vanityfair - The Children for Peace
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VANITY FOR Peace etiopia SPUNTErà un raggio di sole Non è facile nascere in un posto dove un bimbo su dieci muore prima dell’anno. Dove gli ORFANI DI AIDS sono milioni e dove le nonne devono «rifare» le mamme. Dove vincere la sete può essere rischioso. Ma dove c’è anche qualcuno che ogni giorno, con un gesto vanitoso, si regala la speranza Di raffaella serini • foto stefano guindani Due bambini abbracciati fuori dalla loro «casa» di Kechene, baraccopoli nel centro di Addis Abeba, capitale dell’Etiopia. 134 I VANITY FAIR I 28.11.2012 T ewabech si porta le mani avvizzite alla bocca e non risponde. Quanti anni hai? «Sono vecchia, non ve lo dico». Dato il contesto, lo scatto di vanità di questa donna col viso solcato dall’infelicità e l’età indecifrabile fa tenerezza. Da quando il virus dell’Hiv le ha portato via marito e figli, Tewabech è sola. E, nel mondo, (soprav)vive dentro a un tugurio di lamiera, dove non entra un solo raggio di sole. Una presa in giro, considerato che siamo vicini all’Equatore. Tewabech è infatti una degli oltre 50 mila abitanti di Kechene, la «centralissima» baraccopoli di Addis Abeba, capitale dell’Etiopia. Uno slum di terra, pietra e (molto) amianto dove solo il 15 per cento della popolazione ha accesso all’acqua potabile, mentre gli altri, soprattutto i più piccoli, per sconfiggere la sete devono sfidare ogni volta tifo, colera e altre malattie, e non sempre vincono la scommessa (in Etiopia, il 10 per cento dei bambini muore prima di avere compiuto un anno). Nel vedere il sacco pieno di cibo che Sosina le ha portato, Tewabech ha di nuovo un lampo di femminilità: «I miei capelli stanno diventando bianchi, mangiare mi farà bene». 28.11.2012 I VANITY FAIR I 135 5 MILIONI DI ORFANI Su chi aiutare non c’è che la «disperazione della scelta»: di donne sole con piccoli a carico Kechene è piena. Gete ha 82 anni e da sei è costretta a (ri)fare la mamma per i suoi nipoti di 7 e 9 anni, rimasti orfani di entrambi i genitori. Nonostante la tempra, Gete è stanca. «Le gambe non mi reggono più», confessa a bassa voce, «e già per due volte ho mandato mia figlia a prendere l’acquasanta pensando di morire. Ma se io muoio, che ne sarà dei bambini?». Un punto interrogativo che, in Etiopia, riguarda circa 5 milioni di minori, tanti quanti, secondo l’Unicef, sono gli orfani di questo Paese. Quando la madre la ha affidata al nulla lasciandola sola nella culla dell’ospedale, Hanna aveva tre giorni. La mamma, vedova, si era ammalata di cancro al seno poco dopo essere rimasta incinta: una condanna a morte, a cui ha «voluto» sottrarre almeno la figlia. 136 I VANITY FAIR I 28.11.2012 1 IN PRIMA FILA NELLA LOTTA ALL’AIDS The Children for Peace (info: www.thechildrenforpeace.it) è una Onlus italiana che assiste bambini in Palestina, Mali, Siria ed Etiopia: qui, nella capitale Addis Abeba, gestisce tre scuole grazie al fondo per l’istruzione promosso dal soprano Montserrat Caballé e, da cinque anni, sostiene l’orfanotrofio fondato da «Mamma Africa» Haregewoin Teferra, oltre ad alcune famiglie che vivono nella parte più povera della città. Molti assistiti sono sieropositivi, e quindi in occasione della Giornata Mondiale contro l’Aids (1 dicembre) The Children for Peace organizza un charity gala dinner che si terrà a Roma allo Spazio 900 all’Eur: nel corso dell’evento benefico sarà conferito al direttore di Vanity Fair Luca Dini lo Special Award Children for Peace 2012, e sarà anche in vendita una creazione esclusiva dello stilista di gioielli Mario Pini. Per donazioni: The Children for Peace Onlus – Unicredit Banca IBAN: IT 61 T 02008 01136 000040764054. 1. L’orfanotrofio fondato ad Addis Abeba da «Mamma Africa» Haregewoin Teferra e ora gestito dalla figlia Sosina Worku con il sostegno di The Children for Peace. 2. Un’altra immagine della baraccopoli di Kechene, dove vivono oltre 50 mila persone. 3. I bambini di una della scuole gestite da The Children for Peace si lavano le mani. L’acqua potabile ad Addis Abeba è un bene prezioso. 4. Gete è una delle tante donne sole (anche anziane) di Kechene con piccoli a carico: ha 82 anni, eccola con i nipoti orfani di entrambi i genitori. 4 2 3 Riuscendoci. Oggi Hanna è una bambina bellissima con tanti capelli e pochi denti che cresce serena tra le braccia delle nanny dell’orfanotrofio di Sosina. Ha un anno, e le tate (dieci in tutto, che si alternano notte e giorno) fanno a gara a chi riuscirà a farle dire per la prima volta «mamma». Ma nessuna è destinata a vincere veramente. Meserat, invece, il destino credeva di averlo battuto per sempre. Mamma sola di una figlia adolescente a Kechene, da qualche tempo aveva preso a frequentare un corso per diventare massaggiatrice. Poi, però, una caduta dalle scale le ha spezzato una caviglia e, con essa, anche il sogno di affrancarsi finalmente dalla povertà; tutto per una distorsione, che in ospedale non sono riusciti a curare e che aggiustare in una clinica privata costerebbe troppo. Da più di un mese, Meserat è confinata a letto con una gamba ingessata. «La mia vita stava migliorando e ora sono tornata punto e daccapo», si sfoga, in perfetto inglese, di fronte alla figlia che la ascolta in lacrime. Mulalem ha 14 anni, è alta ed elegante: «A scuola ha vinto un concorso di bellezza», racconta orgogliosa Meserat, mentre la ragazza ci mostra l’attestato di premiazione. «Da grande vorrebbe fare la modella», dice la madre. «O la giocatrice di basket», la corregge l’interessata, che intanto ripassa biologia con il libro sulle gambe. I SOGNI NASCONO A SCUOLA Anche Tamnut è fiera della sua primogenita: all’università studia matematica, e prende ottimi voti. La mamma me li indica con il dito, porgendomi la pagella VANITYFAIR.it ILVIDEO che ha tirato fuoil sito di vanity Fair ri dall’unico cassetto della stanza. In questa stanza, Tamnut abita con altre due figlie, una delle quali passa le giornate sdraiata a terra su un materasso, consumata dall’Aids. Eppure l’atmosfera non è mesta, e nessuno è triste. A Kechene, e non solo, la gente ha voglia di fare, reagire, e si vede. Dagli occhi, che nonostante tutto brillano di speranza. Non a caso, il motto che campeggia all’entrata di una delle scuole frequentate dai bambini di The Children for Peace è proprio «Prosperity, hope, sacrifice»: prosperità, speranza, sacrificio. Tra i banchi di questo istituto privato, ma non «esclusivo», gestito da una signora italiana di nome Laura (e presidiato da una tartaruga gigante che bazzica in giardino, utilizzata come «minaccia» anti-marachelle), in tanti sognano un futuro da insegnante, e la materia preferita dai più è la matematica. Ma è impossibile sapere chi siano i più bravi: quando in classe domandi chi è il migliore, tutti alzano la mano. Qualcuno di loro, però, ha già le idee molto chiare: come Rome, che vuole fare (e sembra molto determinata) la giornalista sportiva, mentre Adanech sogna di diventare fotografa, ma per il momento si accontenterebbe di un computer dotato di photoshop. «Prosperity, hope, sacrifice». Per raggiungere la prosperità, loro lo sanno, devono metterci sacrificio. A noi basterebbe regalargli almeno la speranza. tempo di lettura previsto: 8 minuti 28.11.2012 I VANITY FAIR I una produzione sgp in esclusiva per vanity fair. Si ringrazia l’Hilton Addis Abeba per l’ospitalità e accoglienza Parlantina veloce e occhi vispi, Sosina Worku è una quarantenne etiope, piccola ma robusta e tostissima. Lo era anche sua madre, Haregewoin Teferra, che in Italia è conosciuta come Mamma Africa, per via del titolo con cui nel 2008 uscì la sua biografia curata da Melissa Fay Greene. La «favola» di questa donna, da qualcuno ribattezzata «Schindler d’Etiopia» (non è un caso se Steven Spielberg, che nel 1993 diresse Schindler’s List, ha acquistato i diritti del libro), inizia nel 1993, quando Haregewoin, dopo avere perso la prima figlia Atetegeb vittima dell’Aids, decide di esorcizzare il dolore accogliendo nella propria casa orfani e ragazzi abbandonati e diventando in poco tempo una vera e propria eroina nazionale, anche se di lei, scomparsa nel 2009, oggi non resta, per sua volontà, neanche una lapide al cimitero. Ma la favola di Mamma Africa non finisce con la sua scomparsa: ora la porta avanti la secondogenita Sosina che, con il supporto della onlus italiana The Children for Peace (vedi pagina a fronte), a Addis Abeba gestisce un orfanotrofio con venti ospiti (la più grande ha 14 anni, la più piccola 13 mesi), aiutando anche una decina di vedove di Kechene, che sostiene mandando a scuola i figli e portando loro scorte di cibo. 137