primo monitoraggio delle raccomandazioni del consiglio diritti umani

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primo monitoraggio delle raccomandazioni del consiglio diritti umani
Comitato per la promozione
e protezione dei diritti
umani
Member of the FRA Fundamental Rights Platform
Member EU Civil Society Platform Against Trafficking in Human Beings
Accredited Observer to WIPO Intergovernmental Committee on
Intellectual Property and Genetic Resources, Traditional Knowledge and
Folklore (IGC)
L'ITALIA A QUATTRO ANNI
DALLE RACCOMANDAZIONI
DEL CONSIGLIO ONU
PER I DIRITTI UMANI
Rapporto di Monitoraggio
delle Organizzazioni Non Governative e Associazioni
del Comitato per la Promozione e Protezione dei Diritti Umani
2011-2014
GIUGNO 2014
A.GE., AGEDO, AGENZIA DELLA PACE, AGESCI, ANFAA, ANOLF, ANTIGONE, ARCHIVIO DISARMO, ARCHIVIO IMMIGRAZIONE, ARCI,
ARCIGAY, ARTICOLO 21, ASGI-ASSOCIAZIONE STUDI GIURIDICI SULL'IMMIGRAZIONE, ASSOCIAZIONE CAMPANARI D’ARRONE, ASSOCIAZIONE ELEONORA PIMENTEL, ASSOCIAZIONE ASTRO NASCENTE, ASSOPACE, ASSOCIAZIONE SENZA CONFINI, ATD-QUARTO
MONDO, AUCI, AUSER, BANCA ETICA, BE FREE, CASA DEI DIRITTI SOCIALI, CGIL, CHIAMALAFRICA, CIAI, CIPAX, CIPSI COORDINAMENTO DI INIZIATIVE POPOLARI DI SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALE, CIR-CONSIGLIO ITALIANO RIFUGIATI, CISL
DIPARTIMENTO POLITICHE MIGRATORIE, CISMAI, CISP-COMITATO INTERNAZIONALE SVILUPPO DEI POPOLI, CITTADINANZATTIVA,
COMITATO PER I DIRITTI UMANI, COMITATO SINGH MOHINDER, COMITATO UNRWA ITALIA, DISABLED PEOPLES’ INTERNATIONAL (DPI) ITALIA, DONNE IN NERO, EMA, FEDERAZIONE CHIESE EVANGELICHE, FEDERAZIONE ITALIANA PER IL SUPERAMENTO DELL’HANDICAP
(FISH), FONDAZIONE CENTRO ASTALLI, FONDAZIONE INTERNAZIONALE DON LUIGI DI LIEGRO, FONDAZIONE BASSO-SEZIONE
INTERNAZIONALE, FONDAZIONE LABOS, FVGS, GIOVANI PER UN MONDO UNITO, GRUPPO MARTIN BUBER, ICS-CONSORZIO ITALIANO
DI SOLIDARIETÀ ‘, IISMAS-ISTITUTO INTERNAZIONALE SCIENZE MEDICHE ANTROPOLOGICHE E SOCIALI, IMS –INTERNATIONAL
MEDICINE SOCIETY, INTERSOS, INTERVITA, IRMA, ISTITUTO COOPERAZIONE ECONOMICA INTERNAZIONALE, ISTITUTO DI MEDICINA
DEL SOCCORSO, LABORATORIO DIRITTI UMANI, LA GABBIANELLA, LAW-LEGAL AID WORLDWIDE, LEGAMBIENTE, LEGA
INTERNAZIONALE PER I DIRITTI E LA LIBERAZIONE DEI POPOLI, LIBERA, MED.EA, MEDICI CONTRO LA TORTURA, MEDICI PER I
DIRITTI UMANI, MOVIMONDO, OLTRE BABELE, OSSIGENO PER L’INFORMAZIONE, PAXCHRISTI, PONTE DELLA MEMORIA, PRO.DO.C.S.,
PROGETTO CONTINENTI, RETE EDUCARE AI DIRITTI UMANI, SAVE THE CHILDREN ITALIA, TERRE DES HOMMES, UBI MINOR, UDIUNIONE DONNE IN ITALIA, UIL, UNICEF ITALIA, UNIONE FORENSE PER LA TUTELA DEI DIRITTI UMANI, UNITS, VIDES
INTERNAZIONALE, VIS-VOLONTARIATO INTERNAZIONALE PER LO SVILUPPO, WILPF-WOMEN’S INTERNATIONAL LEAGUE FOR PEACE
AND FREEDOM, AND WITH THE COLLABORATION OF AMNESTY INTERNATIONAL, FOCSIV, MANI TESE, MEDICI SENZA FRONTIERE
1
2
INDICE
PRESENTAZIONE DEL COMITATO PER LA PROMOZIONE
E PROTEZIONE DEI DIRITTI UMANI
5
ELENCO DELLE ORGANIZZAZIONI NON GOVERNATIVE E ASSOCIAZIONI
ADERENTI AL COMITATO PER LA PROMOZIONE E PROTEZIONE DEI
DIRITTI UMANI
13
INTRODUZIONE
15
NOTA METODOLOGICA
19
GLOSSARIO
20
GRUPPO DI LAVORO
III Monitoraggio – 2013/2014
II Monitoraggio - 2012
I Monitoraggio - 2011
TERZO MONITORAGGIO DELLE RACCOMANDAZIONI DEL CONSIGLIO DIRITTI
UMANI NELL’AMBITO DELLA REVISIONE PERIODICA UNIVERSALE (UPR)
21
22
23
25
1. Diritti Civili e Politici e strumenti internazionali, Racc. 1-10
2.
3.
4.
5.
Legislazione Nazionale, Racc. 67-82
Istituzione Nazionale per i Diritti Umani, Racc. 11-15
Educazione ai Diritti Umani, Racc. 30,31,32
Migranti e richiedenti asilo
5.1
Diritti dei migranti e legislazione nazionale, Racc. 2, 9, 10,
27, 28, 63, 72, 73, 74, 75, 79, 80, 81, 82
5.2
Evizioni forzate. Racc. 61, 62
5.3
Diritto dei rifugiati e richiedenti asilo, Racc. 67, 68, 69, 70,
71, 76, 77
6. Razzismo e Xenofobia, Racc. 22, 23, 24, 26, 28, 29, 32, 33
7. Diritti delle Donne, Racc. 24, 34, 35, 36, 42, 43, 44
8. Discriminazione in base all’orientamento sessuale, Racc. 36
9. Diritti dei bambini e degli adolescenti, Racc. 37, 38, 39, 40, 41, 42, 43, 44
10. Sovraffollamento nelle carceri, Racc. 45, 46
11. Tortura, Racc. 4, 6, 8
12. Tratta, Racc. 83, 84, 85, 86, 87, 88
13. Indipendenza della Informazione, Racc. 50, 51, 52, 53, 54
14. Lo Stato dell’aiuto pubblico allo sviluppo, Racc. 90, 91
ANNEX
i)
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Tavola sinottica delle Raccomandazioni ricevute dal Consiglio Diritti Umani
e risposte del Governo italiano
61
ii) II Rapporto di Monitoraggio 2012
99
iii) I Rapporto di Monitoraggio 2011
115
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4
Comitato per la promozione e protezione dei diritti umani
Comitato
per la promozione
Member of the European Agency for Fundamental Rights
e protezione dei diritti umani
SCHEDA DESCRITTIVA
Il Comitato per la Promozione e Protezione dei Diritti Umani è una rete di 89 associazioni e
organizzazioni non governative italiane che operano nel settore dei diritti umani per la loro
promozione. E’ stato creato nel 2002 su iniziativa della Fondazione Basso–Sezione
Internazionale da un gruppo di organizzazioni non governative attive nel campo dei diritti
umani con il supporto di un gruppo di esperti in diritti umani.
Obiettivi
Promozione e sostegno al processo legislativo per la creazione in Italia di una“Istituzione
nazionale indipendente per i diritti umani”, in linea con gli standard promossi dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite contenuta nella Risoluzione n. 48/134 del 20 dicembre 1993 e i Principi di Parigi.
In aggiunta: realizzazione di “attività culturali per la diffusione di informazione su problematiche relative ai diritti umani con particolare attenzione alla situazione in Italia ed
in Europa con il fine di attirare l’attenzione del pubblico sulle violazioni che possono esserci
nei paesi a democrazia consolidata”.
Struttura
a) l’Assemblea delle organizzazioni aderenti al Comitato;;
b) il Portavoce;
c) il Coordinatore che coordina la Segreteria Esecutiva e il Gruppo di Coordinamento.
Il Gruppo di Coordinamento è responsabile della gestione operativa delle attività del
Comitato e riunisce i responsabili dei vari gruppi di lavoro.
Da gennaio 2006 a dicembre 2013, Carola Carazzone, VIS-Volontariato Internazionale per
lo Sviluppo, è stata nominata Portavoce e Barbara Terenzi, Fondazione Basso-Sezione
Internazionale, è stata nominata Coordinatore ed è stata membro dell’Advisory Panel della FRA Platform dal 2010 al 2012. Attualmente Barbara Terenzi ha assunto le funzioni anche
di Portavoce ad interim in attesa della prossima Assemblea per il rinnovo delle cariche.
L’Assemblea attraverso il piano di azione identifica attività e strategie da portare avanti attraverso il Coordinamento. Ogni anno vengono identificati gruppi di lavoro sulla base del
piano di azione stabilito dalla Assemblea.
Il Portavoce rappresenta pubblicamente il Comitato e viene sostituito, in caso di necessità,
dal Coordinatore. Coerentemente con l’approccio di lavoro collegiale e con lo scopo di ottimizzare le limitate risorse disponibili, la partecipazione ad eventi esterni può anche
essere assegnata a rappresentati delle organizzazioni aderenti al Comitato, in linea con le
indicazioni emerse dagli incontri periodici del gruppo di coordinamento.
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Disegno di legge per la creazione in Italia di una istituzione nazionale
indipendente per i diritti umani
Nel 2002, si è costituito un “Gruppo giuridico” del Comitato,composto da esperti in
materia, che ha steso una proposta di disegno di legge per la creazione di una istituzione
nazionale indipendente, presentata a Roma nel corso della conferenza “Promozione e
protezione dei diritti umani: una istituzione nazionale indipendente ed efficace”. Questo lavoro è stato affiancato da un “Gruppo di contatto” che ha integrato l’attività giuridica con
una azione sistematica di advocacy a livello parlamentare secondo un approccio pluralistico
e trasversale.
Dal 2004 al 2006, nel corso della XIV Legislatura, la proposta di legge è stata
trasformata nel Disegno di Legge n. 3300: ”Creazione di una Commissione italiana per la
promozione e protezione dei diritti umani secondo la Risoluzione n. 48/134 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 20 dicembre 1993”, primo firmatario il Sen. Antonio Iovene e sottoscritta da altri 28 senatori. Ma nonostante le Raccomandazioni ONU
(2.11.2005; 26.11.2004; 18.3.2003) e la pressione da parte della società civile, il Disegno
di Legge è rimasto bloccato al Senato.
Nel 2006, all’inizio della XV Legislatura, il Disegno di legge è stato ripresentato al Senato con primo firmatario il Sen. Antonio Iovene e sottoscritto da altri 32 senatori, con il n.
247 e assegnato alle Commissioni Affari Costituzionali e Giustizia del Senato.
A dicembre 2006, il Disegno di legge viene anche presentato alla Camera dei Deputati con
primo firmatario l’On. Tana de Zulueta.
Mentre il 5 dicembre 2006 il Comitato, e il National Institutions Unit of the Office of the
High Commissioner for Human Rights of the United Nations, co-organizzano un Workshop
internazionale a Roma alla Camera dei Deputati a cui partecipa una delegazione di esperti
delle Nazioni Unite insieme a rappresentanti istituzionali, parlamentari, esperti accademici,
giornalisti e rappresentanti della società civile. L’impatto dell’evento fu talmente forte che il
Disegno di legge presentato alla Camera dei Deputati fu unificato con quello per il Garante
dei detenuti e privati della libertà personale.
Ad aprile 2007, dopo un lungo processo di esame e dibattito, il Disegno di Legge è passato
alla Camera dei Deputati con il n. 1463 con la nuova intestazione “Creazione di una
commissione nazionale per la promozione e protezione dei diritti umani e la protezione dei
diritti delle persone detenute o private della propria libertà personale”. Il testo finale era il risultato degli sforzi congiunti di varie proposte presentate dalle varie forze politiche On.
Mazzoni (no. 626); On. Mascia, On. Forgione, On. Farina, On. Frias e On. Russo (no.
1090); On. Boato e On. Mellano (no. 1441) e On. De Zulueta (no. 2018), ma è rimasto
fermo al Senato.
Per quanto concerne l’iter parlamentare, nonostante le Raccomandazioni n. 32 del CESCR e n. 7 del CCPR, nessuna consultazione inclusiva, trasparente e partecipatoria è stata
implementata coinvolgendo la società civile .
A maggio 2007, il Disegno di legge n. 1463 venne approvato dalla Camera dei Deputati e
passato al Senato, come previsto dal sistema giuridico italiano, e in settembre assegnato
dal Presidente del Senato congiuntamente alle Commissioni Affari Costituzionali e Giustizia.
Comunque non venne mai calendarizzato e quindi mai discusso in Senato.
A giugno 2008, all’inizio della XVI Legislatura, dei nuovi Disegni di legge vennero presentati
al Senato, n. 1223 primo firmatario Sen. P. Marcenaro e alla Camera dei Deputati n. 1918,
primo firmatario On. Maran e n. 1720 primo firmatario On. Giulietti, per approdare il 20
luglio 2011 finalmente in un testo consolidato, il Disegno di legge n. 4534. Ma anche
questo tentativo non è riuscito a completare l’iter legislativo e non ha ottenuto la seconda
approvazione richiesta quella della Camera dei Deputati, dove pur avendo subito vari
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cambiamenti non si è riusciti a concludere il procedimento.
Tutto il processo, che a partire dal 2008, è andato avanti fino alla fine del 2012 non ha mai
tenuto conto né coinvolto in alcuna maniera la società civile come richiesto dagli standards
internazionali e dai Principi di Parigi.
A luglio 2011 si è concluso l’iter per l’approvazione di un disegno di legge sull’Istituzione
della Commissione nazionale per la promozione e la protezione dei diritti umani di
proposta governativa, che però ha tenuto conto di tutto il lavoro fatto in precedenza anche
da parte del Comitato. Infatti in sede di discussione uno dei relatori ha espressamente
citato il lavoro portato avanti dal 2002 ad oggi dal Comitato affinché si traducesse in realtà
questo meccanismo. L’iter legislativo comunque non si è concluso in quanto il ddl è
rimasto in discussione alla Camera dei Deputati.
Il 20 maggio 2013 viene presentato il Disegno di legge n. 1004 “ Istituzione della Commissione nazionale per la promozione e la protezione dei diritti umani” primo firmatario On. Kjalid Chouki e 82 parlamentari. Il testo ripercorre il Disegno di legge precedente con
alcune piccole modifiche; assegnato alla Commissione Affari Costituzionali è ancora in
attesa di calendarizzazione.
Il 21 giugno 2013, il Disegno di legge n. 865 “ Istituzione della Commissione nazionale per la promozione e la tutela dei diritti umani” primo firmatario Sen. Fattorini e altri 12 senatori
è stato presentato al Senato ed è ancora in attesa di essere esaminato.
Il 29 maggio 2014 è stato presentato dal Movimento 5 Stelle alla Camera il Disegno di
Legge n. 2424” Istituzione della Commissione nazionale indipendente per la promozione e
la tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali" primo firmatario Emanuele Scagliusi
e 6 parlamentari.
L’Italia, comunque, pur essendosi impegnata in maniera formale a livello internazionale a realizzare tale meccanismo, ancora oggi non si è dotata di questo strumento di democrazia
partecipativa.
Attività di supporto
Il 5 dicembre 2006, a Roma, con il fine di contribuire in modo fattivo alle procedure
istituzionali per la creazione di una istituzione nazionale indipendente in Italia, il Comitato
in collaborazione con l’Ufficio Istituzioni Nazionali dell’ Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, ha organizzato un Workshop internazionale ad alto profilo
istituzionale presso la Camera. L’evento era principalmente indirizzato ai parlamentari
italiani e alla stampa ed ha visto riuniti le Nazioni Unite, rappresentanti istituzionali italiani
e la società civile, inclusi esperti del mondo accademico ed i media.
Nel 2008, nell’ambito delle iniziative per il 60° Anniversario della Dichiarazione dei Diritti
Umani, il Comitato ha lanciato una petizione a livello nazionale di raccolta firme via
internet per la realizzazione in Italia della istituzione nazionale indipendente per i diritti
umani. Ha inoltre dato il patrocinio e partecipato alla realizzazione del film no profit All
Human Rights for All.
Dal 2008 partecipa agli incontri informali del Commissario per i Diritti Umani del Consiglio
d’Europa, Thomas Hammamberg con la società civile italiana.
Dal 2008 Il Comitato fa parte del Tavolo italiano della FRA, l’Agenzia Europea per i Diritti Fondamentali di Vienna, e diventa membro del Fundamental Rights Platform.
Nel 2009, il Comitato è stato audito presso la Commissione Straordinaria Diritti Umani del
Senato presieduta dal Sen. Pietro Marcenaro, dove sono stati illustrati il lavoro svolto in
linea con il proprio mandato statutario e una dettagliata presentazione ed analisi della
istituzione nazionale indipendente per la promozione dei diritti umani come prevista dai
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Principi di Parigi e dagli standards internazionali, alla cui realizzazione l’Italia, pur formalmente impegnata, rimane ancora inadempiente.
Sempre nel 2009, ha avuto una audizione particolare con il Defensor del Pueblo del
Ecuador, in visita in Italia, per un confronto e scambio di esperienza nell’ambito delle istituzioni nazionali indipendenti per la promozione dei diritti umani e analisi della
situazione italiana.
Il 17 giugno 2009 ha collaborato con la Commissione Interministeriale per i Diritti Umani
del Ministero per gli Affari Esteri alla organizzazione dell’incontro del direttore del FRA, Agenzia Europea per i Diritti Fondamentali, sig. Morten Kjaerum con la società civile.
Il Comitato ha inoltre partecipato nello stesso anno al Workshop nazionale sul Rapporto
italiano sulla lotta alle discriminazioni per ragioni di razza, origini etniche, religione o
credo, età, disabilità, orientamento sessuale organizzato il 29 settembre 2009 a Roma
dalla Fondazione Giacomo Brodolini.
Il 11 marzo 2010, in occasione della visita ufficiale dell’Alto Commissario per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, sig.ra Navi Pillay, il Comitato ha organizzato un incontro con la società
civile italiana presso la sede della Fondazione Basso in Roma, a cui hanno partecipato oltre
40 organizzazioni non governative, aderenti al sua rete ed esterne. In tale occasione sono
state presentate raccomandazioni specifiche da parte delle varie associazioni presenti.
Il Comitato ha partecipato come membro italiano della Piattaforma FRA per la società
civile, alla Conferenza Internazionale Paure del “diverso”. L’Europa e i diritti fondamentali, organizzata in occasione della Settimana contro il Razzismo, il 15 e 16 marzo 2010 a
Milano dalla Università degli Studi di Milano Bicocca in collaborazione con la FRA. La
conferenza si proponeva di presentare in Italia per la prima volta in ambito accademico
l’Agenzia dell’Unione Europea per i Diritti Fondamentali che ha come obiettivo centrale la lotta contro la discriminazione, il razzismo e la xenofobia.
In tale ambito, il Comitato da anni partecipa alla sua Piattaforma e funge da punto di
riferimento per la società civile per il tavolo italiano.
Nel 2010, il Comitato è stato audito presso la Commissione Straordinaria Diritti Umani del
Senato con il Presidente, Sen. Pietro Marcenaro e l’On. Vicenzo Scotti, Sottosegretario agli Affari Esteri. In tale occasione oltre alle attività del Comitato è stata presentata una
dettagliata ed approfondita descrizione della Istituzione nazionale indipendente per la
promozione e protezione dei diritti umani come indicato nei Principi di Parigi e dagli
standards internazionali.
Il 9 giugno 2010, a Ginevra, il Portavoce, Carola Carazzone (VIS), ha presentato un
discorso alla Sessione Plenaria presso il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite alla
Sessione Finale della UPR che esaminava l’Italia, sottolineando la mancanza ancora oggi in Italia di una istituzione nazionale indipendente per i diritti umani.
Nel 2011, con riferimento alla istituzione nazionale indipendente per i diritti umani, il
portavoce, Carola Carazzone, è stata audita dal Presidente della Repubblica al Quirinale.
Nel 2013 il Comitato organizza l’incontro informale con rappresentanti della società civile italiana con il nuovo Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa, Nils Muižnieks.
Ciclo di incontri seminariali “La promozione dei diritti umani: dalla teoria alla pratica” a.a. 2012-2013 in collaborazione con il Comitato Interministeriale per i Diritti Umani del
Ministero Affari Esteri e le università romane Roma Tre, Sapienza, LUISS, LUMSA, LUSPIO,
Tor Vergata e SIOI.
Conferenza internazionale conclusiva del ciclo di incontri seminariali “Centralità della
persona e tutela dei diritti umani nel mondo contemporaneo” in collaborazione con il
Ministero Affari Esteri e l’Ufficio dell’Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, Roma 12 dicembre 2012.
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Organizzazione dell’incontro della società civile con Morten Kjaerum, Direttore del FRA, in preparazione del semestre europeo dell’Italia, Roma, 12 maggio 2014.
Monitoraggi
Parallelamente alle principali attività connesse con la creazione della istituzione nazionale e
sulla base dei risultati positivi ottenuti attraverso il Rapporto Supplementare al IV
Rapporto Governativo CESCR, il Comitato, dal 2005, ha iniziato a progettare e realizzare
un sistematico processo di monitoraggio del rispetto dei diritti civili, culturali, economici e
sociali in Italia utilizzando il quadro normativo dell’ ICESCR e dell’ICCPR in una prospettiva integrata.
In tale senso è stato istituito uno specifico “Gruppo di monitoraggio” composto da 60 organizzazioni non governative ed associazioni, coordinate dal VIS con il supporto della
Fondazione Basso. La prima fase di tale esercizio di monitoraggio ha riguardato la
realizzazione, sperimentazione e applicazione di specifici strumenti tecnici.
Questi
strumenti hanno incluso la realizzazione di un quadro di riferimento per la raccolta dati, 45
schede tematiche, una tavola sinottica con la definizione integrata di tutti i diritti umani in
base alle ICESCR e ICCPR, suddivisa per argomento e sotto argomento con le relative fonti
nazionali e internazionali e documentazione reperibile.
Il 20 giugno 2007 sono stati lanciati ufficialmente i risultati del Primo Rapporto di
Monitoraggio del Comitato, lo stesso giorno in cui l’Italia è diventata formalmente uno dei 47 Stati membri del Consiglio Diritti Umani delle Nazioni Unite. La pubblicazione è
intitolata “Rapporto di monitoraggio delle Raccomandazioni al Governo italiano del Comitato ONU sui diritti economici, sociali, culturali (26 novembre 2004) e del Comitato
ONU sui diritti umani (2 dicembre 2005) in merito allo stato di attuazione da parte
dell’Italia dei Patti internazionali sui diritti economici, sociali e culturali e sui diritti civili e politici e di altri strumenti di diritto internazionale. Questo lavoro è considerato dalle
Nazioni Unite una buona pratica.
Nel 2010 è stato lanciato un secondo esercizio di monitoraggio con l’intento di fornire una prima analisi delle azioni poste in essere dal Governo italiano a seguito delle
raccomandazioni all’Italia emerse dalla sessione finale della UPR a Ginevra a giugno dello stesso anno.
Il 9 giugno 2011, allo scadere di un anno esatto dal termine della sessione finale della
UPR delle Nazioni Unite che ha visto l’Italia sotto esame, è stato lanciato ufficialmente il rapporto L’Italia ad un anno dalle raccomandazioni del Consiglio ONU per i diritti umani. Primo Rapporto di monitoraggio delle Organizzazioni Non Governative e Associazioni del
Comitato per la Promozione e Protezione dei Diritti Umani. L’uscita del rapporto intende marcare significativamente l’evento e evidenziare le misure adottate in risposta alle raccomandazioni fatte.
Il Primo Rapporto di monitoraggio delle organizzazioni non governative e associazioni del
Comitato per la promozione e protezione dei diritti umani segna il primo passo di una
iniziativa che verrà estesa nei prossimi quattro anni in attesa che l’Italia sia di nuovo chiamata dalle Nazioni Unite ad una successiva Revisione Periodica Universale.
Il Rapporto oltre ad essere stato lanciato nel corso di una conferenza stampa presso la
sede nazionale della stampa italiana, è stato oggetto di una audizione al Senato con la
partecipazione dell’On. Scotti presso la Commissione Straordinaria Diritti Umani del Senato
presieduta dal Sen. Pietro Marcenaro.
Il 9 giugno 2012, allo scadere del secondo anno dal termine della sessione finale della
UPR delle Nazioni Unite che ha visto l’Italia sotto esame, è stato lanciato ufficialmente il
rapporto L’Italia al secondo anno dalle raccomandazioni del Consiglio ONU per i diritti umani. Secondo Rapporto di monitoraggio delle Organizzazioni Non Governative e
Associazioni del Comitato per la Promozione e Protezione dei Diritti Umani. L’uscita del
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rapporto intende continuare il lavoro di evidenziazione forte dell’evento e analizzare lo stato delle misure adottate in risposta alle raccomandazioni fatte dopo due anni dalla UPR.
Nei fatti i due primi rapporti – del 2011 e 2012 – rappresentano l’unica Mid-Term Review
effettuata nel nostro Paese. Rapporto intermedio che l’Italia era tenuta a presentare ufficialmente alle Nazioni Unite, ma di cui non si è avuta alcuna notizia.
I Rapporti di monitoraggio delle organizzazioni non governative e associazioni del Comitato
per la promozione e protezione dei diritti umani costituiscono i passaggi successivi di una
iniziativa che verrà completata al termine dei quattro anni (2010-2014) quando l’Italia sia di nuovo chiamata dalle Nazioni Unite ad una successiva Revisione Periodica Universale.
Elaborazione ed invio al Consiglio Diritti Umani delle Nazioni Unite della Submission of
Information in preparazione della UPR secondo ciclo che vedrà sotto revisione l’Italia nel corso del 2014.
Rapporto di Monitoraggio finale in preparazione della UPR all’Italia 2015, in elaborazione.
Attività a livello internazionale
Dal 2008 è membro della Fundamental Rights Platform della European Union Agency for
Fundamental Rights, Vienna
Dal 2011 è Osservatore accreditato al WIPO Intergovernmental Committee on Intellectual
Property and Genetic Resources, Traditional Knowledge and Folklore (IGC)
Dal 2013 è membro dell’ EU Civil Society Platform Against Trafficking of Human Beings
A partire dal 2003, il Comitato ha partecipato a livello internazionale a:
- International NGO Coalition per l’approvazione del “Protocollo Opzionale” al Patto per i Diritti Economici, Sociali e Culturali (da novembre 2003);
- Elaborazione di un Rapporto Supplementare non governativo al IV Rapporto
Governativo presentato dall’Italia sulla implementazione del Patto per i Diritti Economici, Sociali e Culturali, novembre 2004;
- Delegazione a Ginevra all’esame di tale Rapporto, 8-26 novembre 2004;
- Elaborazione di una Submission of Information al CCPR precedente alla stesura della
List of Issues, gennaio 2005;
- Lisbon Forum 2007, Annual Forum of the North-South Centre in cooperazione con la
Venice Commission e l’Ufficio del Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa, Lisbona, 16-17 novembre 2007;
- Elaborazione congiunta con il Gruppo di Lavoro per la CRC di tre Submission of
Information su tre componenti specifiche della Convenzione CERD sulla base della List
of Issues presentata al Governo italiano alla sua 72a Sessione per l’esame del XIV e XV Rapporto periodico governativo presentato dall’Italia, Ginevra, 18 febbraio-7 marzo
2008;
- Delegazione congiunta con il Gruppo di Lavoro per la CRC (11 persone) a Ginevra
all’esame del XIV e XV Rapporto periodico governativo;; - Partecipazione alla V Tavola Rotonda delle Istituzionali Nazionali per i Diritti Umani
Europee e il Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa su “Domestic Protection
of
Human
Rights.
Strengthening
Independent
National
Structures”(Protezione domestica dei diritti umani. Rafforzamento delle strutture
nazionali indipendenti), Dublino, 16-17 Settembre 2008;
- Incontro della Piattaforma dei Diritti Fondamentali della Fundamental Rights Agency,
Vienna, 7-8 ottobre 2008;
- Second meeting of the FRA Fundamental Rights Platform, Vienna, 5-6 maggio 2009;
- 2nd Fundamental Rights Conference “Making a Reality for All”, Stoccolma 10-11
dicembre 2009;
10
- FRA Consultative Conference with the Civil Society on the Setting Up of the
Fundamental Rights Platform, Brussels, 10-11 dicembre 2007;
- Delegazione a Ginevra al Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite VII Sessione del
Gruppo di Lavoro per la Revisione Periodica Universale – Italia, 8-19 febbraio 2010;
- 3rd Meeting del FRA Fundamental Rights Platform, Vienna, 15-16 aprile 2010;
- Elezione del Coordinatore, Barbara Terenzi, come esperta, nell’Advisory Panel, of FRA, Vienna, maggio 2010, per il biennio 2010-12;
- FRA Symposium “Strengthening the fundamental rights architecture in the EU”, partecipazione al panel di Barbara Terenzi, Vienna, 7 maggio 2010;
- Delegazione al Working Group e poi alla Sessione finale a Ginevra presso il Consiglio per
i Diritti Umani delle Nazioni Unite alla Universal Periodic Review – Italy, febbraio e
giugno 2010;
- Relazione in Plenaria del Portavoce, Carola Carazzone (VIS), in Sessione Plenaria alla
Sessione finale a Ginevra presso il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite alla
Universal Periodic Review – Italy, giugno 2010;
- EU Fundamental Rights Agency’s Meeting on Access to Justice, 10-11 febbraio, Vienna;
- 4th Meeting del FRA Fundamental Rights Platform, Vienna, 14-15 aprile 2011;
- Fundamental Rights Conference “Dignity and rights of irregular migrants”, Varsavia, 2122 Novembre 2011;
- Submission of Information consolidate con il Gruppo di Lavoro per la CRC su specifiche
componenti dell’ICERD basata sulla List of Issues presentata dal Governo italianoa al CERD 80th Session considering the XVI and XVII reports presentati dall’Italia, 13 febbraio-9 marzo 2012;
- Interactive dialogue in Plenaria e Lunch Time Briefing su component specifiche
dell’ICERD basata sulla List of Issues presentata dal Governo italianoa al CERD 80th Session considering the XVI and XVII reports presentati dall’Italia, 13 febbraio-9 marzo
2012;
- International Experts Conference Pauvreté et inégalité dans les socieétés de droits
humains – le paradoxe des démocraties,organized del Consiglio d’Europa, Strasburgo, 22-23 febbraio 2012;
- 5th meeting del FRA Fundamental Rights Platform, Vienna, 14-15 Aprile 2012;
- Serie di Seminari a studenti delle Università di Roma “Promozione dei diritti umani dalla teoria alla pratica”, 2011-2012, co-organizato e tutoraggio con il Ministero degli Esteri
italiano e le Università di Roma;
- International Conference “Centrality of the Human Being and Protection of Fundamental
Rights in the contemporary World”, co-organizato con il Ministero degli Affari Esteri
italiano, l’OHCHR, il CERD e le Università di Roma, Roma, 12 dicembre 2012;;
- 6th Meeting del FRA Fundamental Rights Platform, Vienna, 24-26 Aprile 2013;
- Lancio della EU Civil Society Platform, Brussels, 31 Maggio 2013;
- Hearing on the future of migration and asylum in Europe, organized by the Social
Platform and the EU Commission, DG Home Affairs, Brussels, 3rd December 2013;
- II Meeting della EU Civil Society Platform against Trafficking in Human Beings, Brussels,
9-10 dicembre 2013;
- Conference international La Valeur de l’Europe. Croissance, employ et droits: l’Union européenne à l’épreuve, organizato dei Governi italiano e greco in preparazione del
Semestre di Presidenza dell’Italia, Camera dei Deputati, 13-14 Marzo 2014;
- OSCE Civil Society Forum, Vienna, 7-9 Aprile, 2014
- 7th meeting del FRA Fundamental Rights Platform, Vienna, 9-10 Aprile 2014;
- III Meeting della EU Civil Society Platform against Trafficking in Human Beings,
Brussels, 7-8 maggio 2014;
11
Sulla base dell’accoglimento positivo riscontrato fin dal primo rapporto presentato al
CESCR, l’Assemblea del Comitato ha deciso di:  Continuare a preparare documentazione informativa sui diritti umani in Italia per
supportare ed integrare il lavoro di advocacy portato avanti a livello istituzionale
attraverso la raccolta dati dal campo, con particolare attenzione alla realizzazione della
istituzione nazionale indipendente per la promozione e protezione dei diritti umani,
all’educazione ai diritti umani e il monitoraggio delle violazioni ai diritti umani. I diritti umani vengono intesi in tale approccio come un unicum orizzontale in cui diritti civili,
economici, culturali, sociali e politici sono considerati un intero trasversale e
interdipendente che non può essere separato o frammentato. In tale ottica, il Comitato
intende realizzare rapporti informativi da utilizzare nelle sessioni internazionali
dell’architettura dei diritti umani come presso la Unione Europea, il Consiglio d’Europa e le Nazioni Unite.
 In linea con quanto sopra, monitorare le Osservazioni Conclusive all’Italia per quanto concerne la protezione dei diritti umani preparate dai Treaty Bodies delle Nazioni Unite.
 Completare un esercizio sistematico di monitoraggio della durata di 4 anni alle
raccomandazioni all’Italia fatte nel corso della Revisione Periodica Universale del Consiglio Diritti Umani delle Nazioni Unite, concluso a giugno 2010, in preparazione del
secondo ciclo di Revisione a cui sarà sottoposta l’Italia nel 2015.
Roma, giugno 2014
[email protected]; [email protected];
Comitato per la promozione e protezione dei diritti umani
c/o Casa del Volontariato - Via F. Corridoni, 13 - 00195 Roma –
www.comitatodirittiumani.net
https://www.facebook.com/pages/Comitato-per-la-Promozione-e-Protezione-dei-DirittiUmani/374549908703
Tel. 06 486804 - Cell: 3666561467
12
Elenco delle organizzazioni non governative e associazioni aderenti al Comitato per
la Promozione e Protezione dei Diritti Umani
A.GE.
AGEDO
AGENZIA DELLA PACE
AGESCI
ANFAA
ANOLF
ANTIGONE
ARCHIVIO DISARMO
ARCHIVIO IMMIGRAZIONE
ARCI
ARCIGAY
ARTICOLO 21
ASGI-ASSOCIAZIONE STUDI GIURIDICI
SULL'IMMIGRAZIONE
ASSOCIAZIONE CAMPANARI D’ARRONE ASSOCIAZIONE ELEONORA PIMENTEL
ASSOCIAZIONE ASTRO NASCENTE
ASSOPACE
ASSOCIAZIONE SENZA CONFINI
ATD-QUARTO MONDO
AUCI
AUSER
BANCA ETICA
BE FREE
CASA DEI DIRITTI SOCIALI
CGIL
CHIAMALAFRICA
CIAI
CIPAX
CIPSI - COORDINAMENTO DI INIZIATIVE POPOLARI DI
SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALE
CIR-CONSIGLIO ITALIANO RIFUGIATI
CISL DIPARTIMENTO POLITICHE MIGRATORIE
CISMAI
CISP-COMITATO INTERNAZIONALE SVILUPPO DEI
POPOLI
CITTADINANZATTIVA
COMITATO PER I DIRITTI UMANI
COMITATO SINGH MOHINDER
COMITATO UNRWA ITALIA
DISABLE PEOPLES’ INTERNATIONAL (DPI) Italia Onlus
DONNE IN NERO
EMA
FEDERAZIONE CHIESE EVANGELICHE
FISH-FEDERAZIONE ITALIANA PER IL SUPERAMENTO
DELL’HANDICAP
FONDAZIONE CENTRO ASTALLI
FONDAZIONE INTERNAZIONALE DON LUIGI DI LIEGRO
FONDAZIONE BASSO-SEZIONE INTERNAZIONALE
FONDAZIONE LABOS
FVGS
GIOVANI PER UN MONDO UNITO
GRUPPO MARTIN BUBER
ICS-CONSORZIO ITALIANO DI SOLIDARIETÀ ‘
IISMAS-ISTITUTO INTERNAZIONALE SCIENZE MEDICHE
ANTROPOLOGICHE E SOCIALI –
IMS –INTERNATIONAL MEDICINE SOCIETY
INTERSOS
INTERVITA
IRMA
ISTITUTO COOPERAZIONE ECONOMICA
INTERNAZIONALE
ISTITUTO DI MEDICINA DEL SOCCORSO
LABORATORIO DIRITTI UMANI
LA GABBIANELLA
LAW-LEGAL AID WORLDWIDE
LEGAMBIENTE
LEGA INTERNAZIONALE PER I DIRITTI E LA
LIBERAZIONE DEI POPOLI
LIBERA
MED.EA
MEDICI CONTRO LA TORTURA
MEDICI PER I DIRITTI UMANI
MOVIMONDO
OLTRE BABELE
OSSIGENO INFORMAZIONE
PAXCHRISTI
PONTE DELLA MEMORIA
PRO.DO.C.S.
PROGETTO CONTINENTI
RETE EDUCARE AI DIRITTI UMANI
SAVE THE CHILDREN ITALIA ONLUS
TERRE DES HOMMES
UBI MINOR
UDI-UNIONE DONNE IN ITALIA
UIL
UNICEF ITALIA
UNIONE FORENSE PER LA TUTELA DEI DIRITTI UMANI
UNITS
VIDES INTERNAZIONALE
VIS-VOLONTARIATO INTERNAZIONALE PER LO SVILUPPO
WILPF-WOMEN’S INTERNATIONAL LEAGUE FOR PEACE AND FREEDOM.
e con la collaborazione di
AMNESTY INTERNATIONAL
FOCSIV
MANI TESE
MEDICI SENZA FRONTIERE
13
14
INTRODUZIONE
Con il lancio del rapporto quadriennale “L'Italia a quattro anni dalle raccomandazioni del
Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani: Rapporto di monitoraggio delle Organizzazioni
Non Governative e Associazioni del Comitato per la Promozione e Protezione dei Diritti Umani,
2011-2014”, che conclude e contiene i dati raccolti con il lavoro di monitoraggio portato avanti nel corso di questi quattro anni a partire dalle Raccomandazioni UPR all’Italia, le ONG e
associazioni aderenti al Comitato hanno inteso sottolineare con un contributo concreto e
positivo la significativa ricorrenza del 9 giugno 2010, anche in considerazione della mancanza
nel nostro Paese di una Istituzione nazionale indipendente per i diritti umani in linea con le
risoluzioni delle Nazioni Unite del 1993, del Consiglio d’Europa del 1997 e i cosiddetti Principi di Parigi.
Per correttezza di informazione, desideriamo evidenziare che la rilevazione dei dati, partita nel
giugno 2010 si è conclusa a marzo 2014. Quindi, pur rendendo pubblici i risultati a giugno
2014, nel rispetto della scadenza mensile, i dati si riferiscono fino a tale data.
A quattro anni dall'adozione, il 9 giugno del 2010, nei confronti dell’Italia delle raccomandazioni da parte Consiglio delle Nazioni Unite per i Diritti Umani nell’ambito della Revisione Periodica Universale (UPR) e dopo aver assunto, a partire dal 2007 per ben due
mandati consecutivi l’incarico come uno dei 47 Stati membri del Consiglio delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, la rete delle 89 organizzazioni e associazioni italiane del Comitato intende
dare un contributo concreto ad una nuova consapevolezza della centralità dei diritti umani, alla
divulgazione di una cultura diffusa e alla elaborazione di una politica sistematica, coerente,
trasparente e partecipata per la realizzazione di tutti i diritti umani per tutti.
A giugno 2011, al termine del primo anno di monitoraggio sistematico del Comitato, il Primo
Rapporto fu presentato ufficialmente presso la Federazione Nazionale della Stampa Italiana.
Nuovamente a giugno 2012 il Secondo Rapporto di Monitoraggio sempre presentato
ufficialmente presso la Federazione Nazionale della Stampa Italiana ha voluto segnare lo
scadere del secondo anno di monitoraggio, unico esercizio in tale senso, ed ha mirato a
chiedere al Governo di preparare, seguendo l'esempio di altri paesi dell'Unione Europea, un
Rapporto di Follow Up a medio termine, di renderlo pubblico inviandolo all'Ufficio dell'Alto
Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani e di promuovere la diffusione in Italia dei
contenuti delle raccomandazioni e del meccanismo di Revisione Periodica Universale (UPR).
Il processo di Revisione Periodica Universale rappresenta un’occasione unica di riflessione e condivisione e il presente rapporto insieme ai due precedenti, lungi dal rappresentare una
mera denuncia delle carenze e delle inadempienze del nostro Paese in materia di diritti umani,
intendendo contribuire ad instaurare un dialogo, puntuale e costruttivo, con le istituzioni e
sollecitare e collaborare allo sviluppo di strategie, politiche e azioni di rafforzamento della
promozione e protezione dei diritti umani in Italia.
I tre rapporti nel loro insieme vogliono costituire un esempio, forse migliorabile, di un progetto
di monitoraggio con cadenza annuale all’interno del ciclo quadriennale della UPR, frutto di un processo di ricerca, discussione, partecipazione e crescita della società civile italiana, che può
essere inteso come una buona pratica scaturita dal basso e replicabile anche in assenza di
risorse finanziarie significative.
E’ il risultato di uno sforzo congiunto delle organizzazioni aderenti al Comitato compiuto - come
in passato – anche con la partecipazione di alcune organizzazioni esterne alla rete e di esperti
indipendenti. Esprime così una posizione condivisa di molte ONG ed esperti, diverse per
origine, background e expertise, unite nell’obiettivo di utilizzare come strumenti di sensibilizzazione, di advocacy e di dialogo i meccanismi che il sistema ONU dei diritti umani –
e, in particolare, in questa sede, la UPR - offre alla società civile.
15
Il Consiglio delle Nazioni Unite per i Diritti Umani ha chiesto1 al Governo italiano di “stabilire un procedimento efficace e inclusivo per dare seguito alle raccomandazioni della UPR tenendo in
conto che la attiva partecipazione della società civile è essenziale per un processo di revisione
che abbia valore; di consultare e coinvolgere la società civile nel dare seguito alla UPR inclusa
la realizzazione delle raccomandazioni”.
In tale senso, abbiamo ritenuto, a fianco del lavoro di monitoraggio, che la traduzione in lingua
italiana dei documenti fondamentali della UPR costituisse un contributo importante del
processo di Revisione Periodica Universale e per questo costituisce una parte rilevante di Primo
e del Secondo Rapporto di monitoraggio.
Infatti il Comitato considera la traduzione in lingua italiana una conditio sine qua non per la
diffusione e divulgazione dei contenuti della Revisione Periodica Universale presso l’opinione pubblica italiana al fine di innescare un processo partecipativo ed inclusivo di monitoraggio e
attuazione delle raccomandazioni del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani. Così nel
corso di questi quattro anni di monitoraggio, ha intrapreso un lavoro di traduzione propria non
ufficiale, messa a disposizione di tutti gratuitamente.
Purtroppo però nell’offrire le proprie traduzioni non ufficiali, il Comitato nota con dispiacere che purtroppo ancora oggi manca una traduzione ufficiale o la pubblicazione e divulgazione da
parte del Governo delle raccomandazioni ricevute dai vari organismi del sistema diritti umani
delle Nazioni Unite.
Come già buona pratica del Comitato per le osservazioni conclusive e le raccomandazioni al
Governo italiano da parte degli Organi basati sui trattati, sono stati nel corso di questi anni da
noi tradotti in italiano, nell’ambito dell’esercizio di monitoraggio, i documenti fondamentali
della Revisione Periodica Universale in particolare:
-
il Rapporto compilativo elaborato dall'Ufficio dell'Alto Commissario per i diritti umani;
il Rapporto riassuntivo dei portatori di interessi anch’esso elaborato dall'Ufficio dell'Alto Commissario per i Diritti Umani;
il Rapporto del Gruppo di Lavoro sulla Revisione Periodica Universale (Sintesi degli atti
del processo di revisione: A. Relazione dello Stato sotto revisione; B. Dialogo interattivo
e risposte dello Stato sotto revisione; Conclusioni e raccomandazioni);
l’Addendum con le opinioni sulle conclusioni e raccomandazioni, impegni volontari e
risposte presentate dallo Stato sotto revisione.
Osservazioni conclusive ei Comitato delle Nazioni Unite CEDAW 2011, CERD 2012 e CRC
2011.
Che cosa è la Revisione Periodica Universale (UPR)?
La Revisione Periodica Universale (Universal Periodic Review -UPR) è uno dei meccanismi di
monitoraggio dei diritti umani a livello paese più importanti del sistema di promozione e
protezione dei diritti umani delle Nazioni Unite.
Istituito nel 2008 nell’ambito di una serie di riforme del sistema è una delle prerogative del
nuovo Consiglio ONU per i diritti umani a Ginevra ed ha per obiettivo la valutazione periodica
(ogni 4 anni) dei progressi compiuti in materia di diritti umani da tutti gli stati membri ONU.
Si tratta di una revisione tra pari (Peer Review) cooperativa ed intergovernativa che si inserisce
nell’ambito delle prerogative del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani che appunto è l’organo intergovernativo costituito da 47 Stati Membri eletti per 3 anni che nel 2006 ha sostituito la vecchia Commissione per i diritti umani.
Quali Stati riguarda?
Il meccanismo esamina periodicamente ciascuno dei 192 Paesi membri delle Nazioni Unite,
1
Rapporto del Gruppo di Lavoro sulla Revisione Periodica Universale –UPR (A/HRC/14/4 18 marzo 2010), adottato dal
Consiglio Diritti Umani il 9 giugno 2010 con decisione 14/103, raccomandazione n.92.
16
indipendentemente dalla ratifica dei trattati internazionali e anche in base agli impegni assunti
a livello politico (Voluntary Pledges). Il primo ciclo è iniziato nel 2008, ha esaminato 48 stati
all’anno e terminerà ad ottobre 20112.
Come funziona?
Semplificando, l’istruttoria è basata su 3 documenti sintetici:
1) il rapporto del Governo;
2) il rapporto compilativo, elaborato dall'ufficio dell'Alto Commissario per i diritti umani, di
sintesi di tutte le raccomandazioni ricevute da parte di organi delle Nazioni Unite che hanno
riguardato il Paese negli ultimi 4 anni;
3) il rapporto riassuntivo, elaborato dall'ufficio dell'Alto Commissario per i diritti umani, di
sintesi di tutte le informazioni pervenute da parte di ONG, agenzie ONU e organizzazioni
internazionali riguardo alla situazione diritti umani nel Paese.
Il “dibattimento” si svolge in due tempi.
In una sessione del Gruppo di Lavoro per la UPR della durata di 3 ore a cui partecipano tutti i
47 stati membri del Consiglio Diritti Umani e tutti gli stati membri delle Nazioni Unite
interessati. Le 3 ore sono suddivise in massimo 40 minuti a disposizione dello Stato Sotto
Revisione (SUR) per la presentazione del proprio rapporto; 2 ore di dialogo costruttivo in cui gli
stati del Consiglio e gli stati membri delle Nazioni Unite possono chiedere la parola per fare
domande e raccomandazioni; 20 minuti di commenti conclusivi da parte del SUR.
Al termine della sessione del Gruppo di Lavoro per la UPR viene adottato un rapporto con
raccomandazioni specifiche per il Paese sotto revisione. Il Paese ha tempo fino alla sessione
plenaria successiva del Consiglio (di norma 2-3 mesi dopo) per dichiarare quali
raccomandazioni accetta e quali rifiuta, in questo caso motivando, e può farlo o per iscritto
prima della plenaria oppure oralmente durante la plenaria stessa.
Nel corso della sessione plenaria, il Consiglio dedica, sotto l’item 6 dell’agenda, un’ora di dibattito al Paese Sotto Revisione al termine della quale fa proprio il rapporto del Gruppo di
Lavoro specificando l’accettazione o rigetto delle raccomandazioni da parte del SUR. L’ora di dibattito in plenaria è suddivisa in 20 minuti allo Stato sotto revisione, 20 agli altri Stati come
Stati raccomandanti e 20 minuti alle Istituzioni nazionali indipendenti per i diritti umani e
organizzazioni non governative con status consultivo ECOSOC.
L’Italia è stata esaminata nel corso della Settima Sessione del Gruppo di Lavoro sulla Revisione
Periodica Universale (8-19 febbraio 2010) e poi nella Quattordicesima Sessione Plenaria, item
6 dell’Agenda del Consiglio Diritti umani, il 9 giugno 2010. Il Governo italiano ha opportunamente deciso di rispondere per iscritto con l’Addendum del 31 maggio alle raccomandazioni ricevute nel Rapporto del Gruppo di Lavoro sulla Revisione Periodica
Universale.
Il Comitato per la Promozione e Protezione dei diritti umani è stato presente a Ginevra con una
sua delegazione sia alla Sessione del Gruppo di Lavoro sia a quella plenaria e, in quest’ultima sede, ha presentato uno Statement orale3, uno dei dieci ammessi.
Un valore aggiunto del processo di Revisione Periodica Universale è costituito dalla sinteticità di
insieme dei documenti prodotti e dalla trasparenza e pubblicità della procedura. Tutti i
documenti sono disponibili nelle lingue ufficiali delle Nazioni Unite nel sito dell’Ufficio dell’Alto Commissario per i diritti umani e tutte le sessioni sono videoregistrate e visibili le registrazioni
su http://www.un.org/webcast/unhrc/index.asp
Partecipazione delle organizzazioni non governative alla revisione periodica universale
La UPR offre un’importante piattaforma di dialogo ed advocacy alle organizzazioni non
governative e associazioni a tutti i livelli: locale, nazionale ed internazionale.
2
Si segnalano il sito dell’Ufficio dell’Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite www.ohchr.org e il sito web
di un’organizzazione non governativa di Ginevra www.upr-info.org che ad aprile 2010 ha lanciato un database
aggiornato dove è possibile fare ricerche incrociate sia per Stato Sotto Revisione (SUR) e Stato Raccomandante
(Recommending State) sia per temi e sessioni di revisione.
3
Intervento alla Quattordicesima Sessione Plenaria del Comitato Diritti Umani delle Nazioni Unite del Portavoce del
Comitato per la promozione e protezione dei diritti umani, Carola Carazzone, VIS – Volontariato Italiano per lo
Sviluppo, Ginevra, 9 giugno 2010.
17
Tutte le ONG possono partecipare inviando informazioni alternative che verranno tenute in
considerazione nella redazione del Rapporto riassuntivo da parte dell’Ufficio dell’Alto Commissario. Le ONG con status consultivo ECOSOC, inoltre, possono assistere sia alla
sessione del Gruppo di Lavoro per la UPR sia alla sessione plenaria del Consiglio Diritti Umani
e, in quest’ultima sede, prendere la parola in merito a quanto presentato dai propri governi nazionali con statement orali che rimangono agli atti e sono videoregistrati.
Il Follow Up della UPR negli altri Paesi
La maggior parte degli Stati sotto revisione durante il 2008 hanno prodotto un Rapporto di
Follow Up a medio termine che certifica lo stato di avanzamento nella attuazione delle
raccomandazioni del Consiglio Diritti Umani delle Nazioni Unite a due anni dalla UPR:
Argentina, Bahrain, Bolivia, Cile, Colombia, Ecuador, Finlandia, Francia, Giappone, Mauritius,
Paesi Bassi, Romania, Ucraina, Regno Unito. Il termine del biennio è stato infatti considerato,
nella prassi dei governi nazionali, un tempo sufficiente ad approntare un bilancio
dell’adeguamento alle raccomandazioni del Consiglio Diritti Umani.
Il rapporto intermedio ha visto Paesi produrre dossier di ampio respiro in cui, accanto alla mera
elencazione degli interventi legislativi avanzati in osservanza delle raccomandazioni ricevute ed
accettate, si trova l’adozione di Piani di azione governativa per la promozione e protezione dei diritti umani. Come è accaduto per il Bahrain che ha prodotto un rapporto intermedio con il
coinvolgimento tripartito del Governo, della Istituzione nazionale indipendente per i diritti
umani e delle organizzazioni non governative.
Altri esempi di eccellenza si trovano nei Mid-Term Report di Norvegia, Francia, Polonia, Gran
Bretagna e Svizzera. In quest’ultimo caso, inoltre, il coinvolgimento della società civile è presentato come asse portante nell’elaborazione del monitoraggio. Gli esempi di Gran Bretagna e Francia, poi, mostrano come la presenza di un’istituzione nazionale indipendente per la promozione e protezione dei diritti umani in linea con i Principi di Parigi possa risultare
fondamentale nella stesura del rapporto medesimo (è il caso dell’Equality and Human Rights Commission inglese) o nell’attività di advocacy e vigilanza dell’operato governativo (per la Commission nationale consultative des droits de l’homme in Francia).
Dal punto di vista strutturale, infine, occorre segnalare che la valorizzazione dell’operato dei governi procede di pari passo al grado di completezza vantato dai rapporti.
Molti Paesi dell’Unione Europea hanno prodotto documenti che riportano sia il testo integrale
delle raccomandazioni ricevute sia il riferimento all’accettazione - anche parziale - o al
respingimento delle stesse, salvo poi inserire un terzo intervento sull’aggiornamento in materia di diritti umani concluso nel biennio preso a riferimento.
La forma e l’impostazione di questi schemi di Rapporti di Follow Up a medio termine costituisce
un elemento ulteriore da tenere in considerazione per l’efficacia dei monitoraggi intermedi. Al termine di questo lungo percorso di 4 anni, desideriamo condividere i risultati del grande
sforzo fatto da tutti noi, organizzazioni non governative e associazioni aderenti al Comitato per
la promozione e protezione dei diritti umani, organizzazioni non governative e associazioni
esterne al Comitato ma che hanno generosamente contribuito al lavoro, esperti indipendenti ed
infine amici che nel lungo percorso ci hanno sostenuto ed hanno apprezzato il lavoro
comunque portato avanti.
A tutti un grande ringraziamento ed incoraggiamento a non lasciarsi sgomentare dall’impresa. In ogni caso ne vale la pena ed è importante soprattutto per quelli che verranno con l’intento di salvaguardare quella democrazia partecipativa in cui tutti noi crediamo e che si esprime al
massimo nella promozione e protezione dei diritti umani di tutti, dovunque ci si trovi e in
qualsiasi situazione contingente.
Infine, questo lavoro vuole anche essere un augurio affinchè pure il nostro Paese possa portare
avanti con orgoglio e soddisfazione una politica per i diritti umani ricca e generosa che guardi
alla loro promozione e protezione per la costruzione di una realtà che sia veramente
pluralistica, democratica e consapevole della importanza di far sviluppare e crescere le proprie
risorse umane e materiali per un domani migliore e giusto per tutti.
18
NOTA METODOLOGICA
Sulla base della esperienza precedente maturata nel 2007 dal Comitato con il Monitoraggio
delle raccomandazioni ricevute dal Comitato ONU sui diritti economici, sociali e culturali e dal
Comitato ONU sui diritti umani, il primo gruppo di lavoro - nel 2010 all’inizio dell’esercizio di monitoraggio - ha proceduto alla identificazione e allo studio dei materiali esistenti relativi ad
esperienze di Follow Up da parte di Stati membri che erano stati già sottoposti alla procedura
della Revisione Periodica Universale con l’intento di identificare buone pratiche ed esempi concreti utilizzati.
La selezione dei Paesi esaminati ha seguito il criterio dell’area geografica e il criterio temporale, in attesa di ampliare la campionatura in una fase successiva del monitoraggio.
Oltre alla identificazione dei paesi la ricerca è stata focalizzata alla identificazione dell’esistenza di esercizi di monitoraggio da parte di essi, della metodologia impiegata, degli attori che hanno
partecipato all’esercizio e del periodo di tempo preso in considerazione.
La prima fase di studio comparato è stata successivamente integrata da un attento lavoro di
analisi delle 92 raccomandazioni fatte all’Italia sulla base della scala di Mac Mahon 4. In base a
questo tipo di scala le raccomandazioni ricevute dal Consiglio Diritti Umani possono essere
ordinate in modo decrescente dal massimo al minimo impegno richiesto al Paese Sotto
Revisione: azione specifica (5), azione generica (4), considerare un’azione (3), continuare
un’azione (2), azione minima (1).
L’analisi in base alla scala di Mac Mahon è stata poi integrata da un successivo lavoro di elaborazione di una prima proposta di raggruppamento/clustering che potesse fungere da
griglia dentro la quale poter iniziare l’effettivo monitoraggio rispetto all’adempimento da parte dell’Italia e alla definizione della situazione in atto rispetto alle varie raccomandazioni formulate.
Costruito il quadro metodologico entro il quale far poi confluire il materiale di analisi in una
tavola sinottica delle raccomandazioni ricevute dal Consiglio Diritti Umani e risposte del
Governo italiano, le 92 raccomandazioni sono state analizzate dagli esperti delle singole
organizzazioni non governative e associazioni del Comitato secondo una logica di
expertise/competenza specifica dell’ente di appartenenza in modo da effettuare un approfondimento tecnico della materia in questione.
Questo impianto ideato e disegnato a monte di tutto il lavoro, ha continuato a seguire tutta
l’elaborazione dei dati portata avanti nel corso di questi quattro anni ed è alla base
dell’approccio applicato, nella speranza di aver tracciato un percorso utilizzabile anche da altri per una ricchezza di dati sempre più ampia e condivisibile in un discorso di costruzione
democratica del nostro Paese.
4
Si veda UPR-INFO.ORG PROMOTING AND STRENGTHENING THE UNIVERSAL PERIODIC REVIEW www.upr-info.org e
in particolare UPR-INFO.ORG “Analytical assessment of the UPR 2008-2010” e Edward McMahon, “Herding Cats and
Sheep: Assessing State and regional behavior in the Universal Periodic Review Mechanism of the United Nations
Human Rights Council”, July 2010
19
GLOSSARIO
CAT
Convenzione ONU contro la tortura e altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o
degradanti
CCPR
Comitato ONU per i diritti umani, istituito dal Patto Internazionale sui diritti civili e
politici
CEDAW
Convenzione ONU per l’eliminazione della discriminazione conto le donne
CEDU
Convenzione Europea per i diritti umani
CERD
Convenzione ONU per l’eliminazione della discriminazione razziale
CESCR
Comitato ONU per i diritti economici, sociali e culturali
CIDU
Comitato Interministeriale per i diritti umani
CMW
Convenzione ONU sui diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro
famiglie
CRC
Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza
ECOSOC
Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite
ICCPR
Patto Internazionale sui diritti civili e politici
ICESCR
Patto Internazionale sui diritti economici, sociali e culturali
ILO
Organizzazione Internazionale del Lavoro
OHCHR
Ufficio dell’Alto Commissario per i diritti umani
UPR
Universal Periodic Review
20
GRUPPO DI LAVORO III RAPPORTO DI MONITORAGGIO
Il presente rapporto di monitoraggio è stato realizzato con il contributo di:
Luisa Bosisio Fazzi (FISH),
Simonetta Capobianco (FISH),
Silvana Cappuccio (CGIL),
Carola Carazzone,
Chiara Curto (UNICEF Italia),
Alberta del Bianco (Ossigeno per l’Informazione),
Luisa del Turco,
Tana De Zulueta (Articolo 21),
Celina Frondizi (ASGI),
Dina Galano (Antigone),
Ilenia Granitto (Law Legal Aid WorldWide),
Maurizio Gressi,
Ginevra Grieco(Law Legal Aid WorldWide),
Giampiero Griffo (Disabled Peoples’ International Italia, FISH)
Laura Guercio (Law Legal Aid WorldWide),
Yuri Guaiana (Associazione Radicale Certi Diritti),
Alessandra Mancuso (Gi.U.Li.A, Giornaliste),
Emanuela Marri (PRO.DO.C.S.),
Francesca Pasquini,
Maria Egizia Petroccione (CINI),
Carol Pizzuti (VIS - Volontariato Internazionale per lo Sviluppo),
Vittoria Pugliese (Save the Children Italia e Gruppo di Lavoro per la Convenzione sui diritti
dell’infanzia e dell’adolescenza CRC),
Francesco Quarta (Libera),
Rossella Ricchiuti (Ossigeno per l’Informazione),
Debora Sanguinato,
Antonia Sani (WILPF Italia),
Arianna Saulini (Save the Children Italia e Gruppo di Lavoro per la Convenzione sui diritti
dell’infanzia e dell’adolescenza CRC),
Piero Soldini (CGIL),
Alberto Spampinato (Ossigeno per l’Informazione), Patrizia Sterpetti, (WILPF Italia),
Loredana Taddei (CGIL),
Alessandra Tarquini (VIS-Volontariato Internazionale per lo Sviluppo),
Barbara Terenzi (Fondazione Basso – Sezione Internazionale),
Maria Gigliola Toniollo (CGIL),
Jean Tonglet (ATD Quarto Mondo),
Monica Usai (Libera),
Giovanna Zunino (CGIL)
Coordinamento ricerca e rapporto:
Barbara Terenzi (Fondazione Basso – Sezione Internazionale),
Gruppo di redazione:
Celina Frondizi (ASGI),
Barbara Terenzi (Fondazione Basso – Sezione Internazionale),
Riproduzione del rapporto:
CGIL, Roma, che si ringrazia per il suo contributo alla riproduzione del presente rapporto
Comunicazione:
Alessandra Tarquini
VISITATE IL SITO del Comitato Promozione e Protezione dei Diritti Umani:
http://www.comitatodirittiumani.net
21
GRUPPO DI LAVORO II RAPPORTO DI MONITORAGGIO
Il II Rapporto di monitoraggio è stato realizzato con il contributo di:
Alberto Barbieri (MEDU),
Filippo Caliento (LIBERA),
Silvana Cappuccio (CGIL),
Carola Carazzone (VIS- Volontariato Internazionale per lo Sviluppo),
Tana De Zulueta (Articolo 21),
Celina Frondizi (ASGI),
Dina Galano (Antigone),
Oria Gargano (BE FREE),
Patrizio Gonnella (Antigone),
Ilenia Granitto (Law Legal Aid WorldWide),
Irene Biglino (Il Laboratorio Diritti Fondamentali)
Laura Guercio (LAW),
Anthony Olmo (Il Laboratorio Diritti Fondamentali)
Maria Egizia Petroccione (CINI),
Vittoria Pugliese (Save The Children Italia e Gruppo di Lavoro per la Convenzione sui diritti
dell’infanzia e dell’adolescenza), Gianni Restivo (ATD Quarto Mondo),
Debora Sanguinato (VIS-Volontariato Internazionale per lo Sviluppo),
Antonia Sani (WILPF Italia),
Patrizia Sterpetti, (WILPF Italia),
Alessandra Tarquini (VIS-Volontariato Internazionale per lo Sviluppo),
Barbara Terenzi (Fondazione Lelio Basso – Sezione Internazionale),
Maria Paola Tini (Fondazione Lelio Basso – Sezione Internazionale)
Si ringrazia la CGIL per il suo contributo alla riproduzione del rapporto
Coordinamento:
Carola Carazzone (VIS- Volontariato Internazionale per lo Sviluppo)
Debora Sanguinato (VIS-Volontariato Internazionale per lo Sviluppo)
Barbara Terenzi (Fondazione Basso – Sezione Internazionale)
Organizzazione ricerca:
Debora Sanguinato (VIS-Volontariato Internazionale per lo Sviluppo)
Barbara Terenzi (Fondazione Basso – Sezione Internazionale)
Gruppo di redazione:
Carola Carazzone (VIS-Volontariato Internazionale per lo Sviluppo),
Debora Sanguinato (VIS-Volontariato Internazionale per lo Sviluppo),
Barbara Terenzi (Fondazione Basso – Sezione Internazionale),
Maria Paola Tini (Fondazione Basso – Sezione Internazionale)
Riproduzione del rapporto:
CGIL, Roma
Comunicazione:
ALESSANDRA TARQUINI
[email protected]
VISITATE IL SITO del Comitato Promozione e Protezione dei Diritti Umani:
http://www.comitatodirittiumani.net
22
GRUPPO DI LAVORO I RAPPORTO DI MONITORAGGIO
Il I rapporto di monitoraggio è stato realizzato con il contributo di:
Laura Baldassarre (UNICEF Italia),
Sergio Bassoli (CGIL),
Filippo Caliento (LIBERA),
Carola Carazzone (VIS- Volontariato Internazionale per lo Sviluppo),
Chiara Curto (UNICEF Italia),
Kurosh Danesh (CGIL),
Tana De Zulueta (Articolo 21),
Celina Frondizi (ASGI),
Dina Galano (Antigone),
Federica Giannotta (Terre des hommes – Italia),
Patrizio Gonnella (Antigone),
Ilenia Granitto (Law Legal Aid WorldWide),
Paola Gumina (La Gabbianella),
Laura Hein (Unione Forense per la Tutela dei Diritti Umani),
Angela Maria Loreto (Ius Primi Viri),
Gabriella Patriziano (VIS- Volontariato Internazionale per lo Sviluppo),
Antonia Sani (WILPF Italia),
Arianna Saulini (Save The Children Italia e Gruppo di Lavoro per la Convenzione sui diritti
dell’infanzia e dell’adolescenza),
Debora Sanguinato (VIS-Volontariato Internazionale per lo Sviluppo),
Alessandra Tarquini (VIS-Volontariato Internazionale per lo Sviluppo),
Barbara Terenzi (Fondazione Lelio Basso – Sezione Internazionale),
Maria Paola Tini (Fondazione Lelio Basso – Sezione Internazionale)
Luca Trentini (Arcigay)
Si ringrazia Maria Egizia Petroccione, del CINI, Comitato Italiano Network Internazionali, per il
suo contributo nel monitoraggio delle raccomandazioni n°90 e 91.
Si ringrazia la CGIL per il suo contributo alla riproduzione del rapporto.
Coordinatrice del rapporto:
Carola Carazzone (VIS- Volontariato Internazionale per lo Sviluppo)
Organizzazione ricerca:
Barbara Terenzi (Fondazione Basso – Sezione Internazionale)
Gruppo di redazione:
Carola Carazzone (VIS-Volontariato Internazionale per lo Sviluppo),
Luisa Meneghetti (Università di Padova),
Gabriella Patriziano (VIS- Volontariato Internazionale per lo Sviluppo),
Debora Sanguinato (VIS-Volontariato Internazionale per lo Sviluppo),
Barbara Terenzi (Fondazione Basso – Sezione Internazionale),
Maria Paola Tini (Fondazione Basso – Sezione Internazionale)
Riproduzione del rapporto:
CGIL, Roma
Comunicazione:
ALESSANDRA TARQUINI
[email protected]
VISITATE IL SITO del Comitato Promozione e Protezione dei Diritti Umani:
http://www.comitatodirittiumani.net
23
24
TERZO MONITORAGGIO DELLE RACCOMANDAZIONI
DEL CONSIGLIO DIRITTI UMANI NELL’AMBITO DELLA REVISIONE PERIODICA UNIVERSALE (UPR)
1. Diritti Civili e Politici e strumenti internazionali, Racc. 1-10
In merito alle Raccomandazioni 1 e 3, l’Italia ha firmato il “Patto internazionale sui diritti civili e politici” (International Covenant on Civil and Political Rights) il 18 Gennaio 1967 e lo ha
ratificato il 15 Settembre 1978. Nel 2005 sono state ritirate le riserve relative ai seguenti
articoli: art. 9, par. 5;; art. 12, par. 4;; art. 14, par. 5. Permangono invece quelle relative all’art. 14, par. 3;; all’art. 15, par. 1 e all’ art. 19, par. 3. 5
Nonostante le richieste avanzate nella Raccomandazione 2, l’Italia non ha ancora firmato né ratificato la “Convenzione internazionale di tutela dei diritti di tutti i migranti lavoratori e delle
loro famiglie” (International Convention on the Protection of the Rights of All Migrant Workers
and Members of Their Families). Se nel prossimo futuro le politiche migratorie dell’UE e dell’Italia non subiranno mutamenti significativi, l’attuazione di tale Raccomandazione si farà
sempre più irrealizzabile: a livello europeo, infatti, ancora non si è giunti a un accordo
relativamente alla firma e alla ratifica della Convenzione, e a livello nazionale permane ancora
una distinzione tra lavoratori migranti regolari e irregolari, distinzione non presente invece
all’interno della Convenzione, che rende praticamente impossibile sia la firma sia la ratifica della stessa.
In merito alla Raccomandazione 4 e al primo punto della Raccomandazione 6, il Governo
italiano ha ratificato il “Protocollo opzionale alla Convenzione contro la tortura ed altre pene o
trattamenti crudeli, inumani o degradanti ” (Optional Protocol to the Convention against
Torture and other Cruel, Inhuman or Degrading Treatment or Punishment) il 3 Aprile 20136.
Benché all’interno del Protocollo sia specificato che lo Stato Membro debba costituire “al massimo entro un anno dall'entrata in vigore del presente Protocollo o dal momento della sua
ratifica o adesione, uno o più meccanismi nazionali indipendenti di prevenzione della tortura a
livello interno” (Art. 17), l’Italia non ha ancora provveduto a crearne uno. Ciò significa che in
Italia non esiste, ora, un organismo indipendente che possa visitare e ispezionare i luoghi di
detenzione, inclusi i centri per migranti e richiedenti asilo e quelli in cui vivono minoranze
nazionali e persone con disabilità, per verificare che non vi si pratichi tortura o trattamenti
crudeli, inumani o degradanti.
È inoltre necessario aggiungere che, nonostante l’Italia abbia firmato la “Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti” il 4 febbraio 1985 e
l’abbia ratificata il 12 gennaio 1989, il nostro Governo non ha ancora introdotto il reato di
tortura, così come definito dall’articolo 1 della Convenzione, nel Codice Penale italiano –
contravvenendo così alle richieste avanzate nella Raccomandazione 8. Nelle Risposte del
Governo italiano alle Raccomandazioni tale assenza è stata giustificata con queste parole: “Sia
il quadro costituzionale che giuridico puniscono già gli atti di violenza fisica e morale sulle
persone sottoposte a restrizioni della libertà personale”. Tale affermazione risulta, a oggi,
inqualificabile: il legislatore italiano non solo sembra dimostrare indifferenza rispetto ai richiami
della più recente giurisprudenza, ma sembra anche cieco riguardo ai fatti di cronaca italiani
degli ultimi anni. Tutto ciò non causa altro che un sostanziale ristagno in materia di
prevenzione e condanna di ogni forma di tortura e trattamento inumano e degradante nel
nostro Paese.
Relativamente alla Raccomandazione 5 e al secondo punto della Raccomandazione 6, l’Italia non ha ancora ratificato la “Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone
5
6
“VII Relazione al Parlamento sull’attività svolta dal Comitato Interministeriale dei Diritti Umani nonché sulla tutela e
rispetto dei Diritti Umani in Italia per l’anno 2005”, Ministero degli Affari Esteri - Comitato Interministeriale dei Diritti
Umani, Roma, 2006
https://treaties.un.org/Pages/ViewDetails.aspx?src=TREATY&mtdsg_no=IV-9-b&chapter=4&lang=en
25
dalla sparizione forzata” (International Convention for the Protection of All Persons from
Enforced Disappearance). Nonostante la Convenzione sia stata firmata dal governo italiano il 3
luglio 20077, la proposta di legge "Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite
per la protezione di tutte le persone dalla sparizione forzata, adottata a New York il 20
dicembre 2006" (Atto Camera 1374) è stata presentata solo il 18 Luglio 2013 ed è, oggi,
ancora in fase di assegnazione8. Considerando, inoltre, che ogni sparizione forzata viola una
serie di diritti umani9, tra cui il diritto a non essere sottoposto a tortura o ad altri trattamenti o
pene crudeli, inumani o degradanti ed il diritto a condizioni umane di detenzione, la mancata
ratifica della Convenzione in questione si connette anche all’inosservanza delle Raccomandazioni 4 e 8.
L’Italia ha approvato con la Legge n. 108/10 del 2 luglio 2010 la “Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani, fatta a Varsavia
il 16 maggio 2005, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno”. Tale
provvedimento è entrato in vigore il 30 luglio 2010 ed è apparso sulla Gazzetta Ufficiale n.163
del 15 luglio 2010.10
Relativamente agli emendamenti alla legge sull’immigrazione, citati dalla Raccomandazione 9,
e ai provvedimenti contenuti del Pacchetto Sicurezza, citati nella Raccomandazione 10, l’Italia ha recentemente fatto un passo in avanti approvando in via definitiva il 2 aprile 2014 un
Disegno di Legge11 che permette di adottare pene alternative al carcere e che, di fatto, abroga,
depenalizzandolo12 , il reato di clandestinità. Nonostante questo l’Italia deve lavorare ancora
molto per adempiere gli obblighi esistenti relativi alle politiche migratorie, in particolare in base
al “Patto internazionale sui diritti civili e politici” e al Diritto Internazionale.
2. Legislazione Nazionale, Racc. 67-82
In materia di immigrazione ed asilo sono purtroppo scarse le norme positive introdotte nel
sistema normativo italiano dall’ultimo monitoraggio. Si sono, in buona sostanza susseguiti una
serie di decreti legislativi attuativi di direttive UE. Il governo e il Parlamento, nella
trasposizione delle norme europee, non hanno in tenuto conto di alcune precise indicazioni
fatte da associazioni ed esperti in materia.
L’invarianza del quadro legislativo, il perdurare e l’aggravarsi della crisi economica ed occupazionale hanno accentuato le discriminazioni sia in campo lavorativo (disoccupazione
degli immigrati al 14% su una media del 12%) sia in campo sociale con la regressione degli
indici di integrazione (Rapporto CNEL 2013).
In relazione alla acquisizione della cittadinanza italiana per nascita (ius soli) la legge n. 91 del
1992 non è stata ancora modificata nonostante la presentazione di diverse proposte di legge e,
inoltre, si continua a riscontrare un allungamento dei tempi nelle pratiche per l’acquisizione della cittadinanza per naturalizzazione.
Il “reato di clandestinità” è finalmente abolito dall’ordinamento. E’ stata approvata definitivamente dalla Camera la legge che delega il Governo a trasformare in illecito
amministrativo il reato di soggiorno illegale introdotto dalla legge n. 94/1999.
Tuttavia, la durata del trattenimento nei CIE (Centri di espulsione e identificazione) non è stata
modificata e sono di pubblico dominio le condizioni ed i trattamenti disumani e degradanti che
subiscono le persone trattenute con costi economici insostenibili per l’economia nazionale. Sono ormai tantissime le denunce fatte in seguito a “visite” ai Centri da parte di associazioni, 7
https://treaties.un.org/Pages/ViewDetails.aspx?src=TREATY&mtdsg_no=IV-16&chapter=4&lang=en
http://www.camera.it/leg17/126?tab=1&leg=17&idDocumento=1374&sede=&tipo
9
http://www.amnesty.org/en/enforced-disappearances
10
http://www.senato.it/leg/16/BGT/Schede/Ddliter/35028.htm
11
“Nella seduta del 2 aprile 2014, la Camera ha approvato in via definitiva un testo unificato, già esaminato in prima lettura e poi modificato dal Senato, che si propone quattro obiettivi: 1) delegare al Governo la disciplina di pene
detentive non carcerarie, ovvero da eseguire presso il domicilio; 2) delegare il Governo a realizzare una
depenalizzazione; 3) introdurre la messa alla prova nel processo penale; 4) disciplinare in modo innovativo il
processo a carico di imputati irreperibili.” http://www.camera.it/leg17/465?tema=886&Messa+alla+prova
12
http://www.internazionale.it/news/italia/2014/04/02/soppresso-il-reato-di-clandestinita/
8
26
Ong, giornalisti e parlamentari, avvocati e medici. L’appello per la chiusura e l’abolizione di questi dall’ordinamento si fa sempre più forte. Le persone trattenute, per il solo fatto di
commettere un illecito amministrativo, sono private della loro libertà e, spesso, persino del
diritto di usufruire di cure mediche essenziali.
In materia di riconoscimento dello status di rifugiato la legislazione è rimasta in sostanza
invariata. Manca ancora una legislazione organica. Le Commissioni Territoriali per il
riconoscimento della Protezione Internazionale continuano spesso ad emettere dinieghi alle
domande di riconoscimento, costringendo i richiedenti a fare ricorso giurisdizionale per vedersi
riconosciuto il loro status. Una gravissima criticità da evidenziare riguarda il diritto al patrocinio
a spese dello Stato dei richiedenti che, da alcuni Consigli dell’ordine degli avvocati (ad esempio quello di Roma), è negato. Prassi assolutamente illegittima e discriminatoria e, anche se non
diffusa a livello nazionale, molto grave poiché la competenza del tribunale di Roma è molto
estesa. A giustificazione del rigetto delle istanze, il Consiglio dell’ordine di Roma sostiene che mancherebbe la certificazione consolare sui redditi e beni posseduti nel paese
d’origine (art. 79.2 DPR 115/02): ma, com’è noto, i richiedenti asilo non possono
avere alcun contatto con le autorità consolari del proprio paese d’origine, così come
del resto garantito dalla normativa internazionale, europea e nazionale. Del resto, era proprio
lo stesso Consiglio dell’Ordine che, coerentemente con la normativa interna ed
internazionale, accettava, in sostituzione della certificazione consolare, un‘autodichiarazione. Questo fino al marzo del 2012. Da ormai più di due anni, invece, senza
un’apparente spiegazione tale prassi è radicalmente mutata, e tuttora perdura, ledendo in modo grave “il diritto alla difesa”. Questo anche se l’art. 16 del d.lgs 25/08 ribadisce la
possibilità di sostituire la certificazione consolare con un’auto-dichiarazione (“Nel caso di
impugnazione delle decisioni in sede giurisdizionale, il cittadino straniero è assistito da un
avvocato ed è ammesso al gratuito patrocinio ove ricorrano le condizioni previste dal decreto
del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115. In ogni caso per l’attestazione dei redditi prodotti all’estero, si applica l’articolo 94 [sull'impossibilità di rivolgersi alle autorità consolari del proprio paese d'origine. n.d.r.] del medesimo decreto”).
Nonostante l’Italia sia interessata da un crescente numero di arrivi di profughi, nel sistema
generale di accoglienza, si insiste nella prassi dell’emergenza, agendo così al di sotto degli
standard minimi europei. Le persone arrivano e sono collocate in strutture improvvisate e
totalmente inadeguate, sovraffollate e precarie o in alberghi, dove sono lasciate prive di
qualsiasi assistenza ed in balia dei privati.
Addirittura, sono trasportati da una città all’altra e lasciati senza la minima assistenza, creando in alcune città allarme sanitario tanto che alcuni sindaci hanno lanciato degli appelli. L’ultimo è quello del sindaco di Roma Ignazio Marino, che in una lettera ai ministri dell’Interno e della
Salute esprime la sua preoccupazione per le condizioni ”igienico-sanitarie” e per la mancanza di controlli e assistenza agli immigrati che stanno giungendo in Italia e nella Capitale in queste
ore. Egli suggerisce l’istituzione di “presidi territoriali per eseguire screening di tipo medico,
che possano da un lato rassicurare gli immigrati circa le loro condizioni di salute e, dall’altro, tranquillizzare la comunità che li riceve”.
Una programmazione strutturale dell’accoglienza è non solo possibile ma doveroso.
Recentemente la Corte di Giustizia europea ha chiarito che è obbligo degli Stati
membri garantire l’accoglienza dei richiedenti asilo, sin dal momento della presentazione della
domanda di protezione internazionale, anche fornendo loro sussidi economici, a condizione
che questi ultimi rispettino le norme minime del diritto dell’Unione in materia di condizioni
materiali di accoglienza.
La società civile chiede ormai da qualche tempo la definizione di un piano d’accoglienza strutturato e coordinato a livello nazionale, cercando di rinforzare il sistema Sprar (Servizio
Protezione Richiedenti Asilo), che, nonostante tutte le criticità riscontrate, è per il momento,
l’unica alternativa per una accoglienza su tutto il territorio nazionale. Si concentra in piccoli
centri, così consentendo la realizzazione di un percorso di inserimento socioeconomico a basso
impatto per i territori e per gli stessi richiedenti protezione internazionale.
27
Queste le novità introdotte dai decreti legislativi attuativi di direttive UE:
Il decreto legislativo 21 febbraio 2014, n. 18 (G.U. n. 55 del 7 marzo 2014) di
attuazione della direttiva 2011/95/UE recante norme
sull’attribuzione, a
cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale,
su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della
protezione
sussidiaria,
nonché
sul
contenuto
della
protezione
riconosciuta.
Molte disposizioni del d. lgs. n. 251/2007 e l’art. 29 del T.U. sull’immigrazione vengono modificate. Migliorano le norme per il riconoscimento delle qualifiche di status di rifugiato e di
protezione sussidiaria e si uniforma il trattamento dei beneficiari di entrambe le qualifiche
portando a 5 anni la durata del permesso di soggiorno per protezione sussidiaria.
Si rinviano ad un futuro piano nazionale le misure di integrazione sociale dei beneficiari della
protezione internazionale. Tale piano verrà realizzato da un apposito Tavolo di concertazione a
cui parteciperanno le amministrazioni statali, regionali e locali e gli enti del privato sociale e
avrà comunque come limite quello delle risorse economiche già disponibili a bilancio dello
Stato. Sebbene non vengano eliminate tutte, diminuiscono alcune parti della normativa
nazionale in contrasto con le norme UE.
Il
decreto
legislativo
13
febbraio
2014,
n.
12 di
attuazione
della
direttiva 2011/51/UE, che modifica la direttiva 2003/109/CE del Consiglio per estenderne
l’ambito di applicazione ai
beneficiari
di
protezione
internazionale.
Modifica l’art. 9 del T.U. sull’immigrazione consentendo così il rilascio del PDS CE per soggiornanti di lungo periodo anche ai titolari di protezione internazionale (status di rifugiato o
status di protezione sussidiaria) che deve essere indicato sul PDS CE per soggiornanti di lungo
periodo e che può essere rilasciato a condizioni facilitate.
Il decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 24 di attuazione della direttiva 2011/36/UE,
relativa alla prevenzione e alla repressione della tratta di esseri umani e alla protezione
delle vittime, che sostituisce la decisione quadro 2002/629/GAI (G.U. Serie Generale n. 60 del
13
marzo
2014)
Vengono modificati diversi articoli del codice penale e le norme penali e amministrative in
materia di tratta. Se pure parzialmente, viene modificato anche l’art. 18 del T.U. sull’immigrazione e il d.lgs. n. 25/2008 sulle procedure di esame delle domande di asilo. E’ prevista all’art. 4, una procedura per l’identificazione dei minori non accompagnati vittime di tratta, contenente principi generali nel superiore interesse del minore. Una procedura
multidisciplinare di accertamento dell’età verrà disciplinata con decreto ministeriale da
emanarsi.
Il decreto legislativo n. 40/2014 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale (Serie Generale n.68
del 22 marzo 2014) di attuazione della direttiva 2011/98/UE relativa a una procedura unica di
domanda per il rilascio di un permesso unico che consente ai cittadini di Paesi terzi di
soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro e a un insieme comune di diritti per i
lavoratori di Paesi terzi che soggiornano regolarmente in uno Stato membro.
Nel complesso, tuttavia, il recepimento della direttiva 2011/98 appare largamente
insoddisfacente, soprattutto con riferimento alle norme riguardanti il principio di parità di
trattamento.
La mancanza di una legge che preveda una specifica copertura finanziaria delle nuove spese
impedisce ogni modifica delle norme restrittive vigenti relative a trattamenti economici
previdenziali ed assistenziali in favore dei cittadini stranieri.
In relazione alla fruizione da parte dei cittadini immigrati dei benefici sociali previsti dalla
normativa italiana in materia di sostegno al reddito familiare e alla funzione genitoriale o di
cura dei familiari si evidenziano le seguenti novità:
Il 4 settembre 2013 sono entrare in vigore la legge 6 agosto 2013, n. 96 (“Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea - Legge
di delegazione europea 2013”) e la legge 6 agosto 2013, n. 97 (”Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea - Legge
europea 2013”) pubblicate sulla G.U. n.194 del 20 agosto 2013. 28
Esse costituiscono i nuovi strumenti di adeguamento all’ordinamento dell’Unione Europea previsti dalla legge 24 dicembre 2012, n. 234, che ha introdotto una riforma organica delle
norme che regolano la partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione Europea. La legge comunitaria annuale prevista dalla legge n.11 del 2005 è infatti sostituita da due
distinti provvedimenti: la Legge di delegazione europea, il cui contenuto è limitato alle
disposizioni di delega necessarie per il recepimento delle direttive e degli altri atti dell’Unione Europea, e la Legge europea, che contiene norme di diretta attuazione volte a garantire
l’adeguamento dell’ordinamento nazionale all’ordinamento europeo, con particolare riguardo ai casi di non corretto recepimento della normativa europea.
Con l’art. 13 della legge n. 97/2013 è stato introdotto nella legislazione italiana il diritto dei cittadini di paesi terzi titolari di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo
all’assegno INPS per nuclei familiari numerosi. La norma contenuta nella legge n. 97/2013 non si deve intendere come costitutiva del diritto
del cittadino di Stato terzo titolare di permesso di soggiorno di lungo periodo poiché tale diritto
esisteva prima della sua entrata in vigore in virtù della norma sulla parità di trattamento
contenuta nella direttiva UE n. 109/2003, che, come confermato da diversi Tribunali nazionali,
era di immediata e diretta applicazione nel nostro ordinamento.
A disposizione delle famiglie con basso reddito è prevista una nuova social card chiamata
“Carta acquisti sperimentale”. Con Decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 10 gennaio 2013, sono state definitive le modalità attuative del nuovo beneficio sociale con
riferimento ai criteri di identificazione dei beneficiari da parte dei Comuni;; l’ammontare delle disponibilità sulle carte acquisti; le modalità di implementazione del beneficio e dei flussi
informativi riguardo ai rapporti tra Comuni, INPS quale ‘soggetto attuatore’ e Poste italiane quale “gestore del servizio”.
I cittadini di paesi terzi titolari di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, i
rifugiati e i titolari della protezione sussidiaria possono accedere alla prestazione.
Rimangono esclusi i cittadini di paesi terzi titolari di permesso di soggiorno ordinario.
La “legge europea 2013” contiene anche disposizioni sull’accesso del cittadino straniero al lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione, sancendo anche nella normativa relativa
al pubblico impiego il diritto dei famigliari di cittadini UE, dei cittadini di paesi terzi titolari di
permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, rifugiati e titolari di protezione
sussidiaria all’accesso alla funzione pubblica, con gli stessi limiti e condizioni previste per i cittadini dell’Unione europea. La normativa interna sul pubblico impiego e l’accesso ai concorsi e alle selezioni pubbliche si adegua così agli obblighi derivanti dal diritto dell’Unione europea, evitando dunque il procedimento di infrazione del diritto UE che altrimenti la Commissione
europea avrebbe potuto promuovere ai sensi del Trattato UE. L’adeguamento si rileva tuttavia ancora parziale e insufficiente in quanto la normativa di settore non è stata riformata anche
con riferimento ad altre due categorie di cittadini di Paesi terzi non membri UE, cui pure
l’accesso al pubblico impiego dovrebbe essere consentito per effetto della legislazione europea,
ovvero i titolari di Carta Blu UE di cui alla direttiva 2009/50, attuata in Italia con il d.lgs. n.
108/2012 (art. 12 c. 3 direttiva 2009/50) e i titolari di permesso di soggiorno CE per
soggiornanti di lungo periodo rilasciato da altro Stato membro che hanno acquisito il diritto di
soggiorno in Italia per motivi di lavoro (art. 21 direttiva 109/2003).
3. Istituzione Nazionale per i Diritti Umani, Racc. 11-15
L'Italia è uno dei pochi Stati (www.nhri.net) senza una istituzione nazionale indipendente per i
diritti umani, in linea con i Principi di Parigi, la Risoluzione 48/134 Assemblea Generale ONU 20
dicembre 1993 e la Risoluzione del Consiglio d'Europa (97) 30 settembre 1997. La Revisione
Periodica Universale del Consiglio Diritti Umani dell’ONU con il A/HRC/14/4/Add.1 maggio 2010
raccomandazioni 11-15, insieme a tutte le raccomandazioni specifiche dei Treaty Bodies delle
Nazioni Unite che hanno esaminato il contesto italiano nell'ultimo decennio (CRC/C/15/Add198
del 18 marzo 2003; CESCR / ITA / 04 del 26 novembre 2004; CCPR/C/ITA/CO/05 del 2
novembre 2005; CEDAW, 2005 A/60/38 (SUPP); CAT/C/ITA/CO/4 del 18 maggio 2007,
29
CERD/C/ITA/CO/15 del 16 maggio 2008, CERD/C/ITA/CO/16-18 del 9 marzo 2012), hanno
messo in evidenza questa lacuna italiana. In aggiunta la mancanza di tale commissione è
aggravata anche dal mancato impegno derivante dalla ratifica italiana della Convenzione sui
diritti delle persone con disabilità (2006) con legge 18/2009, che prevede che gli stati parte,
come l’Italia, ”conformemente ai propri sistemi giuridici e amministrativi, mantengono,
rafforzano, designano o istituiscono al proprio interno una struttura, includendo uno o più
meccanismi indipendenti, ove opportuno, per promuovere, proteggere e monitorare
l’attuazione della presente Convenzione. Nel designare o stabilire tale meccanismo, gli Stati Parti devono tenere in considerazione i principi relativi allo status e al funzionamento delle
istituzioni nazionali per la protezione e la promozione dei diritti umani”.
Il ritardo italiano non ha giustificazione. Il Governo italiano, l'8 maggio 2007, nel presentare la
sua prima candidatura al nuovo Consiglio ONU per i diritti umani (eletta per il periodo 20072010) si è formalmente impegnato di fronte all'Assemblea Generale dell’ONU "... a creare la
Commissione nazionale indipendente per la promozione e protezione dei diritti dell'uomo e
delle libertà fondamentali…". Pur avendo disatteso questo impegno ufficiale, nuovamente nel 2011, nel ripresentare per la
seconda volta la propria candidatura al Consiglio Diritti Umani ha ancora promesso
formalmente con impegno volontario di creare "la Commissione nazionale indipendente per la
promozione e la protezione dei diritti umani in conformità con i Principi di Parigi...” da
realizzare durante il suo secondo mandato 2011-2014 (eletta il 20 maggio, con decorrenza
formale dal 19 giugno 2011).
A maggio 2013 un nuovo progetto di legge TU n. 1004: "Istituzione della Commissione
nazionale per la promozione dei diritti umani e protezione”, su iniziativa parlamentare senza
alcun coinvolgimento della società civile, a firma di 84 parlamentari, è stato presentato alla
Camera dei Deputati, assegnato alla 1° Commissione permanente (Affari Costituzionali) in
sede referente il 29 luglio 2013, il cui esame non è ancora iniziato.
A giugno dello stesso anno il disegno di legge n. 865: “Istituzione della Commissione nazionale per la promozione e tutela dei diritti umani” su iniziativa parlamentare senza alcun coinvolgimento della società civile a firma di 13 senatori, è stato presentato al Senato della
Repubblica.
A giugno 2014 è stata infine annunciata la proposta di legge “Istituzione della Commissione nazionale indipendente per la promozione e protezione dei diritti umani e delle libertà
fondamentali” d’iniziativa di
7
deputati
5
Stelle.
Per quanto concerne l'iter per la discussione parlamentare si può notare che, a prescindere
dalla consapevolezza di alcuni parlamentari, in questi anni, dal 2004 al 2013 non si è avuta
alcuna procedura consultiva, inclusiva, trasparente e partecipativa della società civile. Quando i
Principi di Parigi espressamente raccomandano che la creazione di una istituzione nazionale
indipendente per i diritti umani sia realizzata attraverso un processo trasparente, partecipativo
e inclusivo di tutte le forze sociali della società civile considerata nella sua accezione più
generale (art. 1 della Sezione Composizione e garanzie di indipendenza e pluralismo) con la
sua partecipazione attiva almeno in tre fasi vitali della istituzione: creazione,
composizione/nomina dei membri della Commissione e meccanismi e metodi di cooperazione
tra l'istituzione nazionale per i diritti umani e la società civile. Partecipazione e coinvolgimento
attivo evidenziati anche dalle raccomandazioni formalmente espresse dall'Ufficio dell'Alto
Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, Ufficio Istituzioni Nazionali.
4. Educazione ai Diritti Umani, Racc. 30,31,3213
Mentre l’Europa continua ad adeguare i propri programmi scolastici integrando le materie di
studio tradizionali a quelle cosiddette di nuova generazione, a tutt’oggi l’Italia risulta inottemperante rispetto alle raccomandazioni pervenute a livello internazionale – sia dalle
13
La presente Sezione 4 è estratta dal 6° Rapporto di aggiornamento dell’applicazione della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, www.gruppocrc.net.
30
Nazioni Unite14 87 che dal Consiglio d’Europa15 – che sollecitano l’inserimento dell’educazione ai diritti umani nei curricula scolastici.
Anche apprezzando gli sforzi degli ultimi venti anni, finora scarse risorse sono state investite
nella promozione e nell’educazione ai diritti umani. Infatti, ancora oggi la promozione e
protezione dei diritti umani non è materia obbligatoria di studio per la formazione degli
insegnanti, né è inserita trasversalmente nei nuovi piani di offerta formativa della scuola
dell’obbligo e della scuola superiore, né è studiata, se non come disciplina opzionale, a livello
universitario, nella Facoltà di Giurisprudenza.
La Dichiarazione sull’Educazione e Formazione ai Diritti Umani, approvata
dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 19 dicembre 2011, dopo un decennio di
gestazione e tante resistenze, non specifica soltanto i contenuti in materia di diritti umani, ma
anche la metodologia di apprendimento.
Il rispetto di tutte le libertà fondamentali e dei diritti civili, culturali, economici, politici e sociali
sia degli educatori che di coloro che apprendono è il fondamento di una corretta metodologia di
apprendimento (così come esplicitato nell’art. 29 della Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza).
L’educazione ai e per i diritti umani è una materia interdisciplinare che dovrebbe essere
rielaborata e trasmessa, in un approccio multidisciplinare e trasversale (mainstreaming),
all’interno di tutte le materie, anche attraverso l’educazione non formale e informale.
L’educazione ai e per i diritti umani non prevede solo la trasmissione di informazioni riguardo al
contenuto dei trattati sui diritti umani; i bambini e i ragazzi dovrebbero apprendere il
significato di tali diritti vedendoli attuati nella pratica, sia a casa che a scuola o all’interno della comunità. È un processo completo e permanente, e i valori espressi da tali diritti devono avere
riscontri concreti nelle esperienze quotidiane di bambini e adolescenti.
La compiuta realizzazione dei principi della Dichiarazione (con particolare riferimento agli artt.
7, 8 e 10), dovrebbe coordinare l’educazione ai diritti umani con la conoscenza degli istituti e
delle regole sottese al funzionamento della giustizia minorile, allo scopo di evitare la
perdurante disinformazione della maggioranza dei docenti circa il ruolo, i principi e le finalità
del Tribunale per i Minorenni, nonché la inesistenza di contatti regolari tra la giustizia minorile
e gli insegnanti del minore deviante o a rischio16.
Il Programma Mondiale per l’educazione ai diritti umani, istituito il 10 dicembre del
2004 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite – Risoluzione 59/113 -, oggi alla sua
seconda fase, prevede che ciascun Paese membro promuova l’educazione ai diritti umani per l’istruzione superiore e nei programmi di formazione per insegnanti ed educatori, funzionari
pubblici, funzionari di polizia e personale militare. Ad oggi non abbiamo riscontri “nazionali” sull’applicazione delle disposizioni contenute nel “Piano d’azione per la seconda fase (2010-2014) del Programma Mondiale per l’Educazione ai Diritti Umani” (A/HRC/15/28) in merito ad azioni specifiche rivolte alle diverse componenti del percorso educativo: politiche
nazionali adeguate, cooperazione internazionale, coordinamento e valutazione.
Negli ultimi anni, significative evoluzioni nel settore della cittadinanza e dell’educazione ai diritti umani hanno avuto luogo anche grazie al Consiglio d’Europa. In particolare, l’11 maggio 2010 – nel corso del processo di follow-up della Conferenza Internazionale di alto livello
istituzionale sul futuro della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo tenutasi a Interlaken il 18-19
febbraio 2010 – i Ministri degli Affari Esteri rappresentanti i 47 Stati membri del Consiglio
d’Europa hanno adottato, in occasione della 120a Sessione del Comitato dei Ministri, con
raccomandazione CM / Rec (2010) 7 del Consiglio d’Europa, la Carta sull’Educazione alla 14
CESCR/ ITA/ 04 del 26 novembre 2004, n. 13, 29, 31
Raccomandazione CM/Rec(2010)7 del Comitato dei Ministri agli stati membri sulla Carta del Consiglio d’Europa sull’educazione per la cittadinanza democratica e l’educazione ai diritti umani, adottata dal Comitato dei Ministri l’11 maggio 2010 alla sua 120° Sessione.
16
Rapporto di monitoraggio del III Piano nazionale infanzia, op. cit www.minori.it/minori/rapporto-di-monitoraggio-delpiano-azionaleper-linfanzia.
15
31
cittadinanza democratica e l’Educazione ai Diritti Umani. La Carta, nel rafforzare la credibilità e l’efficacia della Convenzione Europea dei Diritti Umani, rappresenta un importante riferimento
per tutti i Paesi europei e uno strumento di lavoro preziosissimo del Consiglio d’Europa nel novero dell’educazione ad una cittadinanza democratica e ai diritti umani.
Infatti, è l’educazione ai diritti umani e a una cittadinanza democratica e responsabile a dotare
bambini, giovani e studenti di conoscenze, capacità e competenze tali da permettere loro lo
sviluppo di una coscienza civica che favorisca la promozione e protezione dei diritti umani e
delle libertà fondamentali.
L’educazione ai diritti umani trasforma la scuola e gli spazi educativi non formali e informali
in un ambito dove poter realizzare esperienze concrete di democrazia e partecipazione.
L’introduzione della riforma del sistema scolastico italiano attraverso l’attuazione della Legge
169/2008, ha favorito l’inserimento, nel nostro sistema scolastico, di una nuova materia di insegnamento: “Cittadinanza e Costituzione”, operativa dall’anno scolastico 2009-2010 per un ammontare annuo di 33 ore ricavate nell’ambito del monte-ore degli
insegnanti di storia e geografia. Il non riconoscimento di questa nuova materia come disciplina
a sé stante lascia alla discrezionalità dell’insegnante, in base alla propria sensibilità culturale e
civica, promuovere nel tempo assegnato una nuova cultura di educazione ai diritti umani.
Inoltre, “Cittadinanza e Costituzione” non è materia di valutazione specifica in pagella, rischiando di sminuirne il valore formativo17.
Mancano altresì fondi destinati alle realtà del Terzo Settore che svolgono un costante lavoro di
formazione in tema di diritti umani con insegnanti ed educatori, in ambiti non formali e sempre
più spesso anche in quelli formali, con un ruolo suppletivo all’istituzione scolastica, che andrebbe maggiormente riconosciuto e sostenuto sotto tutti i punti di vista al fine di
potenziarne la ricaduta formativa e garantire la continuità degli interventi.
5. Migranti e richiedenti asilo
5.1
Diritti dei migranti e legislazione nazionale, Racc. 2, 9, 10, 27, 28, 63, 72, 73,
74, 75, 79, 80, 81, 82
Vedi paragrafo “2. Legislazione Nazionale”
5.2
Evizioni forzate, Racc. 61, 62
Vedi paragrafo “2. Legislazione Nazionale”
5.3
Diritto dei rifugiati e richiedenti asilo, Racc. 67, 68, 69, 70, 71, 76, 77, 78
Vedi anche paragrafo “2. Legislazione Nazionale”
6. Razzismo e Xenofobia, Racc. 16, 22, 23, 24, 26, 28, 29, 32, 33
Raccomandazione 16
Per quanto concerne la questione relativa all’indipendenza dell’Ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull’origine etnica, l’attuale assetto dell’istituzione rimane di dipendenza governativa.
Si legge nella relazione al parlamento sull’effettiva applicazione del principio di parità di trattamento e sull’efficacia dei meccanismi di tutela dell’UNAR 2011: “si sottolinea che dal 2009 ad oggi l’Ufficio, anche al fine di aderire alle osservazioni rivolte in passato in sede Nazioni Unite, Consiglio d‟Europa e Unione Europea nell’ambito della periodica attività di
17
5° Rapporto CRC, disponibile a questo link http://www.gruppocrc.net/Educazione-ai-diritti-umani.
32
vigilanza svolta dalla Commissione Indipendente CERD (ONU), ECRI (Consiglio d‟Europa) e FRA (Unione Europea) nelle more della definizione da parte delle Istituzioni competenti di
modifiche normative o regolamentari atte a rafforzare giuridicamente il mandato conferito
all’UNAR in attuazione della Direttiva 43/2000, ha dispiegato un’attività di concreta
autonomia e imparzialità manifestatasi in particolare attraverso:
a) apertura di istruttorie su eventi e fattispecie discriminatorie poste in essere da altre
Amministrazioni centrali dello Stato e della stessa Presidenza del Consiglio (quali i “Buoni vacanze” del Dipartimento del Turismo, il “bando Mecenati” del Dipartimento della Gioventù e
l‟apertura del Servizio civile ai ragazzi stranieri nati in Italia e regolarmente soggiornanti);; b) apertura di istruttorie relative ad eventi e fattispecie discriminatorie poste in essere
da Amministrazioni regionali ed enti locali diretti e/o composte da partiti politici,
anche facenti parte della coalizione governativa (vedasi le numerose istruttorie inerenti il
fenomeno delle cosiddette “ordinanze” concentrato in particolare in Lombardia e Veneto, nonché alcune leggi regionali emanate dal Friuli Venezia Giulia e dalla Regione Veneto che
subordinavano l‟accesso a servizi fondamentali al possesso di lunghi periodi di residenza nel territorio regionale etc.);
c) l’elaborazione e la diffusione di apposite “raccomandazioni” su ambiti tematici di
significativa rilevanza, emanate dall’Ufficio sulla base del ripetersi di fattispecie discriminatorie,
come nel caso delle discriminazione nell’accesso ai servizi sociali etc. Tali raccomandazioni hanno lo scopo precipuo, mediante la loro opportuna diramazione al sistema delle autonomie
locali, di prevenire l‟adozione da parte degli enti pubblici competenti di atti e procedimenti
anche solo potenzialmente discriminatori;
d) apertura di istruttorie inerenti a dichiarazioni di esponenti politici, inclusi quelli
appartenenti a Partiti della maggioranza di Governo, nonché materiali propagandistici
utilizzati dagli stessi nel corso delle competizioni elettorali (arrivati in alcuni casi alla
trasmissione da parte dell’Ufficio di notizie di reato alle competenti Procure della Repubblica);; e) la riorganizzazione del Call Center dell’Ufficio, trasformato in contact center e interconnesso, mediante la sottoscrizione di accordi e protocolli operativi con Regioni
ed altri enti locali, con le reti di centri ed antenne territoriali contro ogni forma e causa
di discriminazione già autonomamente istituite o da istituirsi congiuntamente con gli enti locali
stessi e tutte le parti sociali e le organizzazioni no profit di riferimento (ONG, associazioni di
volontariato, comunità di rappresentanza degli interessi diffusi etc.) in modo da rendere
sempre più trasparente e condivisa la gestione delle istruttorie e prescindere nella
loro definizione quotidiana da qualsiasi eventuale valutazione di ordine politicoistituzionale estranea alle previsioni normative;
f) la istituzione di una serie di tavoli e luoghi di concertazione, co-programmazione e
condivisione delle attività UNAR quali la “cabina di regia UNAR – Parti sociali” istituita nel maggio 2010 cui hanno aderito tutte le organizzazioni di rilievo nazionale, il Gruppo nazionale
di lavoro con le associazioni, cui aderiscono oltre 20 tra le principali associazioni nazionali
operanti su tutti gli ambiti di discriminazione etc.
Per quanto riguarda la costruzione di un sistema integrato di prevenzione e contrasto delle
discriminazioni razziali, in adesione alle osservazioni e alle raccomandazioni formulate dalla
Commissione per l'eliminazione delle discriminazioni razziali delle Nazioni Unite
(CERD) e dalla Commissione contro il razzismo e l'intolleranza razziale del consiglio
d'Europa (FRA), è stato presentato il 30 luglio 2013 a Roma dalla Ministra dell’Integrazione
Cecile Kyenge, in un confronto aperto tra Ministri, Associazioni ed Enti locali il Piano
Nazionale d’azione contro il razzismo, la xenofobia e l’intolleranza, Il contesto in cui
questa risposta si colloca è il Decreto legge 215/2003 e l’art. 13 legge 40/1998.
Il Piano rappresenta il primo esempio a livello nazionale di una risposta dinamica e coordinata
delle istituzioni e della società civile alla recrudescenza del fenomeno razzista alla quale stiamo
assistendo non solo nel nostro Paese ma in tutto il contesto europeo.
33
Si tratta di un lavoro che richiede nelle prossime settimane la necessaria collaborazione e
condivisione, non solo delle associazioni di settore, ma anche delle istituzioni, centrali e
territoriali, a vario titolo coinvolte, al fine di pervenire a una strategia che possa essere di
supporto alle politiche nazionali e locali in materia di prevenzione e contrasto del razzismo,
della xenofobia e dell’intolleranza, con l’obiettivo finale di valorizzare una società multietnica e multiculturale, aperta e democratica.
Come previsto dal D. lgs 215/2003 e dall’art. 43 della Legge 40/1998, il Piano si propone di
offrire una definizione chiara ed unitaria di cosa si debba intendere per contrasto al razzismo,
alla xenofobia e all’intolleranza. Per questo motivo, è immediatamente esplicitato che il Piano d’azione riguarda le discriminazioni basate sulla razza, sul colore, sull’ascendenza, sull’origine nazionale o etnica, sulle convinzioni e le pratiche religiose. Naturalmente il Piano tiene conto e
appresta ulteriori strumenti in ragione del diverso impatto che le stesse forme di
discriminazione possono avere su donne e uomini, in un’ottica di genere, nonché dell’esistenza di forme di razzismo a carattere culturale. Lo schema di Piano è stato predisposto dall’UNAR secondo un approccio integrato e multidisciplinare, sulla base di intese fra il Ministro per
l’Integrazione ed il Viceministro del lavoro e delle politiche sociali con delega alle pari
opportunità.
Al Gruppo Nazionale di Lavoro sono stati proposti i seguenti Assi prioritari di azione per i quali
occorrerà individuare misure ed azioni positive da mettere subito in campo: Occupazione,
Alloggio, Istruzione, Mass Media e Sport, Sicurezza.
Ciascun asse sarà declinato per ambiti strategici, obiettivi operativi e misure positive
concretamente attuabili a legislazione vigente. L’elemento innovativo offerto dal Piano risiede nella sua multisettorialità, vale a dire nell’ampliamento del target dei destinatari. Il Piano,
infatti, non riguarderà, solo i cittadini stranieri che vivono in Italia, ma anche i cittadini italiani
di origine straniera, tra i quali le seconde e terze generazioni, con un focus specifico sulle
seconde generazioni che hanno acquisito la cittadinanza italiana dopo i 18 anni. Un
approfondimento, inoltre, sarà dedicato alla discriminazione basata sul colore della pelle.
Diverse ricerche hanno evidenziato, infatti, come il colore della pelle sia uno specifico elemento
di discriminazione, in particolare nelle scuole o nel mondo del lavoro.
Nell’analisi statistica saranno analizzate tali ricerche e approfondito il tema della specifica discriminazione basata sul colore della pelle. Si terrà conto anche dei minori stranieri presenti
in Italia, e, come dimensione evolutiva, anche dei dati relativi alle nascite e alla presenza nelle
scuole negli ultimi 3/5 anni. Il Piano riguarderà, infine, anche le persone appartenenti alle
minoranze religiose ed etnico-linguistiche.
Per la definizione e l’attuazione del Piano è necessario un sistema di governance multilivello,
che coinvolga tutti gli attori a vario titolo interessati alle politiche in materia di prevenzione e
contrasto della discriminazione per motivi razziali ed etnici. Si tratta, quindi, di un modello
articolato e integrato che prevede l’azione sinergica delle istituzioni, centrali e locali, della società civile, delle parti sociali e delle tante associazioni coinvolte.
Raccomandazioni 24-28
Nell’ Ordinamento giuridico italiano, il concetto generale di minoranza in Italia è legato alla
peculiarità linguistica e trova il suo fondamento nell’articolo 6 della Costituzione: “La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche”. A seguito di un non facile
dibattito parlamentare, la Legge n. 482 del 15 dicembre 1999 recante “Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche-storiche” riconosce e tutela dodici minoranze linguistiche: albanese, catalana, germanica, greca, slovena, croata, francese, franco-provenzale, friulana,
ladina, occitana e sarda (tenendo conto sì de criteri linguistico-storici, ma soprattutto del
criterio della territorialità/stanzialità - in pratica, della localizzazione in un dato territorio).
Nell’interpretazione dell’articolo 6 è prevalso il principio della “territorialità”, che di fatto esclude dal dettato normativo, la minoranza Rom, in quanto “minoranza diffusa”, ossia priva di una concentrazione territoriale stanziale, riconoscibile.
Un tentativo di modifica si è avuto solo in tempi recenti con la proposta di Legge n. 2858,
presentata alla Camera dei Deputati, nel luglio del 2007. La proposta, poi decaduta con la fine
34
anticipata della Legislatura, proponeva l’estensione delle disposizioni di tutela delle minoranze linguistiche-storiche, previste dalla Legge n. 482/99, alle minoranze dei Rom e dei Sinti,
recependo i principi della “Carta europea delle lingue regionali o minoritarie”, che riconosce le “lingue non territoriali” come lo yiddish e il romanè. Le ultime Legislature, sono state e sono
caratterizzate da intensi dibattiti sull’opportunità di includere le comunità Rom, Sinti e Camminanti (RSC) tra le minoranze linguistiche nazionali, in base alla Legge n. 482/99, o
piuttosto di adottare delle misure legislative nazionali ad hoc e/o omnibus. I disegni e le
proposte di legge, più recenti, introdotti nel corso della XVI Legislatura sono:
• A.S. 2558 “Modifiche alla legge 20 luglio 2000, n.211, in materia di “Estensione del Giorno della Memoria al popolo dei Rom e dei Sinti”;;
• A.S. 2562 “Modifiche alla legge 15 dicembre 1999, n.482, in materia di riconoscimento e di tutela della minoranza linguistica storica dei Rom e dei Sinti” Presentata dalla parlamentare del Partito democratico, Maria Letizia De Torre il 22 giugno 2011 ed ancora da esaminare;
• P. d. L. n. 4446, per: “L’integrazione scolastica dei giovani Rom”.
In Italia, il nodo centrale resta quindi legato al mancato riconoscimento di Rom, Sinti
e Camminanti in quanto minoranza, attraverso una legge nazionale omnibus, poiché,
ad oggi, i Rom, i Sinti ed i Camminanti acquisiscono diritti de jure esclusivamente
come individui;; non hanno invece diritti in quanto “minoranza”, perché non sono ancora disciplinati in tal senso, da un punto di vista legislativo. 18
Raccomandazione 32
Si segnala come elemento positivo l’istituzione del Ministero per l’Integrazione voluto dal
Governo Letta di cui è in carica dal 28 aprile 2013 la Ministra Cècile Kyenge. In questo ambito
l’auspicio è che si possa disporre di un quadro normativo aggiornato e complessivo su tutti i
fattori di discriminazione ed in particolare quelli legati alla cittadinanza, allo scopo di suggerire
modificazioni legislative in particolare della legislazione italiana sulla cittadinanza (Legge n.
91/92).
Raccomandazione 33




Manca una legge penale sui discorsi d’incitamento all’odio, conforme alle norme stabilite
dall'Unione europea;
Manca un programma di formazione completo per i funzionari delle forze dell'ordine
(agenti di polizia e pubblici ministeri) sul quadro giuridico relativo ai discorsi e ai crimini
di odio al fine di promuovere efficaci azioni penali d’ufficio di questi atti criminali;
È necessario implementare e promuovere una legislazione civile sempre più efficace
contro la discriminazione razzista e xenofoba;
Risulta urgente l’adozione di appropriate misure legislative contro la diffusione delle idee che negano l'Olocausto, esistenti in molti altri paesi europei.
7. Diritti delle donne, Racc. 24, 34, 35, 36, 42, 43, 44
E’ evidente che sotto il profilo della proclamazione del principio in Italia le Pari Opportunità
trovano piena legittimazione a livello istituzionale, ma nell’ambito del mercato del lavoro persistono forti discriminazioni e, ciò che più preoccupa, è quella di una concreta attuazione di
tali enunciati.
Attualmente, secondo la rilevazione ISTAT del mese di settembre 2013, il tasso di
disoccupazione femminile si attesta al 13,2 per cento con un incremento pari all’ 1,3 per 18
Vd. Anche “Strategia Nazionale d’inclusione dei Rom, dei Sinti e dei Camminanti 2012-2020” (28.02.2012) Ufficio
per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull’origine etnica
35
cento rispetto al settembre dell’anno precedente. Disoccupazione femminile che supera di oltre
1,2 punti percentuali quella maschile. Il tasso di inattività si mantiene sostanzialmente stabile,
intorno al 46,3 per cento, come il tasso di attività stimato nel 53,7 per cento. In diminuzione il
tasso di occupazione (46,5 per cento a settembre 2013, contro il 47,3 per cento del 2012).
Una lettura disaggregata dei dati conferma gli elementi di criticità presenti nel mercato del
lavoro per la componente femminile, in un contesto di progressiva e complessiva
polarizzazione delle dinamiche occupazionali.
Dal rapporto sul mercato del lavoro 2012-2013 emerge per l’occupazione femminile la maggiore incidenza delle condizioni di svantaggio: le donne rappresentano ben oltre la metà
delle collaborazioni e delle prestazioni d’opera, quasi la metà degli occupati temporanei con un
tasso d’instabilità della posizione lavorativa superiore al 15 per cento. Analogo ragionamento si potrebbe evidenziare relativamente alla durata media della disoccupazione e ai tassi di uscita
della disoccupazione verso l’occupazione. Anche nelle statistiche sull’occupazione a basso salario si rileva una maggiore incidenza della componente femminile, come per il ricorso al part-time involontario.
In un contesto di progressivo e generale indebolimento del nostro mercato del lavoro
comunque emerge un quadro di non bilanciamento delle dinamiche occupazionali.
In tale ambito è interessante inoltre evidenziare che particolare multi discriminazione viene
vissuta dalle donne con disabilità, le quali rappresentano solo il 40% degli occupati totali
mentre tra le persone con disabilità, solo il 2% delle donne ha una occupazione rispetto al
7,7% degli uomini. (art. 6 della CRPD).
Il proseguimento della crisi economico-finanziaria continua ad impattare in maniera
significativa in questo ambito e non ha consentito alcun miglioramento rispetto alla condizione
riscontrata nei precedenti due rapporti di monitoraggio degli anni passati.
Sia nel Nord che nel Sud Italia, l’assenza di investimenti su Asili Nido e Scuole dell’Infanzia, ad
opera dei tagli al welfare da parte di Enti locali e Regioni, continua a far ricadere sempre più
sulle donne il lavoro di “cura”.
Per il “Piano Italia 2020” non si registrano mutamenti e pertanto si rimanda alle
osservazioni già espresse in passato.
In merito alla Raccomandazione 35, il 2013 ha visto ancora un raccapricciante numero di
donne vittime di violenza.
La violenze sulle donne, in particolare nell’ambito della famiglia, in ogni Regione,sembra in aumento. In Italia fino al mese di ottobre nel 2013 sono state 127 le donne uccise,
47 i tentati femminicidi in tutta la penisola.Le vittime di femminicidio vengono uccise
prevalentemente in casa (63%) e spesso non sono le uniche a soccombere: nel 2012 otto
persone, tra le quali anche figli della coppia, sono state ammazzate durante la furia omicida.
La maggioranza di questi delitti avviene nelle regioni del Nord: l’affermazione della parità di genere spesso è un elemento scatenante. Le regioni che contano maggiori femminicidi sono
Lombardia, Campania e Emilia Romagna. Molte le straniere vittime di violenza domestica: il
31%, ma è italiano il 73% degli assassini.
Il termine “femminicidio” è scoppiato nel corso dell’anno precedente, data la frequenza dei delitti consumati sul corpo delle donne. Da parte di numerose associazioni di donne è stata
diffusa dall’autunno 2012 la Convenzione “NO MORE” che contiene tutta una serie di richieste di intervento al Governo che si possono sintetizzare in maggiori investimenti per la
prevenzione , a partire dai Centri antiviolenza, all’educazione nella scuola, al rispetto alla riservatezza e alla dignità delle donne da parte delle forze dell’ordine durante gli interrogatori.
36
In questo contesto è importante notare come le donne con disabilità non siano incluse nelle
politiche di prevenzione e ascolto e come le loro storie rientrino raramente nei dati statistici
nonostante esse siano percepite come un “target facile” e quindi doppiamente esposte al rischio di subire violenza fisica e sessuale rispetto alle donne che non vivono tale condizione.
Si pensi che dal 39 al 68% di ragazze e dal 16 al 30% di ragazzi con ritardo nello sviluppo
mentale saranno sessualmente abusati prima del loro diciottesimo compleanno 19. Il pericolo
di subire violenze o abusi diviene per le persone, soprattutto donne, con disabilità
intellettive e psichiatriche o che vivono in istituto: dipendere in ogni cosa da altri espone al
rischio di essere o divenire oggetto di violenza e anche quando riescono a sfuggire alla
violenza, non trovano servizi di protezione adatti a loro.
Gli operatori di servizi di
consulenza e pronto intervento in questo ambito spesso ignorano i rischi che queste donne
corrono perché non conoscono la loro condizione o perché non riconoscono il
maltrattamento come violento e associato alla disabilità. Questo rischio e’ considerato più basso quando gli operatori hanno seguito percorsi di formazione specifici.
Allo stesso tempo gli operatori preposti alla raccolta della denuncia di violenza, dovrebbero
essere formati sulle modalità di approccio alle donne con una disabilità quando queste
riferiscono una violenza o un maltrattamento e abuso. Dalle statistiche risulta che dei molti
casi portati davanti al magistrato, pochi risultano perpetrati a danno di donne con disabilità.
Il dato sta’ a significare che può essere negata la violenza o che la donna con disabilità non sia creduta o non ascoltata perché non capace di riportare l’accaduto. Non esiste alcun riferimento sulle donne con disabilità in nessuna legge emanata a favore
delle donne in Italia. Soprattutto, nonostante le donne con disabilità siano quelle
maggiormente esposte a violenze di nature sessuali, fisiche e psicologiche, non vi è nessun
riferimento a loro nella Legge n. 66 del 15 febbraio 1996 “Norme contro la violenza
sessuale”. Possiamo ipotizzare che la mancanza di riferimenti legislativi sta alla base di una
completa assenza di dati relativi alle donne con disabilità in Italia. Anche nell’ultimo report “Violenza e maltrattamenti contro le donne”20 non vi è nessun dato riguardante le donne con
disabilità.
I CENTRI ANTIVIOLENZA hanno sicuramente visto nel corso di quest’anno un maggiore impegno delle istituzioni. Rispetto ai 60 Centri attivi fino al 2012, quest’anno i Centri sono divenuti 115, di cui 90 gestiti da associazioni di donne, ma almeno una piccola parte di essi è
ora gestita da personale pubblico dipendente nella maggior parte dei casi dalle Province.
LE CASE DI OSPITALITA’ sono 56, ma quasi esclusivamente al Nord e al Centro. Il numero è
certamente del tutto insufficiente.
Positivo è invece il finanziamento di diverse tipologie di servizio pubblico o privato ( centri
ascolto, sportello antiviolenza, centri donne) oltre a quelli già gestiti da associazioni di donne.
Resta da verificare il livello di accessibilità e fruibilità di questi presidi e dei relativi servizi da
parte delle donne con disabilità motoria, sensoriale o intellettiva.
Iniziative legislative in materia di violenza sessuale
Nell’ ottobre 2013 è stata varata la Legge 193/2013 “ in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere”, il cui obiettivo principale- ma non esclusivo, come è stato
criticamente rilevato- è combattere il fenomeno della violenza sulle donne e il femminicidio. Le
pene saranno più severe, la querela diventa irrevocabile, sono state introdotte aggravanti per
coniuge e compagno anche non conviventi.
La legge contiene la previsione dell’arresto in flagranza per i maltrattamenti e per lo stalking. I tribunali potranno adottare delle “corsie preferenziali” per l’esame delle cause riguardanti i maltrattamenti. E’ previsto inoltre il gratuito patrocinio legale per chi è vittima di stalking o 19
Sobsey, 1994, as reported in Reynolds, 1997 cited in Rousso 2000. Rousso, Harilyn: Girls and women with
disabilities: An international overview and summary of research“, Disability Unlimited Consulting Services, New York 2000 (Background paper for the Beijing +5 Conference in New York, June 2000)
20
Report commissionato dal Ministero per i Diritti e le Pari Opportunità e realizzato dall’Istat sulla base dei risultati
dell’indagine sulla sicurezza delle donne, realizzato tra gennaio e ottobre 2007,
37
maltrattamenti e non si può permettere un avvocato. Alle forze di polizia viene data la
possibilità di allontanare da casa il coniuge violento, se c’è un rischio per l’integrità fisica della donna. Viene impedito a chi è violento in casa di avvicinarsi ai luoghi frequentati dalla donna.
Una norma riguarda gli immigrati: sarà concesso un permesso di soggiorno per motivi
umanitari agli stranieri che subiscono violenze in Italia.
La vittima di violenza dovrà essere informata costantemente sulla condizione giudiziaria in cui
versa il denunciato. La legge, inoltre, aumenta di un terzo la pena se alla violenza assiste un
minore di 18 anni e prevede maggiorazioni di pena se la violenza è commessa nei confronti di
una donna in gravidanza o da parte del coniuge, anche se separato, e dal compagno, anche
non convivente. Stesso discorso varrà anche per il reato di stalking.
Il provvedimento è il riconoscimento della gravità della situazione e del bisogno di azioni
concrete di contrasto e di lotta alla violenza sulle donne, ma nelle audizioni davanti alle
Commissioni Affari Costituzionali e Giustizia della Camera che hanno preceduto la
trasformazione del decreto in legge, è stato lanciato un appello al Governo, affinchè il tema
della violenza di genere venisse affrontato in modo più organico e strutturale; fosse prevista
un’adeguata copertura finanziaria che consentisse la realizzazione delle finalità del Piano
Nazionale; che coinvolgesse direttamente tutti gli attori interessati, comprese le parti sociali e
il mondo dell’associazionismo civile. Un giudizio positivo dunque su una legge che sottolinea l’importanza di misure repressive e di
azioni di tutela delle vittime della violenza, ma è preoccupante che non sia stato previsto alcun
finanziamento legato alla prevenzione, vale a dire l’educazione, la formazione, la raccolta strutturata di dati, le forme di assistenza, sostegno e protezione delle vittime, mentre sono
state contemplate nell’articolato questioni di ordine pubblico che con la violenza di genere non hanno nulla a che vedere, tanto che si è parlato di legge “omnibus”.
Ci si sarebbe aspettati una legge organica e finanziata che affrontasse tutti gli aspetti relativi
alla violenza di genere e non solo gli aspetti penali perché senza un adeguato lavoro di
prevenzione, di potenziamento dei centri antiviolenza e dei servizi di assistenza, di formazione
degli operatori, di adeguati interventi educativi, culturali e sociali, si rischia di rendere vano
l’intervento legislativo e la fiducia da parte delle donne di poter essere adeguatamente protette.
Presso la Commissione Giustizia della Camera è inoltre iniziato l’esame di una proposta di legge volta ad estendere l’accesso al gratuito patrocinio anche per le spese relative a processi celebrati all’estero per violenze sessuali commesse all’estero ai danni di cittadini italiani.
Il PIANO NAZIONALE CONTRO LA VIOLENZA DI GENERE
Già nel 2012 Rashida Manjoo, Relatrice Speciale delle Nazioni Unite sulla violenza contro le
donne, le sue cause e conseguenze, a seguito della sua missione in Italia aveva presentato al
Consiglio Diritti Umani, un rapporto in cui dopo aver esaminato la situazione di violenza contro
le donne nel nostro paese e analizzato cause e conseguenze, aveva dibattuto sulla "risposta
dello Stato” in termini di prevenzione del fenomeno, protezione delle vittime e individuazione
dei rimedi necessari per contrastare il fenomeno e perseguire e punire i colpevoli.
La Commissione Pari Opportunità presso la presidenza del Consiglio ha previsto il
“rafforzamento della rete Nazionale antiviolenza e del servizio telefonico 1522 – numero verde
gratuito - istituito nel 2009 a sostegno delle donne vittime di violenza e di stalking”, nel rispetto della convenzione di Istanbul ratificata in questi ultimi mesi anche dal nostro
Parlamento (vedi commento precedente su accessibilità degli strumenti di monitoraggio).
Il nuovo PIANO NAZIONALE ANTIVIOLENZA (NAP) (2013-14-15) in data 9 novembre
2013 ha previsto uno stanziamento del Governo di Euro: 10 milioni per il 2013; 7 milioni per
2014; 10 milioni per il 2015.
Un terzo dei fondi è vincolato all’avvio di nuovi servizi, all’avvio di iniziative di prevenzione, di mappature , piani d’azione e riparto delle risorse…
38
Si tratta di stanziamenti del tutto insufficienti per un così ambizioso progetto, se si pensa che
lo Stato per il solo anno 2014 elargisce alle Scuole private paritarie 494 milioni di euro!!
Più concretamente, le istituzioni pubbliche a livello locale hanno promosso protocolli operativi
con le associazioni di volontariato per la gestione dei fondi (Comune di Venezia, di Forlì) e
per l’erogazione di servizi, come più sopra si diceva.
Sono anche da menzionare le leggi regionali di quest’ultimo decennio che hanno tentato almeno negli enunciati - di favorire la conciliazione tra tempi di vita e di lavoro delle donne.
Quanto alla partecipazione paritaria delle donne nelle sedi decisionali della vita pubblica in
materia di pace e sicurezza, previste da specifiche Risoluzioni delle Nazioni Unite (a partire
dalla celebre UNSCR 1325 per arrivare alla più recente 2122), il riferimento è in uno
specifico Piano Nazionale di Azione (NAP), adottato dall’Italia in data 23 dicembre 2010. Il testo di questo Piano offre uno spazio molto limitato agli obiettivi dei Diritti Umani delle
donne in situazioni di conflitto e post-conflitto e la partecipazione ai negoziati di pace che sono
parti integranti della risoluzione 1325, inoltre manca di aspetti programmatici di rilievo e di
indicazioni su tempi di realizzazione, risorse dedicate, linee di responsabilità.
Si è in attesa della sua revisione dopo la scadenza a dicembre 2013, con l’auspicio che vengano colmate le attuali lacune nella struttura e nell’attuazione.
LE MUTILAZIONI GENIALI FEMMINILI21
Sebbene il numero esatto di donne e ragazze che in Europa convivono con le conseguenze
derivanti dalle MGF sia ancora sconosciuto, il Parlamento Europeo fino a qualche anno fa
stimava che la cifra si aggirasse intorno alle 500.000 unità con altre 180.000 donne e ragazze
a rischio di essere sottoposte alla pratica ogni anno.22
In Italia le stime ufficiali più recenti parlano di circa 39.000 donne/ragazze che hanno subito
una qualche forma di mutilazione dei genitali femminili.23
L’Italia ha approvato nel 2006 la legge n. 7 che detta le misure necessarie per prevenire, contrastare e reprimere le pratiche di mutilazione genitale femminile quali violazioni dei diritti
fondamentali all’integrità della persona e alla salute delle donne e delle bambine (art. 1). Tale legge in particolare ha introdotto nel codice penale un’autonoma fattispecie di reato che punisce con la reclusione da 4 a 12 anni chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche,
cagiona una mutilazione degli organi genitali femminili (clitoridectomia, escissione,
infibulazione ed altre analoghe pratiche); la legge inoltre prevede che chiunque, in assenza di
esigenze terapeutiche, provochi, al fine di menomare le funzioni sessuali, lesioni agli organi
genitali femminili diverse da quelle sopra citate, da cui derivi una malattia nel corpo o nella
mente, è punito con la reclusione da tre a sette anni: in questo caso è inoltre previsto
l’aggravamento della pena se il reato è commesso a danno di un minore o a fini di lucro.
La L.7/2006 prevede altresì la punibilità della persona giuridica o dell'ente nella cui struttura è
commesso il delitto, oltre alla previsione dell’extraterritorialità ogniqualvolta il fatto venga
commesso all'estero da cittadino italiano così come da straniero residente in Italia, ovvero in
danno di cittadino italiano o di straniero residente in Italia (artt. 583-bis e ter del codice
penale).
Nel settembre 2012 l’Italia ha ratificato la Convenzione del Consiglio d'Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale (c.d. Convenzione di Lanzarote): il trattato
introduce criteri e misure comuni, tra i Paesi aderenti, sia per la prevenzione del fenomeno, sia
per il perseguimento dei rei, nonché per la tutela delle vittime, introducendo in particolare
pene più severe per tutta una serie di reati e nuove fattispecie di reato all’interno del Codice 21
Le informazioni contenute in questo paragrafo sono tratte dalla scheda tematica “Mutilazioni genitali femminili” a cura del Comitato Italiano per l’UNICEF
Onlus
e
scaricabile
al
seguente
indirizzo:
http://www.unicef.it/doc/5301/mutilazioni-genitali-femminili-30-milioni-da-salvare.htm
22
Amnesty International, “Ending Female Genital Mutilation. A Strategy for the European Union Institutions” Executive Summary, 2010.
23
Stime a cura dell'Istituto Piepoli per il Dipartimento Pari Opportunità (2009).
39
Penale. In particolare, in relazione al reato di pratiche di mutilazione degli organi genitali
femminili, la Convenzione di Lanzarote ha introdotto la pena accessoria della perdita della
potestà genitoriale e l'interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela, alla
curatela e all'amministrazione di sostegno.
Il Governo italiano nel dicembre 2012 ha siglato un’intesa con le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano in materia di prevenzione e contrasto delle mutilazioni genitali
femminili, per l’individuazione dei criteri di ripartizione delle risorse, le finalità, le modalità attuative ed il monitoraggio del sistema di interventi da sviluppare sul territorio nazionale per
prevenire e contrastare il fenomeno.24 Saranno quindi le Regioni, quali affidatarie delle risorse,
ad implementare le varie progettualità, in virtù dell’approfondita e ravvicinata conoscenza del territorio, mentre al Dipartimento Pari Opportunità spetterà l’attività di coordinamento e monitoraggio di quest’ultime. Nel settembre 2013 l’Italia ha ratificato la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza sulle donne e la violenza domestica (Convenzione di
Istanbul) che entrerà in vigore il 1 agosto 2014.
La Convenzione di Istanbul è il primo trattato internazionale legalmente vincolante a creare
una cornice legale onnicomprensiva in materia di prevenzione della violenza nei confronti della
donne, fornendo protezione alle vittime e ponendo fine all'impunità dei persecutori. Si ritiene
rappresenti il livello più avanzato dello standard internazionale sia nella prevenzione che nel
contrasto dei diversi, possibili atti di violenza di genere in quanto definisce e criminalizza
diverse forme di violenza nei confronti della donne (incluse le mutilazioni genitali femminili, il
matrimonio forzato, lo stalking, oltre alla violenza psicologica, fisica e sessuale).
8.
Discriminazione, Racc. 36
Discriminazione in base all’orientamento sessuale
Dal punto di vista del recepimento delle norme contenute nella Raccomandazione n. 36 si
evidenzia come in questo paese l'approvazione di una norma contro gli atti di discriminazione,
aggressione e violenza verso le persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender, nonché un
adeguamento legislativo che assicuri la parità di accesso ai diritti per tutti i cittadini e per tutte
le cittadine incontrino una sistematica e ferrea opposizione di una consistente parte dei
componenti del Governo e del Parlamento nazionale.
Dopo infinite promesse elettorali, lunghi e inconcludenti dibattiti e, persino, l’approvazione di una pregiudiziale di incostituzionalità su una proposta di legge contro omofobie e trans fobia,
la discussione parlamentare è tutt’oggi bloccata sull’approvazione di un’aggravante per i reati contro la persona commessi in ragione dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere della vittima a integrazione della legge Mancino, norma considerata dalle più importanti associazioni
nazionali di interesse nonché dalla CGIL lo strumento più idoneo (necessario, ma non
sufficiente) non solo a sanzionare ma anche a prevenire dal punto di vista culturale il
fenomeno omofobo e trans fobico presente nel nostro Paese in misura e proporzione sempre
più preoccupante. Si ritiene dunque che l'estensione della legge Mancino possa essere lo
strumento idoneo non solo a sanzionare ma anche a prevenire dal punto di vista culturale il
fenomeno omofobico e trans fobico presente nel nostro Paese in misura e proporzione sempre
più preoccupante.
Alla luce di ciò, ben lontana pare in Italia ogni possibilità di un reale adeguamento
internazionale con il riconoscimento del matrimonio tra persone dello stesso sesso, unica
garanzia di equiparazione delle persone nell’accesso ai diritti. Nel nostro Paese inoltre è prevista una protezione umanitaria per i cittadini stranieri
discriminati o perseguitati in patria, in cui possono rientrare cittadine e cittadini in ragione del
24
“Intesa concernente il sistema da sviluppare per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno delle mutilazioni
genitali femminili”: http://www.pariopportunita.gov.it/index.php/component/content/article/87-attivita/2257-intesaper-la-promozione-di-interventi-contro-le-mutilazioni-genitali-femminili
40
loro orientamento sessuale o dell’espressione della loro identità di genere, come previsto nelle leggi che regolano l’immigrazione e la richiesta d’asilo.
La direttiva europea 2000/78 contro la discriminazione sui luoghi di lavoro è stata recepita in
modo insufficiente e problematico on il dl 216/2003, che risulta pertanto di difficile e di scarsa
applicazione.
E’ di recente istituzione un osservatorio della Polizia di Stato, l’OSCAD, volto a monitorare e tutelare le vittime di reati di discriminazione, incluse quelle di omofobia e di trans fobia. Il
Ministero delle Pari Opportunità ha avviato nel corso dello scorso anno una campagna di
sensibilizzazione contro l’omofobia e la trans fobia e l’UNAR attua una politica di intervento
esplicita in collaborazione con le associazioni e le parti sociali.
In Europa leggi di tutela e protezione dall'omofobia sono presenti in Austria, Belgio, Cipro,
Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Islanda, Lussemburgo, Norvegia,
Olanda, Romania, Slovenia, Spagna, Svizzera, Svezia, Ungheria, Inghilterra, Serbia e
Montenegro e Repubblica Ceca.
L'Italia ha urgente bisogno di recuperare un ritardo colpevole e di adeguare la propria
legislazione a tutela di una fascia di popolazione particolarmente esposta a discriminazione e
violenza. Ogni ritardo in tal senso è un atto di complicità morale. L'approvazione di una
direttiva orizzontale sulle discriminazioni presentata al Parlamento europeo renderà ancor più
urgente agli Stati membri legiferare in tal senso.
Nel nostro Paese esistono esclusivamente due norme.
La prima relativamente alla protezione umanitaria per i cittadini stranieri discriminati o
perseguitati in patria in ragione dell'orientamento sessuale o dell'identità di genere contenuta
nella legge Bossi Fini.
La seconda di recepimento della direttiva europea 2000/78 contro la discriminazione sui luoghi
di lavoro che però, non avendo invertito l'onere della prova che risulta così in capo al
discriminato,
risulta
di
difficile
e
scarsa
applicazione.
Dopo l'approvazione di una pregiudiziale di incostituzionalità passata l'anno scorso su una
legge anti omofobia assistiamo in questi giorni ad un analogo posizionamento delle forze
politiche di centro destra su di un nuovo provvedimento presentato dall'onorevole Concia (PD)
relativo all'istituzione di un aggravante per i reati commessi in ragione dell'orientamento
sessuale
e
dell'identità
di
genere.
Discriminazione dei gruppi vulnerabili
Come sottolineato già nel Rapporto di Monitoraggio del 2012, le popolazioni che vivono nella
precarietà economica e sociale rappresentano uno tra i gruppi di persone classificati come
vulnerabili. L'accumulo di precarietà conduce le donne e gli uomini che ne sono vittime
all'esclusione e alla discriminazione sociale.
Nel settembre 2012, il Consiglio Diritti Umani delle Nazioni Unite ha approvato per consenso i
Principi guida su povertà estrema povertà e diritti umani25. Dal momento che l'Italia ha giocato
un ruolo importante in quanto co-sponsor di questa risoluzione ed il testo dei Principi guida è
stato tradotto in italiano su iniziativa della Commissione Diritti Umani del Senato della
Repubblica26. Ci si aspetta quindi che nei prossimi mesi e anni, tali principi guida ispirino una
politica globale, coerente anche in futuro di contrasto alla povertà. Una politica che sia fondata
sui diritti umani e sul rispetto della dignità umana, che ancora oggi manca nel nostro Paese e
che riconosca inoltre la povertà come fonte di discriminazione sociale.
25
26
http://ap.ohchr.org/documents/dpage_f.aspx?si=A/HRC/RES/21/11
http://www.atd-quartomondo.it/?p=1615
41
In tale direzione e come esempio, nel corso del 2013, in Francia, dopo le prese di posizione
della HALDE 27 , della CNCDH 28 , e del Défenseur des droits, è stata depositata all’Assemblea nazionale francese una proposta di legge.
Ci si augura quindi che anche nel nostro Paese si attui una apertura del mandato all’UNAR che includa anche la povertà e la discriminazione sociale e al contempo la creazione al più presto
della istituzione nazionale indipendente per la tutela dei diritti umani.
La discriminazione fondata sulla disabilità non trova nella legislazione italiana in materia la
figura dell’accomodamento ragionevole previsto dall’art. 5 della CRPD. Solo di recente tale figura è stata inserita nell’ambito del lavoro (legge 99/2013) a seguito di una procedura di infrazione della Commissione Europea per mancata trasposizione della Direttiva europea
78/2000. Ancora però non è prevista nella legislazione la materia di discriminazione fondata
sulla disabilità (Legge 67/2006).
9.
Diritti dei bambini e degli adolescenti, Racc. 37, 38, 39, 40, 41,
42, 43, 44
Nell’ambito dell’Universal Periodic Review (UPR) sono state rivolte specifiche raccomandazioni
all’Italia in merito ai diritti delle persone minori di età che vivono nel nostro Paese.
L’universo dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza è un ambito rispetto al quale il Consiglio ONU per i Diritti Umani si è espresso, rivolgendo all’Italia numerose Raccomandazioni,
precisamente dalla 37 alla 44 e 84, 85, 86. Mentre molte sono le raccomandazioni in cui la
questione minorile è richiamata più o meno indirettamente.
I principi richiamati nelle Raccomandazioni riguardano:
- prevenzione di tutte le forme di discriminazione nei confronti dei minori; tutela di tutti i
bambini nati e presenti in Italia (diritto alla cittadinanza).
- Piano nazionale per l’infanzia e l’adolescenza e Garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza.
- Diritto all’istruzione per tutti i bambini e adolescenti.
- Rafforzamento delle misure di contrasto riguardo crimini specifici a danno dei minori,
quali la tratta, il recupero delle vittime e la questione dell’accoglienza dei minori stranieri e il contrasto di qualsiasi forma di violenza nei confronti dei bambini.
Oltre al monitoraggio compiuto dal Consiglio ONU per i Diritti Umani, anche il Comitato delle
Nazioni Unite per l’eliminazione della discriminazione razziale (CERD) ha manifestato
attenzione riguardo alcune questioni attinenti particolari gruppi di minori, tra i cui si segnalano
i minori Rom, Sinti e Camminanti. Il CERD, nel documento pubblicato il 9 marzo 201229, ha
raccomandato all’Italia di intensificare gli sforzi per garantire l’effettivo accesso all’istruzione da parte dei bambini Rom e Sinti e altri gruppi vulnerabili, attraverso l’adozione di tutte le misure necessarie per facilitare l’inclusione di tutti i bambini Rom e Sinti nel sistema scolastico (punto
20); di assicurare che il provvedimento amministrativo che limita al 30 per cento il numero dei
bambini/e con nazionalità non italiana in ciascuna classe non influisca negativamente
sull’iscrizione dei figli da parte dei gruppi più vulnerabili (punto 20); di adottare misure per
facilitare l’accesso alla cittadinanza per gli apolidi Rom, Sinti e per i non cittadini che risiedono
in Italia da molti anni e di adottare misure per ridurre l’apolidia. Infine ha espresso particolare
preoccupazione per il sistema fortemente decentrato dell’Italia che può portare diversità delle politiche e delle decisioni a livello regionale e provinciale (punto 27) 30.
In Italia si stima una presenza di rom, sinti e camminanti tra i 120.000 e i 180.000. Si tratta di
circa lo 0,25% della popolazione italiana, una delle percentuali più basse d’Europa, il 60% del
totale ha meno di 18 anni. Circa la metà sono cittadini italiani; il 20-25% proviene da altri Stati
dell’UE (per lo più dalla Romania) e il resto da paesi non UE (soprattutto ex Jugoslavia). Tra
27
28
29
30
Haute autorité de lutte contre les discriminations et pour l'égalité.
Commission nationale consultative des droits de l'homme
Concluding observations of the Committee on the Elimination of Racial Discrimination 2012.
http://www.gruppocrc.net/120-Non-discriminazione-pubblicate.
42
quanti non hanno il permesso di soggiorno molti sono apolidi di fatto: molti minori rom, pur
essendo nati e cresciuti in Italia (ciò vale almeno per 15.000 di loro), non sono cittadini
italiani; ma allo stesso tempo, proprio per essere nati e cresciuti in Italia, difficilmente
ottengono lo status di cittadino del paese di origine dei propri genitori.
Pochissimi sono i minori rom e sinti scolarizzati, soprattutto tra gli stranieri. Secondo una
recente stima, sarebbero almeno 20.000 i rom sotto i dodici anni, per lo più romeni e
jugoslavi, che evadono l’obbligo scolastico e si stima che “i restanti coetanei Rom e Sinti siano in un generalizzato ritardo didattico di non meno di tre anni”. Rispetto al precedente anno scolastico, nel 2012/2013, gli alunni rom e sinti sono
ulteriormente diminuiti, attestandosi a 11.481 iscritti, il numero più basso degli ultimi sei
anni.
Ciò dipende anche da condizioni oggettive come la lontananza fisica dei “campi” dalle scuole, il collegamento affidato a scuolabus “speciali” riservati ai minori rom che, per raggiungere tutti i campi, spesso accompagnano i bambini a scuola con grande ritardo e li prelevano con notevole
anticipo e le discriminazioni di cui sono vittime i minori rom e sinti a scuola.
Nonostante alcune buone prassi, l’Italia è tuttora oggetto di numerose critiche da parte delle istituzioni internazionali. La politica dei campi nomadi, con poche eccezioni, non esiste in altri
Paesi europei. La precarietà delle condizioni abitative e l’emarginazione fisica e sociale precludono il pieno godimento dei diritti dei minori rom e sinti, inclusi quelli
all’istruzione e alla salute31.
Nel 2011 si è svolto a Ginevra, presso le Nazioni Unite, l’esame sull’attuazione della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (CRC) in Italia, a seguito
del quale, il Comitato ONU per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza ha pubblicato le proprie Osservazioni Conclusive (ottobre 2011)32.
Molte delle questioni sollevate nell’ambito dell’UPR che riguardano specificatamente l’infanzia sono state riprese e ribadite anche dai succitati organismi internazionali.
Risorse finanziarie33
In Italia, persiste il problema della diminuzione delle risorse dedicate all’infanzia e all’adolescenza e dei Fondi specifici dedicati alle persone di minore età che vivono nel nostro Paese e alle famiglie. Inoltre continua ad essere difficile riuscire a capire come e dove vengono
allocate le risorse dedicate ai minori e agli adolescenti e quali sono gli effetti delle leggi e delle
manovre economiche nazionali e degli interventi a livello regionale e degli Enti Locali.
Per il triennio 2013/2015 la legge di stabilità non prevede Fondi per la prima infanzia. Vengono
mantenuti i Fondi ex Legge 285/1997, rispettivamente per 39,35 milioni nel 2014 e 38,8
milioni nel 2015. Si segnala una diminuzione della quota dedicata, da 43,9 milioni di Euro nel
2009 a 39,35 milioni di Euro nel 2013.
Il Fondo servizi per la prima infanzia è stato praticamente azzerato, nel 2009 e nel 2010
sono stati stanziati 100 milioni di Euro;; dal 2010 ad oggi non c’è più stato nessuno stanziamento.
Il Fondo per le Politiche per la Famiglia è passato da 186.600 milioni di Euro nel 2009, a
70 milioni di Euro nel 2012. Inoltre il Fondo è stato dedicato ai servizi per la prima infanzia,
per le famiglie, per anziani e per l’assistenza domiciliare. Per gli anni 2014 e 2015, la Legge di Stabilità 2013/2015 assegna per il Fondo per la Famiglia
21,184 milioni nel 2014 e 21,389 nel 2015. Per il Fondo pari opportunità 11,550 milioni nel
2014 e 11,679 nel 201546; per il Fondo per le politiche giovanili, 6,8 milioni nel 2014 e 6,7 nel
2015.
31
“I Diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia. 6° Rapporto di monitoraggio dell’attuazione della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia. 2011-2012”, a cura del Gruppo CRC (www.gruppocrc.net). Pubblicato
il
6
giugno
2012.
Disponibile
al
link,
http://www.gruppocrc.net/IMG/pdf/Cap_7_par_10_Minori_di_minoranza_etniche.pdf.
32
http://www.gruppocrc.net/Osservazioni-Conclusive-del-Comitato-ONU.
33
Dati ripresi dal paragrafo “Risorse destinate all’infanzia e all’adolescenza in Italia” nel 6° Rapporto CRC, disponibile al link http://www.gruppocrc.net/IMG/pdf/Cap-_1_par_2-_Le_risorse.pdf.
43
Inoltre, così come segnalato nel procedente Rapporto di Monitoraggio, il Piano Nazionale
Infanzia e Adolescenza 2010/2011, promulgato dopo sette anni di attesa nel gennaio 2011,
non prevede alcuna copertura finanziaria.
Oltre alla fortissima preoccupazione per la costante contrazione delle risorse dirette e indirette
per l’infanzia e l’adolescenza, si esprime preoccupazione anche per l’assenza di strumenti perequativi a livello nazionale in previsione dell’attuazione del Federalismo fiscale
(che siano LIVEAS o Livelli Essenziali di Prestazioni). La mancanza della definizione dei Livelli
Essenziali di Prestazione non fa che incrementare la disuguaglianza di servizi, prestazioni e
quindi anche di condizioni di vita e di sviluppo dei minori che vivono in parti differenti del
nostro Paese.
Riforma minorile34
Così come avvenuto nel precedente Rapporto di monitoraggio, si evidenzia anche quest’anno la
mancanza di una riforma organica della legislazione in materia di famiglia e minori così come
l’assenza di una riforma della Giustizia Minorile.
In particolare, l’adozione di una legge di ordinamento penitenziario minorile, da tempo
sollecitata anche dal Comitato ONU sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, dal Consiglio
d’Europa e dalla Corte Costituzionale italiana, appare improcrastinabile. Al momento nessuno
dei progetti di riforma elaborati ha potuto essere adottato.
Né ci si è mossi nella direzione di creare un Osservatorio nazionale sulla condizione dei minori
detenuti che veda la collaborazione di attori istituzionali, ONG, centri di ricerca. Si deve
tuttavia valutare positivamente lo sforzo compiuto dal Dipartimento della Giustizia Minorile
(DGM) per rendere disponibile sul suo sito internet un numero sempre maggiore di dati
statistici e di analisi.
Manca un approccio “globale” alla questione penale minorile, benché le stesse istituzioni siano
consapevoli del fatto che solo un simile approccio sia in grado di affrontare “i fattori di
discriminazione multipla” che riguardano i minori che entrano nel circuito penale, “fra i quali la minore età, la condizione giuridica di autore di reato, l’esposizione al rischio di disagio
psicologico e sociale”.
Raccolta dati35
La carenza del sistema italiano di raccolta dati, anche disagregati, inerenti l’infanzia e l’adolescenza, sottolineata anche nel precedente Rapporto di monitoraggio, è stata
ampiamente evidenziata anche dal Comitato ONU nelle proprie raccomandazioni al Governo
italiano. Tale lacuna del nostro sistema non permette di stimare l’incidenza dei fenomeni e costituisce un impedimento per la programmazione e realizzazione di politiche ed interventi
idonei e qualificati.
A livello generale si ribadisce la mancanza di dati, e conseguentemente di monitoraggio, sulla
spesa pubblica per l’infanzia e l’adolescenza, sia a livello centrale che locale
Si evidenziano particolari criticità soprattutto per quanto riguarda i minori fuori dalla
famiglia - le modalità di raccolta dati permangono frammentate e disomogenee a livello
nazionale; non è ancora operativa la banca dati in relazione al fenomeno dell’abuso sessuale dei minori, è tutt’ora assente un sistema di monitoraggio nazionale dei casi di
maltrattamento.
Non si hanno dati completi rispetto alla qualità dell’inclusione scolastica degli alunni con disabilità, a causa di un sistema di valutazione e auto-valutazione nazionale non comprensivo
34
Dati ripresi dal paragrafo “I minori in stato di detenzione o sottoposti a misure detentive” nel 6° Rapporto CRC, disponibile al link, http://www.gruppocrc.net/IMG/pdf/Cap_7_par_3_Minori_in_stato_di_detenzione.pdf.
35
Dati ripresi dal paragrafo “Raccolta dati” nel 6° Rapporto CRC, disponibile al link, http://www.gruppocrc.net/IMG/pdf/Cap_1-_par_7-_La_raccolta_dati.pdf.
44
di questo aspetto, nonché alla presenza degli insegnanti di sostegno e i dati dell’Anagrafe dell’edilizia scolastica, relativi alle condizioni strutturali e non, di tutti gli edifici scolastici
pubblici italiani, non sono pubblici e consultabili.
Infine si lamenta ancora la mancanza di dati statistici per i bambini con disabilità
relativi alla fascia d’età 0-6 anni.
Violenza sui minori36
L’attuazione di efficaci strategie di contrasto a tutte le forme di violenza e di maltrattamento
contro i bambini non può prescindere da una conoscenza del fenomeno che si basi su dati
quantitativi e qualitativi attendibili. In assenza tuttora di un sistema di monitoraggio nazionale
dei casi di maltrattamento abbiamo a disposizione solo statistiche parziali, che si basano su
dati centrati sulla dimensione giudiziaria. Nel periodo 2006-2010 sono cresciute del 6% le
denunce di violenza sessuale in danno ai minori e del 25% le denunce di atti sessuali
con minorenni. Nel 2011 sono stati 10.985 i bambini vittime di violenze sessuali,
sfruttamento prostituzione, percosse e minacce. Si tratta di un dato sicuramente sottostimato,
considerato che i casi denunciati si attestano a meno del 10%. Per quanto riguarda la cura e
la riabilitazione delle vittime, gli interventi di assistenza e recupero psicoterapeutico delle
stesse sono inserite a pieno titolo tra le prestazioni sanitarie garantite dal SSN a livello di
assistenza territoriale, ambulatoriale e domiciliare (DPCM 14 febbraio 2001). Va infine
segnalata una forma di violenza contro i minori che è presente in Italia e che riguarda tutte le
forme di coinvolgimento e reclutamento dei ragazzi nelle organizzazioni criminali, spesso di
stampo mafioso.
L’anno scorso è stato compiuto un innovativo passo avanti proprio nella direzione conoscitiva
del fenomeno, grazie all’indagine quali-quantitativa realizzata nel 2013 da due organizzazioni
che da sempre partecipano al Gruppo CRC, indagine che fornisce per la prima volta una
fotografia dell’incidenza del maltrattamento in Italia 37.
I risultati dello studio hanno confermato che ben 100.000 bambini sono presi in carico
ogni anno dai Servizi Sociali italiani esclusivamente per maltrattamento e abuso
sessuale: dunque lo 0,98% della popolazione minorile. Se ad essi si aggiungono i casi di
minori presi in carico per altre cause, il dato sale a 150.000 bambini.
Si segnala, con particolare riguardo alla fenomenologia dell’abuso sessuale sui minori di quattordici anni come emerge dall’attività giudiziaria espletata nel quadriennio 2000-2013 dal
Tribunale Penale di Roma, il primo studio sistematico sulla materia di recente pubblicazione di
Giuliana Olzai.38
Per la sua portata fortemente innovativa e per poter incidere realmente nelle politiche nazionali
di contrasto del maltrattamento, il progetto è stato riattivato nel 2014 su scala nazionale, con il
coinvolgimento di 250 Comuni, grazie allo specifico mandato e contributo dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, in collaborazione con ANCI e ISTAT. Obiettivo del progetto è portare a ‘sistema’ questo innovativo strumento di monitoraggio sull’incidenza del maltrattamento su scala nazionale, in modo permanente, condividendo con Ministeri, ANCI e
ISTAT i risultati e gli strumenti adottati dall’Indagine39.
Il ricorso alle punizioni fisiche 40 e umilianti in tutti i contesti, compreso quello familiare,
sebbene sia un fenomeno contrario ai principi e ai diritti sanciti dalla CRC, è ancora
ampiamente diffuso e tollerato, sia a livello globale, sia nel nostro Paese.
Il nostro ordinamento prevede un divieto esplicito dell’uso delle punizioni fisiche soltanto 36
Dati ripresi dal paragrafo “Abuso, sfruttamento sessuale e maltrattamento dei minori” nel 6° Rapporto CRC, disponibile al link, http://www.gruppocrc.net/IMG/pdf/Cap_7_par_9_Abuso_sfruttamento_sessuale.pdf
37
“Maltrattamento sui bambini: quante le vittime in Italia?”. Lo studio, condotto da CISMAI e Terre des Hommes, ha coinvolto una cinquantina di Comuni italiani. Per dettagli: http://terredeshommes.it/cosa-facciamo/progetti-italia/.
38
39
40
Olzai G., Abuso sessuale sui minori. Scenari, dinamiche, testimonianze, Antigone Edizioni, Torino, 2014
Per approfondimenti si veda il sito del Gruppo CRC, www.gruppocrc.net.
Si veda 6° Rapporto CRC e 7° Rapporto CRC, disponibili al seguente link www.gruppocrc.net.
45
nell’ambito scolastico41 e nell’ordinamento penitenziario42.
È necessario dunque intervenire con maggior chiarezza sulla normativa nazionale introducendo
un esplicito divieto delle punizioni corporali. Ciò non solo al fine di adeguare il testo legislativo
all’indirizzo giurisprudenziale e ai principi costituzionali e di diritto da esso richiamati, ma anche perché fino a quando la pratica delle punizioni corporali si confonderà con il ricorso
all’impiego di mezzi di correzione e disciplina resterà aperta la possibilità che violazioni
dell’integrità fisica dei minori siano nei fatti tollerate o, comunque, non attivamente contrastate sul piano giudiziario, culturale, sociale e familiare. La modifica della normativa, infatti, avrebbe
l’effetto di un forte deterrente su tali comportamenti 43, ma si deve accompagnare ad attività di
sensibilizzazione atte a ottenere quel cambiamento culturale necessario per proteggere
bambini e adolescenti da qualsiasi forma di violenza.
Perché avvenga un reale cambiamento culturale, dunque, occorre promuovere modelli di
genitorialità positiva 44.
Da segnalare positivamente il fatto che l’Italia ha ratificato gli accordi di Lanzarote: oggi, finalmente, il turismo sessuale e gli adescamenti on-line sono considerati reato.
Per i minori con disabilità l’assenza di dati sulla violenza è totale (art. 7 della CRPD).
Minori stranieri non accompagnati45
Per quanto riguarda la raccomandazione UPR numero 34 relativa all’accoglienza dei minori
stranieri non accompagnati si segnala che rimane ancora aperta la questione del diritto alla
protezione e all’accoglienza. Nel 2013 sono arrivati in Italia via mare quasi 43.000 migranti, di cui circa 5.200 minori non
accompagnati (MNA)46 e 3.000 minori in nucleo familiare. Mentre il numero di adulti si è quasi
triplicato rispetto al 2012, quello dei MNA è poco più che raddoppiato, ma è il numero dei
minori giunti in nucleo familiare a essere aumentato esponenzialmente: il dato del 2013 è dieci
volte superiore a quello dell’anno precedente. È cambiata anche la provenienza dei minori: la quasi totalità (2.440) dei minori accompagnati sono siriani, mentre la maggior parte dei MNA
proviene dalla Siria (1.224), dall’Egitto (1.144), dalla Somalia (820) e dall’Eritrea (685)47.
All’incremento degli arrivi via mare, non corrisponde lo stesso aumento nelle presenze dei MNA in Italia, che si mantiene quasi costante rispetto all’anno precedente.
Al 31 gennaio 2014 risultano essere 7.824 i MNA segnalati dalle comunità al Ministero del
Lavoro e delle Politiche Sociali – D.G. dell’immigrazione e delle politiche di integrazione48, di cui
41
Regolamento Scolastico 1928;; Cass. Sez. I, ord. 2876 del 29/03/1971: “…gli ordinamenti scolastici escludono in
maniera assoluta le punizioni consistenti in atti di violenza fisica”.
42
Legge n. 354/1975 - Norme sull’ordinamento Penitenziario, “non consente l’impiego della forza fisica nei confronti dei detenuti”.
43
Per esempio, in Svezia il 14,1% dei genitori dichiara di aver schiaffeggiato i propri figli; mentre in Francia, dove le
punizioni fisiche non sono vietate, il 71,5% dei genitori le utilizza ancora. Dati elaborati nell’ambito della ricerca: The
Effect of Banning Corporal Punishment in Europe: A Five-Nation Comparison, ottobre 2009.
44
Si segnala che nel 2011 Save the Children Italia ha lanciato la campagna di sensibilizzazione “A MANI FERME. Per dire NO alle punizioni fisiche contro i bambini”, nell’ambito della quale sono stati realizzati materiali informativi tra cui
la Guida pratica alla genitorialità positiva. Come costruire un buon rapporto genitori-figli e leaflet per genitori. Tutti i
materiali sono disponibili al link www.savethechildren.it/amaniferme. La campagna è stata realizzata nell’ambito del Progetto “Educate, do not punish”, finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del Programma Daphne III.
45
Dati ripresi dal paragrafo “Minori stranieri non accompagnati. Il diritto alla protezione e all’accoglienza nel 6° Rapporto
CRC
e
7°
Rapporto
CRC,
disponibile
al
link,
http://www.gruppocrc.net/IMG/pdf/Cap_7_par_1_Minori_stranieri_non_accompagnati.pdf
46
Per “minori non accompagnati” s’intendono i minori che si trovano in Italia privi di assistenza e rappresentanza da parte di genitori o di altri adulti per loro legalmente responsabili.
47
Dati forniti dal Ministero dell’Interno a Save the Children – partner del Progetto Praesidium. Per maggiori
informazioni sul profilo dei minori in arrivo via mare, si vd. Save the Children, Dossier minori migranti in arrivo via
mare 2013, dicembre 2013, disponibile al link:
http://risorse.savethechildren.it/files/comunicazione/Ufficio%20Stampa/I%20MINORI%20IN%20ARRIVO%20VIA%20
MARE_2013.pdf.
48
Dal 2012 la Direzione Generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha assorbito ruolo e funzioni del Comitato per i Minori Stranieri (Decreto Legge n. 95/2012, art. 12,
comma 20, convertito con modifiche nella Legge n. 135/2012).
46
1.872, alla stessa data, risultavano essere irreperibili. La maggior parte dei MNA segnalati
(6.150) sono ragazzi con un’età compresa tra i 16 (1.962) e i 17 anni (4.238). Per quanto
riguarda le nazionalità, si rileva un aumento del numero di MNA egiziani (1.697) e albanesi
(915), mentre sono in lieve diminuzione i MNA del Bangladesh (1.026) 49.
Nonostante il numero di arrivi e presenze di MNA sia diminuito e nonostante gli impegni presi
pubblicamente da parte del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, anche nel 2013 non
si è provveduto ad una riforma del sistema di accoglienza dei minori stranieri non
accompagnati.
Nel corso del 2013 non vi sono stati rilevati cambiamenti in materia di accertamento
dell’età. Si rileva, in particolare, con preoccupazione, non solo la mancata formale adozione a
livello nazionale del c.d. Protocollo Ascone23, ma anche l’uso sempre più diffuso e sistematico
dell’accertamento medico dell’età tramite radiografia del polso.
La raccomandazione numero 40 sul diritto di cittadinanza 50 , accolta dal nostro Governo,
rimane a nostro avviso ancora disattesa.
Per quanto riguarda l’accesso alla cittadinanza per i minori stranieri nati in Italia o arrivati sul
territorio da bambini, il principio ispiratore dell’attuale Legge sulla cittadinanza 91/1992 è lo
jus sanguinis, ovvero il diritto di acquisire la cittadinanza se uno dei genitori è italiano; la
norma prevede che il minore nato in Italia da cittadini stranieri possa divenire cittadino italiano
a condizione che vi abbia risieduto legalmente e ininterrottamente fino al raggiungimento della
maggiore età e dichiari, entro un anno da questo, di voler acquisire la cittadinanza italiana
(art. 4, co. 2). Può però spesso accadere che i neo maggiorenni di origine straniera, non
essendo a conoscenza di tale limite temporale, non presentino la domanda in tempo, perdendo
così la possibilità di riconoscimento di questo diritto. L’eccessiva rigidità della norma, solo in parte stemperata dalle due successive Circolari del Ministero dell’Interno del 2002 e 2007,
esclude, di fatto, dalla possibilità di accesso alla cittadinanza molti minorenni di seconda
generazione, nati e vissuti in Italia ma che non posseggono le caratteristiche richieste di
residenza legale e continuativa.
Inoltre, la Legge 91/1992 non contempla nessuna disposizione di acquisizione della
cittadinanza nel caso dei minori, figli di genitori stranieri, arrivati in Italia da piccoli. Per loro,
una volta divenuti maggiorenni, non è prevista la possibilità di acquisizione della cittadinanza,
se non attraverso i canali già previsti per gli adulti (10 anni di residenza o matrimonio).
Un ultimo aspetto di criticità della Legge 91/1992, riguarda l’ostacolo derivante dall’impossibilità di effettuare il giuramento richiesto per l’attribuzione della cittadinanza da parte di persone di minore età affette da qualsiasi tipo di patologia che limita la capacità di
intendere e di volere.
Se da un lato la legislazione mostra tutte le criticità elencate sopra, dall’altro, e questo rende ancora più urgente una riforma legislativa sul tema, le statistiche
indicano una presenza sempre più radicata di minori nati sul territorio italiano da genitori
stranieri. La Fondazione ISMU ha stimato che al 1° gennaio 2013 non avevano un titolo valido
di soggiorno 294.000 stranieri, pari al 6% del totale delle presenze51..
Secondo i più recenti dati ISTAT 52 , gli stranieri residenti in Italia al 1° gennaio 2013 sono
4.387.721, 334.000 in più rispetto all’anno precedente (+8,2%). Il calcolo effettuato dopo l’ultimo censimento registra un aumento della quota di cittadini stranieri, sul totale dei residenti (italiani e stranieri), dal 6,8% del 1° gennaio 2012 al 7,4% del 1° gennaio 2013. I
49
Fonte: Report Nazionale Minori Stranieri non Accompagnati al 31/01/2014, Ministero del Lavoro e delle Politiche
Sociali - D.G. dell’Immigrazione e delle Politiche di Integrazione - Divisione IV. Disponibile online al link:
http://www.lavoro.gov.it/AreaSociale/Immigrazione/minori_stranieri/Documents/Report%20MSNA31012014.pdf. I dati
aggiornati vengono pubblicati mensilmente/bimestralmente.
50
Dati ripresi dal paragrafo “Diritto di registrazione e di cittadinanza” nel 6° Rapporto CRC e 7° Rapporto CRC, disponibile al link, http://www.gruppocrc.net/IMG/pdf/Cap_3_par_1-_Diritto.pdf
51
Fondazione ISMU, Diciannovesimo rapporto sulle Migrazioni 2013, Franco Angeli, Milano 2014.
Cfr. ISTAT, La popolazione straniera residente in Italia al 1 Gennaio 2013. Si noti l’infografica “Stranieri e nuovi cittadini”: http://www.istat.it/storage/infographics/infografica-stranieri.pdf.
52
47
neonati stranieri nel 2012 costituiscono il 15% del totale dei neonati in Italia. Rispetto al 2011,
l’incremento delle nascite di bimbi stranieri è dell’1%, mentre nel 2010 era dell’1,3%.
I minori di origine straniera nati nel nostro Paese, le cosiddette seconde generazioni, sono
ormai più di 500.000, poco meno del 60% del totale di minori stranieri residenti.
Garante Nazionale per l’Infanzia53
Nel 2011 è stata approvata la Legge per l’istituzione del Garante nazionale e a novembre dello
stesso anno è stato nominato il primo Garante Nazionale per l’Infanzia e l’Adolescenza. Il 2012 è stato quindi il primo anno in cui in Italia è stata presente tale figura, anche se si segnala che
il regolamento, che rende operativa tale Autorità, è stato approvato solo a settembre 2012. La
Legge di Stabilità 2013/2015 ha però confermato per il 2013 il Fondo di 1 milione per il
funzionamento dell’Ufficio del Garante Nazionale per l’Infanzia e l’Adolescenza. Nel regolamento vengono stabilite le norme che regolano le attività dell’Autorità Garante.
In particolare, la sede, la composizione e l’organizzazione dell’Ufficio (artt. 4 e 5), nonché l’organizzazione della Conferenza nazionale per la garanzia dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (art. 8).
Il 10 aprile 2014 è stata presentata in Parlamento la Terza relazione annuale 54.
A partire dal 2013 è diventata operativa la Conferenza nazionale per la garanzia dei diritti
dell’infanzia e dell’adolescenza55, presieduta dal Garante e composta dai Garanti regionali
(ne fanno parte Calabria, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Marche, Molise, Puglia,
Toscana, Umbria, Veneto e i Garanti delle due Province Autonome di Bolzano e Trento). La
conferenza si è riunita 3 volte nel 2013. È avvenuta la prevista nomina di un Garante
Coordinatore nella persona del Garante regionale del Lazio.
Sul funzionamento della struttura organizzativa dell’Autorità si registra una grave difficoltà nello svolgimento del proprio mandato a causa del dimezzamento dei fondi messi a
disposizione e “l'obbligo di non avvalersi di esperti "56.
A partire dal dicembre 2013, è stata istituita anche la Consulta nazionale delle
associazioni e delle organizzazioni, prevista dal Regolamento attuativo dell’Autorità di garanzia.
Per quanto concerne i Garanti regionali per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, si
segnala che solo la Valle d’Aosta e l’Abruzzo 57 non hanno approvato una legge che prevede
l’istituzione di tale figura. Tuttavia, le leggi istitutive differiscono in mandato, competenze e
risorse a disposizione, provocando un’ulteriore differenziazione nell’accesso ai diritti. Rispetto alla nomina, al momento della stesura del presente Rapporto di aggiornamento 58, sono attivi
10 Garanti regionali, a cui si aggiungono i due delle Province Autonome di Trento e Bolzano,
anche se si segnala che due di questi non hanno un mandato esclusivo 59.
In particolare con riferimento all’attuale disegno di legge in discussione in Parlamento per l’istituzione di una Istituzione nazionale indipendente sui diritti umani occorrerà, nella
definizione finale della legge in materia, accordare particolare attenzione al raccordo con il
Garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, per dare attuazione ad un approccio che 53
Dati ripresi dal paragrafo “Istituti di garanzia e tutela dell’infanzia e dell’adolescenza” nel 6° Rapporto CRC, disponibile al link, http://www.gruppocrc.net/IMG/pdf/Cap_1_par_5-_Istituti_di_Garanzia.pdf
54
Le relazioni sono disponibili al seguente link: http://www.garanteinfanzia.org.
55
Art. 8 del Regolamento.
56
http://www.repubblica.it/solidarieta/dirittiumani/2014/06/18/news/crisi_la_povert_riguarda_oltre_300_mila_bambini_in_italia-89370105/
57
L’Abruzzo, con Legge Regionale n. 46 del 2 giugno 1988, ha affidato in convenzione la funzione e il ruolo di
“Difensore dell'infanzia” al Comitato Italiano per l'UNICEF.
58
Si segnala che, in occasione del 20 novembre 2013, alcune Regioni italiane hanno approvato una mozione dedicata
all’infanzia e l’adolescenza: in Lombardia (moz. 000138 del 19 novembre 2013) tale documento impegna il Presidente
e la Giunta Regionale “a dare piena attuazione alla legge regionale 6/2009 procedendo in tempi brevi alla nomina del
Garante regionale per infanzia e adolescenza”;; in Sicilia (moz. 225) impegna il Governo della Regione “a provvedere in
tempi brevi alla nomina del Garante regionale”.
59
Nelle Marche, l’Autorità di garanzia si occupa sia degli adulti che dei minorenni;; a Trento, il difensore civico ha anche il ruolo di Garante per i diritti dei bambini e degli adolescenti.
48
inserisca i diritti dei bambini e degli adolescenti a pieno titolo all’interno di un rafforzato quadro di riferimento nazionale sui diritti umani.
10.
Sovraffollamento nelle carceri, Racc. 45, 46
Le Raccomandazioni 45 e 46, entrambe accettate, reclamano iniziative per ridurre il
sovraffollamento delle carceri italiane suggerendo l’adozione di misure alternative alla reclusione e la possibilità di reintegrazione dei detenuti stranieri.
Nel maggio 2013 la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia a risolvere entro
un anno, cioè entro maggio 2014, il problema del sovraffollamento negli istituti di pena e a
prevedere i rimborsi per i detenuti vittime del problema. L'8 gennaio scorso la Corte europea
aveva infatti condannato l’Italia per aver sottoposto sette detenuti del carcere di Busto Arsizio
e di Piacenza a condizioni inumane e degradanti in quanto condividevano celle di 9 metri
quadri con altri due carcerati e non avevano sempre accesso alle docce spesso prive di acqua
calda. La Corte, rigettando il ricorso del governo italiano, ha condannato l’Italia a risarcirli con quasi 90 mila euro e ha dato al governo un anno di tempo per risolvere il problema del
sovraffollamento delle carceri e introdurre nel proprio ordinamento misure che garantiscano ai
detenuti di poter ottenere un miglioramento delle loro condizioni oltre che un risarcimento per i
danni subiti. Inoltre ha solleva dubbi sulle misure prese sin dal 2010, in particolare con il
"piano carceri", e invita le autorità italiane a mettere in atto misure alternative al carcere e a
ridurre al minimo il ricorso al carcere preventivo.
In relazione a ciò, il decreto-legge n. 78 del 2013 ha inteso dare un nuovo impulso al "Piano
Carceri" con una serie di misure in materia di esecuzione della pena, volte a fronteggiare il
sovraffollamento. Il Ministro della Giustizia, Cancellieri, ha dichiarato, quindi che entro il mese
di maggio 2014 sono previsti altri 4 mila nuovi posti detentivi mentre al completamento del
Piano Carceri, cioè entro la fine del 2015, i nuovi posti saranno circa 10 mila. Questi numeri
dovrebbero essere raggiunti grazie alla creazione di nuovi posti di cui una parte ottenuti in
edifici oggi destinati ad ospedale psichiatrico giudiziario e la riapertura di spazi detentivi
nell'isola di Pianosa. , alla riduzione della detenzione preventiva in attesa di giudizio e al
potenziamento dei lavori socialmente utili.
L'incremento ipotizzato della ricettività carceraria appare però, in relazione alla tempistica
prevista per l'incremento complessivo, insufficiente rispetto all'obbiettivo di ottemperare
tempestivamente e in modo completo alla sentenza della Corte di Strasburgo.
Al 30 settembre 2013 sono usciti dagli istituti penitenziari nazionali 12.109 detenuti di cui
3.478 stranieri per effetto della legge 199/2010, la cosiddetta “sfolla carceri”. Al 31 ottobre 2013, secondo le statistiche del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, tra i 205 istituti penitenziari italiani si contano 64.323 detenuti, su 47.668 posti regolamentari
(Di questi 2.800 sono donne).
Riguardo al problema della carenza di personale, il Dipartimento dell'Amministrazione
Penitenziaria rileva che a fronte di una di 534 unità previste per il personale dirigenziale ne
operano effettivamente solo 416 con un divario del 22,1%, mentre sono attivi 1.002 funzionari
giuridico-pedagogici (in precedenza denominati educatori) a fronte di organico previsto di
1.376 elementi con un divario quindi del 27,2%. e 1.058 funzionari di servizio sociale contro i
1.630 elementi previsti, con un divario del 35,1 %.
L'organico della Polizia Penitenziaria dovrebbe essere di 41.281 unità, ma sono attive solo
37.590 unità con un divario dell'8,9%, che apparentemente non sembra costituire una grave
carenza ma che nei fatti non tiene conto dell'altissimo numero di operatori che non vengono
utilizzati presso le sedi detentive, ma vengono dislocati presso enti od organi esterni al Dap e
al ministero della Giustizia, tra i quali organi del Parlamento, uffici non giudiziari del ministero
della Giustizia, uffici giudiziari e non di Roma e altre sedi non detentive, Presidenza del
Consiglio e “organi di rango costituzionale” come Presidente della Repubblica Governo, Parlamento e Corte Costituzionale e altri eventuali enti.
Inoltre l'implementazione dell'organico della polizia penitenziaria che era stata prevista dal
49
Governo non è stata attuata. Il personale è quindi ancora carente e si trova, oltre a far fronte a
questa già di per sé difficile gestione, a dover trattare con un numero di detenuti superiore alla
capienza regolamentare in una sproporzione che va a scapito sia del personale stesso sia dei
detenuti. Rimane costante quindi la relazione sempre più stretta tra il sovraffollamento e la
frequenza dei suicidi in carcere, favoriti anche dalle pessime condizioni di vivibilità delle
strutture.
A tal proposito il Sindacato Autonomo Polizia penitenziaria (Sappe) ha rivolto ad agosto 2013
un appello al governo perché sia risolta al più presto la “sempre più critica e drammatica situazione degli organici della Polizia penitenziaria”. A fronte di una popolazione detenuta che si attesta sempre di quasi 20.000 unità in più oltre i 43mila posti letto effettivi delle carceri
italiane, con tutte le relative valenze di pericolo e di trattamento, gli appartenenti al Corpo di
Polizia Penitenziaria diminuiscono ogni anno di 800 - 1.000 unità, per ragioni fisiologiche,
senza essere adeguatamente sostituiti. Dal 2008 al 2013 sono state perse di forza circa 7.500
unità, che non sono state compensate.
Il sovraffollamento è anche una questione dei costi sociali: dal 2007 i detenuti sono aumentati
del 50 per cento e le risorse del D.A.P. sono diminuite del 10 per cento.
Il costo medio giornaliero per singolo detenuto nel 2012 è stato di 124,73 Euro. Al 30 giugno
2013 la situazione sembra leggermente migliorata attestandosi al 123,78 Euro, ma dobbiamo
arrivare alla fine dell'anno per avere dati definitivi.
La Raccomandazione 46 suggeriva “l'adozione di misure alternative alla privazione della libertà personale ... e la possibilità di reintegrazione dei detenuti stranieri.” Il “Piano carceri” prevede a questo scopo l'ampliamento il modello di detenzione “aperta”, in cui le stanze in cui pernottano i detenuti siano deputati a luoghi per il riposo e non per lo
svolgersi della giornata quasi nella sua totalità. Questo provvedimento di tipo amministrativo
sarà messo a punto da un’apposita Commissione e rivolto prioritariamente ai detenuti classificati come richiedenti misure di media o bassa sicurezza, riguardando quindi la quasi
totalità della popolazione detenuta, coinvolgendo più di 50.000 detenuti. La detenzione
“aperta” è già in fase di attuazione, riguarda la permanenza fuori dalle camere di pernottamento e dalle sezioni del 29% dei detenuti e secondo il programma del governo
nell'aprile 2014 usufruirà di questa condizione il 79% dei detenuti. L’ipotesi di detenzione aperta si accompagnerà ad altri interventi tra cui l’estensione dell’attività lavorativa nell’ambito della riorganizzazione del sistema detentivo. La gestione dei fondi prevede di ricollocare le
risorse in relazione a un piano nazionale di elaborazione di spazi all’interno degli Istituti penitenziari idonei ad accogliere attività lavorative.
Riguardo la possibilità di integrare professionalmente i detenuti, nel 2012 i lavoranti in carcere
sono stati 13.808, cioè il 21,02 per cento della popolazione detenuta, di cui 11.557 alle
dipendenze dell'Amministrazione Penitenziaria e 2.251 per datori di lavoro esterni (intesi come
enti no profit o cooperative). Al 30 giugno 2013 i detenuti lavoranti in carcere erano 13.727,
cioè il 20,79 per cento della popolazione carceraria, tra i quali 11.579 alle dipendenze
dell'Amministrazione Penitenziaria e 2.148 per datori di lavori esterni. Percentuali rimaste
quindi pressoché invariate.
In base alle nuove direttive le imprese che hanno in carico detenuti lavoratori saranno
riconosciuti il credito d’imposta fino al 31 agosto 2013 e gli sgravi contributivi fino al 31 dicembre 2013. Tale decreto dovrebbe rendere effettiva la cifra di 16 milioni di euro per
l’applicazione della cosiddetta “legge Smuraglia”. Il fondo era stato previsto dalla Legge di stabilità 2013 (n. 228/2012) e prevede di incentivare misure alternative come il lavoro dopo la
pena: un fattore riabilitativo che produce un abbattimento della recidiva quasi nel 98% dei
casi.
Per quanto riguarda la rieducazione dei detenuti, per le attività trattamentali, (scolastiche,
culturali, ricreative, sportive) vengono spese giornalmente 0,23 Euro a testa, cifra che
impedisce di svolgere la rieducazione.
50
I detenuti stranieri erano 23.492 nel 2012 e sono passati, al 31 ottobre 2013, a 22.586, di cui
1.109 donne. La lieve flessione registrata nell’ultimo anno si deve in parte alla legge “svuota carceri”, in parte all’impatto significativo della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che nell’aprile del 2011 ha sancito il dovere dei giudici italiani di disapplicare le norme presenti nella legge Bossi-Fini che prevedevano l’arresto per l’inottemperanza all’obbligo di allontanamento del Questore per l’extracomunitario non in regola coi documenti. Molti stranieri detenuti hanno compiuto reati legati all'uso o alla detenzione di sostanze stupefacenti. Ben il
36% della popolazione carceraria è dentro per avere violato la legge Fini-Giovanardi sulle
droghe. Le misure alternative alla detenzione, quando applicate, hanno avuto buon esito con
una recidiva dello 0,46 per cento. Sarebbe utile quindi una rivalutazione delle pene, delle
misure alternative alla detenzione e della loro applicabilità, soprattutto nel caso degli stranieri.
11.
Tortura, Racc. 4, 6, 8
Vedi paragrafo su “1. Diritti Civili e Politici e strumenti internazionali”
12.
Tratta, Racc. 83, 84, 85, 86, 87, 88
Il 15 aprile 2013, la Commissione europea ha presentato la prima relazione sulla tratta degli
esseri umani dalla quale emerge che l' Italia detiene il triste primato per la tratta di esseri
umani: 1.624 casi nel 2008, 2.421 nel 2009 e 2.381 nel 2010. Tra i minori, le vittime sono per
lo più ragazze, sfruttate principalmente nella prostituzione e provenienti dall’Est Europa o dalla Nigeria ma cominciano ad affiorare evidenze anche di sfruttamento nel lavoro di ragazzi
(egiziani, cinesi) mentre fenomeni di tratta e grave sfruttamento riguardano anche minori
provenienti per lo più dalla Romania e in particolare di origine Rom, coinvolti in circuiti di
prostituzione, accattonaggio, attività illegali.
A rischio di sfruttamento e tratta sono poi i numerosi i minori stranieri non accompagnati che
sono “in transito” nel nostro paese, come gli afgani. Si stima che siano 30.000 i minori in Italia
coinvolti in lavori pericolosi per la loro salute, sicurezza o integrità morale. Fra di essi ci sono
sia ragazzi italiani che minori di origine straniera, soprattutto egiziani. Giovani tra i 13 e i 16
anni sfruttati principalmente nel settore commerciale (frutterie, bar, ristorazione, panifici,
mercati generali).
Il 30 maggio 2013 la Commissione europea ha inoltre aperto una procedura d' infrazione ( n.
2013/0228 ) inviando all'Italia una lettera di messa in mora ( ex art. 258 TFUE ) per il mancato
recepimento della direttiva 2011/36/UE del 5 aprile 2011, concernente la prevenzione e la
repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, che sostituisce la
decisione quadro del Consiglio 2002/629/GAI.
In seguito l'Italia con la Legge di delegazione europea del 12 luglio 2013 ha, all'art. 5 del
provvedimento, dettato specifici criteri di delega per il recepimento della suddetta direttiva
sulla tratta di esseri umani e la protezione delle vittime.
Tali criteri direttivi prevedono che l'attuazione della direttiva avvenga senza pregiudizio alcuno
di diritti, obblighi, responsabilità ( individuali come statali ) posti dal diritto internazionale
umanitario; si soffermano sul coordinamento per la tutela, l'assistenza e il diritto di asilo alle
vittime della tratta di esseri umani; sulla necessità di adottare procedure efficaci volte sia a
facilitare l'identificazione di minori non accompagnati che ad informare i minori stessi sui loro
diritti, con particolare riferimento alla protezione internazionale, e delle decisioni prese nei loro
confronti, tenendo in preminente conto il superiore interesse del minore.
Il sistema italiano di protezione sociale per le vittime di tratta si fonda su tre pilastri di azione:
l’emersione, l’identificazione e la prima assistenza, l’inclusione socio-lavorativa o il rientro
assistito.
A questi pilastri sono collegati i seguenti dispositivi di intervento:
Numero Verde Nazionale anti-tratta (800.290.290);
51
Programma di prima assistenza, ai sensi dell’art. 13 “Istituzione di uno speciale programma di assistenza per le vittime dei reati previsti dagli articoli 600 e 601 del codice
penale” della legge 228/2003 (“Misure contro la tratta”);; Programma di assistenza e integrazione sociale previsto dall’art. 18 “Soggiorno per motivi di protezione sociale” del d.lgs. 286/98 “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”. Dal 2006 i progetti ex art. 13 garantiscono assistenza alle presunte vittime di tratta e a quelle
già identificate come tali per un periodo minimo di tre mesi che, ove possibile, può essere
esteso ad altri tre mesi. Durante questo lasso temporale, le persone prese in carico da enti
pubblici o del privato sociale hanno diritto ad adeguate condizioni di alloggio, di vitto, di
assistenza sanitaria e legale. In molti casi, una volta concluso il progetto individuale ex art. 13,
le persone continuano ad essere assistite nell’ambito dei progetti ex art. 18.
Dal 1999 al 2012, il Dipartimento per le Pari Opportunità ha co-finanziato 665
progetti ex art. 18. Da oltre un decennio, dunque, attraverso tali progetti, le persone
trafficate possono accedere ai seguenti servizi ed attività finalizzati all’inclusione sociolavorativa e, quindi, al raggiungimento dell’autonomia individuale dal 2006 al 2012, i
progetti ex art. 13 finanziati sono stati 166.
Alla base di una “criticità’” nell’affrontare il fenomeno della tratta in Italia, vi è la scarsa
volontà politica di porre in essere “un piano nazionale antitratta”;; nonché “il tardivo recepimento della Direttiva europea 36/2011”;; come anche “la mancanza di un/a National
Rapporteur” e, quindi, la inottemperanza di normative e documenti di indirizzo europeo ed
internazionale che l’Italia ha sostenuto, recepito o ratificato nel corso degli ultimi quindici anni (es. la su citata Direttiva europea 36/2011 concernente la prevenzione e la repressione della
tratta di esseri umani e la protezione delle vittime; Convenzione sulla lotta contro la tratta di
esseri umani del Consiglio d’Europa, 2005;; Piano di Azione OSCE per la Lotta alla Tratta di Esseri Umani, 2003; OIL ).
L’incertezza, la scarsità e i progressivi tagli dei finanziamenti assegnati ai programmi ex artt.
13 e 18 condizionano e penalizzano gli interventi anti-tratta e, quindi, la tutela della vittime a
discapito della, sia pur ineccepibile, previsione normativa che il legislatore italiano ha previsto.
13.
Indipendenza della Informazione, Racc. 50, 51, 52, 53, 54
Come già notato in occasione del lancio del monitoraggio UPR da parte del Comitato nel luglio
2011, le raccomandazioni n.50-54 in materia di libertà dei media nei confronti dell’Italia, anche se formalmente accettate, sono state di fatto largamente respinte da parte del governo italiano
(A/HRC/14/4/Add.1 31 maggio 2010) che ha opposto la bontà della legislazione vigente ad
ogni rilievo, compreso la richiesta di depenalizzazione per il reato di diffamazione. Il rapporto
del governo italiano accoglie invece senza riserve la raccomandazione n.54 relativa alla
protezione di giornalisti oggetto di minacce da parte della criminalità organizzata, anche
perché ritiene che sia “già attuata o in corso di attuazione”. Il rapporto odierno di Ossigeno per
l’Informazione
costituisce dunque una puntuale informativa sull’attuazione della raccomandazione in questione per quanto riguarda i giornalisti oggetto di minacce da parte
della criminalità, ma anche per ciò che concerne i limiti alla libertà di stampa derivanti dalla
legislazione vigente in materia di diffamazione, l’unico campo di riforma dei media nel quale sia stato iniziato un percorso di riforma durante l’attuale legislatura.
Per quanto riguarda le altre raccomandazioni formulate dai paesi membri e dalle organizzazioni
internazionali partecipanti al meccanismo UPR, e in particolare quelle sulla concentrazione dei
media, la mancanza di indipendenza dei media del servizio pubblico e il conflitto d’interesse, l’Italia ha continuato ad opporre la legislazione vigente, le cosiddette “Legge Gasparri” (N.112 2004) e “Legge Frattini” (N.215 2004), dichiarando che sono idonee a garantire la libertà dei media. Questa posizione è stata ribadita dal governo italiano, che ha citato il proprio rapporto
presentato in occasione dell’esame dell’Italia in sede UPR, al momento della discussione del rapporto CERD sull’Italia (CERD/ITA/16-18) nel febbraio 2012. In quest’ultima occasione il
governo italiano ha rivendicato l’adeguatezza della propria legislazione in materia di
52
trasmissioni radiotelevisive al fine di garantire un servizio pubblico pluralistico e non
discriminatorio.
La posizione italiana adottata sin qui ha evitato di tenere in alcun conto le osservazioni
contrarie e le raccomandazioni degli organismi internazionali, a cominciare dal Rapporto sulla
visita in Italia dello Special Rapporteur on the promotion and protection of the right to freedom
of opinion and expression del Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU60 indicata in calce come 1, il
quale si riferisce a precedenti valutazioni negative della legislazione vigente italiana in materia
dei media da parte, in particolare, dell’Alto Rappresentate per i Media dell’OSCE e della Commissione di Venezia del Consiglio d’Europa, per raccomandare la revisione delle norme
vigenti in materia: “The Special Rapporteur strongly recommends that the Government revisit its legislation”.
Intimidazioni
La legge sulla stampa n.47 del 1948 e gli articoli del Codice Penale in materia di diffamazione e
di segreto professionale dei giornalisti non sono stati ancora riformati. Queste norme
consentono atti intimidatori che determinato un oscuramento di notizie e di opinioni sempre
più esteso. Violenze (spesso impunite), querele strumentali, abusi del diritto, procedure
giudiziarie svantaggiose, finanziamenti in cambio della rinuncia al pluralismo permettono di
realizzare quella forma di “censura camuffata” che il Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa Nils Muiznieks ha denunciato citando il caso italiano 61.
Ogni anno centinaia di giornalisti italiani sono vittime di questa forma di censura. Nonostante il
fenomeno sia evidente, le autorità pubbliche e i media non vi prestano alcuna attenzione. Poco
impatto politico e mediatico ha avuto perfino la documentata indagine condotta nel 2012 dalla
Commissione Parlamentare Antimafia, raccogliendo la drammatica testimonianza di dieci
giornalisti minacciati a causa del loro lavoro in tre regioni (Calabria, Campania e Sicilia). In
base alla documentazione raccolta, la Commissione ha rivolto al Parlamento e al Governo
alcune raccomandazioni urgenti che finora non sono state accolte. Fra l’altro, la Commissione ha chiesto: maggiore protezione dei giornalisti; una verifica della effettiva proprietà dei media
per i quali sospettano infiltrazioni mafiose; il pieno riconoscimento del segreto professionale ai
cronisti.
L’indagine Parlamentare ha illuminato a giorno le difficoltà degli operatori dei media nelle regioni in cui la criminalità organizzata ha un radicamento storico. Lo stesso tipo di
intimidazioni, come rivelano altri dati, si verifica in tutte le aree del paese, con l’eccezione del centro delle aree metropolitane, dove la presenza di un alto numero di giornalisti e di testate in
concorrenza fra loro rende impossibile nascondere informazioni rilevanti. Ma questo effetto
cessa già nelle periferie delle aree metropolitane. Molti giornalisti si piegano alle imposizioni, si
auto censurano o subiscono la censura imposta con le minacce. Altri si ribellano e subiscono
ritorsioni. Per queste ragioni in Italia, fra il 1960 e il 1993, sono stati assassinati 11 giornalisti
che pubblicavano inchieste sulla mafia e sul terrorismo. Dal 2007 al 2013 molti giornalisti sono
stati minacciati di morte a causa del loro lavoro e almeno dieci di loro vivono sotto scorta
armata permanente. Centinaia di giornalisti ricevono avvertimenti e intimidazioni analoghe.
Alcuni hanno subito minacce tali da indurre le forze dell’ordine a proteggerli sistematicamente con le armi. Altre centinaia di giornalisti devono difendersi in tribunale da accuse strumentali
sostenendo, in proprio, spese di giudizio superiori alle possibilità offerte dai loro modesti
guadagni. Solo alcuni giornalisti denunciano le intimidazioni. Gli altri non hanno la forza per
farlo.
Una grande parte di intimidazioni è attuata con l’abuso delle norme sulla diffamazione, delle procedure giudiziarie e di altre leggi vigenti che consentono di mettere in difficoltà un
60
Il quale nel suo rapporto Addendum A/HRC/26/20/Add. 3 pubblicato il 29 aprile 2014 sottolinea l’importanza della creazione in Italia di una istituzione nazionale indipendente per i diritti umani secondo i Principi di Parigi anche per
quanto riguarda questi aspetti.
61
http://www.ossigenoinformazione.it/2012/06/troppi-giornalisti-minacciati-commissario-diritti-umani-consiglioeuropa-cita-litalia-8682/
53
giornalista e un giornale che ha pubblicato notizie sgradite. La facoltà del querelante di
chiedere danni di importo illimitato induce molti giornalisti ad autocensurarsi.
Le statistiche ufficiali non contengono dati specifici sul fenomeno. Il Governo non fornisce le
informazioni in suo possesso ai membri del Parlamento che le hanno chieste con ripetute
interrogazioni. La Commissione Antimafia ha avviato la sua indagine basandosi sui dati
dell’osservatorio indipendente “Ossigeno per l’Informazione”, che fa un monitoraggio continuo del fenomeno e pubblica i nomi dei minacciati e delle vittime di abusi, classificando trenta
differenti tipologie di intimidazione. I dati dicono che gli operatori dei media intimiditi in Italia
da gennaio 2006 a giugno 2013 sono 1900. Da gennaio a ottobre del 2013 sono stati 306. Nei
primi cinque mesi si è registrato un aumento del 50% rispetto all’anno precedente. Gli esperti dell’Osservatorio hanno dichiarato alla Commissione Antimafia che l’osservatorio viene a conoscenza di molti altri episodi che non può rendere pubblici per volontà delle vittime o
perché non dispone di sufficiente documentazione. In base a queste considerazioni, Ossigeno
stima che per ogni caso reso pubblico dall’osservatorio se ne verificano almeno altri dieci. Nel 2012 il Procuratore Nazionale Antimafia, Pietro Grasso, oggi presidente del Senato, ha citato i
dati di Ossigeno e ha affermato che “non possono non destare preoccupazione”.
Diffamazione
La diffamazione continua ad essere regolata dalla legislazione che ha suscitato le
raccomandazioni contenute nel Rapporto presentato a Ginevra il 3 marzo 2005. Nel 2013 il
Parlamento ha avviato la discussione di una nuova proposta di legge che è stata approvata il
17 ottobre 2013 dalla Camera dei Deputati e trasmessa al Senato che, al momento in cui viene
redatto questo rapporto, deve ancora esaminarla. Il testo all’esame del Senato non allinea pienamente la legislazione italiana agli standard internazionali, non impedisce di invocare
strumentalmente il diritto di tutelare la propria reputazione allo scopo di limitare la libertà di
espressione e di informazione.
La novità principale della proposta di legge è la cancellazione della pena detentiva attualmente
prevista per i giornalisti, che possono essere condannati per diffamazione a sei anni di carcere.
Il Parlamento esita a fare questo passo nonostante ripetuti richiami del Presidente della
Repubblica e nonostante l’arresto del giornalista Alessandro Sallusti (2012) e del giornalista Francesco Cangemi e (2013) abbiano destato clamore e indignazione. La Corte europea di
Giustizia, negli ultimi anni, ha accolto numerosi ricorsi di giornalisti italiani condannati a pene
detentive.
La proposta di legge prevede altre novità positive: il giudice potrà imporre una sanzione
economica (sia pure limitata) a chi presenta querele strumentali (malicious complainants);
decadrà l’aggravante applicabile se il diffamato è un rappresentate delle alte istituzioni o una di queste istituzioni;; il termine entro cui promuovere un’azione civile di risarcimento del danno alla reputazione sarà ridotto da dieci a due anni.
Invece il principale richiamo delle istituzioni internazionali, ovvero la richiesta di depenalizzare
la diffamazione, non è stata presa in considerazione dal Parlamento. Altri aspetti deludenti
sono i seguenti: la riforma non bilancia esigenze giudiziarie e segreto professionale dei
giornalisti; non prevede tempi rapidi per rigettare le querele e le azioni civili infondate; non
riduce la durata dei processi per diffamazione, che si protraggono per molti anni; non pone un
tetto all’importo dei danni che si possono chiedere a un giornalista.
Inoltre la legge in discussione non commisura la sanzione pecuniaria alla capacità economica
del condannato; permette sanzioni economiche talmente elevate da indurre il giornalista a
interrompere l’attività;; lascia al giudice la facoltà di infliggere la sospensione dell’attività giornalistica; la rettifica diventa causa di non punibilità ma a condizione che sia pubblicata
senza commento, senza distinguere fra la rettifica di giudizi e opinioni; i media radiotelevisivi e
l’informazione web vengono assimilati in parte alle rigide regole previste per la stampa scritta.
Discriminazioni e stereotipi di genere veicolati dall’informazione
A partire dal 2012 e nel corso del 2013, di fronte ai dati drammatici del femminicidio, e di
fronte alle inadempienze dello Stato italiano rilevate dalle Raccomandazioni Onu all’Italia del 2011, la Special Rapporteur Rashida Manjoo ha svolto una Missione conoscitiva in Italia e,
con un Rapporto presentato a Ginevra il 25 giugno 2013, ha messo in evidenza la
54
preoccupazione per la rappresentazione della donna quale oggetto sessuale e per gli stereotipi
circa i ruoli e le responsabilità dell’uomo e della donna nella famiglia e nella società. Il Rapporto chiede che l’Italia si impegni “a eliminare gli atteggiamenti stereotipati circa i ruoli
e le responsabilità delle donne e degli uomini nella famiglia, nella società e nell’ambiente di lavoro”. E conferma in tal modo, quanto è da tempo oggetto di denuncia in Italia, da parte
della associazioni delle donne e delle giornaliste: la cattiva qualità dell’informazione e della comunicazione nella rappresentazione dei generi e il suo essere veicolo di pensieri, abitudini e
atteggiamenti stereotipati che discriminano la donna e non aiutano a creare una cultura di
rispetto nelle relazioni tra i sessi tesa anche a prevenire il femminicidio. Una forma quindi
anch’essa di discriminazione.
La mobilitazione delle donne, il moltiplicarsi nella società e sul web di contributi di denuncia e
di analisi sul modo in cui l’informazione rappresenta le donne, o le offende, in particolare nel
web, ha fatto sì che l’informazione abbia assunto una centralità nelle preoccupazioni e nelle attese della società civile per la questione di genere. Informazione messa costantemente sotto
esame e criticata per il perdurare di stereotipi, a partire da quelli che nascondono la vera
natura del femminicidio dietro lo schermo della “passione”. L’utilizzo, nelle cronache e nella titolazione delle quotidiane notizie sulla violenza domestica, di frasi come “uccisa in un raptus di follia”, “accecato dalla gelosia”, “l’ha uccisa perché l’amava troppo”, non aiuta a comprendere che la donna è uccisa in quanto donna, occulta il dato della sua libertà e
perpetua lo stereotipo della donna oggetto di possesso maschile.
E si è diffusa enormemente, nella società civile e tra le donne, la consapevolezza che
l’informazione attui una forma di discriminazione costante nell’uso di un linguaggio, che non avendo la forma neutra, declina al maschile le definizioni di ruoli e cariche ricoperte da donne
ai vertici di istituzioni e nelle professioni. Un terreno d’azione tanto più cruciale perché affidato solo a un cambiamento culturale, all’interno delle redazioni, che anche le istituzioni devono favorire attraverso la formazione.
Nel periodo in esame si sono evidenziati timidi progressi (a partire dall’utilizzo del termine femminicidio sempre più frequente nei mass media) ma in generale perdura una
rappresentazione della donna ancora discriminante. Tanto più evidente nell’uso del linguaggio che, di fronte all’ascesa delle donne ai vertici delle istituzioni, in politica o nelle professioni, continua a definirle prevalentemente col genere maschile.
E’ ancora largamente in uso, inoltre, soprattutto in ambito televisivo, pubblicitario, nel web e
nei siti on line dei quotidiani, una rappresentazione della donna come oggetto sessuale,
nonostante si moltiplichino gli appelli a una corretta rappresentazione di genere, sia
dall’interno della professione giornalistica, sia dalle associazioni della società civile, sia dai
vertici istituzionali, a partire dal Presidente della Repubblica.
Il web si è anche distinto in vere e proprie campagne di insulti, offese e intimidazioni a donne
impegnate ed esposte, politiche e giornaliste comprese.
In generale, l’informazione, anche della carta stampata, scarsamente si interessa e dà notizia
dei temi che riguardano la salute delle donne, l’applicazione delle leggi che le riguardano (anche sulla libertà riproduttiva) , le discriminazioni sul lavoro.
Una maggiore presa di coscienza si registra all’interno della professione giornalistica, anche per effetto della mobilitazione delle giornaliste. E ciò si rileva tanto dalla scelta della formazione
come campo privilegiato d’azione, quanto dalle segnalazioni che hanno portato a
provvedimenti disciplinari, da parte dell’Ordine dei Giornalisti, nei confronti del direttore del
Giornale Sallusti in due casi in cui si sono ravvisate violazioni della deontologia all’interno di notizie che riguardavano le donne.
Cambiamenti verso una più corretta rappresentazione si sono registrati nel servizio pubblico
radiotelevisivo, sia per gli obblighi inseriti nel contratto di servizio, sia per effetto delle decisioni
del vertice aziendale, con la presidente Tarantola, che ha adottato una Policy in materia di
genere per la promozione delle pari opportunità e una corretta rappresentazione della donna
55
presentato il 25 ottobre 2013. La Rai ha sospeso Miss Italia, ma di contro, nelle trasmissioni,
anche informative, continuano a prevalere opinionisti uomini e le donne continuano a essere
relegate nei ruoli tradizionali nella gamma che va dalle “vittime” alle “donne di spettacolo”. Difficilmente tra gli opinionisti si ospitano donne scienziate, economiste, politologhe….E sono ancora largamente sottorappresentate, nel piccolo schermo, le donne politiche. Nel corso della
campagna elettorale, sono state violate le norme di legge che prescrivono la “par condicio di genere” nelle trasmissioni elettorali
Contro tutte queste forme di discriminazione nei confronti delle donne, valutiamo ancora
insufficiente l'azione di richiamo ai principi costituzionali da parte del Governo nell'ambito
dell'informazione erogata dalla RAITV, servizio pubblico."
Campagna mediatica contro i falsi invalidi
Da anni ormai le persone con disabilità che percepiscono indennità o pensione sono al centro di
campagne mediatiche piuttosto imponenti, a tratti verbalmente violente 62 . In concomitanza
con l’inizio della crisi economica e finanziaria, le istituzioni pubbliche hanno avviato l’ennesima campagna alla ricerca del “falso invalido”, prontamente ripresa da testate giornalistiche che l’anno connotata come offensiva e discriminatoria 63. L’avvio di controlli straordinari da parte dell’INPS ha ottenuto si dei risparmi, ma solo dello 0,67 per cento della spesa annuale per
pensioni e indennità. A fronte di questi numeri fallimentari, ci sono i disagi patiti dalle persone
invalide, spesso convocate a visita nonostante condizioni di salute gravissime, ed il blocco della
attività ordinaria per il riconoscimento delle prestazioni. La Corte dei Conti segnala nel suo più
recente controllo ispettivo che gli invalidi attendono mediamente 299 giorni dalla data della
domanda, i ciechi 338. Peggio ancora va ai sordi: 399 giorni.
Anche la Sentenza del Tar Lazio a seguito dei ricorsi ANFFAS e FISH ha evidenziato modalità
adottate dall’INPS per le verifiche straordinarie illegittime e lesive dei diritti delle vere persone con disabilità e sconfessa i dati forniti dall’Istituto in materia. 64 65
14.
Lo Stato dell’aiuto pubblico allo sviluppo, Racc. 90, 91
Il Governo Letta e il Governo Renzi hanno entrambi confermato l’intenzione di rilanciare la cooperazione internazionale allo sviluppo sia istituendo prima e confermando poi la carica di
viceministro per la cooperazione, che presentando un nuovo DDL per la riforma organica del
sistema della cooperazione pubblica italiana. Attualmente (Aprile 2014) il DDL è in fase di
approvazione in Commissione Esteri al Senato e prevede una serie importanti di innovazioni
che vanno nella direzione da anni auspicata dalle OSC di cooperazione.
Rispetto ai volumi delle risorse dedicate alla cooperazione, i dati preliminari OCSE/DAC per
l’aiuto pubblico allo sviluppo (APS) del 2013 registrano un’inversione di tendenza al rialzo rispetto al 2012 con un incremento delle risorse in termini reali di circa il 12%. Tuttavia il
risultato dell’Italia rimane ancora contenuto, infatti solo lo 0,16% del reddito nazionale lordo (RNL) è dedicato all’APS, a fronte di una media APS/RNL OCSE e UE rispettivamente dello 0,30% e dello 0,42%.
Nel 2013 la cooperazione italiana è riuscita a centrare quell’obiettivo tendenziale che il DEF del governo Letta aveva stabilito (0,15%-0,16%), in crescita rispetto allo 0,14% del 2012. Non si
è trattato di un risultato scontato, visto che in passato i calendari degli incrementi graduali per
gli aiuti allo sviluppo previsti nei documenti di programmazione economica non sempre sono
stati rispettati.
La legge di stabilità del Governo Letta ha incremento del 10% le risorse per la cooperazione
allo sviluppo gestite dal Ministero degli Affari Esteri per il 2014 ma si dovrà attendere fino
all’aprile 2015 per capire se sarà stato rispettato l’obiettivo dello 0,17%-0,19% del DEF di
62
“Due milioni e settecentomila invalidi in Italia pongono la questione se un Paese così può essere competitivo”. Parole dell’ex ministro Tremonti durante la conferenza di presentazione della manovra correttiva, 26 maggio 2010.
63
Nel 2001 la rivista Panorama pubblica in copertina l’immagine di Pinocchio in sedia a ruote accompagnata dalla scritta “scrocconi” (link all’immagine: http://www.disablog.it/wp-content/uploads/2011/03/pa_pre.jpg)
64
Ecco finalmente la verità sui cosiddetti “falsi invalidi”, del 4 giugno 2014 sul portale www.superando.it (link http://www.superando.it/2014/06/04/ecco-finalmente-la-verita-sui-cosiddetti-falsi-invalidi/)
65
Sentenza Tar Lazio http://www.giustiziaamministrativa.it/DocumentiGA/Roma/Sezione%203Q/2011/201105186/Provvedimenti/201403851_01.XML
56
Letta o l’eventuale obiettivo che il primo DEF di Renzi potrebbe aver oggi aggiornato.
Infine, il fatto che vi sia una sezione del DEF dedicata alla cooperazione allo sviluppo è segno
di attenzione dell’esecutivo al tema e può rassicurare rispetto a possibili incrementi di risorse
almeno nella prossima legge di stabilità, tuttavia sarebbe fortemente auspicabile l’istituzione di un vero Fondo Unico per la cooperazione, capace di garantire unitarietà e coerenza delle
politiche.
57
58
ANNEX
1. Tavola sinottica delle Raccomandazioni ricevute dal Consiglio
Diritti Umani e risposte del Governo italiano
2. II Rapporto di Monitoraggio 2012
3. I Rapporto di Monitoraggio 2011
59
60
Tavola sinottica delle
Raccomandazioni
ricevute
dal Consiglio Diritti Umani e
risposte
del Governo italiano
61
62
N.
Tematica
Testo della raccomandazione
(A/HRC/14/4 - 18 MARZO 2010,
adottato dal Consiglio Diritti Umani
il 9 giugno 2010 con decisione 14/103
Stato/i
raccomandan
te/i
Diritti civili e
politici
1
Pakistan
Asia
Diventare membro dei rimanenti trattati
OIG
Strumenti
per i diritti umani e valutare il ritiro Commonwealth
internaziona delle proprie riserve, in particolare per
li
quanto riguarda il Patto sui diritti civili e
politici
Indice
nella
Status:
scala
accettata
Mac
o respinta
Mahon
5
R
Algeria
Africa
AU, OIC, AL
Azerbaijan
EEG OIG, CIS
2
Valutare la possibilità, nell’ottica di un auspicabile
ri-orientamento
della
Diritti dei
politica
europea,
di
ratificare
la
migranti
Convenzione internazionale di tutela dei
diritti di tutti i migranti lavoratori e delle
Strumenti
loro famiglie, pur se inizialmente con
internaziona
riserve;
li
prendere in considerazione la ratifica di
tale Convenzione internazionale;
Cile
GRULAC
OAS, OEI
Egitto
Africa
AU, OIC, AL,
OIF
3
R
Risposte del Governo italiano alle
raccomandazioni
(A/HRC/14/4/Add.1,
31 maggio 2010)
Nel 2005 l'Italia ha ritirato tre riserve
formulate all'atto della firma del ICCPR.
Le restanti dichiarazioni italiane al Patto
internazionale
devono
essere
considerate di carattere interpretativo,
piuttosto che riserve. Si prega di fare
riferimento anche alla risposta alla
raccomandazione n. 2
La normativa italiana garantisce già la
maggior parte dei diritti sanciti dalla
Convenzione delle Nazioni Unite per la
protezione dei diritti dei lavoratori
migranti e dei membri delle loro
famiglie. Tuttavia l'Italia non è nella
posizione di ratificare questo strumento,
perché non fa alcuna distinzione tra
lavoratori migranti regolari e irregolari e
la firma e ratifica potrebbe essere
programmata solo congiuntamente agli
altri
partners dell'Unione Europea,
poiché molte delle disposizioni contenute
nella presente Convenzione rientrano nel
novero delle competenze dell'Unione
Europea.
Iran
Asia
OIC
Messico
GRULAC
OAS, OEI, ACS
63
Filippine
Asia
ASEAN
Bosnia e
Erzegovina
EEG
Diritti civili e
politici
3
4
Strumenti
internaziona
li
Kirgyzstan
Asia
OIC, CIS
Strumenti
internaziona
li
5
A
Nicaragua
GRULAC
OAS, OEI, ACS
Ratificare il Protocollo Opzionale alla
Messico
Convenzione contro la tortura, in modo
GRULAC
da permettere al Sotto Comitato per la
OAS, OEI, ACS
Prevenzione di condurre le visite ai
Tortura e
luoghi di detenzione, inclusi i centri di
altri
Azerbaijan
reclusione per migranti e richiedenti
trattamenti
EEG OIG, CIS
asilo, e anche quelli in cui vivono
disumani e
minoranze nazionali in modo da
degradanti
Repubblica
permettere al Governo di migliorare le
Ceca
condizioni di tali centri;
Strumenti
EEG, EU
ratificare il Protocollo Opzionale alla
internaziona
Convenzione contro la tortura;
li
Regno Unito
ratificare il Protocollo Opzionale alla
WEOG, EU,
Convenzione contro la tortura e
Commonwealth
adottare le misure necessaria per
adempiere alle sue obbligazioni;
Sparizioni
forzate
5
Ratificare il Patto internazionale sui
diritti civili e politici
L'Italia
accetta
la
seguente
raccomandazione, considerandola già
attuata o in corso di attuazione
Ratificare la Convenzione internazionale
Francia
per la protezione di tutte le persone
WEOG, EU, OIF
dalla Sparizione Forzata;
5
5
A
A
L'Italia si impegna a ratificare il
Protocollo Opzionale alla Convenzione
contro la Tortura una volta che venga
messo
in
atto
un
meccanismo
importante nazionale indipendente di
prevenzione.
L'Italia
accetta
la
seguente
raccomandazione, considerandola già
attuata o in corso di attuazione
64
Tortura e
altri
trattamenti
disumani e
degradanti
6
Sparizioni
forzate
L'Italia
accetta
la
seguente
raccomandazione, considerandola già
attuata o in corso di attuazione
Valutare di ratificare il Protocollo
Opzionale alla Convenzione contro la
tortura e la Convenzione internazionale
per la protezione di tutte le persone
dalla Sparizione Forzata
Cile
GRULAC
OAS, OEI
3
A
Kirgyzstan
Asia
OIC, CIS
5
A
Strumenti
internaziona
li
7
Ratificare la Convenzione del Consiglio
Traffico di
d’Europa di azione contro la tratta di esseri umani
esseri umani
8
Incorporare il crimine di tortura
Treaty
nell’ordinamento interno, come bodies
raccomandato dal Comitato contro la
Olanda
Tortura;
WEOG, EU
Tortura e
incorporare nell’ordinamento interno il altri
crimine di tortura e la correlata
Repubblica
trattamenti definizione di tortura come richiesto
Ceca
disumani e
nell’articolo 1 della Convenzione contro EEG, EU
degradanti
la tortura;
intraprendere i passi necessari per Nuova Zelanda
Strumenti
incorporare
il
crimine di
tortura
WEOG, PIF,
internaziona nell’ordinamento interno così come Commonwealth
li
definito dall’articolo 1 della Convenzione
contro la tortura;
5
R
Diritti dei
migranti
9
Assicurare che gli emendamenti alla
legge sulla immigrazione siano in
Spagna
accordo con gli obblighi esistenti in
Strumenti
WEOG, EU, OEI
base al Patto internazionale sui diritti
internaziona
civili e politici
li
4
A
L'Italia
accetta
la
seguente
raccomandazione, considerandola già
attuata o in corso di attuazione
In Italia, la tortura è punibile a norma di
vari reati e circostanze aggravanti, che
innescano un’applicazione più vasta di tale crimine. Anche se la tortura non è
prevista come un reato specifico nel
codice penale italiano, sia il quadro
costituzionale che giuridico puniscono
già gli atti di violenza fisica e morale
sulle persone sottoposte a restrizioni
della libertà personale. In entrambi i
casi si prevedono sanzioni penali per
tutti i comportamenti criminali che
ricadono nella definizione di tortura, così
come previsto dall'articolo 1 della
Convenzione in questione.
L'Italia
accetta
la
seguente
raccomandazione, considerandola già
attuata o in corso di attuazione
65
10
11
12
13
Pubblica
sicurezza
Garantire che i provvedimenti nel
pacchetto sicurezza siano in pieno
accordo con i suoi obblighi derivanti dal
diritto internazionale
Austria
WEOG, EU
Considerare di creare al più presto una
istituzione nazionale per i diritti umani
che sia in accordo con i Principi di
India
Parigi;
Asia
continuare i propri sforzi per creare una Commonwealth
istituzione nazionale per i diritti umani,
Istituzioni
con un mandato per la promozione e Burkina Faso
nazionali per
protezione dei diritti umani conforme ai
Africa
i diritti
Principi di Parigi;
AU, OIC, OIF
umani
continuare nei propri sforzi per la
(NHRI)
stesura di un disegno di legge per la
Kuwait
creazione
di
una
istituzione
Asia
indipendente per i diritti umani che
OIC, AL
funzioni in maniera indipendente ed in
linea con i Principi di Parigi;
Intraprendere i passi necessari per
accelerare gli sforzi attuali per la
creazione
di
una
istituzione
indipendente per i diritti umani;
Istituzioni
accelerare il processo verso la creazione
nazionali per di
una
istituzione
indipendente
i diritti
nazionale per i diritti umani conforme
umani
con i Principi di Parigi;
(NHRI)
accelerare gli sforzi verso la creazione
di
una
istituzione
indipendente
nazionale per i diritti umani conforme
con i Principi di Parigi;
Istituzioni
Creare una istituzione nazionale per i
nazionali per diritti umani, come priorità, in accordo
i diritti
con i Principi di Parigi;
4
A
L'Italia
accetta
la
seguente
raccomandazione, considerandola già
attuata o in corso di attuazione
3
A
L'Italia
accetta
la
seguente
raccomandazione, considerandola già
attuata o in corso di attuazione
Algeria
Africa
AU, OIC, AL
Filippine
Asia
ASEAN
L'Italia
accetta
la
seguente
raccomandazione, considerandola già
attuata o in corso di attuazione
4
A
5
A
Malesia
Asia
ASEAN, OIC,
Commonwealth
Pakistan
Asia
OIG
L'Italia
accetta
la
seguente
raccomandazione, considerandola già
attuata o in corso di attuazione
66
umani
(NHRI)
14
Istituzioni
nazionali per Creare la propria istituzione nazionale
i diritti
per i diritti umani in accordo con i
umani
Principi di Parigi entro la fine del 2010
(NHRI)
Diritti dei
bambini
15
creare
una
istituzione
nazionale Commonwealth
indipendente per i diritti umani;
creare
una
istituzione
nazionale
Iran
indipendente per i diritti umani in
Asia
accordo con i Principi di Parigi;
OIC
adottare al più presto il progetto di
legge per la istituzione nazionale
Azerbaijan
indipendente per i diritti umani in EEG OIG, CIS
accordo con i Principi di Parigi;
completare il procedimento per la
Francia
creazione di una istituzione nazionale WEOG, EU, OIF
per i diritti umani in accordo con i
Principi di Parigi;
Cile
creare
una
istituzione
nazionale
GRULAC
indipendente ed autonoma conforme
OAS, OEI
con i Principi di Parigi e con l’assistenza tecnica dell’ OHCHR ;;
Continuare gli sforzi per creare una
istituzione
indipendente
per
la
promozione e protezione dei diritti
Istituzioni
umani e delle libertà fondamentali, e
nazionali per anche un ente nazionale indipendente
i diritti
per la promozione dei diritti dei minori;
umani
creare un ombudsperson per i minori in
(NHRI)
accordo con i Principi di Parigi;
Danimarca
WEOG, EU
Federazione
Russa
EEG, CIS
5
R
Una proposta di legge riguardante la
costituzione di una Istituzione Nazionale
Indipendente
sarà
presentata
al
Parlamento non appena le risorse
finanziarie necessarie saranno rese
disponibili. Tuttavia, in conformità al
principio della separazione dei poteri, il
Governo non è in grado di impegnare il
Parlamento
ad
agire
entro
un
determinato termine.
L'Italia
accetta
la
seguente
raccomandazione, considerandola già
attuata o in corso di attuazione
2
A
Norvegia
WEOG
5
67
16
Rafforzare l’Ufficio Nazionale contro la Filippine
Discriminazione Razziale per quanto
Asia
concerne la sua capacità di fornire
ASEAN
assistenza alle vittime e aumentare la
consapevolezza;
Bosnia e
rafforzare il mandato dell’Ufficio Erzegovina
Nazionale contro la Discriminazione
EEG
Discriminazi Razziale;
one
rafforzare il mandato e l’indipendenza Pakistan
razziale
dell’Ufficio Nazionale contro la Asia
Discriminazione Razziale in linea con i
OIG
Principi di Parigi;
Commonwealth
rafforzare l’azione dell’Ufficio Nazionale contro la Discriminazione Razziale per
Algeria
garantire
la
migliore
protezione
Africa
concreta alle vittime di atti di
AU, OIC, AL
discriminazione ed intolleranza;
4
A
5
17
Piano
d'Azione
nazionale
Sviluppare un piano nazionale integrato
per i diritti umani in accordo con la
Dichiarazione e il Programma d’Azione di Vienna
Iran
Asia
OIC
R
Piano
d'Azione
nazionale
18
Aggiornare e rendere più ampio il suo
Canada
Piano di Azione Nazionale contro il
WEOG, OAS,
Razzismo in consultazione con la
Discriminazi
OIF,
società civile e le comunità coinvolte
one
Commonwealth
razziale
4
A
La revisione dell'Ufficio Nazionale Contro
la Discriminazione Razziale (UNAR) è
stata lanciata a gennaio 2010, al fine di
migliorarne l'efficienza e l’efficacia. Per quanto riguarda il rafforzamento delle
misure di tutela per le vittime della
discriminazione,
l'UNAR
sta
sperimentando nuove forme di sostegno
diretto, tra cui il potenziamento dei
servizi
di
consulenza
giuridica e
l'istituzione di un fondo di solidarietà per
le spese processuali, a carico di vittime
e / o associazioni interessate.
Nel corso degli anni, con l'obiettivo di
promuovere e proteggere i diritti umani
e le libertà fondamentali, l'Italia ha
sviluppato diverse strategie ad hoc in
specifiche
settori
rilevanti.
Così
l'elaborazione
di
un
documento
strategico globale a livello nazionale non
è
stato
ritenuto
necessario
per
l'adempimento dei suoi obblighi e
impegni nel campo dei diritti umani.
Ci sono già diverse misure legislative e
pratiche di ampio respiro per combattere
il razzismo, la discriminazione razziale e
le relative forme di intolleranza e
xenofobia. All'interno di questo quadro,
un Gruppo di lavoro interministeriale
sarà presto istituito, al fine di elaborare
un piano d'azione per prevenire il
68
razzismo.
A
Ci sono già diverse misure legislative e
pratiche di ampio respiro per combattere
il razzismo, la discriminazione razziale e
le relative forme di intolleranza e
xenofobia. All'interno di questo quadro,
un Gruppo di lavoro interministeriale
sarà presto istituito, al fine di elaborare
un piano d'azione per prevenire il
razzismo.
A
Ci sono già diverse misure legislative e
pratiche di ampio respiro per combattere
il razzismo, la discriminazione razziale e
le relative forme di intolleranza e
xenofobia. All'interno di questo quadro,
un Gruppo di lavoro interministeriale
sarà presto istituito, al fine di elaborare
un piano d'azione per prevenire il
razzismo.
Piano
d'Azione
nazionale
19
Pubblicizzare ampiamente il proprio
Piano di Azione Nazionale contro il
Canada
Razzismo e promuoverne la più WEOG, OAS,
Discriminazi completa realizzazione
OIF,
one
Commonwealth
razziale
Diritti delle
minoranze
20
Aggiornare il piano di azione nazionale
e mettere in atto ulteriori misure
concrete per stimolare tolleranza e
Discriminazi prevenire discriminazione e xenofobia,
one
con particolare riguardo alla situazione
razziale
dei Rom e Sinti
5
Olanda
WEOG, EU
21
Adottare misure per eliminare la
discriminazione
nei
confronti
dei
segmenti vulnerabili della popolazione
Belgio
Diritti delle tenendo conto di quanto indicato nella
WEOG, EU
minoranze
Dichiarazione di Durban e del suo Piano
di Azione del 2001 e del documento
India
Discriminazi emerso dalla Conferenza di Revisione di
Asia
one
Durban nel 2009; continuare i propri
Commonwealth
razziale
sforzi per rafforzare una cultura di
tolleranza per eliminare tutte le forme
di discriminazione nei confronti dei
gruppi vulnerabili;
22
Continuare i propri sforzi nella lotta
contro i comportamenti e le tendenze
Discriminazi
discriminatorie e razziste;
one
razziale
proseguire nella sua politica per
combattere la discriminazione in modo
Yemen
Asia
OIC, AL
Libano
Asia
4
R
2
A
Nel quadro dei meccanismi e strumenti
pertinenti, l’Italia ribadisce fortemente il suo costante impegno a contribuire
attivamente allo sradicamento di ogni
forma di razzismo, in particolare nei
confronti dei gruppi vulnerabili. Tuttavia,
va ricordato che, insieme ad altri paesi,
l'Italia ha deciso di non partecipare alla
Conferenza di Revisione di Durban nel
2009 e quindi non è in grado di adottare
o approvare il suo documento finale.
Combattere
il
razzismo,
la
discriminazione razziale, la xenofobia e
l'intolleranza è stata e resta una priorità
per l'Italia. Tuttavia va notato che i dati
statistici raccolti su questo problema
non confermano l'aumento dei fenomeni
69
speciale alla luce dell’aumentato numero di atti di razzismo
23
Porre in essere una ampia serie di
misure per contrastare razzismo e
Discriminazi
discriminazione razziale e combattere in
one
maniera più risoluta tutte le sue forme
razziale
e
manifestazioni,
con
particolare
attenzione a piattaforme politiche
razziste e xenofobiche
OIC, AL, OIF
Iran
Asia
OIC
razzisti a livello nazionale.
L'Italia
accetta
la
seguente
raccomandazione, considerandola già
attuata o in corso di attuazione
4
A
Diritti dei
migranti
Diritti delle
minoranze
24
Diritti delle
donne
Discriminazi
one
razziale
Porre in essere misure più efficaci per
combattere la discriminazione razziale,
in particolare contro gruppi vulnerabili
di donne, in modo particolare Rom e
migranti, e anche misure per rafforzare
il rispetto dei loro diritti umani con tutti
i mezzi possibili
L'Italia
accetta
la
seguente
raccomandazione, considerandola già
attuata o in corso di attuazione
Cile
GRULAC
OAS, OEI
Eliminare
tutte
le
forme
di
discriminazione contro la comunità
Bangladesh
Rom, le minoranze religiose ed i
Asia
migranti
e
garantire
loro
pari
Discriminazi
OIC,
opportunità per il godimento dei diritti
one
Commonwealth
economici, sociali e culturali, compresa
razziale
la educazione, la salute e la casa
4
A
L'Italia
accetta
la
seguente
raccomandazione, considerandola già
attuata o in corso di attuazione
Diritti delle
minoranze
25
Diritti dei
migranti
26
Diritti delle
minoranze
27
Diritti dei
migranti
Adottare le misure necessarie per
prevenire
la
discriminazione
nei
confronti delle minoranze e contribuire
ad una immagine positiva dei migranti
nel paese
Uzbekistan
Asia
OIC, CIS
Adottare misure più efficaci per
Egitto
eliminare
la
discriminazione
nei
Africa
confronti dei non-cittadini rispetto alle AU, OIC, AL,
4
A
4
A
4
A
L'Italia
accetta
la
seguente
raccomandazione, considerandola già
attuata o in corso di attuazione
Nel 2003 l'Italia ha adottato una
legislazione globale del lavoro, ispirata
al principio di non discriminazione nel
70
Diritto al
lavoro
28
condizioni di lavoro ed ai requisiti per OIF
lavorare, adottare una legislazione che
vieti la discriminazione nell’impiego e adottare ulteriori misure per ridurre la
disoccupazione fra i migranti
mercato del lavoro e focalizzata su:
accesso
al
lavoro,
occupazione,
appartenenza ai sindacati, protezione
sociale, orientamento, istruzione e
formazione professionale e assistenza
sanitaria.
In questo quadro, i lavoratori migranti
regolari, sotto contratto di lavoro,
godono di pari diritti. Pertanto, in caso di
disoccupazione, tutti coloro che perdono
il lavoro hanno parità di accesso a
servizi e benefici.
Al fine di sradicare il mercato nero, in
particolare nel settore agricolo ed edile –
essendo le aree con la più alta
percentuale di immigrati - l'Italia ha
recentemente
adottato
un
piano
d'ispezione ad hoc.
Adottare misure amministrative e legali
contro coloro i quali perpetrino atti di
natura razzista nei confronti di Rom,
Sinti, migranti e musulmani;
L'Italia
accetta
la
seguente
raccomandazione, considerandola già
attuata o in corso di attuazione
Bangladesh
Asia
OIC,
Commonwealth
Discriminazi condannare fortemente gli attacchi a
one razziale migranti, Rom e altre minoranze
Norvegia
etniche, garantendo che tali attacchi
WEOG
Libertà di
siano indagati a fondo dalla polizia e
credo e di
che i responsabili siano consegnati alla
pensiero
giustizia;
Pakistan
assicurare che attacchi a migranti, Rom
Asia
Diritti delle e altre minoranze etniche siano
OIG
minoranze
investigate a fondo e i responsabili
Commonwealth
consegnati alla giustizia;
garantire che gli attacchi a sfondo
xenofobico
o
razzista
siano
immediatamente investigati dalla polizia
4
A
Austria
WEOG, EU
71
e che i responsabili siano consegnati
alla giustizia;
29
Rafforzare ulteriormente gli sforzi delle
autorità nel combattere il razzismo nel
Discriminazi
campo dello sport anche attraverso
one razziale
misure legislative
Austria
WEOG, EU
4
A
Adottare le misure necessarie comprese
campagne pubbliche e formazione degli
insegnanti e del corpo insegnante per
sensibilizzare
sul
valore
della
integrazione culturale e combattere
tutte le forme di razzismo e xenofobia;
30
continuare nelle buone pratiche in
materia di educazione ai diritti umani e
promuovere programmi di educazione
Uruguay
ai diritti umani per il pubblico in GRULAC, OAS,
Discriminazi
generale e per i dipendenti pubblici con
OEI
one razziale
l’obbiettivo di combattere il razzismo, la discriminazione e la xenofobia;
Filippine
Educazione
Asia
e
ulteriormente rafforzare le sue misure,
ASEAN
formazione
incluse la educazione ai diritti umani e
ai diritti
la formazione a scuola e dei dipendenti
Vietnam
umani
pubblici, per promuovere tolleranza,
Asia
rispetto della diversità, uguaglianza e
ASEAN, OIF
combattere la discriminazione;
L'Italia
accetta
la
seguente
raccomandazione, considerandola già
attuata o in corso di attuazione
L'Italia
accetta
la
seguente
raccomandazione, considerandola già
attuata o in corso di attuazione
4
A
porre in essere sforzi per rafforzare
l’educazione pubblica, programmi di sensibilizzazione e formazione a tutti i
livelli,
in
particolare
modo
con
l’obbiettivo di prevenire comportamenti e atteggiamenti negativi e promuovere
tolleranza e rispetto per la diversità;
72
31
32
Educazione
e
formazione
ai diritti
umani
Libertà di
religione e
di credo
Fornire
educazione
e
formazione
obbligatoria ai diritti umani alla polizia,
al personale delle carceri e dei luoghi di
detenzione e al personale giudiziario e
assicurare la loro responsabilità in caso
di violazione dei diritti umani
Rafforzare iniziative che mirano al
dialogo interculturale e inter-religioso
che promuovano la comprensione
reciproca fra le diverse comunità e
adottare progetti che contribuiscano
alla integrazione;
garantire un clima di interazione
costruttiva e trasparente fra le diverse
culture e religioni;
33
Discriminazi Adottare misure per aumentare la
one razziale conoscenza dei provvedimenti legali
esistenti contro discorsi che incitino
Repubblica
Ceca
EEG, EU
5
A
L'Italia
accetta
la
seguente
raccomandazione, considerandola già
attuata o in corso di attuazione
Libano
Africa
OIC, AL, OIF
Yemen
Asia
OIC, AL
Canada
WEOG, OAS,
OIF,
L'Italia conferma la massima importanza
legata all’educazione ai diritti umani.
All'interno
della
Pubblica
Amministrazione, corsi di formazione
permanente e ad hoc sono preparati
appositamente per i dipendenti pubblici.
Rilevanti corsi di formazione e di
aggiornamento per funzionari di polizia e
della
magistratura
includono
le
normative internazionali in tema di diritti
umani e diritto umanitario. Su questa
linea, è importante menzionare anche la
rilevante inclusione di queste materie
nei curricula scolastici ed accademici.
L'Italia
promuove
attivamente
l'educazione ai diritti umani nel sistema
delle Nazioni Unite ed è membro della
"Piattaforma per l'educazione e la
formazione ai diritti umani", istituita nel
2007 all'interno del Consiglio Diritti
Umani.
4
A
4
A
L'Italia
accetta
la
seguente
raccomandazione, considerandola già
attuata o in corso di attuazione
73
Libertà di
religione e
di credo
Educazione
e
formazione
ai diritti
umani
Libertà di
opinione ed
espressione
Diritti delle
minoranze
all’odio e intraprendere azioni Commonwealth
tempestive per condurre davanti alla
legge i responsabili;
Norvegia
WEOG
condannare
tutte
le
dichiarazioni
razziste e xenofobe, in modo particolare
Belgio
quelle fatte da dipendenti pubblici o WEOG, EU, OIF
politici e evidenziare in modo chiaro che
discorsi razzisti non hanno posto nella
Brasile
società italiana;
GRULAC, OAS,
OEI
denunciare discorsi che incitino all’odio e perseguire attivamente attraverso il
Spagna
sistema della giustizia i responsabili di WEOG, EU, OEI
atti razzisti e violenti;
Repubblica
portare avanti una azione continuativa
Ceca
di prevenzione dei discorsi che incitino
EEG, EU
all’odio e adottare misure legali
appropriate e tempestive contro coloro i
quali incitino alla discriminazione o alla
Pakistan
violenza per motivi razziali, etnici o
Asia
religiosi;
OIC,
Commonwealth
continuare gli sforzi per assicurare che
discorsi e commenti fatti dai media che
Malesia
incitino
alla
discriminazione
non
Asia
rimangano impuniti;
ASEAN, OIC,
Commonwealth
applicare rigide sanzioni penali per
discorsi o atti che incitino all’odio e effettuare
campagne
di
sensibilizzazione
pubbliche
per
promuovere la tolleranza;
5
5
4
2
5
4
5
condannare con la forza ed in maniera
consistente al livello più alto tutte le
dichiarazioni razziste e xenofobiche con
particolare attenzione a quelle fatte da
74
dipendenti pubblici o dai politici;
intensificare gli sforzi per combattere la
discriminazione razziale e l’intolleranza nei confronti di stranieri o minoranze
anche
attraverso
la
tempestiva
investigazione e azione contro coloro i
quali siano responsabili di discorsi e di
dichiarazioni
pubbliche
razzisti
e
xenofobi;
34
Diritti delle
donne
Garantire reale pari opportunità per le
donne nel mercato del lavoro e
Cuba
consolidare
il
principio
di
pari GRULAC, OAS,
retribuzione per pari lavoro
OEI, ACS
Promuovere iniziative per proteggere le
donne dalla violenza, come la rete
nazionale contro la violenza alle donne
e l’osservatorio nazionale contro la violenza sessuale o di genere ed
elaborare un piano nazionale per
combattere tutte le forme di violenza
inclusa quella domestica
4
A
L'Italia
accetta
la
seguente
raccomandazione, considerandola già
attuata o in corso di attuazione
L'Italia
accetta
la
seguente
raccomandazione, considerandola già
attuata o in corso di attuazione
35
Diritti delle
donne
Israele
WEOG
36
Rafforzare le misure per vietare la
discriminazione in base all’orientamento sessuale ed alla identità di genere e
Olanda
combattere i crimini causati da odio
WEOG, EU
Discriminazi istigato su tali basi;
one in base
Norvegia
all’orientam intraprendere ulteriori campagne contro
WEOG
ento
l’omofobia;; sessuale
Spagna
garantire sufficiente protezione alle
WEOG, EU, OEI
persone LGBT, non solo attraverso le
forze dell’ordine sulle strade ma anche legalmente per mezzo di provvedimenti
4
A
4
5
4
4
A
L'Italia è impegnata a promuovere i
diritti
di
Lesbiche/Gay/Bisessuali/Transessuali,
combattendo la discriminazione sulla
base
dell'orientamento
sessuale
e
garantendo l’implementazione della normativa già in vigore, per garantire la
parità
di
genere,
compresa
la
prevenzione
e
la
rimozione
dei
comportamenti discriminatori per motivi
direttamente o indirettamente fondati
sul sesso, sull'origine razziale o etnica,
su orientamenti religiosi o opinioni
75
legislativi anti-discriminatori;
personali, sull’età o sull’orientamento sessuale.
prestare particolare attenzione ai casi di
possibile discriminazione per motivi di
identità o orientamento sessuale e
garantire che casi di violenza contro tali
persone
siano
appropriatamente
investigati e perseguiti;
37
38
Diritti dei
bambini
Tortura e
altri
trattamenti
disumani e
degradanti
Diritti dei
bambini
39
Diritti dei
bambini
Fare tutti gli sforzi possibili per
prevenire ed eliminare tutte le forme di
discriminazione e abuso nei confronti
dei minori
Uzbekistan
Asia
OIC, CIS
Incorporare nella propria legislazione la
sentenza della Corte Suprema del 1996
secondo la quale la punizione corporale
non è un metodo disciplinare legittimo
da adottare in casa e comunque
Spagna
condannare in tutti i casi la punizione WEOG, EU, OEI
corporale
anche
come
sistema
educativo
Intraprendere
misure
efficaci
per
sviluppare
alternative rispetto alla
istituzionalizzazione
e
disporre
la
Azerbaijan
sistemazione di minori in istituti EEG, OIC, CIS
esclusivamente come ultima risorsa
4
5
4
A
R
A
L'Italia
accetta
la
seguente
raccomandazione, considerandola già
attuata o in corso di attuazione
Dal 1928 la punizione corporale è
illegittima nel sistema scolastico italiano.
Su questa linea, questa pratica non si
applica neppure come misura penale o
disciplinare all’interno delle istituzioni
penali minorili.
Analogamente, la punizione corporale è
illegittima nella sfera privata. Nel 1996
la Corte Suprema stabiliva che la
normativa in vigore già vietava qualsiasi
forma di violenza nella crescita dei figli,
confermando che questo non è più un
metodo legittimo di disciplina, né di
correzione ("jus corrigendi"). Pertanto
l'Italia ritiene che non ci sia bisogno di
adottare
una
legge
specifica
complementare.
Con la legge n. 149/2001, è stato
programmato entro il 31 dicembre 2006
la chiusura degli istituti di ricovero per
bambini e adolescenti, favorendo misure
alternative, tra cui le nuove metodologie
per l’ascolto, la cura e la tutela dei bambini e del loro contesto socio-
76
familiare.
40
Diritti dei
bambini
Diritti delle
minoranze
41
Diritto alla
educazione
Applicare la esistente Legge 91/1992
sulla cittadinanza italiana in modo tale
Cile
da preservare i diritti di tutti i bambini GRULAC, OAS,
nati in Italia
OEI
Intraprendere le misure necessarie,
comprese quelle amministrative, per
Uruguay
facilitare l’accesso dei minori che non GRULAC, OAS,
sono di origine italiana al sistema
OEI
educativo
5
A
Il Diritto dei Minori alla cittadinanza è
debitamente considerato nel quadro
normativo introdotto dalla legge n.
91/1992
L'Italia
accetta
la
seguente
raccomandazione, considerandola già
attuata o in corso di attuazione
4
A
Diritti dei
bambini
Diritti dei
bambini
42
43
Adottare e applicare un piano di azione
nazionale per i minori;
Società
civile
rafforzare gli sforzi per finalizzare,
adottare ed applicare, in consultazione
e cooperazione con tutte le rilevanti
parti in causa, inclusa la società civile,
un piano nazionale di azione per i
minori,
come
raccomandato
dal
Comitato per i diritti dei minori;
Treaty
bodies
adottare al più presto
nazionale per i minori;
Piano
d'Azione
nazionale
un
Iran
Asia
OIC
Israele
WEOG
Ururguay
GRULAC, OAS,
piano
OEI
Diritti delle
persone con Aumentare gli sforzi e adottare un
disabilità
nuovo piano nazionale di azione per i
minori che garantisca una formazione
Spagna
Diritti dei
specifica per gli insegnanti e gli altri WEOG, EU, OEI
bambini
educatori di minori con disabilità
L'Italia
accetta
la
seguente
raccomandazione, considerandola già
attuata o in corso di attuazione
5
4
A
5
L'Italia
accetta
la
seguente
raccomandazione, considerandola già
attuata o in corso di attuazione
4
A
Piano
77
d'Azione
nazionale
44
Diritti dei
rifugiati
Diritti dei
bambini
45
46
Diritti delle
persone
detenute
Diritti delle
persone
detenute
Giustizia
Treaty
bodies
47
Giustizia
Procedure
speciali
48
Adottare
procedure
speciali
per
garantire la protezione effettiva dei
diritti dei minori non accompagnati
nell’accesso alle procedure per la
richiesta di asilo
Continuare gli sforzi per risolvere i
problemi connessi con il sistema
penitenziario, in particolare il problema
del sovraffollamento delle carceri
Repubblica
Ceca
EEG, EU
Russia
EEG, CIS
Incoraggiare l’adozione di misure alternative alla privazione della libertà
Nicaragua
personale, di accordi che permettano di
GRULAC, OAS,
scontare le pene nei paesi di origine e
OEI, ACS
la possibilità di reintegrazione dei
prigionieri stranieri
Intraprendere passi per affrontare le
questioni sollevate sia dal Relatore
Speciale sulla indipendenza dei giudici e Gran Bretagna
degli avvocati che dal Comitato Diritti
WEOG, EU
Umani circa la indipendenza del sistema Commonwealth
giudiziario e l’amministrazione della giustizia
Discriminazi Garantire che le riforme legislative non
Austria
4
2
4
A
A
A
4
A
4
A
Consapevole della situazione delicata dei
minori stranieri non accompagnati,
l'Italia è pienamente impegnata a
garantire che questi bambini siano
protetti, a prescindere dal loro status.
Misure speciali sono state adottate per
evitare che i minori non accompagnati
diventino vittime di sfruttamento.
Per
risolvere
il
problema
del
sovraffollamento delle carceri, un Piano
di Azione governativo è stato adottato
recentemente, per delineare un nuovo
contesto
riguardante
il
sistema
carcerario in Italia, che prenderà in
esame diversi temi, come la costruzione
di nuove carceri, il personale della
Polizia Penitenziaria e le misure di
deflazione della popolazione carceraria
La legislazione italiana prevede già
misure pertinenti, anche per quei
detenuti
stranieri
che
non
sono
sottoposti ad un provvedimento di
espulsione
Va notato che, in particolare nel settore
giudiziario, qualsiasi riforma legislativa
sarà in conformità con i principi
costituzionali.
Si
prega
di
fare
riferimento anche alla risposta alla
raccomandazione n. 49.
Va notato che, in particolare nel settore
78
one razziale
49
Giustizia
Libertà di
stampa
50
Treaty
bodies
Procedure
speciali
violino la
giudiziario
indipendenza
del
sistema
Rafforzare l’indipendenza del sistema
giudiziario
Continuare ad assicurare che la libertà
dei media sia garantita e, a tale
riguardo,
tenere
conto
delle
raccomandazioni del Relatore Speciale
sul diritto alla libertà d’espressione e del Comitato diritti umani;
adottare ulteriori misure e garanzie per
assicurare
il
funzionamento
indipendente
dei
media
senza
l’interferenza dello Stato;;
WEOG, EU
Iran
Asia
OIC
giudiziario, qualsiasi riforma legislativa
sarà in conformità con i principi
costituzionali.
Si
prega
di
fare
riferimento anche alla risposta alla
raccomandazione n. 49.
4
R
Per
quanto
riguarda
il
sistema
giudiziario,
sarebbe
opportuno
sottolineare
che
il
principio
dell'indipendenza del potere giudiziario è
già sancito dalla Costituzione. Qualsiasi
riforma
costituzionale
può
essere
adottata solo con una procedura
parlamentare speciale, che prevede una
maggioranza di voto parlamentare
rafforzata e in ultimo un referendum
popolare
(la
cosiddetta
procedura
costituzionale
aggravante).
Pertanto
l'Italia
non
può
sostenere
la
raccomandazione
di
rafforzare
ulteriormente l'indipendenza del potere
giudiziario
A
L'Italia rispetta il suo impegno per
l'attuazione del principio costituzionale
del diritto alla libertà di opinione e di
espressione, anche nei settori della
stampa e dei media, garantendo il
pluralismo, la più ampia varietà di
informazioni e di opinioni, anche per
quotidiani nazionali, regionali e locali,
riviste,
radio
e
canali
televisivi,
informazioni basate sul web, e più in
generale l'indipendenza dei media. Per
quanto
riguarda
il
"
sistema
trasmissione Radio-TV ", la normativa
del 2004 prevede che ogni azione deve
essere guidata dai principi di pluralismo,
imparzialità, libertà di opinione e di
Olanda
WEOG, EU
Repubblica
Ceca
EEG, EU
2
4
79
espressione. Con tali disposizioni, il
legislatore ha posto anche dei limiti per
garantire il pluralismo nel settore dei
media. A tal fine, è stato istituito una
Commissione parlamentare ad hoc che
supervisiona i servizi di radiodiffusione
RAI.
Un'autorità indipendente monitora il
settore delle comunicazioni e garantisce
il rispetto delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia di accesso non
discriminatorio al settore dei media.
Questa Autorità, insieme all’Autorità antitrust, tra l'altro può infliggere
sanzioni quando i suddetti principi sono
violati (entrambe le autorità rispondono
solo al Parlamento).
L’Italia ha lanciato nel 2008 il passaggio
dall’analogico al digitale con l’obiettivo di aumentare ulteriormente il numero dei
canali TV e consentire l'accesso di nuove
voci alle informazioni. Disposizioni antitrust sono volte ad aiutare l'ingresso di
nuove emittenti nel mercato anche
attraverso
un
nuovo
regime
di
autorizzazione generale aperta per la
radiodiffusione. In questo quadro, la
legislazione pertinente detta le regole
per la risoluzione del conflitto tra
funzioni pubbliche e interessi pubblici, in
particolare
individuando
le
incompatibilità con gli uffici pubblici,
vale a dire il primo ministro, i ministri, i
sottosegretari di Stato e i commissari di
governo. Infine , tra gli attori citati,
l’Autorità anti-trust
monitora
le
situazioni rilevanti. Per quanto riguarda i
casi di diffamazione, relative sanzioni confermate da una sentenza definitiva -
80
vengono applicate solo quando i requisiti
di legge previsti per il diritto di cronaca
e il diritto di critica, rispettivamente, non
sono stati rispettati.
Libertà di
stampa
51
Libertà di
espressione
ed opinione
Adottare e pubblicizzare misure per
Canada
rafforzare l’indipendenza dei media e WEOG, OAS,
per
affrontare
i
rischi
della
OIF,
concentrazione dei media;
Commonwealth
garantire che la libertà di espressione
sia pienamente esercitata in maniera
particolare da parte dei media di
proprietà pubblica;
Finlandia
WEOG, EU
4
A
L'Italia rispetta il suo impegno per
l'attuazione del principio costituzionale
del diritto alla libertà di opinione e di
espressione, anche nei settori della
stampa e dei media, garantendo il
pluralismo, la più ampia varietà di
informazioni e di opinioni, anche per
quotidiani nazionali, regionali e locali,
riviste,
radio
e
canali
televisivi,
informazioni basate sul web, e più in
generale l'indipendenza dei media. Per
quanto
riguarda
il
"
sistema
trasmissione Radio-TV ", la normativa
del 2004 prevede che ogni azione deve
essere guidata dai principi di pluralismo,
imparzialità, libertà di opinione e di
espressione. Con tali disposizioni, il
legislatore ha posto anche dei limiti per
garantire il pluralismo nel settore dei
media. A tal fine, è stato istituito una
Commissione parlamentare ad hoc che
supervisiona i servizi di radiodiffusione
RAI.
Un'autorità indipendente monitora il
settore delle comunicazioni e garantisce
il rispetto delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia di accesso non
discriminatorio al settore dei media.
Questa Autorità, insieme all’Autorità antitrust, tra l'altro può infliggere
sanzioni quando i suddetti principi sono
violati (entrambe le autorità rispondono
81
solo al Parlamento).
L’Italia ha lanciato nel 2008 il passaggio dall’analogico al digitale con l’obiettivo di aumentare ulteriormente il numero dei
canali TV e consentire l'accesso di nuove
voci alle informazioni. Disposizioni antitrust sono volte ad aiutare l'ingresso di
nuove emittenti nel mercato anche
attraverso
un
nuovo
regime
di
autorizzazione generale aperta per la
radiodiffusione. In questo quadro, la
legislazione pertinente detta le regole
per la risoluzione del conflitto tra
funzioni pubbliche e interessi pubblici, in
particolare
individuando
le
incompatibilità con gli uffici pubblici,
vale a dire il primo ministro, i ministri, i
sottosegretari di Stato e i commissari di
governo. Infine , tra gli attori citati,
l’Autorità anti-trust
monitora
le
situazioni rilevanti. Per quanto riguarda i
casi di diffamazione, relative sanzioni confermate da una sentenza definitiva vengono applicate solo quando i requisiti
di legge previsti per il diritto di cronaca
e il diritto di critica, rispettivamente, non
sono stati rispettati.
52
Libertà di
stampa
Assicurare l’uso di criteri di selezione Canada
oggettivi,
trasparenti
e
non
WEOG, OAS,
discriminatori nella concessione di
OIF,
licenze televisive, evitare azioni legali
Commonwealth
per diffamazione
A
L'Italia rispetta il suo impegno per
l'attuazione del principio costituzionale
del diritto alla libertà di opinione e di
espressione, anche nei settori della
stampa e dei media, garantendo il
pluralismo, la più ampia varietà di
informazioni e di opinioni, anche per
quotidiani nazionali, regionali e locali,
riviste,
radio
e
canali
televisivi,
informazioni basate sul web, e più in
82
4
generale l'indipendenza dei media. Per
quanto
riguarda
il
"
sistema
trasmissione Radio-TV ", la normativa
del 2004 prevede che ogni azione deve
essere guidata dai principi di pluralismo,
imparzialità, libertà di opinione e di
espressione. Con tali disposizioni, il
legislatore ha posto anche dei limiti per
garantire il pluralismo nel settore dei
media. A tal fine, è stato istituito una
Commissione parlamentare ad hoc che
supervisiona i servizi di radiodiffusione
RAI.
Un'autorità indipendente monitora il
settore delle comunicazioni e garantisce
il rispetto delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia di accesso non
discriminatorio al settore dei media.
Questa Autorità, insieme all’Autorità antitrust, tra l'altro può infliggere
sanzioni quando i suddetti principi sono
violati (entrambe le autorità rispondono
solo al Parlamento).
L’Italia ha lanciato nel 2008 il passaggio dall’analogico al digitale con l’obiettivo di aumentare ulteriormente il numero dei
canali TV e consentire l'accesso di nuove
voci alle informazioni. Disposizioni antitrust sono volte ad aiutare l'ingresso di
nuove emittenti nel mercato anche
attraverso
un
nuovo
regime
di
autorizzazione generale aperta per la
radiodiffusione. In questo quadro, la
legislazione pertinente detta le regole
per la risoluzione del conflitto tra
funzioni pubbliche e interessi pubblici, in
particolare
individuando
le
incompatibilità con gli uffici pubblici,
vale a dire il primo ministro, i ministri, i
83
sottosegretari di Stato e i commissari di
governo. Infine , tra gli attori citati,
l’Autorità anti-trust
monitora
le
situazioni rilevanti. Per quanto riguarda i
casi di diffamazione, relative sanzioni confermate da una sentenza definitiva vengono applicate solo quando i requisiti
di legge previsti per il diritto di cronaca
e il diritto di critica, rispettivamente, non
sono stati rispettati.
53
54
Libertà di
stampa
Libertà di
stampa
Intraprendere ulteriori misure per
proteggere
la libertà
di
stampa
compresa la protezione dei giornalisti
contro le minacce di gruppi criminali
Norvegia
WEOG
Rivedere la sua legislazione per
Nicaragua
garantire il pluralismo nella industria GRULAC, OAS,
televisiva
OEI, ACS
4
3
A
A
L'Italia
accetta
la
seguente
raccomandazione, considerandola già
attuata o in corso di attuazione
L'Italia rispetta il suo impegno per
l'attuazione del principio costituzionale
del diritto alla libertà di opinione e di
espressione, anche nei settori della
stampa e dei media, garantendo il
pluralismo, la più ampia varietà di
informazioni e di opinioni, anche per
quotidiani nazionali, regionali e locali,
riviste,
radio
e
canali
televisivi,
informazioni basate sul web, e più in
generale l'indipendenza dei media. Per
quanto
riguarda
il
"
sistema
trasmissione Radio-TV ", la normativa
del 2004 prevede che ogni azione deve
essere guidata dai principi di pluralismo,
imparzialità, libertà di opinione e di
espressione. Con tali disposizioni, il
legislatore ha posto anche dei limiti per
garantire il pluralismo nel settore dei
media. A tal fine, è stato istituito una
Commissione parlamentare ad hoc che
supervisiona i servizi di radiodiffusione
RAI.
84
Un'autorità indipendente monitora il
settore delle comunicazioni e garantisce
il rispetto delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia di accesso non
discriminatorio al settore dei media.
Questa Autorità, insieme all’Autorità
antitrust, tra l'altro può infliggere
sanzioni quando i suddetti principi sono
violati (entrambe le autorità rispondono
solo al Parlamento).
L’Italia ha lanciato nel 2008 il passaggio dall’analogico al digitale con l’obiettivo di aumentare ulteriormente il numero dei
canali TV e consentire l'accesso di nuove
voci alle informazioni. Disposizioni antitrust sono volte ad aiutare l'ingresso di
nuove emittenti nel mercato anche
attraverso
un
nuovo
regime
di
autorizzazione generale aperta per la
radiodiffusione. In questo quadro, la
legislazione pertinente detta le regole
per la risoluzione del conflitto tra
funzioni pubbliche e interessi pubblici, in
particolare
individuando
le
incompatibilità con gli uffici pubblici,
vale a dire il primo ministro, i ministri, i
sottosegretari di Stato e i commissari di
governo. Infine , tra gli attori citati,
l’Autorità anti-trust
monitora
le
situazioni rilevanti. Per quanto riguarda i
casi di diffamazione, relative sanzioni confermate da una sentenza definitiva vengono applicate solo quando i requisiti
di legge previsti per il diritto di cronaca
e il diritto di critica, rispettivamente, non
sono stati rispettati.
55
Libertà di
Continuare
ad
applicare
i
principi
Kuwait
2
A
L'Italia
accetta
la
seguente
85
religione e
di credo
56
57
Diritti delle
minoranze
Diritti delle
minoranze
Diritto
all'educazio
ne
costituzionali rispetto alla libertà di
religione e al bisogno di rispettare le
religioni ed i loro simboli
Asia
OIC, AL
Aumentare gli sforzi per raggiungere ed
assicurare i diritti dei membri delle
Stati Uniti
minoranze, in particolare delle comunità
WEOG, OAS
Rom;
proteggere i Rom e Sinti come
Cuba
minoranze nazionali e assicurare che GRULAC, OAS,
non siano oggetto di discriminazione
OEI, ACS
compreso da parte dei media;
Rafforzare gli sforzi per integrare le
Australia
comunità Rom e Sinti attraverso azioni
WEOG, PIF,
positive in materia di educazione, Commonwealth
lavoro, casa e servizi sociali;
Russia
continuare
a
contribuire
alla
EEG, CIS
integrazione di Rom e Sinti nelle
comunità locali e dare ad essi accesso
alla casa, al lavoro, alla educazione e
Finlandia
alla formazione professionale;
WEOG, EU
continuare gli sforzi per controbattere la
discriminazione contro i Rom in tutti i
settori
della
società;
cercare
di
assicurare la effettiva partecipazione
Svezia
WEOG, EU
raccomandazione, considerandola
attuata o in corso di attuazione
4
R
4
A
già
Principi costituzionali e specifiche misure
legislative
prevedono
la
tutela
delle minoranze linguistiche nazionali a
tutti i livelli: a scuola, nella pubblica
amministrazione, nel settore dei media,
anche
nella
topografia
comunale.
Tale normativa prevede i requisiti
giuridici della stabilità e della durata
dell’insediamento delle minoranze linguistiche nazionali, in un’area specifica
del
Paese.
Dato che le comunità Rom e Sinti non
soddisfano i criteri specificati, esse non
possono
essere
incluse
nell'elenco
nazionale delle minoranze linguistiche
storiche.
Attualmente, la lista di cui sopra include
dodici minoranze linguistiche ed è aperta
ad accogliere nuovi membri.
L'Italia
accetta
la
seguente
raccomandazione, considerandola già
attuata o in corso di attuazione
2
2,4
4
86
dei Rom nel processo che mira ad
assicurare loro un trattamento paritario
e non discriminatorio;
Stati Uniti
WEOG, OAS
5
garantire pari diritti ai membri delle
minoranze Rom e Sinti, garantire che
tutti i minori Rom e Sinti siano iscritti a
scuola e fare tutti gli sforzi possibili per
incoraggiare la loro regolare frequenza
scolastica;
adottare
una
legislazione
anti
discriminatoria e ampia per garantire ai
Rom
pari
accesso
al
lavoro,
all’educazione e all’assistenza sanitaria;;
58
Porre in essere tutte le misure
Strumenti
necessarie per garantire i diritti dei Rom
internaziona
come indicato dall’articolo 27 del Patto li
internazionale dei diritti civili e politici,
specificamente emendando la legge del
Diritti delle
1999 che richiede la connessione con
minoranze
un territorio specifico
59
Diritti delle
minoranze
Prestare una attenzione particolare alla
preparazione,
realizzazione
e
valutazione di un progetto pilota per il
Danimarca
WEOG, EU
4
R
Serbia
EEG
4
A
Principi costituzionali e specifiche misure
legislative
prevedono
la
tutela
delle minoranze linguistiche nazionali a
tutti i livelli: a scuola, nella pubblica
amministrazione, nel settore dei media,
anche
nella
topografia
comunale.
Tale normativa prevede i requisiti
giuridici della stabilità e della durata
dell’insediamento delle minoranze linguistiche nazionali, in un’area specifica
del
Paese.
Dato che le comunità Rom e Sinti non
soddisfano i criteri specificati, esse non
possono
essere
incluse
nell'elenco
nazionale delle minoranze linguistiche
storiche.
Attualmente, la lista di cui sopra include
dodici minoranze linguistiche ed è aperta
ad accogliere nuovi membri.
Un gruppo di lavoro ad hoc di
rappresentanti italiani e serbi è stato
istituito
87
60
61
62
Diritti delle
minoranze
rimpatrio di un numero di Rom, di
origine serba, che attualmente stanno
vivendo nei campi dislocati nell’Italia centrale e meridionale, in modo da
facilitare rimedi appropriati e al
contempo dignitosi ed efficaci per la
popolazione Rom
per elaborare un protocollo d'intesa
individuando
specifiche
misure
di
rimpatrio, nel rispetto degli accordi
bilaterali
Continuare
ad
operare
affinché
terminino intolleranza e discriminazione
sociale contro i Rom e, a tale riguardo,
assicurare che la polizia e le autorità
locali siano formate per rispondere in
maniera appropriata alle denunce per
crimini in cui siano coinvolti Rom e
evitino un profiling etnico inappropriato
L'Italia
accetta
la
seguente
raccomandazione, considerandola già
attuata o in corso di attuazione
Stati Uniti
WEOG, OAS
Diritto alla
abitazione
Con riguardo alle evizioni forzate,
assicurare la piena corrispondenza con
il diritto internazionale
Diritti delle
minoranze
Analizzare tutte le alternative alle
evizioni forzate di Rom e Sinti inclusa la
Australia
consultazione di coloro che sono
WEOG, PIF,
direttamente
colpiti
da
questi Commonwealth
provvedimenti
Svezia
WEOG, UE
2
4
5
A
A
A
Le operazioni di sgombero forzato svolte
dalle forze di polizia hanno avuto spesso
l’obiettivo finale di offrire una sistemazione più adeguata per le
famiglie rom. Un insediamento non
autorizzato per sua stessa natura, non
può
garantire
condizioni
di
vita
adeguate.
Nell'ambito
del
quadro
normativo
nazionale, ripristinare buone condizioni
di vita è nell’interesse della società nel suo insieme, comprese le comunità
Rom, Sinti e nomadi, in quanto tra le più
esposte
al
rischio
di
abuso
e
sfruttamento.
Le operazioni di sgombero forzato svolte
dalle forze di polizia hanno avuto spesso
l’obiettivo finale di offrire una sistemazione più adeguata per le
famiglie rom. Un insediamento non
88
autorizzato per sua stessa natura, non
può
garantire
condizioni
di
vita
adeguate.
Nell'ambito
del
quadro
normativo
nazionale, ripristinare buone condizioni
di vita è nell’interesse della società nel suo insieme, comprese le comunità
Rom, Sinti e nomadi, in quanto tra le più
esposte
al
rischio
di
abuso
e
sfruttamento.
63
64
Porre in essere nuove misure per
Diritto
garantire l’accesso effettivo a all'uguaglian
documenti di identificazione per tutti i
za
cittadini
Diritti delle
minoranze
Dare piena applicazione alla legge No.
38/01 sulla protezione della minoranza
slovena in Italia e alla legge No.
482/99; rispettare le istituzioni della
minoranza
slovena
attraverso
un
trattamento speciale e la partecipazione
nei processi decisionali (asili, scuole e
teatri);
Repubblica
Ceca
EEG, EU
Slovenia
EEG, EU
4
5
A
A
Per legge, l’Italia fornisce già una carte d'identità a tutti i cittadini
Su un piano di parità con le altre
minoranze linguistiche, i diritti della
minoranza slovena ed il prezioso ruolo di
questa minoranza nel rafforzamento
delle relazioni bilaterali tra Italia e
Slovenia
sono
stati
recentemente
riaffermati nella dichiarazione congiunta,
rilasciata alla fine del secondo Comitato
di Coordinamento dei Ministri slovenoitaliano, svoltasi a Lubiana, il 9
novembre
2009.
In questo quadro, l'Italia ha confermato
nel 2010 i suoi notevoli impegni
finanziari
per le attività culturali, educative ed
economiche, in particolare per il settore
dei media ed ha ribadito il suo sostegno
al lavoro di un Comitato ad hoc - che sta
attualmente esaminando, inter alia, il
problema della topografia comunale - ai
sensi della Legge n.38/01.
89
65
66
Diritti delle
minoranze
Diritti delle
minoranze
Dare piena applicazione alla topografia
bilingue visibile nella Regione Autonoma
del Friuli-Venezia Giulia popolata dalla
minoranza slovena; e reinserire i nomi
sloveni nei cartelli stradali dei villaggi
della comunità di Resia/Rezija;
Aumentare la visibilità dei programmi
televisivi sloveni in tutta la Regione
Autonoma del Friuli-Venezia Giulia,
come stabilito all’articolo 19 della legge No. 103/75;
Slovenia
EEG, EU
Slovenia
EEG, EU
5
4
A
A
Su un piano di parità con le altre
minoranze linguistiche, i diritti della
minoranza slovena ed il prezioso ruolo di
questa minoranza nel rafforzamento
delle relazioni bilaterali tra Italia e
Slovenia
sono
stati
recentemente
riaffermati nella dichiarazione congiunta,
rilasciata alla fine del secondo Comitato
di Coordinamento dei Ministri slovenoitaliano, svoltasi a Lubiana, il 9
novembre
2009.
In questo quadro, l'Italia ha confermato
nel 2010 i suoi notevoli impegni
finanziari
per le attività culturali, educative ed
economiche, in particolare per il settore
dei media ed ha ribadito il suo sostegno
al lavoro di un Comitato ad hoc - che sta
attualmente esaminando, inter alia, il
problema della topografia comunale - ai
sensi della Legge n.38/01.
Su un piano di parità con le altre
minoranze linguistiche, i diritti della
minoranza slovena ed il prezioso ruolo di
questa minoranza nel rafforzamento
delle relazioni bilaterali tra Italia e
Slovenia
sono
stati
recentemente
riaffermati nella dichiarazione congiunta,
rilasciata alla fine del secondo Comitato
di Coordinamento dei Ministri slovenoitaliano, svoltasi a Lubiana, il 9
novembre
2009.
In questo quadro, l'Italia ha confermato
nel 2010 i suoi notevoli impegni
finanziari
per le attività culturali, educative ed
economiche, in particolare per il settore
90
dei media ed ha ribadito il suo sostegno
al lavoro di un Comitato ad hoc - che sta
attualmente esaminando, inter alia, il
problema della topografia comunale - ai
sensi della Legge n.38/01.
Rafforzare gli sforzi per proteggere i
richiedenti asilo ed i rifugiati;
Diritti dei
rifugiati
67
Diritti dei
migranti
continuare
ad
applicare
gli
emendamenti
delle
leggi
sull'immigrazione per garantire che tali
leggi siano pienamente in linea con gli
standard internazionali; fare ulteriori
sforzi per lavorare insieme ai rifugiati e
ai migranti;
e fare ulteriori passi per garantire il
pieno rispetto dei diritti fondamentali
dei migranti, dei richiedenti asilo e dei
rifugiati;
68
69
Yemen
Asia
OIC, AL
Kirghizstan
Asia
OIC, CIS
Svezia
WEOG, EU
Libertà di
movimento
Rafforzare la cooperazione con UNHCR
per garantire l’accesso ad una equa
Messico
procedura per identificare i bisogni di GRULAC, OAS,
protezione di coloro che viaggiano o che
OEI, ACS
sono sul territorio italiano
Diritti dei
migranti
Con
riguardo
alle
preoccupazioni
espresse nell’accordo Italo-Libico per
evitare che navi con migranti viaggino
verso l’Italia, garantire che le persone intercettate abbiano accesso ad una
valutazione
appropriata delle loro
richieste di asilo in accordo con gli
standard internazionali in materia di
diritti umani
Olanda
WEOG, EU
L'Italia
accetta
la
seguente
raccomandazione, considerandola già
attuata o in corso di attuazione
4
2
A
4
4
4
A
A
L'Italia
accetta
la
seguente
raccomandazione, considerandola già
attuata o in corso di attuazione
La normativa nazionale, i casi giuridici e
le pratiche mostrano la conformità con
principio di non respingimento e con gli
strumenti
giuridici
internazionali
pertinenti. In particolare, quando un
migrante soccorso in mare esprime
l'intenzione di chiedere asilo o altre
forme di protezione internazionale a
bordo di un peschereccio italiano, lei/lui
non viene rimpatriato nel paese di
origine o di transito, ma portato in Italia
91
70
71
Diritti dei
rifugiati
Diritti dei
rifugiati
Garantire procedure soddisfacenti per le
richieste di asilo da parte di tutti i
migranti o richiedenti asilo recuperati in
mare
Rivedere la propria legislazione e
pratica per assicurarsi che siano
pienamente allineate con il principio di
non-refoulement,
e
garantire
la
responsabilità per qualsiasi violazione
effettuata in merito dalle persone
preposte
Danimarca
WEOG, EU
Repubblica
Ceca
EEG, EU
4
3
A
La normativa nazionale, i casi giuridici e
le pratiche mostrano la conformità con
principio di non respingimento e con gli
strumenti
giuridici
internazionali
pertinenti. In particolare, quando un
migrante soccorso in mare esprime
l'intenzione di chiedere asilo o altre
forme di protezione internazionale a
bordo di un peschereccio italiano, lei/lui
non viene rimpatriato nel paese di
origine o di transito, ma portato in Italia
A
La normativa nazionale, i casi giuridici e
le pratiche mostrano la conformità con
principio di non respingimento e con gli
strumenti
giuridici
internazionali
pertinenti. In particolare, quando un
migrante soccorso in mare esprime
l'intenzione di chiedere asilo o altre
forme di protezione internazionale a
bordo di un peschereccio italiano, lei/lui
non viene rimpatriato nel paese di
origine o di transito, ma portato in Italia
R
La gestione dei flussi migratori di grandi
dimensioni resta una sfida molto seria
per qualsiasi stato. In questo contesto, è
fondamentale mettere in atto gli
strumenti necessari per lottare contro la
tratta
umana
e
promuovere
l’immigrazione regolare.
Nel 2009 la legislazione ha uno scopo
duplice: garantire che i migranti - quelli
che non hanno titolo a nessuna forma di
protezione
siano
effettivamente
rimpatriati nel loro paese di origine,
prevenendo il loro coinvolgimento in reti
di
criminalità
organizzata.
Queste
misure hanno lo scopo di frenare i
comportamenti
criminali
di
singoli
Porre in essere misure legislative
appropriate
per
decriminalizzare
l’entrata e permanenza irregolare in Italia;
Diritti dei
migranti
72
Diritti dei
rifugiati
Brasile
GRULAC, OAS,
eliminare
i
provvedimenti
che
OEI
criminalizzano l’entrata
e
la
permanenza irregolare sul territorio
italiano contenuti nella legge No. 94 del
Messico
2009, e anche i provvedimenti che GRULAC, OAS,
concernono
lo
status
di
non
OEI, ACS
documentato quale aggravante nella
commissione di un reato e la creazione
di gruppi di vigilanti (le ronde) come
indicato nella legge No. 125 del 2008;
4
5
92
individui e nessuna disposizione è
prevista nei confronti di qualsiasi
comunità, gruppo o classe, legata ad
alcuna forma di discriminazione e di
xenofobia.
Su
questa
linea,
la
circostanza
aggravante in riferimento ha unicamente
lo scopo di prevenire il coinvolgimento
dei
migranti
illegali
nel
crimine
organizzato
73
Diritti dei
migranti
Adottare misure legislative appropriate
Brasile
per escludere la permanenza non
GRULAC, OAS,
documentata in Italia come aggravante
OEI
nella sentenza di condanna
4
R
La gestione dei flussi migratori di grandi
dimensioni resta una sfida molto seria
per qualsiasi stato. In questo contesto, è
fondamentale mettere in atto gli
strumenti necessari per lottare contro la
tratta
umana
e
promuovere
l’immigrazione regolare.
Nel 2009 la legislazione ha uno scopo
duplice: garantire che i migranti - quelli
che non hanno titolo a nessuna forma di
protezione
siano
effettivamente
rimpatriati nel loro paese di origine,
prevenendo il loro coinvolgimento in reti
di
criminalità
organizzata.
Queste
misure hanno lo scopo di frenare i
comportamenti
criminali
di
singoli
individui e nessuna disposizione è
prevista nei confronti di qualsiasi
comunità, gruppo o classe, legata ad
alcuna forma di discriminazione e di
xenofobia.
Su
questa
linea,
la
circostanza
aggravante in riferimento ha unicamente
lo scopo di prevenire il coinvolgimento
dei
migranti
illegali
nel
crimine
organizzato
74
Diritti dei
migranti
Adottare
misure
appropriate
per
Brasile
esentare i funzionari addetti alla salute GRULAC, OAS,
4
A
Per quanto riguarda l'accesso ai servizi
sanitari e all'istruzione, la nuova
93
pubblica e alla istruzione a denunciare
migranti non documentati che li
contattano perché in bisogno di
assistenza medica o per i servizi di
istruzione
75
Diritti dei
migranti
Diritti delle
minoranze
76
Diritti dei
migranti
Diritti dei
rifugiati
Diritti dei
migranti
77
Diritti dei
rifugiati
78
Diritti dei
rifugiati
OEI
Garantire l’accesso ai servizi sociali di base inclusa la casa, l’igiene, la salute e l’istruzione a tutti i migranti ed ai membri delle loro famiglie e, in tale
Messico
direzione, aderire immediatamente ai
GRULAC, OAS,
principi
della
Convenzione
OEI, ACS
internazionale per i diritti di tutti i
lavoratori migranti e delle loro famiglie
e considerare la sua ratifica in termini
positivi
Adottare ulteriori misure per proteggere
Gran Bretagna
ed integrare i migranti, i richiedenti
WEOG, EU,
asilo e gli appartenenti a minoranze,
COmmonwealt
anche attraverso indagini su attacchi
h
violenti effettuati contro di loro
Aumentare
la
trasparenza
nelle
procedure di arrivo e di ritorno che
riguardano migranti e rifugiati
Giappone
Asia
Intensificare
gli
sforzi
per
la
risistemazione di rifugiati, specialmente
per quanto riguarda situazioni protratte
di rifugiati identificate dal UNHCR
Marocco
Africa
OIC, AL, OIF
normativa non ha introdotto alcuna
limitazione. La legge non impone né a
medici o presidi di denunciare i migranti
privi
di
documenti.
4
A
L'opportunità di partecipare pienamente
alla vita sociale, economica e culturale
rappresenta il pilastro fondamentale per
una buona integrazione. L'Italia rimane
pienamente impegnata nella promozione
di misure efficaci per l'integrazione
sociale degli immigrati regolari. Per
quanto
riguarda
la
ratifica
della
Convenzione ONU sulla protezione dei
diritti dei lavoratori migranti e dei
membri delle loro famiglie, si prega di
fare riferimento alla risposta data alla
raccomandazione n. 2.
L'Italia
accetta
la
seguente
raccomandazione, considerandola già
attuata o in corso di attuazione
4
4
4
A
A
A
L'Italia
accetta
la
seguente
raccomandazione, considerandola già
attuata o in corso di attuazione
L'Italia
accetta
la
seguente
raccomandazione, considerandola già
attuata o in corso di attuazione
94
79
Diritti dei
migranti
Assicurare il pieno godimento dei diritti
umani di coloro i quali sperano di
Burkhina Faso
trovare una vita migliore in Italia,
Africa,
specialmente
attraverso
il
AU, OIC, OIF
rafforzamento di strutture a garanzia
dei diritti dei migranti
80
Diritti dei
migranti
Rafforzare il rispetto per i diritti umani
Cuba
dei migranti inclusi quelli nei centri di GRULAC, OAS,
detenzione
OEI, ACS
81
Violazioni
dei diritti
umani da
parte di
agenti
statali
Diritti dei
migranti
82
Diritti dei
migranti
4
4
A
L'Italia
accetta
la
seguente
raccomandazione, considerandola già
attuata o in corso di attuazione
A
L'Italia
accetta
la
seguente
raccomandazione, considerandola già
attuata o in corso di attuazione
Revocare tutte le leggi discriminatorie
nei riguardi dei migranti irregolari e
intraprendere azioni per investigare e
Pakistan
condannare atti
discriminatori nei
Asia,
confronti di pubblici ufficiali e della
OIC,
sicurezza, in particolare laddove motivi Commonwealth
razziali
e
religiosi
sono
fattori
aggravanti
5
R
La gestione dei flussi migratori di grandi
dimensioni resta una sfida molto seria
per qualsiasi stato. In questo contesto, è
fondamentale mettere in atto gli
strumenti necessari per lottare contro la
tratta
umana
e
promuovere
l’immigrazione regolare.
Nel 2009 la legislazione ha uno scopo
duplice: garantire che i migranti - quelli
che non hanno titolo a nessuna forma di
protezione
siano
effettivamente
rimpatriati nel loro paese di origine,
prevenendo il loro coinvolgimento in reti
di
criminalità
organizzata.
Queste
misure hanno lo scopo di frenare i
comportamenti
criminali
di
singoli
individui e nessuna disposizione è
prevista nei confronti di qualsiasi
comunità, gruppo o classe, legata ad
alcuna forma di discriminazione e di
xenofobia.
Su
questa
linea,
la
circostanza
aggravante in riferimento ha unicamente
lo scopo di prevenire il coinvolgimento
dei
migranti
illegali
nel
crimine
organizzato
Continuare la cooperazione stretta con i
paesi di origine e transito per trovare
2
A
L'Italia
accetta
la
seguente
raccomandazione, considerandola già
Vietnam
Asia
95
una soluzione efficace al problema della
migrazione illegale
83
84
ASEAN, OIF
Lotta al
Yemen
traffico di
Continuare le misure intraprese per
Asia
esseri umani porre fine alla tratta di esseri umani;
OIC, AL
e rafforzare ulteriormente gli sforzi per
Diritti dei
porre fine alla tratta di donne e bambini
Canada
bambini
e porre in essere misure efficaci per WEOG, OAS,
perseguire e punire chi traffica con gli
OIF,
Diritti delle esseri umani;
Commonwealth
donne
Lotta al
traffico di
Aumentare efficacemente misure di
esseri umani identificazione di donne e bambini
vittime di tratta in modo da fornire loro
Diritti dei
la assistenza adeguata e considerare di
bambini
non penalizzarli per crimini commessi
come diretta conseguenza del fatto di
Diritti delle essere vittime di tratta
donne
Rafforzare gli sforzi per combattere la
tratta di donne e bambini e di porre in
essere misure efficaci per perseguire e
punire i trafficanti di esseri umani,
Lotta al
come indicato dal Comitato per i diritti
traffico di
del bambino e il Comitato contro la
esseri umani
tortura;
attuata o in corso di attuazione
L'Italia
accetta
la
seguente
raccomandazione, considerandola già
attuata o in corso di attuazione
2
A
4
L'Italia
accetta
la
seguente
raccomandazione, considerandola già
attuata o in corso di attuazione
Filippine
Asia
ASEAN
4
A
L'Italia
accetta
la
seguente
raccomandazione, considerandola già
attuata o in corso di attuazione
Treaty
bodies
85
Diritti dei
bambini
Diritti delle
donne
86
Diritti dei
migranti
Lotta al
e porre in essere misure efficaci per
perseguire e condannare la tratta e lo
sfruttamento
delle
persone
come
indicato dal Comitato contro la tortura;
Estendere gli sforzi per raggiungere e
identificare le donne e i minori sfruttati
nella prostituzione, garantire che le
vittime di tratta siano identificate,
Giappone
Asia
Israele
WEOG
Stati Uniti
WEOG, OAS
4
4
A
A
L'Italia
accetta
la
seguente
raccomandazione, considerandola già
attuata o in corso di attuazione
96
traffico di
assistite e non penalizzate per crimini
esseri umani commessi come diretta conseguenza
del fatto di essere vittime di tratta;
Diritti dei
bambini
identificare
anticipatamente
le
potenziali vittime di fra i migranti senza
Diritti delle documenti; continuare ad investigare e
donne
perseguire con inchieste sulle complicità
connesse alla tratta;
e
allargare
le
campagne
di
sensibilizzazione del pubblico con lo
scopo di ridurre la domanda interna di
sesso a pagamento
87
Continuare gli sforzi per combattere la
tratta di esseri umani e in particolare
Lotta al
considerare la possibilità di elaborare
traffico di
misure comprensive per ridurre la
esseri umani
domanda dei servizi offerti attraverso le
vittime di tratta
Bielorussia
EEG, CIS
L'Italia
accetta
la
seguente
raccomandazione, considerandola già
attuata o in corso di attuazione
2
A
2
A
L'Italia
accetta
la
seguente
raccomandazione, considerandola già
attuata o in corso di attuazione
A
Azioni rilevanti sono state già adottate a
livello nazionale e locale, in rispetto
della legislazione esistente. All'interno di
un quadro di pianificazione rinnovato,
autorizzazioni
ambientali
aggiuntive
saranno
rilasciate
per
ridurre
efficacemente le emissioni di rifiuti, in
Lotta al
traffico di
esseri umani
88
Diritto al
cibo
Continuare a destinare le risorse
Colombia
necessaria alla realizzazione di progetti
GRULAC, OAS,
per fornire alloggi, cibo e assistenza
OEI, ACS
sociale temporanea alle vittime di tratta
Diritto
all'abitazion
e
89
Diritto alla
salute
Ambiente
Valutare la situazione e adottare le
misure atte a ridurre l’inquinamento da parte della azienda elettrica a carbone
di Cerano in Puglia e l’industria metallurgica a Taranto per garantire
uno standard di vita e di salute
adeguato in quelle zone
Israele
WEOG
3
97
maniera appropriata.
90
91
92
Sviluppo
Sviluppo
Società
civile
UPR
Bangladesh
Aumentare l’aiuto pubblico allo sviluppo Asia
per portarla allo 0,7 per cento del PIL
OIC,
richiesto dalle Nazioni Unite
COmmonwealt
h
Continuare a intensificare i programmi
di cooperazione allo sviluppo con
l’obbiettivo di raggiungere lo 0.7 per cento del PIL come stabilito dalle
Nazioni Unite
Algeria
AU, OIC, AL
Stabilire un procedimento efficace e
inclusivo
per
dare
seguito
alle
raccomandazioni della UPR tenendo in
Norvegia
mente che la attiva partecipazione della
WEOG
società civile è essenziale per un
processo di revisione che abbia valore;
Gran Bretagna
WEOG, EU,
consultare e coinvolgere la società civile Commonwealth
nel dare seguito alla UPR inclusa la
realizzazione delle raccomandazioni;
5
2
A
Con l’appoggio del Parlamento e della società civile in generale, l'Italia ha
riconfermato il suo impegno verso il
raggiungimento
dell'obiettivo
di
Monterrey
0,7%,.
Nonostante
la
congiuntura internazionale ed i severi
vincoli posti per l'Italia dal suo elevato
debito pubblico, una parte del nuovo
budget statale è solitamente assegnato
per l'Aiuto Pubblico allo Sviluppo
A
Con l’appoggio del Parlamento e della società civile in generale, l'Italia ha
riconfermato il suo impegno verso il
raggiungimento
dell'obiettivo
di
Monterrey
0,7%,.
Nonostante
la
congiuntura internazionale ed i severi
vincoli posti per l'Italia dal suo elevato
debito pubblico, una parte del nuovo
budget statale è solitamente assegnato
per l'Aiuto Pubblico allo Sviluppo
L'Italia
accetta
la
seguente
raccomandazione, considerandola già
attuata o in corso di attuazione
5
A
98
SECONDO MONITORAGGIO DELLE RACCOMANDAZIONI DEL
CONSIGLIO DIRITTI UMANI NELL’AMBITO DELLA REVISIONE PERIODICA UNIVERSALE (UPR)
1. Diritti Civili e Politici e strumenti internazionali, Racc. 1-10
Il 20 maggio 2011 l’Italia è stata riconfermata Stato membro del Consiglio diritti umani delle
Nazioni Unite per il triennio 2011-2014. In fase di candidatura per il secondo mandato, il
Governo italiano ha indicato gli impegni volontari in materia di diritti umani che intende
perseguire: pesa, tra questi, l’assenza di una precisa intenzione a introdurre il reato di tortura nell’ordinamento penale interno. Su questa grave inadempienza, suffragata dal respingimento della raccomandazione numero 8 da parte del Governo italiano nel 2010, grava anche il
mancato richiamo alla ratifica del Protocollo opzionale del Consiglio d’Europa contro la tortura (Opcat). In un’occasione decisiva sul piano internazionale come indubbiamente è la candidatura a sedersi tra i 47 paesi membri del Consiglio diritti umani dell’Onu, l’Italia ha quindi mancato di promettere anche sulla necessità di dotarsi di un organismo indipendente
che possa visitare e ispezionare i luoghi di detenzione, inclusi i centri per migranti e richiedenti
asilo. Il sostanziale ristagno in materia di prevenzione e condanna di ogni forma di tortura e
trattamento inumano e degradante in cui è finito il legislatore italiano è accompagnato
dall’aggravante della sordità ai richiami della più recente giurisprudenza. In particolare, valga ricordare l’importante sentenza del tribunale penale di Asti del 30 gennaio 2012 che ha
mandato prosciolti per intervenuta prescrizione cinque agenti della polizia penitenziaria
accusati delle violenze e abusi subìti da due detenuti nel casa circondariale di Asti tra il 2004 e
il 2005. Nelle motivazioni del giudice, in cui risultano documentati i maltrattamenti, è
chiaramente segnalata l’esistenza di una lacuna normativa relativa all’ipotesi di tortura ed è altrettanto limpidamente smentito quanto sostenuto nel 2010 dal Governo italiano, vale a dire
che l’insieme delle fattispecie di reato previste nell’ordinamento italiano siano di per sé sufficienti a coprire il caso di tortura. La sentenza di Asti, la più recente di una giurisprudenza
conforme in tal senso, richiama la definizione di tortura e trattamenti inumani e degradanti
com’è scritta nella Convenzione delle Nazioni Unite del 1984 che l’Italia ha sottoscritto, ratificato e a cui tuttora attende di dare completa attuazione.
2. Legislazione Nazionale, Racc. 67-82
A due anni dalla ricezione delle raccomandazioni del Consiglio Diritti Umani in sede di UPR,
l’unica novità di rilievo riscontrata nel sistema legislativo italiano è quella del recepimento della direttiva europea in materia di rimpatri dei cittadini dei paesi terzi e le conseguenti modifiche
apportate all’ordinamento interno. Queste modifiche presentano dubbi di conformità agli
obblighi posti dal diritto dell’Unione.
L’Italia ha recepito con grande ritardo la direttiva 2008/115/CE recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio dei cittadini dei paesi terzi il cui soggiorno è
irregolare. Con il decreto legge 23 giugno 2011 n. 89, successivamente convertito in legge
n.129 del 2 agosto 2011, il Governo ha recepito la direttiva europea. La trasposizione della
direttiva è stata realizzata in modo frettoloso ed incompleto e questo rende la normativa di
difficile applicazione sia per la pubblica amministrazione che per i giudici di pace che hanno in
modo quasi esclusivo la giurisdizione in questa materia. Il sindacato giurisdizionale sulla
restrizione della libertà personale continua ad essere affidato alla magistratura onoraria.
La pena detentiva per il “reato di clandestinità” sparisce dall’ordinamento. Tuttavia, il tempo di
trattenimento nei CIE può durare fino a 18 mesi.
La legge di recepimento della direttiva ha modificato inoltre diversi articoli del T.U.
sull’immigrazione (decreto legislativo n. 286/1998). Ad esempio, all’ art. 32 è stato aggiunto il
co.1-bis che riguarda i minori stranieri considerati non accompagnati (nonostante siano affidati
o inseriti in una comunità) ai quali per il mantenimento della regolarità del soggiorno al
compimento della maggiore età, il legislatore esige dei requisiti ulteriori rispetto a quelli
richiesti nella minore età stessa.
Il Governo ha colto l’occasione anche per completare l’attuazione della direttiva 2004/38/CE sulla libera circolazione dei cittadini dell’UE, apportando diverse modifiche al decreto legislativo n. 30 del 2007 che regola le condizioni di soggiorno dei cittadini dell’UE in Italia.
In materia di riconoscimento dello status di rifugiato non esiste tuttora una legislazione
organica; le Commissioni Territoriali per il riconoscimento della Protezione Internazionale
emettono troppo spesso dinieghi alle domande di riconoscimento, costringendo i richiedenti a
fare ricorso giurisdizionale per vedersi riconosciuto il loro status.
Si rileva un’inadeguatezza pesante nel sistema generale di accoglienza, al di sotto degli
standard minimi europei.
Per affrontare l’emergenza dei profughi del Nord Africa, il 12 aprile 2011 la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dip. Protezione civile aveva approvato un piano per l’accoglienza dei migranti in attuazione dell’accordo Stato Regioni Enti locali del 6 aprile 2011. Aveva anche
approvato il D.P.C.M. del 5 aprile 2011 ex art. 20 T.U. Immigrazione contenente l'indicazione
delle misure umanitarie di protezione temporanea per i cittadini appartenenti ai paesi del Nord
Africa affluiti nel territorio italiano dal 1° gennaio 2011 alla mezzanotte del 5 aprile 2011. Nello
stesso provvedimento veniva stabilito che la richiesta del permesso di protezione temporanea
si doveva presentare entro 8 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Il 15 maggio 2012 un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ha prorogato di altri 6
mesi i permessi di soggiorno rilasciati a favore dei cittadini nordafricani per motivi umanitari.
Precedentemente, con un decreto del 6 ottobre 2011 era stato prorogato lo stato di emergenza
per tutto l’anno 2012.
Restano fuori da questa forma di tutela circa 25.000 cittadini dell’Africa sub-sahariana, fuggiti
dalla guerra in Libia nel corso dell’anno 2011 e privi di un qualsiasi permesso di soggiorno (precisamente per il fatto che sono entrati in Italia dopo il 5 aprile dello scorso anno).
In relazione alla fruizione da parte dei cittadini immigrati dei benefici sociali previsti dalla
normativa italiana in materia di sostegno al reddito familiare e alla funzione genitoriale o di
cura dei familiari si evidenziano profili discriminatori diretti o indiretti, in contrasto con i principi
costituzionali di uguaglianza e ragionevolezza, nonché con il principio di non discriminazione di
cui al diritto internazionale ed europeo (CEDU).
Uniche novità in materia:
- assegno INPS destinato ai nuclei familiari numerosi con almeno tre figli minori ed in
condizioni di disagio economico. (La normativa prevede una clausola di cittadinanza italiana o
di un paese membro dell’UE ai fini dell’accesso al beneficio, escludendo tutti i cittadini di paesi
terzi, con l’unica eccezione dei rifugiati). Con comunicazione del 16 maggio 2012 l’INPS ha ribadito l’esclusione dei cittadini di paesi terzi dalla prestazione sociale, ivi compresi gli
stranieri lungo soggiornanti che pure dovrebbero essere protetti dalla clausola di parità di
trattamento di cui alla direttiva europea n. 109/2003, adducendo che un parere del Ministero
dell’Economia e delle Finanze avrebbe motivato la necessità dell’esclusione con la mancanza di
copertura economica;
- con il decreto “Semplifica Italia” (decreto legge n. 5 dd. 09.02.2012, convertito in legge n. 35
dd. 04.04.2012) è stata messa a disposizione delle famiglie con basso reddito una nuova social
card chiamata “Carta acquisti” che affiancherà quella già prevista dal 2008. La Carta ha validità
annuale e la gestione è affidata ai Comuni con più di 250 mila abitanti per un totale di 50
milioni di euro stanziati. La nuova “social card” viene riservata ai cittadini italiani, di altri Stati membri dell’Unione europea e ai cittadini di Stati terzi lungo soggiornanti. Ne rimangono esclusi tuttavia i rifugiati e i titolari di protezione sussidiaria nonostante la previsione di parità
di trattamento in materia di assistenza sociale prevista dalla direttiva europea n.2004/83,
nonché gli immigrati di paesi terzi privi dello status di lungo soggiornanti.
Per quanto attiene ai diritti delle minoranze possiamo rilevare che:
il nuovo Governo insediatosi a novembre 2011 ha redatto un documento chiamato Strategia
nazionale di inclusione dei Rom, dei Sinti e dei Camminanti.
Si è preso atto della necessità, non solo di fornire all'Unione Europea le risposte che sono fino
ad oggi mancate ma contemporaneamente di segnare una strategia che possa guidare nei
prossimi anni, una concreta attività di inclusione dei Rom, Sinti e Camminanti (RSC),
superando definitivamente la fase emergenziale che ha caratterizzato l'azione soprattutto nelle
100
grandi aree urbane. Il ministro per la Cooperazione Internazionale e l'Integrazione è stato
investito della responsabilità di costruire, di concerto con altri ministeri, una cabina di regia
delle politiche dei prossimi anni, coinvolgendo le rappresentanze degli enti regionali e locali,
compresi i sindaci delle grandi aree urbane e le stesse rappresentanze delle comunità Rom,
Sinti e Camminanti presenti in Italia.
Per ciò che attiene all’assistenza sanitaria, la normativa in materia di assistenza sanitaria
non trova applicazione uniforme in tutte le regioni italiane. A livello generale, si ricorda come
l’art. 35 del d.lgs. 286/98 assicuri ai migranti irregolari “le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative” e i “programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e collettiva”. L’articolo 43.8 del DPR 394/1999 spiega, inoltre, che “le regioni individuano le modalità più opportune per garantire che le cure essenziali e continuative previste dall’articolo 35, comma 3, del testo unico, possono essere erogate nell’ambito delle strutture della medicina del territorio o nei presidi sanitari, pubblici e
privati accreditati, strutturati in forma poliambulatoriale od ospedaliera, eventualmente in
collaborazione con organismi di volontariato aventi esperienza specifica.” Tale normativa risulta
non pienamente attuata in alcune regioni italiane e l’assistenza fornita ai migranti non in regola con le norme relative all'ingresso ed al soggiorno continua ad essere inadeguata. In
particolare, alcune regioni hanno delegato alle singole aziende sanitarie l’identificazione delle modalità tramite le quali garantire concretamente le cure essenziale e continuative ai migranti
irregolari, senza emanare direttive volte ad assicurare l’uniformità dell’assistenza tra le diverse aziende sanitarie e ad assicurare livelli essenziali adeguati. Inoltre, in alcune di queste, i
migranti irregolari possono ricevere assistenza sanitaria unicamente accedendo al pronto
soccorso e, qualora siano attivi sul territorio, accedendo ad ambulatori del volontariato non
convenzionati.
Con comunicazione del 16 maggio 2012 l’INPS ha ribadito l’esclusione dei cittadini di paesi
terzi dalla prestazione sociale, ivi compresi gli stranieri lungo soggiornanti che pure dovrebbero
essere protetti dalla clausola di parità di trattamento di cui alla direttiva europea n. 109/2003,
adducendo che un parere del Ministero dell’Economia e delle Finanze avrebbe motivato la necessità dell’esclusione con la mancanza di copertura economica. Con il decreto “Semplifica Italia” (decreto legge n. 5 dd. 09.02.2012, convertito in legge n. 35
dd. 04.04.2012) è stata messa a disposizione delle famiglie con basso reddito una nuova social
card chiamata “Carta acquisti” che affiancherà quella già prevista dal 2008. La carta ha validità annuale e la gestione è affidata ai Comuni con più di 250mila abitanti per un totale di 50
milioni di euro stanziati. La nuova “social card” viene riservata ai cittadini italiani, di altri Stati membri dell’Unione europea e ai cittadini di Stati terzi lungo soggiornanti. Ne rimangono
esclusi tuttavia i rifugiati e i titolari di protezione sussidiaria nonostante la previsione di parità
di trattamento i materia di assistenza sociale prevista dalla direttiva europea n. 2004/83,
nonché gli immigrati di paesi terzi privi dello status di lungo soggiornanti.
In alcune visite realizzate nel 2011-2012 presso i Centri di Identificazione ed
Espulsione (CIE) di Roma, Bologna e Torino è stata constatata una palese inadeguatezza
di tali strutture nel tutelare la dignità e i diritti fondamentali dei migranti trattenuti.
Un’inadeguatezza correlata agli scopi, alle modalità di funzionamento e alle caratteristiche strutturali dei CIE, che richiamano quelle di centri di internamento del tutto inadatti a garantire
una permanenza dignitosa agli immigrati. Alla luce delle informazioni raccolte, le degradanti
condizioni di detenzione e la tensione all’interno dei centri sembrano essersi ulteriormente aggravate in seguito al prolungamento dei tempi massimi di trattenimento a 18 mesi 66. Il fatto
che i CIE siano una realtà del tutto separata dal territorio che li ospita, con limitate possibilità
di monitoraggio da parte di organizzazioni indipendenti e di esponenti della società civile,
accresce ulteriormente i timori circa un’inadeguata tutela dei diritti fondamentali dei migranti
detenuti. Del resto, l’isolamento dei trattenuti rispetto alla possibilità di mantenere un contatto con il mondo esterno è apparso tra gli elementi di disagio più rilevanti nel CIE di Roma (il più
grande d’Italia), dove la libertà di colloquio con persone provenienti dall’esterno non è garantita. Oltre a un notevole degrado di alloggi e servizi igienici e la quasi totale assenza di
spazi e attività ricreative, nel CIE romano si sono riscontrati ostacoli rilevanti nell’accesso alle
66
Decreto-legge n. 89 del 23 giugno 2011, convertito in legge n. 129/2011.
101
cure specialistiche e agli approfondimenti diagnostici. È facile intuire che un sistema concepito
per fornire assistenza sanitaria a persone trattenute per un periodo relativamente breve di
tempo (30 giorni) si riveli del tutto inadeguato quando questi tempi vengono abnormemente
prolungati. Pertanto si ribadisce la necessità di sottrarre i CIE alla condizione di
extraterritorialità sanitaria e di ricondurre la titolarità e l’organizzazione dell’assistenza sanitaria nei centri al Servizio sanitario nazionale attraverso le ASL di riferimento in modo da
tutelare adeguatamente il diritto alla salute dei trattenuti. Circa l’80 per cento delle persone
internate nel CIE di Roma provengono dal carcere o sono vittime di tratta. Per quanto riguarda
gli ex-detenuti, è evidente che si sarebbe potuto e dovuto provvedere alla loro identificazione
durante il periodo di espiazione della pena. Mentre il trattenimento nel CIE di donne potenziali
vittime di tratta appare del tutto improprio, in quanto tale struttura non è il luogo adeguato per
avviare gli opportuni percorsi di assistenza e protezione sociale a favore di persone
particolarmente vulnerabili.
Le conclusioni di un’indagine condotta sul CIE di Ponte Galeria possono essere estese al sistema dei CIE in generale come indicano le analisi più significative realizzate da attori
indipendenti e istituzionali. Si ritiene che le criticità ripetutamente rilevate nel corso degli anni
sulla natura e il funzionamento dei CPTA/CIE abbiano una tale rilevanza e pervasività da
rendere indispensabili e urgenti sia l’abbandono dell’attuale sistema di detenzione amministrativa, sia l’adozione contestuale di strategie di gestione dell’immigrazione irregolare più razionali, articolate e rispettose dei diritti fondamentali della persona.
Con riferimento alla promozione e protezione dei diritti sindacali, nel corso della 101esima
Conferenza dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), la Confederazione
Internazionale dei Sindacati (CSI-ITUC) ha presentato l'ultimo rapporto annuale sulle violazioni
dei diritti sindacali nel mondo. Per quanto riguarda l'Italia, il rapporto annuale sulle violazioni
dei diritti sindacali segnala le norme penalizzanti in materia di pensioni, i tagli alla spesa
pubblica e ai servizi sociali, il blocco della contrattazione nel pubblico impiego e la mancata
stabilizzazione dei precari. Vengono inoltre ricordate le discriminazioni, normative e di fatto,
nei confronti dei lavoratori migranti – incluse condizioni di vera e propria schiavitù – e la
violazione dei diritti sindacali operata dalla Fiat-Chrysler verso un sindacato maggiormente
rappresentativo (con chiaro riferimento all'attacco ai diritti sindacali della FIOM-CGIL).
3. Istituzione Nazionale per i Diritti Umani, Racc. 11-15
L'Italia rimane ancora oggi uno dei pochi Stati (www.nhri.net) senza una istituzione nazionale
indipendente per i diritti umani, in linea con i Principi di Parigi e la Risoluzione 48/134
approvata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 dicembre 1993 e dalla Risoluzione
del Consiglio d'Europa (97) del 11 del 30 settembre 1997. La UPR con il suo A/HRC/14/4/Add.1
maggio 2010 raccomandazioni 11-15, insieme a tutte le raccomandazioni specifiche dei Treaty
Bodies delle Nazioni Unite che hanno esaminato il contesto italiano nell'ultimo decennio
(CRC/C/15/Add198 del 18 marzo 2003; CESCR / ITA / 04 del 26 novembre 2004;
CCPR/C/ITA/CO/05 del 2 novembre 2005; CEDAW, 2005 A/60/38 (SUPP); CAT/C/ITA/CO/4 del
18 maggio 2007, CERD/C/ITA/CO/15 del 16 maggio 2008, CERD/C/ITA/CO/16-18 del 9 marzo
2012), hanno messo in evidenza questa lacuna italiana.
Il ritardo italiano non ha giustificazione. Il Governo italiano, l'8 maggio 2007, nel presentare la
sua prima candidatura al nuovo Consiglio ONU per i diritti umani per i successivi tre anni
(l'Italia è stata eletta per il periodo 2007-2010) si è formalmente impegnato di fronte
all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite "... a creare la Commissione nazionale indipendente
per la promozione e protezione dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali…". Tuttavia, pur avendo disatteso questo impegno ufficiale, nuovamente nel 2011, nel ripresentare per la
seconda volta la propria candidatura al Consiglio ONU per i diritti umani ha ancora promesso
formalmente con impegno volontario di creare "la Commissione nazionale indipendente per la
promozione e la protezione dei diritti umani in conformità con i Principi di Parigi...” da
realizzare durante il suo secondo mandato 2011-2014 (l’Italia è stata eletta il 20 maggio, con
decorrenza formale dal 19 giugno 2011).
Nello stesso anno, dopo oltre un decennio tentativi da parte di vari parlamentari, un nuovo
progetto di legge TU n. 4534: "Istituzione della Commissione nazionale per la promozione dei
diritti umani e protezione”, preparato dal Governo senza alcun coinvolgimento della società 102
civile, presentato da 27 parlamentari, è stato approvato in Senato nel mese di luglio 2011 e
presentato alla Camera dei Deputati, dove è stato sottoposto a modifiche. Il nuovo testo, che
non è stato ancora ufficialmente reso noto e che quindi non rende possibile analizzare gli ultimi
cambiamenti effettuati, è ancora fermo in Commissioni Affari Costituzionali della Camera dei
Deputati in attesa di approvazione per poi essere restituito al Senato per l’approvazione finale.
Per quanto concerne l'iter per la discussione parlamentare si può notare che, a prescindere
dalla consapevolezza di alcuni parlamentari, in questi anni, dal 2004 al 2012 non si è avuta
alcuna procedura consultiva, inclusiva, trasparente e partecipativa, tenendo conto che la
partecipazione della società civile in tutte le varie fasi che portano alla creazione di una
istituzione nazionale indipendente per i diritti umani è uno dei requisiti fondamentali dei
Principi di Parigi e degli standard internazionali. Questo fatto contrasta anche con le
raccomandazioni delle Nazioni Unite formalmente espresse dall'Ufficio dell'Alto Commissariato
delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, Ufficio Istituzioni Nazionali.
I Principi di Parigi espressamente raccomandano che la creazione di una istituzione nazionale
indipendente per i diritti umani sia realizzata attraverso un processo trasparente, partecipativo
e inclusivo di tutte le forze sociali della società civile considerata nella sua accezione più
generale (art. 1 della Sezione Composizione e garanzie di indipendenza e pluralismo) con la
sua partecipazione attiva almeno in tre fasi vitali della istituzione: creazione,
composizione/nomina dei membri della Commissione e meccanismi e metodi di cooperazione
tra l'istituzione nazionale per i diritti umani e la società civile.
4. Educazione Ai Diritti Umani, Racc. 30,31,32
Il 10 dicembre 2004 il generale delle Nazioni Unite, con risoluzione 59/113, ha stabilito - come
uscita del Decennio delle Nazioni Unite per l'Educazione ai Diritti Umani lanciata nel 1993 a
Vienna Conferenza mondiale - il Programma Mondiale per l'Educazione ai Diritti Umani. Il
programma, suddiviso in varie fasi e attualmente nella sua seconda fase (2010-2014), si
concentra su educazione ai diritti umani per l'istruzione superiore e sui programmi di
formazione sui diritti umani per insegnanti e educatori, funzionari pubblici, ufficiali di polizia e
militari. L'attenzione è stata definita sulla base di una consultazione del Commissario per i
diritti umani a cui anche l'Italia ha partecipato e contribuito. Le indicazioni per la seconda fase
sono contenute nel "Piano d'azione per la seconda fase (2010-2014) del Programma Mondiale
per l'Educazione ai Diritti Umani" (A/HRC/15/28) in cui l'azione specifica diretta verso le varie
componenti del percorso formativo: adeguate politiche nazionali, la cooperazione
internazionale, coordinamento e valutazione.
Uno dei punti di forza del Programma Mondiale per l’educazione ai diritti umani è l’accento
posto sull’importanza dell’educazione come life long learning inteso come apprendimento che
dura tutta la vita. Un’educazione che supera i confini del didattico per entrare in un contesto
educativo più ampio in cui l’educazione non formale e informale divengono elementi
complementari all’educazione definita tradizionale.
L'introduzione della riforma del sistema scolastico italiano attraverso l'attuazione della legge
del 30 ottobre 2008, n. 169 ha portato all'introduzione nel nostro sistema scolastico di un
nuovo tema: "Cittadinanza e Costituzione", per diventare in vigore a partire dall'anno
scolastico 2009-2010 per un importo di 33 ore all'anno.
La promozione della cittadinanza attiva - attraverso la diffusione dei principi costituzionali e
dell’educazione al rispetto dei diritti umani e dei doveri da chiunque detenuti - prevede
l'acquisizione di conoscenze e competenze che partono dalla prima infanzia, per coinvolgere
tutti i livelli di istruzione.
Solo l’implementazione del livello di connessione tra le discipline scolastiche può favorire il
superamento della frammentazione didattica e l’esaltazione del valore civico, culturale, economico, politico e sociale dell’educazione: il tema della legalità e della coesione sociale, della cittadinanza nazionale ed europea, dei diritti umani, delle pari opportunità, del pluralismo,
del rispetto della diversità, del dialogo interculturale, dell’etica, della responsabilità individuale e sociale, della bioetica, della tutela del patrimonio artistico e culturale.
Lo scorso 19 dicembre 2011 a New York, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato 103
la Dichiarazione sull'Educazione e la Formazione ai Diritti Umani.
Una Dichiarazione che afferma con forza: “L'educazione e la formazione ai diritti umani
interessa tutte le parti della società, ad ogni livello compresa l'educazione materna, primaria,
secondaria e universitaria, tenendo in considerazione la libertà accademica ove necessario, e
tutte le forme di educazione, formazione e apprendimento, nel contesto sia pubblico e privato,
formale, informale e non formale. Essa comprende, tra l'altro, la formazione professionale, in
particolare la formazione dei formatori, degli insegnanti e del personale dello Stato,
l'educazione permanente, l'educazione popolare nonché le attività di pubblica informazione e
coscientizzazione”, Art. 3 comma 2.
L'adozione della Dichiarazione offre alla classe politica italiana un'occasione per ricalibrare le
politiche nazionali e le priorità alla luce dei nuovi standard internazionali. Se, come afferma la
Dichiarazione, "l'educazione e la formazione ai diritti umani è essenziale per la
promozione del rispetto universale e dell'osservanza di tutti i diritti umani e delle
libertà fondamentali per tutti", allora l'educazione ai diritti umani non è solo un diritto di
ogni essere umano, ma anche una necessità per una cittadinanza globale responsabile.
5. Migranti e richiedenti asilo
5.1
Diritti dei migranti e legislazione nazionale. Racc. 2, 9, 10, 27, 28, 63, 72,
73, 74, 75, 79, 80, 81, 82
Vedi paragrafo “1.2 Legislazione Nazionale”
5.2
Evizioni forzate. Racc. 61, 62
Vedi paragrafo “1.2 Legislazione Nazionale”
5.3
Diritto dei rifugiati e richiedenti asilo. Racc. 67, 68, 69, 70, 71, 76, 77, 78
Vedi paragrafo “1.2 Legislazione Nazionale”
6.Razzismo E Xenofobia
Ufficio Nazionale Anti - Discriminazione Razziale. Racc. 16 (vedi piano d’azione nazionale integrato): si raccomanda di potenziare tale ufficio nazionale. Comportamenti di
discriminazione razziale e xenofobia. Racc. 22, 23, 24, 26, 28, 29, 32, 33: si raccomanda di
mettere in atto misure di contrasto più efficaci.
7.Diritti delle donne Racc. 24, 34, 35, 36, 42, 43, 44
Sotto il profilo della proclamazione del principio è evidente che in Italia le Pari Opportunità
trovano piena legittimazione a livello istituzionale, ma nell’ambito del mercato del lavoro persistono forti discriminazioni e, ciò che più preoccupa, non sempre la direzione in cui procede
il Governo è quella di una loro concreta attuazione.
Per quanto riguarda le pari opportunità nell’ambito lavorativo risultano alcuni provvedimenti migliorativi annunciati dal nuovo Governo ma non ancora varati.
Il ddl di “Riforma del mercato del lavoro” presentato in Consiglio dei Ministri nel mese di
aprile 2012, all’art.55 prevede il superamento delle “dimissioni in bianco” (che nel 2009 - dopo
la legge Brunetta - riguardò (fonte ISTAT) ben 800.000 donne.
Secondo il ministro Fornero non è necessario - mediante l’abrogazione della Legge Brunetta del 2008 - far rivivere la legge 188/2007, che andrebbe comunque riformulata trattandosi di una
legge abrogata. Questa posizione è stata ritenuta debole da sindacati e movimenti delle donne.
Il ministro del Lavoro, oltre ad avere più volte ribadito di volersi impegnare per l’eliminazione 104
di questa prassi legalizzata, che ha definito “vergognosa”, si è impegnata a prevedere nel ddl
cit. disposizioni che rendano più compatibili il lavoro femminile con gli impegni familiari,
compreso il coinvolgimento di entrambi i genitori nei congedi parentali. Tali misure, incentrate
principalmente sulla considerazione della famiglia come ammortizzatore sociale, anche da
parte del ministro per la Cooperazione Sociale e per l’Integrazione, non si configurano come garanzia per un maggiore accesso delle donne al lavoro.
Si tratta peraltro di misure non ancora entrate a regime poiché il nuovo testo normativo non e’ ancora stato varato.
Attualmente il tasso di disoccupazione femminile si attesta al 9,9 per cento con un
incremento pari allo 0,3 per cento: rispetto all’anno precedente, un aumento dello 0,6
(inferiore al tasso di disoccupazione maschile). Le inattive si attestano intorno al 37,1 per
cento, con un lieve decremento rispetto al dato dello scorso anno. Sempre rispetto all’anno precedente, si rileva un tasso di occupazione femminile pari al 46,9 per cento con un lieve
incremento rispetto al 46,1 dell’anno precedente, incremento che si verifica anche nel tasso di occupazione maschile (la ragione potrebbe essere l’impossibilità di uscita per pensionamento).
Ma per quanto riguarda l’occupazione femminile, la realtà - pur non facilmente codificabile data
la natura di contratti atipici e l’entità (discordante) delle retribuzioni - non sembra affatto
improntata alle “pari opportunità”. Si tratta di un panorama disomogeneo che sfugge ai
controlli e su cui è difficile operare statistiche che non siano quelle rilevate empiricamente e
che dimostrano retribuzioni inferiori a qualsiasi normativa nazionale sotto il ricatto della perdita
del posto di lavoro.
La crisi economico-finanziaria ancor più che nell’anno passato non ha di fatto consentito alcun miglioramento rispetto alla condizione riscontrata nel precedente monitoraggio.
L’assenza di investimenti su Asili Nido e Scuole dell’Infanzia, sia nel meridione che nel Nord
Italia, come i tagli al welfare operati da Enti locali e Regioni, continua a far ricadere sulle donne
il lavoro di “cura”.
Si rimanda alle osservazioni già espresse lo scorso anno in merito al “Piano Italia 2020” non essendosi registrati mutamenti.
In merito alla Racc.35, l’anno in corso ha visto un raccapricciante numero di donne vittime di violenza. In Italia sono state 59 le donne uccise fino a questo punto dell’anno, numero mai prima raggiunto. L’associazione Donne in rete contro la violenza che si propone di sostenere i
60 Centri Antiviolenza, certamente insufficienti, su tutto il territorio italiano ha recentemente
richiamato “le istituzioni a un atto di responsabilità politica nei confronti dei “femminicidi”, fenomeno della violenza maschile sulle donne nel nostro Paese, chiedendo ancora una volta
che la lotta alla violenza sulle donne sia una priorità strategica”. Lo ha fatto il 29 maggio u.s. con una plateale iniziativa: “Un calcio alla violenza, per la libertà delle donne”, una partita di
calcio giocata dalla nazionale di calcio.
Nel 2010 156 donne sono state uccise da uomini (mariti, ex mariti o ex compagni, parenti o
sconosciuti), nel 2009 172, 15 in più del 2008 e 20 in più del 2007. Nel 70 per cento dei casi la
donna viene uccisa in casa e nel 79 per cento dei casi il femminicidio viene commesso da un
italiano (fonti: ISTAT, Rapporto annuale sulla condizione del Paese; Casa delle Donne, 2010).
Iniziative legislative in corso in materia di violenza sessuale
La Camera dei deputati ha approvato in prima lettura, nella seduta del 14 luglio 2009, un testo
unificato di numerosi progetti di legge (uno dei quali del Governo), che reca un organico
intervento in materia di violenza sessuale. Tale testo, attualmente all’esame del Senato (A.S. 1675), prevede tra l’altro l’inasprimento delle sanzioni per i reati in materia di violenza sessuale, ulteriori circostanze aggravanti, l’introduzione del reato di molestie sessuali (definito nella condotta di chi arreca molestia a taluno mediante un atto o un comportamento a
contenuto esplicitamente sessuale), la possibilità di intervento in giudizio degli enti locali, dei
centri antiviolenza e della Presidenza del Consiglio (nel caso di delitti in danno di minori o
105
nell’ambito familiare), misure per l’informazione e l'assistenza sociale delle vittime di violenza,
iniziative scolastiche contro la violenza e la discriminazione sessuale.
Presso la Commissione Giustizia della Camera è inoltre iniziato l’esame di una proposta di legge volta ad estendere l’accesso al gratuito patrocinio anche per le spese relative a processi
celebrati all'estero per violenze sessuali commesse all'estero ai danni di cittadini italiani.
Lunedì 25 giugno 2012, Rashida Manjoo, la Relatrice Speciale delle Nazioni Unite sulla violenza
contro le donne, le sue cause e conseguenze, ha presentato a Ginevra, al Consiglio Diritti
Umani, il rapporto pubblicato a seguito della sua missione in Italia lo scorso gennaio 2012.
Rashida Manjoo, nel suo rapporto, esamina la situazione di violenza contro le donne nel nostro
paese, analizzandone le cause e le conseguenze, dibattendo della "risposta dello Stato” nella prevenzione del fenomeno, protezione delle vittime e individuazione dei rimedi necessari per
contrastare il fenomeno e perseguire e punire i colpevoli.
È possibile consultare il documento linkando a:
http://www.ohchr.org/Documents/HRBodies/HRCouncil/RegularSession/Session20/A-HRC-2016-Add2_en.pdf
Il Piano nazionale contro la violenza di genere e lo stalking
La legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244 del 2007) ha istituito un fondo, presso la
Presidenza del Consiglio, per la realizzazione di un piano contro la violenza alle donne
stanziando a tal fine 20 milioni di euro per l'anno 2008.
Tali somme non sono state mai impegnate nel corso degli anni, fino al 2011 quando, dopo il
parere favorevole espresso dalla Conferenza Unificata nella seduta del 28 ottobre 2010, la
Corte dei Conti ha dato il via libera (17 febbraio 2011) al primo Piano nazionale.
Le mutilazioni genitali femminili
La legge n. 7 del 2006 detta le misure necessarie per prevenire, contrastare e reprimere le
pratiche di mutilazione genitale femminile quali violazioni dei diritti fondamentali all’integrità della persona e alla salute delle donne e delle bambine (art. 1).
Tale legge in particolare ha introdotto nel codice penale un’autonoma fattispecie di reato (Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili, art. 583-bis) che punisce con la
reclusione da 4 a 12 anni chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, cagiona una
mutilazione degli organi genitali femminili (clitoridectomia, escissione, infibulazione ed altre
analoghe pratiche).
8.Discriminazione
Discriminazione in base all’orientamento sessuale
Dal punto di vista del recepimento delle norme contenute nella raccomandazione n. 36
evidenziamo come in questo paese l'approvazione di una norma contro gli atti di
discriminazione, aggressione e violenza verso le persone lesbiche, gay, bisessuali e
transgender, nonché un adeguamento legislativo che assicuri la parità di accesso ai diritti per
tutti i cittadini e per tutte le cittadine incontrino una sistematica e ferrea opposizione da parte
del Governo e del Parlamento nazionale.
Nel nostro paese esistono in particolare due norme. La prima relativamente alla protezione
umanitaria per i cittadini stranieri discriminati o perseguitati in patria in ragione
dell'orientamento sessuale o dell'identità di genere contenuta nella legge Bossi Fini.
La seconda di recepimento della direttiva europea 2000/78 contro la discriminazione sui luoghi
di lavoro, attuata in modo insufficiente e problematico con il dl 216/2003, che risulta pertanto
di difficile e di scarsa applicazione.
È di recente istituzione un osservatorio della polizia di stato, l'OSCAD, volto a monitorare e
tutelare le vittime di reati di discriminazione, incluse quelle di omofobia e di transfobia. Il
106
Ministero delle Pari Opportunità ha avviato nel corso dello scorso anno una campagna di
sensibilizzazione contro l'omofobia e la transfobia.
Dopo l'approvazione di una pregiudiziale di incostituzionalità passata l'anno scorso su una
legge anti omofobia, abbiamo assistito ad un analogo posizionamento delle forze politiche di
centro-destra e non solo su un nuovo provvedimento presentato dall'onorevole Concia (PD)
relativo all'istituzione di un’aggravante per i reati commessi in ragione dell'orientamento
sessuale e dell'identità di genere.
Le più importanti associazioni di interesse nonché la Cgil individuano nell'estensione della legge
Mancino lo strumento più idoneo non solo a sanzionare ma anche a prevenire dal punto di vista
culturale il fenomeno omofobico e transfobico presente nel nostro Paese in misura e
proporzione sempre più preoccupante.
In Europa leggi di tutela e protezione dall'omofobia sono presenti in Austria, Belgio, Cipro,
Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Islanda, Lussemburgo, Norvegia,
Olanda, Romania, Slovenia, Spagna, Svizzera, Svezia, Ungheria, Inghilterra, Serbia e
Montenegro e Repubblica Ceca.
L'approvazione di una direttiva orizzontale sulle discriminazioni presentata al Parlamento
europeo renderà ancor più urgente agli stati membri legiferare in tal senso.
L'Italia ha urgente bisogno di recuperare un ritardo colpevole e di adeguare la propria
legislazione a tutela di una fascia di popolazione particolarmente esposta a discriminazione e
violenza. Ogni ritardo in tal senso è un atto di complicità morale.
Discriminazione dei gruppi vulnerabili
Pur se non richiamate esplicitamente nelle raccomandazioni del Consiglio Diritti Umani, le
popolazioni che vivono nella precarietà economica e sociale (miseria), rappresentano oggi uno
tra i gruppi di persone classificati come «vulnerabili». L'accumulo di precarietà conduce le
donne e gli uomini che ne sono vittime all'esclusione sociale.
Nonostante più testi internazionali facciano esplicitamente riferimento alla discriminazione
basata sull'origine sociale o sulla fortuna 67 , questo tipo di discriminazione non é in realtà
trattata con la dovuta attenzione nel nostro paese. Molto interessante è l’allargamento del concetto di discriminazione che, recentemente, si è manifestato sia in Francia - attraverso i
lavori della Halde68, che ha accettato di intraprendere uno studio sulla povertà come fattore
discriminante – sia in Gran Bretagna, dove si è sviluppato e affermato il concetto di
«Povertyism»69, per denunciare i comportamenti anti-poveri che tendono a moltiplicarsi e ad
accentuare il fenomeno discriminatorio.
9.Diritti dei Minori. Racc. 37, 38, 39, 40, 41, 42, 43, 44
Nell’ambito dell’Universal Periodic Review (UPR) sono state rivolte specifiche raccomandazioni
all’Italia in merito ai diritti delle persone minori di età che vivono nel nostro Paese.
L’universo dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza è un ambito rispetto al quale il Consiglio ONU per i Diritti Umani si è espresso, rivolgendo due anni fa all’Italia numerose Raccomandazioni, precisamente dalla 37 alla 44 e 84, 85, 86.
Sono molte le raccomandazioni in cui la questione minorile è richiamata più o meno
indirettamente.
I principi richiamati nelle Raccomandazioni riguardano:
- prevenzione di tutte le forme di discriminazione nei confronti dei minori; tutela di tutti i
bambini nati e presenti in Italia (diritto alla cittadinanza).
67
Art. 26 del Patto internazionale sui diritti civili e politici; Art. 14 della Convenzione Europea Diritti dell'Uomo (CEDU)
Haute Autorité de lutte contre les discriminations et pour l’égalité. Nel maggio 2011, la Halde, raccomandando di integrare il criterio di indirizzo nella legislazione anti-discriminazione, ha «regretté que le critère de l’origine sociale n’apparaisse pas dans le dispositif national de lutte contre les discriminations» ed ha raccomandato al Governo francese di «mener une réflexion sur l’intégration du critère de l’origine sociale dans la liste des critères prohibés et sur les modalités de prise en compte des préjugés et stéréotypes dont souffrent les personnes en situation précaire».
69
http://www.jrf.org.uk/publications/poverty-uk-denial-peoples-human-rights .Is poverty in the UK a denial of
people's human rights? Damian Killeen 17 January 2008
68
107
-
Piano nazionale per l’infanzia e l’adolescenza e Garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza.
Diritto all’istruzione per tutti i bambini e adolescenti.
Rafforzamento delle misure di contrasto riguardo crimini specifici a danno dei minori,
quali la tratta, il recupero delle vittime e la questione dell’accoglienza dei minori stranieri e il contrasto di qualsiasi forma di violenza nei confronti dei bambini.
Oltre al monitoraggio compiuto dal Consiglio ONU per i Diritti Umani, anche il Comitato delle
Nazioni Unite per l’eliminazione della discriminazione razziale (CERD) ha manifestato
attenzione riguardo alcune questioni attinenti particolari gruppi di minori, tra i cui si segnalano
i minori Rom, Sinti e Camminanti. Il CERD nel documento pubblicato il 9 marzo 2012 70 ha
raccomandato all’Italia di intensificare gli sforzi per garantire l’effettivo accesso all’istruzione da parte dei bambini Rom e Sinti e altri gruppi vulnerabili, attraverso l’adozione di tutte le misure
necessarie per facilitare l’inclusione di tutti i bambini Rom e Sinti nel sistema scolastico (punto 20); di assicurare che il provvedimento amministrativo che limita al 30 per cento il numero dei
bambini/e con nazionalità non italiana in ciascuna classe non influisca negativamente
sull’iscrizione dei figli da parte dei gruppi più vulnerabili (punto 20);; di adottare misure per facilitare l’accesso alla cittadinanza per gli apolidi Rom, Sinti e per i non cittadini che risiedono
in Italia da molti anni e di adottare misure per ridurre l’apolidia. Infine ha espresso particolare preoccupazione per il sistema fortemente decentrato dell’Italia che può portare diversità delle politiche e delle decisioni a livello regionale e provinciale (punto 27)71.
Per quanto riguarda l’accesso all’istruzione e la scolarizzazione dei bambini Rom e Sinti restano ancora irrisolti i problemi legati alla frequenza e all’abbandono scolastico. Sarebbero almeno 20 mila i Rom sotto i dodici anni, in grandissima parte rumeni e dell’ex Jugoslavia, che evadono l’obbligo scolastico in Italia e si stima che «i restanti coetanei Rom e Sinti siano in un
generalizzato ritardo didattico di non meno di tre anni». Inoltre, le condizioni abitative, il minor
tasso di scolarità, le difficoltà di accesso ai servizi sanitari sono tra i fattori di rischio per la
salute delle persone di origine Rom, in particolar modo per i minori. Infine, la mancanza di un
alloggio stabile può anche comportare il mancato riconoscimento della cittadinanza italiana,
per l’impossibilità di dimostrare la residenza legale ininterrottamente dalla nascita sino al compimento dei 18 anni.
Si segnala inoltre che nel 2011 si è svolto a Ginevra, presso le Nazioni Unite, l’esame sull’attuazione della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (CRC) in Italia, a seguito del quale, il Comitato ONU per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza ha pubblicato le proprie Osservazioni Conclusive (ottobre 2011)72.
Molte delle questioni sollevate nell’ambito dell’UPR che riguardano specificatamente l’infanzia sono state riprese e ribadite anche dai succitati organismi internazionali.
Risorse finanziarie
In generale, l’Italia si dimostra ancora poco attenta all’infanzia;; continuano, infatti, a diminuire
i fondi ad essa dedicati, e di contro aumenta il numero dei minori poveri, soprattutto nelle
regioni del Sud Italia.
Il taglio delle risorse destinate all’infanzia e all’adolescenza e la mancanza di strumenti perequativi a livello nazionale, come i livelli essenziali delle prestazioni sociali, aumentano la
discriminazione a livello regionale e non garantiscano a tutti i bambini uguale accesso ai propri
diritti. Si esprime forte preoccupazione per la cancellazione del Fondo Nazionale Straordinario
per i Servizi Socio educativi per la prima infanzia e per la mancata previsione delle allocazioni
delle risorse per il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali. Inoltre, il Piano Nazionale Infanzia e
Adolescenza 2010/2011, promulgato dopo sette anni di attesa nel gennaio 2011, non prevede
alcuna copertura finanziaria. Si evidenzia inoltre la difficoltà in Italia di riuscire a capire come e
70
71
72
Concluding observations of the Committee on the Elimination of Racial Discrimination 2012.
http://www.gruppocrc.net/120-Non-discriminazione-pubblicate.
http://www.gruppocrc.net/Osservazioni-Conclusive-del-Comitato-ONU.
108
dove vengono allocate le risorse dedicate ai minori e agli adolescenti e quali saranno gli effetti
delle leggi e delle manovre economiche nazionali e degli interventi a livello regionale e degli
Enti Locali.
Riforma minorile
Così come avvenuto nel precedente Rapporto di monitoraggio, si evidenzia anche quest’anno la mancata riforma della Giustizia Minorile. Non è, infatti, ancora stata adottata una legge di
ordinamento penitenziario minorile, atta a ripensare la funzione della pena con riferimento al
minore e finalizzata a ridurre il ricorso alla carcerazione e a trasformare il ruolo e il
funzionamento degli IPM.
Raccolta dati
In Italia continua a mancare un sistema di raccolta dati centrato sui minorenni che sia
rappresentativo ed uniforme tra le varie Regioni in modo che i dati possano essere comparabili
e aggiornati puntualmente. In particolare, si segnala la mancanza di dati certi su alcune
questioni specifiche: per il contrasto della pedofilia e pornografia minorile (Legge 38/2006), i
minori adottabili (avvio dell’operatività della «Banca Dati dei Minori Adottabili e dei Genitori in
attesa di adozione», ex. art. 40 Legge 149/01 e la raccolta dei dati disaggregati in riferimento
alle diverse tipologie di adozioni in casi particolari ex. art. 44;) e per i minori fuori dalla
famiglia, la cui modalità di raccolta dati – frammentaria e disomogenea – rende difficile la
costruzione di un sistema informativo nazionale. Non esiste infine un sistema nazionale di
raccolta e analisi dei dati sulla violenza e maltrattamento dei minori e sui bambini con
disabilità, inclusi quelli di età compresa dai 0 ai 6 anni.
Violenza sui minori
Per quanto riguarda il contrasto alla violenza nei confronti dei minori, si evidenza che
oltre alla forte mancanza di dati permane la lacuna relativa ad un sistema informativo di
monitoraggio sul maltrattamento dei bambini in Italia, così come non si riscontra nessun
miglioramento degli interventi a largo raggio per la prevenzione, la rilevazione e la cura della
violenza assistita e l’introduzione del divieto di punizioni fisiche e umilianti nei confronti dei minori in ambito familiare (raccomandazione reiterata anche dal Comitato ONU sui diritti
dell’infanzia e dell’adolescenza nel 2011 e non accolta dal nostro Governo nell’ambito dell’UPR. In Europa sono 22 i paesi che hanno introdotto un divieto esplicito all’uso di punizioni fisiche in ambito familiare).
Minori stranieri non accompagnati
Per quanto riguarda la raccomandazione UPR numero 34 relativa all’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati si segnala che rimane ancora aperta la questione del diritto alla
protezione e all’accoglienza. Al 31 dicembre 2011 risultano essere 7.750, di cui 1.791 risultano
irreperibili. La maggior parte dei MNA segnalati al Comitato Minori Stranieri (7.333) sono
ragazzi di età compresa tra i 16 (2.006) ed i 17 anni (4.207) e sono stati collocati in strutture
per minori (6.844). A livello legislativo manca un unico testo legislativo di riferimento per la
protezione e l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati. Un punto critico è rappresentato anche dalle inadeguate condizioni di prima accoglienza e dalla mancanza di un
sistema nazionale di accoglienza. I luoghi in cui i minori vengono accolti al loro arrivo o
rintraccio sul territorio sono inidonei, soprattutto per un periodo prolungato e manca un
sistema nazionale di accoglienza che consenta di individuare in tempi rapidi se e in quali
Comuni ci sono posti disponibili in comunità per minori e che chiarisca la competenza e la
responsabilità, anche economica, ad effettuare il collocamento del minore.
Tra le questioni più critiche rispetto alla protezione e all’accoglienza dei minori stranieri non
accompagnati, resta quella dall’accertamento dell’età. Nel tentativo di accertare l’età dichiarata dai migranti si dovrebbe, infatti, ricorrere ad esami medici soltanto come extrema ratio, ovvero
solo qualora emergano dubbi palesi e fondati rispetto alla dichiarazione resa e non sia possibile
stabilire l’età in altro modo, ad esempio tramite la richiesta dei documenti alle Autorità 109
consolari del paese di origine. Nella prassi, accade che si utilizzino esami medici prima e/o in
luogo di altri strumenti e, perlopiù, anche quando non sussistono dubbi fondati, essendo la
maggiore o la minore età palese.
La raccomandazione numero 40 sul diritto di cittadinanza, accolta dal nostro Governo,
rimane a nostro avviso ancora disattesa. Si ritiene necessario provvedere quanto prima a
riformare la Legge 91/1992 al fine di garantire percorsi agevolati di acquisizione della
cittadinanza italiana per i minori stranieri nati in Italia e per i minori arrivati nel nostro Paese in
tenera età. Secondo i più recenti dati ISTAT, la popolazione straniera residente in Italia al 31
dicembre 2010 contava 4.570.317 persone, di cui circa il 22 per cento (993.238 unità)
minorenni. Tra questi circa 650.000 sono nati in Italia (le c.d. seconde generazioni); nel 2010
sono nati da entrambi i genitori stranieri (comunitari e non comunitari) circa 78.000 bambini.
Nell’anno scolastico 2010-2011, infine, sono stati 711.046 gli alunni di cittadinanza non italiana
iscritti nel sistema scolastico nazionale, il che equivale al 7,9 per cento del totale della
popolazione scolastica. Se si confrontano questi dati con quelli relativi alle acquisizioni di
cittadinanza, in particolare per i neo diciottenni di origine straniera nati in Italia, risulta
evidente lo scarto tra la presenza sempre più significativa delle seconde generazioni e il
numero relativamente modesto di acquisizioni di cittadinanza. Nel 2010, infatti, secondo il
Ministero dell’Interno le cittadinanze concesse a seguito di residenza o matrimonio sono state 40.084, mentre quelle concesse dai Comuni sono state 25.854.
Nell’anno scolastico 2010-2011 gli studenti di cittadinanza straniera sono stati 709.826: il 37,1
per cento nel Nord Ovest, il 28,4 per cento nel Nord Est, il 23,3 per cento nel Centro, il 7,9 nel
Sud e il 3,4 nelle Isole. Le cittadinanze rappresentate nella scuola italiana sono 188, portatrici
di differenze che si configurano da un lato come apporti innovativi al contesto socio-scolastico,
e dall’altro come specifiche esigenze poste all’organizzazione scolastica. Oltre alla dimensione
quantitativa e al ritmo di aumento, un altro fattore di rilevante importanza è il legame
territoriale, tramite la nascita in Italia, di quelli che continuano a essere chiamati minori
stranieri. Al 1° gennaio 2011, tra i 4.570.317 stranieri residenti, i minori sono stati 993.238 e i
nati in Italia quasi 650.000, pari al 13 per cento degli immigrati residenti (1 ogni 8). La nascita
in Italia è la condizione del 78,4 per cento degli iscritti stranieri della scuola dell’infanzia (3 su
4) e del 53,1 per cento di quelli frequentanti la scuola primaria (circa 2 su 4). La scuola quindi
va sollecitata a maturare un’acquisizione più piena della dimensione strutturale dell’immigrazione, ormai fondamentale nella società italiana di oggi e del futuro.
Garante Nazione per l’Infanzia
Il 2011 è stato un anno fondamentale: a giugno è stata approvata la Legge per l’istituzione del Garante nazionale 73 e, a novembre, è stato nominato il primo Garante nazionale dei
diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. La Legge istitutiva prevede che il Garante venga nominato d’intesa tra i Presidenti di Camera e Senato, e che tale impegno sia incompatibile con qualsiasi altra carica o attività nel settore sia pubblico che privato. Tra le competenze, in
particolare, va evidenziata quella dell’ascolto, in primis dei bambini e degli adolescenti, ma
anche attraverso la consultazione, delle associazioni e delle organizzazioni; la segnalazione di
casi di emergenza, ma anche delle iniziative opportune da adottare alle istituzioni competenti.
Si segnala però che al momento non è stato ancora approvato il regolamento che deve essere
adottato con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, questo ritardo sta influenzando il
lavoro e le attività dell’ufficio dell’autorità Garante. Al momento, sono attivi nove Garanti
regionali e di questi tre non hanno un mandato esclusivo. Spesso le leggi istitutive
differiscono in mandato, competenze e risorse a disposizioni, provocando un’ulteriore differenziazione nell’accesso ai diritti.
In particolare con riferimento all’attuale disegno di legge in discussione in Parlamento per l’istituzione di una Istituzione nazionale indipendente sui diritti umani occorrerà, nella
definizione finale della legge in materia, accordare particolare attenzione al raccordo con il
Garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, per dare attuazione ad un approccio che inserisca i diritti dei bambini e degli adolescenti a pieno titolo all’interno di un rafforzato quadro
73
Legge n.112 del 12 luglio 2011 «Istituzione dell’autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza».
110
di riferimento nazionale sui diritti umani.
10.Sovraffollamento nelle carceri, Racc. 45, 46
Le raccomandazioni 45 e 46, entrambe accettate, reclamano iniziative per ridurre il
sovraffollamento delle carceri italiane suggerendo l’adozione di misure alternative alla reclusione e la possibilità di reintegrazione dei detenuti stranieri. Con l’insediamento del Governo tecnico a guida Mario Monti nel novembre 2011, lo stato di emergenza conseguente
all'eccessivo affollamento degli istituti penitenziari presenti sul territorio nazionale è stato
nuovamente prorogato in data 23 dicembre 2011. Successivamente, il nuovo esecutivo ha
disposto la separazione della carica di Commissario delegato per la situazione conseguente al
sovrappopolamento degli istituti da quella di Capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, attualmente ricoperta da Giovanni Tamburino in sostituzione dell’uscente Franco Ionta.
Il Piano di edilizia penitenziaria, introdotto nel 2010, ha avuto nell’anno successivo parziale attuazione, ma si è ancora lontani dal veder realizzati i 20 padiglioni e gli undici nuovi istituti
pensati per decongestionare il sistema. A febbraio 2011 erano iniziati i lavori previsti dal piano
carceri di ampliamento di un padiglione di 200 posti presso l'Istituto di Piacenza, mentre a fine
2011 sono stati pubblicati i primi tre bandi per la realizzazione dei lavori di ampliamento degli
Istituti di Lecce, Taranto e Trapani per un totale complessivo di 600 posti, quindi una
percentuale irrisoria rispetto al numero di detenuti in eccesso. Occorre sottolineare, inoltre,
che il dato sul sovraffollamento delle carceri italiane che vede l’Italia in cima alla graduatoria
dei paesi europei con un tasso di affollamento del 145,8 per cento (ovvero oltre 145 reclusi
ogni cento posti letto), è fuorviante. Il calcolo avviene mettendo in relazione la popolazione
detenuta con la capienza degli istituti che, apparentemente, è cresciuta. Dal 2007 a oggi
sembra che l’Italia abbia aumentato la capacità delle sue carceri di 2.557 posti. A ben vedere,
non si tratta dei primi effetti del Piano carceri; stiamo assistendo, invece, a una maggiore
concentrazione di detenuti negli spazi disponibili e alla conversione in celle di locali
originariamente deputati ad altre attività indispensabili per la vivibilità degli istituti. Al 31
maggio 2012, secondo le statistiche del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, si contano 66.487 detenuti su 45.558 posti regolamentari.
Riguardo al personale si registrano i seguenti dati: i magistrati di sorveglianza sono 193
anziché 208 e l'organico della Polizia Penitenziaria dovrebbe essere di 45.109 unità, ma sono
attive solo 39.232 unità. L'implementazione dell'organico della polizia penitenziaria che era
stata prevista dal Governo con l'assunzione di 2000 nuovi agenti non è stata attuata. Il
personale è quindi ancora carente e si trova, oltre a far fronte a questa già di per sé difficile
gestione, a dover trattare con un numero di detenuti superiore alla capienza regolamentare in
una sproporzione che va a scapito sia del personale stesso sia dei detenuti.
È evidente infatti una relazione sempre più stretta tra il sovraffollamento e la frequenza dei
suicidi in carcere, causati quindi sia dalla privazione della libertà sia dalle pessime condizioni di
vivibilità delle strutture. Dall'inizio del 2012 circa 16 per cento dei decessi di detenuti avvenuti
in carcere sono stati causati da suicidi e anche tra il personale è aumentato il numero dei
suicidi. Consideriamo anche che operano in carcere 1.331 educatori e 1.507 assistenti sociali:
cifre abbastanza esigue. Il sovraffollamento è anche una questione dei costi sociali: dal 2001
ad 31 dicembre 2010 il costo medio giornaliero di ogni singolo detenuto è pari a 138,7 Euro e
consideriamo che dal 2007 i detenuti sono aumentati del 50 per cento e le risorse del D.A.P.
sono diminuite del 10 per cento.
La raccomandazione 46 suggeriva “l'adozione di misure alternative alla privazione della libertà personale ... e la possibilità di reintegrazione dei detenuti stranieri.” Riguardo la
possibilità di integrare professionalmente i detenuti, al 30 giugno 2011 lavoravano in carcere
13.765 persone, cioè il 20,4 per cento della popolazione detenuta, di cui 11.508 lavoravano
alle dipendenze dell'Amministrazione Penitenziaria e 2.257 per datori di lavoro esterni, ma dal
2006 al 2011 il budget assegnato per la remunerazione dei detenuti lavoranti è diminuito di
circa 21.735.793 euro, arrivando a 49.664.207 euro a fine 2011, nonostante i detenuti siano
aumentati di oltre 15.000 unità. Inoltre alla fine di giugno 2011 gli incentivi alle assunzioni di
detenuti, da parte di cooperative sociali e imprese, previsti dalla legge 22.6.2000, n. 193, c.d.
111
"Smuraglia", per l'anno in corso, non sono stati più operativi essendo esaurito il budget a
disposizione per la copertura dei benefici fiscali, previsti dal D.M. 25 febbraio 2002, n.87. A
febbraio 2012, inoltre, è stata bloccata dalla Commissione Bilancio della Camera, per
mancanza di copertura finanziaria, la proposta di legge 937 Norme per favorire il lavoro dei
detenuti, presentata nell'ottobre 2011 e che puntava all'inserimento dei detenuti nel mondo del
lavoro, in esecuzione della pena o in misura alternativa, attraverso sgravi fiscali alle imprese
che li avessero assunti.
Per quanto riguarda la rieducazione dei detenuti, per l'assistenza psicologica vengono investiti
2,6 euro al mese, quindi 8 centesimi di euro al giorno. Per le "attività scolastiche, culturali,
ricreative, sportive” invece 3,5 euro al mese, cioè 11 centesimi di euro al giorno per ogni
detenuto.
Gli stranieri erano 24.954 il 31 dicembre del 2011 e sono diventati 24.016 il 31 maggio 2012.
Rappresentano il 36 per cento della popolazione carceraria. In realtà, la lieve flessione
registrata nell’ultimo anno (881 detenuti stranieri in meno, quasi la totalità della decrescita
complessiva dell’ultimo anno) si deve all’impatto significativo della sentenza della Corte di
Giustizia dell’Unione Europea che nell’aprile del 2011 ha sancito il dovere dei giudici italiani di
disapplicare le norme presenti nella legge Bossi-Fini che prevedevano l’arresto per
l’inottemperanza all’obbligo di allontanamento del Questore per l’extracomunitario non in
regola coi documenti. Molti stranieri detenuti hanno compiuto reati legati all'uso o alla
detenzione di sostanze stupefacenti. Ben il 36% della popolazione carceraria è dentro per
avere violato la legge Fini-Giovanardi sulle droghe. Le misure alternative alla detenzione,
quando applicate, hanno avuto buon esito con una recidiva dello 0,46 per cento. Sarebbe utile
quindi una rivalutazione delle pene, delle misure alternative alla detenzione e della loro
applicabilità, soprattutto nel caso degli stranieri.
11.Tortura, Racc. 4, 6, 8
Vedi paragrafo su “Diritti Civili e Politici e strumenti internazionali”
12.Tratta. Racc. 83, 84, 85, 86, 87, 88
La manovra di bilancio per il 2011 ha segnato un drastico taglio ai fondi statali per le politiche
sociali, abbassando gli stanziamenti di bilancio da 1472 milioni di euro del 2010 a 349,4 milioni
di euro (2520 nel 2008, e 271,6 previsti per il 2013). Fra le diverse conseguenze, il 1 agosto
2010, per ridurre i costi del servizio, sono stati chiusi i 14 uffici territoriali del numero verde
salva-prostitute per sostituirli con un’unica postazione centrale.
Il complesso delle misure introdotte con la Convenzione di Palermo (2000) e con i relativi
Protocolli risulta assai ampio e costruttivo nel definire la vastità, la gravità e la pervasività del
crimine della tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale e/o lavorativo, proprio in
questa direzione. Viene previsto l’obbligo per ogni Stato di adottare misure che consentano alle vittime della tratta di restare nello Stato di accoglienza e viceversa è prescritto allo Stato di cui
la vittima sia cittadina, nel caso in cui la stessa decida volontariamente di rimpatriare, di
favorire il suo rientro.
In Italia, il nostro legislatore è stato precursore in ambito internazionale nell’affermare normativamente questo principio con l’introduzione dell’art. 18 del Dlgs. 286/1998. Questo
strumento prevede la possibilità del rilascio da parte del Questore di uno speciale permesso di
soggiorno per le donne e gli uomini sottoposti a violenza o a grave sfruttamento, quando vi sia
pericolo per la loro incolumità, per il tentativo di sottrarsi ai condizionamenti di un’associazione criminale o in seguito a dichiarazioni rese in un procedimento penale. Il permesso è rilasciato
per consentire di sottrarsi alla violenza ed allo sfruttamento e di partecipare ad un programma
di assistenza ed integrazione sociale, su richiesta o previo parere del Procuratore della
Repubblica. Il permesso, che ha la durata di sei mesi, può essere rinnovato, per gli stessi
motivi, per un anno o per un periodo maggiore. Dopo tale scadenza, il permesso di soggiorno
può essere rinnovato per motivi di lavoro o convertito in permesso di soggiorno per motivi di
studio.
112
Lo strumento in questione evidenzia un doppio binario di tutela: 1) la possibilità di integrazione
sociale della donna (o dell'uomo) che, attraverso un programma di assistenza e l'ottenimento
di un permesso di soggiorno, ha la possibilità di rompere con il passato e fuoriuscire dallo
sfruttamento costruendo un nuovo progetto di vita. Con questo strumento la vittima di tratta
recupera una dignità annichilita dall'esperienza del traffico; 2) la possibilità per la vittima di
tratta di rivolgersi inizialmente ai servizi sociali o ad enti ed organizzazioni non governative,
con un approccio certamente più agevole e meno traumatico di quello legato ad una denuncia
alla polizia giudiziaria (percorso giudiziario). Questa possibilità, di un percorso sociale,
costituisce l’aspetto più significativo della norma, perché seppur il percorso sociale sia
comunque destinato a sfociare nel percorso giudiziario, esso rappresenta un’azione di sostegno nei confronti della vittima volta a creare un rapporto di fiducia tra la stessa e le associazioni
che se ne fanno carico, diventando, quindi, anche un incentivo per la successiva collaborazione
giudiziaria.
Questo percorso virtuoso è tuttavia reso meno efficace da alcune altre leggi subentrate
successivamente e da una certa noncuranza del problema che inficia le politiche attive.
In virtù del pacchetto sicurezza Legge 15.07.2009 n° 94 che introduce il reato di clandestinità
come reato penale, la politica migratoria italiana si è orientata fortemente verso la repressione
del fenomeno dell’immigrazione clandestina, e questa fattispecie si è sovrapposta alla necessità di individuare e sostenere le vittime della tratta.
Essendo le persone trafficate di norma prive di documenti e permesso di soggiorno, esse sono
regolarmente condotte nei C.I,E. ed espulse dal Paese, senza che ci siano metodologie efficaci
per favorirne l’emersione e l’identificazione.
Con l’introduzione del reato di immigrazione illegale si rende molto più difficile il già arduo
compito di identificazione delle vittime di tratta e di altre forme di grave sfruttamento, poiché
alle riserve, paure, intimidazioni si aggiunge il rischio di criminalizzazione. Evidentemente, le
nuove previsioni normative non escludono affatto che le vittime di reati di sfruttamento
possano usufruire degli adeguati trattamenti umanitari, ma il problema di fondo è dato dal
fatto che trattandosi di fenomeni criminali estremamente sommersi, la criminalizzazione del
migrante irregolare e la sua successiva immediata espulsione impediscono l'attivarsi dei
meccanismi virtuosi di emersione e di identificazione della condizione di vittima o quanto meno
li compromettono seriamente.
In conclusione, l’inasprimento delle politiche migratorie, il clima generale di “caccia al clandestino” portato avanti anche grazie alla complicità dei media mainstreaming, le ordinanze anti prostituzione messe in piedi da molti sindaci italiani nel corso degli ultimi due anni , hanno
di fatto relegato il problema del traffico di esseri umani e dello sfruttamento della prostituzione
in secondo piano, tanto che attualmente il perseguimento del reato di clandestinità o la
necessità di rendere invisibile la prostituzione su strada appaiono prioritari rispetto alla tutela
dei diritti umani delle donne vittime di tratta, che spesso non vengono informate della
possibilità di essere inserite in programmi di protezione sociale, cadendo quindi nelle maglie
della detenzione amministrativa, e rischiando di essere deportate nei loro paesi d’origine. Questo persistente meccanismo di sfilacciamento dei diritti appare evidente nella sempre più
restrittiva, e a tratti claustrofobica, applicazione dell’articolo 18: se da un lato si tratta di una legge ormai datata, che non riesce a dare conto delle continue evoluzioni con cui il fenomeno
del traffico degli esseri umani è riuscito a rinnovarsi anche alla luce delle nuove politiche
migratorie di stampo repressivo, dall’altro lato si assiste a una interpretazione sempre più
limitata di questo dispositivo legislativo, in cui il perseguimento del crimine è ritenuto
prevalente, a discapito delle esigenze di reale tutela delle donne che ne sono vittime: sta
diventando sempre più frequente incontrare donne, all’interno dei CIE, che hanno da sole avuto il coraggio di denunciare i propri sfruttatori, e che sono state comunque tradotte nel
centro, in quanto colpite precedentemente da decreto di espulsione. Sempre più raro è inoltre
l’utilizzo del binario sociale, pur contemplato dalla legge, a vantaggio del binario giudiziario,
che prevede l’incardinamento di un procedimento penale come passo propedeutico al rilascio del permesso di soggiorno.
L’omessa valutazione delle vittime quali soggetti di diritti, oltre ad essere per principio
113
inaccettabile, può compromettere il raggiungimento degli obiettivi delle legislazioni contro la
tratta.
Il 28 marzo 2011 il procuratore nazionale Antimafia, Piero Grasso, ha denunciato che:
"Quattrocento minori sbarcati a Lampedusa sono scomparsi. Alcuni di loro sono stati trovati
con dei bigliettini sui quali c'era scritto il numero di un referente al quale collegarsi e che,
probabilmente, fa capo a qualche organizzazione criminale".
13.Indipendenza della Informazione. Racc. 50, 51, 52, 53, 54
(Informazione e conflitto d’interessi)
Tra giugno 2011 e giugno 2012 non ci sono state novità legislative per quanto riguarda la
libertà e il pluralismo dei media. Pertanto il Governo italiano, stante la sua risposta scritta alle
Racc. 50 – 54, continua ad opporre la legislazione vigente (“Legge Gasparri” N.112 2004 e “Legge Frattini” N.215 2004) alle osservazioni sollevate dalle raccomandazioni per quanto riguarda la concentrazione dei media, la mancanza di indipendenza del servizio pubblico
radiotelevisivo e il conflitto d’interessi. Come già segnalato, la risposta evita di tenere in alcun
conto le osservazioni contrarie e le raccomandazioni degli organismi internazionali, a
cominciare dal Rapporto sulla visita in Italia del Special Rapporteur on the Promotion and
Protection of the Right to Freedom of Opinion and Expression della la Commissione Diritti
Umani, il quale si riferisce alle precedenti valutazioni negative della legislazione italiana (Osce,
Consiglio d’Europa) per raccomandare la revisione della normativa vigente. L’attuale Special
Rapporteur, Frank La Rue, è in attesa di un nuovo invito da parte del Governo italiano.
14.Lo Stato dell’aiuto pubblico allo sviluppo Racc. 90, 91
Pur riconoscendolo sforzo che il Governo Monti ha intrapreso per la valorizzazione delle
politiche di cooperazione, ed in particolare la nomina di un Ministro dedicato alla Cooperazione
allo Sviluppo e all’Integrazione (senza portafoglio), senza un impegno molto più deciso e significativo sul fronte finanziario, qualsiasi passo avanti dal punto di vista dell’architettura istituzionale e qualsiasi misura per restituire credibilità alla cooperazione italiana saranno
purtroppo vani.
Il Documento di Economia e Finanza 2012 conferma l’intenzione da parte del Governo di
valorizzare la cooperazione allo sviluppo del nostro paese. Il Documento afferma, infatti, la
necessità di agire concretamente per un riallineamento graduale anche quantitativo dell’Italia rispetto agli obiettivi internazionali in materia di Aiuto Pubblico allo Sviluppo.
Tuttavia il testo non è sufficientemente coraggioso sulla definizione delle tappe per il
riallineamento quantitativo, sebbene suggerisca un progressivo incremento su base annuale
pari ad almeno il 10 per cento degli stanziamenti previsti dalla legge sulla cooperazione. Sulla
base di recenti simulazioni la Commissione Europea stima che nel 2012 l’aiuto dell’Italia sarà pari allo 0,12 per cento del PIL – rispetto allo 0,19 per cento del 2011 – con una contrazione di
circa 1,2 miliardi di euro. La Commissione stima inoltre che risalirà allo 0,17 per cento nel
2013 per attestarsi allo 0,16 per cento nel 2015. Queste proiezioni sono molto lontane dal
raggiungimento degli obiettivi intermedi dello 0,51 per cento stabiliti a livello europeo e ancora
di più dallo 0,7 per cento stabilito a livello internazionale.
È necessario dunque continuare a sostenere l’azione di valorizzazione della cooperazione allo sviluppo intrapresa dal nostro paese e stanziare più risorse per rendere più concreta e visibile
tale azione sul piano internazionale.
114
PRIMO MONITORAGGIO DELLE RACCOMANDAZIONI DEL
CONSIGLIO DIRITTI UMANI NELL’AMBITO DELLA REVISIONE PERIODICA UNIVERSALE (UPR)
1. Diritti Civili e Politici e strumenti internazionali, Racc. 1-10
Il governo italiano non ha ancora ratificato il protocollo opzionale alla Convenzione contro la
tortura, nonostante abbia assunto l’impegno al momento della candidatura al Consiglio diritti umani per il triennio 2007-2010, poi riconfermato nella risposta alla raccomandazione numero
4 e 6. Ciò significa che l’Italia non è ancora dotata di un organismo indipendente che possa visitare e ispezionare i luoghi di detenzione, inclusi i centri per migranti e richiedenti asilo. I
blandi tentativi di presentare un disegno di legge per l’introduzione dell’autorità risultano in linea di continuità con l’inadempienza, ancor più grave, derivante dall’assenza del reato di tortura all’interno del codice penale italiano. Il rifiuto della raccomandazione numero 8 è stato giustificato dal rappresentante dell’esecutivo italiano con l’esistenza di un complesso di norme che rendono già sanzionata la condotta di violenza fisica e psicologica sulle persone sottoposte
a restrizioni della libertà personale. Giurisprudenza recente ha invece dimostrato come fatti di
rilevante gravità non sono risultati perseguibili proprio per la mancanza di un’autonoma fattispecie nell’ordinamento interno. L’Italia non ha ratificato la Convenzione per la protezione di tutte le persone dalla sparizione forzata come indicato dalla raccomandazione numero 6.
Il 3 giugno 2010 la Camera dei Deputati ha approvato in via definitiva un disegno di legge di
ratifica di trattati internazionali, relativo alla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla lotta contro la tratta di minori, nota come Convenzione di Varsavia.
L’Italia ha altresì sottoscritto la Convenzione di Lanzarote nel lontano 2007, volti a contrastare
la violenza e lo sfruttamento sessuale del minore, ma solo adesso si sta accingendo a
ratificarla con legge. La legge approvata alla camera è ora la vaglio del Senato.
Partendo dalla premessa che l’Italia, al pari degli altri 26 paesi membri dell’Unione Europea, non ha ratificato la Convenzione ONU per la tutela dei diritti dei lavoratori migranti e le loro
famiglie del 18 dicembre 1990, apprezziamo che gli Stati che hanno partecipato alla UPR
abbiano posto una particolare attenzione a queste tematiche.
2. Legislazione Nazionale, Racc. 67-82
E’ importante segnalare che circa 50 delle 92 raccomandazioni riguardano i diritti dei migranti,
dei rifugiati, le discriminazioni razziali e i diritti delle minoranze etniche.
A distanza di un anno dalle raccomandazioni al Governo Italiano del Consiglio Diritti Umani con
decisione 14/103 possiamo rilevare che, in buona sostanza, anche se il Governo ha 4 anni per
dare attuazione alle raccomandazioni, tutte le raccomandazioni ricevute e relative ai diritti dei
migranti, dei rifugiati, alle discriminazioni razziali e ai diritti delle minoranze non sono ancora
state attuate neanche in parte.
Si deve considerare che a partire dalla promulgazione della legge n. 94 del 15 luglio 2009 in
Italia si assiste:
- ad una accentuazione degli strumenti di repressione nei confronti dei cittadini immigrati,
ad esempio qualificando come reato l’ingresso ed il trattenimento irregolari dei cittadini
dei paesi terzi nel territorio nazionale;
- alla modifica di diversi articoli del T.U. sull’immigrazione che rendono più vulnerabile e precaria la tutela e la fruizione dei diritti fondamentali dei cittadini immigrati.
Inoltre:
- l’Italia non ha recepito nei termini sanciti dal Diritto Comunitario la direttiva 2008/115/CE recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al
rimpatrio dei cittadini dei paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, contravvenendo così
alla normativa comunitaria;
- il dettato dell’art. 14, co. 5 ter e quater del dec. legislativo n. 286 del 1998 resta in vigore ed in pieno contrasto con la direttiva comunitaria.
115
In materia di riconoscimento dello status di rifugiato non esiste tuttora una legislazione
organica; le Commissioni Territoriali per il riconoscimento della Protezione Internazionale
emettono troppo spesso dinieghi alle domande di riconoscimento, costringendo i richiedenti a
fare ricorso giurisdizionale per vedersi riconosciuto il loro status.
In relazione alla fruizione da parte dei cittadini immigrati dei benefici sociali previsti dalla
normativa italiana in materia di sostegno al reddito familiare e alla funzione genitoriale o di
cura dei familiari si evidenziano profili discriminatori diretti o indiretti, in contrasto con i principi
costituzionali di uguaglianza e ragionevolezza, nonché con il principio di non discriminazione di
cui al diritto internazionale ed europeo (CEDU):
- assegno di maternità di base per ogni figlio nato in nuclei familiari in condizioni di
disagio economico.(L’accesso per i cittadini dei paesi terzi è riservato esclusivamente ai titolari di permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti e ai rifugiati, mentre ne
sono esclusi i titolari di permesso di soggiorno ordinario);
- assegno INPS destinato ai nuclei familiari numerosi con almeno tre figli minori ed in
condizioni di disagio economico. (La normativa prevede una clausola di cittadinanza
italiana o di un paese membro dell’UE ai fini dell’accesso al beneficio, escludendo tutti i
cittadini di paesi terzi, con l’unica eccezione dei rifugiati);;
- “carta acquisti” riservata agli anziani over 65 e ai bambini under 3 inseriti in nuclei familiari in condizione di elevato disagio economico. (La normativa prevede una clausola
di cittadinanza italiana ai fini dell’accesso al beneficio, escludendo in maniera generalizzata tutti i cittadini stranieri, anche quelli di paesi membri dell’Unione europea);; e la“carta bambini”, rimborso delle spese per pannolini e latte artificiale a
favore dei nuclei famigliari in condizioni di disagio economico. (La normativa prevede
una clausola di cittadinanza italiana ai fini dell’accesso al beneficio, escludendo in maniera generalizzata tutti i cittadini stranieri, anche quelli di paesi membri dell’Unione europea);.
- la norma che subordina l’accesso dei cittadini dei paesi terzi al Fondo nazionale per il
sostegno alle abitazioni in locazione (beneficio sociale a sostegno del reddito a favore
dei nuclei familiari in condizioni di disagio economico e che vivono in alloggi in
locazione e volto al rimborso parziale delle spese relative ai canoni di locazione) al
requisito del possesso del certificato storico di residenza da almeno dieci anni nel
territorio nazionale ovvero da almeno cinque anni nella medesima regione, requisito
non richiesto ai cittadini italiani e ai cittadini dei paesi dell’UE (Art. 11 comma 13 della legge n. 133/2008, che ha convertito, con modificazioni, il decreto-legge n.
112/2008, modificativo dell’art. 11 della legge n. 431/98);;
- la norma che prevede un requisito di anzianità di residenza decennale in Italia ai fini
dell’accesso all’assegno sociale destinato agli ultra 65enni in condizioni di disagio economico, con ciò istituendo una discriminazione indiretta o dissimulata a danno dei
cittadini immigrati (Art. 20 c. 10 d.l. n. 112/2008, convertito con legge n. 133/2008).
Infine, si richiama l’attenzione sul fatto che l’INPS e il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali continuano a non dare attuazione alla diverse sentenze della Corte Costituzionale (n.
306/2008, n. 11/2009, n. 285/2009, n. 187/2010, n. 61/2011) che hanno dichiarato
l’illegittimità costituzionale della norma di cui all’art. 80 c. 19 della legge n. 388/2000 che subordina l’accesso dei cittadini dei paesi terzi alle prestazioni sociali che costituiscono diritti
soggettivi ai sensi della legislazione vigente al possesso della carta di soggiorno o permesso di
soggiorno CE per lungo soggiornanti escludendone tutti gli altri, con l’eccezione dei rifugiati. Tra queste prestazioni sono comprese tutte quelle riferite alla condizione di disabilità, per cui
tutti i cittadini immigrati, sebbene regolarmente soggiornanti, ma con il solo permesso di
soggiorno ordinario colpiti da una condizione di disabilità, non godono dell’accesso alle prestazioni di welfare. Per avervi accesso devono farsi carico degli oneri di un ricorso in sede
giudiziaria. Il mancato accesso ai benefici sociali connessi all’invalidità può determinare la mancanza del requisito dei leciti mezzi di sostentamento richiesto dalla normativa
sull’immigrazione per ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno.
116
Nell’ordinamento istituzionale italiano, a partire dalla riforma costituzionale del 2001 (legge n. 3/2001), la materia dell’assistenza sociale è di competenza delle Regioni. Alcune hanno emanato norme restrittive in materia di accesso dei cittadini immigrati e delle cittadine
immigrate ai servizi e benefici sociali.
E’ doveroso sottolineare che molte delle raccomandazioni si sono focalizzate sui diritti delle
minoranze, in particolare dei Rom, dei Sinti e dei Camminanti. Per quanto attiene ai diritti delle
minoranze possiamo rilevare che:
- la legge n. 492 del 1999 sulle minoranze non include le minoranze Rom né la loro
lingua, il romanès.
- manca un piano, una normativa nazionale, per fissare univocamente le linee
d’intervento flessibili e condivise tenendo conto delle diversità delle esigenze e del contesto territoriale delle minoranze; -- esistono alcune leggi regionali e dei
provvedimenti locali come per esempio delle ordinanze municipali, solitamente poco
rispettose dei diritti delle minoranze;
- non esiste una legislazione nazionale di tutela e protezione di queste minoranze.
Infine, per affrontare l’emergenza dei profughi del Nord Africa, il 12 aprile 2011 la Presidenza
del Consiglio dei Ministri - Dip. Protezione civile ha approvato un piano per l’accoglienza dei migranti in attuazione dell’accordo Stato Regioni Enti locali del 6 aprile 2011. Ha approvato il D.P.C.M. del 5 aprile 2011 ex art. 20 T.U. Immigrazione contenente l'indicazione delle misure
umanitarie di protezione temporanea per i cittadini appartenenti ai Paesi del Nord Africa affluiti
nel territorio italiano dal 1° gennaio 2011 alla mezzanotte del 5 aprile 2011. Nello stesso
provvedimento viene stabilito che la richiesta del permesso di protezione temporanea deve
essere presentata entro 8 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
3. Istituzione Nazionale per i Diritti Umani, Racc. 11-15
La questione della Istituzione nazionale indipendente per i diritti umani in Italia è un tema di
fondamentale importanza per il nostro Paese e che anche in sede di UPR ha richiamato
l’attenzione di ben 18 Paesi e tutte le Organizzazioni e i Gruppi Regionali.
L’anomalia di un Paese come l’Italia che - con una insigne storia costituzionale di
riconoscimento e tutela dei diritti fondamentali ed una importante tradizione democratica, a
giorni per la seconda volta membro del Consiglio Diritti Umani delle Nazioni Unite, iniziatore e
guida di numerose notevoli azioni per il riconoscimento e la protezione dei diritti umani a livello
europeo ed internazionale, con centri universitari di eccellenza per i diritti umani, riconosciuti a
livello non solo europeo - manca a livello nazionale di una Istituzione indipendente conforme ai
Principi di Parigi, è un’anomalia ormai discussa in tutte le assisi internazionali che riguardano il
nostro Paese.
L’Italia infatti ad oggi risulta inadempiente alla Risoluzione 48/134 adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1993 che ha chiesto a tutti i Paesi membri di costituire
Istituzioni nazionali indipendenti per i diritti umani conformi ai criteri sanciti dai Principi di
Parigi, inadempiente alla risoluzione del Consiglio d’Europa 11 del 1997, inadempiente a partire dal 2003 alle raccomandazioni di tutti i Comitati ONU che hanno esaminato l’attuazione delle Convenzioni fondamentali in materia di diritti umani da parte del nostro Paese.
Il Governo ne è ben consapevole ed ha infatti accettato la maggior parte delle raccomandazioni
UPR in merito. Riguardo al rigetto invece della raccomandazione n.14 e alla motivazione
presentata, va rilevato che sebbene il Governo non sia in grado di impegnare il Parlamento ad
agire entro un determinato termine, il Governo deve considerare seriamente la questione della
costituzione di una Istituzione Nazionale indipendente in grado di ottenere uno status di
conformità ai Principi di Parigi di tipo “A” come questione prioritaria.
117
A tal fine il Comitato chiede alla Commissione Affari Costituzionali del Senato l’urgente calendarizzazione del DDL n° 2720, Testo Unificato "Istituzione dell'Agenzia nazionale per la
promozione e la protezione dei diritti fondamentali"74.
Va inoltre sottolineato che i Principi di Parigi richiedono il coinvolgimento nonché la
partecipazione attiva della società civile in almeno tre fasi di vita dell'istituzione nazionale per i
diritti umani: creazione, composizione, meccanismi e metodi di cooperazione tra la
Commissione diritti umani e la società civile. Il Comitato intende inoltre formulare una
raccomandazione al Governo e al Parlamento perché richiedano il supporto tecnico del
Dipartimento Istituzioni Nazionali dell’Ufficio dell’Alto Commissario per i diritti umani (pareri
giuridici, audizioni, giornate congiunte di formazione e studio, ecc), anche al fine di tenere
conto delle migliori pratiche e delle esperienze già acquisite negli altri paesi, in particolare
europei, attraverso momenti di confronto, di studio ed analisi comparata e di audizione di
esperti internazionali; favoriscano la partecipazione attiva e significativa della società civile, in
senso ampio anche centri universitari di eccellenza sui diritti umani e categorie professionali,
attraverso appositi momenti di scambio e approfondimento, magari anche attraverso
l’organizzazione di giornate di studio.
4. Educazione Ai Diritti Umani, Racc. 30,31,32
Nella Conferenza di Vienna del 1993 la comunità internazionale ha ribadito l’importanza fondamentale dell’educazione ai diritti umani per la promozione di una cultura universale dei
diritti umani e come fattore primario di prevenzione delle gravi e massicce violazioni
continuamente perpetrate. Nel dicembre 1994 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha lanciato il Decennio per l’Educazione ai Diritti Umani (1995-2004), coordinato dall'Alto
Commissario per i Diritti Umani e dall’UNESCO e, successivamente, nel dicembre 2004, il Programma Mondiale per l’Educazione ai Diritti Umani (2005- in corso), prima fase (20052009) finalizzata a promuovere l’educazione ai diritti umani nella scuola primaria e secondaria e seconda (2010-2014) all’educazione nelle scuole superiori, dei dipendenti pubblici, del personale militare e della polizia, senza però prevedere specifici impegni finanziari dei governi
al riguardo.
Il 23 Marzo 2011, il Consiglio Diritti Umani ha adottato la Dichiarazione delle Nazioni Unite
sull’educazione e la formazione ai diritti umani, e ne ha raccomandato l’adozione all’Assemblea Generale entro il 2011.
Il testo della Dichiarazione definisce l'educazione e la formazione ai diritti umani come un
processo permanente che include non solo l'acquisizione di conoscenze e competenze, ma
anche lo sviluppo di atteggiamenti e comportamenti per difendere i diritti umani riconoscendo
il ruolo fondamentale che un'efficace educazione ai diritti umani gioca nella prevenzione delle
violazioni e nella promozione di pari opportunità per tutti.
L’Italia ha svolto un ruolo di primo piano per l’elaborazione di tale Dichiarazione partecipando
attivamente alla “Platform per l’educazione e la formazione ai diritti umani” composta da altri sette stati membri del Consiglio Diritti Umani (Costarica, Francia, Filippine, Marocco, Senegal,
Slovenia e Svizzera) con il compito di guidare il lavoro di redazione della Dichiarazione.
L’ambasciatrice Laura Mirachian, rappresentante permanente dell’Italia, durante 12a sessione
del Consiglio Diritti Umani, ha sottolineato l’importanza di tale Dichiarazione e ha ricordato le iniziative promosse dal Governo italiano per la promozione dell’educazione ai diritti umani attraverso il lancio dell’Insegnamento “Cittadinanza e Costituzione” in tutte le scuole italiane. 74
Gli ultimi due testi presentati in ordine di tempo sono: il Disegno di Legge n. 1223 “Istituzione della Commissione italiana per la promozione e la tutela dei diritti umani”, presentato il 19 novembre 2008, primo firmatario il Sen. Pietro
Marcenaro; ed il Disegno di Legge n. 1431 "Istituzione dell'Agenzia Nazionale per la promozione e la salvaguardia
dei diritti fondamentali ", presentato il 5 marzo 2009, prima firmataria la Sen. Barbara Contini. A partire da questi due
documenti, il Comitato ristretto per i disegni di legge 1223, 1431 ha presentato il 20 gennaio 2010, in Commissione
affari costituzionali, il Testo unificato "Istituzione dell'Agenzia nazionale per la promozione e la protezione
dei diritti fondamentali", relatrice la Sen. Maria Fortuna Incostante, in attesa di approvazione.
118
Tuttavia, nonostante i positivi impegni assunti anche a livello internazionale, l’educazione ai diritti umani non è ancora entrata a pieno titolo nell’assetto istituzionale e sociale e manca di sistematicità, essendo rimessa alla discrezionalità dei singoli dirigenti scolastici e docenti, oltre
che all’impegno delle associazioni di volontariato. Non sono per esempio previsti corsi di
aggiornamento e formazione per il personale scolastico su tali tematiche, se non grazie
all’impegno di singoli e di associazioni.
Lo stesso purtroppo dicasi per la formazione del personale militare e di polizia.
5. Migranti e richiedenti asilo
a. Diritti dei migranti e legislazione nazionale. Racc. 2, 9, 10, 27, 28, 63, 72, 73,
74, 75, 79, 80, 81, 82
In merito alle risposte fornite dal Governo italiano rispetto alle raccomandazioni
A/HRC/14/4/Add.1, 31 maggio 2010 da cui si evince che “nel 2003 l'Italia ha adottato una legislazione globale del lavoro, ispirata al principio di non discriminazione nel mercato del
lavoro e focalizzata su: accesso al lavoro, occupazione, appartenenza ai sindacati, protezione
sociale, orientamento, istruzione e formazione professionale e assistenza sanitaria. […] I lavoratori migranti regolari, sotto contratto di lavoro, godono di pari diritti. Pertanto, in caso di
disoccupazione, tutti coloro che perdono il lavoro hanno parità di accesso a servizi e benefici.
Al fine di sradicare il mercato nero, in particolare nel settore agricolo ed edile – essendo le
aree con la più alta percentuale di immigrati - l'Italia ha recentemente adottato un piano
d'ispezione ad hoc.” , appare opportuno fare le seguenti osservazioni:
1. nella normativa avente quale oggetto la disciplina della condizione dello straniero, vige
tuttora l'istituto del Contratto di Soggiorno per lavoro subordinato introdotto dalla Legge
189/30.07.2002. Esso lega la presenza del lavoratore immigrato solo all'effettivo
svolgimento di un'attività lavorativa. In tal senso, il permesso di soggiorno viene
rilasciato a seguito di stipula del contratto di soggiorno vincolando la durata del secondo
al primo. Qualora dovesse venire meno l'attività lavorativa medesima, come verificatosi
con la grave recessione economica che ha colpito il paese, al lavoratore immigrato viene
rilasciato un permesso di soggiorno di durata non inferiore mesi 6 (sei). Gli uffici della
P.A preposti applicano la richiamata norma in chiave molto restrittiva in quanto la
dicitura durata non inferiore a mesi 6 viene interpretata dalla P.A come durata
massima di mesi 6, escludendo con ciò stesso la possibilità per il lavoratore immigrato
di usufruire, nella loro pienezza temporale, degli ammortizzatori sociali poiché deve
necessariamente trovare un altro lavoro entro la scadenza dei 6 mesi dell'attesa
occupazione, pena la revoca definitiva del permesso di soggiorno.
2. Le norme sul contratto di soggiorno producono una forte ricattabilità dei lavoratori
immigrati al punto tale che è venuta a determinarsi una forte differenziazione salariale
tra lavoratori italiani e stranieri a parità di mansioni (23% in meno, studi-dati
Inps/Istat).
3. Quanto al contrasto al lavoro nero, si fa presente che il piano d'ispezione ad hoc
annunciato dal Governo sembra insufficiente in quanto, nel contesto italiano, vi è la
figura del caporale ossia il dominus dell'attività d'intermediazione illecita di
manodopera. Attualmente chi viene colto in flagranza d'intermediazione illecita di
manodopera è punito con una sanzione amministrativa di appena € 50. Da qui la necessità, prospettata dalla CGIL, d'istituire il reato penale di caporalato con
consequenziale inasprimento delle sanzioni. Inoltre, ammesso che funzionasse l'azione
ispettiva e repressiva, non ci sono sufficienti norme di tutela dei lavoratori immigrati,
vittime di sfruttamento.
4. In merito alle libertà sindacali, vi è da segnalare il divieto, ad opera del Ministero
dell'Interno, ai sindacati di accedere ai Centri di Identificazione per Immigrati. Tale
divieto impedisce al sindacato il pieno svolgimento del proprio ruolo informativo,
rispetto agli immigrati, dei loro diritti legali e contrattuali.
119
b. Evizioni forzate. Racc. 61, 62
Vedi paragrafo “1.2 Legislazione Nazionale”
c.
Diritto dei rifugiati e richiedenti asilo. Racc. 67, 68, 69, 70, 71, 76, 77, 78
Vedi paragrafo “1.2 Legislazione Nazionale”
5. Razzismo E Xenofobia
Ufficio Nazionale Contro la Discriminazione Razziale. Racc. 16 (vedi piano d’azione nazionale integrato): si raccomanda di potenziare tale ufficio nazionale. Comportamenti di
discriminazione razziale e xenofobia. Racc. 22, 23, 24, 26, 28, 29, 32, 33: si raccomanda di
mettere in atto misure di contrasto più efficaci.
6. Diritti delle donne Racc. 24, 34, 35, 36, 42, 43, 44
Sotto il profilo della proclamazione del principio è evidente che in Italia le Pari Opportunità
trovano piena legittimazione a livello istituzionale, ma nell’ambito del MERCATO DEL LAVORO persistono forti discriminazioni, e, ciò che più preoccupa, non sempre la direzione in cui
procede il Governo è quella di una loro concreta attuazione.
In particolare:
- nessuna apposita misura è stata presa per diminuire la precarietà lavorativa delle donne
e favorire il lavoro a tempo pieno. Al contrario, in questi ultimi due anni la sottrazione
dell’ICI e i tagli delle risorse agli Enti Locali hanno reso sempre più insufficienti gli Asili Nido e altri interventi a sostegno delle madri lavoratrici o in cerca di un lavoro;
- la mancanza di protezione sociale per le lavoratrici discontinue e l’insufficienza o inefficacia delle misure per il reinserimento delle donne nel mercato del lavoro; la
disuguaglianza nell’accesso al mercato del lavoro e la disparità di diritti e salari,
continuano a colpire le donne, e in particolare donne migranti e donne rom. Ad oggi in
Italia la disparità salariale tra uomo e donna viene computata intorno al 17% (1.077
euro per le donne a fronte di 1.377 euro per gli uomini come media nazionale) con
punte di distacco tra settori pubblici e privati che portano questi ultimi a differenziali
che arrivano sino al 30% circa. Ciò in ragione non di una differenziazione dei regimi
contrattuali bensì dell'assenza di politiche di sostegno alla conciliazione e condivisione
delle responsabilità genitoriali e familiari che diminuendo i tempi di lavoro per le donne
hanno un impatto diretto sulle retribuzioni (produttività, straordinari, progressioni di
carriera). Pertanto a fronte di Piani di Azione e documenti presentati dal Governo si
rileva l'inattuazione dei principi e l'inefficacia delle politiche. In questi anni si è sotto
finanziato il sistema dei servizi sociali, l'insieme dei servizi pubblici e cancellato il Piano
nazionale di potenziamento di asili nido e servizi per l'infanzia.
Inoltre l'accesso delle donne nel mercato del lavoro è sfavorito e scoraggiato dal perdurare
della crisi e dall'assenza di politiche che favoriscono la crescita. La disoccupazione femminile è
al 9,6% e l'inattività è pari al 37,8% con una particolare accentuazione nel Sud e nelle aree in
ritardo di sviluppo, il tasso di occupazione femminile è fermo al 46,1%. Il ricorso a contratti
temporanei è salito del 14,3% per le donne nel 2010.
Non esistono in tal senso azioni mirate promosse dal Governo, ma solo investimenti parziali
promossi da alcune Regioni.
In ultimo si sottolinea il dato certificato dall'ISTAT relativamente all'anno 2010 di circa 800.000
donne non rientrate al lavoro successivamente alla maternità. Ciò in ragione sia dell'assenza di
servizi sia per effetto della cancellazione della Legge 188 contro le dimissioni in bianco.
Gravissima l’assenza di misure speciali per sradicare la prassi delle dimissioni in bianco e di misure finanziarie e azioni speciali mirate ad attenuare, nel mercato del lavoro, la doppia
discriminazione delle donne disabili ( la Legge 168/99, dopo oltre 10 anni, resta inattuata).
120
E’ di queste ultime settimane l’appello di numerose associazioni di donne affinché i fondi
(previsti in circa 4 mld di euro) derivanti dal recente aumento dell’età pensionabile delle donne,non subiscano altre destinazioni/ come sembrerebbe..) anziché essere riservati a misure
per incentivare l’occupazione femminile.
A fronte di un “Piano Italia 2020-Programma di azioni per l’inclusione delle donne nel mercato del lavoro”, che, privo di risorse ad esso destinate, appare un insieme di intenti irrealizzabili,
sempre più incentrato sul ruolo delle donne all’interno della famiglia secondo stereotipi tradizionali, si propone al Governo italiano un’urgente visitazione dei codici del lavoro francese
e lituano, considerati a seguito di uno studio comparato quelli nel panorama europeo
maggiormente in grado di offrire garanzie collettive a tutte le donne, sia per le disposizioni
relative al mobbing che per la parità tra uomo e donna.
Anche per la Raccomandazione 35, la risposta generica del Governo italiano in tutto analoga a
quella della Racc.34 fa pensare a un impegno del tutto inadeguato su uno dei terreni cruciali
per la sicurezza e la dignità delle donne.
La Rete Nazionale di donne che ha dato vita ai Centri Nazionali Antiviolenza (se ne contano 58
in Italia, di cui -ahimé- quelli a sud di Roma si contano sulle dita di una mano..), si è formata
come associazione spontanea, assolutamente non “promossa” da Governo o istituzioni! Migliaia di donne vi trovano ascolto e accoglienza.
L’Osservatorio Nazionale contro le Violenze Domestiche, sorto da una collaborazione tra
ISPESL, Università di Verona, Regione Veneto, Ministero della salute, Carabinieri e Polizia,
istituito nel 2006 in seguito a un DPR del 2002, può, sì, rappresentare un impegno del
Governo, ma un documento ufficiale lamenta la scarsità dei dati su un consistente fenomeno
che interessa la vita delle famiglie, in particolare delle donne, e che rappresenta una delle
prime cause di morte nel mondo. Il fenomeno non è ancora codificato come specifico delitto.
“Le istituzioni dovrebbero essere strappate dalla loro sostanziale neutralità ed essere coinvolte in un intervento attivo e mirato.”
Ma impegno fondamentale del Governo italiano dovrebbe essere una specifica azione di
controllo affinché il decentramento non provochi trattamenti disuguali nelle diverse
regioni, tali da porsi in contrasto con la legislazione nazionale a tutela dei diritti delle
donne.(Esempi negativi e preoccupanti sono in questo senso gli attacchi alla 194 nelle
proposte di leggi regionali tendenti a snaturare la funzione dei Consultori, e le disposizioni di
taluni Enti Locali circa un uso medicalmente assistito della pillola RU486…)
Va infine sottolineato con forza che l’Italia è uno dei pochi paesi che ancora non hanno
adottato un piano nazionale di attuazione della UNSC 1325 /2000, e dei suoi
successivi aggiornamenti.
La risoluzione affronta tutti i livelli di violenza sulle donne di tutti i paesi, in regime
di pace, in situazioni di guerra e post-conflitti.
L’approvazione del Piano Nazionale, più volte sollecitata da numerose associazioni, soprattutto in occasione del decennale della risoluzione, sarebbe un primo segno di effettiva volontà di
intervento da parte del Governo italiano
7. Discriminazione in base all’orientamento sessuale
Dal punto di vista del recepimento delle norme contenute nella raccomandazione n. 36
evidenziamo come in questo Paese l'approvazione di una norma contro gli atti di
discriminazione, aggressione e violenza verso le persone lesbiche, gay bisessuali e trans
incontri una sistematica e ferrea opposizione da parte del governo e del parlamento nazionale.
Nel nostro Paese esistono esclusivamente due norme. La prima relativamente alla protezione
umanitaria per i cittadini stranieri discriminati o perseguitati in patria in ragione
dell'orientamento sessuale o dell'identità di genere contenuta nella legge Bossi Fini.
121
La seconda di recepimento della direttiva europea 2000/78 contro la discriminazione sui luoghi
di lavoro che però, non avendo invertito l'onere della prova che risulta così in capo al
discriminato,
risulta
di
difficile
e
scarsa
applicazione.
E' di recente istituzione un osservatorio della polizia di stato, l'OSCAD, volto a monitorare e
tutelare le vittime di reati di discriminazione, incluse quelle di omofobia e di transfobia.
Il Ministero delle Pari opportunità ha avviato nel corso dello scorso anno una campagna di
sensibilizzazione
contro
l'omofobia.
Dopo l'approvazione di una pregiudiziale di incostituzionalità passata l'anno scorso su una
legge anti omofobia assistiamo in questi giorni ad un analogo posizionamento delle forze
politiche di centro destra su di un nuovo provvedimento presentato dall'onorevole Concia (PD)
relativo all'istituzione di un aggravante per i reati commessi in ragione dell'orientamento
sessuale
e
dell'identità
di
genere.
Arcigay ha individuato nell'estensione della legge Mancino lo strumento idoneo non solo a
sanzionare ma anche a prevenire dal punto di vista culturale il fenomeno omofobico e
transfobico presente nel nostro Paese in misura e proporzione sempre più preoccupante.
In Europa leggi di tutela e protezione dall'omofobia sono presenti in Austria, Belgio, Cipro,
Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Islanda, Lussemburgo, Norvegia,
Olanda, Romania, Slovenia, Spagna, Svizzera, Svezia, Ungheria, Inghilterra, Serbia e
Montenegro e Repubblica Ceca.
La presentazione di una direttiva orizzontale sulle discriminazioni presentata al parlamento
europeo renderà ancor più urgente agli stati membri legiferare in tal senso.
L'Italia avrebbe urgente bisogno di recuperare un ritardo colpevole e adeguare la propria
legislazione a tutela di una fascia di popolazione particolarmente esposta a discriminazione e
violenza. Ogni ritardo in tal senso è un atto di complicità morale.
8. Diritti dei Minori. Racc. 37, 38, 39, 40, 41, 42, 43, 44
Un anno è trascorso infatti dalle Raccomandazioni che il Consiglio ONU per i Diritti Umani al
nostro Governo, che il Comitato Italiano per la Promozione e Protezione dei Diritti Umani ha
debitamente ‘registrato’ e sulla base delle quali ha monitorato l’atteggiamento e la risposta ad esse da parte del nostro Paese.
L’universo dei diritti dell’infanzia, infatti, è un delicato ambito rispetto al quale anche il Consiglio ONU per i Diritti Umani si è espresso, rivolgendo all’Italia numerose Raccomandazioni, precisamente 37 – 44 e 84,85,86 , anche se poi è possibile ravvisare la
questione minorile anche in altre Raccomandazioni di più ampio respiro.
I principi richiamati dalle suddette Raccomandazioni sono, in termini ‘macro’ cos’ sintetizzabili: Prevenzione di tutte le forme di discriminazione dei minori; Tutela di tutti bambini nati e
presenti in Italia; Piano nazionale per minori; Accesso al sistema educativo per tutti i minori;
Rafforzamento contrasto di specifici crimini contro i minori quali la Tratta dei minori e recupero
vittime.
Per l’Italia i diritti dell’Infanzia non costituiscono sempre - nei fatti - una priorità sulla quale
investire. E questo ne inficia notevolmente impatto e benefici. L’Italia dimostra ancora un atteggiamento discriminatorio verso talune categorie di minori.
Dimostrazione di questo sono:
A)
I tagli drastici a:
- Fondo ex L. 285/97 (dai 43.ML del 2009 ai 35ML del 2011)
- Fondo Nazionale per le Politiche Sociali (dai 583.ML del 2009 ai 218 ML nel 2011)
- Fondi per le politiche della Famiglia
- Fondi per le Pari Opportunità
- Fondi per le Politiche Giovanili
- Fondi per l’istruzione
122
L’insieme di queste disposizioni mina alla base lo sviluppo di politiche di settori rispondenti alle reali priorità della popolazione e sottolineate nei loro diversi rapporti dal Gruppo CRC e dal
Comitato per i Diritti Umani.
B)
D)
La mancata definizione dei ‘Livelli Essenziali di Prestazioni (Sociali) senza i quali è
impossibile creare le basi per un accesso uniforme e equo ai diritti civili e sociali nel
nostro Paese. Ciò si traduce in un Welfare debole, aleatorio.
Mancata Riforma della Giustizia Minorile. Il Parlamento dal 2008 ha ricevuto proposte
di legge ma di nessuna è iniziato l’esame.
Adozione di un Piano Nazionale infanzia, dopo ritardi di anni è stato finalmente
approvato ma a che prezzo?
- Non è stato mantenuto e rispettato nel suo impianto originale voluto
dall’Osservatorio Nazionale Infanzia e Adolescenza;
- Manca di coordinamento con il Piano Nazionale per la Famiglia;
- E’ PRIVO di copertura finanziaria;
E)
Garante Infanzia
C)
Dopo lento iter parlamentare, dovuto alle incertezze sul sua indipendenza e copertura
finanziaria, è stato approvato alla Camera ma è ancora al vaglio del Senato.
F)
Abuso e maltrattamento
Nonostante i tentativi fatti, l’Italia NON ha un sistema di raccolta dati Nazionale che per lo meno offra una fotografia quantitativa del fenomeno. Solo poche Regioni hanno Linee Guide su
Abuso e non sempre implementate. Manca un Piano Nazionale per la Prevenzione.
La mancanza di questi provvedimenti si traduce in una carenza di strumenti concreti adeguati
ad approntare una risposta efficace alle tematiche indicate.
G)
Il principio di ‘non discriminazione’ è a rischio (raccomandazione 37)
L’Italia con L. 94/2009 (Pacchetto Sicurezza) ha reso molto concreto il rischio di discriminazione per i minori che, privi di regolare permesso di soggiorno, entrano nel nostro
Paese.
In questa direzione vanno infatti:
- Obbligo di denuncia da parte di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio che
venga a conoscenza dell’irregolarità di un migrante
- Limiti per conversione permesso soggiorno al compimento dei 18 anni : il 3 + 2
In aggiunta alle disposizioni di legge di cui sopra,la gestione del flusso migratorio a Lampedusa
si è dimostrato inadeguato alle esigenze e fortemente discriminatorio verso i minori. Questi
ultimi infatti, sono stati in più occasioni detenuti insieme agli adulti. Sono stati lasciati in uno
stato di abbandono ‘umano’ spesso prolungato, in aperta violazione con le disposizioni italiane in materia di accoglienza e protezione dei migranti minori di età. (non conoscono i loro diritti;
non sanno di dover dire età; non vengono assistiti; etc)
Tale situazione peraltro, continua a presentarsi, come documentano i numerosi casi in città
Italiane in cui arrivano minori stranieri soli, sbarcati a Lampedusa, fuggiti a numerosi Centri di
Accoglienza in Italia, nell’ignoranza dei loro diritti.
In Italia tra gennaio e maggio 2011 sono stati ben 1088 i minori MSNA entrati nel nostro Paese
illegalmente che hanno subito questo trattamento.
-
Limite del 30% delle presenze di stranieri nelle classi italiane (C.M MIUR – n. 2 del
8/1/2010)
Bambini detenuti con mamme
La recente approvazione della L.62 /2011 pur estendendo sulla carta il divieto di detenzione di
donne con bambini minori di 6 anni, di fatto non rende affatto certo questo rischio.
123
H)
Disabilità75
All’adozione sia da parte del MIUR il 5 agosto del 2009, delle “Linee Guida sull’integrazione scolastica degli alunni con disabilità”, che mirava a dare organicità alla ricca normativa italiana in merito, che della precedente Intesa della Conferenza Unificata del 20 marzo 2008 in merito
alle modalità e ai criteri per l’accoglienza scolastica e la presa in carico dell’alunno con disabilità, non sono seguite programmazioni finanziarie adeguate all’attuazione dei principi ed impegni espressi in tali documenti. Già a partire dal 2009 i drammatici tagli alla scuola ed al
sistema di inclusione scolastica in particolare, hanno esacerbato e generato indubbie condizioni
di discriminazione nell’ambito del diritto allo studio da parte degli alunni con disabilità. A fronte
dei numerosi ricorsi contro il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, la Corte Costituzionale ha emanato la sentenza n. 8054 in cui si dichiarano “illegittime – sotto il profilo
costituzionale – le norme che fissano un limite massimo al numero dei posti degli insegnanti di
sostegno, e che vietano di assumerne in deroga”. Nonostante ciò, ad oggi si continuano a registrare numerosi casi di inadempienza, anche da parte degli Uffici Scolastici Regionali
9. Sovraffollamento nelle carceri, Racc. 45, 46
Le raccomandazioni 45 e 46, entrambe accettate, reclamano iniziative per ridurre il
sovraffollamento delle carceri italiane suggerendo l’adozione di misure alternative alla reclusione e la possibilità di reintegrazione dei detenuti stranieri. Il governo, in linea con il
merito delle risposte fornite al Consiglio, ha proceduto da un lato all’attuazione del Piano per l’edilizia penitenziaria che prevede la costruzione di nuove strutture ma i cui bandi di gara non sono stati ancora presentati;; dall’altro all’approvazione di un provvedimento dalla durata provvisoria che ha consentito finora a circa 2.000 detenuti la detenzione domiciliare. Più di un
migliaio, invece, sono stati liberati grazie all’intervento della Corte di giustizia europea che ha
abolito la pena della reclusione a seguito del mancato ottemperamento da parte dello straniero
irregolare dell’ordine di espulsione emanato dal questore. L’accesso alle misure alternative alla detenzione resta minimo, la depenalizzazione dei reati minori fuori da ogni programma di
intervento. Attualmente nelle carceri si contano oltre 67mila detenuti rispetto ai 46mila posti
letto regolamentari. Anche secondo le statistiche del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, lo stato di emergenza dichiarato dal governo a gennaio 2010 non è stato
superato.
10. Tortura, Racc. 4, 6, 8
Vedi paragrafo su “Diritti Civili e Politici e strumenti internazionali”
11. Tratta. Racc. 83, 84, 85, 86, 87, 88
La manovra di bilancio per il 2011 ha segnato un drastico taglio ai fondi statali per le politiche
sociali, abbassando gli stanziamenti di bilancio da 1472 milioni di euro del 2010 a 349,4 milioni
di euro (2520 nel 2008, e 271,6 previsti per il 2013). Fra le diverse conseguenze, il 1 agosto
2010, per ridurre i costi del servizio, sono stati chiusi i 14 uffici territoriali del numero verde
salva-prostitute per sostituirli con un’unica postazione centrale.
I trattati internazionali e gli sforzi diplomatici in materia sono resi vani dal drastico
depauperamento delle politiche sociali: strumento necessario e insostituibile per “identificare, assistere e non penalizzare per i crimini commessi come diretta conseguenza del fatto di
essere vittime di tratta” [racc. 84, 86], e per “ridurre la domanda dei servizi offerti attraverso
le vittime di tratta e la domanda interna di sesso a pagamento” [racc. 87], per “destinare le risorse necessarie...per fornire alloggi, cibo e assistenza sociale...alle vittime di tratta” [racc. 88]. Imprescindibile e carente è l’analisi delle dinamiche sottostanti i fenomeni della tratta e
dello sfruttamento di esseri umani per poter “perseguire e punire i trafficanti e per investigare 75
I dati che seguono sono parte del II° Rapporto Supplementare alle Nazioni Unite sul monitoraggio della Convenzione
sui Diritti dell’infanzia e dell’adolescenza realizzato dal Gruppo di Lavoro per la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza.
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e perseguire con inchieste sulle complicità connesse alla tratta” [racc. 83, 85, 86] “allargare campagne di sensibilizzazione” [racc.87], “combattere e porre fine alla tratta” [racc. 83, 85, 86, 87].
Il 28 marzo 2011 il procuratore nazionale Antimafia, Piero Grasso, ha denunciato che:
"Quattrocento minori sbarcati a Lampedusa sono scomparsi. Alcuni di loro sono stati trovati
con dei bigliettini sui quali c'era scritto il numero di un referente al quale collegarsi e che,
probabilmente, fa capo a qualche organizzazione criminale".
12. Indipendenza della Informazione. Racc. 50, 51, 52, 53, 54
(Informazione e conflitto d’interessi)
Le raccomandazioni in materia di libertà dei media (n. 50 – 54) sono state respinte in blocco
da parte del governo italiano, tranne la raccomandazione relativa alla protezione di giornalisti
oggetto di minacce da parte della criminalità organizzata, che il governo dichiara di accettare,
anche perché in fase di attuazione. Una informativa in tal senso sarebbe dunque di facile
attuazione in tempo per un rapporto intermediario.
In risposta alle numerose osservazioni da parte dei paesi membri e delle organizzazioni
internazionali partecipanti per quanto riguarda la concentrazione dei media, la mancanza di
indipendenza del servizio pubblico radiotelevisivo e il conflitto d’interesse, l’Italia oppone la legislazione vigente (“Legge Gasparri” n.112 2004 e “Legge Frattini” n.215 2004) dichiarando
che è adeguata a garantire la libertà dei media. La risposta evita di tenere in alcun conto le
osservazioni contrarie e le raccomandazioni degli organismi internazionali, a cominciare dal
Rapporto sulla visita in Italia del Special Raporteur on the promotion and protection of the
right to freedom of opinion and expression della la Commissione Diritti Umani, il quale si
riferisce alle precedenti valutazioni negative della legislazione italiana (OSCE, Consiglio
d’Europa) per raccomandare la sua revisione.
13. Lo Stato dell’aiuto pubblico allo sviluppo Racc. 90, 91
Nonostante gli impegni presi e più volte riconfermati, nel 2010 il rapporto APS/PIL dell’Italia è sceso dallo 0,16% del 2009 allo 0,15%, il che significa una differenza rispetto all’obiettivo Europeo pari a 5,4 miliardi di euro, uno degli scarti più ampi in termini assoluti. L’Italia rappresenta infatti una delle ragioni principali che hanno impedito all’UE di raggiungere i suoi obiettivi di aiuto, essendo responsabile del 38% dell’ammanco. L’Italia non ha prodotto nessun “piano di riallineamento” rispetto agli obiettivi dello 0,56% nel 2010 e dello 0,7% del 2015. Nel 2011 l’APS Italiano ha subito un’ulteriore contrazione del 45%. Nessuna quota è stata
versata in favore della cooperazione multilaterale, malgrado esista un debito di oltre 1 miliardo
di euro, e nessun contributo è stato versato al Fondo Globale per l’HIV o alla Convenzione per l’aiuto alimentare. Gli stanziamenti per la Cooperazione italiana allo Sviluppo all’interno del Ministero degli Affari Esteri hanno subito tagli molto più drastici rispetto a tutte le altre
Direzioni dello stesso Ministero, evidenziando la mancanza di interesse del suo vertice politico
a difendere i fondi della Cooperazione allo Sviluppo. Nel 2011 i finanziamenti alle ONG sono
stati tagliati del 50% ed ammontano a 11 milioni di euro solo per nuove iniziative; nel
complesso le disponibilità dell’azione bilaterale pubblica sono pari a soli 158 milioni di euro. Infine continua ad accentuarsi l’insufficienza cronica di organico che ha ridotto la struttura tecnica della Cooperazione italiana quasi al collasso.
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