata o in corso di attuazione 4 A porre in essere sforzi per rafforzare l’educazione pubblica, programmi di sensibilizzazione e formazione a tutti i livelli, in particolare modo con l’obbiettivo di prevenire comportamenti e atteggiamenti negativi e promuovere tolleranza e rispetto per la diversità; 72 31 32 Educazione e formazione ai diritti umani Libertà di religione e di credo Fornire educazione e formazione obbligatoria ai diritti umani alla polizia, al personale delle carceri e dei luoghi di detenzione e al personale giudiziario e assicurare la loro responsabilità in caso di violazione dei diritti umani Rafforzare iniziative che mirano al dialogo interculturale e inter-religioso che promuovano la comprensione reciproca fra le diverse comunità e adottare progetti che contribuiscano alla integrazione; garantire un clima di interazione costruttiva e trasparente fra le diverse culture e religioni; 33 Discriminazi Adottare misure per aumentare la one razziale conoscenza dei provvedimenti legali esistenti contro discorsi che incitino Repubblica Ceca EEG, EU 5 A L'Italia accetta la seguente raccomandazione, considerandola già attuata o in corso di attuazione Libano Africa OIC, AL, OIF Yemen Asia OIC, AL Canada WEOG, OAS, OIF, L'Italia conferma la massima importanza legata all’educazione ai diritti umani. All'interno della Pubblica Amministrazione, corsi di formazione permanente e ad hoc sono preparati appositamente per i dipendenti pubblici. Rilevanti corsi di formazione e di aggiornamento per funzionari di polizia e della magistratura includono le normative internazionali in tema di diritti umani e diritto umanitario. Su questa linea, è importante menzionare anche la rilevante inclusione di queste materie nei curricula scolastici ed accademici. L'Italia promuove attivamente l'educazione ai diritti umani nel sistema delle Nazioni Unite ed è membro della "Piattaforma per l'educazione e la formazione ai diritti umani", istituita nel 2007 all'interno del Consiglio Diritti Umani. 4 A 4 A L'Italia accetta la seguente raccomandazione, considerandola già attuata o in corso di attuazione 73 Libertà di religione e di credo Educazione e formazione ai diritti umani Libertà di opinione ed espressione Diritti delle minoranze all’odio e intraprendere azioni Commonwealth tempestive per condurre davanti alla legge i responsabili; Norvegia WEOG condannare tutte le dichiarazioni razziste e xenofobe, in modo particolare Belgio quelle fatte da dipendenti pubblici o WEOG, EU, OIF politici e evidenziare in modo chiaro che discorsi razzisti non hanno posto nella Brasile società italiana; GRULAC, OAS, OEI denunciare discorsi che incitino all’odio e perseguire attivamente attraverso il Spagna sistema della giustizia i responsabili di WEOG, EU, OEI atti razzisti e violenti; Repubblica portare avanti una azione continuativa Ceca di prevenzione dei discorsi che incitino EEG, EU all’odio e adottare misure legali appropriate e tempestive contro coloro i quali incitino alla discriminazione o alla Pakistan violenza per motivi razziali, etnici o Asia religiosi; OIC, Commonwealth continuare gli sforzi per assicurare che discorsi e commenti fatti dai media che Malesia incitino alla discriminazione non Asia rimangano impuniti; ASEAN, OIC, Commonwealth applicare rigide sanzioni penali per discorsi o atti che incitino all’odio e effettuare campagne di sensibilizzazione pubbliche per promuovere la tolleranza; 5 5 4 2 5 4 5 condannare con la forza ed in maniera consistente al livello più alto tutte le dichiarazioni razziste e xenofobiche con particolare attenzione a quelle fatte da 74 dipendenti pubblici o dai politici; intensificare gli sforzi per combattere la discriminazione razziale e l’intolleranza nei confronti di stranieri o minoranze anche attraverso la tempestiva investigazione e azione contro coloro i quali siano responsabili di discorsi e di dichiarazioni pubbliche razzisti e xenofobi; 34 Diritti delle donne Garantire reale pari opportunità per le donne nel mercato del lavoro e Cuba consolidare il principio di pari GRULAC, OAS, retribuzione per pari lavoro OEI, ACS Promuovere iniziative per proteggere le donne dalla violenza, come la rete nazionale contro la violenza alle donne e l’osservatorio nazionale contro la violenza sessuale o di genere ed elaborare un piano nazionale per combattere tutte le forme di violenza inclusa quella domestica 4 A L'Italia accetta la seguente raccomandazione, considerandola già attuata o in corso di attuazione L'Italia accetta la seguente raccomandazione, considerandola già attuata o in corso di attuazione 35 Diritti delle donne Israele WEOG 36 Rafforzare le misure per vietare la discriminazione in base all’orientamento sessuale ed alla identità di genere e Olanda combattere i crimini causati da odio WEOG, EU Discriminazi istigato su tali basi; one in base Norvegia all’orientam intraprendere ulteriori campagne contro WEOG ento l’omofobia;; sessuale Spagna garantire sufficiente protezione alle WEOG, EU, OEI persone LGBT, non solo attraverso le forze dell’ordine sulle strade ma anche legalmente per mezzo di provvedimenti 4 A 4 5 4 4 A L'Italia è impegnata a promuovere i diritti di Lesbiche/Gay/Bisessuali/Transessuali, combattendo la discriminazione sulla base dell'orientamento sessuale e garantendo l’implementazione della normativa già in vigore, per garantire la parità di genere, compresa la prevenzione e la rimozione dei comportamenti discriminatori per motivi direttamente o indirettamente fondati sul sesso, sull'origine razziale o etnica, su orientamenti religiosi o opinioni 75 legislativi anti-discriminatori; personali, sull’età o sull’orientamento sessuale. prestare particolare attenzione ai casi di possibile discriminazione per motivi di identità o orientamento sessuale e garantire che casi di violenza contro tali persone siano appropriatamente investigati e perseguiti; 37 38 Diritti dei bambini Tortura e altri trattamenti disumani e degradanti Diritti dei bambini 39 Diritti dei bambini Fare tutti gli sforzi possibili per prevenire ed eliminare tutte le forme di discriminazione e abuso nei confronti dei minori Uzbekistan Asia OIC, CIS Incorporare nella propria legislazione la sentenza della Corte Suprema del 1996 secondo la quale la punizione corporale non è un metodo disciplinare legittimo da adottare in casa e comunque Spagna condannare in tutti i casi la punizione WEOG, EU, OEI corporale anche come sistema educativo Intraprendere misure efficaci per sviluppare alternative rispetto alla istituzionalizzazione e disporre la Azerbaijan sistemazione di minori in istituti EEG, OIC, CIS esclusivamente come ultima risorsa 4 5 4 A R A L'Italia accetta la seguente raccomandazione, considerandola già attuata o in corso di attuazione Dal 1928 la punizione corporale è illegittima nel sistema scolastico italiano. Su questa linea, questa pratica non si applica neppure come misura penale o disciplinare all’interno delle istituzioni penali minorili. Analogamente, la punizione corporale è illegittima nella sfera privata. Nel 1996 la Corte Suprema stabiliva che la normativa in vigore già vietava qualsiasi forma di violenza nella crescita dei figli, confermando che questo non è più un metodo legittimo di disciplina, né di correzione ("jus corrigendi"). Pertanto l'Italia ritiene che non ci sia bisogno di adottare una legge specifica complementare. Con la legge n. 149/2001, è stato programmato entro il 31 dicembre 2006 la chiusura degli istituti di ricovero per bambini e adolescenti, favorendo misure alternative, tra cui le nuove metodologie per l’ascolto, la cura e la tutela dei bambini e del loro contesto socio- 76 familiare. 40 Diritti dei bambini Diritti delle minoranze 41 Diritto alla educazione Applicare la esistente Legge 91/1992 sulla cittadinanza italiana in modo tale Cile da preservare i diritti di tutti i bambini GRULAC, OAS, nati in Italia OEI Intraprendere le misure necessarie, comprese quelle amministrative, per Uruguay facilitare l’accesso dei minori che non GRULAC, OAS, sono di origine italiana al sistema OEI educativo 5 A Il Diritto dei Minori alla cittadinanza è debitamente considerato nel quadro normativo introdotto dalla legge n. 91/1992 L'Italia accetta la seguente raccomandazione, considerandola già attuata o in corso di attuazione 4 A Diritti dei bambini Diritti dei bambini 42 43 Adottare e applicare un piano di azione nazionale per i minori; Società civile rafforzare gli sforzi per finalizzare, adottare ed applicare, in consultazione e cooperazione con tutte le rilevanti parti in causa, inclusa la società civile, un piano nazionale di azione per i minori, come raccomandato dal Comitato per i diritti dei minori; Treaty bodies adottare al più presto nazionale per i minori; Piano d'Azione nazionale un Iran Asia OIC Israele WEOG Ururguay GRULAC, OAS, piano OEI Diritti delle persone con Aumentare gli sforzi e adottare un disabilità nuovo piano nazionale di azione per i minori che garantisca una formazione Spagna Diritti dei specifica per gli insegnanti e gli altri WEOG, EU, OEI bambini educatori di minori con disabilità L'Italia accetta la seguente raccomandazione, considerandola già attuata o in corso di attuazione 5 4 A 5 L'Italia accetta la seguente raccomandazione, considerandola già attuata o in corso di attuazione 4 A Piano 77 d'Azione nazionale 44 Diritti dei rifugiati Diritti dei bambini 45 46 Diritti delle persone detenute Diritti delle persone detenute Giustizia Treaty bodies 47 Giustizia Procedure speciali 48 Adottare procedure speciali per garantire la protezione effettiva dei diritti dei minori non accompagnati nell’accesso alle procedure per la richiesta di asilo Continuare gli sforzi per risolvere i problemi connessi con il sistema penitenziario, in particolare il problema del sovraffollamento delle carceri Repubblica Ceca EEG, EU Russia EEG, CIS Incoraggiare l’adozione di misure alternative alla privazione della libertà Nicaragua personale, di accordi che permettano di GRULAC, OAS, scontare le pene nei paesi di origine e OEI, ACS la possibilità di reintegrazione dei prigionieri stranieri Intraprendere passi per affrontare le questioni sollevate sia dal Relatore Speciale sulla indipendenza dei giudici e Gran Bretagna degli avvocati che dal Comitato Diritti WEOG, EU Umani circa la indipendenza del sistema Commonwealth giudiziario e l’amministrazione della giustizia Discriminazi Garantire che le riforme legislative non Austria 4 2 4 A A A 4 A 4 A Consapevole della situazione delicata dei minori stranieri non accompagnati, l'Italia è pienamente impegnata a garantire che questi bambini siano protetti, a prescindere dal loro status. Misure speciali sono state adottate per evitare che i minori non accompagnati diventino vittime di sfruttamento. Per risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri, un Piano di Azione governativo è stato adottato recentemente, per delineare un nuovo contesto riguardante il sistema carcerario in Italia, che prenderà in esame diversi temi, come la costruzione di nuove carceri, il personale della Polizia Penitenziaria e le misure di deflazione della popolazione carceraria La legislazione italiana prevede già misure pertinenti, anche per quei detenuti stranieri che non sono sottoposti ad un provvedimento di espulsione Va notato che, in particolare nel settore giudiziario, qualsiasi riforma legislativa sarà in conformità con i principi costituzionali. Si prega di fare riferimento anche alla risposta alla raccomandazione n. 49. Va notato che, in particolare nel settore 78 one razziale 49 Giustizia Libertà di stampa 50 Treaty bodies Procedure speciali violino la giudiziario indipendenza del sistema Rafforzare l’indipendenza del sistema giudiziario Continuare ad assicurare che la libertà dei media sia garantita e, a tale riguardo, tenere conto delle raccomandazioni del Relatore Speciale sul diritto alla libertà d’espressione e del Comitato diritti umani; adottare ulteriori misure e garanzie per assicurare il funzionamento indipendente dei media senza l’interferenza dello Stato;; WEOG, EU Iran Asia OIC giudiziario, qualsiasi riforma legislativa sarà in conformità con i principi costituzionali. Si prega di fare riferimento anche alla risposta alla raccomandazione n. 49. 4 R Per quanto riguarda il sistema giudiziario, sarebbe opportuno sottolineare che il principio dell'indipendenza del potere giudiziario è già sancito dalla Costituzione. Qualsiasi riforma costituzionale può essere adottata solo con una procedura parlamentare speciale, che prevede una maggioranza di voto parlamentare rafforzata e in ultimo un referendum popolare (la cosiddetta procedura costituzionale aggravante). Pertanto l'Italia non può sostenere la raccomandazione di rafforzare ulteriormente l'indipendenza del potere giudiziario A L'Italia rispetta il suo impegno per l'attuazione del principio costituzionale del diritto alla libertà di opinione e di espressione, anche nei settori della stampa e dei media, garantendo il pluralismo, la più ampia varietà di informazioni e di opinioni, anche per quotidiani nazionali, regionali e locali, riviste, radio e canali televisivi, informazioni basate sul web, e più in generale l'indipendenza dei media. Per quanto riguarda il " sistema trasmissione Radio-TV ", la normativa del 2004 prevede che ogni azione deve essere guidata dai principi di pluralismo, imparzialità, libertà di opinione e di Olanda WEOG, EU Repubblica Ceca EEG, EU 2 4 79 espressione. Con tali disposizioni, il legislatore ha posto anche dei limiti per garantire il pluralismo nel settore dei media. A tal fine, è stato istituito una Commissione parlamentare ad hoc che supervisiona i servizi di radiodiffusione RAI. Un'autorità indipendente monitora il settore delle comunicazioni e garantisce il rispetto delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di accesso non discriminatorio al settore dei media. Questa Autorità, insieme all’Autorità antitrust, tra l'altro può infliggere sanzioni quando i suddetti principi sono violati (entrambe le autorità rispondono solo al Parlamento). L’Italia ha lanciato nel 2008 il passaggio dall’analogico al digitale con l’obiettivo di aumentare ulteriormente il numero dei canali TV e consentire l'accesso di nuove voci alle informazioni. Disposizioni antitrust sono volte ad aiutare l'ingresso di nuove emittenti nel mercato anche attraverso un nuovo regime di autorizzazione generale aperta per la radiodiffusione. In questo quadro, la legislazione pertinente detta le regole per la risoluzione del conflitto tra funzioni pubbliche e interessi pubblici, in particolare individuando le incompatibilità con gli uffici pubblici, vale a dire il primo ministro, i ministri, i sottosegretari di Stato e i commissari di governo. Infine , tra gli attori citati, l’Autorità anti-trust monitora le situazioni rilevanti. Per quanto riguarda i casi di diffamazione, relative sanzioni confermate da una sentenza definitiva - 80 vengono applicate solo quando i requisiti di legge previsti per il diritto di cronaca e il diritto di critica, rispettivamente, non sono stati rispettati. Libertà di stampa 51 Libertà di espressione ed opinione Adottare e pubblicizzare misure per Canada rafforzare l’indipendenza dei media e WEOG, OAS, per affrontare i rischi della OIF, concentrazione dei media; Commonwealth garantire che la libertà di espressione sia pienamente esercitata in maniera particolare da parte dei media di proprietà pubblica; Finlandia WEOG, EU 4 A L'Italia rispetta il suo impegno per l'attuazione del principio costituzionale del diritto alla libertà di opinione e di espressione, anche nei settori della stampa e dei media, garantendo il pluralismo, la più ampia varietà di informazioni e di opinioni, anche per quotidiani nazionali, regionali e locali, riviste, radio e canali televisivi, informazioni basate sul web, e più in generale l'indipendenza dei media. Per quanto riguarda il " sistema trasmissione Radio-TV ", la normativa del 2004 prevede che ogni azione deve essere guidata dai principi di pluralismo, imparzialità, libertà di opinione e di espressione. Con tali disposizioni, il legislatore ha posto anche dei limiti per garantire il pluralismo nel settore dei media. A tal fine, è stato istituito una Commissione parlamentare ad hoc che supervisiona i servizi di radiodiffusione RAI. Un'autorità indipendente monitora il settore delle comunicazioni e garantisce il rispetto delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di accesso non discriminatorio al settore dei media. Questa Autorità, insieme all’Autorità antitrust, tra l'altro può infliggere sanzioni quando i suddetti principi sono violati (entrambe le autorità rispondono 81 solo al Parlamento). L’Italia ha lanciato nel 2008 il passaggio dall’analogico al digitale con l’obiettivo di aumentare ulteriormente il numero dei canali TV e consentire l'accesso di nuove voci alle informazioni. Disposizioni antitrust sono volte ad aiutare l'ingresso di nuove emittenti nel mercato anche attraverso un nuovo regime di autorizzazione generale aperta per la radiodiffusione. In questo quadro, la legislazione pertinente detta le regole per la risoluzione del conflitto tra funzioni pubbliche e interessi pubblici, in particolare individuando le incompatibilità con gli uffici pubblici, vale a dire il primo ministro, i ministri, i sottosegretari di Stato e i commissari di governo. Infine , tra gli attori citati, l’Autorità anti-trust monitora le situazioni rilevanti. Per quanto riguarda i casi di diffamazione, relative sanzioni confermate da una sentenza definitiva vengono applicate solo quando i requisiti di legge previsti per il diritto di cronaca e il diritto di critica, rispettivamente, non sono stati rispettati. 52 Libertà di stampa Assicurare l’uso di criteri di selezione Canada oggettivi, trasparenti e non WEOG, OAS, discriminatori nella concessione di OIF, licenze televisive, evitare azioni legali Commonwealth per diffamazione A L'Italia rispetta il suo impegno per l'attuazione del principio costituzionale del diritto alla libertà di opinione e di espressione, anche nei settori della stampa e dei media, garantendo il pluralismo, la più ampia varietà di informazioni e di opinioni, anche per quotidiani nazionali, regionali e locali, riviste, radio e canali televisivi, informazioni basate sul web, e più in 82 4 generale l'indipendenza dei media. Per quanto riguarda il " sistema trasmissione Radio-TV ", la normativa del 2004 prevede che ogni azione deve essere guidata dai principi di pluralismo, imparzialità, libertà di opinione e di espressione. Con tali disposizioni, il legislatore ha posto anche dei limiti per garantire il pluralismo nel settore dei media. A tal fine, è stato istituito una Commissione parlamentare ad hoc che supervisiona i servizi di radiodiffusione RAI. Un'autorità indipendente monitora il settore delle comunicazioni e garantisce il rispetto delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di accesso non discriminatorio al settore dei media. Questa Autorità, insieme all’Autorità antitrust, tra l'altro può infliggere sanzioni quando i suddetti principi sono violati (entrambe le autorità rispondono solo al Parlamento). L’Italia ha lanciato nel 2008 il passaggio dall’analogico al digitale con l’obiettivo di aumentare ulteriormente il numero dei canali TV e consentire l'accesso di nuove voci alle informazioni. Disposizioni antitrust sono volte ad aiutare l'ingresso di nuove emittenti nel mercato anche attraverso un nuovo regime di autorizzazione generale aperta per la radiodiffusione. In questo quadro, la legislazione pertinente detta le regole per la risoluzione del conflitto tra funzioni pubbliche e interessi pubblici, in particolare individuando le incompatibilità con gli uffici pubblici, vale a dire il primo ministro, i ministri, i 83 sottosegretari di Stato e i commissari di governo. Infine , tra gli attori citati, l’Autorità anti-trust monitora le situazioni rilevanti. Per quanto riguarda i casi di diffamazione, relative sanzioni confermate da una sentenza definitiva vengono applicate solo quando i requisiti di legge previsti per il diritto di cronaca e il diritto di critica, rispettivamente, non sono stati rispettati. 53 54 Libertà di stampa Libertà di stampa Intraprendere ulteriori misure per proteggere la libertà di stampa compresa la protezione dei giornalisti contro le minacce di gruppi criminali Norvegia WEOG Rivedere la sua legislazione per Nicaragua garantire il pluralismo nella industria GRULAC, OAS, televisiva OEI, ACS 4 3 A A L'Italia accetta la seguente raccomandazione, considerandola già attuata o in corso di attuazione L'Italia rispetta il suo impegno per l'attuazione del principio costituzionale del diritto alla libertà di opinione e di espressione, anche nei settori della stampa e dei media, garantendo il pluralismo, la più ampia varietà di informazioni e di opinioni, anche per quotidiani nazionali, regionali e locali, riviste, radio e canali televisivi, informazioni basate sul web, e più in generale l'indipendenza dei media. Per quanto riguarda il " sistema trasmissione Radio-TV ", la normativa del 2004 prevede che ogni azione deve essere guidata dai principi di pluralismo, imparzialità, libertà di opinione e di espressione. Con tali disposizioni, il legislatore ha posto anche dei limiti per garantire il pluralismo nel settore dei media. A tal fine, è stato istituito una Commissione parlamentare ad hoc che supervisiona i servizi di radiodiffusione RAI. 84 Un'autorità indipendente monitora il settore delle comunicazioni e garantisce il rispetto delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di accesso non discriminatorio al settore dei media. Questa Autorità, insieme all’Autorità antitrust, tra l'altro può infliggere sanzioni quando i suddetti principi sono violati (entrambe le autorità rispondono solo al Parlamento). L’Italia ha lanciato nel 2008 il passaggio dall’analogico al digitale con l’obiettivo di aumentare ulteriormente il numero dei canali TV e consentire l'accesso di nuove voci alle informazioni. Disposizioni antitrust sono volte ad aiutare l'ingresso di nuove emittenti nel mercato anche attraverso un nuovo regime di autorizzazione generale aperta per la radiodiffusione. In questo quadro, la legislazione pertinente detta le regole per la risoluzione del conflitto tra funzioni pubbliche e interessi pubblici, in particolare individuando le incompatibilità con gli uffici pubblici, vale a dire il primo ministro, i ministri, i sottosegretari di Stato e i commissari di governo. Infine , tra gli attori citati, l’Autorità anti-trust monitora le situazioni rilevanti. Per quanto riguarda i casi di diffamazione, relative sanzioni confermate da una sentenza definitiva vengono applicate solo quando i requisiti di legge previsti per il diritto di cronaca e il diritto di critica, rispettivamente, non sono stati rispettati. 55 Libertà di Continuare ad applicare i principi Kuwait 2 A L'Italia accetta la seguente 85 religione e di credo 56 57 Diritti delle minoranze Diritti delle minoranze Diritto all'educazio ne costituzionali rispetto alla libertà di religione e al bisogno di rispettare le religioni ed i loro simboli Asia OIC, AL Aumentare gli sforzi per raggiungere ed assicurare i diritti dei membri delle Stati Uniti minoranze, in particolare delle comunità WEOG, OAS Rom; proteggere i Rom e Sinti come Cuba minoranze nazionali e assicurare che GRULAC, OAS, non siano oggetto di discriminazione OEI, ACS compreso da parte dei media; Rafforzare gli sforzi per integrare le Australia comunità Rom e Sinti attraverso azioni WEOG, PIF, positive in materia di educazione, Commonwealth lavoro, casa e servizi sociali; Russia continuare a contribuire alla EEG, CIS integrazione di Rom e Sinti nelle comunità locali e dare ad essi accesso alla casa, al lavoro, alla educazione e Finlandia alla formazione professionale; WEOG, EU continuare gli sforzi per controbattere la discriminazione contro i Rom in tutti i settori della società; cercare di assicurare la effettiva partecipazione Svezia WEOG, EU raccomandazione, considerandola attuata o in corso di attuazione 4 R 4 A già Principi costituzionali e specifiche misure legislative prevedono la tutela delle minoranze linguistiche nazionali a tutti i livelli: a scuola, nella pubblica amministrazione, nel settore dei media, anche nella topografia comunale. Tale normativa prevede i requisiti giuridici della stabilità e della durata dell’insediamento delle minoranze linguistiche nazionali, in un’area specifica del Paese. Dato che le comunità Rom e Sinti non soddisfano i criteri specificati, esse non possono essere incluse nell'elenco nazionale delle minoranze linguistiche storiche. Attualmente, la lista di cui sopra include dodici minoranze linguistiche ed è aperta ad accogliere nuovi membri. L'Italia accetta la seguente raccomandazione, considerandola già attuata o in corso di attuazione 2 2,4 4 86 dei Rom nel processo che mira ad assicurare loro un trattamento paritario e non discriminatorio; Stati Uniti WEOG, OAS 5 garantire pari diritti ai membri delle minoranze Rom e Sinti, garantire che tutti i minori Rom e Sinti siano iscritti a scuola e fare tutti gli sforzi possibili per incoraggiare la loro regolare frequenza scolastica; adottare una legislazione anti discriminatoria e ampia per garantire ai Rom pari accesso al lavoro, all’educazione e all’assistenza sanitaria;; 58 Porre in essere tutte le misure Strumenti necessarie per garantire i diritti dei Rom internaziona come indicato dall’articolo 27 del Patto li internazionale dei diritti civili e politici, specificamente emendando la legge del Diritti delle 1999 che richiede la connessione con minoranze un territorio specifico 59 Diritti delle minoranze Prestare una attenzione particolare alla preparazione, realizzazione e valutazione di un progetto pilota per il Danimarca WEOG, EU 4 R Serbia EEG 4 A Principi costituzionali e specifiche misure legislative prevedono la tutela delle minoranze linguistiche nazionali a tutti i livelli: a scuola, nella pubblica amministrazione, nel settore dei media, anche nella topografia comunale. Tale normativa prevede i requisiti giuridici della stabilità e della durata dell’insediamento delle minoranze linguistiche nazionali, in un’area specifica del Paese. Dato che le comunità Rom e Sinti non soddisfano i criteri specificati, esse non possono essere incluse nell'elenco nazionale delle minoranze linguistiche storiche. Attualmente, la lista di cui sopra include dodici minoranze linguistiche ed è aperta ad accogliere nuovi membri. Un gruppo di lavoro ad hoc di rappresentanti italiani e serbi è stato istituito 87 60 61 62 Diritti delle minoranze rimpatrio di un numero di Rom, di origine serba, che attualmente stanno vivendo nei campi dislocati nell’Italia centrale e meridionale, in modo da facilitare rimedi appropriati e al contempo dignitosi ed efficaci per la popolazione Rom per elaborare un protocollo d'intesa individuando specifiche misure di rimpatrio, nel rispetto degli accordi bilaterali Continuare ad operare affinché terminino intolleranza e discriminazione sociale contro i Rom e, a tale riguardo, assicurare che la polizia e le autorità locali siano formate per rispondere in maniera appropriata alle denunce per crimini in cui siano coinvolti Rom e evitino un profiling etnico inappropriato L'Italia accetta la seguente raccomandazione, considerandola già attuata o in corso di attuazione Stati Uniti WEOG, OAS Diritto alla abitazione Con riguardo alle evizioni forzate, assicurare la piena corrispondenza con il diritto internazionale Diritti delle minoranze Analizzare tutte le alternative alle evizioni forzate di Rom e Sinti inclusa la Australia consultazione di coloro che sono WEOG, PIF, direttamente colpiti da questi Commonwealth provvedimenti Svezia WEOG, UE 2 4 5 A A A Le operazioni di sgombero forzato svolte dalle forze di polizia hanno avuto spesso l’obiettivo finale di offrire una sistemazione più adeguata per le famiglie rom. Un insediamento non autorizzato per sua stessa natura, non può garantire condizioni di vita adeguate. Nell'ambito del quadro normativo nazionale, ripristinare buone condizioni di vita è nell’interesse della società nel suo insieme, comprese le comunità Rom, Sinti e nomadi, in quanto tra le più esposte al rischio di abuso e sfruttamento. Le operazioni di sgombero forzato svolte dalle forze di polizia hanno avuto spesso l’obiettivo finale di offrire una sistemazione più adeguata per le famiglie rom. Un insediamento non 88 autorizzato per sua stessa natura, non può garantire condizioni di vita adeguate. Nell'ambito del quadro normativo nazionale, ripristinare buone condizioni di vita è nell’interesse della società nel suo insieme, comprese le comunità Rom, Sinti e nomadi, in quanto tra le più esposte al rischio di abuso e sfruttamento. 63 64 Porre in essere nuove misure per Diritto garantire l’accesso effettivo a all'uguaglian documenti di identificazione per tutti i za cittadini Diritti delle minoranze Dare piena applicazione alla legge No. 38/01 sulla protezione della minoranza slovena in Italia e alla legge No. 482/99; rispettare le istituzioni della minoranza slovena attraverso un trattamento speciale e la partecipazione nei processi decisionali (asili, scuole e teatri); Repubblica Ceca EEG, EU Slovenia EEG, EU 4 5 A A Per legge, l’Italia fornisce già una carte d'identità a tutti i cittadini Su un piano di parità con le altre minoranze linguistiche, i diritti della minoranza slovena ed il prezioso ruolo di questa minoranza nel rafforzamento delle relazioni bilaterali tra Italia e Slovenia sono stati recentemente riaffermati nella dichiarazione congiunta, rilasciata alla fine del secondo Comitato di Coordinamento dei Ministri slovenoitaliano, svoltasi a Lubiana, il 9 novembre 2009. In questo quadro, l'Italia ha confermato nel 2010 i suoi notevoli impegni finanziari per le attività culturali, educative ed economiche, in particolare per il settore dei media ed ha ribadito il suo sostegno al lavoro di un Comitato ad hoc - che sta attualmente esaminando, inter alia, il problema della topografia comunale - ai sensi della Legge n.38/01. 89 65 66 Diritti delle minoranze Diritti delle minoranze Dare piena applicazione alla topografia bilingue visibile nella Regione Autonoma del Friuli-Venezia Giulia popolata dalla minoranza slovena; e reinserire i nomi sloveni nei cartelli stradali dei villaggi della comunità di Resia/Rezija; Aumentare la visibilità dei programmi televisivi sloveni in tutta la Regione Autonoma del Friuli-Venezia Giulia, come stabilito all’articolo 19 della legge No. 103/75; Slovenia EEG, EU Slovenia EEG, EU 5 4 A A Su un piano di parità con le altre minoranze linguistiche, i diritti della minoranza slovena ed il prezioso ruolo di questa minoranza nel rafforzamento delle relazioni bilaterali tra Italia e Slovenia sono stati recentemente riaffermati nella dichiarazione congiunta, rilasciata alla fine del secondo Comitato di Coordinamento dei Ministri slovenoitaliano, svoltasi a Lubiana, il 9 novembre 2009. In questo quadro, l'Italia ha confermato nel 2010 i suoi notevoli impegni finanziari per le attività culturali, educative ed economiche, in particolare per il settore dei media ed ha ribadito il suo sostegno al lavoro di un Comitato ad hoc - che sta attualmente esaminando, inter alia, il problema della topografia comunale - ai sensi della Legge n.38/01. Su un piano di parità con le altre minoranze linguistiche, i diritti della minoranza slovena ed il prezioso ruolo di questa minoranza nel rafforzamento delle relazioni bilaterali tra Italia e Slovenia sono stati recentemente riaffermati nella dichiarazione congiunta, rilasciata alla fine del secondo Comitato di Coordinamento dei Ministri slovenoitaliano, svoltasi a Lubiana, il 9 novembre 2009. In questo quadro, l'Italia ha confermato nel 2010 i suoi notevoli impegni finanziari per le attività culturali, educative ed economiche, in particolare per il settore 90 dei media ed ha ribadito il suo sostegno al lavoro di un Comitato ad hoc - che sta attualmente esaminando, inter alia, il problema della topografia comunale - ai sensi della Legge n.38/01. Rafforzare gli sforzi per proteggere i richiedenti asilo ed i rifugiati; Diritti dei rifugiati 67 Diritti dei migranti continuare ad applicare gli emendamenti delle leggi sull'immigrazione per garantire che tali leggi siano pienamente in linea con gli standard internazionali; fare ulteriori sforzi per lavorare insieme ai rifugiati e ai migranti; e fare ulteriori passi per garantire il pieno rispetto dei diritti fondamentali dei migranti, dei richiedenti asilo e dei rifugiati; 68 69 Yemen Asia OIC, AL Kirghizstan Asia OIC, CIS Svezia WEOG, EU Libertà di movimento Rafforzare la cooperazione con UNHCR per garantire l’accesso ad una equa Messico procedura per identificare i bisogni di GRULAC, OAS, protezione di coloro che viaggiano o che OEI, ACS sono sul territorio italiano Diritti dei migranti Con riguardo alle preoccupazioni espresse nell’accordo Italo-Libico per evitare che navi con migranti viaggino verso l’Italia, garantire che le persone intercettate abbiano accesso ad una valutazione appropriata delle loro richieste di asilo in accordo con gli standard internazionali in materia di diritti umani Olanda WEOG, EU L'Italia accetta la seguente raccomandazione, considerandola già attuata o in corso di attuazione 4 2 A 4 4 4 A A L'Italia accetta la seguente raccomandazione, considerandola già attuata o in corso di attuazione La normativa nazionale, i casi giuridici e le pratiche mostrano la conformità con principio di non respingimento e con gli strumenti giuridici internazionali pertinenti. In particolare, quando un migrante soccorso in mare esprime l'intenzione di chiedere asilo o altre forme di protezione internazionale a bordo di un peschereccio italiano, lei/lui non viene rimpatriato nel paese di origine o di transito, ma portato in Italia 91 70 71 Diritti dei rifugiati Diritti dei rifugiati Garantire procedure soddisfacenti per le richieste di asilo da parte di tutti i migranti o richiedenti asilo recuperati in mare Rivedere la propria legislazione e pratica per assicurarsi che siano pienamente allineate con il principio di non-refoulement, e garantire la responsabilità per qualsiasi violazione effettuata in merito dalle persone preposte Danimarca WEOG, EU Repubblica Ceca EEG, EU 4 3 A La normativa nazionale, i casi giuridici e le pratiche mostrano la conformità con principio di non respingimento e con gli strumenti giuridici internazionali pertinenti. In particolare, quando un migrante soccorso in mare esprime l'intenzione di chiedere asilo o altre forme di protezione internazionale a bordo di un peschereccio italiano, lei/lui non viene rimpatriato nel paese di origine o di transito, ma portato in Italia A La normativa nazionale, i casi giuridici e le pratiche mostrano la conformità con principio di non respingimento e con gli strumenti giuridici internazionali pertinenti. In particolare, quando un migrante soccorso in mare esprime l'intenzione di chiedere asilo o altre forme di protezione internazionale a bordo di un peschereccio italiano, lei/lui non viene rimpatriato nel paese di origine o di transito, ma portato in Italia R La gestione dei flussi migratori di grandi dimensioni resta una sfida molto seria per qualsiasi stato. In questo contesto, è fondamentale mettere in atto gli strumenti necessari per lottare contro la tratta umana e promuovere l’immigrazione regolare. Nel 2009 la legislazione ha uno scopo duplice: garantire che i migranti - quelli che non hanno titolo a nessuna forma di protezione siano effettivamente rimpatriati nel loro paese di origine, prevenendo il loro coinvolgimento in reti di criminalità organizzata. Queste misure hanno lo scopo di frenare i comportamenti criminali di singoli Porre in essere misure legislative appropriate per decriminalizzare l’entrata e permanenza irregolare in Italia; Diritti dei migranti 72 Diritti dei rifugiati Brasile GRULAC, OAS, eliminare i provvedimenti che OEI criminalizzano l’entrata e la permanenza irregolare sul territorio italiano contenuti nella legge No. 94 del Messico 2009, e anche i provvedimenti che GRULAC, OAS, concernono lo status di non OEI, ACS documentato quale aggravante nella commissione di un reato e la creazione di gruppi di vigilanti (le ronde) come indicato nella legge No. 125 del 2008; 4 5 92 individui e nessuna disposizione è prevista nei confronti di qualsiasi comunità, gruppo o classe, legata ad alcuna forma di discriminazione e di xenofobia. Su questa linea, la circostanza aggravante in riferimento ha unicamente lo scopo di prevenire il coinvolgimento dei migranti illegali nel crimine organizzato 73 Diritti dei migranti Adottare misure legislative appropriate Brasile per escludere la permanenza non GRULAC, OAS, documentata in Italia come aggravante OEI nella sentenza di condanna 4 R La gestione dei flussi migratori di grandi dimensioni resta una sfida molto seria per qualsiasi stato. In questo contesto, è fondamentale mettere in atto gli strumenti necessari per lottare contro la tratta umana e promuovere l’immigrazione regolare. Nel 2009 la legislazione ha uno scopo duplice: garantire che i migranti - quelli che non hanno titolo a nessuna forma di protezione siano effettivamente rimpatriati nel loro paese di origine, prevenendo il loro coinvolgimento in reti di criminalità organizzata. Queste misure hanno lo scopo di frenare i comportamenti criminali di singoli individui e nessuna disposizione è prevista nei confronti di qualsiasi comunità, gruppo o classe, legata ad alcuna forma di discriminazione e di xenofobia. Su questa linea, la circostanza aggravante in riferimento ha unicamente lo scopo di prevenire il coinvolgimento dei migranti illegali nel crimine organizzato 74 Diritti dei migranti Adottare misure appropriate per Brasile esentare i funzionari addetti alla salute GRULAC, OAS, 4 A Per quanto riguarda l'accesso ai servizi sanitari e all'istruzione, la nuova 93 pubblica e alla istruzione a denunciare migranti non documentati che li contattano perché in bisogno di assistenza medica o per i servizi di istruzione 75 Diritti dei migranti Diritti delle minoranze 76 Diritti dei migranti Diritti dei rifugiati Diritti dei migranti 77 Diritti dei rifugiati 78 Diritti dei rifugiati OEI Garantire l’accesso ai servizi sociali di base inclusa la casa, l’igiene, la salute e l’istruzione a tutti i migranti ed ai membri delle loro famiglie e, in tale Messico direzione, aderire immediatamente ai GRULAC, OAS, principi della Convenzione OEI, ACS internazionale per i diritti di tutti i lavoratori migranti e delle loro famiglie e considerare la sua ratifica in termini positivi Adottare ulteriori misure per proteggere Gran Bretagna ed integrare i migranti, i richiedenti WEOG, EU, asilo e gli appartenenti a minoranze, COmmonwealt anche attraverso indagini su attacchi h violenti effettuati contro di loro Aumentare la trasparenza nelle procedure di arrivo e di ritorno che riguardano migranti e rifugiati Giappone Asia Intensificare gli sforzi per la risistemazione di rifugiati, specialmente per quanto riguarda situazioni protratte di rifugiati identificate dal UNHCR Marocco Africa OIC, AL, OIF normativa non ha introdotto alcuna limitazione. La legge non impone né a medici o presidi di denunciare i migranti privi di documenti. 4 A L'opportunità di partecipare pienamente alla vita sociale, economica e culturale rappresenta il pilastro fondamentale per una buona integrazione. L'Italia rimane pienamente impegnata nella promozione di misure efficaci per l'integrazione sociale degli immigrati regolari. Per quanto riguarda la ratifica della Convenzione ONU sulla protezione dei diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, si prega di fare riferimento alla risposta data alla raccomandazione n. 2. L'Italia accetta la seguente raccomandazione, considerandola già attuata o in corso di attuazione 4 4 4 A A A L'Italia accetta la seguente raccomandazione, considerandola già attuata o in corso di attuazione L'Italia accetta la seguente raccomandazione, considerandola già attuata o in corso di attuazione 94 79 Diritti dei migranti Assicurare il pieno godimento dei diritti umani di coloro i quali sperano di Burkhina Faso trovare una vita migliore in Italia, Africa, specialmente attraverso il AU, OIC, OIF rafforzamento di strutture a garanzia dei diritti dei migranti 80 Diritti dei migranti Rafforzare il rispetto per i diritti umani Cuba dei migranti inclusi quelli nei centri di GRULAC, OAS, detenzione OEI, ACS 81 Violazioni dei diritti umani da parte di agenti statali Diritti dei migranti 82 Diritti dei migranti 4 4 A L'Italia accetta la seguente raccomandazione, considerandola già attuata o in corso di attuazione A L'Italia accetta la seguente raccomandazione, considerandola già attuata o in corso di attuazione Revocare tutte le leggi discriminatorie nei riguardi dei migranti irregolari e intraprendere azioni per investigare e Pakistan condannare atti discriminatori nei Asia, confronti di pubblici ufficiali e della OIC, sicurezza, in particolare laddove motivi Commonwealth razziali e religiosi sono fattori aggravanti 5 R La gestione dei flussi migratori di grandi dimensioni resta una sfida molto seria per qualsiasi stato. In questo contesto, è fondamentale mettere in atto gli strumenti necessari per lottare contro la tratta umana e promuovere l’immigrazione regolare. Nel 2009 la legislazione ha uno scopo duplice: garantire che i migranti - quelli che non hanno titolo a nessuna forma di protezione siano effettivamente rimpatriati nel loro paese di origine, prevenendo il loro coinvolgimento in reti di criminalità organizzata. Queste misure hanno lo scopo di frenare i comportamenti criminali di singoli individui e nessuna disposizione è prevista nei confronti di qualsiasi comunità, gruppo o classe, legata ad alcuna forma di discriminazione e di xenofobia. Su questa linea, la circostanza aggravante in riferimento ha unicamente lo scopo di prevenire il coinvolgimento dei migranti illegali nel crimine organizzato Continuare la cooperazione stretta con i paesi di origine e transito per trovare 2 A L'Italia accetta la seguente raccomandazione, considerandola già Vietnam Asia 95 una soluzione efficace al problema della migrazione illegale 83 84 ASEAN, OIF Lotta al Yemen traffico di Continuare le misure intraprese per Asia esseri umani porre fine alla tratta di esseri umani; OIC, AL e rafforzare ulteriormente gli sforzi per Diritti dei porre fine alla tratta di donne e bambini Canada bambini e porre in essere misure efficaci per WEOG, OAS, perseguire e punire chi traffica con gli OIF, Diritti delle esseri umani; Commonwealth donne Lotta al traffico di Aumentare efficacemente misure di esseri umani identificazione di donne e bambini vittime di tratta in modo da fornire loro Diritti dei la assistenza adeguata e considerare di bambini non penalizzarli per crimini commessi come diretta conseguenza del fatto di Diritti delle essere vittime di tratta donne Rafforzare gli sforzi per combattere la tratta di donne e bambini e di porre in essere misure efficaci per perseguire e punire i trafficanti di esseri umani, Lotta al come indicato dal Comitato per i diritti traffico di del bambino e il Comitato contro la esseri umani tortura; attuata o in corso di attuazione L'Italia accetta la seguente raccomandazione, considerandola già attuata o in corso di attuazione 2 A 4 L'Italia accetta la seguente raccomandazione, considerandola già attuata o in corso di attuazione Filippine Asia ASEAN 4 A L'Italia accetta la seguente raccomandazione, considerandola già attuata o in corso di attuazione Treaty bodies 85 Diritti dei bambini Diritti delle donne 86 Diritti dei migranti Lotta al e porre in essere misure efficaci per perseguire e condannare la tratta e lo sfruttamento delle persone come indicato dal Comitato contro la tortura; Estendere gli sforzi per raggiungere e identificare le donne e i minori sfruttati nella prostituzione, garantire che le vittime di tratta siano identificate, Giappone Asia Israele WEOG Stati Uniti WEOG, OAS 4 4 A A L'Italia accetta la seguente raccomandazione, considerandola già attuata o in corso di attuazione 96 traffico di assistite e non penalizzate per crimini esseri umani commessi come diretta conseguenza del fatto di essere vittime di tratta; Diritti dei bambini identificare anticipatamente le potenziali vittime di fra i migranti senza Diritti delle documenti; continuare ad investigare e donne perseguire con inchieste sulle complicità connesse alla tratta; e allargare le campagne di sensibilizzazione del pubblico con lo scopo di ridurre la domanda interna di sesso a pagamento 87 Continuare gli sforzi per combattere la tratta di esseri umani e in particolare Lotta al considerare la possibilità di elaborare traffico di misure comprensive per ridurre la esseri umani domanda dei servizi offerti attraverso le vittime di tratta Bielorussia EEG, CIS L'Italia accetta la seguente raccomandazione, considerandola già attuata o in corso di attuazione 2 A 2 A L'Italia accetta la seguente raccomandazione, considerandola già attuata o in corso di attuazione A Azioni rilevanti sono state già adottate a livello nazionale e locale, in rispetto della legislazione esistente. All'interno di un quadro di pianificazione rinnovato, autorizzazioni ambientali aggiuntive saranno rilasciate per ridurre efficacemente le emissioni di rifiuti, in Lotta al traffico di esseri umani 88 Diritto al cibo Continuare a destinare le risorse Colombia necessaria alla realizzazione di progetti GRULAC, OAS, per fornire alloggi, cibo e assistenza OEI, ACS sociale temporanea alle vittime di tratta Diritto all'abitazion e 89 Diritto alla salute Ambiente Valutare la situazione e adottare le misure atte a ridurre l’inquinamento da parte della azienda elettrica a carbone di Cerano in Puglia e l’industria metallurgica a Taranto per garantire uno standard di vita e di salute adeguato in quelle zone Israele WEOG 3 97 maniera appropriata. 90 91 92 Sviluppo Sviluppo Società civile UPR Bangladesh Aumentare l’aiuto pubblico allo sviluppo Asia per portarla allo 0,7 per cento del PIL OIC, richiesto dalle Nazioni Unite COmmonwealt h Continuare a intensificare i programmi di cooperazione allo sviluppo con l’obbiettivo di raggiungere lo 0.7 per cento del PIL come stabilito dalle Nazioni Unite Algeria AU, OIC, AL Stabilire un procedimento efficace e inclusivo per dare seguito alle raccomandazioni della UPR tenendo in Norvegia mente che la attiva partecipazione della WEOG società civile è essenziale per un processo di revisione che abbia valore; Gran Bretagna WEOG, EU, consultare e coinvolgere la società civile Commonwealth nel dare seguito alla UPR inclusa la realizzazione delle raccomandazioni; 5 2 A Con l’appoggio del Parlamento e della società civile in generale, l'Italia ha riconfermato il suo impegno verso il raggiungimento dell'obiettivo di Monterrey 0,7%,. Nonostante la congiuntura internazionale ed i severi vincoli posti per l'Italia dal suo elevato debito pubblico, una parte del nuovo budget statale è solitamente assegnato per l'Aiuto Pubblico allo Sviluppo A Con l’appoggio del Parlamento e della società civile in generale, l'Italia ha riconfermato il suo impegno verso il raggiungimento dell'obiettivo di Monterrey 0,7%,. Nonostante la congiuntura internazionale ed i severi vincoli posti per l'Italia dal suo elevato debito pubblico, una parte del nuovo budget statale è solitamente assegnato per l'Aiuto Pubblico allo Sviluppo L'Italia accetta la seguente raccomandazione, considerandola già attuata o in corso di attuazione 5 A 98 SECONDO MONITORAGGIO DELLE RACCOMANDAZIONI DEL CONSIGLIO DIRITTI UMANI NELL’AMBITO DELLA REVISIONE PERIODICA UNIVERSALE (UPR) 1. Diritti Civili e Politici e strumenti internazionali, Racc. 1-10 Il 20 maggio 2011 l’Italia è stata riconfermata Stato membro del Consiglio diritti umani delle Nazioni Unite per il triennio 2011-2014. In fase di candidatura per il secondo mandato, il Governo italiano ha indicato gli impegni volontari in materia di diritti umani che intende perseguire: pesa, tra questi, l’assenza di una precisa intenzione a introdurre il reato di tortura nell’ordinamento penale interno. Su questa grave inadempienza, suffragata dal respingimento della raccomandazione numero 8 da parte del Governo italiano nel 2010, grava anche il mancato richiamo alla ratifica del Protocollo opzionale del Consiglio d’Europa contro la tortura (Opcat). In un’occasione decisiva sul piano internazionale come indubbiamente è la candidatura a sedersi tra i 47 paesi membri del Consiglio diritti umani dell’Onu, l’Italia ha quindi mancato di promettere anche sulla necessità di dotarsi di un organismo indipendente che possa visitare e ispezionare i luoghi di detenzione, inclusi i centri per migranti e richiedenti asilo. Il sostanziale ristagno in materia di prevenzione e condanna di ogni forma di tortura e trattamento inumano e degradante in cui è finito il legislatore italiano è accompagnato dall’aggravante della sordità ai richiami della più recente giurisprudenza. In particolare, valga ricordare l’importante sentenza del tribunale penale di Asti del 30 gennaio 2012 che ha mandato prosciolti per intervenuta prescrizione cinque agenti della polizia penitenziaria accusati delle violenze e abusi subìti da due detenuti nel casa circondariale di Asti tra il 2004 e il 2005. Nelle motivazioni del giudice, in cui risultano documentati i maltrattamenti, è chiaramente segnalata l’esistenza di una lacuna normativa relativa all’ipotesi di tortura ed è altrettanto limpidamente smentito quanto sostenuto nel 2010 dal Governo italiano, vale a dire che l’insieme delle fattispecie di reato previste nell’ordinamento italiano siano di per sé sufficienti a coprire il caso di tortura. La sentenza di Asti, la più recente di una giurisprudenza conforme in tal senso, richiama la definizione di tortura e trattamenti inumani e degradanti com’è scritta nella Convenzione delle Nazioni Unite del 1984 che l’Italia ha sottoscritto, ratificato e a cui tuttora attende di dare completa attuazione. 2. Legislazione Nazionale, Racc. 67-82 A due anni dalla ricezione delle raccomandazioni del Consiglio Diritti Umani in sede di UPR, l’unica novità di rilievo riscontrata nel sistema legislativo italiano è quella del recepimento della direttiva europea in materia di rimpatri dei cittadini dei paesi terzi e le conseguenti modifiche apportate all’ordinamento interno. Queste modifiche presentano dubbi di conformità agli obblighi posti dal diritto dell’Unione. L’Italia ha recepito con grande ritardo la direttiva 2008/115/CE recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio dei cittadini dei paesi terzi il cui soggiorno è irregolare. Con il decreto legge 23 giugno 2011 n. 89, successivamente convertito in legge n.129 del 2 agosto 2011, il Governo ha recepito la direttiva europea. La trasposizione della direttiva è stata realizzata in modo frettoloso ed incompleto e questo rende la normativa di difficile applicazione sia per la pubblica amministrazione che per i giudici di pace che hanno in modo quasi esclusivo la giurisdizione in questa materia. Il sindacato giurisdizionale sulla restrizione della libertà personale continua ad essere affidato alla magistratura onoraria. La pena detentiva per il “reato di clandestinità” sparisce dall’ordinamento. Tuttavia, il tempo di trattenimento nei CIE può durare fino a 18 mesi. La legge di recepimento della direttiva ha modificato inoltre diversi articoli del T.U. sull’immigrazione (decreto legislativo n. 286/1998). Ad esempio, all’ art. 32 è stato aggiunto il co.1-bis che riguarda i minori stranieri considerati non accompagnati (nonostante siano affidati o inseriti in una comunità) ai quali per il mantenimento della regolarità del soggiorno al compimento della maggiore età, il legislatore esige dei requisiti ulteriori rispetto a quelli richiesti nella minore età stessa. Il Governo ha colto l’occasione anche per completare l’attuazione della direttiva 2004/38/CE sulla libera circolazione dei cittadini dell’UE, apportando diverse modifiche al decreto legislativo n. 30 del 2007 che regola le condizioni di soggiorno dei cittadini dell’UE in Italia. In materia di riconoscimento dello status di rifugiato non esiste tuttora una legislazione organica; le Commissioni Territoriali per il riconoscimento della Protezione Internazionale emettono troppo spesso dinieghi alle domande di riconoscimento, costringendo i richiedenti a fare ricorso giurisdizionale per vedersi riconosciuto il loro status. Si rileva un’inadeguatezza pesante nel sistema generale di accoglienza, al di sotto degli standard minimi europei. Per affrontare l’emergenza dei profughi del Nord Africa, il 12 aprile 2011 la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dip. Protezione civile aveva approvato un piano per l’accoglienza dei migranti in attuazione dell’accordo Stato Regioni Enti locali del 6 aprile 2011. Aveva anche approvato il D.P.C.M. del 5 aprile 2011 ex art. 20 T.U. Immigrazione contenente l'indicazione delle misure umanitarie di protezione temporanea per i cittadini appartenenti ai paesi del Nord Africa affluiti nel territorio italiano dal 1° gennaio 2011 alla mezzanotte del 5 aprile 2011. Nello stesso provvedimento veniva stabilito che la richiesta del permesso di protezione temporanea si doveva presentare entro 8 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Il 15 maggio 2012 un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ha prorogato di altri 6 mesi i permessi di soggiorno rilasciati a favore dei cittadini nordafricani per motivi umanitari. Precedentemente, con un decreto del 6 ottobre 2011 era stato prorogato lo stato di emergenza per tutto l’anno 2012. Restano fuori da questa forma di tutela circa 25.000 cittadini dell’Africa sub-sahariana, fuggiti dalla guerra in Libia nel corso dell’anno 2011 e privi di un qualsiasi permesso di soggiorno (precisamente per il fatto che sono entrati in Italia dopo il 5 aprile dello scorso anno). In relazione alla fruizione da parte dei cittadini immigrati dei benefici sociali previsti dalla normativa italiana in materia di sostegno al reddito familiare e alla funzione genitoriale o di cura dei familiari si evidenziano profili discriminatori diretti o indiretti, in contrasto con i principi costituzionali di uguaglianza e ragionevolezza, nonché con il principio di non discriminazione di cui al diritto internazionale ed europeo (CEDU). Uniche novità in materia: - assegno INPS destinato ai nuclei familiari numerosi con almeno tre figli minori ed in condizioni di disagio economico. (La normativa prevede una clausola di cittadinanza italiana o di un paese membro dell’UE ai fini dell’accesso al beneficio, escludendo tutti i cittadini di paesi terzi, con l’unica eccezione dei rifugiati). Con comunicazione del 16 maggio 2012 l’INPS ha ribadito l’esclusione dei cittadini di paesi terzi dalla prestazione sociale, ivi compresi gli stranieri lungo soggiornanti che pure dovrebbero essere protetti dalla clausola di parità di trattamento di cui alla direttiva europea n. 109/2003, adducendo che un parere del Ministero dell’Economia e delle Finanze avrebbe motivato la necessità dell’esclusione con la mancanza di copertura economica; - con il decreto “Semplifica Italia” (decreto legge n. 5 dd. 09.02.2012, convertito in legge n. 35 dd. 04.04.2012) è stata messa a disposizione delle famiglie con basso reddito una nuova social card chiamata “Carta acquisti” che affiancherà quella già prevista dal 2008. La Carta ha validità annuale e la gestione è affidata ai Comuni con più di 250 mila abitanti per un totale di 50 milioni di euro stanziati. La nuova “social card” viene riservata ai cittadini italiani, di altri Stati membri dell’Unione europea e ai cittadini di Stati terzi lungo soggiornanti. Ne rimangono esclusi tuttavia i rifugiati e i titolari di protezione sussidiaria nonostante la previsione di parità di trattamento in materia di assistenza sociale prevista dalla direttiva europea n.2004/83, nonché gli immigrati di paesi terzi privi dello status di lungo soggiornanti. Per quanto attiene ai diritti delle minoranze possiamo rilevare che: il nuovo Governo insediatosi a novembre 2011 ha redatto un documento chiamato Strategia nazionale di inclusione dei Rom, dei Sinti e dei Camminanti. Si è preso atto della necessità, non solo di fornire all'Unione Europea le risposte che sono fino ad oggi mancate ma contemporaneamente di segnare una strategia che possa guidare nei prossimi anni, una concreta attività di inclusione dei Rom, Sinti e Camminanti (RSC), superando definitivamente la fase emergenziale che ha caratterizzato l'azione soprattutto nelle 100 grandi aree urbane. Il ministro per la Cooperazione Internazionale e l'Integrazione è stato investito della responsabilità di costruire, di concerto con altri ministeri, una cabina di regia delle politiche dei prossimi anni, coinvolgendo le rappresentanze degli enti regionali e locali, compresi i sindaci delle grandi aree urbane e le stesse rappresentanze delle comunità Rom, Sinti e Camminanti presenti in Italia. Per ciò che attiene all’assistenza sanitaria, la normativa in materia di assistenza sanitaria non trova applicazione uniforme in tutte le regioni italiane. A livello generale, si ricorda come l’art. 35 del d.lgs. 286/98 assicuri ai migranti irregolari “le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative” e i “programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e collettiva”. L’articolo 43.8 del DPR 394/1999 spiega, inoltre, che “le regioni individuano le modalità più opportune per garantire che le cure essenziali e continuative previste dall’articolo 35, comma 3, del testo unico, possono essere erogate nell’ambito delle strutture della medicina del territorio o nei presidi sanitari, pubblici e privati accreditati, strutturati in forma poliambulatoriale od ospedaliera, eventualmente in collaborazione con organismi di volontariato aventi esperienza specifica.” Tale normativa risulta non pienamente attuata in alcune regioni italiane e l’assistenza fornita ai migranti non in regola con le norme relative all'ingresso ed al soggiorno continua ad essere inadeguata. In particolare, alcune regioni hanno delegato alle singole aziende sanitarie l’identificazione delle modalità tramite le quali garantire concretamente le cure essenziale e continuative ai migranti irregolari, senza emanare direttive volte ad assicurare l’uniformità dell’assistenza tra le diverse aziende sanitarie e ad assicurare livelli essenziali adeguati. Inoltre, in alcune di queste, i migranti irregolari possono ricevere assistenza sanitaria unicamente accedendo al pronto soccorso e, qualora siano attivi sul territorio, accedendo ad ambulatori del volontariato non convenzionati. Con comunicazione del 16 maggio 2012 l’INPS ha ribadito l’esclusione dei cittadini di paesi terzi dalla prestazione sociale, ivi compresi gli stranieri lungo soggiornanti che pure dovrebbero essere protetti dalla clausola di parità di trattamento di cui alla direttiva europea n. 109/2003, adducendo che un parere del Ministero dell’Economia e delle Finanze avrebbe motivato la necessità dell’esclusione con la mancanza di copertura economica. Con il decreto “Semplifica Italia” (decreto legge n. 5 dd. 09.02.2012, convertito in legge n. 35 dd. 04.04.2012) è stata messa a disposizione delle famiglie con basso reddito una nuova social card chiamata “Carta acquisti” che affiancherà quella già prevista dal 2008. La carta ha validità annuale e la gestione è affidata ai Comuni con più di 250mila abitanti per un totale di 50 milioni di euro stanziati. La nuova “social card” viene riservata ai cittadini italiani, di altri Stati membri dell’Unione europea e ai cittadini di Stati terzi lungo soggiornanti. Ne rimangono esclusi tuttavia i rifugiati e i titolari di protezione sussidiaria nonostante la previsione di parità di trattamento i materia di assistenza sociale prevista dalla direttiva europea n. 2004/83, nonché gli immigrati di paesi terzi privi dello status di lungo soggiornanti. In alcune visite realizzate nel 2011-2012 presso i Centri di Identificazione ed Espulsione (CIE) di Roma, Bologna e Torino è stata constatata una palese inadeguatezza di tali strutture nel tutelare la dignità e i diritti fondamentali dei migranti trattenuti. Un’inadeguatezza correlata agli scopi, alle modalità di funzionamento e alle caratteristiche strutturali dei CIE, che richiamano quelle di centri di internamento del tutto inadatti a garantire una permanenza dignitosa agli immigrati. Alla luce delle informazioni raccolte, le degradanti condizioni di detenzione e la tensione all’interno dei centri sembrano essersi ulteriormente aggravate in seguito al prolungamento dei tempi massimi di trattenimento a 18 mesi 66. Il fatto che i CIE siano una realtà del tutto separata dal territorio che li ospita, con limitate possibilità di monitoraggio da parte di organizzazioni indipendenti e di esponenti della società civile, accresce ulteriormente i timori circa un’inadeguata tutela dei diritti fondamentali dei migranti detenuti. Del resto, l’isolamento dei trattenuti rispetto alla possibilità di mantenere un contatto con il mondo esterno è apparso tra gli elementi di disagio più rilevanti nel CIE di Roma (il più grande d’Italia), dove la libertà di colloquio con persone provenienti dall’esterno non è garantita. Oltre a un notevole degrado di alloggi e servizi igienici e la quasi totale assenza di spazi e attività ricreative, nel CIE romano si sono riscontrati ostacoli rilevanti nell’accesso alle 66 Decreto-legge n. 89 del 23 giugno 2011, convertito in legge n. 129/2011. 101 cure specialistiche e agli approfondimenti diagnostici. È facile intuire che un sistema concepito per fornire assistenza sanitaria a persone trattenute per un periodo relativamente breve di tempo (30 giorni) si riveli del tutto inadeguato quando questi tempi vengono abnormemente prolungati. Pertanto si ribadisce la necessità di sottrarre i CIE alla condizione di extraterritorialità sanitaria e di ricondurre la titolarità e l’organizzazione dell’assistenza sanitaria nei centri al Servizio sanitario nazionale attraverso le ASL di riferimento in modo da tutelare adeguatamente il diritto alla salute dei trattenuti. Circa l’80 per cento delle persone internate nel CIE di Roma provengono dal carcere o sono vittime di tratta. Per quanto riguarda gli ex-detenuti, è evidente che si sarebbe potuto e dovuto provvedere alla loro identificazione durante il periodo di espiazione della pena. Mentre il trattenimento nel CIE di donne potenziali vittime di tratta appare del tutto improprio, in quanto tale struttura non è il luogo adeguato per avviare gli opportuni percorsi di assistenza e protezione sociale a favore di persone particolarmente vulnerabili. Le conclusioni di un’indagine condotta sul CIE di Ponte Galeria possono essere estese al sistema dei CIE in generale come indicano le analisi più significative realizzate da attori indipendenti e istituzionali. Si ritiene che le criticità ripetutamente rilevate nel corso degli anni sulla natura e il funzionamento dei CPTA/CIE abbiano una tale rilevanza e pervasività da rendere indispensabili e urgenti sia l’abbandono dell’attuale sistema di detenzione amministrativa, sia l’adozione contestuale di strategie di gestione dell’immigrazione irregolare più razionali, articolate e rispettose dei diritti fondamentali della persona. Con riferimento alla promozione e protezione dei diritti sindacali, nel corso della 101esima Conferenza dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), la Confederazione Internazionale dei Sindacati (CSI-ITUC) ha presentato l'ultimo rapporto annuale sulle violazioni dei diritti sindacali nel mondo. Per quanto riguarda l'Italia, il rapporto annuale sulle violazioni dei diritti sindacali segnala le norme penalizzanti in materia di pensioni, i tagli alla spesa pubblica e ai servizi sociali, il blocco della contrattazione nel pubblico impiego e la mancata stabilizzazione dei precari. Vengono inoltre ricordate le discriminazioni, normative e di fatto, nei confronti dei lavoratori migranti – incluse condizioni di vera e propria schiavitù – e la violazione dei diritti sindacali operata dalla Fiat-Chrysler verso un sindacato maggiormente rappresentativo (con chiaro riferimento all'attacco ai diritti sindacali della FIOM-CGIL). 3. Istituzione Nazionale per i Diritti Umani, Racc. 11-15 L'Italia rimane ancora oggi uno dei pochi Stati (www.nhri.net) senza una istituzione nazionale indipendente per i diritti umani, in linea con i Principi di Parigi e la Risoluzione 48/134 approvata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 dicembre 1993 e dalla Risoluzione del Consiglio d'Europa (97) del 11 del 30 settembre 1997. La UPR con il suo A/HRC/14/4/Add.1 maggio 2010 raccomandazioni 11-15, insieme a tutte le raccomandazioni specifiche dei Treaty Bodies delle Nazioni Unite che hanno esaminato il contesto italiano nell'ultimo decennio (CRC/C/15/Add198 del 18 marzo 2003; CESCR / ITA / 04 del 26 novembre 2004; CCPR/C/ITA/CO/05 del 2 novembre 2005; CEDAW, 2005 A/60/38 (SUPP); CAT/C/ITA/CO/4 del 18 maggio 2007, CERD/C/ITA/CO/15 del 16 maggio 2008, CERD/C/ITA/CO/16-18 del 9 marzo 2012), hanno messo in evidenza questa lacuna italiana. Il ritardo italiano non ha giustificazione. Il Governo italiano, l'8 maggio 2007, nel presentare la sua prima candidatura al nuovo Consiglio ONU per i diritti umani per i successivi tre anni (l'Italia è stata eletta per il periodo 2007-2010) si è formalmente impegnato di fronte all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite "... a creare la Commissione nazionale indipendente per la promozione e protezione dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali…". Tuttavia, pur avendo disatteso questo impegno ufficiale, nuovamente nel 2011, nel ripresentare per la seconda volta la propria candidatura al Consiglio ONU per i diritti umani ha ancora promesso formalmente con impegno volontario di creare "la Commissione nazionale indipendente per la promozione e la protezione dei diritti umani in conformità con i Principi di Parigi...” da realizzare durante il suo secondo mandato 2011-2014 (l’Italia è stata eletta il 20 maggio, con decorrenza formale dal 19 giugno 2011). Nello stesso anno, dopo oltre un decennio tentativi da parte di vari parlamentari, un nuovo progetto di legge TU n. 4534: "Istituzione della Commissione nazionale per la promozione dei diritti umani e protezione”, preparato dal Governo senza alcun coinvolgimento della società 102 civile, presentato da 27 parlamentari, è stato approvato in Senato nel mese di luglio 2011 e presentato alla Camera dei Deputati, dove è stato sottoposto a modifiche. Il nuovo testo, che non è stato ancora ufficialmente reso noto e che quindi non rende possibile analizzare gli ultimi cambiamenti effettuati, è ancora fermo in Commissioni Affari Costituzionali della Camera dei Deputati in attesa di approvazione per poi essere restituito al Senato per l’approvazione finale. Per quanto concerne l'iter per la discussione parlamentare si può notare che, a prescindere dalla consapevolezza di alcuni parlamentari, in questi anni, dal 2004 al 2012 non si è avuta alcuna procedura consultiva, inclusiva, trasparente e partecipativa, tenendo conto che la partecipazione della società civile in tutte le varie fasi che portano alla creazione di una istituzione nazionale indipendente per i diritti umani è uno dei requisiti fondamentali dei Principi di Parigi e degli standard internazionali. Questo fatto contrasta anche con le raccomandazioni delle Nazioni Unite formalmente espresse dall'Ufficio dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, Ufficio Istituzioni Nazionali. I Principi di Parigi espressamente raccomandano che la creazione di una istituzione nazionale indipendente per i diritti umani sia realizzata attraverso un processo trasparente, partecipativo e inclusivo di tutte le forze sociali della società civile considerata nella sua accezione più generale (art. 1 della Sezione Composizione e garanzie di indipendenza e pluralismo) con la sua partecipazione attiva almeno in tre fasi vitali della istituzione: creazione, composizione/nomina dei membri della Commissione e meccanismi e metodi di cooperazione tra l'istituzione nazionale per i diritti umani e la società civile. 4. Educazione Ai Diritti Umani, Racc. 30,31,32 Il 10 dicembre 2004 il generale delle Nazioni Unite, con risoluzione 59/113, ha stabilito - come uscita del Decennio delle Nazioni Unite per l'Educazione ai Diritti Umani lanciata nel 1993 a Vienna Conferenza mondiale - il Programma Mondiale per l'Educazione ai Diritti Umani. Il programma, suddiviso in varie fasi e attualmente nella sua seconda fase (2010-2014), si concentra su educazione ai diritti umani per l'istruzione superiore e sui programmi di formazione sui diritti umani per insegnanti e educatori, funzionari pubblici, ufficiali di polizia e militari. L'attenzione è stata definita sulla base di una consultazione del Commissario per i diritti umani a cui anche l'Italia ha partecipato e contribuito. Le indicazioni per la seconda fase sono contenute nel "Piano d'azione per la seconda fase (2010-2014) del Programma Mondiale per l'Educazione ai Diritti Umani" (A/HRC/15/28) in cui l'azione specifica diretta verso le varie componenti del percorso formativo: adeguate politiche nazionali, la cooperazione internazionale, coordinamento e valutazione. Uno dei punti di forza del Programma Mondiale per l’educazione ai diritti umani è l’accento posto sull’importanza dell’educazione come life long learning inteso come apprendimento che dura tutta la vita. Un’educazione che supera i confini del didattico per entrare in un contesto educativo più ampio in cui l’educazione non formale e informale divengono elementi complementari all’educazione definita tradizionale. L'introduzione della riforma del sistema scolastico italiano attraverso l'attuazione della legge del 30 ottobre 2008, n. 169 ha portato all'introduzione nel nostro sistema scolastico di un nuovo tema: "Cittadinanza e Costituzione", per diventare in vigore a partire dall'anno scolastico 2009-2010 per un importo di 33 ore all'anno. La promozione della cittadinanza attiva - attraverso la diffusione dei principi costituzionali e dell’educazione al rispetto dei diritti umani e dei doveri da chiunque detenuti - prevede l'acquisizione di conoscenze e competenze che partono dalla prima infanzia, per coinvolgere tutti i livelli di istruzione. Solo l’implementazione del livello di connessione tra le discipline scolastiche può favorire il superamento della frammentazione didattica e l’esaltazione del valore civico, culturale, economico, politico e sociale dell’educazione: il tema della legalità e della coesione sociale, della cittadinanza nazionale ed europea, dei diritti umani, delle pari opportunità, del pluralismo, del rispetto della diversità, del dialogo interculturale, dell’etica, della responsabilità individuale e sociale, della bioetica, della tutela del patrimonio artistico e culturale. Lo scorso 19 dicembre 2011 a New York, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato 103 la Dichiarazione sull'Educazione e la Formazione ai Diritti Umani. Una Dichiarazione che afferma con forza: “L'educazione e la formazione ai diritti umani interessa tutte le parti della società, ad ogni livello compresa l'educazione materna, primaria, secondaria e universitaria, tenendo in considerazione la libertà accademica ove necessario, e tutte le forme di educazione, formazione e apprendimento, nel contesto sia pubblico e privato, formale, informale e non formale. Essa comprende, tra l'altro, la formazione professionale, in particolare la formazione dei formatori, degli insegnanti e del personale dello Stato, l'educazione permanente, l'educazione popolare nonché le attività di pubblica informazione e coscientizzazione”, Art. 3 comma 2. L'adozione della Dichiarazione offre alla classe politica italiana un'occasione per ricalibrare le politiche nazionali e le priorità alla luce dei nuovi standard internazionali. Se, come afferma la Dichiarazione, "l'educazione e la formazione ai diritti umani è essenziale per la promozione del rispetto universale e dell'osservanza di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali per tutti", allora l'educazione ai diritti umani non è solo un diritto di ogni essere umano, ma anche una necessità per una cittadinanza globale responsabile. 5. Migranti e richiedenti asilo 5.1 Diritti dei migranti e legislazione nazionale. Racc. 2, 9, 10, 27, 28, 63, 72, 73, 74, 75, 79, 80, 81, 82 Vedi paragrafo “1.2 Legislazione Nazionale” 5.2 Evizioni forzate. Racc. 61, 62 Vedi paragrafo “1.2 Legislazione Nazionale” 5.3 Diritto dei rifugiati e richiedenti asilo. Racc. 67, 68, 69, 70, 71, 76, 77, 78 Vedi paragrafo “1.2 Legislazione Nazionale” 6.Razzismo E Xenofobia Ufficio Nazionale Anti - Discriminazione Razziale. Racc. 16 (vedi piano d’azione nazionale integrato): si raccomanda di potenziare tale ufficio nazionale. Comportamenti di discriminazione razziale e xenofobia. Racc. 22, 23, 24, 26, 28, 29, 32, 33: si raccomanda di mettere in atto misure di contrasto più efficaci. 7.Diritti delle donne Racc. 24, 34, 35, 36, 42, 43, 44 Sotto il profilo della proclamazione del principio è evidente che in Italia le Pari Opportunità trovano piena legittimazione a livello istituzionale, ma nell’ambito del mercato del lavoro persistono forti discriminazioni e, ciò che più preoccupa, non sempre la direzione in cui procede il Governo è quella di una loro concreta attuazione. Per quanto riguarda le pari opportunità nell’ambito lavorativo risultano alcuni provvedimenti migliorativi annunciati dal nuovo Governo ma non ancora varati. Il ddl di “Riforma del mercato del lavoro” presentato in Consiglio dei Ministri nel mese di aprile 2012, all’art.55 prevede il superamento delle “dimissioni in bianco” (che nel 2009 - dopo la legge Brunetta - riguardò (fonte ISTAT) ben 800.000 donne. Secondo il ministro Fornero non è necessario - mediante l’abrogazione della Legge Brunetta del 2008 - far rivivere la legge 188/2007, che andrebbe comunque riformulata trattandosi di una legge abrogata. Questa posizione è stata ritenuta debole da sindacati e movimenti delle donne. Il ministro del Lavoro, oltre ad avere più volte ribadito di volersi impegnare per l’eliminazione 104 di questa prassi legalizzata, che ha definito “vergognosa”, si è impegnata a prevedere nel ddl cit. disposizioni che rendano più compatibili il lavoro femminile con gli impegni familiari, compreso il coinvolgimento di entrambi i genitori nei congedi parentali. Tali misure, incentrate principalmente sulla considerazione della famiglia come ammortizzatore sociale, anche da parte del ministro per la Cooperazione Sociale e per l’Integrazione, non si configurano come garanzia per un maggiore accesso delle donne al lavoro. Si tratta peraltro di misure non ancora entrate a regime poiché il nuovo testo normativo non e’ ancora stato varato. Attualmente il tasso di disoccupazione femminile si attesta al 9,9 per cento con un incremento pari allo 0,3 per cento: rispetto all’anno precedente, un aumento dello 0,6 (inferiore al tasso di disoccupazione maschile). Le inattive si attestano intorno al 37,1 per cento, con un lieve decremento rispetto al dato dello scorso anno. Sempre rispetto all’anno precedente, si rileva un tasso di occupazione femminile pari al 46,9 per cento con un lieve incremento rispetto al 46,1 dell’anno precedente, incremento che si verifica anche nel tasso di occupazione maschile (la ragione potrebbe essere l’impossibilità di uscita per pensionamento). Ma per quanto riguarda l’occupazione femminile, la realtà - pur non facilmente codificabile data la natura di contratti atipici e l’entità (discordante) delle retribuzioni - non sembra affatto improntata alle “pari opportunità”. Si tratta di un panorama disomogeneo che sfugge ai controlli e su cui è difficile operare statistiche che non siano quelle rilevate empiricamente e che dimostrano retribuzioni inferiori a qualsiasi normativa nazionale sotto il ricatto della perdita del posto di lavoro. La crisi economico-finanziaria ancor più che nell’anno passato non ha di fatto consentito alcun miglioramento rispetto alla condizione riscontrata nel precedente monitoraggio. L’assenza di investimenti su Asili Nido e Scuole dell’Infanzia, sia nel meridione che nel Nord Italia, come i tagli al welfare operati da Enti locali e Regioni, continua a far ricadere sulle donne il lavoro di “cura”. Si rimanda alle osservazioni già espresse lo scorso anno in merito al “Piano Italia 2020” non essendosi registrati mutamenti. In merito alla Racc.35, l’anno in corso ha visto un raccapricciante numero di donne vittime di violenza. In Italia sono state 59 le donne uccise fino a questo punto dell’anno, numero mai prima raggiunto. L’associazione Donne in rete contro la violenza che si propone di sostenere i 60 Centri Antiviolenza, certamente insufficienti, su tutto il territorio italiano ha recentemente richiamato “le istituzioni a un atto di responsabilità politica nei confronti dei “femminicidi”, fenomeno della violenza maschile sulle donne nel nostro Paese, chiedendo ancora una volta che la lotta alla violenza sulle donne sia una priorità strategica”. Lo ha fatto il 29 maggio u.s. con una plateale iniziativa: “Un calcio alla violenza, per la libertà delle donne”, una partita di calcio giocata dalla nazionale di calcio. Nel 2010 156 donne sono state uccise da uomini (mariti, ex mariti o ex compagni, parenti o sconosciuti), nel 2009 172, 15 in più del 2008 e 20 in più del 2007. Nel 70 per cento dei casi la donna viene uccisa in casa e nel 79 per cento dei casi il femminicidio viene commesso da un italiano (fonti: ISTAT, Rapporto annuale sulla condizione del Paese; Casa delle Donne, 2010). Iniziative legislative in corso in materia di violenza sessuale La Camera dei deputati ha approvato in prima lettura, nella seduta del 14 luglio 2009, un testo unificato di numerosi progetti di legge (uno dei quali del Governo), che reca un organico intervento in materia di violenza sessuale. Tale testo, attualmente all’esame del Senato (A.S. 1675), prevede tra l’altro l’inasprimento delle sanzioni per i reati in materia di violenza sessuale, ulteriori circostanze aggravanti, l’introduzione del reato di molestie sessuali (definito nella condotta di chi arreca molestia a taluno mediante un atto o un comportamento a contenuto esplicitamente sessuale), la possibilità di intervento in giudizio degli enti locali, dei centri antiviolenza e della Presidenza del Consiglio (nel caso di delitti in danno di minori o 105 nell’ambito familiare), misure per l’informazione e l'assistenza sociale delle vittime di violenza, iniziative scolastiche contro la violenza e la discriminazione sessuale. Presso la Commissione Giustizia della Camera è inoltre iniziato l’esame di una proposta di legge volta ad estendere l’accesso al gratuito patrocinio anche per le spese relative a processi celebrati all'estero per violenze sessuali commesse all'estero ai danni di cittadini italiani. Lunedì 25 giugno 2012, Rashida Manjoo, la Relatrice Speciale delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne, le sue cause e conseguenze, ha presentato a Ginevra, al Consiglio Diritti Umani, il rapporto pubblicato a seguito della sua missione in Italia lo scorso gennaio 2012. Rashida Manjoo, nel suo rapporto, esamina la situazione di violenza contro le donne nel nostro paese, analizzandone le cause e le conseguenze, dibattendo della "risposta dello Stato” nella prevenzione del fenomeno, protezione delle vittime e individuazione dei rimedi necessari per contrastare il fenomeno e perseguire e punire i colpevoli. È possibile consultare il documento linkando a: http://www.ohchr.org/Documents/HRBodies/HRCouncil/RegularSession/Session20/A-HRC-2016-Add2_en.pdf Il Piano nazionale contro la violenza di genere e lo stalking La legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244 del 2007) ha istituito un fondo, presso la Presidenza del Consiglio, per la realizzazione di un piano contro la violenza alle donne stanziando a tal fine 20 milioni di euro per l'anno 2008. Tali somme non sono state mai impegnate nel corso degli anni, fino al 2011 quando, dopo il parere favorevole espresso dalla Conferenza Unificata nella seduta del 28 ottobre 2010, la Corte dei Conti ha dato il via libera (17 febbraio 2011) al primo Piano nazionale. Le mutilazioni genitali femminili La legge n. 7 del 2006 detta le misure necessarie per prevenire, contrastare e reprimere le pratiche di mutilazione genitale femminile quali violazioni dei diritti fondamentali all’integrità della persona e alla salute delle donne e delle bambine (art. 1). Tale legge in particolare ha introdotto nel codice penale un’autonoma fattispecie di reato (Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili, art. 583-bis) che punisce con la reclusione da 4 a 12 anni chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, cagiona una mutilazione degli organi genitali femminili (clitoridectomia, escissione, infibulazione ed altre analoghe pratiche). 8.Discriminazione Discriminazione in base all’orientamento sessuale Dal punto di vista del recepimento delle norme contenute nella raccomandazione n. 36 evidenziamo come in questo paese l'approvazione di una norma contro gli atti di discriminazione, aggressione e violenza verso le persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender, nonché un adeguamento legislativo che assicuri la parità di accesso ai diritti per tutti i cittadini e per tutte le cittadine incontrino una sistematica e ferrea opposizione da parte del Governo e del Parlamento nazionale. Nel nostro paese esistono in particolare due norme. La prima relativamente alla protezione umanitaria per i cittadini stranieri discriminati o perseguitati in patria in ragione dell'orientamento sessuale o dell'identità di genere contenuta nella legge Bossi Fini. La seconda di recepimento della direttiva europea 2000/78 contro la discriminazione sui luoghi di lavoro, attuata in modo insufficiente e problematico con il dl 216/2003, che risulta pertanto di difficile e di scarsa applicazione. È di recente istituzione un osservatorio della polizia di stato, l'OSCAD, volto a monitorare e tutelare le vittime di reati di discriminazione, incluse quelle di omofobia e di transfobia. Il 106 Ministero delle Pari Opportunità ha avviato nel corso dello scorso anno una campagna di sensibilizzazione contro l'omofobia e la transfobia. Dopo l'approvazione di una pregiudiziale di incostituzionalità passata l'anno scorso su una legge anti omofobia, abbiamo assistito ad un analogo posizionamento delle forze politiche di centro-destra e non solo su un nuovo provvedimento presentato dall'onorevole Concia (PD) relativo all'istituzione di un’aggravante per i reati commessi in ragione dell'orientamento sessuale e dell'identità di genere. Le più importanti associazioni di interesse nonché la Cgil individuano nell'estensione della legge Mancino lo strumento più idoneo non solo a sanzionare ma anche a prevenire dal punto di vista culturale il fenomeno omofobico e transfobico presente nel nostro Paese in misura e proporzione sempre più preoccupante. In Europa leggi di tutela e protezione dall'omofobia sono presenti in Austria, Belgio, Cipro, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Islanda, Lussemburgo, Norvegia, Olanda, Romania, Slovenia, Spagna, Svizzera, Svezia, Ungheria, Inghilterra, Serbia e Montenegro e Repubblica Ceca. L'approvazione di una direttiva orizzontale sulle discriminazioni presentata al Parlamento europeo renderà ancor più urgente agli stati membri legiferare in tal senso. L'Italia ha urgente bisogno di recuperare un ritardo colpevole e di adeguare la propria legislazione a tutela di una fascia di popolazione particolarmente esposta a discriminazione e violenza. Ogni ritardo in tal senso è un atto di complicità morale. Discriminazione dei gruppi vulnerabili Pur se non richiamate esplicitamente nelle raccomandazioni del Consiglio Diritti Umani, le popolazioni che vivono nella precarietà economica e sociale (miseria), rappresentano oggi uno tra i gruppi di persone classificati come «vulnerabili». L'accumulo di precarietà conduce le donne e gli uomini che ne sono vittime all'esclusione sociale. Nonostante più testi internazionali facciano esplicitamente riferimento alla discriminazione basata sull'origine sociale o sulla fortuna 67 , questo tipo di discriminazione non é in realtà trattata con la dovuta attenzione nel nostro paese. Molto interessante è l’allargamento del concetto di discriminazione che, recentemente, si è manifestato sia in Francia - attraverso i lavori della Halde68, che ha accettato di intraprendere uno studio sulla povertà come fattore discriminante – sia in Gran Bretagna, dove si è sviluppato e affermato il concetto di «Povertyism»69, per denunciare i comportamenti anti-poveri che tendono a moltiplicarsi e ad accentuare il fenomeno discriminatorio. 9.Diritti dei Minori. Racc. 37, 38, 39, 40, 41, 42, 43, 44 Nell’ambito dell’Universal Periodic Review (UPR) sono state rivolte specifiche raccomandazioni all’Italia in merito ai diritti delle persone minori di età che vivono nel nostro Paese. L’universo dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza è un ambito rispetto al quale il Consiglio ONU per i Diritti Umani si è espresso, rivolgendo due anni fa all’Italia numerose Raccomandazioni, precisamente dalla 37 alla 44 e 84, 85, 86. Sono molte le raccomandazioni in cui la questione minorile è richiamata più o meno indirettamente. I principi richiamati nelle Raccomandazioni riguardano: - prevenzione di tutte le forme di discriminazione nei confronti dei minori; tutela di tutti i bambini nati e presenti in Italia (diritto alla cittadinanza). 67 Art. 26 del Patto internazionale sui diritti civili e politici; Art. 14 della Convenzione Europea Diritti dell'Uomo (CEDU) Haute Autorité de lutte contre les discriminations et pour l’égalité. Nel maggio 2011, la Halde, raccomandando di integrare il criterio di indirizzo nella legislazione anti-discriminazione, ha «regretté que le critère de l’origine sociale n’apparaisse pas dans le dispositif national de lutte contre les discriminations» ed ha raccomandato al Governo francese di «mener une réflexion sur l’intégration du critère de l’origine sociale dans la liste des critères prohibés et sur les modalités de prise en compte des préjugés et stéréotypes dont souffrent les personnes en situation précaire». 69 http://www.jrf.org.uk/publications/poverty-uk-denial-peoples-human-rights .Is poverty in the UK a denial of people's human rights? Damian Killeen 17 January 2008 68 107 - Piano nazionale per l’infanzia e l’adolescenza e Garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza. Diritto all’istruzione per tutti i bambini e adolescenti. Rafforzamento delle misure di contrasto riguardo crimini specifici a danno dei minori, quali la tratta, il recupero delle vittime e la questione dell’accoglienza dei minori stranieri e il contrasto di qualsiasi forma di violenza nei confronti dei bambini. Oltre al monitoraggio compiuto dal Consiglio ONU per i Diritti Umani, anche il Comitato delle Nazioni Unite per l’eliminazione della discriminazione razziale (CERD) ha manifestato attenzione riguardo alcune questioni attinenti particolari gruppi di minori, tra i cui si segnalano i minori Rom, Sinti e Camminanti. Il CERD nel documento pubblicato il 9 marzo 2012 70 ha raccomandato all’Italia di intensificare gli sforzi per garantire l’effettivo accesso all’istruzione da parte dei bambini Rom e Sinti e altri gruppi vulnerabili, attraverso l’adozione di tutte le misure necessarie per facilitare l’inclusione di tutti i bambini Rom e Sinti nel sistema scolastico (punto 20); di assicurare che il provvedimento amministrativo che limita al 30 per cento il numero dei bambini/e con nazionalità non italiana in ciascuna classe non influisca negativamente sull’iscrizione dei figli da parte dei gruppi più vulnerabili (punto 20);; di adottare misure per facilitare l’accesso alla cittadinanza per gli apolidi Rom, Sinti e per i non cittadini che risiedono in Italia da molti anni e di adottare misure per ridurre l’apolidia. Infine ha espresso particolare preoccupazione per il sistema fortemente decentrato dell’Italia che può portare diversità delle politiche e delle decisioni a livello regionale e provinciale (punto 27)71. Per quanto riguarda l’accesso all’istruzione e la scolarizzazione dei bambini Rom e Sinti restano ancora irrisolti i problemi legati alla frequenza e all’abbandono scolastico. Sarebbero almeno 20 mila i Rom sotto i dodici anni, in grandissima parte rumeni e dell’ex Jugoslavia, che evadono l’obbligo scolastico in Italia e si stima che «i restanti coetanei Rom e Sinti siano in un generalizzato ritardo didattico di non meno di tre anni». Inoltre, le condizioni abitative, il minor tasso di scolarità, le difficoltà di accesso ai servizi sanitari sono tra i fattori di rischio per la salute delle persone di origine Rom, in particolar modo per i minori. Infine, la mancanza di un alloggio stabile può anche comportare il mancato riconoscimento della cittadinanza italiana, per l’impossibilità di dimostrare la residenza legale ininterrottamente dalla nascita sino al compimento dei 18 anni. Si segnala inoltre che nel 2011 si è svolto a Ginevra, presso le Nazioni Unite, l’esame sull’attuazione della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (CRC) in Italia, a seguito del quale, il Comitato ONU per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza ha pubblicato le proprie Osservazioni Conclusive (ottobre 2011)72. Molte delle questioni sollevate nell’ambito dell’UPR che riguardano specificatamente l’infanzia sono state riprese e ribadite anche dai succitati organismi internazionali. Risorse finanziarie In generale, l’Italia si dimostra ancora poco attenta all’infanzia;; continuano, infatti, a diminuire i fondi ad essa dedicati, e di contro aumenta il numero dei minori poveri, soprattutto nelle regioni del Sud Italia. Il taglio delle risorse destinate all’infanzia e all’adolescenza e la mancanza di strumenti perequativi a livello nazionale, come i livelli essenziali delle prestazioni sociali, aumentano la discriminazione a livello regionale e non garantiscano a tutti i bambini uguale accesso ai propri diritti. Si esprime forte preoccupazione per la cancellazione del Fondo Nazionale Straordinario per i Servizi Socio educativi per la prima infanzia e per la mancata previsione delle allocazioni delle risorse per il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali. Inoltre, il Piano Nazionale Infanzia e Adolescenza 2010/2011, promulgato dopo sette anni di attesa nel gennaio 2011, non prevede alcuna copertura finanziaria. Si evidenzia inoltre la difficoltà in Italia di riuscire a capire come e 70 71 72 Concluding observations of the Committee on the Elimination of Racial Discrimination 2012. http://www.gruppocrc.net/120-Non-discriminazione-pubblicate. http://www.gruppocrc.net/Osservazioni-Conclusive-del-Comitato-ONU. 108 dove vengono allocate le risorse dedicate ai minori e agli adolescenti e quali saranno gli effetti delle leggi e delle manovre economiche nazionali e degli interventi a livello regionale e degli Enti Locali. Riforma minorile Così come avvenuto nel precedente Rapporto di monitoraggio, si evidenzia anche quest’anno la mancata riforma della Giustizia Minorile. Non è, infatti, ancora stata adottata una legge di ordinamento penitenziario minorile, atta a ripensare la funzione della pena con riferimento al minore e finalizzata a ridurre il ricorso alla carcerazione e a trasformare il ruolo e il funzionamento degli IPM. Raccolta dati In Italia continua a mancare un sistema di raccolta dati centrato sui minorenni che sia rappresentativo ed uniforme tra le varie Regioni in modo che i dati possano essere comparabili e aggiornati puntualmente. In particolare, si segnala la mancanza di dati certi su alcune questioni specifiche: per il contrasto della pedofilia e pornografia minorile (Legge 38/2006), i minori adottabili (avvio dell’operatività della «Banca Dati dei Minori Adottabili e dei Genitori in attesa di adozione», ex. art. 40 Legge 149/01 e la raccolta dei dati disaggregati in riferimento alle diverse tipologie di adozioni in casi particolari ex. art. 44;) e per i minori fuori dalla famiglia, la cui modalità di raccolta dati – frammentaria e disomogenea – rende difficile la costruzione di un sistema informativo nazionale. Non esiste infine un sistema nazionale di raccolta e analisi dei dati sulla violenza e maltrattamento dei minori e sui bambini con disabilità, inclusi quelli di età compresa dai 0 ai 6 anni. Violenza sui minori Per quanto riguarda il contrasto alla violenza nei confronti dei minori, si evidenza che oltre alla forte mancanza di dati permane la lacuna relativa ad un sistema informativo di monitoraggio sul maltrattamento dei bambini in Italia, così come non si riscontra nessun miglioramento degli interventi a largo raggio per la prevenzione, la rilevazione e la cura della violenza assistita e l’introduzione del divieto di punizioni fisiche e umilianti nei confronti dei minori in ambito familiare (raccomandazione reiterata anche dal Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza nel 2011 e non accolta dal nostro Governo nell’ambito dell’UPR. In Europa sono 22 i paesi che hanno introdotto un divieto esplicito all’uso di punizioni fisiche in ambito familiare). Minori stranieri non accompagnati Per quanto riguarda la raccomandazione UPR numero 34 relativa all’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati si segnala che rimane ancora aperta la questione del diritto alla protezione e all’accoglienza. Al 31 dicembre 2011 risultano essere 7.750, di cui 1.791 risultano irreperibili. La maggior parte dei MNA segnalati al Comitato Minori Stranieri (7.333) sono ragazzi di età compresa tra i 16 (2.006) ed i 17 anni (4.207) e sono stati collocati in strutture per minori (6.844). A livello legislativo manca un unico testo legislativo di riferimento per la protezione e l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati. Un punto critico è rappresentato anche dalle inadeguate condizioni di prima accoglienza e dalla mancanza di un sistema nazionale di accoglienza. I luoghi in cui i minori vengono accolti al loro arrivo o rintraccio sul territorio sono inidonei, soprattutto per un periodo prolungato e manca un sistema nazionale di accoglienza che consenta di individuare in tempi rapidi se e in quali Comuni ci sono posti disponibili in comunità per minori e che chiarisca la competenza e la responsabilità, anche economica, ad effettuare il collocamento del minore. Tra le questioni più critiche rispetto alla protezione e all’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, resta quella dall’accertamento dell’età. Nel tentativo di accertare l’età dichiarata dai migranti si dovrebbe, infatti, ricorrere ad esami medici soltanto come extrema ratio, ovvero solo qualora emergano dubbi palesi e fondati rispetto alla dichiarazione resa e non sia possibile stabilire l’età in altro modo, ad esempio tramite la richiesta dei documenti alle Autorità 109 consolari del paese di origine. Nella prassi, accade che si utilizzino esami medici prima e/o in luogo di altri strumenti e, perlopiù, anche quando non sussistono dubbi fondati, essendo la maggiore o la minore età palese. La raccomandazione numero 40 sul diritto di cittadinanza, accolta dal nostro Governo, rimane a nostro avviso ancora disattesa. Si ritiene necessario provvedere quanto prima a riformare la Legge 91/1992 al fine di garantire percorsi agevolati di acquisizione della cittadinanza italiana per i minori stranieri nati in Italia e per i minori arrivati nel nostro Paese in tenera età. Secondo i più recenti dati ISTAT, la popolazione straniera residente in Italia al 31 dicembre 2010 contava 4.570.317 persone, di cui circa il 22 per cento (993.238 unità) minorenni. Tra questi circa 650.000 sono nati in Italia (le c.d. seconde generazioni); nel 2010 sono nati da entrambi i genitori stranieri (comunitari e non comunitari) circa 78.000 bambini. Nell’anno scolastico 2010-2011, infine, sono stati 711.046 gli alunni di cittadinanza non italiana iscritti nel sistema scolastico nazionale, il che equivale al 7,9 per cento del totale della popolazione scolastica. Se si confrontano questi dati con quelli relativi alle acquisizioni di cittadinanza, in particolare per i neo diciottenni di origine straniera nati in Italia, risulta evidente lo scarto tra la presenza sempre più significativa delle seconde generazioni e il numero relativamente modesto di acquisizioni di cittadinanza. Nel 2010, infatti, secondo il Ministero dell’Interno le cittadinanze concesse a seguito di residenza o matrimonio sono state 40.084, mentre quelle concesse dai Comuni sono state 25.854. Nell’anno scolastico 2010-2011 gli studenti di cittadinanza straniera sono stati 709.826: il 37,1 per cento nel Nord Ovest, il 28,4 per cento nel Nord Est, il 23,3 per cento nel Centro, il 7,9 nel Sud e il 3,4 nelle Isole. Le cittadinanze rappresentate nella scuola italiana sono 188, portatrici di differenze che si configurano da un lato come apporti innovativi al contesto socio-scolastico, e dall’altro come specifiche esigenze poste all’organizzazione scolastica. Oltre alla dimensione quantitativa e al ritmo di aumento, un altro fattore di rilevante importanza è il legame territoriale, tramite la nascita in Italia, di quelli che continuano a essere chiamati minori stranieri. Al 1° gennaio 2011, tra i 4.570.317 stranieri residenti, i minori sono stati 993.238 e i nati in Italia quasi 650.000, pari al 13 per cento degli immigrati residenti (1 ogni 8). La nascita in Italia è la condizione del 78,4 per cento degli iscritti stranieri della scuola dell’infanzia (3 su 4) e del 53,1 per cento di quelli frequentanti la scuola primaria (circa 2 su 4). La scuola quindi va sollecitata a maturare un’acquisizione più piena della dimensione strutturale dell’immigrazione, ormai fondamentale nella società italiana di oggi e del futuro. Garante Nazione per l’Infanzia Il 2011 è stato un anno fondamentale: a giugno è stata approvata la Legge per l’istituzione del Garante nazionale 73 e, a novembre, è stato nominato il primo Garante nazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. La Legge istitutiva prevede che il Garante venga nominato d’intesa tra i Presidenti di Camera e Senato, e che tale impegno sia incompatibile con qualsiasi altra carica o attività nel settore sia pubblico che privato. Tra le competenze, in particolare, va evidenziata quella dell’ascolto, in primis dei bambini e degli adolescenti, ma anche attraverso la consultazione, delle associazioni e delle organizzazioni; la segnalazione di casi di emergenza, ma anche delle iniziative opportune da adottare alle istituzioni competenti. Si segnala però che al momento non è stato ancora approvato il regolamento che deve essere adottato con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, questo ritardo sta influenzando il lavoro e le attività dell’ufficio dell’autorità Garante. Al momento, sono attivi nove Garanti regionali e di questi tre non hanno un mandato esclusivo. Spesso le leggi istitutive differiscono in mandato, competenze e risorse a disposizioni, provocando un’ulteriore differenziazione nell’accesso ai diritti. In particolare con riferimento all’attuale disegno di legge in discussione in Parlamento per l’istituzione di una Istituzione nazionale indipendente sui diritti umani occorrerà, nella definizione finale della legge in materia, accordare particolare attenzione al raccordo con il Garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, per dare attuazione ad un approccio che inserisca i diritti dei bambini e degli adolescenti a pieno titolo all’interno di un rafforzato quadro 73 Legge n.112 del 12 luglio 2011 «Istituzione dell’autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza». 110 di riferimento nazionale sui diritti umani. 10.Sovraffollamento nelle carceri, Racc. 45, 46 Le raccomandazioni 45 e 46, entrambe accettate, reclamano iniziative per ridurre il sovraffollamento delle carceri italiane suggerendo l’adozione di misure alternative alla reclusione e la possibilità di reintegrazione dei detenuti stranieri. Con l’insediamento del Governo tecnico a guida Mario Monti nel novembre 2011, lo stato di emergenza conseguente all'eccessivo affollamento degli istituti penitenziari presenti sul territorio nazionale è stato nuovamente prorogato in data 23 dicembre 2011. Successivamente, il nuovo esecutivo ha disposto la separazione della carica di Commissario delegato per la situazione conseguente al sovrappopolamento degli istituti da quella di Capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, attualmente ricoperta da Giovanni Tamburino in sostituzione dell’uscente Franco Ionta. Il Piano di edilizia penitenziaria, introdotto nel 2010, ha avuto nell’anno successivo parziale attuazione, ma si è ancora lontani dal veder realizzati i 20 padiglioni e gli undici nuovi istituti pensati per decongestionare il sistema. A febbraio 2011 erano iniziati i lavori previsti dal piano carceri di ampliamento di un padiglione di 200 posti presso l'Istituto di Piacenza, mentre a fine 2011 sono stati pubblicati i primi tre bandi per la realizzazione dei lavori di ampliamento degli Istituti di Lecce, Taranto e Trapani per un totale complessivo di 600 posti, quindi una percentuale irrisoria rispetto al numero di detenuti in eccesso. Occorre sottolineare, inoltre, che il dato sul sovraffollamento delle carceri italiane che vede l’Italia in cima alla graduatoria dei paesi europei con un tasso di affollamento del 145,8 per cento (ovvero oltre 145 reclusi ogni cento posti letto), è fuorviante. Il calcolo avviene mettendo in relazione la popolazione detenuta con la capienza degli istituti che, apparentemente, è cresciuta. Dal 2007 a oggi sembra che l’Italia abbia aumentato la capacità delle sue carceri di 2.557 posti. A ben vedere, non si tratta dei primi effetti del Piano carceri; stiamo assistendo, invece, a una maggiore concentrazione di detenuti negli spazi disponibili e alla conversione in celle di locali originariamente deputati ad altre attività indispensabili per la vivibilità degli istituti. Al 31 maggio 2012, secondo le statistiche del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, si contano 66.487 detenuti su 45.558 posti regolamentari. Riguardo al personale si registrano i seguenti dati: i magistrati di sorveglianza sono 193 anziché 208 e l'organico della Polizia Penitenziaria dovrebbe essere di 45.109 unità, ma sono attive solo 39.232 unità. L'implementazione dell'organico della polizia penitenziaria che era stata prevista dal Governo con l'assunzione di 2000 nuovi agenti non è stata attuata. Il personale è quindi ancora carente e si trova, oltre a far fronte a questa già di per sé difficile gestione, a dover trattare con un numero di detenuti superiore alla capienza regolamentare in una sproporzione che va a scapito sia del personale stesso sia dei detenuti. È evidente infatti una relazione sempre più stretta tra il sovraffollamento e la frequenza dei suicidi in carcere, causati quindi sia dalla privazione della libertà sia dalle pessime condizioni di vivibilità delle strutture. Dall'inizio del 2012 circa 16 per cento dei decessi di detenuti avvenuti in carcere sono stati causati da suicidi e anche tra il personale è aumentato il numero dei suicidi. Consideriamo anche che operano in carcere 1.331 educatori e 1.507 assistenti sociali: cifre abbastanza esigue. Il sovraffollamento è anche una questione dei costi sociali: dal 2001 ad 31 dicembre 2010 il costo medio giornaliero di ogni singolo detenuto è pari a 138,7 Euro e consideriamo che dal 2007 i detenuti sono aumentati del 50 per cento e le risorse del D.A.P. sono diminuite del 10 per cento. La raccomandazione 46 suggeriva “l'adozione di misure alternative alla privazione della libertà personale ... e la possibilità di reintegrazione dei detenuti stranieri.” Riguardo la possibilità di integrare professionalmente i detenuti, al 30 giugno 2011 lavoravano in carcere 13.765 persone, cioè il 20,4 per cento della popolazione detenuta, di cui 11.508 lavoravano alle dipendenze dell'Amministrazione Penitenziaria e 2.257 per datori di lavoro esterni, ma dal 2006 al 2011 il budget assegnato per la remunerazione dei detenuti lavoranti è diminuito di circa 21.735.793 euro, arrivando a 49.664.207 euro a fine 2011, nonostante i detenuti siano aumentati di oltre 15.000 unità. Inoltre alla fine di giugno 2011 gli incentivi alle assunzioni di detenuti, da parte di cooperative sociali e imprese, previsti dalla legge 22.6.2000, n. 193, c.d. 111 "Smuraglia", per l'anno in corso, non sono stati più operativi essendo esaurito il budget a disposizione per la copertura dei benefici fiscali, previsti dal D.M. 25 febbraio 2002, n.87. A febbraio 2012, inoltre, è stata bloccata dalla Commissione Bilancio della Camera, per mancanza di copertura finanziaria, la proposta di legge 937 Norme per favorire il lavoro dei detenuti, presentata nell'ottobre 2011 e che puntava all'inserimento dei detenuti nel mondo del lavoro, in esecuzione della pena o in misura alternativa, attraverso sgravi fiscali alle imprese che li avessero assunti. Per quanto riguarda la rieducazione dei detenuti, per l'assistenza psicologica vengono investiti 2,6 euro al mese, quindi 8 centesimi di euro al giorno. Per le "attività scolastiche, culturali, ricreative, sportive” invece 3,5 euro al mese, cioè 11 centesimi di euro al giorno per ogni detenuto. Gli stranieri erano 24.954 il 31 dicembre del 2011 e sono diventati 24.016 il 31 maggio 2012. Rappresentano il 36 per cento della popolazione carceraria. In realtà, la lieve flessione registrata nell’ultimo anno (881 detenuti stranieri in meno, quasi la totalità della decrescita complessiva dell’ultimo anno) si deve all’impatto significativo della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che nell’aprile del 2011 ha sancito il dovere dei giudici italiani di disapplicare le norme presenti nella legge Bossi-Fini che prevedevano l’arresto per l’inottemperanza all’obbligo di allontanamento del Questore per l’extracomunitario non in regola coi documenti. Molti stranieri detenuti hanno compiuto reati legati all'uso o alla detenzione di sostanze stupefacenti. Ben il 36% della popolazione carceraria è dentro per avere violato la legge Fini-Giovanardi sulle droghe. Le misure alternative alla detenzione, quando applicate, hanno avuto buon esito con una recidiva dello 0,46 per cento. Sarebbe utile quindi una rivalutazione delle pene, delle misure alternative alla detenzione e della loro applicabilità, soprattutto nel caso degli stranieri. 11.Tortura, Racc. 4, 6, 8 Vedi paragrafo su “Diritti Civili e Politici e strumenti internazionali” 12.Tratta. Racc. 83, 84, 85, 86, 87, 88 La manovra di bilancio per il 2011 ha segnato un drastico taglio ai fondi statali per le politiche sociali, abbassando gli stanziamenti di bilancio da 1472 milioni di euro del 2010 a 349,4 milioni di euro (2520 nel 2008, e 271,6 previsti per il 2013). Fra le diverse conseguenze, il 1 agosto 2010, per ridurre i costi del servizio, sono stati chiusi i 14 uffici territoriali del numero verde salva-prostitute per sostituirli con un’unica postazione centrale. Il complesso delle misure introdotte con la Convenzione di Palermo (2000) e con i relativi Protocolli risulta assai ampio e costruttivo nel definire la vastità, la gravità e la pervasività del crimine della tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale e/o lavorativo, proprio in questa direzione. Viene previsto l’obbligo per ogni Stato di adottare misure che consentano alle vittime della tratta di restare nello Stato di accoglienza e viceversa è prescritto allo Stato di cui la vittima sia cittadina, nel caso in cui la stessa decida volontariamente di rimpatriare, di favorire il suo rientro. In Italia, il nostro legislatore è stato precursore in ambito internazionale nell’affermare normativamente questo principio con l’introduzione dell’art. 18 del Dlgs. 286/1998. Questo strumento prevede la possibilità del rilascio da parte del Questore di uno speciale permesso di soggiorno per le donne e gli uomini sottoposti a violenza o a grave sfruttamento, quando vi sia pericolo per la loro incolumità, per il tentativo di sottrarsi ai condizionamenti di un’associazione criminale o in seguito a dichiarazioni rese in un procedimento penale. Il permesso è rilasciato per consentire di sottrarsi alla violenza ed allo sfruttamento e di partecipare ad un programma di assistenza ed integrazione sociale, su richiesta o previo parere del Procuratore della Repubblica. Il permesso, che ha la durata di sei mesi, può essere rinnovato, per gli stessi motivi, per un anno o per un periodo maggiore. Dopo tale scadenza, il permesso di soggiorno può essere rinnovato per motivi di lavoro o convertito in permesso di soggiorno per motivi di studio. 112 Lo strumento in questione evidenzia un doppio binario di tutela: 1) la possibilità di integrazione sociale della donna (o dell'uomo) che, attraverso un programma di assistenza e l'ottenimento di un permesso di soggiorno, ha la possibilità di rompere con il passato e fuoriuscire dallo sfruttamento costruendo un nuovo progetto di vita. Con questo strumento la vittima di tratta recupera una dignità annichilita dall'esperienza del traffico; 2) la possibilità per la vittima di tratta di rivolgersi inizialmente ai servizi sociali o ad enti ed organizzazioni non governative, con un approccio certamente più agevole e meno traumatico di quello legato ad una denuncia alla polizia giudiziaria (percorso giudiziario). Questa possibilità, di un percorso sociale, costituisce l’aspetto più significativo della norma, perché seppur il percorso sociale sia comunque destinato a sfociare nel percorso giudiziario, esso rappresenta un’azione di sostegno nei confronti della vittima volta a creare un rapporto di fiducia tra la stessa e le associazioni che se ne fanno carico, diventando, quindi, anche un incentivo per la successiva collaborazione giudiziaria. Questo percorso virtuoso è tuttavia reso meno efficace da alcune altre leggi subentrate successivamente e da una certa noncuranza del problema che inficia le politiche attive. In virtù del pacchetto sicurezza Legge 15.07.2009 n° 94 che introduce il reato di clandestinità come reato penale, la politica migratoria italiana si è orientata fortemente verso la repressione del fenomeno dell’immigrazione clandestina, e questa fattispecie si è sovrapposta alla necessità di individuare e sostenere le vittime della tratta. Essendo le persone trafficate di norma prive di documenti e permesso di soggiorno, esse sono regolarmente condotte nei C.I,E. ed espulse dal Paese, senza che ci siano metodologie efficaci per favorirne l’emersione e l’identificazione. Con l’introduzione del reato di immigrazione illegale si rende molto più difficile il già arduo compito di identificazione delle vittime di tratta e di altre forme di grave sfruttamento, poiché alle riserve, paure, intimidazioni si aggiunge il rischio di criminalizzazione. Evidentemente, le nuove previsioni normative non escludono affatto che le vittime di reati di sfruttamento possano usufruire degli adeguati trattamenti umanitari, ma il problema di fondo è dato dal fatto che trattandosi di fenomeni criminali estremamente sommersi, la criminalizzazione del migrante irregolare e la sua successiva immediata espulsione impediscono l'attivarsi dei meccanismi virtuosi di emersione e di identificazione della condizione di vittima o quanto meno li compromettono seriamente. In conclusione, l’inasprimento delle politiche migratorie, il clima generale di “caccia al clandestino” portato avanti anche grazie alla complicità dei media mainstreaming, le ordinanze anti prostituzione messe in piedi da molti sindaci italiani nel corso degli ultimi due anni , hanno di fatto relegato il problema del traffico di esseri umani e dello sfruttamento della prostituzione in secondo piano, tanto che attualmente il perseguimento del reato di clandestinità o la necessità di rendere invisibile la prostituzione su strada appaiono prioritari rispetto alla tutela dei diritti umani delle donne vittime di tratta, che spesso non vengono informate della possibilità di essere inserite in programmi di protezione sociale, cadendo quindi nelle maglie della detenzione amministrativa, e rischiando di essere deportate nei loro paesi d’origine. Questo persistente meccanismo di sfilacciamento dei diritti appare evidente nella sempre più restrittiva, e a tratti claustrofobica, applicazione dell’articolo 18: se da un lato si tratta di una legge ormai datata, che non riesce a dare conto delle continue evoluzioni con cui il fenomeno del traffico degli esseri umani è riuscito a rinnovarsi anche alla luce delle nuove politiche migratorie di stampo repressivo, dall’altro lato si assiste a una interpretazione sempre più limitata di questo dispositivo legislativo, in cui il perseguimento del crimine è ritenuto prevalente, a discapito delle esigenze di reale tutela delle donne che ne sono vittime: sta diventando sempre più frequente incontrare donne, all’interno dei CIE, che hanno da sole avuto il coraggio di denunciare i propri sfruttatori, e che sono state comunque tradotte nel centro, in quanto colpite precedentemente da decreto di espulsione. Sempre più raro è inoltre l’utilizzo del binario sociale, pur contemplato dalla legge, a vantaggio del binario giudiziario, che prevede l’incardinamento di un procedimento penale come passo propedeutico al rilascio del permesso di soggiorno. L’omessa valutazione delle vittime quali soggetti di diritti, oltre ad essere per principio 113 inaccettabile, può compromettere il raggiungimento degli obiettivi delle legislazioni contro la tratta. Il 28 marzo 2011 il procuratore nazionale Antimafia, Piero Grasso, ha denunciato che: "Quattrocento minori sbarcati a Lampedusa sono scomparsi. Alcuni di loro sono stati trovati con dei bigliettini sui quali c'era scritto il numero di un referente al quale collegarsi e che, probabilmente, fa capo a qualche organizzazione criminale". 13.Indipendenza della Informazione. Racc. 50, 51, 52, 53, 54 (Informazione e conflitto d’interessi) Tra giugno 2011 e giugno 2012 non ci sono state novità legislative per quanto riguarda la libertà e il pluralismo dei media. Pertanto il Governo italiano, stante la sua risposta scritta alle Racc. 50 – 54, continua ad opporre la legislazione vigente (“Legge Gasparri” N.112 2004 e “Legge Frattini” N.215 2004) alle osservazioni sollevate dalle raccomandazioni per quanto riguarda la concentrazione dei media, la mancanza di indipendenza del servizio pubblico radiotelevisivo e il conflitto d’interessi. Come già segnalato, la risposta evita di tenere in alcun conto le osservazioni contrarie e le raccomandazioni degli organismi internazionali, a cominciare dal Rapporto sulla visita in Italia del Special Rapporteur on the Promotion and Protection of the Right to Freedom of Opinion and Expression della la Commissione Diritti Umani, il quale si riferisce alle precedenti valutazioni negative della legislazione italiana (Osce, Consiglio d’Europa) per raccomandare la revisione della normativa vigente. L’attuale Special Rapporteur, Frank La Rue, è in attesa di un nuovo invito da parte del Governo italiano. 14.Lo Stato dell’aiuto pubblico allo sviluppo Racc. 90, 91 Pur riconoscendolo sforzo che il Governo Monti ha intrapreso per la valorizzazione delle politiche di cooperazione, ed in particolare la nomina di un Ministro dedicato alla Cooperazione allo Sviluppo e all’Integrazione (senza portafoglio), senza un impegno molto più deciso e significativo sul fronte finanziario, qualsiasi passo avanti dal punto di vista dell’architettura istituzionale e qualsiasi misura per restituire credibilità alla cooperazione italiana saranno purtroppo vani. Il Documento di Economia e Finanza 2012 conferma l’intenzione da parte del Governo di valorizzare la cooperazione allo sviluppo del nostro paese. Il Documento afferma, infatti, la necessità di agire concretamente per un riallineamento graduale anche quantitativo dell’Italia rispetto agli obiettivi internazionali in materia di Aiuto Pubblico allo Sviluppo. Tuttavia il testo non è sufficientemente coraggioso sulla definizione delle tappe per il riallineamento quantitativo, sebbene suggerisca un progressivo incremento su base annuale pari ad almeno il 10 per cento degli stanziamenti previsti dalla legge sulla cooperazione. Sulla base di recenti simulazioni la Commissione Europea stima che nel 2012 l’aiuto dell’Italia sarà pari allo 0,12 per cento del PIL – rispetto allo 0,19 per cento del 2011 – con una contrazione di circa 1,2 miliardi di euro. La Commissione stima inoltre che risalirà allo 0,17 per cento nel 2013 per attestarsi allo 0,16 per cento nel 2015. Queste proiezioni sono molto lontane dal raggiungimento degli obiettivi intermedi dello 0,51 per cento stabiliti a livello europeo e ancora di più dallo 0,7 per cento stabilito a livello internazionale. È necessario dunque continuare a sostenere l’azione di valorizzazione della cooperazione allo sviluppo intrapresa dal nostro paese e stanziare più risorse per rendere più concreta e visibile tale azione sul piano internazionale. 114 PRIMO MONITORAGGIO DELLE RACCOMANDAZIONI DEL CONSIGLIO DIRITTI UMANI NELL’AMBITO DELLA REVISIONE PERIODICA UNIVERSALE (UPR) 1. Diritti Civili e Politici e strumenti internazionali, Racc. 1-10 Il governo italiano non ha ancora ratificato il protocollo opzionale alla Convenzione contro la tortura, nonostante abbia assunto l’impegno al momento della candidatura al Consiglio diritti umani per il triennio 2007-2010, poi riconfermato nella risposta alla raccomandazione numero 4 e 6. Ciò significa che l’Italia non è ancora dotata di un organismo indipendente che possa visitare e ispezionare i luoghi di detenzione, inclusi i centri per migranti e richiedenti asilo. I blandi tentativi di presentare un disegno di legge per l’introduzione dell’autorità risultano in linea di continuità con l’inadempienza, ancor più grave, derivante dall’assenza del reato di tortura all’interno del codice penale italiano. Il rifiuto della raccomandazione numero 8 è stato giustificato dal rappresentante dell’esecutivo italiano con l’esistenza di un complesso di norme che rendono già sanzionata la condotta di violenza fisica e psicologica sulle persone sottoposte a restrizioni della libertà personale. Giurisprudenza recente ha invece dimostrato come fatti di rilevante gravità non sono risultati perseguibili proprio per la mancanza di un’autonoma fattispecie nell’ordinamento interno. L’Italia non ha ratificato la Convenzione per la protezione di tutte le persone dalla sparizione forzata come indicato dalla raccomandazione numero 6. Il 3 giugno 2010 la Camera dei Deputati ha approvato in via definitiva un disegno di legge di ratifica di trattati internazionali, relativo alla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla lotta contro la tratta di minori, nota come Convenzione di Varsavia. L’Italia ha altresì sottoscritto la Convenzione di Lanzarote nel lontano 2007, volti a contrastare la violenza e lo sfruttamento sessuale del minore, ma solo adesso si sta accingendo a ratificarla con legge. La legge approvata alla camera è ora la vaglio del Senato. Partendo dalla premessa che l’Italia, al pari degli altri 26 paesi membri dell’Unione Europea, non ha ratificato la Convenzione ONU per la tutela dei diritti dei lavoratori migranti e le loro famiglie del 18 dicembre 1990, apprezziamo che gli Stati che hanno partecipato alla UPR abbiano posto una particolare attenzione a queste tematiche. 2. Legislazione Nazionale, Racc. 67-82 E’ importante segnalare che circa 50 delle 92 raccomandazioni riguardano i diritti dei migranti, dei rifugiati, le discriminazioni razziali e i diritti delle minoranze etniche. A distanza di un anno dalle raccomandazioni al Governo Italiano del Consiglio Diritti Umani con decisione 14/103 possiamo rilevare che, in buona sostanza, anche se il Governo ha 4 anni per dare attuazione alle raccomandazioni, tutte le raccomandazioni ricevute e relative ai diritti dei migranti, dei rifugiati, alle discriminazioni razziali e ai diritti delle minoranze non sono ancora state attuate neanche in parte. Si deve considerare che a partire dalla promulgazione della legge n. 94 del 15 luglio 2009 in Italia si assiste: - ad una accentuazione degli strumenti di repressione nei confronti dei cittadini immigrati, ad esempio qualificando come reato l’ingresso ed il trattenimento irregolari dei cittadini dei paesi terzi nel territorio nazionale; - alla modifica di diversi articoli del T.U. sull’immigrazione che rendono più vulnerabile e precaria la tutela e la fruizione dei diritti fondamentali dei cittadini immigrati. Inoltre: - l’Italia non ha recepito nei termini sanciti dal Diritto Comunitario la direttiva 2008/115/CE recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio dei cittadini dei paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, contravvenendo così alla normativa comunitaria; - il dettato dell’art. 14, co. 5 ter e quater del dec. legislativo n. 286 del 1998 resta in vigore ed in pieno contrasto con la direttiva comunitaria. 115 In materia di riconoscimento dello status di rifugiato non esiste tuttora una legislazione organica; le Commissioni Territoriali per il riconoscimento della Protezione Internazionale emettono troppo spesso dinieghi alle domande di riconoscimento, costringendo i richiedenti a fare ricorso giurisdizionale per vedersi riconosciuto il loro status. In relazione alla fruizione da parte dei cittadini immigrati dei benefici sociali previsti dalla normativa italiana in materia di sostegno al reddito familiare e alla funzione genitoriale o di cura dei familiari si evidenziano profili discriminatori diretti o indiretti, in contrasto con i principi costituzionali di uguaglianza e ragionevolezza, nonché con il principio di non discriminazione di cui al diritto internazionale ed europeo (CEDU): - assegno di maternità di base per ogni figlio nato in nuclei familiari in condizioni di disagio economico.(L’accesso per i cittadini dei paesi terzi è riservato esclusivamente ai titolari di permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti e ai rifugiati, mentre ne sono esclusi i titolari di permesso di soggiorno ordinario); - assegno INPS destinato ai nuclei familiari numerosi con almeno tre figli minori ed in condizioni di disagio economico. (La normativa prevede una clausola di cittadinanza italiana o di un paese membro dell’UE ai fini dell’accesso al beneficio, escludendo tutti i cittadini di paesi terzi, con l’unica eccezione dei rifugiati);; - “carta acquisti” riservata agli anziani over 65 e ai bambini under 3 inseriti in nuclei familiari in condizione di elevato disagio economico. (La normativa prevede una clausola di cittadinanza italiana ai fini dell’accesso al beneficio, escludendo in maniera generalizzata tutti i cittadini stranieri, anche quelli di paesi membri dell’Unione europea);; e la“carta bambini”, rimborso delle spese per pannolini e latte artificiale a favore dei nuclei famigliari in condizioni di disagio economico. (La normativa prevede una clausola di cittadinanza italiana ai fini dell’accesso al beneficio, escludendo in maniera generalizzata tutti i cittadini stranieri, anche quelli di paesi membri dell’Unione europea);. - la norma che subordina l’accesso dei cittadini dei paesi terzi al Fondo nazionale per il sostegno alle abitazioni in locazione (beneficio sociale a sostegno del reddito a favore dei nuclei familiari in condizioni di disagio economico e che vivono in alloggi in locazione e volto al rimborso parziale delle spese relative ai canoni di locazione) al requisito del possesso del certificato storico di residenza da almeno dieci anni nel territorio nazionale ovvero da almeno cinque anni nella medesima regione, requisito non richiesto ai cittadini italiani e ai cittadini dei paesi dell’UE (Art. 11 comma 13 della legge n. 133/2008, che ha convertito, con modificazioni, il decreto-legge n. 112/2008, modificativo dell’art. 11 della legge n. 431/98);; - la norma che prevede un requisito di anzianità di residenza decennale in Italia ai fini dell’accesso all’assegno sociale destinato agli ultra 65enni in condizioni di disagio economico, con ciò istituendo una discriminazione indiretta o dissimulata a danno dei cittadini immigrati (Art. 20 c. 10 d.l. n. 112/2008, convertito con legge n. 133/2008). Infine, si richiama l’attenzione sul fatto che l’INPS e il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali continuano a non dare attuazione alla diverse sentenze della Corte Costituzionale (n. 306/2008, n. 11/2009, n. 285/2009, n. 187/2010, n. 61/2011) che hanno dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma di cui all’art. 80 c. 19 della legge n. 388/2000 che subordina l’accesso dei cittadini dei paesi terzi alle prestazioni sociali che costituiscono diritti soggettivi ai sensi della legislazione vigente al possesso della carta di soggiorno o permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti escludendone tutti gli altri, con l’eccezione dei rifugiati. Tra queste prestazioni sono comprese tutte quelle riferite alla condizione di disabilità, per cui tutti i cittadini immigrati, sebbene regolarmente soggiornanti, ma con il solo permesso di soggiorno ordinario colpiti da una condizione di disabilità, non godono dell’accesso alle prestazioni di welfare. Per avervi accesso devono farsi carico degli oneri di un ricorso in sede giudiziaria. Il mancato accesso ai benefici sociali connessi all’invalidità può determinare la mancanza del requisito dei leciti mezzi di sostentamento richiesto dalla normativa sull’immigrazione per ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno. 116 Nell’ordinamento istituzionale italiano, a partire dalla riforma costituzionale del 2001 (legge n. 3/2001), la materia dell’assistenza sociale è di competenza delle Regioni. Alcune hanno emanato norme restrittive in materia di accesso dei cittadini immigrati e delle cittadine immigrate ai servizi e benefici sociali. E’ doveroso sottolineare che molte delle raccomandazioni si sono focalizzate sui diritti delle minoranze, in particolare dei Rom, dei Sinti e dei Camminanti. Per quanto attiene ai diritti delle minoranze possiamo rilevare che: - la legge n. 492 del 1999 sulle minoranze non include le minoranze Rom né la loro lingua, il romanès. - manca un piano, una normativa nazionale, per fissare univocamente le linee d’intervento flessibili e condivise tenendo conto delle diversità delle esigenze e del contesto territoriale delle minoranze; -- esistono alcune leggi regionali e dei provvedimenti locali come per esempio delle ordinanze municipali, solitamente poco rispettose dei diritti delle minoranze; - non esiste una legislazione nazionale di tutela e protezione di queste minoranze. Infine, per affrontare l’emergenza dei profughi del Nord Africa, il 12 aprile 2011 la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dip. Protezione civile ha approvato un piano per l’accoglienza dei migranti in attuazione dell’accordo Stato Regioni Enti locali del 6 aprile 2011. Ha approvato il D.P.C.M. del 5 aprile 2011 ex art. 20 T.U. Immigrazione contenente l'indicazione delle misure umanitarie di protezione temporanea per i cittadini appartenenti ai Paesi del Nord Africa affluiti nel territorio italiano dal 1° gennaio 2011 alla mezzanotte del 5 aprile 2011. Nello stesso provvedimento viene stabilito che la richiesta del permesso di protezione temporanea deve essere presentata entro 8 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. 3. Istituzione Nazionale per i Diritti Umani, Racc. 11-15 La questione della Istituzione nazionale indipendente per i diritti umani in Italia è un tema di fondamentale importanza per il nostro Paese e che anche in sede di UPR ha richiamato l’attenzione di ben 18 Paesi e tutte le Organizzazioni e i Gruppi Regionali. L’anomalia di un Paese come l’Italia che - con una insigne storia costituzionale di riconoscimento e tutela dei diritti fondamentali ed una importante tradizione democratica, a giorni per la seconda volta membro del Consiglio Diritti Umani delle Nazioni Unite, iniziatore e guida di numerose notevoli azioni per il riconoscimento e la protezione dei diritti umani a livello europeo ed internazionale, con centri universitari di eccellenza per i diritti umani, riconosciuti a livello non solo europeo - manca a livello nazionale di una Istituzione indipendente conforme ai Principi di Parigi, è un’anomalia ormai discussa in tutte le assisi internazionali che riguardano il nostro Paese. L’Italia infatti ad oggi risulta inadempiente alla Risoluzione 48/134 adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1993 che ha chiesto a tutti i Paesi membri di costituire Istituzioni nazionali indipendenti per i diritti umani conformi ai criteri sanciti dai Principi di Parigi, inadempiente alla risoluzione del Consiglio d’Europa 11 del 1997, inadempiente a partire dal 2003 alle raccomandazioni di tutti i Comitati ONU che hanno esaminato l’attuazione delle Convenzioni fondamentali in materia di diritti umani da parte del nostro Paese. Il Governo ne è ben consapevole ed ha infatti accettato la maggior parte delle raccomandazioni UPR in merito. Riguardo al rigetto invece della raccomandazione n.14 e alla motivazione presentata, va rilevato che sebbene il Governo non sia in grado di impegnare il Parlamento ad agire entro un determinato termine, il Governo deve considerare seriamente la questione della costituzione di una Istituzione Nazionale indipendente in grado di ottenere uno status di conformità ai Principi di Parigi di tipo “A” come questione prioritaria. 117 A tal fine il Comitato chiede alla Commissione Affari Costituzionali del Senato l’urgente calendarizzazione del DDL n° 2720, Testo Unificato "Istituzione dell'Agenzia nazionale per la promozione e la protezione dei diritti fondamentali"74. Va inoltre sottolineato che i Principi di Parigi richiedono il coinvolgimento nonché la partecipazione attiva della società civile in almeno tre fasi di vita dell'istituzione nazionale per i diritti umani: creazione, composizione, meccanismi e metodi di cooperazione tra la Commissione diritti umani e la società civile. Il Comitato intende inoltre formulare una raccomandazione al Governo e al Parlamento perché richiedano il supporto tecnico del Dipartimento Istituzioni Nazionali dell’Ufficio dell’Alto Commissario per i diritti umani (pareri giuridici, audizioni, giornate congiunte di formazione e studio, ecc), anche al fine di tenere conto delle migliori pratiche e delle esperienze già acquisite negli altri paesi, in particolare europei, attraverso momenti di confronto, di studio ed analisi comparata e di audizione di esperti internazionali; favoriscano la partecipazione attiva e significativa della società civile, in senso ampio anche centri universitari di eccellenza sui diritti umani e categorie professionali, attraverso appositi momenti di scambio e approfondimento, magari anche attraverso l’organizzazione di giornate di studio. 4. Educazione Ai Diritti Umani, Racc. 30,31,32 Nella Conferenza di Vienna del 1993 la comunità internazionale ha ribadito l’importanza fondamentale dell’educazione ai diritti umani per la promozione di una cultura universale dei diritti umani e come fattore primario di prevenzione delle gravi e massicce violazioni continuamente perpetrate. Nel dicembre 1994 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha lanciato il Decennio per l’Educazione ai Diritti Umani (1995-2004), coordinato dall'Alto Commissario per i Diritti Umani e dall’UNESCO e, successivamente, nel dicembre 2004, il Programma Mondiale per l’Educazione ai Diritti Umani (2005- in corso), prima fase (20052009) finalizzata a promuovere l’educazione ai diritti umani nella scuola primaria e secondaria e seconda (2010-2014) all’educazione nelle scuole superiori, dei dipendenti pubblici, del personale militare e della polizia, senza però prevedere specifici impegni finanziari dei governi al riguardo. Il 23 Marzo 2011, il Consiglio Diritti Umani ha adottato la Dichiarazione delle Nazioni Unite sull’educazione e la formazione ai diritti umani, e ne ha raccomandato l’adozione all’Assemblea Generale entro il 2011. Il testo della Dichiarazione definisce l'educazione e la formazione ai diritti umani come un processo permanente che include non solo l'acquisizione di conoscenze e competenze, ma anche lo sviluppo di atteggiamenti e comportamenti per difendere i diritti umani riconoscendo il ruolo fondamentale che un'efficace educazione ai diritti umani gioca nella prevenzione delle violazioni e nella promozione di pari opportunità per tutti. L’Italia ha svolto un ruolo di primo piano per l’elaborazione di tale Dichiarazione partecipando attivamente alla “Platform per l’educazione e la formazione ai diritti umani” composta da altri sette stati membri del Consiglio Diritti Umani (Costarica, Francia, Filippine, Marocco, Senegal, Slovenia e Svizzera) con il compito di guidare il lavoro di redazione della Dichiarazione. L’ambasciatrice Laura Mirachian, rappresentante permanente dell’Italia, durante 12a sessione del Consiglio Diritti Umani, ha sottolineato l’importanza di tale Dichiarazione e ha ricordato le iniziative promosse dal Governo italiano per la promozione dell’educazione ai diritti umani attraverso il lancio dell’Insegnamento “Cittadinanza e Costituzione” in tutte le scuole italiane. 74 Gli ultimi due testi presentati in ordine di tempo sono: il Disegno di Legge n. 1223 “Istituzione della Commissione italiana per la promozione e la tutela dei diritti umani”, presentato il 19 novembre 2008, primo firmatario il Sen. Pietro Marcenaro; ed il Disegno di Legge n. 1431 "Istituzione dell'Agenzia Nazionale per la promozione e la salvaguardia dei diritti fondamentali ", presentato il 5 marzo 2009, prima firmataria la Sen. Barbara Contini. A partire da questi due documenti, il Comitato ristretto per i disegni di legge 1223, 1431 ha presentato il 20 gennaio 2010, in Commissione affari costituzionali, il Testo unificato "Istituzione dell'Agenzia nazionale per la promozione e la protezione dei diritti fondamentali", relatrice la Sen. Maria Fortuna Incostante, in attesa di approvazione. 118 Tuttavia, nonostante i positivi impegni assunti anche a livello internazionale, l’educazione ai diritti umani non è ancora entrata a pieno titolo nell’assetto istituzionale e sociale e manca di sistematicità, essendo rimessa alla discrezionalità dei singoli dirigenti scolastici e docenti, oltre che all’impegno delle associazioni di volontariato. Non sono per esempio previsti corsi di aggiornamento e formazione per il personale scolastico su tali tematiche, se non grazie all’impegno di singoli e di associazioni. Lo stesso purtroppo dicasi per la formazione del personale militare e di polizia. 5. Migranti e richiedenti asilo a. Diritti dei migranti e legislazione nazionale. Racc. 2, 9, 10, 27, 28, 63, 72, 73, 74, 75, 79, 80, 81, 82 In merito alle risposte fornite dal Governo italiano rispetto alle raccomandazioni A/HRC/14/4/Add.1, 31 maggio 2010 da cui si evince che “nel 2003 l'Italia ha adottato una legislazione globale del lavoro, ispirata al principio di non discriminazione nel mercato del lavoro e focalizzata su: accesso al lavoro, occupazione, appartenenza ai sindacati, protezione sociale, orientamento, istruzione e formazione professionale e assistenza sanitaria. […] I lavoratori migranti regolari, sotto contratto di lavoro, godono di pari diritti. Pertanto, in caso di disoccupazione, tutti coloro che perdono il lavoro hanno parità di accesso a servizi e benefici. Al fine di sradicare il mercato nero, in particolare nel settore agricolo ed edile – essendo le aree con la più alta percentuale di immigrati - l'Italia ha recentemente adottato un piano d'ispezione ad hoc.” , appare opportuno fare le seguenti osservazioni: 1. nella normativa avente quale oggetto la disciplina della condizione dello straniero, vige tuttora l'istituto del Contratto di Soggiorno per lavoro subordinato introdotto dalla Legge 189/30.07.2002. Esso lega la presenza del lavoratore immigrato solo all'effettivo svolgimento di un'attività lavorativa. In tal senso, il permesso di soggiorno viene rilasciato a seguito di stipula del contratto di soggiorno vincolando la durata del secondo al primo. Qualora dovesse venire meno l'attività lavorativa medesima, come verificatosi con la grave recessione economica che ha colpito il paese, al lavoratore immigrato viene rilasciato un permesso di soggiorno di durata non inferiore mesi 6 (sei). Gli uffici della P.A preposti applicano la richiamata norma in chiave molto restrittiva in quanto la dicitura durata non inferiore a mesi 6 viene interpretata dalla P.A come durata massima di mesi 6, escludendo con ciò stesso la possibilità per il lavoratore immigrato di usufruire, nella loro pienezza temporale, degli ammortizzatori sociali poiché deve necessariamente trovare un altro lavoro entro la scadenza dei 6 mesi dell'attesa occupazione, pena la revoca definitiva del permesso di soggiorno. 2. Le norme sul contratto di soggiorno producono una forte ricattabilità dei lavoratori immigrati al punto tale che è venuta a determinarsi una forte differenziazione salariale tra lavoratori italiani e stranieri a parità di mansioni (23% in meno, studi-dati Inps/Istat). 3. Quanto al contrasto al lavoro nero, si fa presente che il piano d'ispezione ad hoc annunciato dal Governo sembra insufficiente in quanto, nel contesto italiano, vi è la figura del caporale ossia il dominus dell'attività d'intermediazione illecita di manodopera. Attualmente chi viene colto in flagranza d'intermediazione illecita di manodopera è punito con una sanzione amministrativa di appena € 50. Da qui la necessità, prospettata dalla CGIL, d'istituire il reato penale di caporalato con consequenziale inasprimento delle sanzioni. Inoltre, ammesso che funzionasse l'azione ispettiva e repressiva, non ci sono sufficienti norme di tutela dei lavoratori immigrati, vittime di sfruttamento. 4. In merito alle libertà sindacali, vi è da segnalare il divieto, ad opera del Ministero dell'Interno, ai sindacati di accedere ai Centri di Identificazione per Immigrati. Tale divieto impedisce al sindacato il pieno svolgimento del proprio ruolo informativo, rispetto agli immigrati, dei loro diritti legali e contrattuali. 119 b. Evizioni forzate. Racc. 61, 62 Vedi paragrafo “1.2 Legislazione Nazionale” c. Diritto dei rifugiati e richiedenti asilo. Racc. 67, 68, 69, 70, 71, 76, 77, 78 Vedi paragrafo “1.2 Legislazione Nazionale” 5. Razzismo E Xenofobia Ufficio Nazionale Contro la Discriminazione Razziale. Racc. 16 (vedi piano d’azione nazionale integrato): si raccomanda di potenziare tale ufficio nazionale. Comportamenti di discriminazione razziale e xenofobia. Racc. 22, 23, 24, 26, 28, 29, 32, 33: si raccomanda di mettere in atto misure di contrasto più efficaci. 6. Diritti delle donne Racc. 24, 34, 35, 36, 42, 43, 44 Sotto il profilo della proclamazione del principio è evidente che in Italia le Pari Opportunità trovano piena legittimazione a livello istituzionale, ma nell’ambito del MERCATO DEL LAVORO persistono forti discriminazioni, e, ciò che più preoccupa, non sempre la direzione in cui procede il Governo è quella di una loro concreta attuazione. In particolare: - nessuna apposita misura è stata presa per diminuire la precarietà lavorativa delle donne e favorire il lavoro a tempo pieno. Al contrario, in questi ultimi due anni la sottrazione dell’ICI e i tagli delle risorse agli Enti Locali hanno reso sempre più insufficienti gli Asili Nido e altri interventi a sostegno delle madri lavoratrici o in cerca di un lavoro; - la mancanza di protezione sociale per le lavoratrici discontinue e l’insufficienza o inefficacia delle misure per il reinserimento delle donne nel mercato del lavoro; la disuguaglianza nell’accesso al mercato del lavoro e la disparità di diritti e salari, continuano a colpire le donne, e in particolare donne migranti e donne rom. Ad oggi in Italia la disparità salariale tra uomo e donna viene computata intorno al 17% (1.077 euro per le donne a fronte di 1.377 euro per gli uomini come media nazionale) con punte di distacco tra settori pubblici e privati che portano questi ultimi a differenziali che arrivano sino al 30% circa. Ciò in ragione non di una differenziazione dei regimi contrattuali bensì dell'assenza di politiche di sostegno alla conciliazione e condivisione delle responsabilità genitoriali e familiari che diminuendo i tempi di lavoro per le donne hanno un impatto diretto sulle retribuzioni (produttività, straordinari, progressioni di carriera). Pertanto a fronte di Piani di Azione e documenti presentati dal Governo si rileva l'inattuazione dei principi e l'inefficacia delle politiche. In questi anni si è sotto finanziato il sistema dei servizi sociali, l'insieme dei servizi pubblici e cancellato il Piano nazionale di potenziamento di asili nido e servizi per l'infanzia. Inoltre l'accesso delle donne nel mercato del lavoro è sfavorito e scoraggiato dal perdurare della crisi e dall'assenza di politiche che favoriscono la crescita. La disoccupazione femminile è al 9,6% e l'inattività è pari al 37,8% con una particolare accentuazione nel Sud e nelle aree in ritardo di sviluppo, il tasso di occupazione femminile è fermo al 46,1%. Il ricorso a contratti temporanei è salito del 14,3% per le donne nel 2010. Non esistono in tal senso azioni mirate promosse dal Governo, ma solo investimenti parziali promossi da alcune Regioni. In ultimo si sottolinea il dato certificato dall'ISTAT relativamente all'anno 2010 di circa 800.000 donne non rientrate al lavoro successivamente alla maternità. Ciò in ragione sia dell'assenza di servizi sia per effetto della cancellazione della Legge 188 contro le dimissioni in bianco. Gravissima l’assenza di misure speciali per sradicare la prassi delle dimissioni in bianco e di misure finanziarie e azioni speciali mirate ad attenuare, nel mercato del lavoro, la doppia discriminazione delle donne disabili ( la Legge 168/99, dopo oltre 10 anni, resta inattuata). 120 E’ di queste ultime settimane l’appello di numerose associazioni di donne affinché i fondi (previsti in circa 4 mld di euro) derivanti dal recente aumento dell’età pensionabile delle donne,non subiscano altre destinazioni/ come sembrerebbe..) anziché essere riservati a misure per incentivare l’occupazione femminile. A fronte di un “Piano Italia 2020-Programma di azioni per l’inclusione delle donne nel mercato del lavoro”, che, privo di risorse ad esso destinate, appare un insieme di intenti irrealizzabili, sempre più incentrato sul ruolo delle donne all’interno della famiglia secondo stereotipi tradizionali, si propone al Governo italiano un’urgente visitazione dei codici del lavoro francese e lituano, considerati a seguito di uno studio comparato quelli nel panorama europeo maggiormente in grado di offrire garanzie collettive a tutte le donne, sia per le disposizioni relative al mobbing che per la parità tra uomo e donna. Anche per la Raccomandazione 35, la risposta generica del Governo italiano in tutto analoga a quella della Racc.34 fa pensare a un impegno del tutto inadeguato su uno dei terreni cruciali per la sicurezza e la dignità delle donne. La Rete Nazionale di donne che ha dato vita ai Centri Nazionali Antiviolenza (se ne contano 58 in Italia, di cui -ahimé- quelli a sud di Roma si contano sulle dita di una mano..), si è formata come associazione spontanea, assolutamente non “promossa” da Governo o istituzioni! Migliaia di donne vi trovano ascolto e accoglienza. L’Osservatorio Nazionale contro le Violenze Domestiche, sorto da una collaborazione tra ISPESL, Università di Verona, Regione Veneto, Ministero della salute, Carabinieri e Polizia, istituito nel 2006 in seguito a un DPR del 2002, può, sì, rappresentare un impegno del Governo, ma un documento ufficiale lamenta la scarsità dei dati su un consistente fenomeno che interessa la vita delle famiglie, in particolare delle donne, e che rappresenta una delle prime cause di morte nel mondo. Il fenomeno non è ancora codificato come specifico delitto. “Le istituzioni dovrebbero essere strappate dalla loro sostanziale neutralità ed essere coinvolte in un intervento attivo e mirato.” Ma impegno fondamentale del Governo italiano dovrebbe essere una specifica azione di controllo affinché il decentramento non provochi trattamenti disuguali nelle diverse regioni, tali da porsi in contrasto con la legislazione nazionale a tutela dei diritti delle donne.(Esempi negativi e preoccupanti sono in questo senso gli attacchi alla 194 nelle proposte di leggi regionali tendenti a snaturare la funzione dei Consultori, e le disposizioni di taluni Enti Locali circa un uso medicalmente assistito della pillola RU486…) Va infine sottolineato con forza che l’Italia è uno dei pochi paesi che ancora non hanno adottato un piano nazionale di attuazione della UNSC 1325 /2000, e dei suoi successivi aggiornamenti. La risoluzione affronta tutti i livelli di violenza sulle donne di tutti i paesi, in regime di pace, in situazioni di guerra e post-conflitti. L’approvazione del Piano Nazionale, più volte sollecitata da numerose associazioni, soprattutto in occasione del decennale della risoluzione, sarebbe un primo segno di effettiva volontà di intervento da parte del Governo italiano 7. Discriminazione in base all’orientamento sessuale Dal punto di vista del recepimento delle norme contenute nella raccomandazione n. 36 evidenziamo come in questo Paese l'approvazione di una norma contro gli atti di discriminazione, aggressione e violenza verso le persone lesbiche, gay bisessuali e trans incontri una sistematica e ferrea opposizione da parte del governo e del parlamento nazionale. Nel nostro Paese esistono esclusivamente due norme. La prima relativamente alla protezione umanitaria per i cittadini stranieri discriminati o perseguitati in patria in ragione dell'orientamento sessuale o dell'identità di genere contenuta nella legge Bossi Fini. 121 La seconda di recepimento della direttiva europea 2000/78 contro la discriminazione sui luoghi di lavoro che però, non avendo invertito l'onere della prova che risulta così in capo al discriminato, risulta di difficile e scarsa applicazione. E' di recente istituzione un osservatorio della polizia di stato, l'OSCAD, volto a monitorare e tutelare le vittime di reati di discriminazione, incluse quelle di omofobia e di transfobia. Il Ministero delle Pari opportunità ha avviato nel corso dello scorso anno una campagna di sensibilizzazione contro l'omofobia. Dopo l'approvazione di una pregiudiziale di incostituzionalità passata l'anno scorso su una legge anti omofobia assistiamo in questi giorni ad un analogo posizionamento delle forze politiche di centro destra su di un nuovo provvedimento presentato dall'onorevole Concia (PD) relativo all'istituzione di un aggravante per i reati commessi in ragione dell'orientamento sessuale e dell'identità di genere. Arcigay ha individuato nell'estensione della legge Mancino lo strumento idoneo non solo a sanzionare ma anche a prevenire dal punto di vista culturale il fenomeno omofobico e transfobico presente nel nostro Paese in misura e proporzione sempre più preoccupante. In Europa leggi di tutela e protezione dall'omofobia sono presenti in Austria, Belgio, Cipro, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Islanda, Lussemburgo, Norvegia, Olanda, Romania, Slovenia, Spagna, Svizzera, Svezia, Ungheria, Inghilterra, Serbia e Montenegro e Repubblica Ceca. La presentazione di una direttiva orizzontale sulle discriminazioni presentata al parlamento europeo renderà ancor più urgente agli stati membri legiferare in tal senso. L'Italia avrebbe urgente bisogno di recuperare un ritardo colpevole e adeguare la propria legislazione a tutela di una fascia di popolazione particolarmente esposta a discriminazione e violenza. Ogni ritardo in tal senso è un atto di complicità morale. 8. Diritti dei Minori. Racc. 37, 38, 39, 40, 41, 42, 43, 44 Un anno è trascorso infatti dalle Raccomandazioni che il Consiglio ONU per i Diritti Umani al nostro Governo, che il Comitato Italiano per la Promozione e Protezione dei Diritti Umani ha debitamente ‘registrato’ e sulla base delle quali ha monitorato l’atteggiamento e la risposta ad esse da parte del nostro Paese. L’universo dei diritti dell’infanzia, infatti, è un delicato ambito rispetto al quale anche il Consiglio ONU per i Diritti Umani si è espresso, rivolgendo all’Italia numerose Raccomandazioni, precisamente 37 – 44 e 84,85,86 , anche se poi è possibile ravvisare la questione minorile anche in altre Raccomandazioni di più ampio respiro. I principi richiamati dalle suddette Raccomandazioni sono, in termini ‘macro’ cos’ sintetizzabili: Prevenzione di tutte le forme di discriminazione dei minori; Tutela di tutti bambini nati e presenti in Italia; Piano nazionale per minori; Accesso al sistema educativo per tutti i minori; Rafforzamento contrasto di specifici crimini contro i minori quali la Tratta dei minori e recupero vittime. Per l’Italia i diritti dell’Infanzia non costituiscono sempre - nei fatti - una priorità sulla quale investire. E questo ne inficia notevolmente impatto e benefici. L’Italia dimostra ancora un atteggiamento discriminatorio verso talune categorie di minori. Dimostrazione di questo sono: A) I tagli drastici a: - Fondo ex L. 285/97 (dai 43.ML del 2009 ai 35ML del 2011) - Fondo Nazionale per le Politiche Sociali (dai 583.ML del 2009 ai 218 ML nel 2011) - Fondi per le politiche della Famiglia - Fondi per le Pari Opportunità - Fondi per le Politiche Giovanili - Fondi per l’istruzione 122 L’insieme di queste disposizioni mina alla base lo sviluppo di politiche di settori rispondenti alle reali priorità della popolazione e sottolineate nei loro diversi rapporti dal Gruppo CRC e dal Comitato per i Diritti Umani. B) D) La mancata definizione dei ‘Livelli Essenziali di Prestazioni (Sociali) senza i quali è impossibile creare le basi per un accesso uniforme e equo ai diritti civili e sociali nel nostro Paese. Ciò si traduce in un Welfare debole, aleatorio. Mancata Riforma della Giustizia Minorile. Il Parlamento dal 2008 ha ricevuto proposte di legge ma di nessuna è iniziato l’esame. Adozione di un Piano Nazionale infanzia, dopo ritardi di anni è stato finalmente approvato ma a che prezzo? - Non è stato mantenuto e rispettato nel suo impianto originale voluto dall’Osservatorio Nazionale Infanzia e Adolescenza; - Manca di coordinamento con il Piano Nazionale per la Famiglia; - E’ PRIVO di copertura finanziaria; E) Garante Infanzia C) Dopo lento iter parlamentare, dovuto alle incertezze sul sua indipendenza e copertura finanziaria, è stato approvato alla Camera ma è ancora al vaglio del Senato. F) Abuso e maltrattamento Nonostante i tentativi fatti, l’Italia NON ha un sistema di raccolta dati Nazionale che per lo meno offra una fotografia quantitativa del fenomeno. Solo poche Regioni hanno Linee Guide su Abuso e non sempre implementate. Manca un Piano Nazionale per la Prevenzione. La mancanza di questi provvedimenti si traduce in una carenza di strumenti concreti adeguati ad approntare una risposta efficace alle tematiche indicate. G) Il principio di ‘non discriminazione’ è a rischio (raccomandazione 37) L’Italia con L. 94/2009 (Pacchetto Sicurezza) ha reso molto concreto il rischio di discriminazione per i minori che, privi di regolare permesso di soggiorno, entrano nel nostro Paese. In questa direzione vanno infatti: - Obbligo di denuncia da parte di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio che venga a conoscenza dell’irregolarità di un migrante - Limiti per conversione permesso soggiorno al compimento dei 18 anni : il 3 + 2 In aggiunta alle disposizioni di legge di cui sopra,la gestione del flusso migratorio a Lampedusa si è dimostrato inadeguato alle esigenze e fortemente discriminatorio verso i minori. Questi ultimi infatti, sono stati in più occasioni detenuti insieme agli adulti. Sono stati lasciati in uno stato di abbandono ‘umano’ spesso prolungato, in aperta violazione con le disposizioni italiane in materia di accoglienza e protezione dei migranti minori di età. (non conoscono i loro diritti; non sanno di dover dire età; non vengono assistiti; etc) Tale situazione peraltro, continua a presentarsi, come documentano i numerosi casi in città Italiane in cui arrivano minori stranieri soli, sbarcati a Lampedusa, fuggiti a numerosi Centri di Accoglienza in Italia, nell’ignoranza dei loro diritti. In Italia tra gennaio e maggio 2011 sono stati ben 1088 i minori MSNA entrati nel nostro Paese illegalmente che hanno subito questo trattamento. - Limite del 30% delle presenze di stranieri nelle classi italiane (C.M MIUR – n. 2 del 8/1/2010) Bambini detenuti con mamme La recente approvazione della L.62 /2011 pur estendendo sulla carta il divieto di detenzione di donne con bambini minori di 6 anni, di fatto non rende affatto certo questo rischio. 123 H) Disabilità75 All’adozione sia da parte del MIUR il 5 agosto del 2009, delle “Linee Guida sull’integrazione scolastica degli alunni con disabilità”, che mirava a dare organicità alla ricca normativa italiana in merito, che della precedente Intesa della Conferenza Unificata del 20 marzo 2008 in merito alle modalità e ai criteri per l’accoglienza scolastica e la presa in carico dell’alunno con disabilità, non sono seguite programmazioni finanziarie adeguate all’attuazione dei principi ed impegni espressi in tali documenti. Già a partire dal 2009 i drammatici tagli alla scuola ed al sistema di inclusione scolastica in particolare, hanno esacerbato e generato indubbie condizioni di discriminazione nell’ambito del diritto allo studio da parte degli alunni con disabilità. A fronte dei numerosi ricorsi contro il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, la Corte Costituzionale ha emanato la sentenza n. 8054 in cui si dichiarano “illegittime – sotto il profilo costituzionale – le norme che fissano un limite massimo al numero dei posti degli insegnanti di sostegno, e che vietano di assumerne in deroga”. Nonostante ciò, ad oggi si continuano a registrare numerosi casi di inadempienza, anche da parte degli Uffici Scolastici Regionali 9. Sovraffollamento nelle carceri, Racc. 45, 46 Le raccomandazioni 45 e 46, entrambe accettate, reclamano iniziative per ridurre il sovraffollamento delle carceri italiane suggerendo l’adozione di misure alternative alla reclusione e la possibilità di reintegrazione dei detenuti stranieri. Il governo, in linea con il merito delle risposte fornite al Consiglio, ha proceduto da un lato all’attuazione del Piano per l’edilizia penitenziaria che prevede la costruzione di nuove strutture ma i cui bandi di gara non sono stati ancora presentati;; dall’altro all’approvazione di un provvedimento dalla durata provvisoria che ha consentito finora a circa 2.000 detenuti la detenzione domiciliare. Più di un migliaio, invece, sono stati liberati grazie all’intervento della Corte di giustizia europea che ha abolito la pena della reclusione a seguito del mancato ottemperamento da parte dello straniero irregolare dell’ordine di espulsione emanato dal questore. L’accesso alle misure alternative alla detenzione resta minimo, la depenalizzazione dei reati minori fuori da ogni programma di intervento. Attualmente nelle carceri si contano oltre 67mila detenuti rispetto ai 46mila posti letto regolamentari. Anche secondo le statistiche del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, lo stato di emergenza dichiarato dal governo a gennaio 2010 non è stato superato. 10. Tortura, Racc. 4, 6, 8 Vedi paragrafo su “Diritti Civili e Politici e strumenti internazionali” 11. Tratta. Racc. 83, 84, 85, 86, 87, 88 La manovra di bilancio per il 2011 ha segnato un drastico taglio ai fondi statali per le politiche sociali, abbassando gli stanziamenti di bilancio da 1472 milioni di euro del 2010 a 349,4 milioni di euro (2520 nel 2008, e 271,6 previsti per il 2013). Fra le diverse conseguenze, il 1 agosto 2010, per ridurre i costi del servizio, sono stati chiusi i 14 uffici territoriali del numero verde salva-prostitute per sostituirli con un’unica postazione centrale. I trattati internazionali e gli sforzi diplomatici in materia sono resi vani dal drastico depauperamento delle politiche sociali: strumento necessario e insostituibile per “identificare, assistere e non penalizzare per i crimini commessi come diretta conseguenza del fatto di essere vittime di tratta” [racc. 84, 86], e per “ridurre la domanda dei servizi offerti attraverso le vittime di tratta e la domanda interna di sesso a pagamento” [racc. 87], per “destinare le risorse necessarie...per fornire alloggi, cibo e assistenza sociale...alle vittime di tratta” [racc. 88]. Imprescindibile e carente è l’analisi delle dinamiche sottostanti i fenomeni della tratta e dello sfruttamento di esseri umani per poter “perseguire e punire i trafficanti e per investigare 75 I dati che seguono sono parte del II° Rapporto Supplementare alle Nazioni Unite sul monitoraggio della Convenzione sui Diritti dell’infanzia e dell’adolescenza realizzato dal Gruppo di Lavoro per la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza. 124 e perseguire con inchieste sulle complicità connesse alla tratta” [racc. 83, 85, 86] “allargare campagne di sensibilizzazione” [racc.87], “combattere e porre fine alla tratta” [racc. 83, 85, 86, 87]. Il 28 marzo 2011 il procuratore nazionale Antimafia, Piero Grasso, ha denunciato che: "Quattrocento minori sbarcati a Lampedusa sono scomparsi. Alcuni di loro sono stati trovati con dei bigliettini sui quali c'era scritto il numero di un referente al quale collegarsi e che, probabilmente, fa capo a qualche organizzazione criminale". 12. Indipendenza della Informazione. Racc. 50, 51, 52, 53, 54 (Informazione e conflitto d’interessi) Le raccomandazioni in materia di libertà dei media (n. 50 – 54) sono state respinte in blocco da parte del governo italiano, tranne la raccomandazione relativa alla protezione di giornalisti oggetto di minacce da parte della criminalità organizzata, che il governo dichiara di accettare, anche perché in fase di attuazione. Una informativa in tal senso sarebbe dunque di facile attuazione in tempo per un rapporto intermediario. In risposta alle numerose osservazioni da parte dei paesi membri e delle organizzazioni internazionali partecipanti per quanto riguarda la concentrazione dei media, la mancanza di indipendenza del servizio pubblico radiotelevisivo e il conflitto d’interesse, l’Italia oppone la legislazione vigente (“Legge Gasparri” n.112 2004 e “Legge Frattini” n.215 2004) dichiarando che è adeguata a garantire la libertà dei media. La risposta evita di tenere in alcun conto le osservazioni contrarie e le raccomandazioni degli organismi internazionali, a cominciare dal Rapporto sulla visita in Italia del Special Raporteur on the promotion and protection of the right to freedom of opinion and expression della la Commissione Diritti Umani, il quale si riferisce alle precedenti valutazioni negative della legislazione italiana (OSCE, Consiglio d’Europa) per raccomandare la sua revisione. 13. Lo Stato dell’aiuto pubblico allo sviluppo Racc. 90, 91 Nonostante gli impegni presi e più volte riconfermati, nel 2010 il rapporto APS/PIL dell’Italia è sceso dallo 0,16% del 2009 allo 0,15%, il che significa una differenza rispetto all’obiettivo Europeo pari a 5,4 miliardi di euro, uno degli scarti più ampi in termini assoluti. L’Italia rappresenta infatti una delle ragioni principali che hanno impedito all’UE di raggiungere i suoi obiettivi di aiuto, essendo responsabile del 38% dell’ammanco. L’Italia non ha prodotto nessun “piano di riallineamento” rispetto agli obiettivi dello 0,56% nel 2010 e dello 0,7% del 2015. Nel 2011 l’APS Italiano ha subito un’ulteriore contrazione del 45%. Nessuna quota è stata versata in favore della cooperazione multilaterale, malgrado esista un debito di oltre 1 miliardo di euro, e nessun contributo è stato versato al Fondo Globale per l’HIV o alla Convenzione per l’aiuto alimentare. Gli stanziamenti per la Cooperazione italiana allo Sviluppo all’interno del Ministero degli Affari Esteri hanno subito tagli molto più drastici rispetto a tutte le altre Direzioni dello stesso Ministero, evidenziando la mancanza di interesse del suo vertice politico a difendere i fondi della Cooperazione allo Sviluppo. Nel 2011 i finanziamenti alle ONG sono stati tagliati del 50% ed ammontano a 11 milioni di euro solo per nuove iniziative; nel complesso le disponibilità dell’azione bilaterale pubblica sono pari a soli 158 milioni di euro. Infine continua ad accentuarsi l’insufficienza cronica di organico che ha ridotto la struttura tecnica della Cooperazione italiana quasi al collasso. 125