Pantelleria 2001 - Angolo dell`Avventura

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Pantelleria 2001 - Angolo dell`Avventura
PANTELLERIA "GRAZIE DI ESISTERE"
Cronaca semiseria di una settimana col gruppo Carlesi nell’isola del nostro profondo
sud.
Testo di Fabio Panzeri - Foto di Renzo Carlesi
Breve ma intensa. Una settimana di vacanza a Pantelleria all’inizio dell’estate è un ottimo
toccasana, da consigliare a quanti riemergono dai rigori di un lungo inverno o dagli alti e
bassi di una primavera capricciosa. Parlo naturalmente per me, che vivo tutto l’anno a
ridosso delle montagne e prima di partire pregusto il viaggio “Verde Pantelleria" come una
piccola cura ricostituente del corpo e dello spirito. A posteriori, posso anticiparlo sin
dall’inizio di questo racconto semiserio, devo dire che le aspettative sono state ampiamente
soddisfatte.
Il gruppo, 16 persone, coordinatore l’ottimo Renzo Carlesi di Prato, parte in due giorni,
suddiviso in due tranches di 11 e 5 partecipanti. Io faccio parte del contingente milanese
del primo giorno. Decollo da Linate, scalo a Roma, quindi proseguimento per Pantelleria.
L’atterraggio nell’isola è brusco; sulla pista corta il pilota spreme le pastiglie dei freni,
scesi dalla scaletta dell’aereo, e subito investiti dal caldo abbraccio del forte vento
pantesco, raggiungiamo a piedi la piccola struttura aeroportuale per il ritiro dei bagagli.
L’area dello sbarco dei viaggiatori è popolata da ragazze dell’hospitality che sculettano e
sorridono, agitando cartelli in attesa dei loro clienti. Non manca la solita fauna di
maneggioni e factotum locali, in cerca di qualche pollo. Ma non fanno per noi.
Il nostro uomo si chiama Mirino: battuta scontata, non sbaglia un colpo. Si tratta di un
signore paffutello sulla sessantina, garbato e preciso, ma con una sottile vena dl
riservatezza, che talora sconfina nella freddezza, tipica dell’isolano siculo verso gli
avventori dal continente. E’ lui il nostro referente. Lui ci fornisce la flottiglia di auto
scarriolate, con cui per una settimana percorriamo l'isola. Due Fiat Uno da battaglia, la più
vecchia ribattezzata l’Ammiraglia, una Seat Ronda dalla carburazione precaria, tutte
ricoperte e intrise di polvere in ogni angolo, dentro e fuori. A parte una foratura
"fisiologica” su strade da rally, reggeranno comunque dignitosamente al raid pantesco. Ah,
dimenticavo, c’è anche una Panda verdemare, che puzza ancora di nuovo. Ovviamente
tocca al capogruppo, Renzone e nessuno obietta. Di Mirino è anche lo splendido dammuso,
con portico e terrazzo panoramico sull’incantevole baia di Scauri, il nostro quartier
generale.
Sistemati i bagagli e consumato un primo frugale ma gustoso pranzo (in realtà una
merenda) a base di insalata pantesca, salumi, formaggi e sottoli al bar U’Friscu,
raggiungiamo subito il mare per un primo contatto con l’acqua. Siamo a Sataria, dove, in
una grotta in riva al mare, esistono delle vasche di acqua calda. La solita enfatica guida,
intesa come libro, descrive questo posto conte un microambiente da Club Mediterranee (!).
Nelle vasche di acqua calda, stagnante, forse, anche torbida, staziona in ammollo un tizio.
Giovanna si avvicina curiosa nella penombra, quasi senza vederlo, sino a fare un discreto
dietrofront quando si accorge che l’uomo è immerso in costume adamitico.
Per la prima cena proviamo da U’ Trattu, trattoria di Recale, a poca distanza da casa,
segnalata dalle relazioni di Avventure. Ma, quando arriviamo la cucina è in disarmo, senza
prenotazione non si mangia: "in estate è diverso”, si giustifica il titolare Salvatore.
Restiamo un po’ spiazzati, ma, calendario alla mano, come dargli torto? Siamo al 16
giugno, il suo discorso non fa una grinza. Evidentemente la stagione è agli inizi, e 11
clienti in un colpo solo che vogliono mangiare pesce sono una richiesta difficile da
fronteggiare per il piccolo ristoratore. Non dovrebbe, visto che siamo ai mare, ma tanto
vale rispolverare il vecchio adagio “Non capisco ma mi adeguo”. Presi dai morsi della
Pantelleria "Grazie di esistere" testo di Fabio Panzeri foto di Renzo Carlesi
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fame, ripieghiamo su pizze take away, innaffiate con birra e vino comprate da U’Friscu,
bar che si rivela ritrovo abituale fino a ora tarda della gioventù locale. Dietro il bancone a
prepararci gli aperitivi sotto le istruzioni di Uliano, c’è una generosa mora, subito
ribattezzata la Panterona.
Domenica arrivano gli ultimi cinque. Per la serie “facciamo subito gruppo" li molliamo a
crogiolarsi al mare del Bue Marino. Noi, che con la Nivea alta protezione ci abbiamo già
dato dentro, andiamo in cerca di cibo a Pantelleria Down Town. Dopo i tentativi andati a
vuoto in un paio di bar, bussiamo falla porta di un ristorantino, ‘La scalinata”: sarebbe
chiuso, ma la proprietaria, Cicci, una signora veronese trapiantata da 23 anni nell’isola, non
ci nega un ricco piatto di insalata. L’impressione è buona, prenotiamo per un cous cous
serale. Nel pomeriggio diamo l’attacco alla Montagna Grande, 836 metri sul livello del
mare, raggiunti in auto fin quasi alla vetta, naturalmente.. Perché farsi del male? Visitiamo
la Grotta dei Briganti, c’è poco da vedere per la verità, poi cominciamo piccola escursione,
non senza sbagli di sentiero (segnaletica approssimativa), fino alla cuddia di Mida. Vicino
ad un vecchio cratere vulcanico ormai rivestito di vegetazione, scorgiamo emissioni di
vapori a 40/50°. “Ottime per la pulizia del viso”, commentano unanimi le nostre ladies, per
la cronaca in maggioranza sui maschietti, 10 contro 6.
A sera torniamo da U’ Trattu, locale singolare la sala è ricavata da un bocciodromo
coperto. Di sottofondo il dolente canto del fado portoghese, poi rimpiazzato da un non
meno triste liscio romagnolo, misto di polke, mazurke e valzerini, che permettono ai più
provetti di fare qualche volteggio di danza, tanto per digerire. La cena è abbondante, aperta
da due primi di pasta in porzione da caserma; ai palati esperti il pesce pare appena discreto.
In compenso ci sono un bianco asprigno e un rosso pallido che il cameriere non sa
descrivere in altro modo che con l’aggettivo "particolare". Diventerà subito il “red
particular”, pietra di paragone, parametro minimo di qualità che adottiamo per la
degustazione di tutti i vini nelle giornate successive.
Per i primi due giorni il tempo è variabile, ventoso, a tratti freddo. Al lago dì Venere
prendiamo anche qualche goccia di pioggia; ci torneremo successivamente per le
immersioni nelle piccole vasche di acqua calda vicino alla riva, un manipolo di coraggiosi
proverà anche la memorabile esperienza della traversata, prima camminando sul basso
fondale fangoso che sembra risucchiarti, poi a nuoto. A Punta Spadillo la situazione metto
non è migliore: più che da Mediterraneo, il clima sembra da Isole Shetland, Quasi meglio
tenersi addosso la maglietta1 anzi anche la felpa non guasterebbe. Nel laghetto delle Ondine
a cimentarsi nell’acqua è solo il prode orobico Simone. Il sole va e viene, il mare non è
proprio godibile in queste condizioni. Il momento è di impasse.
Dal cappello a cilindro allora Renzo pesca l’idea di una puntata nell’entroterra, fra i vigneti
di Khamma e Tracino. Qui ha sede la più prestigiosa azienda vinicola dell’isola, quella di
Salvatore Murana. Lui ci mostra le sue cantine, e le pregiatissime botti del suo vino. Parla
con tono affabulatorio da incantatore di serpenti, ci sa fare insomma e noi lo assecondiamo
fino a seguirlo più a monte, in una sorta di rustico in mezzo ai suoi vigneti. Cominciano le
degustazioni: i bianchi, il moscato, il passito, accompagnati da tartine e bruschette con patè
di immancabili capperi, Murana assistito da due fedeli ancelle che lui giostra a piacimento
come un domatore allo zoo, è ormai in preda a trance enologica. Sul più bello, sacrilegio!
Mentre lui disserta della passione con cui produce vino e olio, e dell’amore per la sua isola,
dalla tavolata si leva un singhiozzo di ebbrezza. Che figura! La dotta degustazione da
cultori del dio Bacco si è trasformata in una bicchierata da Circolo Arci. Lo show intanto si
avvia alla conclusione, e Murana presenta il conto. La degustazione non è gratuita, sul
tavolo come per magia appare il listino prezzi. Il top è l’olio, roba da comprarlo e metterlo
in cassetta di sicurezza. Noi fingiamo di non capire, diamo una mancia alle due cameriere,
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compriamo qualche bottiglia con la cassa comune e tagliamo la corda.
A sera andiamo da Cicci per il cous cous di pesce. La signora prevede che il giorno dopo la
tramontana sarà cessata, e puntualmente ci azzecca. Usciti dal ristorante, il vento ci sferza
col suo soffio tagliente ma dal giorno dopo lascia il campo ad un refolo caldo che increspa
solo lievemente il mare. Il sole intanto diventa padrone incontrastato del cielo; solo al
mattino le nuove si addensano sopra la Montagna Grande, ma Fantozzi non abita qui: solo
un falso allarme che abbiamo imparato a non considerare, così come sempre più abilmente,
guidati dall’esperienza di Uliano, vecchio lupo di mare, leggiamo i flussi del vento e
scegliamo per i nostri bagni le baie più riparate.
A proposito di Eolo, degne del vento sulla prua dei Titanic sono le raffiche costanti che
spazzano la spettacolare Balata dei Turchi, uno degli scenari più imponenti dì tutta la costa.
Battiamo in ritirata verso Dietroisola, non prima di avere “adottato” un elegante dammuso
a picco sul mare, non ancora abitato. Qualcuno sul terrazzo panoramico ci fa il pisolino,
con atto di esproprio proletario da Centro sociale Leonkavallo ci impadroniamo di un
sacchetto di carbonella per la grigliata, che naturalmente non faremo mai. A sera, per le
cene a casa, meglio affidarsi alle sapienti mani della signora Ninetta, cuoca e pasticcera
incontrata per caso nell’alimentari di Scauri, e prestatasi dietro adeguata mercede a
prepararci dolci di ricotta, cannoli, ravioli ripieni, sugo, e un sontuoso cous cous, che
nonostante le buone forchette presenti nel gruppo. non riusciremo a finire.
Il grande portico del nostro dammuso è sede ideale, oltre che delle colazioni preparate nella
cucina di casa, anche delle piacevoli cene, stile “Il grande freddo” adeguatamente provviste
di cibo e vino. A fine serata poi il terrazzo sul mare si trasforma in una sorta di osservatorio
astronomico a occhio nudo: il cielo di Pantelleria, ben poco inquinato dalle emissioni
luminose da terra, si presenta come un manto tempestato di un incredibile numero di stelle,
non dissimile da quello di cui si può godere in pieno deserto. Rapiti da quello spettacolo
immenso sopra di noi, con l’ultimo sorso di passito e la copertina di lana tirata su fino al
collo per proteggerci dalla brezza notturna, facciamo tardi a rimirare le costellazioni,
rivelando tutte le nostre paurose lacune di astronomia, Renzo e pochi altri se ne intendono,
il resto si limita a considerazioni stile Catalano, a metà tra la filosofia e la scienza: la
pochezza dell’uomo, la grandezza del creato ecc…, finché ad uno ad uno guadagniamo il
letto: “Beh, io vado, buonanotte”.
Il programma delle giornate scorre nel felice mix di sole e mare, e qualche sgambatina sui
monti. Da segnalare il piccolo trekking alla Favara Grande, la digressione al Bagno
Asciutto, grotta ricca di vapori caldi dove si può entrare per una autentica sauna naturale.
Dove il nostro gruppo arriva crea il vuoto attorno a sé: succede al mare, dove altri turisti,
infastiditi dalla nostra presenza non sempre anglosassone, battono in ritirata lasciando gli
scogli liberi. Succede anche nella sauna naturale dove Cristina, scambiandolo per uno di
noi, riesce a far allontanare un incolpevole avventore, dicendogli che ha la pressione troppo
passa per resistere a quella temperatura così calda. E il tizio obbedisce, lasciando subito la
sauna: stupefacente.
Momento clou della vacanza è la gita in barca con Franco, il famigerato barcaiolo
showman (di lui le relazioni di Avventure dicono tutto e il contrario di tutto) si è presentato
al nostro dammuso una mattina, esibendosi subito in un repertorio di battute e gaffes da far
impallidire. Tratti distintivi del suo look uno zuccotto ad uncinetto che non si toglierà mai
dalla testa, e poi una volta in barca un vertiginoso perizoma nero, che lascia intendere la
sua esuberanza sessuale. Sono soprattutto le donne a temere il giorno della gita in barca:
“Sarà un massacro, non ci darà tregua".
A confermare la natura del personaggio, e a far crescere le “preoccupazioni” anche un
nuovo contatto che abbiamo con lui il giorno precedente la gita, quando recupera in mare
una Giovanna disorientata da una lunga nuotata. Avvicinandosi agli scogli dove noi
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stazioniamo come ramarri, Franco aziona il megafono come un venditore di patate prima di
restituirci la temeraria Giovanna. Vorremmo fingere di non essere noi che sta cercando, ma
è impossibile sottrarsi. Ce ne accorgeremo dopo, quando a bordo di “FUTURA” ci
presteremo a fare da figuranti delle sue coreografie. (braccia alzate e coretti) quando si
avvicina alla costa per reclutare i clienti del giorno dopo e ci usa come testimonial.
A parte gli scherzi, Franco a bordo della sua barca sa dosare con abilità animazione, ballo,
musica e anche un po’ di discreto relax per bagni e sole. Con rapidità impressionante ci
serve a ripetizione piatti di ritunni, pesciolini da lui pescati e fatti sul barbecue, e bruschette
di pomodoro. Chi svuota il piatto - i resti delle lische provvede lui a gettarli in acqua per
pesci e gabbiani - se lo vede riempire in tempo zero. “Pesce digeribilissimo, potete fare il
bagno anche subito”, assicura Franco. Intanto lui in acqua non ci mette neanche i piedi, e,
nonostante la sua grande energia, non mangia quasi nulla: soprannaturale! Il suo cibo è la
musica, in particolare Eros Ramazzotti. Noi comunque, come una ciurma agli ordini de!
suo nocchiero, obbediamo ai comandi. Mi ordina di recuperare in mare un sacco per
l’immondizia caduto inavvertitamente: inutile obiettare, meglio obbedire. Il giro del mare
di Pantelleria comunque è davvero fantastico, da non perdere, Franco è spassoso, con
incredibile abilità passa ad un soffio dagli scogli affioranti. Talvolta si sporge dalla barca
regolando il timone con le dita del piede. E’ lui il personaggio numero uno dell’isola. La
sua filosofia è il divertimento. Il suo credo si riassume nel consiglio di vita dato alla figlia
tredicenne: “Futti, futti, che Dio perdona tutti”
Con il ricordo del suo faccione scaltro e sorridente mi piace chiudere questo sconclusionato
racconto, sperando di avere fatto cosa gradita ai compagni di viaggio che hanno condiviso
questa esperienza con grande spirito di gruppo, e di avere magari solleticato l’interesse di
qualche lettore a scegliere Pantelleria per un prossimo viaggio. Sempre che naturalmente
“Avventure” trovi lo spazio per pubblicare queste pagine. Il nostro gruppo è stato quasi
perfetto, tale era l’affiatamento, pur nella grande diversità dei partecipanti, che Giovanna
una mattina ha commentato: “Sembriamo l’equipaggio di una barca”. Chiudo ‘riportando
qui in ordine sparso un sintetico profilo non autorizzato di ciascun partecipante che
l’ultimo giorno mi sono divertito a tratteggiare, taccuino alla mano, seduto sugli scogli:
• Uliano (Sesto San Giovanni): il nome sembra quello di una barbaro delta steppa russa, ma
lo stile è quello impeccabile del Cumenda milanese, cittadino del mondo. Esperto
navigatore, eminenza grigia del gruppo. Sense of humor inglese, savoir faire alla
meneghina.
• Giuliana (Sesto San Giovanni): la moglie di Uliano. Insieme formano una coppia
formidabile di attori da situation comedy. Grande nuotatrice. Punto di forza la bracciata
veloce, punto debole il senso di orientamento. Soprannome: sestante. Ditele che è
arzilla, eufemismo per stagionata, e vi ritroverete conficcato negli occhi un fico d’india,
con buccia naturalmente. Tormentone della sua vacanza: buonissimo questo origano.
• Denis (Udine) ha rifiutato il soprannome di Indiana Jones, solo perché per lui Harrison
Ford è una mammoletta. Ideologo della falange armata naziskin Friuli Venezia Giulia.
Ma sotto la dura scorza del gerarca tutto “Schnell!” e “Raus!” batte il cuore di un
romanticone.
• Sofia (Abano Terme): premio speciale "Sorriso Pantelleria 2001”. Fotografa attenta e
discreta, amabile compagna di viaggio. Date le sue origini venete idonea ad interpretare
la parte di Colombina (ma sarà poi una maschera veneziana) o della Locandiera regia di
Tinto Brass, perché no?
• Simone (Bergamo): il cucciolo della compagnia. Ha affrontato egregiamente l’onere di
condurre l’Ammiraglia per tutta la settimana. Ha superato gravi problemi di
carburazione, e non parlo della macchina. Grazie al cloruro di magnesio che l’ha
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rigenerato. Abile ballerino e cantante dal repertorio incredibilmente vasto. Tenero e
cavalleresco. Tormentone della sua vacanza: mi entra l’acqua nella maschera.
• Vanda (Prato): campionessa di simpatia ed esuberanza. Energia da vendere, fifa anche
quando si trattava di entrare in acqua. Membro di diritto del club Sommeliers di
Pantelleria. Per referenze chiedere a Salvatore Murana. Suo lo setereofonico “hic!” nel
bel mezzo della degustazione.
• Cristina (Genova): belin che gnocca ! Corpo giunonico da Florinda Bolkan dei poveri,
parlantina a raffica da far impallidire Lilli Gruber. Sirena del Golfo del Tigullio.
Tormentone della sua vacanza: “mio marito Giorgio.
• Nives (Biella): cuore di panna, per la serie “L’anoressia questa sconosciuta”. Giocosa e
affettuosa. Tormentone della sua vacanza: “Vorrei tanto tu po’ di spiaggia tipo Rimini”.
Altri soprannomi: Nivea, Ines, Nevis, lris ecc
• Achille (Roma): il bel tenebroso, ma non troppo, sennò si monta la testa. Si illudeva di
fare il gran visir nell’harem della sua Seat Ronda, ma non si era accorto che attorno
aveva le streghe di Eastwick. Unico maschio della seconda tranche, ha rischiato
l’incolumità nelle ultime 24 ore.
• Rossella (Genova): battuta pronta e sense of humour degno della miglior tradizione
comica genovese. Si sospetta una discendenza diretta dal grande Gilberto Govi. Un
Beppe Grillo in gonnella con in più la chioma bionda e il fascino nordico di Liv Ullman.
Sognava tanto un amore estivo con Franco...
• Attilia (Bergamo): voce squillante, chiamatela la Pantera di Leffe, Al posto della
chioma rossa, una cascata di riccioli corvini, Data la shilouette slanciata, sport
consigliato volley. Tormentone della sua vacanza: nel ballo guido io. Col conterraneo
Simone perfetta coppia di cantanti e ballerini.
• Sonia (Brescia): gradevole ascoltatrice e amabile conversatrice, mai fuori posto.
Presidente onorario del Consorzio tutela vini di Pantelleria (Vedi Vanda). Una sola nota
di demerito: ma perché hai aspettato così tanto a tirar fuori la minigonna dal tuo
bagaglio?
• Rosanna (L’Aquila): voce canterina e intonata. A giudicare dalla cassa toracica, un
talento sottratto alla lirica. Ma anche col massaggio shiatsu ha la sua bella carriera
davanti a se. Prima ballerina del corpo di ballo di Avventure. PS. Per lei Franco ha. fatto
scintille.
• Luisa (Prato): la first lady. Preziosa collaboratrice del coordinatore senza manie di
protagonismo. Persona di stile e simpatia. Responsabile dello staff cucina per colazioni
e cene, a lei il ringraziamento di tutti, soprattutto dei maschi, Poetessa dell’obiettivo.
• Renzo (Prato): il capogruppo. Uomo dl peso, soprattutto alla guida quando col suo
guizzante Pandino seminava sui tornanti di Pantelleria gli altri catorci che attaccavano,
Coordinatore riposante, mai perditempo. Efficiente senza essere stressante o frenetico.
Merita all’unanimità la riconferma. Punto debole: ginocchio cigolante.
• Quanto a me (Fabio, Lecco, n.d.r.), qualcuno, stuzzicando la mia vanità di giornalista,
mi ha spronato a questo compito di narratore, che ho assolto con grande piacere.
Qualcun altro, leggi Cristina. mi ha attribuito il titolo di gufo, perché al mio avvicinarmi
all’acqua, li mare inspiegabilmente si agitava; inoltre, eccezionalmente c’ero anch’io a
bordo della Ronda, dopo aver lasciato per sola mezza giornata la guida della Uno
bianca, quando abbiamo forato. Giuro che in vita mia non ho mai portato sfiga a
nessuno se non a me stesso...
A tutti dunque, e a Pantelleria, grazie di esistere!
Pantelleria "Grazie di esistere" testo di Fabio Panzeri foto di Renzo Carlesi
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