la uilt nel territorio: qui venezia

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la uilt nel territorio: qui venezia
Poste Italiane Spa - spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1 - DCB
PER LE STRADE
D’EUROPA
MENSILE DELLA UILTRASPORTI - ANNO XX - NUMERO 1 - GENNAIO 2011
ANNO 2011
C’è da mettere mano a tutti i settori del trasporto.
Impresa difficile che occorre condurre
con determinazione e carattere
EDITORIALE
1
GUIDA AL NUMERO
EDITORIALE
- L’impresa è “ciclopica”:
ma dobbiamo provarci
di Giuseppe Caronia
1
- 14 Dicembre 2010 Sacco di Roma
o Sacco della Gioventù?
di S.F.
3
LE INTERVISTE
- ControluceSimeone
di Santino Fortino
4
LE VIE DEL MARE
- IPSEMA: ultimo atto di una politica
sbagliata
di Angelo Patimo
6
LE VIE DEL CIELO
- Un sistema senza regole
di Marco Veneziani
8
I CONTRATTI
- Sale in quota il contratto degli impianti
a fune
di Roberto Napoleoni
9
- Finalmente c’e’!!
di Sergio Tarabù
11
VOLARE NECESSE EST…
- Italy Airspace Expo
di Giancarlo Serafini
12
DEMOCRAZIA SINDACALE
- Quale modello di rappresentanza
dopo Mirafiori?
di Antonio Ascenzi
13
ECONOMIA E SOCIETÀ
- Indebitamento delle famiglie
e sistema bancario
di Dario Del Grosso
15
2011: L’ITALIA COMPIE 150 ANNI
- Su Garibaldi non tutti
la pensano allo stesso modo
di Luigi Annunziato
18
LA UIL NEL TERRITORIO
- Dalle nostre redazioni regionali
Veneto (Zacchei) Piemonte (Fusaro)
Lombardia (Chiari) Calabria (Bartolo)
Campania (Gambardella, Simeone)
Umbria (Caini, Emili) Sardegna (Sias)
24
L’impresa è “ciclopica”:
ma dobbiamo provarci
N
on è per citare noi stessi, ma strutture ci vengono segnali inquiel’ultimo editoriale dell’anno tanti e purtroppo “ripetitivi”. “Non
testé trascorso, lo intitolam- c’è pace tra gli ulivi” per ciò che conmo “nessun dorma”. Volevamo in- cerne la mobilità e il contratto che
tendere che il 2011 sarebbe stato un dovrebbe armonizzarne strutture a
anno difficile, se non decisivo, mol- condizioni di lavoro in un “tuttuno”
to importante per il nostro Paese, e, che ne assicuri crescita e produttivisoprattutto per i lavoratori che noi tà; nei porti di questa nostra grande
“passerella del Mediterraneo” crocerappresentiamo.
via dell’est e dell’ovest,
Lavoratori che prestano
del nord e del sud, ci sola loro opera in settori
DI GIUSEPPE CARONIA
no carenze “sistemiche”
non soltanto strategici
che a dir poco possono
per l’economia nazionale (e, a ben riflettere, non soltanto per considerarsi abnormi; le cosiddette
l’economia nazionale…) ma financo Vie del Cielo sono percorse da una
essenziali per lo sviluppo e la so- incerta “programmazione” organica
pravvivenza di attività preziose e in- alle nuove dimensioni del nostro
sostituibili per la produzione e la cir- “percorso planetario” (fino a qualche
colazione di beni, di servizi, di siner- decennio fa in Cina, a parte Marco
Polo, ci andavano poche centinaia di
gie virtuose per il vivere civile.
Puntualmente da questi settori, a ter- abitanti del nostro Paese, mentre ogra, in mare, nel cielo e nelle infra- gi…); i binari continuano a restare
PER LE STRADE D’EUROPA
2
EDITORIALE
“roventi” non soltanto per i malcapitati pendolari…e la Salerno-Reggio
Calabria (a proposito, sta ancora lì?)
è diventata un mito come un mito potrebbe diventare il “Ponte sullo Stretto” se si continua solo a parlarne (a
proposito e a sproposito…)
Dobbiamo tutti essere consapevoli di
come sia difficile per un sindacato,
democratico, laico, riformista che intende difendere interessi tenore di vita e diritti dei lavoratori inquadrandoli nel sistema di interessi di tenore di
vita e di diritti dell’intero Paese ope- rare in un quadro d’assieme come
quello (certamente disdicevole e non
favorevole all’assunzione di precise
e mirate responsabilità) del nostro
Paese.
E però non possiamo farne a meno di
“insistere”. Anche perché tempo poi
Direttore Responsabile
non sembra essercene troppo per
SANTINO FORTINO
“correggere il tiro”, e la strategia.
Sta cambiando il mondo, ma ce ne
Redazione:
accorgiamo o no?
Roma - Via di Priscilla, 101 - tel.
Confini, produzioni, tecnologie, rap06.862671
porti sociali, dimensioni territoriali,
e-mail:
non son più come erano una volta.
[email protected]
Autorizzazione del Tribunale di Roma
E così, esigenze, misure, comportan. 00445/92 del 14/07/1992
menti per essere virtuosi e positivi ai
Comitato di redazione:
fini degli scopi che si propongono
Max Colonna,Giuliano Galluccio,
(che per quanto ci riguarda sono,
Salvatore Ottonelli, Angelo Patimo,
quelli si, sempre gli stessi: servire al
Gian Carlo Serafini, Roberta Rossi,
meglio la causa e gli interessi dei laMarco Verzari
voratori) debbono “rapportarsi” alle
Segreteria di redazione:
nuove realtà.
Carola Patriarca
Ce lo ha insegnato in modo clamoroGrafica e impaginazione:
so anche il recente “caso” FIAT. DoFranco Bottoni Studio
ve l’esigenza di “rispondere” con un
e-mail: [email protected]
SI all’impegno di investire su occuUna copia Euro 2,00
pazione lavoro e produttività per deAbbonamento annuale Euro 22,00
cine di migliaia di lavoratori (fabbriAbbonamento sostenitore Euro 300,00
ca e indotto compresi) è stata con
Associato all’Unione
miope intransigenza (diciamo “mioStampa Periodica Italiana
pe” per amor di dialogo…) contraEDIZIONI “PER LE STRADE D’EUROPA SRL - PIAZZA DELLA LIBERTÀ, 10 - ROMA stata da un sindacato che a mio avviSTAMPA: GRAFICA RINASCIMENTO SRL - VIA GIUSEPPE VACCARI, 9 - ROMA
so “non ha fatto, per l’occasione, il
FINITO DI STAMPARE GENNAIO 2011
suo mestiere”. Sono convinto che,
I manoscritti, anche se non pubblicati,
nell’animo e nella convinzione dei
non si restituiscono
lavoratori, fossero molti di più i voti
PER LE STRADE D’EUROPA
favorevoli all’accordo, che comunque ha ottenuto la maggioranza, di
quanti non ne, siano in effetti, usciti
dalle urne (54% contro il 46%).
E penso che a “salvare la coscienza”
votando no per rispondere ai dubbi
più o meno giustificati sulle clausole
contrattuali, molti lavoratori siano
stati indotti dalla certezza che, comunque, l’accordo sarebbe passato e
“l’investimento” confermato.
Bene, quindi, hanno fatto la UIL e gli
altri sindacati firmatari dell’accordo
a “credere” in se stessi, e, anzitutto,
nel “progetto” che avrebbe dovuto
raggiungere l’obbiettivo di salvare la
fabbrica, l’occupazione, il salario.
Questo è il senso che deve, che dovrebbe avere sempre la nostra azione. Credere in noi stessi, nelle nostre
idee, e nella nostra capacità di farle
diventare realtà confrontandoci senza pregiudizi.
Come abbiamo visto non sono idee
da poco: sono un programma che,
avendo a riferimento l’intera area del
sistema Paese investe settori già difficili da governare e addirittura difficilissimi da riformare in meglio.
E’ troppo se chiediamo a tutti, ai lavoratori e agli imprenditori, al Governo e alle Istituzioni di collaborare
in questa (ciclopica…) impresa?
Giuseppe Caronia
Segr. Gen. Uiltrasporti
EDITORIALE
3
14 dicembre 2010 Sacco di Roma
o Sacco della Gioventù?
di S.F.
N
ell’attualità, la “purezza” e la
“spontaneità” di una protesta
sembra ormai solo una questione di interesse archeologico.
La vicenda dell’ennesimo “sacco di
Roma”, mi riferisco a quello perpetrato
nella manifestazione studentesca del 14
dicembre 2010, è servito, se ce ne fosse
stato bisogno, a portare la realtà sotto gli
occhi di tutti:
i disordini e le ferite alla città eterna, sia
materiali che di immagine, prodotte dal
“movimento”che siano stati studenti o
altro, non sono frutto di ragazzi romantici, idealisti, sognatori, arrabbiati perché
non intravedono un futuro non dico
roseo ma, almeno visibile e che non riescono a traguardare un obiettivo certo
per il quale oggi si stanno impegnando
con lo studio o con il lavoro precario e di
attesa.
Dietro c’è gente disperata a cui il futuro
non interessa, la cui vocazione è solo
quella di “combattere” lo Stato e le Istituzioni qualunque esse siano e a prescindere da chi le guida.
Una compagnia di anarchici nel senso
più povero della parola, di attivisti di
pseudo centri sociali, di rappresentanti
di base di lavoratori disperati, eredi di
un anarcosindacalismo, di comitati di
lotta che non si negano mai a nessuno e
buoni per tutte le motivazioni e per tutte
le stagioni, di infiltrati, di rivoluzionari
stranieri nomadi e in missione nel nostro
Paese, di ultras, insomma, che stanno
serrando le fila e stanno pericolosamente coinvolgendo quella gran massa di
giovani che invece vogliono solo protestare contro quello che ritengono ingiustizie e che hanno diritto di farlo ogni
qual volta lo ritengono necessario come
se fossero sentinelle, come se fosse una
pietra miliare per la loro strada verso il
futuro. Questi ultimi, appena una settimana dopo, dimostrando in pieno il loro
senso civico, sono tornati a manifestare,
attraverso spontanee e folcloristiche iniziative, la loro volontà di interloquire
democraticamente sul loro futuro.
Non ho minimamente intenzione di star
qui a riproporre una discussione sul
motivo della protesta, né fare alcuna
valutazione politica che tutto potrebbe
fare meno stravolgere la verità o peggio
falsificarla, perché la verità è sempre
sotto gli occhi di tutti.
A volte sembra che i figli e le loro “scappatelle” o “cazzate giovanili”
siano un orpello per i
genitori, un fastidio, un
peso, una limitazione...
Voglio o meglio vorrei soltanto e con
poche parole fare un appello non solo ai
responsabili istituzionali affinché si rendano conto realmente in che condizione
oggi si stia vivendo sia per quanto
riguarda l’economia, la socialità, la
moralità e la rappresentanza, ma anche
alle famiglie, ai genitori affinché pur
nelle oggettive difficoltà, cerchino di
salvaguardare l’unico bene che nessuna
ideologia o nessun politico può toglierci: i nostri figli.
Nessuno può toglierceli, a meno che non
li consegniamo noi a chi ha in mente di
sconvolgere “in peius” la società moderna già sconvolta per se stessa da repentini stravolgimenti d’origine tecnologica
o di fughe in avanti di filosofie new-age
che sono solo sacchi vuoti.
I genitori, noi, io che ho fatto il sessantotto e lo ricordo con amarezza per esse-
re stato oggetto e non soggetto, dobbiamo avere più cura dei nostri figli ma non
coccolandoli soltanto con telefonini
all’avanguardia, hai-pod, tv tridimensionali o bolidi a due ruote, e neppure concedendogli di rientrare tardi o non rientrare affatto, ma vivendo con loro, ascoltandoli, capendoli, immedesimandoci
nel loro modo di pensare e di vivere per
guidarli, per essere protagonisti di una
società nuova e non comparse di massa.
A volte mi sembra, che i figli e le loro “
scappatelle o cazzate giovanili” siano un
orpello per i genitori, un fastidio, un
peso, una limitazione.
Questo fa si che loro si allontanino dai
nidi, dalla tana non avendo alte camere
di decantazione, e così vengono fagocitati da chi non fa altro che aspettarli.
Non voglio e non posso fare il moralista,
non ne ho le caratteristiche né la vocazione, ma gli incidenti di Roma mi
hanno fatto pensare e riflettere anche a
causa dell’età.
Desidero solo fare l’appello a cui accennavo prima a quanti avranno la bontà di
leggere queste righe su questa rivista di
lavoratori e di sindacalisti, quelli impegnati, quelli responsabili, quelli rappresentativi, per cercare di impostare un
futuro migliore.
Attenzione, dunque, diamo uno sguardo
più vero ed amorevole verso i nostri
figli, tutti, ma in particolar modo a quelli appartenenti ad età a rischio. C’è, ripeto, chi li aspetta, chi vuole fare tra le loro
disavventure, il loro antagonismo, la
loro forza vitale, i loro sogni, una cerniera un corpo unico da adoperare e mandarlo allo sbaraglio.
Chi sono questi? Ognuno di noi ci pensi
un po’ su e si da una risposta, qualunque
essa sia però, facciamo in modo che
questo non accada per goderci, potendo,
una serena vecchiaia lasciando in eredità
una società vivibile e serena.
PER LE STRADE D’EUROPA
LE INTERVISTE
4
CONTROLUCESIMEONE
INTERVISTA O SOGNO? di Santino Fortino
D
opo il Segretario Generale Giuseppe Caronia, abbiamo spostato la nostra “telecamera dei
sogni” su un altro membro della Segreteria Nazionale Uilt, Luigi Simeone
Segretario Organizzativo e Segretario
del comparto Mobilità, e tra immaginazione e realtà abbiamo rischiato anche
con lui di cogliere il “lato umano”, un
Simeone in borghese che ci racconta se
stesso.
Nonno tranviere, padre tranviere,
parenti tranvieri e spesso con responsabilità nella categoria, ti appartiene
in maniera inconfutabile il dna di
questo settore?
R. Il settore del Trasporto Pubblico
Locale ha costituito per anni un aspetto
sintomatico della vita del nostro Paese,
per intere generazioni costituiva un
incontro con la vita sociale, il pullman (
come si chiamava una volta) era il luogo
d’incontro per andare a scuola, per certi
aspetti era anche il modo con cui si caratterizzava una comunità, oggetto finanche
di film e quindi anche un aspettativa di
modello di vita lavorativa. Oggi non si
può dire che sia ancora così, prima perché forse non costituisce più un modello,
secondo perché non garantisce più stabilità economica ed in ultimo perché non
viene più apprezzato, e forse giustamente, dall’utenza come un servizio offerto
al livello delle loro aspettative.
In questo quadro Io facevo un altro lavoro, insegnavo Ed. fisica, e non avrei mai
pensato di diventare Macchinista come
poi è successo negli anni 80’ all’indomani del terremoto dell’Irpina che segnò
fortemente il mondo della scuola in
Campania e che mi catapultò in un
mondo che se non era nel mio DNA
sicuramente stava scritto da qualche
parte.
PER LE STRADE D’EUROPA
Nella tua esperienza di Segretario
nazionale della Mobilità, quanto ti
trascini del passato vissuto come
responsabile della tua regione e quanto ti condiziona?
R. L’esperienza maturata a Napoli costituisce un punto di riferimento anche per
l’attività che sta continuando in Segreteria Nazionale e non poteva essere diverso,visto che ritengo che
siano proprio i valori realizzati e prodotti in Campania, che hanno potuto
determinare l’accesso alle
nuove funzioni. Se dovessi dire che le nuove funzioni non siano condizionate dalle conoscenze pregresse, rischierei di non
essere credibile, quindi Ti
dico che la conoscenza
delle realtà produttive,
politiche ed organizzative
della Uilt e del mondo dei
Trasporti che mi porto dietro, mi aiutano a comprendere meglio e più a fondo
quelle di cui mi occupo adesso, costituendo spesso un riferimento abbastanza affidabile, per interpretarne diverse
che anche se lontane geograficamente
sono molto simili e ne ripetono pregi e
difetti, e che qualcuno vanamente ha
tentato e tenta di distinguerle più per
esigenze personali che per fondati motivi oggettivi.
Lo sforzo di ogni giorno sta nel mettere
a disposizione quanto in proprio possesso cercando di cogliere e costruire nuove
opportunità per tutti, sia per quelli che
ne hanno di più, che per quelli che ne
hanno di meno, e questo non corrisponde quasi mai ad un logica geografica o
politica, essendo affidata agli uomini
che ne sono ugualmente gli artefici ad
ogni latitudine.
Vivi da pendolare tra Napoli e Roma,
molto spesso lontano dalla famiglia,
che ne pensano?
R. Interpretare i pensieri di altre persone
è sempre cosa difficile, loro sono una
parte importante anche della mia attività
lavorativa, senza il loro apporto non
penso che sarei potuto riuscire, senza le
loro e le mie rinunce tutto sarebbe stato
diverso e più difficile di quanto non sia
adesso. Penso, o almeno voglio pensare,
che preferirebbero avermi a casa tutte le
sere, ma questa è un’aspettativa vecchia
non sempre corrisposta, perché non ho
mai ho fatto una vita granché ordinaria,
prima per lo sport e poi per l’impegno
sociale e per i lavori che ho fatto, ma
come si dice non è la quantità che conta.
Caratterialmente sei più riservato o
estroverso nei giudizi, quanti ti conoscono bene?
R. non si tratta di riservatezza o estroversione , ma piuttosto di franchezza, ho
sempre fatto della lealtà e del rapporto
diretto una mio modello di relazioni.
Non sempre ci riesco e non sempre è
utile, in molti casi nell’immediato comporta qualche avversione ma a distanza
posso dire che di solito paga, la difficol-
LE INTERVISTE
tà sta nel fatto che molti pensano di
sapere tutto di tutti, io parto dall’esigenza di dover scoprire sempre qualcosa di
nuovo di ognuno e quindi non posso far
mistero di me, ecco perché mi presento
per quello che sono... quasi sempre!
Non so quanti mi conoscono bene, ma
sicuramente, quelli che colgono le mie
passioni sanno molto di me, perché
anche un’escursione in montagna o una
gita in barca con buoni amici è momento di conoscenza vera, del resto un’attività professionale lascia segni indelebili
di te, visto che alla fine quelli con cui
passi buona parte della tua giornata sono
i colleghi di lavoro, se lasci buoni segni
dove sei stato allora tutti ti conoscono
un po’ e tutti ne sanno una parte importante ma pur sempre una parte, sta a te
in ultimo trovare il filo che lega tutte
queste valutazioni e farne tesoro.
Ora una domanda che rivolgiamo a
tutti i personaggi che hanno forti
responsabilità: sei più temuto o
rispettato?
R. E’ posta male, permettimi di dirlo
con franchezza, non ritengo di essere
un personaggio ma solo di esercitare
una funzione affidatami dopo anni di
lavoro a partire da quando facevo il
rappresentante dei Macchinisti della
SEPSA, spero di non dover essere mai
temuto perché sarebbe per me una
sconfitta, ho sempre cercato il consenso, anche con fermezza e durezza quando l’ho ritenuto opportuno, ma mai ho
mirato al rispetto fine a se stesso, semmai alla condivisione delle idee e dei
progetti e quindi alla considerazione
delle intelligenze che li producono e
delle gambe su cui camminano, che non
sono mai di uno ma di tanti, ecco quelli
sono da rispettare sempre e talvolta
anche da temere. Quando stabilisci rapporti veri con le persone con cui interagisci in ogni aspetto della tua vita
sociale, non è importante cosa Vi lega
ma piuttosto come si sviluppa il vostro
rapporto, questo qualifica i livelli di
relazione e stabilisce rapporti umani
che superano i concetti di timore e
rispetto.
Sei stato uno sportivo di livello, hai
continuato a mantenere la competitività e lo spirito di squadra? E ancora
che suggestione continui a provare
quando senti l’inno di Mameli?
R. La competitività è intrinseca nell’uomo, il desiderio di misurarsi è fonte di
energia, del resto accettare e ricercare
sempre nuove sfide costituisce un elemento di vita cui difficilmente sono mai
riuscito a sfuggire, spesso mi sarei potuto
accontentare degli obiettivi raggiunti che
invece hanno sempre costituito tappe
importanti, ma pur sempre tappe di un
percorso da seguire giorno per giorno
insieme con quelli che con me hanno
accettato le sfide. Nello sport partimmo
anche qui dal basso, un gruppo di ragazzi
che avevano in comune la scuola media,
siamo arrivati insieme lontano e poi in
giro per l’Italia divisi per opportunità di
mercato, ma sempre grazie a quella squadretta di periferia che nobilitava una
zona poi diventata venti anni dopo tristemente famosa con la costruzione di
“Scampia” dove l’inno di Mameli si
sente poco forse perché si sente poco lo
Stato, ecco perché ora non mi incanta più
di tanto, soprattutto quando lo cantano
sportivi superpagati, meglio quando lo
sentivo alle partite della rappresentativa
di pallacanestro della Marina Militare
dove ho giocato nel 1981 /82.
La tua militanza nel Sindacato è stata
una scelta di vita o che?
R. La mia attività sindacale è nata quasi
automaticamente, quando nel Luglio 84
assunto insieme ad altri 12 giovani
avemmo il problema di dover esigere le
ferie estive che secondo qualcuno solo
perché assunti il 3 luglio non rientravano nei nostri diritti. M’incaricai del problema e fu la prima vertenza che si concluse con 15 giorni di ferie assegnati a
quei giovanotti poi diventati i miei primi
elettori in occasione del rinnovo delle
Rappresentanze aziendali. Una scelta
fortemente voluta che mi ha cambiato la
vita, mi ha dato tante soddisfazioni ma
anche richiesto tante rinunce, alla fine è
stata ed è una scelta fortemente voluta in
continuità con l’impegno sociale inizia-
5
to da adolescente in una parrocchia con
l’amico don Vittorio Siciliani parroco di
Scampia e proseguito nella grande famiglia della Uil
Per finire, durante il Congresso della
Campania ho visto il tuo figliolo Mattia preso a disegnare mezzi di trasporto mentre facevi la relazione, evidentemente anche lui è preso… Non hai
paura di allevare un concorrente o lo
stai preparando?
R. I bambini percepiscono molto meglio
dei grandi aspetti particolari che normalmente sfuggono, in occasione dell’ultimo congresso regionale della Uilt Campania per la prima volta Mattia, più piccolo di Simone ed Andrea, ha assistito
ad un congresso del suo Papà e ciò non
per farlo soffrire ma solo perché era l’ultimo evento nella mia funzione regionale che concludeva una fase della mia storia nella Uil. La cosa più significativa è
che Mattia in occasione della mia relazione, mentre dormiva, aveva disegnato
una vignetta in cui l’oratore, che ero io,
in una didascalia diceva: “un Paese che
non discute è un paese morto”
la cosa straordinaria era costituita dal
fatto che il più piccolo dei miei figli e di
tutti quanti erano in quella sala, aveva
percepito la frase più importante della
intera relazione.
La cosa mi ha colpito e mi ha fatto riflettere, perché probabilmente lasciando la
Campania ho voluto cogliere in quell’evento il segnale che qualcosa di
buono avevo lasciato, visto che finanche
il più piccolo di quanti mi avevano
ascoltato portava con se il senso di quello che volevo dire e se era proprio mio
figlio che me lo stava trasmettendo, allora voleva dire che la semina era stata
buona e la soddisfazione grande nel
vedere realizzato un obbiettivo:
creare concorrenza e non rivalità e
lasciare ai giovani il compito di parlare e
confrontarsi senza steccati e senza paure
per crescere e far del sindacato il luogo
di crescita comune, esattamente come
una famiglia e Mattia non poteva che
esserne la più vera ed incontaminata rappresentazione.
PER LE STRADE D’EUROPA
6
LE VIE DEL MARE
IPSEMA: ULTIMO ATTO
DI UNA POLITICA SBAGLIATA
di ANGELO PATIMO
C
on atto ufficiale, e certificato dai
propri organismi delegati ai
relativi provvedimenti, stante
l’avvenuta, inopinata, soppressione dell’ente accorpato nell’INAIL, l’IPSEMA,
Istituto di Previdenza per i Settore
Marittimo, ha chiuso il bilancio 2009
registrando un avanzo economico con
un attivo di 6,8 milioni di euro.
Un attivo superiore di 216 mila euro a
quello conseguito nel precedente esercizio, quello dell’anno 2008.
Si conferma, quindi, un andamento positivo di gestione.
Andamento che è consolidato, per la
rigorosa,sistematica corretta politica
economica- amministrativa dell’Ente,
cosi come pure, in passato, delle storiche
tre Casse Marittime, (Adriatica, Meridionale e Tirrena).
Casse Marittime soppresse, attraverso
l’accorpamento, in linea, allora, con le
finalità di riordino degli enti pubblici di
previdenza e assistenza, con il d.lgs. n.
479/94, istitutivo dell’IPSEMA.
Un andamento positivo che si regge, e si
reggeva, oltreché su una razionale e
rigorosa politica della gestione delle
risorse finanziarie, anche e specialmente
su un sistema, per il reperimento delle
stesse, di autodeterminazione delle aliquote contributive a totale carico delle
imprese armatoriali.
Un andamento di gestione dell’ente
IPSEMA, quindi, con bilanci che si
chiudono, sistematicamente, con significativi avanzi di esercizio.
Un sistema, perciò, la cui fonte di finanziamento delle risorse, concorre, in ultima analisi, automaticamente, al contenimento del costo del lavoro marittimo.
Una premessa, questa, doverosa, in presenza di un incomprensibile provvedi-
PER LE STRADE D’EUROPA
mento, quello della scioglimento dell’
IPSEMA e della sua confluenza in
INAIL , in applicazione dell’art.7, della
legge30/7/2010, n. 122, legge di conversione del DL n. 78 del 31/5/2010.
Provvedimento devastante per gli effetti
che si produrranno in materia di welfare
a sostegno del reddito dei lavoratori
marittimi, e quindi, assolutamente
incomprensibile
In aggiunta,un provvedimento ancorchè
più incomprensibile, se le motivazioni
addotte per sostenere le argomentazioni,
alla base dello stesso provvedimento,
risultano alla fine inconsistenti, dal
momento che la operazione di accorpamento all’INAIL , nel quadro della
manovra correttiva dei conti pubblici,
risulta priva di effetti positivi sul bilancio dello Stato.
Infatti, è quantomeno incomprensibile
sopprimere un istituto in attivo, per una
politica dei conti pubblici, finalizzata,
fra l’altro, per gli enti pubblici, al risparmio ed alla razionalizzazione, con un
recupero di 630 mila euro, cosi quantificato con decreto 78 del 31 maggio 2010.
In un momento in cui, poi, nello stesso
istituto IPSEMA, si erano avviate una
serie di iniziative finalizzate alla riorganizzazione dello stesso. Riorganizzazione che avrebbe consentito , attraverso
l’abbattimento di costi,il recupero di
ulteriori risorse.
Incomprensibile, perché ha sottratto al
nostro Paese, che ha la terza flotta europea con 17 milioni di tonnellate al 31
dicembre 2009, l’ente di riferimento della
Gente di Mare, in controtendenza alle
politiche Comunitarie degli altri paesi a
vocazione marittima. Tutto questo, poi,
nell’anno 2010, anno proclamato in sede
internazionale anno del marittimo.
Senza contare, inoltre, la coincidenza,
sempre nell’anno 2010, della soppressione dell’IPSEMA con la ratifica della
Maritime Labour Convention 2006,
autorizzata dal Consiglio dell’Unione
Europea agli Stati membri. Ratifica che
prevede per la Gente di Mare specifiche
strutture, regolamenti, organizzazioni in
materia di sicurezza sul lavoro a bordo
alle navi, sicurezza della navigazione,
prevenzione e welfare.
Non è neppure condivisibile la ulteriore
motivazione, a sostegno della soppres-
LE VIE DEL MARE
sione, riferita alla realizzazione di un
polo unico della sicurezza, dal momento
che, in materia di salute e sicurezza, è in
atto un serrato dibattito per coordinare la
specificità delle norme del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, “Adeguamento della normativa sulla sicurezza e
salute dei lavoratori marittimi a bordo
delle navi mercantili da pesca nazionali…” al decreto legislativo 9 aprile 2008,
n. 81.
Per tutte queste ragioni, le parti sociali,
sindacali e datoriali, attraverso un avviso comune, si erano fortemente opposte
alla operazione di soppressione dell’IPSEMA, proponendo un emendamento al
succitato articolo 7 della legge
122/2010. Emendamento finalizzato alla
valorizzazione della specificità del settore marittimo, che contribuisce col 3%
al PIL nazionale.
Questo, attraverso la costituzione di un
ente unico, Ente Sociale Italiano della
Navigazione, ESIN.
Ente ESIN, in cui riunire tutte le istituzioni pubbliche con competenze specifiche del settore marittimo, con funzioni
di tutela dei lavoratori, accorpando
l’IPSEMA, il SASN, (Servizio Assistenza Sanitaria), l’USMAF (Ufficio di
Sanità Marittima e Aerea di Frontiera), e
CIRM (Centro Internazionale Radio
Medico) e quindi valorizzando la specificità e l’autonomia dell’Istituto stesso
su tutte le competenze in materia assicurativa, previdenziale, salute e sicurezza
sul lavoro.
Specificità, che deriva dalla particolarità
delle prestazioni di lavoro della Gente di
Mare, oggetto negli ultimi anni di una
serie di provvedimenti, derivanti da una
vera e propria stagione di riforme, che
hanno avviato un processo di assimilazione del lavoro marittimo a quello della
generalità del lavoro a terra.Processo
avviato con la soppressione del Ministero della Marina Mercantile, e la sua tra-
7
sformazione in Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
Cosi come pure, in tal senso, basterebbe
citare la legge sull’orario di lavoro, la
108/05, e la riforma del collocamento
marittimo, comunque avviata ma non completata per assenza dei decreti attuativi.
Un processo di assimilazione assolutamente incomprensibile se solo si ripercorre tutta la vicenda, a tutt’oggi non
risolta per la Gente di Mare, dei benefici
previdenziali per l’esposizione al rischio
amianto previsti da una legge generale,
la 27/3/92, n. 257.
Legge generale, inapplicabile al settore
marittimo per il quale è necessario ricorrere ad una legge speciale, cosi come è,
o era speciale tutta la normativa che ne
disciplina, o disciplinava tutti gli adempimenti relativi. L’attuazione dei quali,
ha caratteristiche prettamente codicistiche. Non a caso, il riferimento è il Codice della Navigazione,specifica fonte
normativa nazionale, oltreché una altrettanta specifica normativa internazionale,
le Convenzioni. Quindi, una vastissima
struttura ordinamentale in materia di
formazione e abilitazioni professionali,
collocamento, avviamento al lavoro,
organizzazione del lavoro a bordo, prevenzione, salute e sicurezza del lavoro a
bordo e sicurezza della navigazione.
Un patrimonio di risorse e professionalità dell’economia marittima nazionale,
destinato a disperdersi.
A.P.
PER LE STRADE D’EUROPA
8
LE VIE DEL CIELO
Un sistema senza regole
di MARCO VENEZIANI
I
lavoratori Italiani, e le Organizzazioni Sindacali che li rappresentano, (tra le quali la Uiltrasporti continua a registrare i più alti termini di crescita in termini di gradimento ed adesioni), nonostante il difficile periodo, combattono ormai da circa due anni con una
delle peggiori crisi macroeconomiche
della storia moderna.
Per i lavoratori del Trasporto Aereo, in
particolare, alle difficoltà del quadro
congiunturale si aggiungono le carenze
strutturali croniche del Comparto che
stenta ad uscire dal vecchio assetto
caratterizzato da operatori quasi monopolisti oscillando pericolosamente tra
tendenze restauratrici di un mondo che
non esiste più, e slanci liberisti privi
delle regole minime indispensabili e,
qualche volta, privi anche di etica industriale.
Nel continuo movimento verso l’apertura del mercato dei Vettori e degli Handler, il Comparto si trova a fare i conti
con la carenza cronica di investimenti
che per anni ha caratterizzato il Settore e
con l’inadeguatezza di un quadro normativo non strutturato per affrontare il
cambiamento.
Se infatti è vitale, inevitabile e quantomai urgente modernizzare il Comparto e
fornire agli operatori di terra e di volo
gli strumenti per essere competitivi sul
mercato europeo e mondiale, è altrettan-
PER LE STRADE D’EUROPA
to necessario accompagnare il percorso
di transizione con un quadro regolatorio
che garantisca certezze normative ai
lavoratori ed agli operatori.
Non è infatti accettabile che il prezzo
della competizione si trasferisca in gran
parte sulle spalle dell’anello più debole
della filiera produttiva e cioè sui lavoratori, così come non è più possibile consentire ad operatori senza scrupoli di
aggredire il mercato con metodi al limite
della legalità.
Le donne e gli uomini che operano nel
Comparto hanno il gravoso compito di
continuare a fornire prestazioni lavorative
caratterizzate da alta professionalità, da
sempre garantite nonostante le grandi difficoltà congiunturali, e di migliorare le
proprie competenze accrescendo il bagaglio di conoscenze e di qualifiche.
Gli operatori e le aziende del
Comparto hanno il dovere di
dare corso agli investimenti
strutturali e di formazione
del proprio personale se
intendono ritornare competitivi. Nessuno può pensare di
sostituire una crescita sana e
produttiva con la mera speculazione sulla competizione al ribasso delle condizioni
di lavoro. Sarebbe inaccettabile per i lavoratori e per la
Uiltrasporti, e costituirebbe
una dimostrazione di scarsa
lungimiranza da parte degli operatori
destinata a fallire miseramente in capo a
pochi anni con danni irreversibili per l’intero sistema Paese.
L’azione sindacale della Uiltrasporti
deve quindi necessariamente andare
nella direzione di garantire il rafforzamento del quadro normativo.
Un primo passo è stato compiuto recentemente con la stipula del Contratto
Nazionale di Lavoro per le società di
Handling. Si tratta di un primo piccolo
passo avanti, ma significativo in termini
di orientamento e di alta valenza simbolica. Questa è la direzione nella quale la
nostra Organizzazione Sindacale deve
proseguire, affrontando, in tempi brevi,
tutti gli ambiti del comparto inerenti il
Personale di Terra ed il Personale Navigante
I CONTRATTI
9
Sale in quota
il contratto degli impianti
a fune
di ROBERTO NAPOLEONI
I
l 2011 inizia con una importante
novità per i lavoratori degli Impianti a Fune.
Il 3 dicembre scorso, infatti, a Roma
presso la sede dell’Associazione Nazionale degli Esercenti Funiviari (ANEF) è
stato siglato l’accordo per il rinnovo del
CCNL della categoria scaduto ad aprile
dello scorso anno.
L’intesa raggiunta rappresenta un
apprezzabile risultato in quanto consente il rinnovo del contratto nazionale dei
lavoratori di un settore caratterizzato da
veloci e profonde innovazioni e connotato da un forte legame con il territorio e
con i suoi abitanti.
L’attività di trasporto a fune rappresenta
infatti un essenziale elemento di business per le località montane che trovano
in essa un volano determinante per lo
sviluppo economico di zone che proprio
sugli impianti di risalita imperniano una
parte rilevantissima del sistema produttivo di luoghi strettamente legati al turismo sia invernale, legato alla stagione
sciistica, che estivo. Attorno ad essi
infatti si muove tutto un sistema di attività economiche fondamentali per il
benessere delle popolazioni che in quei
luoghi, certamente non facili da un
punto di vista ambientale e meteorologico, vivono e lavorano.
Le sorti di attività alberghiere, di ristorazione, ecc., vedono infatti strettamente
connessi i loro risultati, e dunque la loro
capacità di garantire posti di lavoro, alla
capacità di attrazione di sempre maggio-
ri quantità di turisti che, proprio grazie
all’attività di risalita, possono visitare
luoghi meravigliosi e unici da un punto
di vista naturalistico e paesaggistico.
Occorre sottolineare che proprio per
tutte queste ragioni sia le Organizzazioni Sindacali che l’Associazione di categoria hanno sempre sostenuto la necessità che tutto il sistema produttivo locale
partecipi anche ai costi inevitabilmente
da sostenere affinché il turismo delle
montagna possa essere svolto in sicurezza e tranquillità, non dimenticando il
controllo e la manutenzione del territorio ma anzi partecipando attivamente al
suo sostenimento.
L’intesa sottoscritta il 3 dicembre porterà interessanti novità alla categoria sia
da un punto di vista economico che nor-
mativo. Il contratto avrà una durata di
tre anni con decorrenza dal 1° maggio
2010 e scadenza al 30 aprile 2013.
Per ciò che concerne l’aspetto economico l’accordo prevede un aumento di
105,00 euro a regime al IV livello dell’attuale scala parametrale e per il periodo 1° maggio – 31 dicembre 2010 verrà
corrisposta una somma di 20,00 euro
mensili, per un importo complessivo
massimo di 160,00 euro.
Oltre agli aumenti retributivi appena
descritti il potere di acquisto dei lavoratori sarà incrementato anche grazie agli
aumenti dell’indennità domenicale e
dell’indennità di mensa che passeranno
rispettivamente dagli attuali 8,23 euro a
12,00 euro mensili e da 15,49 euro ad
25,00 euro mensili.
PER LE STRADE D’EUROPA
10
In un contesto lavorativo come questo,
legato fortemente alla stagionalità che
deriva dalla peculiarità turistica dell’attività, e dunque caratterizzato da una
grande presenza di lavoratori stagionali
a tempo determinato, che rappresentano
una elevatissima percentuale rispetto al
totale della forza lavoro, è stato raggiunto inoltre un ulteriore significativo risultato, da tempo perseguito dalle Organizzazioni Sindacali, ovvero il riconoscimento di un incentivo di fidelizzazione
di 200 euro lordi per quei lavoratori a
tempo determinato che durante la vigenza contrattuale avranno maturato un
periodo di servizio presso la stessa
azienda di almeno 12 mesi.
Questo elemento rappresenta certamente
una conferma della professionalità e
della dedizione con le quali i lavoratori a
tempo determinato stagione dopo stagione prestano la loro attività nelle
aziende funiviarie consentendo loro di
svolgere con successo un servizio di
qualità per tutti i visitatori che affollano
gli impianti, in particolar modo nel
periodo invernale.
Una importante novità è rappresentata
anche dall’incremento del contributo a
carico dell’azienda e del lavoratore
iscritto alla previdenza complementare
che dal 1° gennaio 2011 è aumentato
dello 0,50% arrivando così all’1,50%.
Anche questo è un segnale forte verso
tutti quei lavoratori, in particolare giovani, per i quali la previdenza integrativa
PER LE STRADE D’EUROPA
I CONTRATTI
rappresenta una necessità ineludibile per
garantirsi una pensione adeguata al
tenore di vita raggiunto durante l’attività
lavorativa.
Il trattamento di malattia ed infortunio
non sul lavoro poi viene integrato al
100% dall’azienda a partire dal quarto
giorno e non più dall’ottavo come previsto precedentemente dal contratto e il
trattamento di maternità viene rivisto,
riconoscendo anche per questa fattispecie il diritto all’integrazione al 100%
della retribuzione a carico dell’azienda
per la durata complessiva del congedo
pari a cinque mesi. Lo stesso diritto
viene altresì esteso anche agli ulteriori
tre mesi in caso di interdizione anticipata del lavoro ai sensi dell’art. 17 del
Decreto Legislativo n. 151/2001.
Viene inoltre rafforzato il diritto di precedenza nelle assunzioni dei lavoratori a
tempo determinato e riconosciuta maggiore forza al diritto al part-time per i
lavoratori che hanno necessità di assistere i figli fino al terzo anno di età.
Sempre nella parte normativa hanno poi
trovato nuova formulazione il capitolo
delle relazioni sindacali, con particolare
riferimento all’Osservatorio Nazionale,
strumento che si ritiene fondamentale
per una migliore gestione delle relazioni
sindacali nel settore, e quello relativo
alla contrattazione di II livello con l’introduzione di una somma di 15,00 euro
mensili lordi a titolo di elemento di
garanzia retributiva ai lavoratori dipendenti da imprese prive della contrattazione aziendale.
L’intesa raggiunta rappresenta un
apprezzabile successo, in un settore non
marginale all’interno del mondo dei trasporti e della mobilità, che consente di
tutelare il lavoro e permette ai lavoratori
di essere protagonisti attivi nella valorizzazione e nella modernizzazione di
quello che, ormai da tempo, abbiamo
definito il “sistema montagna”, nel
quale diritti del lavoro e sicurezza, efficacia e qualità dei servizi offerti devono
rappresentare degli elementi irrinunciabili per vincere la sfida della concorrenza europea e non più solo nazionale.
Roberto Napoleoni
I CONTRATTI
11
FINALMENTE C’E’!!!
di SERGIO TARABÙ
I
l 18 dicembre u.s., dopo oltre 17
mesi dalla scadenza, è stato rinnovato il CCNL per i dipendenti da
imprese esercenti autorimesse, noleggio
autobus, noleggio auto con autista, locazione automezzi, noleggio motoscafi,
posteggio e custodia autovettura su
suolo pubblico e/o privato, lavaggio
automatico e non automatico e ingrassaggio automezzi attività di soccorso
stradale e di assistenza alla mobilità,
nonché le attività direttamente collegate,
ai servizi di noleggio autoambulanza
con conducente.
L’accordo è stato sottoscritto solo con
una controparte l’ANIASA, mentre
l’ANAV (l’altra Associazione Datoriale
controparte nel confronto ) non lo ha
sottoscritto.
Tra gli aspetti qualificanti e significativi
raggiunti con il rinnovo del CCNL, va
evidenziato un aumento salariale a regime di euro 100,00 a livello C2, una Tantum a copertura del periodo pregresso di
euro 750,00 sempre al medesimo livello,
l’istituzione della polizza sanitaria per i
lavoratori a carico dell’azienda per un
contributo di euro 14,00 per 12 mensilità, l’istituzione dell’ente bilaterale con
oneri solo a carico dell’azienda equivalenti a euro 2,00 per 12 mensilità, incremento economico su alcune indennità
(maneggio denaro e trasporto ), premio
di risultato che prevede un elemento di
garanzia pari a euro 250,00 annui ed un
sostanziale miglioramento dell’impianto
normativo.
Come già detto è stata una trattativa difficile e sin dalle prime fasi complicata
dall’atteggiamento dell’ANAV manifestato con richieste provocatorie ed inaccettabili, poste alle Organizzazioni Sindacali, quali l’istituzione dell’orario
multi periodale su 17 settimane, l’abolizione della norma sul trattamento orario
ed economico dei viaggi che interessano
più giorni lavorativi, il riposo usufruito
fuori sede.
Anche l’atteggiamento spesso pretestuoso manifestato durante il confronto dai
rappresentanti dell’ANAV ha concorso
a porre seri ostacoli ad una felice conclusione della trattativa.
Con rammarico devo evidenziare che
nel lungo periodo di attività sindacale da
me svolto, raramente mi è capitato di
veder raggiungere da una controparte un
livello così basso ed a mio avviso irresponsabile nel confronto.
Ricordo solo un esperienza sempre in
questo settore, terminata però con esiti
diversi e non altrettanto felici ed è riferita ad una trattativa svoltasi nel dicembre
del 1991 che si concluse con condizioni
penalizzanti per i lavoratori e determinò
altresì conseguenze negative sia all’interno delle componenti sindacali sia in
quelle datoriali.
Diversamente è da riconoscere la serietà
ed il comportamento dell’Associazione
Datoriale ANIASA per la volontà e la
determinazione espressa nel raggiungimento di un’intesa fondamentale per il
settore
In ogni caso, le ragioni della conclusione positiva della trattativa vanno ascritte sicuramente al senso di grande
responsabilità delle Organizzazioni Sindacali Uiltrasporti, Filt-Cgil e Fit-Cisl
ed alla grande partecipazioni delle strutture di base, dei quadri e dei dirigenti di
queste OO.SS. che, partendo da tre piattaforme separate, sono riusciti a mante-
nere nei contenuti ed a condividere una
linea unitaria forte che ha consentito un
risultato importante ed ha dimostrato,
ancora una volta che la sintesi unitaria
di Uil, Cgil e Cisl, risulta elemento
determinante per la migliore tutela dei
diritti dei lavoratori.
Per questi motivi il risultato raggiunto è
sicuramente positivo e motivo di soddisfazione sia in considerazione delle difficoltà emerse nel confronto sia in relazione al momento grave e complesso
che vive l’economia nel nostro paese
investita da una crisi tutt’ora in atto .
Questo è un settore che occupa circa
25000 lavoratrici e lavoratori e, pur
avendo tale dimensione, spesso è dimenticato oppure nutre scarsissima considerazione sia nell’opinione pubblica sia, in
modo ancor più grave, nello stesso
ambito sindacale forse perché considerato di scarso interesse strategico.
Nonostante l’impegno e la conclusione
positiva della vertenza contrattuale, non
posso esimermi dal considerare la preoccupante scarsa adesione al sindacato
presente in questa realtà. Termino quindi con un auspicio che è ovviamente
estendibile ben oltre i confini di questo
settore: credo che nel momento attuale
sia fondamentale una rinnovata e forte
unità e progettualità del sindacato Confederale, ed è altrettanto vero che l’adesione al sindacato risulta oggi per i lavoratori ,elemento ancor più fondamentale
per esigere quei diritti che sempre di più
vengono rimessi in discussione
PER LE STRADE D’EUROPA
12
VOLARE NECESSE EST...
ITALY AIRSPACE EXPO
BUONA AFFLUENZA DI PUBBLICO PROFESSIONALE ED ESPERTI
ALLA PRIMA EDIZIONE DEL SALONE
di GIANCARLO SERAFINI
Sfiorati i 4 mila visitatori
R
oma, 2 dicembre 2010. Circa 4
mila visitatori professionali
hanno preso parte alla prima edizione del Salone Internazionale sul
mondo dell’Aviazione, degli Aeroporti,
della Difesa e dello Spazio, che si è svolto
alla Fiera di Roma dal 30 novembre al 2
dicembre. Il 65% degli espositori intervistati ha espresso parere positivo sulla
manifestazione unica nel suo genere,
dichiara Gian Paolo Pinton amministratore delegato di Trascomexpo. E’ stato
importante aver realizzato la prima edizione proprio in Italia, mentre la città di
Roma si candida ad essere la location più
indicata per le successive edizioni. Per il
futuro punteremo a qualificare maggiormente l’evento fieristico con una interrelazione aeroportuale, dove contiamo di
arrivare ad esporre i velivoli e toccare con
mano i prodotti e le tecnologie del nostro
Made in Italy, che sono all’avanguardia
nel mondo. Per il Presidente del Comitato
Scientifico Domenico Silvestri i visitatori
sono stati molto soddisfatti ed i convegni
sono andati benissimo. La maggior parte
dei partecipanti vede la fiera come un
seme che si può radicare. Soddisfatto
anche il Presidente della Fiera di Roma,
PER LE STRADE D’EUROPA
Roberto Bosi che afferma: questa prima
edizione di IAE conferma che al settore
Aerospaziale, Aeroportuale e Difesa
eccellenza del Made in Italy, mancava un
evento professionale dedicato e che quello della Fiera di Roma ha tutte le potenzialità per diventare l’appuntamento qualificato che gli operatori aspettavano.
Altro punto di forza di questa prima edi-
zione è stato l’altissimo livello dei convegni a cui hanno preso parte esperti della
materia anche a livello internazionale. A
questo proposito ha espresso la propria
soddisfazione il Generale Pietro Finocchio, Vicepresidente del Comitato Scientifico, che ha spiegato l’importanza della
partecipazione di presenze importanti
come il Capo di Stato Maggiore della
Difesa, Gen. Vincenzo Camporini. L’operazione di startup della manifestazione ha
concluso è riuscita nonostante le tante difficoltà incontrate. Il buon successo di presenze registrate ed i tanti professionisti
che hanno partecipato, ha spinto il Comitato Scientifico a programmare una riunione per il mese di gennaio al fine di
decidere gli obiettivi e le strategie della
seconda edizione. Anche da parte nostra
abbiamo espresso sicuramente un giudizio positivo auspicando che l’importanza
di tali manifestazioni debbano coinvolgere sempre più, oltre che tutti gli operatori
di settore anche le Organizzazioni Sindacali di categoria.
DEMOCRAZIA SINDACALE
13
Quale modello di rappresentanza
dopo Mirafiori?
di ANTONIO ASCENZI
C
ome era facilmente prevedibile
gli accordi recentemente sottoscritti alla Fiat (Pomigliano e
Mirafiori) hanno innescato furenti polemiche oltre che tra le forze politiche,
anche tra le organizzazioni sindacali
allontanando forse definitivamente la
prospettiva dell’unità sindacale fra le
organizzazioni confederali.
Ma se a livello politico le valutazioni
dell’accordo sono state in linea di massima coerenti con la diversa collocazione
tra governo e opposizione dei vari partiti, a livello sindacale si è riproposta la
vecchia e mai superata contrapposizione
tra concezioni diverse della democrazia
sindacale, ma, soprattutto, tra concezioni diverse del modello di relazioni industriali da adottare.
Da un lato gli inguaribili sostenitori del
vecchio modello di relazioni sindacali
basate sui soli rapporti di forza; dall’altro coloro che, invece, ritengono necessario, in forza delle trasformazioni intervenute nel mondo della produzione,
affermare un modello di relazioni sindacali fondato sul reciproco riconoscimen-
to degli attori delle relazioni industriali e
sulla regolamentazione delle procedure.
Ora, premesso che gli accordi andavano
firmati perché non vi erano migliori
alternative praticabili se si voleva mantenere in Italia la produzione dell’auto e
garantire un futuro lavorativo a migliaia
di lavoratori, le argomentazioni poste
dai contestatori inducono a qualche
riflessione aggiuntiva.
Tre sembrano essere le obiezioni
principali che vengono sollevate:
il superamento del contratto
nazionale; l’introduzione di un
regime lavorativo senza diritti;
un arretramento sul terreno della
democrazia in quanto viene
negata la rappresentanza ad una
parte dei lavoratori.
Delle tre, sicuramente la prima è
quella più seria dal momento che
rappresenta oggettivamente un
aspetto debole dell’accordo e va
senza dubbio recuperata appena
possibile.
Per quanto riguarda la seconda
obiezione i toni dei contestatori degli
accordi sembrano oggettivamente eccessivi (addirittura giornali come “Il Manifesto” e “Liberazione” hanno evocato i
lager!).
Intanto, non si capisce perché solo per
l’Italia non dovrebbero valere regole
presenti in tanti altri Paesi (ad esempio
in Europa la pausa breve, tranne che per
la Spagna, non è certo un tabù!)sembra
francamente esagerato parlare di lesione
dei diritti: questi sono salvaguardati
dalle leggi più che dai contratti che per
la loro stessa natura riflettono le condizioni generali e i rapporti di forza presenti al momento della loro sottoscrizione.
Sullo sciopero, poi, la clausola tanto
contestata non fa che adottare la stessa
“ratio” cui si è ispirato il legislatore in
materia di regolamentazione del diritto
di sciopero nei servizi (art. 4 legge
146/1990: “i lavoratori che si astengono
dal lavoro in violazione delle disposizioni dei commi 1 e 3 dell’articolo 2 o che,
richiesti dall’effettuazione delle presta-
PER LE STRADE D’EUROPA
14
DEMOCRAZIA SINDACALE
zioni di cui al comma 2 del medesimo
articolo, non prestino la propria consueta attività, sono soggetti a sanzioni
disciplinari proporzionate alla gravità
dell’infrazione …).
Ora, certamente una azienda di trasporto
è diversa da una azienda metalmeccanica, ma non può suscitare scandalo l’esigenza della Fiat di avere ritmi produttivi
prevedibili nelle proprie fabbriche così
come richiesto, del resto, dai criteri
organizzativi della “World Class Manifacturing” oggi in vigore e secondo la
quale una azienda deve puntare ad una
organizzazione del lavoro in cui, da un
lato, nemmeno un secondo del tempo
retribuito di un operaio possa trascorrere
senza che produca qualcosa di utile; dall’altro il contenuto lavorativo utile di
ogni secondo deve essere il più elevato
possibile.
Ma non c’è dubbio che il vero punto di
scontro riguarda la riserva in favore dei
soli sindacati firmatari del contratto
della possibilità di avere rappresentanze
sindacali in fabbrica.
Ora è certamente vero che la firma dei
due accordi supera il sistema della rappresentanza sindacale con un ritorno
netto al regime delle RSA di cui all’art.
19 della legge 300/1970 anche se prima
o poi, anche tenendo conto di quanto
avviene nell’area della pubblica amministrazione, dovrà essere individuata una
qualche forma di raccordo tra i due
modelli, ma anche qui, da parte dei contestatori, non si può non rilevare tanta
PER LE STRADE D’EUROPA
demagogia. In primo luogo è
bene ribadire che non viene
negata a nessuna organizzazione sindacale la possibilità di
costituire una propria rappresentanza in azienda; quello che
viene negato ai sindacati non
firmatari del contratto di lavoro
è l’accesso alle prerogative previste dal Titolo III della legge
300/1970 e tale fatto può anche
non piacere, ma è perfettamente legale.
In secondo luogo, perché in tutti questi
anni sono state portate avanti, proprio
da parte degli attuali sostenitori del
modello di rappresentanza sindacale
sancito dal Protocollo del luglio ’93,
applicazioni assolutamente distorte di
quel modello.
Basti vedere, ad esempio, i tanti settori
in cui da parte delle strutture Cgil si
sono imposte RSU senza la riserva del
terzo in favore dei sindacati firmatari
del ccnl o regolamenti di funzionamento delle stesse RSU con assurde clausole in cui si prevede la possibilità di
raccogliere firme tra i lavoratori per
richiedere le dimissioni dei delegati
minando alla base quella che doveva
essere, proprio per i compiti negoziali
loro affidati, la caratteristica peculiare
delle RSU rispetto ai Consigli e cioè il
massimo di stabilità organizzativa.
Da ultimo qualche considerazione finale
rispetto ai ripetuti inviti rivolti alla Uil
ed alla Cisl da parte dei massimi dirigenti dei metalmeccanici Cgil di “vergo-
gnarsi” per aver firmato quegli accordi.
Ai poco degni eredi di Bruno Buozzi va
ricordato:
un sindacato, soprattutto quando si ritiene maggioritario tra i lavoratori, ha il
dovere di non lasciare mai i tavoli di
confronto e sottoscrivere anche accordi
che possono apparire particolarmente
indigesti (se un sindacalista pensa di
poter sottoscrivere solo accordi che non
prevedano clausole negative dovrebbe
smettere di fare sindacato e dedicarsi ad
altro);
la revisione contrattuale in pejus introdotta alla Fiat è prassi ormai quasi consolidata in tutte le aziende in crisi (solo
per fare un esempio: vicenda Alitalia);
la democrazia non può essere a senso
unico: a Pomigliano l’intesa raggiunta è
stata sottoposta tramite referendum al
vaglio dei lavoratori ed oltre il 60% di
loro ha approvato l’accordo: perché la
Fiom si ostina a non tener conto della
volontà espressa dalla maggioranza di
quei lavoratori?
Antonio Ascenzi
ECONOMIA E SOCIETÀ
15
Indebitamento delle famiglie
italiane e sistema bancario
di DARIO DEL GROSSO
È
noto che con dalla crisi finanziaria globale, scoppiata nel
2008 negli Stati Uniti, l’Italia è
il Paese che ne è uscito meglio, nonostante abbia il terzo debito mondiale più
elevato rispetto al PIL.
I motivi di questo “miracolo” che è stato apprezzato e definito anche dalle
Agenzie internazionali che valutano la
solvibilità degli Stati, sono le famiglie
italiane abituate da sempre al risparmio
e da investimenti mirati, quale l’acquisto di un immobile.
Infatti è il Paese che, oltre ad un basso
indebitamento rispetto ad un reddito
(65% medio), ha anche una diffusa patri
monializzazione. La proprietà delle abitazioni principali infatti ammonta a circa l’80%.
A questi dati si riferiscono le valutazioni positive delle Agenzie Internazionali
sulla solvibilità del sistema paese, per
cui nonostante la recente crisi della Gre-
cia prima e dell’Irlanda
dopo, i titoli di stato italiani continuano ad essere
collocati a tassi relativamente bassi e con una differenza minima rispetto al
paese guida della Comunità Europea, quale è la Germania.
Se sono positivi i giudizi
complessivi sul sistema
Paese, non altrettanto si
può dire del sistema bancario italiano. Infatti, secondo una recente denuncia dell’ANCE (Associazione Costruttori Edili) e
dei sindacati del settore, ci
troviamo di fronte ad un sistema bancario burocratico per la concessione del
credito e, comunque, più caro degli altri
Paesi, nonostante la direttiva europea
48/2008.
Sia chiaro, stiamo considerando l’aspetto di erogazione del credito per mutui
ipotecari, o crediti al consumo per famiglie; altra cosa è il giudizio sulla solidità del nostro sistema bancario.
E’ sicuramente un sistema solido con
una buona patri monializzazione, un indebitamento basso, tantoché non abbiamo registrato fallimenti a differenza di
quanto successo negli Stati Uniti, nel
Belgio, In Germania, in Inghilterra,.
Così come non ci sono stati finanziamenti da parte dello Stato, i bond di Tremonti sono rimasti inutilizzati!
Di fatto il sistema bancario italiano si
regge e fa profitto in casa, sui cittadini
italiani, praticando il credito con i tassi
più alti fra i Paesi europei.
L’Ance ha dimostrato che i mutui sono i
più cari d’Europa. A settembre dei 2010
la differenza era dello 0,36% mentre ad
Agosto dello 0,69%!!!
Questa differenza, a parità di importo si
traduce su un mutuo di euro 150.000 da
rimborsare in venticinque anni, in euro
9.000 di più per il cittadino che lo ha
contratto.
Per completare l’esempio, rispetto ad un
cittadino francese che ha contratto lo
PER LE STRADE D’EUROPA
16
ECONOMIA E SOCIETÀ
stesso mutuo per lo stesso periodo temporale, quello italiano è come se pagasse per un anno in più, cioè in ventisei anni anziché in venticinque.
Quindi da una parte abbiamo un sistema
Paese che è considerato solido per il basso indebitamento delle famiglie (65%
italiano, rispetto al 105% spagnolo,
125% inglese) e per la diffusa patrimoni
lizzazione delle stesse; a cui si aggiunge
un solido sistema bancario che fa della
prudenza nell’erogare il credito ad imprese e cittadini l’arma principale.
Sarebbe opportuno e necessario da parte
delle banche italiane che a fronte di famiglie virtuose quantomeno si praticassero gli stessi tassi europei. Così come
sarebbe opportuno diffondere la cultura
dell’assicurazione sul credito, come viene fatto in Europa.
Per non parlare del credito alle imprese,
dove le difficoltà aumentano in modo
esponenziale.
A sostegno di quanto scritto parlano i
dati di indebitamento sui mutui e sul credito al consumo delle famiglie italiane
rispetto ai cittadini degli altri Paesi della Comunità Europea.
L’indebitamento con mutui ipotecari arrivano in Italia ad un massimo di euro
220.000; oltre un terzo si colloca fra i
PER LE STRADE D’EUROPA
euro 100.000 ed i
150.000.
Il tempo d rimborso per
1/3 si colloca fra i 25 ed
i 30 anni, mentre un altro 20% è sui 20 anni.
Questo dimostra l’attenzione delle famiglie
italiane ad investimenti
mirati cioè per l’acquisto della prima casa in
modo da sostituire la rata del mutuo con la rata
di affitto.
Quindi finanziamenti
utilizzati per patrimonializzare anche se in
un lungo periodo.
Va inoltre considerato
che il ricorso all’indebitamento avviene nelle famiglie giovani e
si protrae fino ai cinquant’anni.
Secondo l’ABI i muti sono attivati per
circa il 45% dalla fascia di età che arriva ai quarant’anni ; per il 20% nella fascia di età che va dai quaranta ai cinquanta; oltre si attivano pochi mutui e
speso si estinguono quelli esistenti.
Se consideriamo i crediti al consumo ,
qui oltre che ai tassi molto più elevati del
resto dei Paesi Comunitari, si scopre che
i prestiti personali non superano l’importo di euro 30.000 e vengono rimborsati
mediamente in cinque anni. Il grosso dei
prestiti personali (45%) invece non arrivano ai cinquemila euro e sono rimborsati nell’arco di diciotto mesi. Qui emerge un’altra contraddizione del sistema
bancario, ossia i piccoli prestiti sotto i
5.000 euro, pagano tassi molto elevati rispetto a quelli più consistenti. Tassi e
spese fisse portano il costo fino al 14% in
prestiti di 3.000 euro Se a ciò si aggiunge il sistema di pagamento rateale con le
carte di credito specifiche (revolving), si
arriva anche a tassi del 17%.
La conclusione a cui arriva la denuncia
dell’ANCE punta a sollecitare un cambiamento del sistema bancario nei confronti dei cittadini e delle imprese.
Non si può continuare a fare un profitto
certo ed elevato in Italia ed avere crediti inesigibili negli altri Paesi. Occorre da
parte del sistema bancario, nei confronti
delle famiglie, un comportamento diverso ed omogeneo a quello praticato negli
altri stati d’Europa.
A questo fine, bisogna aggiungere che la
direttiva 48/2008 per la trasparenza ed
omogeneità ancora è molto limitata e lascia le differenze fra i vari stati per come
sono oggi. Occorre un po’ più di coraggio.
Dario Del Grosso
18
2011: L’ITALIA COMPIE 150 ANNI
Su Garibaldi non tutti
la pensano allo stesso modo
entocinquant’anni, nella storia di
una Nazione saranno forse ancora
pochi. Molte delle grandi Nazioni d’Europa o degli altri Continenti, ne annoverano infatti assai di più ma, per noi,
questo secolo e mezzo ha un significato
particolarmente importante perché, a
differenza di molti altri Paesi dove
l’ ”identità nazionale” era retaggio formatosi assai prima della creazione dello
Stato unitario, la “costituzione” di una
vera “identità nazionale” è, a dir poco,
un cantiere ancora aperto. Ed è a questo “cantiere” che giorno per giorno,
anno dopo anno, gli italiani portano la
loro “pietra” per rendere sempre più il
“bel Paese” una realtà permanente
della storia del suo popolo.
Si sono aperti nel frattempo (si sa la
storia non si ferma mai…) nuovi orizzonti e nuove prospettive nel mondo.
L’Europa come “entità” economico-politica crescente, la “globalizzazione”
come fenomeno economico totalizzante, la “scienza” come collante del sapere comune all’intera umanità. Ma resta
alla base di questo discorso una esigenza che peraltro questi fenomeni rendono ancora più pressante, di portare a
sintesi tutto ciò che “forma” il processo
Italia.
Ecco perché è importante nel 150esimo
anniversario riflettere su “come eravamo, come siamo e perché siamo così”.
Discutere, confrontarci, parlare senza
pregiudizi e senza schemi “a priori”.
Con questo primo numero del 2011,
anno del centocinquantenario dell’Unità di Italia, diamo l’avvio ad una serie
di articoli-riflessioni che speriamo siano
lette con interesse dai nostri lettori.
Luigi Annunziato apre la serie di queste
“riflessioni” con un articolo dal titolo
sin troppo “stuzzicante”: “Su Garibaldi
non tutti la pensano allo stesso modo”.
Sta a voi lettori “come” pensarla.
Fatecelo sapere.
Lallo
C
PER LE STRADE D’EUROPA
Molti di “quelli di sinistra” la pensano in modo
diametralmente opposto a molti di “quelli di destra”
di LUIGI ANNUNZIATO
P
er affrontare la questione complessa di un personaggio complicato come Giuseppe Garibaldi mi
sono imposto di evitare almeno due errori: da un lato, non potendolo esecrare,
evitare di nascondere ogni suo oggettivo
limite ed assolverlo sistematicamente;
dall’altro evitare polemiche gratuite con
quanti (e non sono pochi) ne hanno denigrato valori ed ideali. Meglio perciò una
controllata chiarezza che un incontrollato furore discriminatorio.
Del resto sono convinto che il liberismo
gridato nasce dalla diffidenza e porta
spesso al sospetto, appena appena mitigato da una razionalità astratta.
Non stupisce dunque che Giuseppe Garibaldi resti ancora una figura impopolare,
fino a far tracimare valori ed ideali universali quali unità, libertà e lealtà, tra coloro che sognano «ancora il LombardoVeneto e/o il regno delle Due Sicilie «più
semplicemente tra chi pensa che la storia
non abbia bisogno di eroi (proprio da
noi? Popolo di...); la ricca storiografia del
tempo, e di un personaggio “cosmopolita”, consente sicuramente di ricavare giudizi e situazioni speculari anche a chi sostiene il valore della sua vita al servizio
2011: L’ITALIA COMPIE 150 ANNI
degli ideali che hanno poi alimentato il
Risorgimento nazionale e, contestualmente, il movimento. popolare socialista
dei lavoratori ovunque se ne manifestasse la mancanza1.
Nell’immaginario collettivo degli italiani è innegabile che Garibaldi sia il personaggio storico più famoso e popolare, il
combattente indomito per la libertà dei
popoli, ma anche una figura intrinsecamente “duplice” (mai doppia).
Perché Garibaldi è figura “duplice”? Perché nel corso di tutta la sua avventurosa
vita toccò ora le vette della gloria più pura ora il baratro della ricusazione più totale; ora
al centro di decisivi interventi ora cacciato in
disparte; ora assunto ed
esaltato come altissimo
simbolo di un patriottismo coerente e unitario
ora odiato per l’avventurismo partigiano e settario.
E che dire del fatto che
condannato a morte da
un Re di Sardegna(Carlo
Alberto), di un altro
(Vittorio Emanuele II),
diventa collaboratore in
nome dell’unità d’Italia,
che incontrerà a Teano
(nel 1860), a cui obbedirà a Bezzecca
(nel 1866), ed al quale, lui repubblicano,
consegnerà infine un intero Regno?
Cancellare tutto ciò come “ipocrisia” e
“calcolato imbroglio”mi sembra contrasti palesemente con la realtà.
La guerra, anche quando strumento di
pace e di libertà non si dovrebbe mai fare. Ma una volta dichiarata richiede tattiche, strategie, obiettivi, mezzi e fini; ma
non solo...
Gli Stati Uniti, di recente, hanno adottato questa tecnica: soluzione che meglio si
adatta ai loro piani ed interessi, appoggio(almeno tacito) da qualunque consesso nel quale riescano a far sentire il loro
peso, in campo una forza militare schiacciante, un ultimatum alle parti recalcitranti e poi un’azione punitiva contro
l’intero Paese per forzarne il consenso.
Il risultato, spesso tragico, di questo modo di procedere è che i cittadini, già oppressi, soffrono, mentre l’oppressore,
anche se compie crimini ancora peggiori, può sentirsi libero da ulteriori conseguenze; anzi spesso riesce ad apparire,
attraverso i media amici, come un eroe
che difende la sua patria contro l’aggressione esterna e allontana così da sé l’accusa per i disastri economici e politici.
Le vicende delle ultime guerre (Kossowo, Iraq, Afghanistan, Libano) hanno
causato sofferenze immani, vittime civili e militari, violenze e distruzioni di pon-
ti, ferrovie, strade, centrali elettriche, depositi di carburante e acqua potabile. Sono state comunque fatte in nome della libertà, pace e sicurezza. Garibaldi (criticato) allora forse fu peggiore di Bush
(osannato)?
Ma in politica ognuno fa il suo mestiere
a seconda di dove sta seduto.
E’ emblematica la vicenda del giornalista Daniele Mastrogiacomo, prigioniero
dei talebani, tornato a casa sano e salvo.
Finché era sequestrato, tutti, governo e
opposizione remavano dalla stessa parte:
ogni soluzione sembrava lecita pur di liberare il giornalista rapito. Dopo la liberazione; sono cominciati i distinguo.
Io credo, sommessamente per carità, che
fine e mezzo siano intimamente connessi fin dalla nascita.
Non è facile però creare e mantenere pa-
19
rallelemente questo esatto dualismo!
Cioè se l’oggetto del desiderio è onesto,
il mezzo dovrebbe essere buono. Mi
sembra, infatti, davvero impossibile che
una persona portatrice di valori e virtù
nobili possa scegliere poi mezzi spregevoli per raggiungerli.
E anche vero, d’altra parte, che quando ìl
mezzo è ignobile, il fine perde valore e
consenso.
Ma i fini ed i valori per i quali si è battuto Garibaldi sono, ancora oggi, unanimemente definiti nobili e leali (libertà, suffragio universale, lotta ai prepotenti e
corrotti innalzamento
morale e materiale delle
classi povere).
E se aggiungiamo rettitudine morale, disinteresse2, coerenza dei
principi, lealtà di comportamenti3, finalità di
trasformare l’Italia divisa in una repubblica democratica unitaria,si ricava una base ben Chiara e solida del suo profilo storico e umano.
Valori che ancora oggi
sono anche il naturale
nutrimento del sindacato
confederale.
Questo non impedisce
assolutamente la condanna, per gli effetti inumani, delle guerre; sempre in ogni
caso, non solo quando conviene! Il contesto esistente 150 anni fa era certamente diverso da quello di oggi.
Nel periodo storico in cui visse ed agi
Garibaldi, gli eventi bellici, infatti, non si
contavano: era una continua, illegittima
e sanguinosa sottrazione di ducati ed imperi. Una guerra spietata causata e conclusa da omicidi efferati, nepotismi,
abiure, incesti, usure, brame di potere,
aberrazioni di ogni genere.
Non esisteva uno Stato che desse un minimo di sicurezza ai cittadini (il diritto al
voto era da sempre appannaggio della
ricca e selezionata borghesia), tanto meno ai poveri contadini tartassati e privati
spesso della vita.
Ancora oggi va di moda usare il mezzo
PER LE STRADE D’EUROPA
20
2011: L’ITALIA COMPIE 150 ANNI
della guerra per fini di pace; sembra assurdo, contraddittorio, ma succedeva, e
succede, troppo spesso.
Ora, la pace, è da tutti riconosciuto, è un
fine virtuoso, ma la guerra è un mezzo altrettanto virtuoso4.
Questo mio ragionamento tende a dimostrare che, nell’esame di ogni situazione,
separare i giudizi di fatto da quelli di valore, separare, vale a dire quello che ci
sembra il bene e il male, è come sostituire i fatti della vita con gli obiettivi, dando cosi per assodato che il problema morale non sia al centro dei problemi dell’uomo, e dei popoli.
Seguire questo metodo significa produrre un pensiero astratto, e per questo motivo duttile e flessibile, e lasciarlo nelle
mani di chi pensa di possedere la titolarità più chiassosa sui giudizi di fatto; un
pensiero però privo di forza, senza autorità morale interna.
Solitamente si pensa che, un siffatto metodo dell’analisi politica dei fatti condotta con la separazione dei giudizi da chi ha
strumenti e potere più adatti per imporla,
finisca per dare ragione a chi la pratica
solo perché non dà spiegazioni5.
Finanche il potere ha du volti, come Giano: quello di una certa violenza per la difesa, la conquista e l’affermazione (anche solo elettorale), e quello dell’esercizio delle decisioni in cui si sostanzia e si
misura laqualità del governo del potere
stesso.
Ma allora c’è una cosa che oggi non capisco.
Dopo il crollo del muro di Berlino è rimasta una sola superpotenza (USA); nessuno lo contesta.
Perché allora gli USA sentono il bisogno
di entrare in guerra quando sono in realtà loro che hanno il potere?
Perché non si impegnano ad esercitarlo
bene, invece di gettare il mondo al livello più basso della guerra solo per estendere un potere che già hanno?
L’unica risposta potrebbe essere che non
sanno esercitarlo bene e che hanno bisogno di un nemico, di una frontiera, e cercano e rischiano il caos.
Il contesto in cui maturò la spedizione
dei Mille era, evidentemente, di ben altro
PER LE STRADE D’EUROPA
spessore: non vi era
né uno Stato solo e
neppure uno Stato
con cittadini ma solo
con sudditi; e se i siciliani, come gli altri
italiani, conobbero
(gradualmente, in verità) il diritto al voto,
furono affrancati dalla odiata tassa sul macinato (strumento di
vessazione e violenza), videro aboliti i
dazi sull’importazione di legumi e cereali
(che ne mantenevano
alto il prezzo), furono
liberati da una amministrazione corrotta e
da un esercito imbelle, violento composto
da mercenari stranieri
e da odiati napoletani,
sudditi dei Borbone,
ricevettero indennizzi
per i danni causati
dall’esercito borbonico di occupazione
(che durante gli spostamenti imponeva
taglie e faceva requisizioni), le famiglie
dei volontari poterono contare sull’aiuto
pubblico, alle famiglie povere di Palermo poterono essere distribuiti sussidi, gli
orfani dei caduti furono adottati e i ragazzi abbandonati accolti in Istituti militari, tutto questo lo devono sicuramente
alle loro frequenti ribellioni6, scaturite
dalla diffusa miseria popolare è dalla
ostilità verso i napoletani dai quali la Sicilia si sentiva trattata come una colonia7
ma anche all’azione determinata dei garibaldini e dei loro alleati che, allora, come oggi, sono necessari e ricercati nelle
guerre.
Ebbene, il successo della spedizione è legato certamente all’abilità di Garibaldi,
all’eroismo dei volontari, all’insofferenza dei siciliani per il dominio borbonico,
ma anche alla dilagante mobilitazione internazionale pubblica, dentro e fuori dall’Italia i dalla Sicilia8.
Insomma tutta l’Europa in fermento, tornò ad essere la patria della libertà e del
diritto.
Le rivoluzioni, tutte represse dall’esercito, videro la partecipazione popolare e
contadina, compresa la borghesia che divenuta classe dirigente dopo la rivoluzione francese, era stata successivamente
esclusa dal potere.
Il nucleo più consistente(circa 500 volontari) della spedizione dei Mille era però costituito da impiegati, commercianti,
negozianti, scrivani calzolai, sarti, falegnami, barbieri, marinai, fornai, parrucchieri,commessi, garzoni, macchinisti,
braccianti, agricoltori, fornai, pensionati,
meccanici, macellai,facchini, lavandai,
muratori, osti, ma anche da gente d’armi9
(generali, colonnelli, ufficiali di più parti del mondo, scelti in base all’esperienza nelle precedenti campagne di guerra)
tra cui i Cacciatori delle Alpi10, da nobi-
2011: L’ITALIA COMPIE 150 ANNI
li e professionisti (perciò degni di rispetto e apprezzamento) che si batterono per
affrancare il Sud ma che liberarono anche il Nord (Bergamo, Como, Varese)
rendendo l’Italia più unita, libera, liberale e moderna.
Il fatto che tra i Mille vi fossero più combattenti del Nord non chiarisce quali regnanti o signori volessero annettersi la
Sicilia. Perché la Francia aveva interesse
a mantenere l’Italia divisa sotto la protezione francese e osteggiava l’accorpamento del mezzogiorno e della Sicilia allo stato sabaudo; il re d’Italia Vittorio
Emanuele II, in una lettera a Garibaldi, lo
invitava a rinunciare all’idea di passare
sul continente “purché il re di Napoli si
impegni a sgombrare tutta l’isola e lasciare liberi i siciliani di deliberare e disporre della loro sorte”; gli Austriaci
avevano già perduto la Lombardia e non
volevano altri regni rafforzati; il Papa vedeva in pericolo il suo potere temporale;
gli inglesi erano favorevoli alla fine del
dominio austriaco sull’Italia e favorivano la creazione di uno Stato nazionale,
indipendente anche dalla Francia. Essi
speravano in un regno nazionale sufficientemente forte da mantenere la propria autonomia e sufficientemente debole da
non’ ostacolare il dominio britannico nel
Mediterraneo per lo
sfruttamento delle ricche miniere siciliane
di zolfo e per la imminente apertura del canale di Suez.
Anche l’esercito di occupazione borbonico
del resto aveva generali vecchi e senza esperienza di guerra11; aveva quattro reggimenti
di mercenari svizzeri,
poi sciolti, mercenari
austriaci e bavaresi.
Il distacco tra Nord e
Sud si era già manifestato in forma gravissima sin dai primi giorni
dell’unità d’Italia, con
un fenomeno che investi l’intero Meridione tra il 1861 ed il 1865: il brigantaggio.
La situazione si aggravò dopo la vendita all’asta dei beni demaniali ed ecclesiastici.
I compratori appartenevano prevalentemente alla nuova borghesia rurale locale
che si stava rivelando ancora più avara e
tirannica dei vecchi padroni.
L’aggravarsi delle condizioni dei contadini causò la ripresa dei disordini che in
pochi mesi assunsero le proporzioni di
una vera e propria guerra combattuta non
da un esercito regolare ma da gruppi di
volontari, basata essenzialmente su attacchi a sorpresa ed imboscate.
In Calabria, Puglia, Campania, Basilicata, bande armate di briganti12 iniziarono
nell’estate del 1861 a rapinare, uccidere,
sequestrare, incendiare le proprietà dei
nuovi ricchi.
La sfiducia, sfociata in ogni forma di
protesta e di lotta organizzata, fu il nucleo della vera “Questione meridionale”;
il fenomeno del brigantaggio, a mio parere, ne fu solo una drammatica conseguenza, perché trovava le sue radici nella miseria ed ignoranza in cui erano stati
21
tenuti i contadini meridionali per tanti secoli13 e che oggi si troviamo diffusa ed
evoluta come criminalità organizzata.
Del resto il progetto di Garibaldi, con la
spedizione dei Mille, non era quello di
evocare un nuovo Stato sociale, ma solo(si fa per dire..!) un nuovo Stato indipendente, unito e libero e quindi una missione di natura patriottica.
Dopo che non fu concesso dal re di Napoli, Francesco II, che la Sicilia si eleggesse un libero parlamento, senza la presenza dell’esercito borbonico, e dopo
che furono vietate le dimissioni dall’esercito piemontese a coloro che intendevano unirsi come volontari a Garibaldi, si svolse, con le leggi esistenti, il plebiscito per l’annessione del regno delle
Due Sicilie al regno sabaudo.
I risultati, come è noto, e con i limiti che
oggi non accetteremmo, furono:
• nella parte continentale del regno:
1.650.000 iscritti nelle liste elettorali,
votanti 1.312.366 (79,5%) di cui
1.302.064 favorevoli e 10.302 contrari(0,78%).
• in Sicilia: 575.000 iscritti nelle liste
elettorali, votanti 432.720 (75,2%), di
cui 432.053 favorevoli e 667 contrari
(0,15%).
Sulla base del ragionamento fin qui sviluppato non mi sembrano necessari altri
commenti.
Un uomo che ha padronanza di sei lingue
(italiano, spagnolo,
portoghese, francese,
inglese,tedesco), che
nel 1875, benché indigente, rifiuta il vitalizio14 di 50.000 lire annue perché l’offerta
era di “un governo
colpevole delle miserie del popolo e con
cui non voglio essere
complice” e che,
quando il successivo
anno accetta, divide
tra i suoi figli ed invia
un sussidio alle vedo-
PER LE STRADE D’EUROPA
22
2011: L’ITALIA COMPIE 150 ANNI
ve dei suoi due ufficiali Perla e Lobbia,
che fu un protagonista della fine della
dominazione straniera e dei governi assoluti in Italia (ma anche nel mondo), che
aprì la strada ad uno Stato in cui la libertà, garantita dalla Costituzione, trovò la
possibilità di affermarsi, che ebbe il merito importante di non limitarsi a predicare ma sentì il dovere di battersi in prima
persona contro le tirannie, di qualunque
genere fossero e dovunque si annidassero, in Sud America come in Europa, che
volle essere sempre alla testa dei suoi volontari per trasmettere loro quel coraggio
che non era “pura esibizione di forza ma
costituiva l’altro lato della dignità umana”, consistente nel non cedere ai soprusi e nel non ritenere che il semplice numero15 fosse il fattore decisivo delle vittorie, ecco questo non è la personalità di
un vile e dannato nordista, causa di tutti
i mali del mondo.
Anzi, il contrario./
“E’ un uomo, nient’altro. Ma un uomo in
tutta l’accezione sublime del termine.
Uomo della libertà, uomo dell’umanità”,
così Victor Hugo definì Giuseppe Garibaldi. A carico di Garibaldi si potrebbero dire molte cose ma non certo quella di
aver messo in discussione valori universali quali l’unità (d’Italia), la pace, i diritti del suffragio popolare, la collaborazione tra popoli per avviare l’innalzamento morale e materiale delle classi povere e degli oppressi. E che consentirono
a Camillo Cavour di affermare solennemente, il 17 marzo 1861, che da quel
giorno” l’Italia proclama a voce alta davanti al mondo la sua esistenza. Il diritto
che le appartiene di essere indipendente
e libera, e che ha sostenuto su tutti i campi di battaglia e nei Consigli, essa lo proclama solennemente in questo giorno”.
Indipendenza, unità e libertà furono, e
sono, valori indelebili di civiltà di ogni
popolo. In questa guerra, ed in tutto il
mondo, fu più che mai un’autentica figura carismatica fino ad essere eletto deputato in Italia e Francia; raccolse attorno a
sé, nel Sud, un consenso popolare che
nessuno, né prima, né dopo di lui, ebbe
mai. Non sono mancate, e non mancheranno in futuro (questa è la potenza dei
PER LE STRADE D’EUROPA
grandi personaggi), forze che, per accreditarsi, tenteranno magari di sconfessarne nome ed imprese. E’ innegabile che se
Garibaldi fosse morto su un campo di
battaglia, la sua figura sarebbe stata avvolta maggiormente di un alone mitologico e sarebbe diventata oggetto di culto.
Ma i messaggi e gli esempi che lanciò
dalla sua Caprera sono testimonianza di
una integrità che lo pongono al di sopra
delle “generali millanterie di libertà e civilizzazione”. Anche Francesco Forgione, indagato ed inquisito dalla Chiesa,
oggi è S. Pio da Pietrelcina; Nelson Mandela, che ha trascorso i migliori anni in
galera, oggi è il simbolo della lotta contro l’apartheid e la conquista della libertà per ii suo popolo. Personaggi che fanno parte delle legenda e di cui nessuno
osa mettere in discussione i valori ed i
fatti che hanno espresso nel mondo.
Luigi Annunziato
NOTE
1
Vale la pena di ricordare che in questo periodo, si diffondevano i primi principi del socialismo teorizzato da Claude Henri de Slant-Simon e che convinsero Garibaldi. Egli manifestò il suo sostegno e la sua simpatia per i lavoratori ed i contadini. i
2
Lascio privo di ricchezze, l’Uruguay. La passione sincera per il mondo rurale lo de trascorrere lunghi periodi nella sua Caprera vivendo
solo dei frutti del suo lavoro, senza pretendere
compensi di nessun genere. Sono anche questi
sono fatti che più lo avvicinarono alla gente.
3
Soccorso alla libertà ovunque minacciata.
4
Si può discutere se vi sia stata più libertà in
Russia di quanta ve ne fosse nella Germania
sotto Hitler?
5
Anche secondo S. Francesco si dovrebbe leggere il Vangelo per quello che è, senza commenti o postille.
6
I siciliani si ribellarono nel 1820, 1837, 1848
e 1860.
7
Gli era stato tolta la individualità statale, applicato l’ordinamento accentrato del modello
napoleonico, annessa al regno di Napoli come
Regno delle Due Sicilie con capitale a Napoli.
8
Tante furono le iniziative di mobilitazione
che la storia, non la fantasia, ci ha tramandato:
collette, incassi di spettacoli, contributi del figlio del duca di Wellington, di Florence Nightingale, di Charles Dickens (il fabbricante
d’armi che aveva creato il fucile Enfield e che
offrì un cannone esente da dazio). Gli operai
dell’arsenale di Glasgow e gli scaricatori di Liverpool fecero gratis turni di lavoro straordinario per preparare munizioni e pacchi di medicazione. Alessandro Dumas, con le corrispondenze dal panfilo di Garibaldi, da Palermo,
Victor Hugo in esilio in Inghilterra, il 14 giugno in un appassionato discorso denunciò le
colpe della tirannia monarchica borbonica ed
affermò che l’impresa di Garibaldi era necessaria,” l’Italia ora esiste - disse Hugo - e dov’era una espressione geografica, v’è una nazione”.
9
Il nucleo dei Mille ha affrontato due degli
eserciti più forti del mondo: i francesi nel 1849
e gli austriaci nel 1848 e 1859.
10
Dei Mille solo 150 avevano la famosa camicia rossa, una sessantina la divisa dei Carabinieri di Genova.
11
“Ha partecipato alla breve ed ingloriosa
campagna contro la repubblica romana del
1849 ed è stato impiegato contro gli insorti calabresi (1848) e siciliani(1849) e come polizia
contro i briganti.
12
Il grosso delle bande era costituito da braccianti, cioè contadini salariati esasperati dalla
miseria; accanto ad essi lottarono anche ex garibaldini sbandati, ex soldati borbonici e numerose donne, audaci e spietate come gli uomini.
13
Gli scritti riferiscono di una condizione subumana dei lavoratori e dei contadini, del più
bieco analfabetismo, diffuso a percentuali
prossime al 90% e della proverbiale corruzione dello stesso Stato borbonico.
Lo Stato italiano rispose con una vera e propria
guerra a questa rivolta sociale che durò oltre
quattro anni: alle truppe già present nel Sud, il
governo ne aggiunse altre, cosicché, nel 1863
ben 120.000 soldati erano impegnati nella lotta al brigantaggio: quasi la metà dell’esercito
italiano! Nel 1865 il brigantaggio era stato praticamente sconfitto. Lo stato aveva vinto la sua
guerra, ma aveva commesso proprio gli errori
che Cavour aveva cercato di evitare: dopo la
repressione e la legge marziale, [a frattura tra
il Sud ed il resto dell’Italia non fece che approfondirsi.
14
La motivazione del vitalizio recita: “a chi ha
tanto contribuito al risorgimento d’Italia offrendo lo spettacolo sublime di una vita dì abnegazione e di volontaria povertà dopo aver
avuto a disposizione i tesori di due regni”.
15
Tra il 1848 ed il 1867 Garibaldi combattè
sette campagne in Italia contro francesi, austriaci e napoletani sempre in condizioni di palese inferiorità di forze e mezzi uscendone
sempre vincitore.
24
LA UILT NEL TERRITORIO: QUI VENEZIA
Beh!? Ci risiamo!! Continua il consenso dei
lavoratori alla UILT nel Porto di Venezia!
dalla nostra redazione VENETA
Dalla Nuova Venezia del 18 novembre:
Porto di Venezia, UIL e CISL battono
la CGIL.
“tre rappresentanti contro due in Commissione Consultiva”
Dal Gazzettino del 18 novembre: Eletti
nuovi rappresentanti dei sindacati nella
Commissione Consultiva.
“la lista UIL e CISL ha eletto tre membri
su cinque (due alla UIL e uno alla
CISL), quella della CGIL e Nuova Compagnia Lavoratori Portuali, ha eletto due
rappresentanti (uno della CGIL, uno
della NCLP). Il più votato in assoluto è
risultato Brunero Zacchei, responsabile
strutture della UIL Veneto, Brunero
del Settore Trasporti della UIL”
Zacchei ; seguito da Davide Divari
Come sappiamo, la Commissione Con- (Vice Presidente Nuova Compagnia
sultiva è l’Organo tecnico dell’Ente Lavoratori Portuali - 92 voti); seguono
Portuale con funzioni consultive in Antonio Cappiello, dirigente portuale
materia di rilancio, sospensione e revoca della Filt/CGIL; Corrado Meneghetti,
delle autorizzazioni ad operare in porto, rappresentante portuale UILT e Gaetano
nonché in ordine all’organizzazione del Antonello, Segretario Generale
lavoro, agli organici delle imprese, FIT/CISL Veneto.
all’avviamento della manodopera e alla Tra le tante questioni che la nuova Comformazione professionale dei lavoratori missione Consultiva dovrà affrontare,
del porto. E’ composta dai rappresentan- anche il compito di mettere a punto una
ti degli armatori, degli industriali, degli proposta condivisa tra tutte le sigle (sinimprenditori portuali, dagli spedizionie- dacali ed imprenditoriali) per RIDEFIri, dagli agenti e raccomandatari maritti- NIRE le regole del porto (fissate dalla
mi e dagli autotrasportatori, designati contestatissima Ordinanza di Paolo
dalle organizzazioni nazionali di catego- Costa dell’anno scorso).
ria e da 6 rappresentanti dei lavoratori di L’impresa non sarà certamente facile,
cui 5 eletti dai lavoratori delle imprese e visto che UIL e CISL da un lato e CGIL
uno dai dipendenti dell’autorità por- dall’altro sono su posizioni opposte.
tuale.
Per la UIL-UILT Veneto/Venezia è
Ad urne chiuse, la nuova Commissione stata la vittoria di una “nuova idea del
Consultiva del porto di Venezia – eletta porto”, una risposta di voto e di fiducia
giovedì 17 novembre da oltre 700 dei conseguente ad una proposta di porto:
1.200 lavoratori, ripropone gli equilibri mondiale, moderno, produttivo, aperto
sindacali che esistevano prima del voto. alla concorrenza e non chiuso in situaIl più votato (144 voti) è stato il respon- zioni di monopolio. Per la UIL-UILT
sabile del Settore Trasporti ed Infra- contano il lavoro, la qualità dello stesso,
PER LE STRADE D’EUROPA
gli investimenti e la capacità di sviluppo, non certo l’appartenenza.
La fiducia rinnovata da parte dei lavoratori del porto di Venezia alla sigla UIL,
è una chiara conferma di apprezzamento
e sostegno alla politica che la categoria
UILT Veneto sta da tempo portando
avanti. Non dimentichiamoci che nell’attuale Comitato Portuale del porto di
Venezia (altro importantissimo Organo), siedono 4 rappresentanti UIL su
6, eletti sempre dai lavoratori. Eccezionale risultato elettorale ottenuto nel
2008.
Ai lavoratori del Porto (per il loro voto),
alle Segreterie UIL e UILT Veneto (per
il loro sostegno), agli eletti UIL nella
Commissione (per il loro impegno e
disponibilità) vanno il ringraziamento
e gli auguri di buon lavoro da parte di
tutti gli iscritti UIL e UILT del Veneto.
Ai lavoratori portuali della Uilt
Veneta e segnatamente al compagno
Brunero Zacchei, sono giunti anche i
più vivi apprezzamenti dal segretario generale della Uilt Giuseppe
Caronia.
LA UILT NEL TERRITORIO: QUI VENEZIA
25
L’attivo dei ferrovieri Uiltrasporti Veneti
dibatte i “temi caldi” del settore
di BRUNERO ZACCHEI
I
l giorno 20 dicembre si è tenuto
presso la sala convegni dell’Hotel
Plaza, di fronte alla stazione ferroviaria di Mestre, l’attivo dei ferrovieri
Uiltrasporti. Ai lavori, oltre a tutto il
quadro attivo UILT del comparto fs,
hanno partecipato un numero considerevole di associati ( circa 60), compresa la molto apprezzata presenza di rappresentanti della UILT Nazionale e
della Confederazione UIL Veneto,
che hanno portato il proprio contributo
ai lavori.
E’ stata una importante occasione per
stare assieme e fare il punto della situazione locale e nazionale del vettore treno, affrontando prioritariamente i temi
di massima attualità quali: Contratto
Mobilità ( fermo ai 4 punti), situazione
economica contrattuale del settore ( indietro di 2 anni), il recente accordo bordo/macchina e per ultimo, tutti i risvolti relativi al fondo.
Mauro Di Giovanni (Dipartimento Nazionale UILT) ha fatto il punto della situazione sulle vertenze relative al Contratto della Mobilità, rispondendo altresì a tutte le domande relative al Fondo
La fase successiva alla firma dei 4 punti
del CCNL della Mobilità (solo per
memoria: Campo di applicazione,
Decorrenza e durata, Disciplina del
sistema delle relazioni industriali e diritti sindacali e Mercato del lavoro)
dovrebbe prevedere la definizione dei
contenuti economici relativamente ai
rinnovi dei due settori che sono inseriti
organicamente all’interno di detto contratto: quello delle AF (Attività Ferroviarie) e quello del TPL (Trasporto Pubblico Locale).
Purtroppo la situazione economica
nazionale non ci permette di prefigurare
dei tempi certi non tanto per la definizio-
ne del “quantum” ma neanche per la
calendarizzare degli incontri con le controparti.
Infatti i tagli imposti dalla Legge di
Bilancio (Finanziaria) ad entrambi i settori non facilita assolutamente una rapida soluzione dei problemi, anzi volendo
pensar male aiuta di fatto alcune nostre
controparti a dilazionare in maniera
quasi spasmodica finanche la definizione dell’agenda degli appuntamenti.
Ma non dobbiamo ne possiamo abbassare la “presa” del CCNL della Mobilità
che rappresenta la valida soluzione ai
numerosi problemi che la liberalizzazione nel settore del trasporto pubblico, sia
esso su ferro che su gomma, sta evidenziando, poiché mancano specifiche
regole in materia.
Per affrontare più direttamente l’aspetto
ferroviario del nostro incontro possiamo
dire che la firma dell’accordo del 17.11
c.a. ha finalmente definito le quantità
economiche relative ai premi di risultato
degli anni 2007/08/09 nonché ha messo
le basi per una valida e sostanziale
discussione per la definizione del premio di risultato dei prossimi anni
2010/2011. Questi premi saranno articolati su indicatori che sono stati individuati e percentualizzati nei seguenti
modi: Produttività 60%, Qualità (prodotta/percepita)20% e Redditività di
Gruppo 20%. Altro capitolo di particolare interesse per i ferrovieri è sicuramente il via libera che è stato dato con il
richiamato accordo, al Fondo di sostegno al reddito, che specialmente in quelle realtà dove si potranno determinare
degli esuberi, a valle degli incontri con il
sindacato, il personale interessato potra
essere accompagnato alla pensione per
un periodo massimo di 48 mesi completamente a carico dell’Azienda F.S.Molto
partecipato anche il dibattito (anzi un
vero e proprio confronto tra centro e
periferia) per quanto attiene l’accordo
bordo/macchina. I numerosi ferrovieri
presenti di bordo e macchina, hanno
incalzato sentitamente e provocatoriamente nel merito dello stesso. E’ toccato
ad Angelo Cotroneo (resp. del macchina) a spiegare l’accordo, le varie sfumature, le differenze al tavolo tra le varie
OOSS e tutte le ragioni che hanno portato alla firma.
A Brunero Zacchei (responsabile dei
trasporti ed infrastrutture della UIL Regionale, peraltro ferroviere e da sempre
uomo Uiltrasporti) il compito di concentrarsi sulla realtà locale.
PER LE STRADE D’EUROPA
26
LA UILT NEL TERRITORIO: QUI VENEZIA
Zacchei ha esordito che, soprattutto per la realtà veneta (o quanto meno anche per questa regione) “non è un bel momento per il
trasporto delle cose e delle persone” “si rischia di ledere un diritto sacrosanto della Costituzione, il diritto alla mobilità e conseguentemente anche il diritto
alla salute”.
“Anni fa a seguito della riforma
Bassanini, avevamo messo in
parola d’ordine: maggiore trasporto
pubblico e meno traffico privato, tuttavia” - ha continuato - “contraddizioni
politiche, che hanno svilito la riforma
del TPL, l’assenza di adeguati finanziamenti ed intollerabili errori di coordinamento, hanno ammazzato le prospettive
attuali e future per un trasporto efficace,
efficiente e moderno”.
Nel Veneto, in controtendenza a quelli
che erano gli orientamenti e le aspettative, si sviluppano situazioni di concorrenza in negativo tra gomma-gomma,
treno-treno, e soprattutto treno-gomma.
Inoltre i fatidici ritardi sulla definizione
del Contratto Unico sulla Mobilità (la
Uiltrasporti Veneto lo ha da sempre perorato, anche in tempi non sospetti) ha
portato ad una situazione di liberalizzazione senza regole per il lavoro.
Il Segretario Zacchei ha informato i presenti che la riduzione dei trasferimenti
statali costringono la regione ad un paventato, quanto inaccettabile, taglio del
25% al finanziamento del trasporto pubblico locale, ciò comporterebbe un esubero di circa 1.200 autoferrotramvieri.
Non basterebbero - ha insistito Brunerocertamente neppure l’aumento dei biglietti, la riduzione delle corse nelle ore
di morbida, razionalizzare quello che
resta del servizio, per garantire la sussistenza di vita di un servizio di trasporto
pubblico.
Se si diradano le corse è inevitabile che
si diradino anche gli utenti, con il rischio che in futuro si garantisce solo un
servizio sociale inadeguato e senza dignità, (come hanno scritto UIL CGIL
CISL Trasporti Veneto) “caritatevole
con l’utenza debole quali studenti, lavo-
PER LE STRADE D’EUROPA
ratori a basso reddito, pensionati, casalinghe ed emigranti”.
A questo punto - ha precisato - la speranza che il decreto mille proroghe restituisca una parte dei 67 milioni di euro che, la previsione della Giunta regionale toglie nel 2011.
Per Zacchei difatti anche per l’altro pilastro, il trasporto ferroviario, c’è il
rischio che il Veneto sia tra i più danneggiati a livello nazionale, si stima infatti in 40% il calo delle risorse disponibili per il trasporto su rotaia. Da dire che questa regione, già nel 2010, ha
dato al trasporto ferroviario per i pendolari meno dello 0,05 % del proprio bilancio. Ci sono 150.000 pendolari, circa
680 treni, 1.200 Km-linea che devono
avere risposte e queste, non possono essere certamente: la cancellazione dei
treni, la riduzione della manutenzione,
l’inaccettabile affollamento delle carrozze, l’assenza di punti vendita per biglietti ed abbonamenti.
Un’area Metropolitana, come quella
Veneta, doveva seguire una rotta inversa e l’occasione doveva essere la
SFMR, la creazione di un sistema di
trasporto metropolitano per il quadrante Padova-Mestre-Treviso-Castelfranco (compreso aeroporto Marco Polo
e riviera mirese), realizzato di concerto dai vettori FERRO e GOMMA, in
totale integrazione (oltre avviamente i
parcheggi scambiatori).
Infatti il SISTEMA SFMR non doveva
significare solo una (seppur importante)
infrastruttura ma, anche un modo di gestione integrato, sia nei servizi che nella bigliettazione. Invece il rinnovo del
contratto di servizio (per accordo nazio-
nale Governo-FS) di 6 anni + 6
tra Regione e Trenitalia e le gare per la sola gomma (peraltro
con unità di rete riportate al sedime provinciale) stanno vanificando tutto ciò.
Nel Veneto Treno e Gomma,
non solo non dialogano, ma sono in spietata concorrenza e
questo, a tutto danno dei cittadini ed anche dei lavoratori del
comparto.
Il Segretario Zacchei ha anche anticipato ai presenti il fatto che entro fine 2011
verrà costituita la Società mista Regione-Trenitalia per il trasporto delle merci
e successivamente un’altra Società per
il trasporto delle persone. Potranno essere due importanti occasioni di sviluppo e miglioramento dei servizi regionali - ha sostenuto Zacchei - tuttavia dovete, anzi dobbiamo, porre molta attenzione su tutti i risvolti contrattuali e - conclude - a questo punto sarebbe utile poter contare su un adeguato Contratto.
Zacchei ha altresì fotografato la situazione portuale ed aeroportuale veneta,
concludendo sulle infrastrutture viarie
(terza corsia Ms-Ts, Pedemontana, romea Commerciale) e ferroviarie (AV
Verona-Pd e AV Mestre -Ts).
L’attivo ha beneficiato di molti interventi dei presenti. Mauro Di Giovanni
che ha chiuso i lavori, si è congratulato con i colleghi del Dipartimeto Ferrovieri UILT Veneto, per la positiva
iniziativa vissuta, ma soprattutto per il
fatto che, pur in un momento di grande
difficoltà per il settore ferroviario, la
uiltrasporti del veneto chiude con un bilancio positivo in termini di adesioni
anche nel comparto ferroviario, rappresentato da giovani e questo, è merito
certamente del lavoro svolto dal Dipartimeto Ferrovieri, in primis, dal suo Coordinatore Ampelio Spadon, nonché da
Gaetano Fioretti e Federico Cuzzolin
del Dipartimento stesso, così come da
tutti i responsabili e delegati UILT, che
hanno portato con la loro voglia di fare,
una ventata di entusiasmo e simpatia,
sommata ad una forte professionalità.
CHI NON RISPETTA I LIMITI DI VELOCITÀ,
NON RISPETTA NIENTE.
28
LA UILT NEL TERRITORIO: QUI TORINO
Esiste ancora un’ ”Italia virtuosa”?
dalla nostra redazione PIEMONTESE
di NELLO FUSARO
T
ORINO. Che questo nostro
mondo funzioni ormai cosparso
di contraddizioni non è una novità. Che ormai non sia più un'Italia virtuosa, ma un paese in cui i furbetti, di
ogni natura e appartenenza, dettano le
regole, le condizioni, e compagnia cantante, non fa più notizia: dalla volgarità
della politica in cui meretrici di ogni
sesso e valore, ruffiani e sodali con il
potere, sono divenuti gestori dei più alti
poteri del paese non lascia più esterrefatti, si è divenuti apatici, indifferenti; il
malaffare ha trionfato come valore , "
pressoché ovunque", dalle camere del
potere, alle istituzioni più elevate, nella
religione come nella società civile, nel
modello che si sta trasmettendo alle
generazioni future ecc. Non si tratta di
una visione apocalittica e pessimista. Al
contrario, è quello che traspare quotidianamente parlando con la gente comune,
dall'operaio al commerciante, dall'artigiano al conducente del bus, al poliziotto, al carabiniere, al ferroviere. In questo
scenario tutti, siano essi di destra, come
di sinistra o del centro politico, si sentono parte di questo canto del cigno a cui
mestamente stiamo assistendo. In questo
scenario, dicevamo, tutto è la negazione
del tutto, tutti sono colmi di diritti e
svincolati dai doveri, dalle regole sociali
che sono la base della convivenza civile
in una società civile. Accade così, che
qualunque istanza emotiva dei singoli
come dei gruppi di pressione, viene considerata come un valore assoluto cui non
ci si può sottrarre dal porre veti, limiti,
regole, leggi. Nell'imbarbarimento di
una società che di civile ormai a poco,
chi gestisce i media, chi convoca e ne
determina il proprio asservimento, decide ciò che è giusto e non è giusto (secondo il suo metro) e, alla luce di tale prin-
PER LE STRADE D’EUROPA
cipio, nell'anteporre l'interesse personale
a quello collettivo.
Assistiamo così ad una degenerazione,
ad una disgregazione, ad un impoverimento di una società poiché i padri non
hanno saputo (o non hanno voluto) porre
dei precisi limiti (le leggi di uno Stato ad
esempio) ai propri figli, i quali credendosi nel diritto di possedere tutto, di
essere tutto, si sentono autorizzati a confondere la libertà con una pseudo forma
di libertinaggio... Ed è così che assistiamo quotidianamente a scene di pazzia
collettiva in cui siamo tutti vittime e al
tempo stesso i carnefici. I valori sociali
che hanno fatto grande questo paese
vengono disattesi in funzione e ad uso
esclusivo di un egoismo sempre più presente sia nel privato come nel pubblico:
le aziende non sono più un bene che trascende la proprietà privata, per via del
volante economico che sviluppano, ma
diventano l'occasione di alcuni personaggi oscuri, ma noti, per assoggettare
tutto al proprio interesse economico.
Il caso Fiat ne è un esempio lampante.
Il gruppo facente capo al amministratore
delegato Marchionne, si antepone alla
storica famiglia Agnelli, per sottrarle la
stessa Fiat. Con una strategia a tutto
campo, subdola e insidiosa, non solo per
la stessa famiglia Agnelli, bensì per l'intero paese, le mire di Marchionne & C.
sono quelle di trasferire la più grande e
principale azienda italiana all'estero
dove produrre con meno lacci e lacciuoli a costi più bassi. E trarne il proprio
massimo beneficio economico e di potere in senso stretto.
Ma l'esempio Fiat, sulla conduzione
della trattativa a tutto campo, minacciando prima la disdetta del CCNL, poi
l'uscita da Confindustria ecc. in realtà
altro non è che una strategia precisa,
violenta, illiberale, spregiudicata e un
tantino fascista: il profitto prima di
tutto! Quello che maggiormente preoccupa lavoratori e sindacati, parti sociali
più in generale, non è l'atteggiamento
dell'amministratore delegato Fiat, ma
quanti guardando di buon occhio questo
atteggiamento stesso vorrebbero far propria la filosofia, le prospettive che apre,
il legalizzare l'immoralità finanziaria cui
sottende, non considerando il ruolo
sociale che il sistema produttivo italiano
( e più in generale quello europeo) ha nei
confronti del paese e, non possiamo
tacerlo, ricodando quanto questo paese
ha dato in varie modalità all'industria
italiana sotto forma di incentivi, prestiti
anche a fondo perduto, regalie e concessioni varie. Comunque vada, quello che
lascia più perplessi è il mondo "dietro le
quinte" della vicenda Fiat; comunque
vada a finire cioè, molti faranno loro
questo modo di concepire le relazioni
industriali, di rapportarsi non più attraverso un confronto serrato, forte, ma
solo esclusivamente attraverso una valu-
LA UILT NEL TERRITORIO: QUI TORINO
tazione passata dal valore economico
inteso come finanza pura, e non come
l'insieme di responsabilità sia economiche (verso la propria industria) sia sociali in quanto il capitalismo, in fondo, ha
anche dei doveri sociali. Ci preoccupano le timide aperture, le osservazioni
"attente" di molti industriali, di dirigenti
di azienda, di manager e dei loro cortigiani che dimenticano con troppa facilità quanto questo paese ha dato sia l'industria, sia la finanza, sia ad altri papponi
di ogni genere, a quanti cioè hanno vissuto sulle spalle dell'intero popolo italia-
no e che, a nostro avviso, troverebbero
legittima collocazione non ai vertici di
aziende pubbliche e private, ma legittimamente nelle carceri più oscure a patir
per quell'art. 41 bis che si vorrebbe utilizzare solo per i reati mafiosi. Da troppo tempo assistiamo ad un'espropriazione, ad una spoliazione dei ruoli legittimi
di parte e contro parte non solo nel
mondo del privato, di quell'industria
votata al profitto.
Ma gli scandali che quotidianamente
ammorbano la società civile italiana, da
Finmeccanica, a quanto sta denunciando
29
il sito Wikileaks, degli intrallazzi, dell'immoralità diffusa nel paese, non sono
più l'occasione per una riflessione franca
e aperta della società civile bensì, lo stimolo che la stessa deve cogliere per
liberarsi, con uno scatto di dignità, di
questo cancro sociale, politico, economico, religioso che ammorba tutti, che
come una nebbia purpurea tutto avvolge,
distrugge, annichilisce.
Noi, nel nostro piccolo, nell'osservare
questo mondo che così cambia non abbiamo più lacrime, ma brama di sangue.
N.F.
QUI MILANO
Ricordo di un compagno
dalla nostra redazione LOMBARDA
di LUIGI CHIARI
O
re 10:30 del 7 gennaio scorso,
mi chiama il mio amico Modi,
dandomi la peggiore delle notizie: Dino Millone è morto!... Non volevo crederci, ma è così.
Quando lo conobbi, Dino, ebbi subito di
lui una grande buona impressione: uomo
solido e concreto, con il sorriso sul volto
e la battuta sempre pronta, da vero
toscano. Quanti viaggi insieme in macchina, da Incisa Val d’Arno per raggiungere Roma, dove ci attendevano le trattative per il rinnovo dei contratti di lavoro. Io partivo da Milano e lui mi aspettava, leggendo il giornale, sull’unica panchina della stazione di Incisa. Mi diceva:
“Parti tranquillo e non preoccuparti se
arrivi in ritardo. Io ti aspetto lo stesso”.
Dino non sopportava le menzogne ed i
millantatori. Era sempre pronto ad aiutare tutti disinteressatamente. Il suo più
grande cruccio era quando non riusciva
a prendere il treno per Firenze e poi la
coincidenza per Rignano sull’Arno, perché a casa c’era sua madre ad attenderlo
e guai se non arrivava. E la mattina
dopo, sveglia presto per raggiungere
Roma, in tempo per continuare le trattative! Nei momenti di relax, strada facendo mi raccontava della sua giovinezza,
quando con la Vespa girava l’amata
Toscana e la sua Valdichiana, con l’allevamento delle mucche chianine. E la
domenica, in giro per le fiere del bestiame. Una volta gli chiesi per quale motivo non aveva mai pensato di farsi una
famiglia e lui mi rispose che la sua
amata se n’era andata nei Campi Elisi,
colpita da un male incurabile. Per delicatezza, non gli chiesi altro e lasciai
cadere il discorso. Un’altra volta mi
spiegò l’origine del detto “Maremma
maiala!”. Quando lui era giovane molti
suoi amici andavano in piazza la mattina
per cercare lavoro e spesso venivano
chiamati per andare in Maremma a raccogliere radici, che venivano poi utilizzate per realizzare dei monili ed altri
oggetti di legno. E siccome c’erano tante
zanzare, nacque quell’esclamazione, che
ormai è nota in tutto il mondo.
Alla fine dei pranzi e delle cene, lui
chiedeva sempre “un succo di frutta
all’uva”, intendendo ovviamente un
grappino, così come voleva anche il suo
amico Luigi. Quando era dalle sue parti,
se la carne non era di una bestia di razza
chianina, non la voleva. Ma lui preferiva
la pizza e poi un primo.
Da quando, quattro anni fa, fu colpito da
una lieve ischemia cerebrale, si lasciò
andare. Per due volte sono andato a trovarlo, ma Dino piangeva ed allora, per
non metterlo a disagio, poi continuai a
sentirlo per telefono.
Ora l’ho visto addormentato per sempre.
Ciao, Dino! Sono convinto che lassù
ritroverai tuo padre e tua madre e, perché no? anche il tuo amico Giuseppe
Corticelli, compagno di tante battaglie
sindacali, e la tua amata fidanzata, della
quale mia avevi parlato in un momento
di melanconia.
PER LE STRADE D’EUROPA
LA UILT NEL TERRITORIO: QUI REGGIO CALABRIA
31
Il sistema stradale calabrese
dalla nostra redazione CALABRESE
n prezioso contributo allo sviluppo dell’economia della Calabria: questo il giudizio obiettivo sul “progetto” che UILT, FILT-CGIL e FIT-CISL, hanno redatto per
indicare le linee-guida che dovrebbero caratterizzare l’attività della Regione. Non sarà una “voce nel deserto”. I Sindacati sono determinati nel portarlo avanti, settore
per settore, nell’interesse non solo della Calabria ma di tutto il Mezzogiorno e dell’intero Paese. La presentazione del progetto, di cui continuiamo la pubblicazione in
questo numero della nostra rivista, sarà completata, a partire dal prossimo numero
del “progetto” che UILT, FILT e FIT hanno elaborato per ciascun settore.
U
I
l sistema stradale Calabrese è costituito da circa 300 Km di autostrada A3,
1400 Km. di strade statali e da oltre
12000 Km. di viabilità minore. (strade provinciali, comunali ed intercomunali) che si
contraddistinguono, purtroppo, per capacità di traffico inadeguate e un alto livello di
incidentalità.
Le strade statali SS.18 Tirrena Inferiore”e
la 55106 “Ionica” raccordandosi con il corridoio tirrenico e il corridoio ionico/adriatico oltre ad essere gli assi principali della
viabilità calabrese, rappresentano gli unici
collegamenti, alla rete viaria nazionale,
complementari ed alternativi all’autostrada
A3.
Le altre strade statali (55107, SS108bis,
5109 bis, 55177, SS179, 55182-trasversale
delle serre, 55280, 5 5283, 55481, SS531,
S5534, 55 660) svolgono, in generale, un
ruolo fondamentale nel sistema dei trasporti calabrese sia come principali vie di
accesso territoriali che di interconnessione
con le arterie della rete stradale interregionale e nazionale.
Da qui i grossi volumi di traffico dovuti sia
all’elevata presenza di stazioni turistiche su
tutto il territorio, sia ai lavori di ammodernamento in atto sull’Autostrada Salerno Reggio Calabria.
Ciò premesso si chiede:
Il completamento, in tempi brevi, dei
lavori di ammodernamento dell’autostrada A3, da tempo interessata da lavori
necessari per dotare l’arteria degli standard
tecnici minimi (costruzione corsia d’emergenza, allargamento banchine e spartitraffico, rettifiche di tracciata per migliorare
l’andamento plani-altimetrico e di conseguenza gli standard di sicurezza ecc,);
L’ammodernamento e la messa in sicurezza della 5518 “Tirrena Inferiore”,
quale percorso alternativo all’Autostrada
Salerno - Reggio Calabria stessa e con un
volume di traffico locale molto intenso
(pendolari, turisti e autotrasportatori) che si
satura nei periodi estivi;
La realizzazione della nuova 55106 a 4
corsie. A tale fine sollecitiamo l’attivazione dei cantieri su tutti i megalotti che
hanno copertura finanziaria e, nel contempo, sollecitiamo il governo nazionale
e regionale per l’attuazione di un organico piano di finanziamento finalizzato alla
totale copertura delle risorse previste per
la completa realizzazione della nuova
SS106;
Il completamento della delle opere di
ammodernamento della SS182 “trasversale delle Serre” le cui risorse per
200 milioni di euro, sono da reperire dai
fondi FAS e FESR del programmi Nazionali e Regionali 2007/2013.
Adeguati interventi di manutenzione e
di messa in sicurezza sui quattro assi
trasversali che, nel sistema calabrese,
assumono grande rilevanza (le SS 283/534
Guardia Piemontese - S. Marco Argentano
- Sibari; la SS 107 Paola - Crotone; la SS
280 Lamezia Terrne - Catanzaro Lido e la
Strada di Grande Comunicazione Ionio-
Tirreno che collega Marina di Gioiosa con
Rosario);
Interventi di ammodernamento, di
manutenzione strutturale e del manto
stradale, di gran parte delle strade provinciali e comunali. Dette strade costituiscono la rete di penetrazione e di accesso
per le varie comunità dislocate sul territorio e, quindi, parte fondamentale del patrimonio viario della nostra regione e pertanto, seguendo opportuni criteri di priorità e
di potenzialità di sviluppo dei territori serviti, vanno migliorati i relativi standard di
servizio e di messa in sicurezza.
Considerato altresì che negli ultimi due
anni, vaste aree della Calabria, sono state
interessate da frane e smottamenti che
hanno pesantemente compromesso la già
precarie condizioni della rete stradale,
queste 00.SS., sollecitano il Governo
Regionale e tutti gli Enti interessati a concretizzare l’ottenimento, da parte del
Governo Nazionale e dell’ANAS, dei
fondi necessari per l’attuazione degli
interventi, di manutenzione straordinaria,
indispensabili per ripristinare la piena
agibilità delle strade interessate.
PER LE STRADE D’EUROPA
LA UILT NEL TERRITORIO: QUI NAPOLI
32
SCOMMESSE PERSE IN CONTROTENDENZA CON I PARTNER EUROPEI
I quadri sindacali in piazza per una
mobilità davvero sostenibile
dalla nostra redazione CAMPANA
di GENNARO GAMBARDELLA
C
he storia...! Ma, soprattutto,
quanti sogni svaniti! Se in questo
momento decidessimo di contare
quanti cittadini campani e napoletani
speravano in un trasporto pubblico più
puntuale, più efficiente e soprattutto più
cucito addosso alle proprie esigenze,
dovremmo far ricorso a qualche legge
einsteniana di remota memoria. Il
PER LE STRADE D’EUROPA
modello europeo di trasporto, su cui da
anni si lavora per una concreta mobilità
sostenibile, resterà, purtroppo, solo un
miraggio sahariano. Difatti la politica
avviata dal governo centrale e abilmente
attuata dalla Regione Campania, tende
indiscutibilmente alla disincentivazione
della stessa mobilità sostenibile in completa controtendenza con i restanti paesi
europei. L’ammontare annuo dei tagli
economici regionali sarà di circa 40
milioni di euro, che vorrà dire, meno bus,
meno treni, meno frequenza temporale
su corse e più disagi per tutti; lavoratori e
utenti. Ma oltre al danno, arriverà puntuale anche la beffa. Nelle magistrali
intenzioni di qualche mente “poco pensante”, c’è anche l’aumento tariffario dei
titoli di viaggio e l’eliminazione delle
agevolazioni tariffarie per gli studenti. Si
annunciano tempi duri per pendolari e
cittadini che auspicano invece una mag-
LA UILT NEL TERRITORIO: QUI NAPOLI
giore mobilità e un trasporto pubblico
urbano più efficiente. Ma fare i conti
senza l’oste è purtroppo una consuetudine tutta italiana. In questo caso “l’oste”
renderà un conto salatissimo! I rischi di
queste politiche sono difatti tanti: effetti
devastanti sulla viabilità cittadina e provinciale, incremento del trasporto privato con gravissime conseguenze sulla
qualità dell’aria e un trasporto pubblico
che rimarcherà ancora più la distanza fra
realtà socialmente deboli e il resto del
Paese. Le preoccupazioni delle OO.SS.,
riunitesi in assemblea unitaria il 2 dicembre 2010, sono avallate da dati sconfortanti che rischiano nel prossimo futuro di
determinare una serie di ripercussioni
irrimediabili. Quali? Eccole! Già cancellati (15 dicembre 2010) 70 treni del trasporto regionale Trenitalia, che si
aggiungono agli altri 32 già tagliati nel
mese di settembre, diminuzione del
livello occupazionale sia per lo stesso
settore sia per l’indotto, ridimensionamento di aziende storiche presenti sul
territorio e relativa riduzione dei servizi
erogati, taglio netto agli acquisti di
nuovo materiale ferroviario per i treni
regionali e rallentamento dei lavori nei
cantieri della metropolitana regionale. E
queste sono solo le prime conseguenze
dei tagli per 206 milioni di Euro nel 2011
e 231 milioni di Euro nel 2012 previsti
dalla Legge Finanziaria 2010 del Governo, che il maxi emendamento alla Finanziaria 2011 non ha sostanzialmente
modificato. A questa riduzione di risorse
prodotta dalla manovra finanziaria vanno
inoltre aggiunti i tagli indiretti provenienti dalla riduzione dei trasferimenti a
carico delle Province (fino a 500 milioni
nel 2012) e dei Comuni (fino a 2.500
milioni nel 2012). E come commentare
poi la vergognosa decisione del Cipe di
non includere nessun progetto Campano
nella lista di quelle da finanziare, con i
fondi Fas destinati dalla Comunità Europea al Sud; e pensare che gli stessi fondi
vengono utilizzati in altri territori per
altri scopi rispetto a quelli originari. Da
tutto questo è scaturita la manifestazione
regionale scattata il 07 dicembre 2010,
dove più di duemila lavoratori del trasporto pubblico locale, delle attività fer-
33
roviarie e di supporto provenienti da
tutta la Campania hanno sfilato in corteo
per le strade cittadine. Il torpedone partito da Piazza Matteotti è arrivato in via
Santa Lucia alla sede istituzionale della
Regione Campania. La manifestazione
promossa dalle organizzazioni sindacali
di categoria Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uil Trasporti e Ugl Trasporti, pur suscitando un
enorme interesse anche fra la popolazione, non ha fatto breccia (momentaneamente...) nel cuore e nella testa della
Giunta Regionale. Infatti in un comunicato stampa congiunto le OO.SS. riferiscono del grave atteggiamento della
Giunta, che, negando un incontro con
una delegazione sindacale, conferma la
sua insensibilità e il suo disinteresse in
merito alle problematiche che erano al
centro della mobilitazione. Bene, non c’è
che dire, ancora una volta la politica ha
centrato il suo obiettivo scontentando
tutti ed allontanandosi sempre più dalla
gente, e pensare che questi potevano solo
fare meglio, ma che dire al peggio non
c’è mai fine, ma si può fare sempre di
G.G.
più.
Caccia al tesoro nelle stazioni
Metronapoli: un biglietto che vale quanto
un capitale
di SIMONE SIMEONE
I
l lavoro di un operatore di stazione a
Metronapoli spesso “dipende”
anche da un biglietto, un ticket viaggio di 1 euro e 10 centesimi. Sembra
strano, ma è proprio così. Metti una stazione dove mancano le biglietterie o
sono chiuse, le macchinette emettitricibiglietti sono tutte fuori servizio, metti
una domenica in cui tutti i punti vendita
sono chiusi, metti un viaggiatore con
banconote e senza neanche una moneta
in tasca, metti la voglia di acquistare un
biglietto per viaggiare ma l’impossibili-
tà di farlo…ed ecco che scatta l’irreparabile questione tra l’operatore di stazione
e il viaggiatore inferocito. Non è possibile acquistare a bordo treno il ticket per
viaggiare: oltrepassare il tornello senza
il biglietto per il viaggiatore di Metronapoli significa incorrere inevitabilmente
in un verbale di 37 euro. È giusto e
sacrosanto pretendere che i viaggiatori
acquistino e obliterino il biglietto, ma
bisogna anche mettere gli stessi in condizioni tali da poter adempiere queste
azioni. Il problema resta sempre
all’agente di stazione che si inventa
mille escamotage per consentire al
cliente di acquistare il ticket; spesso ci si
reca al lavoro con una moltitudine di
monetine in tasca per essere pronti a
cambiare le banconote dei viaggiatori. E
quando finalmente si dispone di 1 euro e
dieci…ecco che l’emettitrice biglietti
non funziona. Allora l’operatore di stazione avverte immediatamente il tecnico
del guasto avvenuto e nella migliore
delle ipotesi, prima che egli giunga in
stazione per ripristinare il funzionamento, il diverbio tra il dipendente Metronapoli ed il viaggiatore è già avvenuto: non
ci sono scuse, i treni passano, il tempo
scorre veloce ed il cliente pretende asso-
PER LE STRADE D’EUROPA
34
LA UILT NEL TERRITORIO: QUI NAPOLI
lutamente il biglietto per viaggiare. Che
si fa in questi casi? Nulla, inizia il dramma. Si litiga, aggressioni verbali e addirittura fisiche. Si cerca di far comprendere agli utenti del servizio metropolitano che i guasti alle macchinette non
dipendono dai dipendenti, la responsabilità di questo disservizio non va imputata agli operatori di stazione, che bisognerebbe essere premuniti dei titoli di
viaggio, che bisognerebbe recarsi
all’esterno della struttura metropolitana
per acquistarlo. Il viaggiatore non ascolta ragioni. Queste sono solo scuse. La
situazione è inaccettabile e di grande
disagio, sia per i viaggiatori che per gli
stessi lavoratori. Come si garantisce ai
cittadini che frequentano la metropolitana un servizio efficiente, come preservare un servizio essenziale come l’acquisto dei biglietti nelle stazioni? Le
biglietterie con operatori negli impianti
sono ormai un lontano ricordo, esistono
solo i distributori automatici, ma questi
non funzionano mai. Gli episodi che si
susseguono nelle stazioni di Metronapoli dimostrano come fare un biglietto per
la metropolitana possa costituire un’impresa. Qualche tempo fa, in un articolo
PER LE STRADE D’EUROPA
apparso sul quotidiano “Il sole 24Ore”,
si diceva che ogni giorno 7,7 milioni di
potenziali clienti della metropolitana
preferiscono l’auto, affrontando lunghe
code pur di evitare disagi, treni stracolmi, sporchi e spesso in ritardo. Come
dagli torto? Per pagare il biglietto nella
metropolitana di New York i viaggiatori
avvicinano l’iPhone ai tornelli dove
sono stati inseriti dei sensori Visa pay-
EMETTITRICI
AUTOMATICHE
FUORI SERVIZIO:
UN’INEFFICIENZA
CHE DANNEGGIA
VIAGGIATORI E
DIPENDENTI
Ware ed un sensore permette l’accesso
alla metro. A Milano, nella primavera
del 2011, verrà sperimentata una carta
contenente un importo prefissato (ricaricabile) che l’utente utilizzerà nei suoi
spostamenti ed il credito verrà scalato
ogni qualvolta si accede ad un mezzo
diverso nel proprio tragitto quotidiano.
Il tutto senza dover cercare tabacchi o
edicole per recuperare il biglietto all’ultimo minuto, saranno dei sensori posti
sulle porte dei mezzi pubblici che registreranno la transazione. A Napoli, invece, per il nuovo anno, si spera che i
biglietti utili a viaggiare in metropolitana non siano oggetto di una caccia al
tesoro lunga ed interminabile; e pensare
che abbiamo il sistema di integrazione
tariffaria più completo del mondo che
prevede perfino l’evasione obbligatoria
e il disinteresse delle aziende ad ogni
forma di attività commerciale! Non c’è
che dire proprio un’altra bella figura ci
facciamo quando i turisti scendono nelle
nostre stazioni e si sentono dire dall’operatore di turno: “Ticket? Out of service”, come dire... Andate, offre la casa,
che noi, si sa, siamo di cuore buono!
S. S.
LA UILT NEL TERRITORIO: QUI PERUGIA
35
Costituita Umbria TPL e Mobilità,
Società unica del Trasporto pubblico nella
Regione
dalla nostra redazione UMBRA
D
opo dieci anni d’impegno del
Sindacato tutto e della UILTRASPORTI in particolare è
nata “UMBRIA TPL e MOBILITÀ”,
società unica del trasporto pubblico
locale della Regione Umbria.
L’obbiettivo prioritario della nuova
società unica regionale è quello di dare
all’Umbria un moderno sistema di trasporto, aumentare e migliorare la qualità
dei servizi all’utenza.
Ora difronte a noi c’è la vera sfida:
accrescere la qualità dei servizi, migliorare l’integrazione del trasporto su
gomma con quello su ferro e con la stessa mobilità urbana, realizzare importanti
economie di scala e arrivare a breve al
biglietto unico regionale.
Dovremo inoltre lavorare affinché tutto
il sistema di TPL sia, nella nostra Regione, sostenibile e compatibile con l’ambiente.
UMBRIA TPL e MOBILITA’ ha avviato la propria attività dal 1° dicembre
2010 svolgendo il servizio di trasporto
su gomma, su ferro e i principali servizi
di mobilità alternativa della Regione.
Ha aggregato le sei Aziende di trasporto
APM,APM Esercizi, ATC Tpl e Mobili-
tà, FERROVIA CENTRALE UMBRA,
SSIT Gestione e SSIT Esercizio e la
società strumentale Umbria House.
L’Azienda unica ha 1345 dipendenti,
318 a Terni, 205 a Spoleto e 822 a Perugia distinti in 208 per i servizi su ferro e
614 per la gomma.
Il fatturato diretto della nuova società è
di circa 130 milioni di euro e il capitale
investito ammonta a circa 450 milioni di
euro a fronte dei quali la società dispone
di un patrimonio di 66 milioni di euro.
Gli attuali servizi si snodano per 30,7
milioni di chilometri (di cui 28,4 su
gomma e 2,3 su ferro) e trasportano
circa 32 milioni di passeggeri annui cui
si aggiungono gli oltre 14 milioni della
mobilità alternativa e i 307 mila del servizio di navigazione sul lago Trasimeno.
La società dispone di 734 autobus, di cui
116 a metano e 22 elettrici,51 treni.
“Umbria Tpl e Mobilità” ha acquisito
tutte le attività ora svolte dalle aziende
che ha aggregato, che hanno fortemente
diversificato e ampliato la loro azione
anche in settori complementari e accessori.
Pertanto, oltre a svolgere servizi su ferro
di RFI e attraverso la partecipata “Roma
Tpl” l’attività di trasporto pubblico per
il Comune di Roma, si occupa di gestio-
ne dei parcheggi, manutenzione dei
mezzi, produzione di energie rinnovabili, realizzazione di Kit ecologici “dualfuel”, realizzazione di tornelli per autobus, gestione della mobilità alternativa,
progettazione e pianificazione di servizi
di trasporto in altri Paesi.
Con la costituzione dell’Azienda unica,
il rapporto di lavoro del personale attualmente dipendente delle società fuse è
stato trasferito alla società risultante
dalla fusione, con il mantenimento delle
specifiche condizioni normative, contrattuale salariali usufruite, derivanti sia
dalla contrattazione nazionale che aziendale.
E’ stato assicurato, il mantenimento del
posto di lavoro a tutto i personale e la
stabilizzazione del personale precario,
con la conservazione dei profili professionali e dei parametri di inquadramento
al momento posseduti.
IL SEGRETARIO REGIONALE
UILTRASPORTI UMBRIA
Mirco Caini
IL SEGRETARIO GENERALE
UILTRASPORTI UMBRIA
Alessandro Emili
PER LE STRADE D’EUROPA
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LA UILT NEL TERRITORIO: QUI SASSARI
Maggiore condivisione delle
responsabilità e dei benefici
di
ANTONIO SIAS
dalla nostra redazione SARDA
L
a Sardegna è la seconda Regione
d’Italia in quanto a superficie ed
è abitata da poco più di 1 milione
e seicento mila persona, ora come tutti
possono facilmente immaginare la
distribuzione demografica della popolazione risulta particolarmente frammentata e lo è ancor di più se consideriamo
che circa il 50% dei Sardi risiedono
nelle due principali città Cagliari e Sassari o nei centri urbani e paesi poco
distanti da queste. Fatti i dovuti calcoli i
rimanenti 800 mila abitanti dell’isola
risiedono in una infinità di paesini che
molto raramente superano i 5000 abitanti e che spesso distano tra di loro, ma dai
principali centri isolani di chilometri.
Molti si chiederanno del perché di questa lunga ed articolata premessa, presto
detto; per molte di queste piccole comunità l’unico mezzo di comunicazione e
di contatto con i capoluoghi e le città e
l’autobus, una sorta di cordone ombelicale che ogni giorno collega anziani,
studenti, lavoratori e gente comune dell’interno e delle piccole comunità con il
cuore istituzionale ed economico e con i
poli sanitari e scolastici dell’isola.
A questo quadro già di per sé penalizzante si aggiunge, come se non fosse
abbastanza, la politica di tagli ai finanziamenti alle Regioni voluta dal governo
Berlusconi e di riflesso il taglio delle
risorse destinate al T.P.L. da parte delle
Regioni stesse. Ora pensare che diversi
dei vitali collegamenti già ora scarsi
vengano cancellati sarebbe un colpo
mortale per quelle comunità condannandole ancor più al fenomeno dello spopolamento dei piccolo centri dell’interno
che dalle nostre parti seppur in maniera
minore non si è comunque mai arrestato.
La chiusura di questi collegamenti comporterebbe un taglio kilometrico impor-
PER LE STRADE D’EUROPA
tante per l’azienda isolana di proprietà
pubblica che gestisce la quasi totalità dei
collegamenti extraurbani ma soprattutto
un taglio occupazionale importante in
una regione che annovera il poco invidiabile primato di comunità con uno dei
più alti livelli di disoccupazione.
“Se Atene piange Sparta non ride” sarebbe proprio il caso di dire, difatti se il comparto extraurbano pur fra le mille difficoltà gode di una importante garanzia data
dal fatto che l’azienda che ne gestisce i
collegamenti è al 100% di proprietà regionale, le aziende che gestiscono i trasporti
nelle città potrebbero vivere un vero e
proprio salto nel buio, poco importa se
dovuto al taglio delle concessioni kilometriche oppure con un diretto taglio dei
finanziamenti, non ci sono vie di scampo
se non mettendo mano ad una politica di
aumento delle tariffe e di riorganizzazione
aziendale nella speranza che tanto basti.
I sacrifici e le rinunce alle quali le maestranze ed i lavoratori di un’azienda
come l’A.T.P. di Sassari si sono sottoposti negli ultimi anni potrebbero essere
vanificati riportando la situazione di
bilancio da una previsione di pareggio
ad un nuovo e pericoloso deficit.
Abbiamo dato stabilità lavorativa ad una
dozzina di colleghi che operavano da
precari negli impianti fissi, abbiamo
soprattutto risanato l’evidente disparità
di trattamento lavorativo ed economico
dando piena dignità lavorativa a 72 colleghi che operavano con un contratto
part-time del 70%.
Un progetto riorganizzativo che ci ha
visti fin da subito protagonisti, proponendoci come interlocutori affidabili e
responsabili. Siamo pienamente consapevoli che in tutto il mondo del lavoro
del cosi detto occidente industrializzato,
si stiano riscrivendo le regole del merca-
to e della produzione e conseguentemente anche quelle che fino ad oggi
hanno governato il lavoro ed i lavoratori. Il “modello Marchionne” sta travolgendo qualsiasi argine gli si ponga sulla
strada avviando di fatto un nuovo
modello di contrattazione, confronto e
partecipazione alla vita aziendale, che
con tutta probabilità troverà facilmente
imprese ed operatori pronti ad imitarlo.
Ed allora a poco serve rifugiarsi dentro il
castello, bisogna fin da subito capirne e
studiarne i contenuti sapendo coglierne
le potenziali opportunità che ne potrebbero scaturire anche attraverso una
diversa partecipazione dei lavoratori
all’impresa che vada oltre l’ormai stretto
ed esclusivo ruolo di lavoratore dipendente. Con questo spirito e consapevolezza ci siamo seduti e ci sediamo al
tavolo della trattativa, e non è un cercare
di portare a casa il minor danno possibile, è piuttosto la volontà di non essere
vittima degli inesorabili cambiamenti,
subendo passivamente oppure agendo
come in una difesa strenua e talvolta con
venature integraliste lo status quo.
Vogliamo essere protagonisti del cambiamento, vogliamo essere parte proponente, siamo pronti ad affrontare ed a
farci carico anche di una responsabilità
diversa nel disegnare il futuro aziendale
assumendoci come rappresentanza e
come lavoratori la nostra parte di
rischio, naturalmente a condizione che
altrettanta partecipazione ci sia riservata
nella distribuzione dei benefici.
Noi lanciamo la sfida ed in attesa della
risposta delle altre organizzazioni sindacali, delle parti aziendali e delle rappresentanze della proprietà continuiamo a
difendere con gli strumenti normativi
sempre più deboli e meno incisivi i diritti dei lavoratori.