Teatro dell`Oppresso – Cos`è – Metodologia – Obiettivi
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Teatro dell`Oppresso – Cos`è – Metodologia – Obiettivi
Teatro dell’Oppresso – Cos’è – Metodologia – Obiettivi Cos’é Sempre di più ci troviamo confrontati con l’idea/parola “conflitto”, sua analisi e gestione. Spesso segue una timida esplorazione di situazioni che potenzialmente sentiamo e percepiamo come esplosive. Ciò di cui avvertiamo la necessità è di disporre di strumenti che possano permetterci l’ingresso in questioni conflittuali in modo propositivo e costruttivo, laddove la violenza possa essere veicolata. L’alterità, la diversità ci obbligano almeno a riconoscere che il conflitto esiste e successivamente a tentare la via della risoluzione, al fine di promuoverne una cittadinanza più consapevole e disponibile ad una reale convivenza. Il teatro dell’oppresso è uno degli strumenti, di cui disponiamo, più interessanti nell’operazione di riconoscimento, analisi e manifestazione di ipotesi di risoluzione del conflitto. Suoi capisaldi sono il potenziamento dell’autonomia del soggetto nell’autoriconscimento di sé, la responsabilità dell’azione che si compie, la volontà che direziona l’azione, la solidarietà che ne sostiene l’affermazione, la totale sospensione di ogni giudizio. A partire da questi punti le tecniche utilizzate afferiscono ad un contesto sociale “interno” ed “esterno” al soggetto. Si intende che esiste un’ecologia dell’esserci, declinato nel tessuto sociale e intrapsichico delle dinamiche, che si muovono a partire dalla propria fabbricazione culturale e individuale. Metodologia Augusto Boal, fondatore dello strumento, e Rui Frati, suo allievo e attuale direttore del Theatre de l’Opprimè di Parigi, hanno coniato alcuni termini per identificarne le varie articolazioni. Disponiamo quindi di due grandi contenitori: il Teatro Forum e l’Arcobaleno del Desiderio (ovvero le tecniche introspettive). Il dispositivo laboratoriale attraverso i giochi/esercizi, facilitanti la costruzione del gruppo e l’ingresso nella “teatralità”, e il Teatro Immagine permettono di individuare e drammatizzare alcune situazioni conflittuali ad attuale tonalità affettiva (pur se appartenenti al passato), che vengono esportate sulla scena e a disposizione di un pubblico. Il personaggio diventa protezione dell’individuo e possibilità di accesso all’archetipo, che appartiene a tutti, e di distanziamento dallo stereotipo; l’immagine è caleidoscopio, luogo dove i “soggettivi” si mettono a confronto e dialogano. I Giochi - esercizi Giochi-esercizi sono strumenti di preparazione teatrale per risolvere la rigidità personale e percettiva. L'esercizio fisico è una riflessione fisica su se stessi. Un monologo. I giochi, tuttavia, sono legati all’espressione del corpo che riceve ed emette messaggi . I giochi sono un dialogo, hanno bisogno di un partner. Si esprimono nell’estroversione . Non si tratta semplicemente di preparare il terreno per utilizzare altre tecniche. I giochiesercizi sono di per sé l'intero Teatro dell'Oppresso (TdO), contengono gli obiettivi del TdO, vale a dire l'analisi e trasformazione della realtà. Il Teatro Immagine Questa tecnica si basa sulla costruzione di immagini con l'associazione di persone; le immagini ci dicono come una persona e un gruppo pensano visivamente un determinato argomento, possono essere potenziate dall'intervento pubblico o indipendentemente esplorare le tensioni interne, i conflitti, i desideri e le eventuali modifiche. Dato che l’immagine è probabilmente più legata all’inconscio, al non verbale, all'emisfero destro del cervello, permette una conoscenza che attraversa il controllo dello spirito cosciente, che va oltre i mezzi di difesa e la repressione, che aiuta a liberare la fantasia. Obiettivi Il dispositivo del teatro dell’oppresso rappresenta quindi un’opportunità di raggiungere un numero elevato di cittadini in tempi rapidi, permettendo un lavoro accurato di quelle che sono le istanze emotivo-affettive e relazionali, che necessitano di esprimersi in un contesto allargato, gruppale, collettivo. Con ciò si fa dunque riferimento anche ad un’alternativa rispetto ai processi dell’intervento clinico, che va ad articolarsi al pensiero e all’azione etnopsichiatrica sia dal punto di vista metodologico sia concettuale. Il protagonista che costruisce la scena in sede laboratoriale e lo spett-attore che monta sul palco per modificare quella stessa scena sono entrambi esperti dello specifico contributo-contenuto, di cui sono portatori. Entrambi manifestano e rappresentano una “funzione terapeutica” che è personale e collettiva. La dinamica sul palco è culture di appartenenza a confronto e possibilità di travalicare quelle stesse culture, attraverso la creazione di nuovi legami in termini teatrali. Il continuo lavoro di mediazione praticato dal joker crea uno spazio di confine, di scambio, di decantazione e di trasformazione. Si dismette un abito per indossarne degl’altri, creando quindi legami relazionali inaspettati, dalla cui posizione si può dar voce ad un pensiero diverso. Di seguito il proprio viene recuperato assieme ai propri assunti e valori di partenza. Si tratta quindi di articolazione trasformativa. Con le tecniche del teatro dell’Oppresso si intende promuovere un’azione di sensibilizzazione e di prevenzione, attraverso l’analisi e l’elaborazione del materiale emerso. A tal proposito, le proposte di risoluzione dei conflitti, da parte dei cittadini, degli adolescenti, dei “badanti”, dei rifugiati, delle vittime di tratta o sfruttamento, dei genitori, degli insegnanti, diventano suggerimenti utili per riflettere anche sulla nostra legislazione, sulla nostra giurisdizione in materia di migrazione ma non solo.