2. ANALISI DELLA DEFORMAZIONE
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2. ANALISI DELLA DEFORMAZIONE
2. ANALISI DELLA DEFORMAZIONE Un elemento monodimensionale soggetto ad una forza di trazione o compressione subisce una variazione di lunghezza Δl (rispettivamente un allungamento o un accorciamento) rispetto alla sua lunghezza originaria l. Si definisce dilatazione lineare (media) ε il rapporto tra la variazione di lunghezza Δl e la lunghezza iniziale l ε= Δl l (2.1) Sotto l’azione delle forze esterne un corpo inizialmente situato nella regione B dello spazio euclideo manifesta una variazione della sua geometria, andando ad occupare una regione B′ (non troppo discosta da B). In particolare, un generico punto x di un corpo continuo B subisce uno spostamento indicato dalla funzione vettoriale u(x), che si suppone sufficientemente regolare in modo da escludere fratture e compenetrazioni. In seguito alla deformazione, il punto x andrà ad occupare una nuova posizione individuata dal punto x′ (Fig. 2.1). Il vettore spostamento u(x) del punto x è definito dalla differenza u(x) = x′ − x, il cui modulo si assume piccolo rispetto alle dimensioni del corpo (ipotesi di spostamenti infinitesimi). Lo spostamento di un punto molto vicino ad x si può valutare attraverso uno sviluppo in serie di Taylor della i-esima componente della funzione spostamento ui(x + dx) = ui (x) + 3 ∑ ui, j (x) dxj (2.2) j =1 s b x2 x′ B x u(x) B′ x1 x3 Fig. 2.1 Deformazione del corpo continuo soggetto alle forze esterne b e s e spostamento u(x) di un generico punto x del corpo Lezioni di scienza delle costruzioni, a.a. 2013-14 Cap. II 2 ANALISI DELLA DEFORMAZIONE Indicando con H la matrice di componenti Hij = ui,j definita gradiente di spostamento, la relazione (2.2) può scriversi in forma vettoriale u(x + dx) = u(x) + H(x) dx (2.2’) Lo spostamento dei punti situati in prossimità del punto x è noto quindi se si conoscono lo spostamento del punto x, ovvero il vettore u(x), e il gradiente di spostamento calcolato nello stesso punto, ovvero la matrice H(x). Utilizzando la (2.2) si studia la deformazione di un cubetto elementare avente un vertice in corrispondenza del punto x e spigoli di lunghezza iniziale dx1, dx2 e dx3. Per motivi di rappresentazione grafica in Fig. 2.2 si considera solo la deformazione nel piano x1-x2, sebbene la trattazione possa ritenersi valida anche nel caso tridimensionale. u1,2 dx2 x2 u2,2 dx2 dx2' dx2 u(x) x' α12 dx1' dx1 u2,1 dx1 u1,1 dx1 dx2 x dx1 x1 Fig. 2.2. Deformazione del cubo elementare con vertice nel punto x del corpo. 2.1 Dilatazioni (cambiamenti di lunghezza) Nel processo di deformazione, la generica fibra elementare di lunghezza infinitesima dx1 viene trasformata nell’elemento dx1′, subendo una variazione di lunghezza ed una rotazione. Si definisce coefficiente di dilatazione lineare della fibra elementare disposta nella direzione dell’asse x1, il rapporto tra la variazione di lunghezza dx1′− dx1 e la lunghezza iniziale dx1 della fibra e si indica con ε11 = dx1′ − dx1 dx1 Lezioni di scienza delle costruzioni, a.a. 2010-11 (2.3) Cap. II ANALISI DELLA DEFORMAZIONE 3 Con riferimento alla Fig. 2.2, la lunghezza finale della fibra si può calcolare a meno di infinitesimi di ordine superiore pari a dx1′ = dx1 + u1,1 dx1 = (1 + u1,1) dx1 (2.4) Quindi, il coefficiente di dilatazione lineare della fibra nella direzione dell’asse x1 risulta ε11 = u1,1 dx1 dx1 = u1,1 (2.5) Analogamente, i coefficienti di dilatazione lineare nelle direzioni degli assi x2 ed x3 risultano rispettivamente ε22 = u 2, 2 dx2 dx2 = u2,2 ε33 = u3,3 dx3 dx3 = u3,3 (2.6) Valori positivi dei coefficienti di dilatazione lineare indicano allungamenti delle fibre, mentre valori negativi indicano accorciamenti delle fibre. Valori nulli, infine, si hanno se la lunghezza delle fibre rimane inalterata. Nell’ipotesi che gli spostamenti possano considerarsi molto piccoli rispetto alle dimensioni del corpo e le variazioni di lunghezza delle fibre altrettanto piccole rispetto alla loro lunghezza iniziale, le componenti di deformazione (2.5) e (2.6) risultano essere numeri puri di modulo molto inferiore all’unità. Le componenti di deformazione (2.5) e (2.6) corrispondono a dei valori puntuali. 2.2 Scorrimenti (variazioni angolari) Il processo di deformazione non produce soltanto variazioni di lunghezza delle fibre ma anche variazioni degli angoli formati da queste ultime. Come mostrato in Fig.2.2, le fibre elementari parallele agli assi x1 ed x2 inizialmente ortogonali e di lunghezza infinitesima dx1 e dx2, in generale, vengono ruotate di un angolo diverso ed in seguito alla deformazione formano un angolo diverso da π/2, indicato con α12 in Fig. 2.2. La corrispondente variazione angolare, definita scorrimento, risulta quindi γ12 = π − α12 2 (2.7) La differenza tra i due angoli corrisponde alla somma dei due angoli adiacenti all’angolo α12. Nell’ipotesi di spostamenti e deformazioni infinitesimi è possibile confondere tali angoli con i valori delle rispettive tangenti. Pertanto, Lezioni di scienza delle costruzioni, a.a. 2010-11 Cap. II 4 ANALISI DELLA DEFORMAZIONE utilizzando la (2.4) la variazione angolare può scriversi γ12 = u1, 2 dx2 (1 + u 2, 2 ) dx2 + u 2,1 dx1 (1 + u1,1 ) dx1 trascurando poi le componenti deformazione u1,1 e u2,2 rispetto all’unità, si ha γ12 = u1, 2 dx2 dx2 + u 2,1 dx1 = u1,2 + u2,1 dx1 (2.8) Con ε12 = 1 1 γ12 = (u1,2 + u2,1) 2 2 si indica metà dello scorrimento complessivo occorso tra le fibre inizialmente parallele alle direzioni degli assi x1 e x2. Analogamente, per le fibre inizialmente ortogonali e disposte nella direzione degli assi si possono definire le componenti di scorrimento εij = 1 (ui,j + uj,i) 2 ( i ≠ j) (2.9) La relazione (2.9) risulta valida anche per le componenti di dilatazione, ovvero per i = j, venendo in tal caso a coincidere con le relazioni (2.5) e (2.6). 2.3 Matrice di deformazione infinitesima In base alle relazioni (2.5), (2.6) e (2.9) le componenti di deformazione possono raccogliersi nella relazione εij = 1 (ui,j + uj,i) 2 (2.10) ovvero, in forma matriciale: ⎡ u1,1 ⎢1 ε = ⎢ 2 (u1, 2 + u 2,1 ) ⎢ 1 (u1,3 + u 3,1 ) ⎣2 1 (u 2 1, 2 + u 2,1 ) u 2, 2 1 (u 2,3 2 + u 3, 2 ) Lezioni di scienza delle costruzioni, a.a. 2010-11 + u 3,1 ) ⎤ ⎥ + u 3, 2 )⎥ ⎥ u 3,3 ⎦ 1 (u 2 1,3 1 (u 2, 3 2 Cap. II 5 ANALISI DELLA DEFORMAZIONE La matrice ε cosi definita prende il nome di matrice di deformazione infinitesima. Si osservi che la matrice ε è simmetrica e, pertanto, ha solo 6 componenti significative. Inoltre, nel caso di un moto rigido di ampiezza infinitesima si ha ε = 0, annullandosi in tal caso sia le variazioni di lunghezza che le variazioni angolari delle fibre. Per cui la matrice ε individua il contributo di deformazione pura, sempre nell’ipotesi di deformazioni infinitesime. Osservazioni I) Tutte le componenti della matrice di deformazione infinitesima sono numeri puri, che corrispondono a rapporti tra due lunghezze o ad angoli, il cui modulo è molto più piccolo dell’unità, poiché nel presente corso si considerano solo deformazioni di tipo infinitesimo. Nel seguito si farà sempre riferimento alle ipotesi di spostamenti e deformazioni infinitesimi, cioè tali per cui | ui | << l ed | εij| << 1, dove l è una dimensione caratteristica del corpo. II) La matrice di deformazione infinitesima ε corrisponde alla parte simmetrica del gradiente di spostamento H. La parte antisimmetrica di H si indica invece con W e prende il nome di matrice di rotazione infinitesima, essendo responsabile di una rotazione rigida dell’intorno infinitesimo del punto x considerato. Le matrici ε e W sono quindi definite dalle relazioni ε= 1 (H + HT) 2 W= 1 (H − HT) 2 da cui H=ε+W (2.11) dove HT è la matrice trasposta della matrice H, di componenti HTij = Hji = ui,j. È facile mostrare che la matrice ε è simmetrica, ovvero εT = ε, mentre la matrice W è antisimmetrica, ovvero W T = −W, infatti: εT = 1 T (H + H) = ε, 2 WT = 1 T (H − H) = −W 2 Pertanto, introducendo la relazione (2. 11)3, l’equazione (2.2’) può scriversi u ( x + dx ) = u ( x ) + ε d x + W d x e per ε = 0 si ottiene la relazione u ( x + dx ) = u ( x ) + W d x (*) che corrisponde allo spostamento di un generico punto preso nell’intorno del punto x conseguente ad un moto rigido di ampiezza infinitesima. La (*) è infatti Lezioni di scienza delle costruzioni, a.a. 2010-11 Cap. II ANALISI DELLA DEFORMAZIONE 6 simile alla relazione u = u0 + W (P − P0) che descrive un generico moto rigido di ampiezza infinitesima, ottenuta nello studio della cinematica dei corpi rigidi a partire dalla formula di Poisson. Se si assumono i punti P0 e P coincidenti rispettivamente con i punti x e x + dx si ottiene proprio la (*), dove la matrice antisimmetrica W raccoglie le componenti di rotazione attorno agli assi. Nell’ipotesi di deformazioni infinitesime, la matrice ε individua quindi il contributo di deformazione pura, assente nella (*). 2.3.1 Estensione semplice (variazione di lunghezza) Si consideri il campo di spostamenti definito dalle seguenti relazioni: u1 = δ1 x1 u2 = 0 u3 = 0 (2.12) I punti subiscono quindi uno spostamento nella direzione dell’asse x1 proporzionale alla loro coordinata x1 (Fig. 2.3). In particolare, le fibre ad x1 = l subiscono uno spostamento u1 = δ1 l (2.13) Pertanto, le fibre in direzione orizzontale, di lunghezza iniziale l, subiscono un allungamento Δl = δ1 l, assumendo una lunghezza finale l′ = l + δ1 l (2.14) mentre la lunghezza delle fibre disposte lungo le direzioni ortogonali ad x1 rimane invariata. Il coefficiente di dilatazione lineare delle fibre disposte lungo la direzione dell’asse x1 coincide quindi con δ1 = Δl / l. x2 l′ h l Δl x1 Fig. 2.3. Estensione semplice in direzione x1 Lezioni di scienza delle costruzioni, a.a. 2010-11 Cap. II ANALISI DELLA DEFORMAZIONE 7 Per la deformazione considerata, l’unica componente diversa da zero della matrice di deformazione infinitesima ε risulta essere la componente ε11, che coincide quindi con δ1, avendosi ε11 = u1,1 = δ1 ε22 = ε33 = ε12 = ε13 = ε23 = 0 (2.16) Tutte le componenti della matrice ε diverse da ε11 si annullano, come è facile verificare dalle derivate delle componenti di spostamento (2.12). In particolare, si annullano le componenti ε22 e ε33, che, per estensione, corrispondono rispettivamente ai coefficienti di dilatazione lineare δ2 e δ3 lungo le direzioni degli assi x2 ed x3. Le fibre disposte secondo tali assi non subiscono infatti variazioni di lunghezza in seguito alla deformazione (2.12). 2.3.2 Scorrimento semplice (variazione angolare) Si consideri il campo di spostamenti definito dalle seguenti relazioni: u1 = γ12 x2 u2 = 0 u3 = 0 (2.17) in seguito al quale i punti del corpo subiscono uno spostamento nella direzione dell’asse x1 proporzionale alla loro coordinata x2 (Fig. 2.4). Pertanto, le fibre orizzontali, traslano in direzione orizzontale, rimanendo di lunghezza invariata l. In particolare, le fibre a quota x2 = h subiscono uno spostamento orizzontale u1 = γ12 h, (2.18) Tra le fibre inizialmente orientate secondo gli assi x1 ed x2 si verifica quindi una variazione angolare, che viene definita scorrimento, pari all’angolo ϕ ≈ tg ϕ = γ12 h = γ12 h (2.19) Per la deformazione di scorrimento considerata, l’unica componente non nulla della matrice di deformazione infinitesima ε risulta essere la componente ε12 = ε21, che coincide con metà della variazione angolare γ12 avvenuta tra le fibre orientate rispettivamente secondo le direzioni degli assi x1 ed x2, avendosi ε12 = 1 1 u1,2 = γ12 2 2 Lezioni di scienza delle costruzioni, a.a. 2010-11 ε11 = ε22 = ε33 = ε13 = ε23 = 0 (2.20) Cap. II ANALISI DELLA DEFORMAZIONE 8 Un valore positivo dello scorrimento γij indica una riduzione dell’angolo compreso tra le fibre inizialmente parallele agli assi xi ed xj da π/2 a π/2 − γij, e viceversa. Tutte le altre componenti della matrice ε diverse da ε12 = ε21 si annullano, come è facile verificare dalle derivate delle componenti di spostamento (2.17). In particolare, si annullano le componenti ε11, ε22 e ε33, che corrispondono ai coefficienti di dilatazione lineare lungo le direzioni degli assi x1, x2 ed x3 ed anche le componenti ε23 e ε13, che corrispondono a metà degli scorrimenti tra le fibre orientate rispettivamente secondo le direzioni degli assi x2-x3 ed x1-x3. γ12 h x2 γ12 h h ϕ = γ12 x1 l Fig. 2.4. Scorrimento semplice tra le direzioni degli assi x1 ed x2 2.3.3 Deformazione volumetrica Si consideri un cubetto elementare di lati infinitesimi dx1, dx2 e dx3 (Fig. 2.5), a cui corrisponde il volume infinitesimo dV = dx1 dx2 dx3 (2.21) In seguito alla deformazione, gli spigoli di tale cubetto subiranno delle variazioni di lunghezza. A deformazione avvenuta, le lunghezze finali degli spigoli del cubetto risulteranno dxi′ = dxi + εii dxi = (1 + εii) dxi i = 1, 2, 3 (2.22) Pertanto, il volume del cubetto elementare deformato risulta dV ′ = dx1′ dx2′ dx3′ = (1 + ε11) (1 + ε22) (1 + ε33) dV (2.23) Nell’ipotesi di deformazioni infinitesime le componenti di deformazione εii hanno moduli molto più piccoli dell’unita, cioè | εii | << 1. In tal caso, è possibile Lezioni di scienza delle costruzioni, a.a. 2010-11 Cap. II ANALISI DELLA DEFORMAZIONE 9 sviluppare il prodotto dei tre binomi nella (2.23) trascurando i termini di ordine superiore al primo nelle componenti ε11, ε22 ed ε33, ovvero dV ′ ≈ (1 + ε11+ ε22+ ε33) dV = (1 + tr ε) dV (2.24) Si definisce coefficiente di dilatazione volumetrica δV il rapporto tra la variazione di volume dV ′ − dV ed il volume iniziale dV δV = (1 + tr ε) dV − dV dV ′ − dV = tr ε = ε11+ ε22+ ε33 = dV dV (2.25) Il coefficiente di dilatazione volumetrica coincide quindi con la traccia della matrice di deformazione infinitesima (ovvero la somma degli elementi che stanno sulla diagonale principale). Se il suo valore è positivo allora la deformazione ha prodotto un aumento di volume, e viceversa. Se il materiale è incomprimibile si ha sempre tr ε = 0. dx2 dV dV ′ dx3 dx2′ dx1 dx3′ dx1′ Fig. 2.5 Deformazione dell’elemento di volume elementare 2.4 Deformazioni principali e direzioni principali di deformazione In analogia con lo studio effettuato sulla matrice simmetrica degli sforzi σ, assegnata una generica matrice di deformazione infinitesima ε è sempre possibile individuare tre direzioni ortogonali tra le quali non si verificano scorrimenti, ovvero si annullano le componenti di deformazione ε12, ε13 ed ε23. Tali direzioni rimangono quindi ortogonali anche in seguito alla deformazione (Fig. 2.6) e sono dette direzioni principali di deformazione. Le corrispondenti dilatazioni ε11, ε22 ed ε33 sono le componenti principali di deformazione e vengono individuate dalla condizione Lezioni di scienza delle costruzioni, a.a. 2010-11 Cap. II ANALISI DELLA DEFORMAZIONE det (ε − λ I) = 0 10 (2.26) che rappresenta l’equazione caratteristica della matrice simmetrica ε. Si tratta, come è noto, di un’equazione di terzo grado in λ, che possiede sempre 3 radici reali per λ, indicate con εΙ, εΙΙ, εΙΙΙ. Tali radici sono le componenti principali di deformazione cercate e corrispondono ai coefficienti di dilatazione lineare lungo le tre direzioni principali di deformazione, tra loro ortogonali. Le tre direzioni principali di deformazione corrispondenti sono individuate rispettivamente dagli versori mI, mII e mIII, che verificano le condizioni (ε − εK I) mK = 0 per K = I, II, III (2.21) nonché la condizione di normalizzazione | mK | = 1. Pertanto, il versore mK individua la direzione della componente principale di deformazione εK. Scegliendo come sistema di riferimento proprio quello corrispondente alle direzioni principali di deformazione, la matrice di deformazione infinitesima ε risulta diagonale: ⎡ε I ε = ⎢⎢ 0 ⎢⎣ 0 0 ε II 0 0⎤ 0 ⎥⎥ ε III ⎥⎦ (2.22) xII′ xII xII d V xI xI′ xIII′ Fig. 2.6 Direzioni principali di deformazione Lezioni di scienza delle costruzioni, a.a. 2010-11