Reati societari_false comunicazioni sociali

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Reati societari_false comunicazioni sociali
Reati societari
FONTI:
La materia è contenuta nel TITOLO XI del LIBRO V (del lavoro) del CODICE
CIVILE ed è stata recentemente modificato con l’art. 1 D. lgs. 61/2002
Gli articoli compresi sono quelli che vanno dall’art. 2621 all’art. 2642 c.c. In
particolare si analizzeranno gli articoli:
-
art. 2621 c.c. FALSE COMUNICAZIONI SOCIALI
-
art. 2622 c.c. FALSE
CREDITORI (nelle
COMUNICAZIONI SOCIALI IN DANNO AI SOCI E AI
società quotate e non quotate)
La disciplina delle false comunicazioni sociali era già presente nel codice del 1942 ma
le modifiche apportate sono nate dalla necessità di contrastare le aberranti
interpretazioni giurisprudenziale che forzarono la portata delle norme in esame.
NATURA:
Le false comunicazioni sociali delineano un esempio tipico di falso ideologico perché la
condotta tipica consiste non già in modificazioni esteriori del documento (abrasioni,
cancellature, aggiunte…), ma in una rappresentazione di qualcosa diverso dalla realtà.
è bene notare che è l’unico caso di falso in scrittura privata punito come falso
ideologico. Negli altri casi il falso in scrittura privata è punito come falso materiale.
Quid della sanzione di falso ideologico? Il bilancio è un atto che si pone a metà strada
tra un atto meramente privatistico ed un atto a rilevanza pubblicistica. Non si può dire
che sia totalmente atto privato in quanto è destinato a rilevare per una pluralità di
persone (è redatto da un CDA e approvato dall’assemblea dei soci – è parametro per i
soci e per i creditori), né atto pubblico in quanto non è redatto da soggetti che rivestono
la qualità di pubblico ufficiale.
OGGETTO GIURIDICO:
OGGETTO GIURIDICO (1) =
(1) poi analizzeremo anche la vecchia formula del 2621 e l’aberrante interpretazione dello stesso)
↓
INFORMATIVA CORRETTA E TRASPARENTE DI TUTTI COLORO CHE
POSSONO VENIRE A CONTATTO CON LA SOCIETA’ =
↓
TRASPARENZA DELL’INFORMAZIONE SOCIETARIA
(infatti le norme riguardano sia il BILANCIO che le ALTRE COMUNICAZIONI SOCIALI).
Tutto ciò era già stato messo in evidenza dal legislatore del 1942, tuttavia negli anni ’90
(con riferimento particolare al fenomeno di “TANGENTOPOLI”) la giurisprudenza accertò
una realizzazione pressoché spasmodica delle fattispecie di false comunicazioni sociali
poiché nel fenomeno del pagamento delle tangenti il denaro usato per pagare i pubblici
ufficiali derivava da “fondi neri” della società che venivano utilizzati appositamente per
la remunerazione illecita dei pubblici ufficiali. Ovviamente tali somme non potevano
essere iscritte regolarmente nel passivo del bilancio. Accanto a questo fenomeno la
giurisprudenza produsse una serie di aberranti interpretazioni che portarono uno
modifica della ratio che stava alla base degli articoli in esame. Nello specifico il reato
che tutelava la trasparenza dell’informazione societaria divene reato che tutelava il
patrimonio sociale.
SOGGETTI ATTIVI:
Il reato di false comunicazioni sociali è un reato proprio ed è un reato tipico, anche se
non esclusivo, degli amministratori (in seguito si vedrà la restrizione del novero dei soggetti agenti
operato dalla riforma del 2002).
La figura dell’amministratore è definita non dal diritto
penale, ma dal diritto commerciale. È amministratore colui che compie gli atti (e ne
assume la responsabilità verso soci, creditori e terzi in generale) di cui agli artt. 2380 e
ss. c.c..
Problema:
1. Teste di legno: in alcuni casi gli amministratori (cd. amministratori apparenti o
teste di legno) sono soggetti apparentemente preposti al compimento defli affari
sociali, ma le decisioni in realtà sono assunte da uno o più soggetti che non
appaiono nei rapporti sociali. La giurisprudenza penale (in parallelo con quella
civile che a tutt’oggi ammette la responsabilità dell’amministratore di fatto verso
soci, creditori e terzi) delineò la figura dell’amministratore di fatto. Tale
soggetto può essere soggetto attivo del reato di false comunicazioni sociali alla
stessa stregua dell’amministratore di diritto (o apparente), o meglio in concorso
con quest’ultimo. La riforma del 2002 ha positivizzato tale indirizzo prevedendo
all’art. 2621, 2° comma c.c. la punibilità è estesa anche nel caso in cui le
informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di
terzi.
2. Responsabilità collegiale: escludendo il caso dell’amministratore unico, in
genere è il Consiglio d’Amministrazione che provvede alla redazione del
bilancio. È da ritenersi questo interamente responsabile? Le posizioni dottrinarie
in merito sono numerose. Alcune (cd. assolutizzanti) sostengono che le
responsabilità interessi interamente tutti i membri del CdA. Tuttavia non sembra
opportuna tale estensione, meglio sarebbe condurre un’indagine sulla condotta
dei singoli amministratori (es. nel giorno della votazione erano assenti oppure
votarono contro!) e sull’elemento psicologico (es. l’amministratore può non
essersi accorto per negligenza della falsificazione effettuata dagli altri,
concretando così la volontà a non voler falsificare). Per tanto deve concludersi
che non si può estendere a priori la responsabilità a tutti i componenti del CdA,
bensì occorrerà procedere ad un’indagine per il caso concreto sulla condotte e
sull’elemento psicologico di ciascun amministratore.
VECCHIA FORMULAZIONE DELL’ART. 2621:
Salvo che il fatto non costituisca reato più grave, sono puniti con la reclusione da q a 5
anni e con la multa da lire 2 milioni e 20 milioni:
1.) i promotori, i soci fondatori, gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i
liquidatori, i quali nelle relazioni, nei bilanci o in altre comunicazioni sociali
fraudolentemente espongono fatti non rispondenti al vero sulla costituzione, o
sulle condizioni economiche della società o nasconodono in tutto o in parte fatti
concernenti le condizioni medesime.
I nn. 2.) e 3.) non rilevano in quanto concernono utili fittizi e non distribuibili che
vengono riscossi o pagati da amministratori a direttori generali (n.2) ovvero la
distribuzione illecita di acconti sui dividendi (n.3).
SANZIONI:
reclusione da 1 a 5 anni con multa da lire 2 milioni a 20 milioni
SOGGETTI AGENTI:
Promotori
Soci fondatori
Amministratori
Direttori generali
Sindaci
Liquidatori
CONDOTTA ESECUTIVA
OGGETTO MATERIALE
E
OGGETTO GIURIDICO
1) Esposizione di fatti non rispondenti al vero circa la :
A) COSTITUZIONE (per promotori e soci fondatori),
B) CONDIZIONE ECONOMICA DELLA SOCIETA’ (per
tutti gli altri)
2) Occultamento di fatti circa la :
CONDIZIONE ECONOMICA DELLA SOCIETA’ (per
tutti)
Oggetto marteriale erano:
a) RELAZIONI
b) BILANCI
c) ALTRE COMUNICAZIONI SOCIALI
E’ necesario trattare contestualmente dell’oggetto materiale e
dell’oggetto giuridico perché, essendo prevalso in giurisprudenza la
tesi della plurioffessività (ogg. Giuridico) del reato di cui all’art.
2621 n°1 [giurisprudenza: lede FEDE PUBBLICA, ECONOMIA
PUBBLICA, INTERESSI DELL’IMPRESA, SOCI “UTI
SINGULI”, “CREDITORI, TERZI (anche potenziali)], tale ampia
veduta si rifletteva anche sull’oggetto materiale, che risultava
anch’esso, a causa dell’ampiezza dell’oggetto giuridico,
notevolmente ampliato nel suo 3° elemento (oggetto materiale) (=
ALTRE COMUNICAZIONI SOCIALI), anche se la giurisprudenza
pose comunque 2 REQUISITI perché si potesse parlare di “ALTRE
COMUNICAZIONI SOCIALI” svolte, per quanto riguardo
l’oggetto materiale:
a) Devono essere COMUNICAZIONI UFFICIALI QUANTO A
PROVENIENZA (cioè redatte da sindaci e amministratori
nell’esercizio delle loro funzioni nella società)
b) Devono essere COMUNICAZIONI DESTINATE A: Soci,
Sottoscrittori, Terzi interessati, Terzi titolari di interessi
tutelasti dalla legge
In dottrina ci si chiedeva se dovevano essere incluse le valutazioni di bilancio
nell’ambito di applicazione dell’art. 2621:
-
inizialmente se ne negò la rilevanza tali valutazioni essendo espressive di una
valutazione soggettiva e discrezionale non potevano ricollegarsi al termine
“fatti” a cui si riferisce l’art. 2621 c.c. salvo che la valutazione fosse talmente
erronea da rappresentare come esistente un fatto inesistente.
-
Successivamente dottrina e giurisprudenza passarono a considerare come falsoil
bilancio il quale contenesse valutazioni in base ad i seguenti criteri:
CRITERIO
DELLA RAGIONEVOLEZZA:
è vero che il bilancio ammette
delle valutazioni discrezionali da parte degli amministratori, ma quando
queste risultino irragionevoli (ossia contrastanti con il cd. arbitrium boni
viri ossia la decisione del buon amministratore) è configurabile il reato di
false comunicazioni sociali
CRITERIO
DELLA CONCORDANZA:
per la individuazione del reato di
false comunicazioni sociali non rilevano solo le singole voci dell’attivo e
del passivo (non rileva solo stato patrimoniale e conto economico), ma
rileva anche la relazione degli amministratori che contiene una serie di
criteri di valutazione che gli amministratori dichiarano di aver seguito.
Se questi criteri non sono conocordanti con le cifre risultanti dalla loro
applicazione si configurarà il reato in esame.
FREUDOLENTEMENTE (elemento soggettivo): tale elemento veniva inizialmente
ricondotto all’elemento soggettivo del reato e costituiva un dolo specifico (di frode) che
ricorreva quando l’agente agiva con la
VOLONTÀ DI INDURRE I TERZI IN ERRORE IN
ORDINE ALLA RAPPRESENTAZIONE DEL BILANCIO
+ OBIETTIVO DI INGIUSTI PROFITTO (non
esplicitato dalla norma ma ammesso dalla dottrina) +
CONSAPEVOLEZZA DI CAGIONARE
UN DANNO CORRELATIVO AL SUDDETTO PROFITTO.
Il dolo sembrava difficile dall’essere provato, ma la giurisprudenza riteneva sufficiente
la sussistenza del primo elemento (volontà di indurre taluno in errore).
A partire dagli anni ’90 (soprattutto nel caso Cusani nel periodo di tangentopoli) la
giurisprudenza ricondusse l’avverbio fraudolentemente all’elemento oggettivo, nel
senso che la falsificazione doveva essere stata eseguita con modalità fraudolenta. In altri
termini una voce del bilancio, perché fosse configurabile il reato, doveva essere idonea
ad ingannare il lettore del bilancio. Una falsificazione con il dolo di frode, ma inidonea
a tratte in inganno il lettore nono configurava reato ai sensi dell’art. 2621 n. 1 c.c.
In conclusione l’art. 2621 n.1 c.c. era applicato con frequenza elevatissima
(Tangentopoli, fondi neri), ma soprattutto era applicato erroneamente, ossia in tutti i
casi in cui avveniva una cattiva gestione dolosa da parte degli amministratori! Se
qualcosa di grave è successo in una società, quella società ha un bilancio falsificato dai
suoi amministratori.
LA NUOVA DISCIPLINA DEL FALSO IN BILANCIO
LA RIFORMA DEL 2002: la disciplina è stata scomposta in due norme:
a.) l’art. 2621 c.c. che non prevede più la ripartizione nei numeri 1.; 2. e 3. e
prevede la contravvenzione per false comunicazioni sociali
b.) l’art. 2622 c.c. che prevede il delitto di false comunicazioni sociali in danno dei
soci o dei creditori 1. nelle società quotate ex d.lgs. 58/1998 / 2. nelle società
non quotate
L’elemento specializzante che distingue i delitti ex art. 2622 dalla contravvenzione ex
art. 2621 è la causazione di un danno ai soci o ai creditori.
Per tanto gli articoli in esame delineano tre reati:
1.
CONTRAVVENZIONE DI FALSE COMUNICAZIONI SOCIALI
2.
DELITTO DI FALSE COMUNICAZIONI SOCIALI CON DANNO AI SOCI
/
AI CREDITORI
NELLE SOCIETÀ QUOTATE
3.
DELITTO DI FALSE COMUNICAZIONI SOCIALI CON DANNO AI SOCI
NELLE SOCIETÀ NON QUOTATE
/
AI CREDITOI
ART. 2621 C.C. FALSE COMUNICAZIONI SOCIALI:
“Salvo quanto previsto dall’articolo 2622 , gli amministratori, i direttori generali, i
sindaci e i liquidatori , i quali, con l’intenzione di ingannare i soci o il pubblico e al
fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o
nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge , dirette ai soci o al pubblico,
espongono fatti materiali non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni
ovvero omettono informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla
situazione economica, patrimoniale, o finanziaria della società o del gruppo al quale
essa appartiene, in modo idoneo a indurre in errore i destinatari sulla predetta
situazione, sono puniti con l’arresto fino a un anno e sei mesi.
La punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o
amministrati dalla società per conto di terzi.
La punibilità è esclusa se le falsità o le omissioni non alterano in modo sensibile la
rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o
del gruppo al quale essa appartiene. La punibilità è comunque esclusa se le falsità o le
omissioni determinano una variazione del risultato economico di esercizio al lordo
delle imposte, non superiore al 5% o una variazione del patrimonio netto non superiore
all’1 per cento.
In ogni caso il fatto non è punibile se conseguenza di valutazioni estimative che,
singolarmente considerate, differiscono in misura non superiore al 10% da quella
corretta”.
OGGETTO
GIURIDICO:
il tema è molto discusso ma si segnalano molte differenze
rispetto al previgente art. 2621 n.1 c.c. Quest’ultimo veniva inteso come reato
plurioffensivo, mentre oggi la tesi della plurioffensività risulta isolata. Oggi l’opinione
prevalente è nel senso di intendere che l’oggetto giuridico dell’art. 2621 sia:
a.) tutela della trasparenza dell’informazione societaria: ossia la tutela di una
rappresentazione fedele dalle situazione patrimoniale, economica e finanziaria
(Pulitanò, Musco e Giunta).
b.) tutela degli interessi patrimoniali dei soci e dei creditori in forma
anticipata: riconduce all’art. 2621 la tutela di alcuni interessi alcuni interessi
tutelati dall’art. 2622 (interessi patrimoniali dei soci o dei creditori, visto che
l’art. 2622 c.c. è speciale rispetto all’art. 2621 c.c. per via del danno ai soci o ai
creditori). L’art. 2621 tutelerebbe in definitiva gli interessi dei soci e dei
creditori in forma anticipata.
c.) tutela della trasparenza funzionale: secondo questa terzo indirizzo si dice che
l’art. 2621 tutelerebbe sì la trasparenza, ma in quanto bene strumentale,
funzionale alla tutela dei beni finali che sono gli interessi dei soci e dei creditori
e gli interessi del pubblico, dei destinatari dell’informazione societaria.
Sia la tesi sub b.) che sub c.) non convincono in quanto smentite dalla previsione
della perseguibilità a querela di parte sancita dall’art. 2622. L’art. 2621 tutela un
interesse pubblicistico.
OGGETTO MATERIALE:
RELAZIONI
= rapporti prescritti dalla legge in determinati cosi
BILANCI
= bilancio di esercizio, bilancio straordinario non anche
bilancio consolidato di gruppo
ALTRE
ma …… con la previsione di 2 elementi specializzanti e
cioè relazioni/bilanci/altre comunicazioni sociali “Previsti
dalla legge” e “diretti ai soci o al pubblico” (e.d.
SOCIALI
COMUNICAZIONI
“REQUISITO DELLA DIREZIONALITA’”).
Perciò il concetto di comunicazione sociale è stato molto
ristretto con l’introduzione di questo 2° requisito:
Dunque con il nuovo 2621 non rilevano più le c.d.
“Comunicazioni inter-organiche” (cioè intercorrenti tra
gli organi di una stessa società), le comunicazioni ad un
singolo destinatario e le comunicazioni alle autorità di
controllo (quest’ultimo comportamento rileva comunque
ex 2638 “ostacolo all’esercizio delle funzioni delle
autorità pubbliche di vigilanza) restano quindi escluse le
c.d. “comunicazioni atipiche”, cioè non istituti indirizzati
dalle c.d.
Il legislatore ha deciso di includere nel novero dei
possibili oggetti MATERIALI (traslando sul piano
normativo quelle che era, anche prima del 2002, era ormai
un fermo orientamento giurisprudenziale, dopo la caduta
della tesi negativa che si basava sull’inconciliabilità delle
valutazioni col termine “fatti”). Come si legge nel 2621, il
legislatore ha previsto per la falsificazione delle
valutazioni di bilancio una SOGLIA QUATITATIVA
PERCENTUALE DI RILEVANZA del +10% (cioè per
integrare
un
falso
valutativo
realmente
……………rilevante, occorre che la singola valutazione si
VALUTAZIONI
sia discostata da quella corretta di un “quantum > del
(in poche valutazioni di +10%!!!).
bilancio)
Nel valutare l’entità della falsificazione , il giudice si
avvalequasi sempre di “CONSULENTI TECNICI DI
PARTE”; se c’è contrasto tra il responso dei consulenti
tecnici di parte il giudice può nominare dei PERITI (che
sono nominati non dalle parti ma dal giudice), perciò la
“PERIZIA”, rispetto alla “CONSULENZA di PARTE”,
ha un valore probatorio molto maggiore!.
Es. per valutare la “RISERVA SINISTRI” che tutte le
società assicuratrici devono per legge tenere! Essa infatti
si calcolano in parte in base all’inventario e in parte su
valutazioni attuariali, cioè su calcoli probabilistici. Perciò
uno scostamento di tali valutazioni rispetto a quello
corretto superiore del 10% può integrare il reato di false
comunicazioni sociali. Infatti, essendo tali riserve
sininistri iscritte nel passivo del bilancio la società
assicuratrice può avere l’interesse a “sottostimare” la
stessa!!). Dunque, TALE SOGLIA QUANTITATIVA
PERCENTUALE COSTITUISCE UNA TRADUZIONE
IN TERMINI NORMATIVI-QUANTITATIVI di quelli
che in passato erano criteri molto incerti (specialmente del
criterio della ragionevolezza o arbitrium boni viri).
PROBLEMA: Tale SOGLIA QUANTITATIVA PERCENTUALE DI RILEVANZA E’
una CONDIZIONE OBIETTIVA DI PUNIBILITA’ o un ELEMENTO ESSENZIALE
DEL REATO?
Ciò ha (ovviamente!) delle ripercussioni sulle indagine/non indagine circa l’elemento
soggettivo. Infatti trattandosi di elemento essenziale, deve essere (per la punibilità)
necessariamente coperto dal DOLO, cioè l’agente deve avere voluto oltrepassare la
sogli; trattandosi di condizione obiettiva di punibilità (art. 44 c.p.) non si richederebbe
alcuna analisi sull’elemento soggettivo.
Come è noto l’elemento essenziale è un fatto del reato ed essendo tale contribuisce a
determinare il disvalore del fatto, cioè incide sull’offesa dell’interesse giuridico che la
norma violata era preordinata a tutelare.
Contrariamente la condizione obiettiva di punibilità è un elemento futuro ed incerto che
si affianca ad un fatto completo nella sua antigiuridicità e per tanto essa non è idonea ad
incidere sull’antigiuridicità.
Esempio: INSOLVENZA FRAUDELENTA (art. 641): l’inadempimento all’obbligazione è ELEMENTO
ESSENZIALE del reato perché incide eccome sull’antigiuridicità del fatto!. Infatti,
l’interesse tutelato dal 641 è l’interesse patrimoniale della vittima; tale interesse intanto è leso
in quanto l’obbligazione non sia adempiuta.
Esempio: DELITTO COMUNE DEL CITTADINO ALL’ESTERO (art.9): la presenza del cittadino su
territorio dello Stato (cittadino che ha commesso all’estero un delitto punito dalla legge
italiana con ergastolo/reclusione di min. 3 anni) è una CONDIZIONE OBIETTIVA di
PUNIBILITA’, essendo un elemento che va ad affiancare ad un fatto già completo, non
incidendo nell’antigiuridicità dello stesso.
La soglia quantitativa di rilevanza è in genere considerata un elemento essenziale
perché proprio con la previsione di tale soglia il legislatore ha voluto attenersi al
principio di offensività e al principio di sussidiarietà vigenti nel diritto penale. In altri
termini solo se la soglia di rilevanza è superata allora l’interesse tutelato dall’art. 2621 è
leso (offensività e disvalore del fatto).
SOGGETTI
ATTIVI:
il reato previsto dall’art. 2621 è un reato proprio e rispetto al
previgente articolo il novero dei soggetti risulta più ristretto:
-
Amministratori
-
Direttori generali
-
Sindaci
-
Liquidatori
Risultano fuori i soci fondatori e i promotori in quanto il legislatore ha inteso eliminare
dalla tutela la fase costitutiva lasciandovi coperta sola la fase attuativa della società.
CONDOTTA ESECUTIVA: sono previste due modalità alternative
-
esposizione dei fatti non rispondenti al vero
-
omissione di informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge (il
riferimento non è alla forma, ma al contenuto della comunicazione
Ognuna delle due tipologie di condotta deve essere necessariamente:
a. idonea ad indurre in errore i destinatari della comunicazione (cd. insidiosità del
falso) tale requisito ha dato dignità positiva alla concezione oggettiva
dell’AVEZZO sul termine fraudolentemente
b. significativa ossia deve alterare in modo sensibile la rappresentazione della
situazione (cd. significatività del falso)
Il superamento delle soglie non configura reato. Se le soglie vengono superate devono
comunque configurare variazioni idonee ad indurre in errore i destinatari e tali da
alterare in modo sensibile la rappresentazione della situazione.
ELEMENTO SOGGETTIVO: il dolo che deve ricorrere per la fattispecie ex art. 2621 c.c. è
un mixtum compositum tra:
dolo intenzionale
(con l’intenzione di ingannare i soci o il pubblico, non è ammesso il dolo eventuale)
+
dolo generico
(relativo agli elementi del fatto: es. soglie di rilevanza)
+
dolo specifico
(fine di ingiusto profitto)
=
DOLO INTENZIONALE + DOLO SPECIFICO (questo
comprende quello generico)
Da notare che l’art. 2621 c.c. è una contravvenzione punita in via eccezionale a titolo di
dolo (cd.
CONTRAVVENZIONE ESSENZIALMENTE DOLOSA),
così come i delitti sono
punibili di massima solo a titolo di dolo ed eccezionalmente a titolo di colpa.
L’articolo in questione chiarisce in via positiva una volta per tutte il problema della
responsabilità dell’amministratore di fatto già chiarito in via giurisprudenziale (art.
2621, 2° comma c.c.)
SANZIONE: arresto fino ad 1 anno e 6 mesi
FORME DI PERSEGUIBILITÀ: questo reato contravvenzionale è perseguibile d’ufficio. In
quanto contravvenzione vige il termine prescrizionale generale di 3 anni, salvo la
presenza di atti interrottivi che possono portare il termine al massimo a 4 anni e 6 mesi
(art. 160, ultimo comma, c.p. prevede che il termine prescrizionale anche in presenza di
atti interruttivi non può essere prolungato oltre la metà).
CRITICHE: questo reato è già di per sé difficilmente accertabile (si pensi all’indagine
sulle soglie di rilevanza); il qualificarlo come contravvenzione farà sì che molti casi per
il breve termine prescrizionali finiranno per prescritti.
ART.
2622
C.C.
FALSE
COMUNICAZIONI SOCIALI IN DANNO DEI SOCI O DEI
CREDITORI:
“Gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i liquidatori, i quali, con
l’intenzione di ingannare i soci o il pubblico e al fine di conseguire per sé o per altri un
ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste
dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, esponendo fatti materiali non rispondenti al
vero ancorché oggetto di valutazioni, ovvero omettendo informazioni la cui
comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o
finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo a
indurre in errore i destinatari sulla predetta situazione, cagionano un danno
patrimoniale ai soci o ai creditori sono puniti, a querela della persona offesa, con la
reclusione da sei mesi a tre anni.
Si procede a querela anche se il fatto integra altro delitto, ancorché aggravato a danno
del patrimonio di soggetti diversi dai soci e dai creditori, salvo che sia commesso in
danno dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee.
Nel caso di società soggette alle disposizioni della parte IV, titolo III, capo II, del
decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, la pena per i fatti previsti al primo comma è
da uno a quattro anni e il delitto è procedibile d’ufficio.
La punibilità per i fatti previsti dal primo e terzo comma è estesa anche al caso in cui le
informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.
La punibilità per i fatti previsti dal primo e terzo comma è esclusa se le falsità o le
omissioni non alterano in modo sensibile la rappresentazione della situazione
economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa
appartiene. La punibilità è comunque esclusa se le falsità o le omissioni determinano
una variazione del risultato economico di esercizio, al lordo delle imposte, non
superiore al 5% o una variazione del patrimonio netto non superiore all’1 per cento.
In ogni caso il fatto non è punibile se conseguenza di valutazioni estimative che,
singolarmente considerate, differiscono in misura non superiore al 10% da quella
corretta.”
Le due fattispecie previste dall’articolo in esame ripropongono tutti gli elementi
dell’art. 2621 c.c. con l’aggiunta del danno patrimoniale cagionato a soci o a
creditori. Questo è l’elemento specializzante che implica la necessità di dimostrare il
nesso causale tra la falsa rappresentazione patrimoniale, economica e finanziaria e
danno ai soci / creditori.
Il riferimento del 2° comma al d.lgs. 58 / 1998 altro non vuol dire che la norma si
applica oltre che alle società non quotate anche a quelle quotate.
OGGETTO GIURIDICO: cambia rispetto all’art. 2621 c.c. in quanto subentrano interessi
privatistici. In particolare l’interesse patrimoniale dei soci e dei creditori.
OGGETTO MATERIALE: ferme le relazioni e il bilancio, le “altre comunicazioni sociali”
sono soltanto più quelle “previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico”, come già
osservato nell’analisi dell’art. 2621 c.c.
SOGGETTI
ATTIVI:
sono soltanto gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i
liquidatori (anche in questa fattispecie sono stati esclusi i promotori e i soci fondatori).
CONDOTTA ESECUTIVA: sono previste due modalità alternative
-
esposizione dei fatti non rispondenti al vero
-
omissione di informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge (il
riferimento non è alla forma, ma al contenuto della comunicazione
Ognuna delle due tipologie di condotta deve essere necessariamente:
c. idonea ad indurre in errore i destinatari della comunicazione (cd. insidiosità del
falso) tale requisito ha dato dignità positiva alla concezione oggettiva
dell’AVEZZO sul termine fraudolentemente
d. significativa ossia deve alterare in modo sensibile la rappresentazione della
situazione (cd. significatività del falso)
Il superamento delle soglie non configura reato. Se le soglie vengono superate devono
comunque configurare variazioni idonee ad indurre in errore i destinatari e tali da
alterare in modo sensibile la rappresentazione della situazione.
Oltre a ciò si richiede la produzione di un danno patrimoniale ai soci o ai creditori.
ELEMENTO
SOGGETTIVO:
comprende il dolo intenzionale, il dolo specifico e il dolo
generico (consapevolezza di causare un danno a soci o creditori).
FORME DI PERSEGUIBILITÀ: occorre distinguere
Società non quotate perseguibilità a querela di parte
Società quotate perseguibilità d’ufficio
PROBLEMATICHE:
SUCCESSIONE DELLE LEGGI PENALI NEL TEMPO: con la riforma è intervenuto una
abolitio criminis o una mera modificazione di incriminazioni già esistenti?
Come noto c’è modificazione quando tra vecchia e nuova fattispecie c’è una
continuità del tipo di illecito, mentre c’è abolitio criminis se tra vecchia e nuova
fattispecie c’è una netta discontinuità. Es: in tema di delitti contro la P.A. l’art. 324
(Interesse privato in atti d’ufficio) l’articolo è stato abrogato, ma la Cassazione ha
sancito che si è verificato un un’abolitio criminis bensì una modificazione perché il
vecchio ed ora abrogato articolo 324 è stato fatto rientrare nel reato di abuso
d’ufficio (art. 323 c.p.)
Sulle false comunicazioni sociali e bancarotta impropria (art. 223, n.1 l. fall.): in
dottrina sono sate prospettate entrambi le tesi:
a. c’è continuità tra la vecchia e nuova disciplina (modifica)
b. c’è discontinuità tra vecchia e nuova disciplina (abrogazione)
Tutti gli avvocati hanno presentato istanza di proscioglimento per i loro assistiti (a
loro dire c’era discontinuità e quindi abolitio criminis). I P.M. invece sostenevano
che si erano semplicemente modificati i capi di imputazione (sostenendo la
continuità e dunque modificazione).
Sezioni Unite Penali della Cassazione (all’interno della delle stesse sezioni della
Cassazione si erano sostenute entrambi le tesi): 26 marzo 2003: c’è continuità non
ostante le modifiche intervenute con la riforma del 2002 e dunque c’è solo
modificazione. Da qui i procedimenti penali pendenti possono continuare (purché
ricorrano i requisiti ora previsti).
LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE: alcuni dubbi di legittimità costituzionale si
ricollegano agli obblighi del legislatore di attenersi a direttive comunitarie, le quali
hanno sancito la necessità di prevedere sanzioni dissuasive.. Il legislatore italiano
(art. 2621 prevede una pena lieve e un termine prescrizionale breve) non ha invece
adempiuto gli obblighi comunitari.