Reati societari_false comunicazioni sociali
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Reati societari_false comunicazioni sociali
Reati societari FONTI: La materia è contenuta nel TITOLO XI del LIBRO V (del lavoro) del CODICE CIVILE ed è stata recentemente modificato con l’art. 1 D. lgs. 61/2002 Gli articoli compresi sono quelli che vanno dall’art. 2621 all’art. 2642 c.c. In particolare si analizzeranno gli articoli: - art. 2621 c.c. FALSE COMUNICAZIONI SOCIALI - art. 2622 c.c. FALSE CREDITORI (nelle COMUNICAZIONI SOCIALI IN DANNO AI SOCI E AI società quotate e non quotate) La disciplina delle false comunicazioni sociali era già presente nel codice del 1942 ma le modifiche apportate sono nate dalla necessità di contrastare le aberranti interpretazioni giurisprudenziale che forzarono la portata delle norme in esame. NATURA: Le false comunicazioni sociali delineano un esempio tipico di falso ideologico perché la condotta tipica consiste non già in modificazioni esteriori del documento (abrasioni, cancellature, aggiunte…), ma in una rappresentazione di qualcosa diverso dalla realtà. è bene notare che è l’unico caso di falso in scrittura privata punito come falso ideologico. Negli altri casi il falso in scrittura privata è punito come falso materiale. Quid della sanzione di falso ideologico? Il bilancio è un atto che si pone a metà strada tra un atto meramente privatistico ed un atto a rilevanza pubblicistica. Non si può dire che sia totalmente atto privato in quanto è destinato a rilevare per una pluralità di persone (è redatto da un CDA e approvato dall’assemblea dei soci – è parametro per i soci e per i creditori), né atto pubblico in quanto non è redatto da soggetti che rivestono la qualità di pubblico ufficiale. OGGETTO GIURIDICO: OGGETTO GIURIDICO (1) = (1) poi analizzeremo anche la vecchia formula del 2621 e l’aberrante interpretazione dello stesso) ↓ INFORMATIVA CORRETTA E TRASPARENTE DI TUTTI COLORO CHE POSSONO VENIRE A CONTATTO CON LA SOCIETA’ = ↓ TRASPARENZA DELL’INFORMAZIONE SOCIETARIA (infatti le norme riguardano sia il BILANCIO che le ALTRE COMUNICAZIONI SOCIALI). Tutto ciò era già stato messo in evidenza dal legislatore del 1942, tuttavia negli anni ’90 (con riferimento particolare al fenomeno di “TANGENTOPOLI”) la giurisprudenza accertò una realizzazione pressoché spasmodica delle fattispecie di false comunicazioni sociali poiché nel fenomeno del pagamento delle tangenti il denaro usato per pagare i pubblici ufficiali derivava da “fondi neri” della società che venivano utilizzati appositamente per la remunerazione illecita dei pubblici ufficiali. Ovviamente tali somme non potevano essere iscritte regolarmente nel passivo del bilancio. Accanto a questo fenomeno la giurisprudenza produsse una serie di aberranti interpretazioni che portarono uno modifica della ratio che stava alla base degli articoli in esame. Nello specifico il reato che tutelava la trasparenza dell’informazione societaria divene reato che tutelava il patrimonio sociale. SOGGETTI ATTIVI: Il reato di false comunicazioni sociali è un reato proprio ed è un reato tipico, anche se non esclusivo, degli amministratori (in seguito si vedrà la restrizione del novero dei soggetti agenti operato dalla riforma del 2002). La figura dell’amministratore è definita non dal diritto penale, ma dal diritto commerciale. È amministratore colui che compie gli atti (e ne assume la responsabilità verso soci, creditori e terzi in generale) di cui agli artt. 2380 e ss. c.c.. Problema: 1. Teste di legno: in alcuni casi gli amministratori (cd. amministratori apparenti o teste di legno) sono soggetti apparentemente preposti al compimento defli affari sociali, ma le decisioni in realtà sono assunte da uno o più soggetti che non appaiono nei rapporti sociali. La giurisprudenza penale (in parallelo con quella civile che a tutt’oggi ammette la responsabilità dell’amministratore di fatto verso soci, creditori e terzi) delineò la figura dell’amministratore di fatto. Tale soggetto può essere soggetto attivo del reato di false comunicazioni sociali alla stessa stregua dell’amministratore di diritto (o apparente), o meglio in concorso con quest’ultimo. La riforma del 2002 ha positivizzato tale indirizzo prevedendo all’art. 2621, 2° comma c.c. la punibilità è estesa anche nel caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi. 2. Responsabilità collegiale: escludendo il caso dell’amministratore unico, in genere è il Consiglio d’Amministrazione che provvede alla redazione del bilancio. È da ritenersi questo interamente responsabile? Le posizioni dottrinarie in merito sono numerose. Alcune (cd. assolutizzanti) sostengono che le responsabilità interessi interamente tutti i membri del CdA. Tuttavia non sembra opportuna tale estensione, meglio sarebbe condurre un’indagine sulla condotta dei singoli amministratori (es. nel giorno della votazione erano assenti oppure votarono contro!) e sull’elemento psicologico (es. l’amministratore può non essersi accorto per negligenza della falsificazione effettuata dagli altri, concretando così la volontà a non voler falsificare). Per tanto deve concludersi che non si può estendere a priori la responsabilità a tutti i componenti del CdA, bensì occorrerà procedere ad un’indagine per il caso concreto sulla condotte e sull’elemento psicologico di ciascun amministratore. VECCHIA FORMULAZIONE DELL’ART. 2621: Salvo che il fatto non costituisca reato più grave, sono puniti con la reclusione da q a 5 anni e con la multa da lire 2 milioni e 20 milioni: 1.) i promotori, i soci fondatori, gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i liquidatori, i quali nelle relazioni, nei bilanci o in altre comunicazioni sociali fraudolentemente espongono fatti non rispondenti al vero sulla costituzione, o sulle condizioni economiche della società o nasconodono in tutto o in parte fatti concernenti le condizioni medesime. I nn. 2.) e 3.) non rilevano in quanto concernono utili fittizi e non distribuibili che vengono riscossi o pagati da amministratori a direttori generali (n.2) ovvero la distribuzione illecita di acconti sui dividendi (n.3). SANZIONI: reclusione da 1 a 5 anni con multa da lire 2 milioni a 20 milioni SOGGETTI AGENTI: Promotori Soci fondatori Amministratori Direttori generali Sindaci Liquidatori CONDOTTA ESECUTIVA OGGETTO MATERIALE E OGGETTO GIURIDICO 1) Esposizione di fatti non rispondenti al vero circa la : A) COSTITUZIONE (per promotori e soci fondatori), B) CONDIZIONE ECONOMICA DELLA SOCIETA’ (per tutti gli altri) 2) Occultamento di fatti circa la : CONDIZIONE ECONOMICA DELLA SOCIETA’ (per tutti) Oggetto marteriale erano: a) RELAZIONI b) BILANCI c) ALTRE COMUNICAZIONI SOCIALI E’ necesario trattare contestualmente dell’oggetto materiale e dell’oggetto giuridico perché, essendo prevalso in giurisprudenza la tesi della plurioffessività (ogg. Giuridico) del reato di cui all’art. 2621 n°1 [giurisprudenza: lede FEDE PUBBLICA, ECONOMIA PUBBLICA, INTERESSI DELL’IMPRESA, SOCI “UTI SINGULI”, “CREDITORI, TERZI (anche potenziali)], tale ampia veduta si rifletteva anche sull’oggetto materiale, che risultava anch’esso, a causa dell’ampiezza dell’oggetto giuridico, notevolmente ampliato nel suo 3° elemento (oggetto materiale) (= ALTRE COMUNICAZIONI SOCIALI), anche se la giurisprudenza pose comunque 2 REQUISITI perché si potesse parlare di “ALTRE COMUNICAZIONI SOCIALI” svolte, per quanto riguardo l’oggetto materiale: a) Devono essere COMUNICAZIONI UFFICIALI QUANTO A PROVENIENZA (cioè redatte da sindaci e amministratori nell’esercizio delle loro funzioni nella società) b) Devono essere COMUNICAZIONI DESTINATE A: Soci, Sottoscrittori, Terzi interessati, Terzi titolari di interessi tutelasti dalla legge In dottrina ci si chiedeva se dovevano essere incluse le valutazioni di bilancio nell’ambito di applicazione dell’art. 2621: - inizialmente se ne negò la rilevanza tali valutazioni essendo espressive di una valutazione soggettiva e discrezionale non potevano ricollegarsi al termine “fatti” a cui si riferisce l’art. 2621 c.c. salvo che la valutazione fosse talmente erronea da rappresentare come esistente un fatto inesistente. - Successivamente dottrina e giurisprudenza passarono a considerare come falsoil bilancio il quale contenesse valutazioni in base ad i seguenti criteri: CRITERIO DELLA RAGIONEVOLEZZA: è vero che il bilancio ammette delle valutazioni discrezionali da parte degli amministratori, ma quando queste risultino irragionevoli (ossia contrastanti con il cd. arbitrium boni viri ossia la decisione del buon amministratore) è configurabile il reato di false comunicazioni sociali CRITERIO DELLA CONCORDANZA: per la individuazione del reato di false comunicazioni sociali non rilevano solo le singole voci dell’attivo e del passivo (non rileva solo stato patrimoniale e conto economico), ma rileva anche la relazione degli amministratori che contiene una serie di criteri di valutazione che gli amministratori dichiarano di aver seguito. Se questi criteri non sono conocordanti con le cifre risultanti dalla loro applicazione si configurarà il reato in esame. FREUDOLENTEMENTE (elemento soggettivo): tale elemento veniva inizialmente ricondotto all’elemento soggettivo del reato e costituiva un dolo specifico (di frode) che ricorreva quando l’agente agiva con la VOLONTÀ DI INDURRE I TERZI IN ERRORE IN ORDINE ALLA RAPPRESENTAZIONE DEL BILANCIO + OBIETTIVO DI INGIUSTI PROFITTO (non esplicitato dalla norma ma ammesso dalla dottrina) + CONSAPEVOLEZZA DI CAGIONARE UN DANNO CORRELATIVO AL SUDDETTO PROFITTO. Il dolo sembrava difficile dall’essere provato, ma la giurisprudenza riteneva sufficiente la sussistenza del primo elemento (volontà di indurre taluno in errore). A partire dagli anni ’90 (soprattutto nel caso Cusani nel periodo di tangentopoli) la giurisprudenza ricondusse l’avverbio fraudolentemente all’elemento oggettivo, nel senso che la falsificazione doveva essere stata eseguita con modalità fraudolenta. In altri termini una voce del bilancio, perché fosse configurabile il reato, doveva essere idonea ad ingannare il lettore del bilancio. Una falsificazione con il dolo di frode, ma inidonea a tratte in inganno il lettore nono configurava reato ai sensi dell’art. 2621 n. 1 c.c. In conclusione l’art. 2621 n.1 c.c. era applicato con frequenza elevatissima (Tangentopoli, fondi neri), ma soprattutto era applicato erroneamente, ossia in tutti i casi in cui avveniva una cattiva gestione dolosa da parte degli amministratori! Se qualcosa di grave è successo in una società, quella società ha un bilancio falsificato dai suoi amministratori. LA NUOVA DISCIPLINA DEL FALSO IN BILANCIO LA RIFORMA DEL 2002: la disciplina è stata scomposta in due norme: a.) l’art. 2621 c.c. che non prevede più la ripartizione nei numeri 1.; 2. e 3. e prevede la contravvenzione per false comunicazioni sociali b.) l’art. 2622 c.c. che prevede il delitto di false comunicazioni sociali in danno dei soci o dei creditori 1. nelle società quotate ex d.lgs. 58/1998 / 2. nelle società non quotate L’elemento specializzante che distingue i delitti ex art. 2622 dalla contravvenzione ex art. 2621 è la causazione di un danno ai soci o ai creditori. Per tanto gli articoli in esame delineano tre reati: 1. CONTRAVVENZIONE DI FALSE COMUNICAZIONI SOCIALI 2. DELITTO DI FALSE COMUNICAZIONI SOCIALI CON DANNO AI SOCI / AI CREDITORI NELLE SOCIETÀ QUOTATE 3. DELITTO DI FALSE COMUNICAZIONI SOCIALI CON DANNO AI SOCI NELLE SOCIETÀ NON QUOTATE / AI CREDITOI ART. 2621 C.C. FALSE COMUNICAZIONI SOCIALI: “Salvo quanto previsto dall’articolo 2622 , gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i liquidatori , i quali, con l’intenzione di ingannare i soci o il pubblico e al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge , dirette ai soci o al pubblico, espongono fatti materiali non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni ovvero omettono informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale, o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo a indurre in errore i destinatari sulla predetta situazione, sono puniti con l’arresto fino a un anno e sei mesi. La punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi. La punibilità è esclusa se le falsità o le omissioni non alterano in modo sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene. La punibilità è comunque esclusa se le falsità o le omissioni determinano una variazione del risultato economico di esercizio al lordo delle imposte, non superiore al 5% o una variazione del patrimonio netto non superiore all’1 per cento. In ogni caso il fatto non è punibile se conseguenza di valutazioni estimative che, singolarmente considerate, differiscono in misura non superiore al 10% da quella corretta”. OGGETTO GIURIDICO: il tema è molto discusso ma si segnalano molte differenze rispetto al previgente art. 2621 n.1 c.c. Quest’ultimo veniva inteso come reato plurioffensivo, mentre oggi la tesi della plurioffensività risulta isolata. Oggi l’opinione prevalente è nel senso di intendere che l’oggetto giuridico dell’art. 2621 sia: a.) tutela della trasparenza dell’informazione societaria: ossia la tutela di una rappresentazione fedele dalle situazione patrimoniale, economica e finanziaria (Pulitanò, Musco e Giunta). b.) tutela degli interessi patrimoniali dei soci e dei creditori in forma anticipata: riconduce all’art. 2621 la tutela di alcuni interessi alcuni interessi tutelati dall’art. 2622 (interessi patrimoniali dei soci o dei creditori, visto che l’art. 2622 c.c. è speciale rispetto all’art. 2621 c.c. per via del danno ai soci o ai creditori). L’art. 2621 tutelerebbe in definitiva gli interessi dei soci e dei creditori in forma anticipata. c.) tutela della trasparenza funzionale: secondo questa terzo indirizzo si dice che l’art. 2621 tutelerebbe sì la trasparenza, ma in quanto bene strumentale, funzionale alla tutela dei beni finali che sono gli interessi dei soci e dei creditori e gli interessi del pubblico, dei destinatari dell’informazione societaria. Sia la tesi sub b.) che sub c.) non convincono in quanto smentite dalla previsione della perseguibilità a querela di parte sancita dall’art. 2622. L’art. 2621 tutela un interesse pubblicistico. OGGETTO MATERIALE: RELAZIONI = rapporti prescritti dalla legge in determinati cosi BILANCI = bilancio di esercizio, bilancio straordinario non anche bilancio consolidato di gruppo ALTRE ma …… con la previsione di 2 elementi specializzanti e cioè relazioni/bilanci/altre comunicazioni sociali “Previsti dalla legge” e “diretti ai soci o al pubblico” (e.d. SOCIALI COMUNICAZIONI “REQUISITO DELLA DIREZIONALITA’”). Perciò il concetto di comunicazione sociale è stato molto ristretto con l’introduzione di questo 2° requisito: Dunque con il nuovo 2621 non rilevano più le c.d. “Comunicazioni inter-organiche” (cioè intercorrenti tra gli organi di una stessa società), le comunicazioni ad un singolo destinatario e le comunicazioni alle autorità di controllo (quest’ultimo comportamento rileva comunque ex 2638 “ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza) restano quindi escluse le c.d. “comunicazioni atipiche”, cioè non istituti indirizzati dalle c.d. Il legislatore ha deciso di includere nel novero dei possibili oggetti MATERIALI (traslando sul piano normativo quelle che era, anche prima del 2002, era ormai un fermo orientamento giurisprudenziale, dopo la caduta della tesi negativa che si basava sull’inconciliabilità delle valutazioni col termine “fatti”). Come si legge nel 2621, il legislatore ha previsto per la falsificazione delle valutazioni di bilancio una SOGLIA QUATITATIVA PERCENTUALE DI RILEVANZA del +10% (cioè per integrare un falso valutativo realmente ……………rilevante, occorre che la singola valutazione si VALUTAZIONI sia discostata da quella corretta di un “quantum > del (in poche valutazioni di +10%!!!). bilancio) Nel valutare l’entità della falsificazione , il giudice si avvalequasi sempre di “CONSULENTI TECNICI DI PARTE”; se c’è contrasto tra il responso dei consulenti tecnici di parte il giudice può nominare dei PERITI (che sono nominati non dalle parti ma dal giudice), perciò la “PERIZIA”, rispetto alla “CONSULENZA di PARTE”, ha un valore probatorio molto maggiore!. Es. per valutare la “RISERVA SINISTRI” che tutte le società assicuratrici devono per legge tenere! Essa infatti si calcolano in parte in base all’inventario e in parte su valutazioni attuariali, cioè su calcoli probabilistici. Perciò uno scostamento di tali valutazioni rispetto a quello corretto superiore del 10% può integrare il reato di false comunicazioni sociali. Infatti, essendo tali riserve sininistri iscritte nel passivo del bilancio la società assicuratrice può avere l’interesse a “sottostimare” la stessa!!). Dunque, TALE SOGLIA QUANTITATIVA PERCENTUALE COSTITUISCE UNA TRADUZIONE IN TERMINI NORMATIVI-QUANTITATIVI di quelli che in passato erano criteri molto incerti (specialmente del criterio della ragionevolezza o arbitrium boni viri). PROBLEMA: Tale SOGLIA QUANTITATIVA PERCENTUALE DI RILEVANZA E’ una CONDIZIONE OBIETTIVA DI PUNIBILITA’ o un ELEMENTO ESSENZIALE DEL REATO? Ciò ha (ovviamente!) delle ripercussioni sulle indagine/non indagine circa l’elemento soggettivo. Infatti trattandosi di elemento essenziale, deve essere (per la punibilità) necessariamente coperto dal DOLO, cioè l’agente deve avere voluto oltrepassare la sogli; trattandosi di condizione obiettiva di punibilità (art. 44 c.p.) non si richederebbe alcuna analisi sull’elemento soggettivo. Come è noto l’elemento essenziale è un fatto del reato ed essendo tale contribuisce a determinare il disvalore del fatto, cioè incide sull’offesa dell’interesse giuridico che la norma violata era preordinata a tutelare. Contrariamente la condizione obiettiva di punibilità è un elemento futuro ed incerto che si affianca ad un fatto completo nella sua antigiuridicità e per tanto essa non è idonea ad incidere sull’antigiuridicità. Esempio: INSOLVENZA FRAUDELENTA (art. 641): l’inadempimento all’obbligazione è ELEMENTO ESSENZIALE del reato perché incide eccome sull’antigiuridicità del fatto!. Infatti, l’interesse tutelato dal 641 è l’interesse patrimoniale della vittima; tale interesse intanto è leso in quanto l’obbligazione non sia adempiuta. Esempio: DELITTO COMUNE DEL CITTADINO ALL’ESTERO (art.9): la presenza del cittadino su territorio dello Stato (cittadino che ha commesso all’estero un delitto punito dalla legge italiana con ergastolo/reclusione di min. 3 anni) è una CONDIZIONE OBIETTIVA di PUNIBILITA’, essendo un elemento che va ad affiancare ad un fatto già completo, non incidendo nell’antigiuridicità dello stesso. La soglia quantitativa di rilevanza è in genere considerata un elemento essenziale perché proprio con la previsione di tale soglia il legislatore ha voluto attenersi al principio di offensività e al principio di sussidiarietà vigenti nel diritto penale. In altri termini solo se la soglia di rilevanza è superata allora l’interesse tutelato dall’art. 2621 è leso (offensività e disvalore del fatto). SOGGETTI ATTIVI: il reato previsto dall’art. 2621 è un reato proprio e rispetto al previgente articolo il novero dei soggetti risulta più ristretto: - Amministratori - Direttori generali - Sindaci - Liquidatori Risultano fuori i soci fondatori e i promotori in quanto il legislatore ha inteso eliminare dalla tutela la fase costitutiva lasciandovi coperta sola la fase attuativa della società. CONDOTTA ESECUTIVA: sono previste due modalità alternative - esposizione dei fatti non rispondenti al vero - omissione di informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge (il riferimento non è alla forma, ma al contenuto della comunicazione Ognuna delle due tipologie di condotta deve essere necessariamente: a. idonea ad indurre in errore i destinatari della comunicazione (cd. insidiosità del falso) tale requisito ha dato dignità positiva alla concezione oggettiva dell’AVEZZO sul termine fraudolentemente b. significativa ossia deve alterare in modo sensibile la rappresentazione della situazione (cd. significatività del falso) Il superamento delle soglie non configura reato. Se le soglie vengono superate devono comunque configurare variazioni idonee ad indurre in errore i destinatari e tali da alterare in modo sensibile la rappresentazione della situazione. ELEMENTO SOGGETTIVO: il dolo che deve ricorrere per la fattispecie ex art. 2621 c.c. è un mixtum compositum tra: dolo intenzionale (con l’intenzione di ingannare i soci o il pubblico, non è ammesso il dolo eventuale) + dolo generico (relativo agli elementi del fatto: es. soglie di rilevanza) + dolo specifico (fine di ingiusto profitto) = DOLO INTENZIONALE + DOLO SPECIFICO (questo comprende quello generico) Da notare che l’art. 2621 c.c. è una contravvenzione punita in via eccezionale a titolo di dolo (cd. CONTRAVVENZIONE ESSENZIALMENTE DOLOSA), così come i delitti sono punibili di massima solo a titolo di dolo ed eccezionalmente a titolo di colpa. L’articolo in questione chiarisce in via positiva una volta per tutte il problema della responsabilità dell’amministratore di fatto già chiarito in via giurisprudenziale (art. 2621, 2° comma c.c.) SANZIONE: arresto fino ad 1 anno e 6 mesi FORME DI PERSEGUIBILITÀ: questo reato contravvenzionale è perseguibile d’ufficio. In quanto contravvenzione vige il termine prescrizionale generale di 3 anni, salvo la presenza di atti interrottivi che possono portare il termine al massimo a 4 anni e 6 mesi (art. 160, ultimo comma, c.p. prevede che il termine prescrizionale anche in presenza di atti interruttivi non può essere prolungato oltre la metà). CRITICHE: questo reato è già di per sé difficilmente accertabile (si pensi all’indagine sulle soglie di rilevanza); il qualificarlo come contravvenzione farà sì che molti casi per il breve termine prescrizionali finiranno per prescritti. ART. 2622 C.C. FALSE COMUNICAZIONI SOCIALI IN DANNO DEI SOCI O DEI CREDITORI: “Gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i liquidatori, i quali, con l’intenzione di ingannare i soci o il pubblico e al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, esponendo fatti materiali non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni, ovvero omettendo informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo a indurre in errore i destinatari sulla predetta situazione, cagionano un danno patrimoniale ai soci o ai creditori sono puniti, a querela della persona offesa, con la reclusione da sei mesi a tre anni. Si procede a querela anche se il fatto integra altro delitto, ancorché aggravato a danno del patrimonio di soggetti diversi dai soci e dai creditori, salvo che sia commesso in danno dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee. Nel caso di società soggette alle disposizioni della parte IV, titolo III, capo II, del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, la pena per i fatti previsti al primo comma è da uno a quattro anni e il delitto è procedibile d’ufficio. La punibilità per i fatti previsti dal primo e terzo comma è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi. La punibilità per i fatti previsti dal primo e terzo comma è esclusa se le falsità o le omissioni non alterano in modo sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene. La punibilità è comunque esclusa se le falsità o le omissioni determinano una variazione del risultato economico di esercizio, al lordo delle imposte, non superiore al 5% o una variazione del patrimonio netto non superiore all’1 per cento. In ogni caso il fatto non è punibile se conseguenza di valutazioni estimative che, singolarmente considerate, differiscono in misura non superiore al 10% da quella corretta.” Le due fattispecie previste dall’articolo in esame ripropongono tutti gli elementi dell’art. 2621 c.c. con l’aggiunta del danno patrimoniale cagionato a soci o a creditori. Questo è l’elemento specializzante che implica la necessità di dimostrare il nesso causale tra la falsa rappresentazione patrimoniale, economica e finanziaria e danno ai soci / creditori. Il riferimento del 2° comma al d.lgs. 58 / 1998 altro non vuol dire che la norma si applica oltre che alle società non quotate anche a quelle quotate. OGGETTO GIURIDICO: cambia rispetto all’art. 2621 c.c. in quanto subentrano interessi privatistici. In particolare l’interesse patrimoniale dei soci e dei creditori. OGGETTO MATERIALE: ferme le relazioni e il bilancio, le “altre comunicazioni sociali” sono soltanto più quelle “previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico”, come già osservato nell’analisi dell’art. 2621 c.c. SOGGETTI ATTIVI: sono soltanto gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i liquidatori (anche in questa fattispecie sono stati esclusi i promotori e i soci fondatori). CONDOTTA ESECUTIVA: sono previste due modalità alternative - esposizione dei fatti non rispondenti al vero - omissione di informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge (il riferimento non è alla forma, ma al contenuto della comunicazione Ognuna delle due tipologie di condotta deve essere necessariamente: c. idonea ad indurre in errore i destinatari della comunicazione (cd. insidiosità del falso) tale requisito ha dato dignità positiva alla concezione oggettiva dell’AVEZZO sul termine fraudolentemente d. significativa ossia deve alterare in modo sensibile la rappresentazione della situazione (cd. significatività del falso) Il superamento delle soglie non configura reato. Se le soglie vengono superate devono comunque configurare variazioni idonee ad indurre in errore i destinatari e tali da alterare in modo sensibile la rappresentazione della situazione. Oltre a ciò si richiede la produzione di un danno patrimoniale ai soci o ai creditori. ELEMENTO SOGGETTIVO: comprende il dolo intenzionale, il dolo specifico e il dolo generico (consapevolezza di causare un danno a soci o creditori). FORME DI PERSEGUIBILITÀ: occorre distinguere Società non quotate perseguibilità a querela di parte Società quotate perseguibilità d’ufficio PROBLEMATICHE: SUCCESSIONE DELLE LEGGI PENALI NEL TEMPO: con la riforma è intervenuto una abolitio criminis o una mera modificazione di incriminazioni già esistenti? Come noto c’è modificazione quando tra vecchia e nuova fattispecie c’è una continuità del tipo di illecito, mentre c’è abolitio criminis se tra vecchia e nuova fattispecie c’è una netta discontinuità. Es: in tema di delitti contro la P.A. l’art. 324 (Interesse privato in atti d’ufficio) l’articolo è stato abrogato, ma la Cassazione ha sancito che si è verificato un un’abolitio criminis bensì una modificazione perché il vecchio ed ora abrogato articolo 324 è stato fatto rientrare nel reato di abuso d’ufficio (art. 323 c.p.) Sulle false comunicazioni sociali e bancarotta impropria (art. 223, n.1 l. fall.): in dottrina sono sate prospettate entrambi le tesi: a. c’è continuità tra la vecchia e nuova disciplina (modifica) b. c’è discontinuità tra vecchia e nuova disciplina (abrogazione) Tutti gli avvocati hanno presentato istanza di proscioglimento per i loro assistiti (a loro dire c’era discontinuità e quindi abolitio criminis). I P.M. invece sostenevano che si erano semplicemente modificati i capi di imputazione (sostenendo la continuità e dunque modificazione). Sezioni Unite Penali della Cassazione (all’interno della delle stesse sezioni della Cassazione si erano sostenute entrambi le tesi): 26 marzo 2003: c’è continuità non ostante le modifiche intervenute con la riforma del 2002 e dunque c’è solo modificazione. Da qui i procedimenti penali pendenti possono continuare (purché ricorrano i requisiti ora previsti). LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE: alcuni dubbi di legittimità costituzionale si ricollegano agli obblighi del legislatore di attenersi a direttive comunitarie, le quali hanno sancito la necessità di prevedere sanzioni dissuasive.. Il legislatore italiano (art. 2621 prevede una pena lieve e un termine prescrizionale breve) non ha invece adempiuto gli obblighi comunitari.