IL CALITRANO N. 23

Transcript

IL CALITRANO N. 23
ISSN 1720-5638
IL CALITRANO
periodico quadrimestrale di ambiente, dialetto, storia e tradizioni
Spedizione in abb. postale art. 2 comma 20/C Legge 662/96 Filiale di Firenze
ANNO XXIII - NUMERO 23
(nuova serie)
MAGGIO-AGOSTO 2003
VIA A. CANOVA, 78 - 50142 FIRENZE - TEL. 055/783936
IN
QUESTO NUMERO
È sempre l’amore a vincere
di Raffaele Salvante
Periodico quadrimestrale
di ambiente - dialetto - storia e tradizioni
dell’Associazione Culturale “Caletra”
4
Fondato nel 1981
Il giovane
Ing. Fausto Acocella
IN COPERTINA:
di Il Cronista
Via Pasquale Berrilli, una delle arterie più importanti del paese, che dalla piazza introduce nel fitto
reticolato di vicoli e vicoletti che come una vera e
propria ragnatela si espande per ogni dove avvolgendo l’intero paese in un intricato labirinto.
FOTO FLASH
50° Anniversario
dell’Istituto Tecnico
Commerciale di Calitri
di Ettore Dottor Cicoira
7
RICORDA
CHE LA TUA OFFERTA
È DECISIVA
8
12
Carnevale a Calitri
di Annamaria Maffucci
15
LA NOSTRA BIBLIOTECA
17
Segreteria
Martina Salvante
Direzione, Redazione, Amministrazione
50142 Firenze - Via A. Canova, 78
Tel. 055/78.39.36
19
PER LA PUBBLICAZIONE
SOLIDARIETÀ COL GIORNALE 21
DI QUESTO GIORNALE
MOVIMENTO DEMOGRAFICO 22
REQUIESCANT IN PACE
Direttore Responsabile
A. Raffaele Salvante
Spedizione in abbonamento postale,
art. 2 comma 20/C Legge 662/96, Firenze
DIALETTO E CULTURA
POPOLARE
Sito Internet: www.ilcalitrano.it
E-mail: [email protected]
Direttore
Raffaella Salvante
La Congregazione del
Santissimo Redentore a
Calitri - II parte
di Emilio Dottor Ricciardi
ANNO XXIII - N. 23 n.s.
3
Visita al Quirinale
di Antonella Cestone
IL CALITRANO
23
LA XXII FIERA
INTERREGIONALE
DI CALITRI
che si terrà dal 31 Agosto al 7 Settembre 2003
nel Quartiere Fieristico e che si ripresenta all’attenzione di tutti
all’insegna della continuità e del rinnovamento in una cornice
sempre più ricca di iniziative
TI ASPETTA NON MANCARE
Per ulteriori informazioni
la Segreteria Organizzativa è a tua completa disposizione
Tel. 0827/30.001 - Fax 0827/30.861
e-mail: [email protected]
sito internet www.calitrifiere.it
C. C. P. n. 11384500
La collaborazione è aperta a tutti,
ma in nessun caso instaura un rapporto
di lavoro ed è sempre da intendersi
a titolo di volontariato.
I lavori pubblicati riflettono il pensiero
dei singoli autori, i quali se ne assumono
le responsabilità di fronte alla legge.
Il giornale viene diffuso gratuitamente.
Attività editoriale di natura non
commerciale nei sensi previsti dall’art. 4
del DPR 16.10.1972 n. 633
e successive modificazioni.
Le spese di stampa e postali sono coperte
dalla solidarietà dei lettori.
Stampa: Polistampa - Firenze
Autorizzazione n. 2912 del 13/2/1981
del Tribunale di Firenze
Il Foro competente per ogni controversia è
quello di Firenze.
Accrediti su c/c postale n. 11384500 intestato a “IL CALITRANO” - Firenze oppure
c/c bancario 61943/00 intestato a Salvante A. Raffaele c/o Sede Centrale della Cassa di Risparmio di Firenze Spa - Via Bufalini, 6 - 50122 Firenze - ABI 6160 - CAB
2800
Chiuso in stampa il 15 luglio 2003
IL CALITRANO
N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003
ATTENTI AI SACCENTI MANIPOLATORI DELLA VERITÀ
È SEMPRE L’AMORE A VINCERE
La perdita del senso della storia accompagna il disincantamento del mondo,
oggi la nostra società classifica tutte le azioni sotto forma di piaceri, di interessi o di doveri,
mentre la morale è il punto d’incontro dell’amore disinteressato, sincero, dell’amore
come slancio altruistico e della razionalità.
a sempre ed ancora oggi l’uomo,
oltre che lamentarsi della squallore
D
del presente (tristitia temporis), contrappone un convinto e fermo elogio
del passato (laudatio temporis acti)
con argomentazioni di volta in volta
riferite al tempo vissuto; il tema meriterebbe un congruo approfondimento,
anche se qui lo esprimiamo sinteticamente, come una conclusione di un nostro discorso.
Il mondo sembra totalmente impazzito, la creatura di Dio si macchia di
peccati ed è infettata dalla superbia, e
per questo l’uomo, nella sua perversione, è vittima delle forze del male e
predisposto alla dannazione; la sete di
denaro, l’avarizia ha reso ladri tante
persone, l’avidità come l’invidia, è allo
stesso tempo, colpa e condanna di chi
se ne fa vittima, tutti sono rosi dall’identico, irrefrenabile desiderio di possedere e di avere sempre di più; tutto è
competizione, per il territorio, per il
cibo, per il sesso; ed è per questo che
nel mondo non c’è più lealtà, nessuno
è più fidato ed affidabile.
È una visione davvero sconsolante, che fa salire alla coscienza tante storie di oggi: la lunga teoria dei magistrati che incarnano l’obbrobrio della
giustizia, l’infamia della corruzione,
della menzogna, degli sporchi giochi
finanziari o dello strozzinaggio, insomma gli emblemi del tradimento dei
propri doveri; sulla terra l’unico vero
re è il “denaro” dicevano i nostri primi
progenitori, aggiungendovi “hoc tempore” cioè al giorno d’oggi, ma che è
attuale anche oggi a distanza di tanti
secoli.
Non ci rimane che osservare, con
doloroso stupore, quanto poco l’uomo
sia mutato in quel flusso evenemenziale definito “storia”: il denaro è tutto ed
è il mezzo per ottenere tutto. Solo la
saggezza non vuole appartenere a questa “scuola di Pensiero” che idolatra il
denaro in spregio del vero valore dell’uomo, che la morale cristiana riassume nella carità che è sinonimo di san-
tità e di perfezione cristiana, come l’amalgama, il “vincolo di perfezione”,
la forza unificante che organizza e tiene insieme le altre virtù e gli altri comandamenti.
Come accade all’interno di un articolato ecosistema, gli interessi umani,
morali culturali, teologico-religiosi
convivono e coesistono; si integrano e
si dissociano di continuo, in una sorta
di fisiologica anaciclosi connessa con
l’intimo sentire, ora lucidamente pronto a lasciarsi prendere la mano e guidare da uno stream perfino nevrotico;
ora invece convinto da un difetto di dominio su realtà poco gratificanti, se
non addirittura oppressive e negatrici
del dettato evangelico e dei suoi più
alti valori.
L’uomo appare con una vita pervasa
dal dolore in ogni attimo del giorno, in
ogni ora insonne della notte e anche nel
sonno/sogno. Ed è proprio qui che egli
si rivela più che moderno, attuale; quasi spirante accanto a noi e alle nostre
incertezze, alle nostre paure, alla nostra maledetta impotenza dinanzi a
eventi in grado di condizionare molto
più di quanto possano essere condizionati.
Decadenza e corruzione del mondo si originano da un principio fisico,
che può anche essere rovesciato su un
piano etico morale. L’ignoranza, la
mancanza di vera scienza dipendono
dal dilagare del buio connesso allo scadimento degli studi. E nell’oggi, l’uomo è vittima dell’immodestia originata
dalla superbia del poter fare senza conoscenza, del poter agire senza averne
chiare le ragioni e i perché. Insomma,
sono i dotti improvvisati ad aggiogarsi
il diritto di dare precetti sui comportamenti, sul bene e sul male, si concede
la laurea allo stolto, addottorato in brevissimo tempo; uno stolto che profetizza a pieno petto, interpreta eruttando
e ha il coraggio di disputare con chi è
dotto davvero, un saggio che, stupito,
resta senza parole dinanzi a tanta arroganza, né sa rendersi conto del per3
ché l’uomo iustus venga tolto di mezzo, mentre chi è stato assumptus de
stercore può sputare sentenze definitive
e terribili.
Non c’è più posto per una paziente
preparazione necessaria ad affrontare
il mondo. Sicché i giovani divengono
subito maestri e a maestri si atteggiano.
È una visione così bassa e utilitaristica,
in chi il mondo dovrebbe correggere e
guidare, è tanto esibita e sfacciata che
ogni limite è infranto, superato, oltrepassato e calpestato con la disinvoltura
di chi ormai si sente in diritto di poter
agire contro la legge.
Una severa indignazione morale
funge da fondamento; quella stessa
che, in ogni epoca, è solitamente osannata a parole, ma derisa nei fatti, in
quanto scomoda, irritante, sconveniente per chiunque eserciti una qualsiasi
forma di potere. Si chiede più serietà,
più moralità, più chiarezza, più coerenza.
E si finisce per provare sulla propria pelle l’avversione di un mondo
pazzo che offre gioie ingannevoli.
Quest’uomo scontento, inquieto, tormentato, irritante, indecoroso non è
riuscito a modificare di un capello ciò
che viene definito storia o, peggio ancora, progresso. Eppure, ecco le poche
regole da tenere presenti per ottenere
un mutamento radicale della condizione umana: non essere mai servile –
supportare la propria personalità di una
incontaminata rettitudine
Punto di estrema forza di una tensione spirituale che prenderà carne nelle regole che già san Paolo duemila anni fa diceva: le opere della carne sono
fornicazione, impurità, libertinaggio,
idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie ubriachezze orge e cose
del genere; il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé.
Raffaele Salvante
IL CALITRANO
N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003
ANTONELLA CESTONE
VISITA AL QUIRINALE
10 aprile 2003 l’IIS (Istituto di IstruItolzione
Superiore) “A.M. Maffucci” è stainvitato al Quirinale.
La nostra Scuola è stata prescelta dal
Ministero dell’Istruzione perché si distingue, a livello nazionale, nella didattica della Fisica, grazie al progetto “Apprendimento e insegnamento interattivo”.
Il progetto è diretto dai professori
Pietro Cerreta e Canio Lelio Toglia i
quali, adoperando le apparecchiature della Mostra “Le ruote quadrate”, coinvolgono gli alunni dell’ITC, dell’ISA e del
Liceo Scientifico, le tre Scuole che compongono l’Istituto. In realtà, si tratta di
una collaborazione – resa possibile dalla
nuova Legge dell’Autonomia Scolastica
– tra una Scuola, il “Maffucci”, e “ScienzaViva”, l’Associazione no-profit che gestisce la Mostra, di cui gli stessi professori fanno parte.
Per la stessa data il Ministero aveva
invitato al medesimo scopo altre scuole,
9 per la precisione, per i loro progetti
sull’Astronomia, la Geografia e la Fisica.
Il giorno precedente io e altri 19 allievi delle tre Scuole del Maffucci, accompagnati dal vicepreside, prof. Giovanni Melaccio e dai professori Cerreta e
Toglia, siamo partiti per Roma. I membri
della delegazione meritano di essere qui
ricordati: Valeria Basile, Clementina Capasso, Gerardina Cesta, Luisa Ciano, Serafina D’Annunzio, Massimo Di Milia,
Giuseppe Di Napoli, Vito Di Napoli, Angelo Gallo, Giuseppina Gautieri, Riccardo Iannella, Giuseppe Maffucci, Antonella Maglione, Giuseppina Marchitto,
Giuseppina Montano, Roberta Strollo,
Rossella Tita, Gianmichele Toglia, Martina Nicoletta Zarrilli.
Passata la notte in un albergo della
Capitale, ci siamo levati di buon’ora per
arrivare al Palazzo in tempo per la colazione, svoltasi nel Salone delle Feste.
C’è stato bisogno di un tempo considerevole per accedervi, dovendo passare attraverso le maglie e i detector del sistema
di sicurezza che protegge il Capo dello
Stato.
Subito dopo, in un’altra delle sontuose sale del Palazzo, una funzionaria del
Quirinale ci ha spiegato che la nostra
presenza al Quirinale derivava dal proposito del Presidente della Repubblica
Il professore Cerreta presenta l’IIS “A. Maffucci” di Calitri al Presidente e alla Signora Ciampi
Carlo Azeglio Ciampi di avvicinare i giovani alle istituzioni, specialmente nella
sua dimora ufficiale.
Ogni mese, infatti, alcune Scuole,
che si mettono in evidenza in ambito nazionale per la didattica, sono invitate al
Quirinale per vivere una giornata nella
dimora di colui che rappresenta tutti noi
italiani e riassume in sé l’unità e la continuità dello Stato.
Il Palazzo, come l’incaricata ci ha ancora spiegato, ha innanzitutto un decoro
da mantenere e molte sono le persone
che sono addette a questo compito. Abbiamo avuto modo di conoscerne alcune,
altamente specializzate nel loro settore,
le quali si sono presentate a noi e con
grande comunicativa ci hanno parlato
delle mansioni che sono state chiamate a
svolgere: gli addetti al restauro e alla manutenzione dei mobili; i responsabili dei
giardini e, nel contempo, delle composizioni di fiori freschi che, giornalmente e
nelle occasioni particolari, abbelliscono
le sale del Palazzo; le signore a cui è affidato il compito di rinfrescare periodicamente e restaurare gli arazzi; i corazzieri, impegnati, grazie anche all’imponente statura, nella difesa della sicurezza
del Quirinale e in compiti di rappresen4
tanza, allorquando le delegazioni straniere sono in visita al Capo dello Stato.
Un’altra funzionaria, poi, con l’aiuto
di immagini, ha svolto una lezione di
educazione civica riportandoci alla mente i dieci presidenti che si sono susseguiti dalla proclamazione della Repubblica ad oggi e gli atti più rilevanti da
loro compiuti. Essa, interrogando noi ragazzi con fare garbato, ha verificato la
conoscenza, nostra e degli allievi delle
altre scuole, della Costituzione e devo
dire che il nostro gruppo si è distinto meritevolmente citandone a memoria alcuni
articoli e suscitando l’ammirazione dei
presenti.
Dopo ciò, quando ormai l’attenzione
di noi tutti dava segni evidenti di stanchezza, abbiamo visto arrivare un giovine signore che, con un piglio tra il serio e
il faceto, ci ha annunciato che stava per
parlarci di un argomento che ci avrebbe
scandalizzato o perlomeno avrebbe sollevato le nostre riserve, per la poca considerazione che tra noi italiani esso ha:
l’inno nazionale. E, con uno stile accattivante, muovendosi rapidamente sulla pedana dalla quale ci parlava, raccontandoci aneddoti, drammatizzando situazioni verosimili con l’aiuto del pubblico
IL CALITRANO
N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003
La Signora Ciampi vuol provare, incuriosita, il modellino delle ruote quadrate
presente, è riuscito a rinnovare un’attenzione ormai allo stremo.
Ed è stata una bellissima lezione, con
la quale abbiamo appreso l’originalità
culturale e musicale del nostro inno nazionale il quale – diversamente da quelli
di altri Paesi (Francia, Stati Uniti, Germania…) che godono forse di maggiore
apprezzamento – non è copiato da inni
già esistenti ed è stato scritto e musicato
proprio nel periodo di cui ha cantato gli
ideali.
L’inno francese, invece, deriva dal
“Chant de guerre pour l’armée du Rhin”,
che i volontari di Marsiglia in marcia
verso Parigi durante la rivoluzione francese adottarono come canto e solo nel
1795 divenne “La marsigliese”; quello
americano, poi, e quello tedesco sono
presi “a prestito” l’uno da un motivo inglese, l’altro da un canto austriaco!!!
E alla fine il giovine signore dall’eloquio così travolgente è riuscito a farcelo
cantare. Abbiamo cantato l’inno con il
cuore davvero rivolto verso i valori nazionali, essendo entrati a poco a poco
nell’ottica in cui gli aspetti musicali, storici e patriottici si fondevano meravigliosamente.
Anche la rivalutazione dell’inno di
Il salone in cui è avvenuta la cerimonia. Di spalle il Presidente e la Signora Ciampi, a destra
Gianmichele Toglia e Luisa Ciano mentre presentano il modellino delle ruote quadrate
5
Mameli, abbiamo arguito, è volontà precisa dell’attuale Presidente della Repubblica.
A questo punto, ed era ormai mezzogiorno, ci è stata annunziata una sorpresa: l’arrivo del Presidente con la moglie, la signora Franca. Non tutti i mesi, a
causa dei suoi innumerevoli impegni,
egli può salutare gli studenti in visita al
Palazzo. Questa volta siamo stati proprio
fortunati!!
Alla sua presenza due scuole tra le
presenti sono state chiamate ad esporre i
loro progetti. E, insieme all’Istituto Nautico di Viareggio, è stata chiamata la nostra Scuola!!!
Emozionati ed eccitati nel contempo
siamo balzati tutti in piedi per sistemarci
contro la parete laterale della sala e poter
meglio osservare il professore Cerreta
che con Gianmichele Toglia e Luisa Ciano, due studenti dell’IIS, si avvicinava
alla coppia presidenziale per fare loro
dono di un modellino delle ruote quadrate, realizzato per l’occasione dal maestro falegname Vito Cerreta.
La signora Franca è stata invitata a
sperimentare il modellino, mentre Gianmichele Toglia spiegava le leggi fisiche
che ne stanno alla base. Un oggetto quadrato che rotola naturalmente su delle
gobbe arrotondate desta una ovvia curiosità. Il Presidente e la moglie sono
parsi molto divertiti e interessati dal fenomeno e hanno chiesto delucidazioni,
che il nostro amico ha dato molto puntualmente.
Luisa Ciano, che è intervenuta subito
dopo, ha presentato il Progetto “Apprendimento e insegnamento interattivo” che
consente agli studenti delle Scuole superiori di Calitri un particolare approccio
sperimentale ai fenomeni della fisica.
Partecipando a questo Progetto noi studenti delle Scuole di Calitri abbiamo due
opportunità, quella di svolgere un corso
esperienziale di Meccanica, Ottica, Elettromagnetismo, Percezione umana ecc.,
che prelude alle lezioni scolastiche teoriche, e quella di diventare istruttori di altri
ragazzi. Infatti, quando la mostra viene
richiesta in una qualsiasi città italiana,
gli studenti che hanno seguito il corso,
sono invitati a loro volta a «formare» i
loro coetanei della Scuola della città richiedente. Questa «collaborazione tra pari» risulta didatticamente molto produttiva, tanto che i ragazzi della città ospitante poi riescono a gestire la mostra sulla sola base conoscitiva fornita durante
questo rapporto paritario.
Il professore Cerreta, nel presentare
la nostra Scuola, ha illustrato il paese di
Calitri in cui essa ha sede, descrivendo
la tenacia e la laboriosità dei suoi abi-
IL CALITRANO
N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003
Il professore Pietro Cerreta con Gianmichele Toglia e Luisa Ciano rispondono alla Signora
Ciampi durante la presentazione del modellino delle ruote quadrate
Palazzo Reale con l’unità d’Italia e, infine, con la scelta repubblicana, dimora
del Presidente della Repubblica. Questi
cambiamenti, come è facile immaginare,
hanno comportato variazioni di stile nella decorazione delle pareti e nell’arredamento delle stanze.
Ci è stata fatta una presentazione veramente singolare del Palazzo, anche
perché la nostra guida l’ha ancor più arricchita con aneddoti e piccole storie private di papi e di re che hanno reso vivi,
pullulanti di vita, gli ambienti che a mano a mano percorrevamo.
Un abbondante pranzo offertoci nel
Salone delle Feste e preparato dagli alunni e dagli insegnanti di due istituti alberghieri del Lazio è stato l’ultimo momento trascorso nella dimora del Presidente.
Conclusasi così la nostra visita al Quirinale, siamo ritornati al pullman sotto una
pioggia fastidiosa, ma animati dal pensiero di voler raccontare a tutti gli eventi di
una giornata davvero particolare.
Antonella Cestone
XXXVI PREMIO
NAZIONALE SILARUS
Gianmichele Toglia e Luisa Ciano, due studenti dell’IIS, si avvicinano al Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi per fargli dono di un modellino delle ruote quadrate, realizzato per l’occasione dal maestro falegname Vito Cerreta.
tanti. Ha sottolineato l’importanza della
collaborazione tra docenti e artigiani che
consente la costruzione degli exhibit della mostra e in particolare del modellino
che veniva offerto. Poiché le altre Scuole portavano nomi di personaggi largamente conosciuti, egli ha ritenuto che
fosse opportuno spendere alcune parole
per tratteggiare la figura e l’opera del
Medico calitrano A.M. Maffucci a cui
la Scuola è intitolata, un nome che poteva figurare bene in mezzo agli altri in
quanto apparteneva a uno studioso di livello internazionale che nell’800 si è dedicato a molti problemi di medicina e
con Koch agli studi della Tubercolosi.
Il Presidente e la Signora Ciampi, al
termine dell’incontro, ci hanno lasciato
per ritornare ai loro impegni, non senza
aver prima stretto le mani o scambiato
qualche parola con quelli che si facevano
loro incontro al passaggio.
Ci è stata concessa, a questo punto, la
visita del piano nobile del Quirinale. Per
gruppi, abbiamo seguito la guida assegnataci, che ha storicizzato le nozioni di
storia dell’arte che via via ci illustrava,
essendo il Palazzo dapprima residenza
estiva di Papa Gregorio XIII e dei suoi
successori al soglio pontificio, in seguito
6
È bandito il XXXVI concorso letterario “Silarus”. Si articola in tre sezioni: narrativa, poesia e saggistica.
Ogni autore potrà concorrere per tutte le sezioni con un solo racconto o
novella della lunghezza massima di
sei cartelle dattiloscritte, due poesie
della lunghezza massima di trenta
versi ed un solo saggio critico su personaggi, opere o aspetti originali della letteratura contemporanea, lunghezza massima nove cartelle dattiloscritte.
Si gradisce l’invio di un curriculum.
I lavori, inediti, devono essere redatti in quattro copie, nitidamente
dattiloscritte, singolarmente ordinate, firmate ed inviate a
Segreteria del premio Silarus
C. P. 317-84091
BATTIPAGLIA (SA)
entro il 28 febbraio 2004
Per ulteriori informazioni:
Tel. 0828/30.70.39
Fax 0828/34.39.34
E-mail: [email protected]
IL CALITRANO
N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003
IL GIOVANE
ING. FAUSTO ACOCELLA
l giovane, o la giovinezza, intesa come
Iracchiudere
“età della vita” non si può facilmente
entro i limiti stretti di una
definizione di tipo giuridico, perché collocandosi all’interno dei margini mobili
tra la dipendenza infantile e l’autonomia dell’età adulta, in quel periodo di
puro cambiamento e di inquietudine in
cui si realizzano le promesse dell’adolescenza, tra l’immaturità sessuale e la
maturità, tra la formazione e il pieno dispiego delle facoltà mentali, appare
chiaro che essa rappresenta – per ciascun individuo – una condizione provvisoria che anziché appartenere alle classi
di età, le attraversano, con un carattere
diremmo quasi necessariamente “conflittuale” della transizione da un’età all’altra.
E parlando concretamente di giovani,
di casi reali che vivono nella nostra comunità calitrana, vogliamo parlare del
giovane ing. Fausto Acocella, non perché è meglio o più importante degli altri,
ma semplicemente perché è il giovane per
mezzo del quale intendiamo parlare della
gioventù in genere, nella viva speranza di
portare quel contributo fattivo di vita e di
esperienza; e partiamo dal lunedì 26 maggio alle ore 11 nella Sala Stampa Luca
Savonuzzi del Comune di Bologna, a Palazzo d’Accursio in Piazza Maggiore 6
quando è stata premiata, insieme a quella
di altri due vincitori, con un assegno di
1.550 Euro (Lire 3.000.000) la tesi di laurea – Studio e progettazione di un impianto industriale per la produzione di pellicole adesive e biadesive” – che l’ing.
Fausto ha conseguito presso l’Università
degli Studi di Napoli “Federico II” nell’anno accademico 2001-2002 discutendola col chiarissimo professore Ing. Antonio Valentino.
Un ulteriore riconoscimento che gli
è stato conferito per la partecipazione
ad un Bando di concorso promosso dal
Comitato Giovani Imprenditori – Confederazione Nazionale dell’Artigianato
e della Piccola e Media Impresa di Bologna, che vuole incoraggiare gli universitari a pensare in termini d’impresa
già al momento della scelta e della stesura della tesi di laurea, che per un neo
laureato è quella molla capace di ridare
spazio all’emozione, all’amore, all’entusiasmo, alla pietà, di ogni azione, riuscendo a indirizzarla e a correggerla,
ma soprattutto ridandole scopo, spessore e vigore per affrontare, con rinnovata sensibilità e con profonda consapevolezza gli immancabili momenti bui
della vita, quando l’emergere dell’egoismo, dell’invidia, della volontà di potere, della tentazione di uno smodato benessere da conseguire con corruttele varie, si affaccia vellicando la parte peggiore dell’amor proprio per convincerlo
a scegliere la via più facile dei compromessi.
Purtroppo in questa nostra società,
ogni giovane – compreso il giovane ing.
Fausto Acocella – deve affrontare, suo
malgrado, le inquietanti forze misteriose
per definizione, insondabili per legge, impalpabili come efficaci incubi che popolano di ombre la vita di chi si trova a scegliere per il suo avvenire; il crescente livello delle interferenze politiche – sarebbe
meglio dire ideologiche – che portano a
scelte faziose, frutto di leggerezza e di
imprevidenza, in modo convulso, affrettato e superficiale condizionano negativamente il giovane privo di difese, privandolo di una concreta, coerente e realistica
scelta.
Molte volte siamo proprio noi “anziani” a portare fuori strada i giovani con
le nostre manie di raccomandazione, di
protezione, di consigli furbeschi, di frettolosa ed interessata invadenza, invece
di parlare con chiarezza e senza fronzoli
che la vita è una sfida impegnativa che
esige attenzione vigile, coraggio, costante impegno per renderla il momento significativo e qualificante della nostra esistenza; imparino a confrontarsi, e quando
ci vuole a scontrarsi, senza fughe, ma
con dignità e fermezza, sempre a difesa
7
degli ideali per i quali si sono impegnati,
anche attraverso un percorso formativo
articolato in tappe, tempi e modalità diversificate.
L’intenzione buona, la rettitudine dell’animo, la bontà sincera, il calore del cuore
conferiscono alla razionalità una base solida
e feconda, guidando l’intelligenza verso la
sua meta, in parole povere la morale è il
punto d’incontro dell’amore disinteressato,
sincero, dell’amore come slancio altruistico,
generoso, nobile, alto, ammirevole.
Chi nella vita vissuta ha ritenuto più
opportuno fare a meno di queste caratteristiche che fanno capo all’amore per scegliere una vita facile ed accomodante, ha
perduto non solo il futuro che si era prefigurato da giovane, ma ha distrutto anche il suo passato che ha cessato di essere grandioso e sublime come nei suoi sogni.
Il Cronista
Bologna, lunedì 26 maggio 2003 premiazione della tesi dell’ing. Fausto Acocella.
IL CALITRANO
N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003
ETTORE CICOIRA
50° ANNIVERSARIO
DELL’ISTITUTO TECNICO
COMMERCIALE DI CALITRI
icordare un “compleanno-anniversaR“buono”
rio” e vestirlo a festa, con l’abito
delle grandi occasioni, assemblando ed amalgamando pezzi pregiati
dei vibranti tempi della gioventù con
esperienze di vita, temperate in mille siti
del Bel Paese, fa venire i brividi, esalta
ed immalinconisce, nello stesso tempo,
l’animo nostro, come il sorseggiare di
un cocktail magico a base di estratti di
“mente e cuore” …
Ed è questo l’effetto principe che,
nella mattinata piena di sole di sabato
mattina 10 maggio, ci ha scossi e coinvolti nella nostra, ormai semi-secolare,
veste di ex-alunni nell’Auditorium dell’Istituto, a contatto di respiro e gomito
con la “studiosa gioventù di “desanctisiana memoria”, scalpitante e viva, con il
suo vocio alto e basso, in armonia con
gl’immancabili richiami dei docenti preposti, discretamente dispensati alla bisogna.
“Cinquantanni” dallo storico 1953,
ma nell’aria ad aleggiar la stessa “seriosità” mista all’entusiasmo scanzonato di
ieri.
Mezzo secolo ad attestare la validità
indiscussa di un impianto culturale cocciutamente voluto ed armonicamente
mantenuto ed ammodernato dallo Staff
dei Docenti e la collaborazione degli
alunni succedutosi nel tempo, innalzando
“l’albero maestro dal tronco solido”, le
cui radici e ramificazioni hanno raggiunto ed avvolto la Penisola, da Bolzano a
Palermo, affermando con silenziosa ma
prorompente energia, la valenza cultural-professionale e lo straordinario adattamento etnico della nostra gioventù alto-irpina.
Ci riferiamo, senza allori, alle nostre esperienze partenopee, romane, torinesi, milanesi, fiorentine, calabresi,
genovesi, venete, abruzzesi… nelle professioni, banche, servizi, industrie, commercio, Stato e parastato, assicurazioni, scuola, Università…, maturate “sullo
Calitri 28 marzo 1953, gli alunni del primo anno di fondazione dell’Istituto durante una gita,
da sinistra in piedi: Franco Paolantonio, Rocco Briuolo,Antonio Di Napoli si vede appena la
testa, Bartolomeo De Nora,Vittorio Mastronicola, Francesco Menna, di Bisaccia, Giuseppe
Cialeo,Angelomaria Tornillo, Raffaele Salvante, Mario Buono; seconda fila:Vincenzo Codella,
Giuseppe Galgano, Michele Del Re, Antonio Tetta; prima fila: Angelina De Rosa, Sisina
Pastore, Angela Zarrilli, Anna Basile, Franca Maria Frucci, Anna Cioffari con maglia bianca,
Mariettina Del Re e Maria Antonietta Maffucci. Nella foto mancano: Vittorio Di Maio,
Michele Frucci, Giovanni Maffucci,Valentino Nannariello e Canio Vincenzo Nicolais.
zoccolo duro” della preparazione degli
anni del nostro Istituto, ammodernato,
affinato e sofisticato nel tempo, ma
sempre supporto basilare nell’affermarci, convincere, resistere e perché non…
“spalancare” le porte, spesso serrate,
delle locali diffidenze e scuoterne la indifferenza.
Data la “storicità” dell’evento, su
proposta degli ex-alunni del quinto corso
(anni 1957-61) ed a nome di tutti gli altri, inclusi i pionieri in assoluto del primo corso (1953-57) abbiamo ritenuto
opportuno stigmatizzare il 50° Anniversario con una Targa, da conservare nella
teca dell’Istituto, riferita “al cammino
un dì intrapreso e mai interrotto”, da rispolverare, magari, nei tanti futuri anniversari.
Del nostro “status” scolastico indub8
biamente tanto è mutato: vi sono compagni oggi assisi tra i docenti, Direttori,
Capi Servizi, Professionisti affermati,
funzionari…, ma per tutti, in senso buono, “dei tempi che furon oggi ci assale il
sovvenir”, sull’onda di un dolce amarcord…
Il libro de’ ricordi parte dal Preside
Acocella, il ns. “Zi Totonno”, al prof.
Del Franco, mitico “Treccento…”, al
sofisticato Bruni Roccia, all’atletico
prof. Di Maio, all’ecclettico Preside Altieri, compositore e storico, oltre le magie de’ numeri, alla sapiente Preside Di
Maio, finta burbera, allo scientifico Preside Cicoira, a Moccia ed al Preside…
che, oggi ci ospita, tanta l’acqua sotto i
ponti, limpida e chiara, e tanto l’indimenticabile nostro rispetto, anche per
lo scienziato A.M. Maffucci, che da lu-
IL CALITRANO
N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003
Gli iscritti al primo anno
di Fondazione
dell’Istituto Tecnico Commerciale
“Angelo Maria Maffucci”
di CALITRI
Calitri 10 maggio 2003, il dott. Lorenzino Toglia, ex alunno dell’Istituto tra gli anni
cinquanta, il prof. Giovanni Melaccio e il dirigente scolastico Antonio De Gianni.
1) Basile Anna
2) Briuolo Rocco
3) Buono Mario
4) Cialeo Giuseppe
5) Cioffari Anna
6) Codella Vincenzo
7) Del Re Maria Luigia
8) Del Re Michele
9) De Nora Bartolomeo
10) De Rosa Angelina
11) Di Maio Vittorio
12) Di Napoli Antonio
13) Frucci Franca Maria
14) Frucci Michele
15) Galgano Giuseppe
16) Maffucci Giovanni
17) Maffucci Mariantonia
18) Mastronicola Vittorio
19) Menna Francesco
20) Nannariello Valentino
21) Nicolais Canio Vincenzo
22) Paolantonio Francesco
23) Pastore Rosa
24) Salvante Angelo Raffaele
25) Tetta Antonio
26) Tornillo Angelo
27) Zarrilli Angela
Calitri 10 maggio 2003, il dr. Giovanni Acocella, già direttore dell’Ospedale Forlanini di Roma,
mentre ricorda la figura dello scienziato Angelo Maria Maffucci da cui l’Istituto prende il
nome, il prof. Antonio Altieri, Preside dell’Istituto tra gli anni sessanta e settanta, l’Ispettrice
Antonietta Tartaglia, il dirigente scolastico Antonio De Gianni e il prof. Giovanni Melaccio.
Calitri 10 maggio 2003, il dott. Ettore Cicoria, attualmente dirigente dell’ENEL ed alunno
dell’Istituto negli anni cinquanta, tedoforo delle Olimpiadi di Roma, mentre offre alla
Scuola una targa a nome di tutti gli ex alunni, il prof. Giovanni Melaccio e il dirigente
scolastico Antonio De Gianni.
9
stro, con il suo nome, al paese ed ai nostri Titoli.
Il ricordo delle gite fuori Regione,
con il nostro obbligatorio ed immancabile corredo di vestiti e cravatte, fa sorridere, oggi, era dei jeans “scambiati”, dei
capelli a punte di “gel” e delle gonne a
strisce alternate di cotone e “pelle”, ma
sono uguali il cameratismo e l’allegria
che caratterizzano i nostri volti.
Lo “squittio” dei computer per le aule e corridoi, non si coniuga con i veloci
“manual-file” degli stenografici “Ga-
IL CALITRANO
N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003
COMPAGNI DI SCUOLA
Calitri 1° maggio 2003, la professoressa Teresa Di Maio, il prof. Peppino Mastrodomenico, rispettivamente Preside e Vice-Preside dell’Istituto negli anni ottanta, il prof.
Giovanni Melaccio, il dirigente scolastico Antonio De Gianni e l’Assessore Provinciale
Lo Conte.
belsberg-Noe e Moscero” dei nostri tempi, né con il ticchettio della Olivetti 88
del buon nostro Michele Toglia, all’opera intendo di Segreteria, né con il righello a segnar croci di “Mastro” e riquadri di Situazioni, con i risvolti merlettati dall’incerto inchiostro delle prime “biro”…
Ma sui tasti del “PENDIUM”, ultima serie, compagno quotidiano del nostro lavoro, sono le stesse dita che battono “Situazioni in tempo reale” e Controlli incrociati di “Budget”, rincorren-
do l’Istituto, memori dell’assioma di
Eduardo: “gli esami non finiscono
mai:::”.
In questo 10 maggio lo spirito si è
riacceso all’improvviso: “Cinquantanni
trascorsi dal primo fatidico dì: al diavolo
“le fronti alte ed i capelli in grigio”, i titoli, le lauree, la vita in eterno cammino
a consumare solette di suola: tutti uniti
oggi, a respirare l’aria semplice, giovane
e pura, come una volta, da… COMPAGNI DI SCUOLA”.
Calitri, 10 maggio 2003
Quando le metti insieme
Queste tre parole
“COMPAGNI DI SCUOLA”
senti soffiare nell’aria il respiro
della gioventù che non è mai “sola”,
l’allegria di tante risate che salgono
in cielo
come l’uccello che vola,
il rumore di mille passi
che “battono” senza usurare le suola,
un calore che riempie il cuore,
come il pane che mangi
imbottito di “fette d’amore”.
COMPAGNI DI SCUOLA
Correndo in mezzo all’erba
Senza pestare le viole,
pensando che un anno che passa
non è una… “estrazione di mola”,
è un frutto che cresce e matura
in una stanza che si riempie
di mogli, mariti e… figli,
il ritratto della nonna con il nonno,
tra i libri, il Diploma, la Laurea
appesi al muro…
Fuggendo dai paesi per le Città
del mondo,
dispersi come foglie al vento,
sole ed acqua in quantità,
ritornando con un pensiero “solo”,
pescando il fior fiore della schiuma
e lasciando i guai sul… fondo.
Stare insieme con il cuore,
come una volta,
avvolti nell’antico fumo odoroso
della carne e patate, nella teglia,
il sugo e cacio-pecora delle “cannazze”
e le parole che, scivolando
tra presente e passato,
grattano e lisciano i tempi
come carezze…
I ricordi impigliati nella rete,
i fatti buoni ed i “Cattivi”,
anche quelli “sopra e…sotto”
le lenzuola,
luminosi come il grano sparso al sole…
Professionisti, professori, ragionieri
arzilli e belli, ora, come da ragazzi “ieri”,
pensieri e ricordi conditi di “prole”,
e, “a mazzetti”, nel nome della gioventù,
episodi vivi come fasci lucenti di sole…
“UN ISTITUTO, il nostro
“A. M. MAFFUCCI”
da “cinquantenni, sempre in volo,
e NOI uniti ora, con la vivacità unica:
da… COMPAGNI DI SCUOLA
Calitri 10 maggio 2003
Ettore Cicoira
1953-2003
ISTITUTO TECNICO COMMERCIALE STATALE
“Angelomaria Maffucci”
CALITRI (AV)
Calitri 8 maggio 2003, i coniugi Carlo Di Roma e Filomena Rafaniello di Lioni, festeggiano con
particolare amore il secondo compleanno delle loro amatissime gemelline; da sinistra:Alessia, Chiara e Barbara.Tantissimi auguri da mamma, papà e dalla Redazione.
10
Nel 50° anniversario della sua istituzione a ricordo degli
anni trascorsi, in armonia ed amicizia
e giovanili ardori, lungo l’arioso cammino
del sapere e dell’apprendimento.
Calitri, 10 maggio 2003
Gli ex Alunni tutti
IL CALITRANO
N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003
CONCORSO
DAGLI USA
La biblioteca leopardiana privata
Nicola Ruggiero di Torre del Greco
bandisce per l’anno 2003 un premio
di 1.500 Euro da assegnarsi ad uno
studio critico o storico o ad un contributo linguistico e filologico sulla
figura di Giacomo Leopardi.
I contributi, cui si richiede il carattere di originalità e di rigore
scientifico, e di essere inediti, devono avere un’estensione non inferiore alle quindici e non superiore
alle trenta cartelle dattiloscritte con
battitura spazio due.
I dattiloscritti dei saggi, in quattro copie, e le eventuali fotografie
dei documenti (in copia unica) vanno inviati al
Prof. Nicola Ruggiero
Via Sedivola, 85
80059 Torre del Greco NA
entro il 31 dicembre 2003
L’esito del premio sarà comunicato ai soli vincitori e pubblicato per
esteso sui giornali Roma di Napoli,
La Torre – Il Tornese – Tutto è… di
Torre del Greco, La Voce della Provincia – Lo Strillone di Torre Annunziata, Metropolis di Castellammare di Stabia, Presenza di Striano
e Miscellanea di Lancusi (SA).
La rivista SILARUS è portavoce ufficiale del Premio Leopardi 2003.
Francia 1974/75, i coniugi Maria Michela Salvante (a’ camm’nanda) nata il 26.01.1900 e
deceduta il 23.09.1994 e Francesco Maffucci
(u’ chjvar’) nato il 01.11.1900 e deceduto il
05.02.1981, si erano sposati il 12.02.1921.
Stati Uniti, 5 gennaio 2003, alcuni membri del Calitri Web site festeggiano le Befana in casa
della famiglia Basile a Brooklyn, N.Y. da sinistra, dietro: Roseanna Innella Raia, Maria Margotta Basile, Roberto Bongo, Beth Bongo, Richard Payne,Angela Cicoira Moloney, Rosa Cestone
Innella, Peppino Zarrilli, Mario Toglia, Luisa Nicolais Fischetti, Margaret Ricciardi, Gennaro Fischetti, Grace Basile, Fred Rabasca, Louise Rabasca Payne, Maria Zarrilli e Andre Zarrilli.
PACE PER TUTTI
Sogno la Pace come una
colomba bianca
che vola, vola nel cielo
e mai si stanca:
nel becco un antico ramo d’ulivo,
negli occhi lo sguardo di un
bimbo giulivo,
nel cuore la speranza
di un mondo migliore,
dove non ci sia odio ma solo
amore.
PACE per te che sei bianco,
PACE per te che sei nero,
Pace per te fratello
sia tu americano, afgano,
iracheno.
Mai più venti disastrosi di guerra,
rumore di cannoni,
grida disperate di donne
riverse a terra,
ma voci di radio lontane che
annunciano PACE al genere
umano.
E melodie di usignoli ad allietare
un mondo d’oro dove la PACE
vive sovrana e la guerra davvero,
ma davvero non è stata mai
così lontana!.
Iolanda Cubelli
11
Calitri, 20 dicembre 2002. Lucia Zabatta e
Vito Di Maio festeggiano i loro cinquant’anni di matrimonio. Auguri vivissimi dalla Redazione.
IL CALITRANO
N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003
EMILIO RICCIARDI
LA CONGREGAZIONE DEL
SANTISSIMO REDENTORE
A CALITRI - II PARTE
P. Francesco Margotta e San Gerardo Maiella
alitri fu una delle terre che più subì
l’influenza spirituale della congregaC
zione redentorista, fondata da Sant’Alfonso Maria de Liguori nel 1731 e subito diffusasi nelle diocesi più povere e abbandonate del Regno di Napoli. La spiritualità
alfonsiana fu introdotta in Calitri anche
attraverso l’opera di p. Francesco Maria
Margotta (1699-1764), uno dei primi
compagni di Sant’Alfonso; e non è esagerato affermare che si debbono a p. Margotta e alla sua lunga azione pastorale in
Calitri molte delle tradizioni religiose del
nostro paese: egli per tanti anni fu padre
spirituale della Confraternita dell’Immacolata, si preoccupò di commissionare la
statua e l’altare che tuttora si vedono nella chiesa della Concezione, istituì, insieme
con il sacerdote don Angelo Gervasi senior, la processione del Venerdì Santo e di
certo diede un grosso contributo alla diffusione presso il popolo delle canzoncine
alfonsiane, che costituiscono ancora oggi
gran parte del repertorio sacro calitrano1.
Uno dei maggiori meriti di p. Margotta è quello di avere portato a Calitri
molti religiosi che nel XVIII secolo si
distinsero per carisma e per santità di vita; oltre a Sant’Alfonso, grazie a p. Margotta vennero in Calitri i servi di Dio p.
Cesare Sportelli e p. Paolo Cafaro, il venerabile Domenico Blasucci, nato a Ruvo, per il quale è in corso la causa di
beatificazione, e San Gerardo Maiella, il
giovane laico redentorista che, dopo una
vita contrassegnata da miracoli e profezie, morì nella casa di Materdomini e fu
canonizzato nel 1904.
Fu proprio p. Margotta a far conoscere Gerardo a Sant’Alfonso. Il sacerdote calitrano, che aveva grande stima
del giovane religioso, incontrando
Sant’Alfonso nella casa di Nocera dei
Pagani gli raccontò della condotta esemplare e delle virtù prodigiose di Gerardo;
quindi ottenne il permesso di condurre
il giovane con sé a Napoli, dove si recava
spesso per il suo ufficio di procuratore
della congregazione; i due religiosi si
trattennero nella capitale per tre mesi e
Gerardo ebbe modo di vedere le più belle chiese della città e di conoscere religiosi di tutte le congregazioni.
Tutto nuovo fu Napoli per Gerardo
(…) Frequentando il P. Margotta le Comunità più rispettabili, ed essendo in
somma stima, Gerardo trattenendosi anch’esso, altro non vi volle, che parlasse,
per essere conosciuto (…) Preso restò di
lui, tra tutti, il P. Francesco Pepe, uomo
noto per probità, e dottrina il quale (…)
tratteneasi anche le ore intiere a confabulare con lui2.
Oltre che per la sua fede, per la sua
condotta e per le penitenze che si infliggeva (il biografo riferisce che “facevano
a gara col p. Margotta a chi più poteva
cruciare sé stesso3”), ben presto i napoletani conobbero il giovane redentorista
anche per i numerosi miracoli che egli
operò in città.
Tanti accidenti, e così portentosi, divulgati per la Città, [Gerardo] passo non
poteva dare fuori di casa, senza essere
mostrato a dito. Ponderando un tanto applauso il P. Margotta, e temendo che aura
di vanità non entrasse a titillargli il cuore,
risolvette disfarsene. Ottenne in grazia
bensì dal nostro B. Padre Alfonso vederlo situato nell’altra nostra casa in Caposele: casa prediletta di esso Margotta,
perché stabilita coll’opera sua4.
Così Gerardo si stabilì in Caposele,
dove visse fino alla sua morte, avvenuta
nell’ottobre del 1755. Nell’estate del
1755, dovendo andare a Calitri per alcuni
suoi affari, p. Margotta chiese a Gerardo
di accompagnarlo. I due religiosi presero
alloggio nella casa di don Giuseppe Antonio Berrilli, un ricco “massaro di campo” che abitava in una casa con giardino
alle spalle della chiesa di S. Antuono. Tra
12
Abbiamo contemplato, o Dio, le
meraviglie del tuo amore
(Salmo 117)
p. Margotta e i Berrilli intercorrevano antichi rapporti di amicizia e forse anche
di parentela (un nipote di p. Margotta, citato nel suo testamento, si chiamava Pasquale Berrilli5); le due famiglie appartenevano allo stesso ceto sociale e in gioventù il religioso aveva abitato proprio in
via Sant’Antuono. Nel 1747 p. Margotta,
spogliatosi di gran parte dei suoi beni per
seguire Sant’Alfonso, aveva donato la sua
casa alla congregazione redentorista e
due anni dopo l’abitazione era stata acquistata da don Giovanni Berrilli, arciprete di Calitri dal 1726 al 1764, e dai
suoi fratelli Canio e Francesco.
Intorno alla metà del XVIII secolo i
Berrilli avevano conosciuto una repentina ascesa sociale; fino a questa data infatti non si ha notizia di membri della
famiglia con posizioni di rilievo nella vita pubblica cittadina. Il cognome non
compare mai nelle visite pastorali di
metà Cinquecento pubblicate da Gerardo
Cioffari6 e nemmeno nei protocolli notarili degli stessi anni; il più antico documento riguardante la famiglia sembra essere una pergamena allegata a un atto
notarile del 1622, in cui è citato un “Andreas Burrellus de Caletri7” (il cognome
da Borrello si trasformerà in Borrillo,
quindi in Berrilli). Non sono noti né sacerdoti, né chierici, né amministratori appartenenti alla famiglia fino ai primi anni
del Settecento; nel primo elenco di confratelli dell’Immacolata Concezione non
compare alcun Berrilli8. Solo nel 1726
viene nominato arciprete, come si è detto, don Giovanni Borrillo, e agli stessi
anni risalgono i rogiti del notaio Antonio
Berrilli; nel 1719, tra le educande del
IL CALITRANO
N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003
monastero dell’Annunziata, figura la giovane Anna Maria Borrillo9.
Invece gli atti del catasto del 1753 testimoniano di una famiglia saldamente
attestata al vertice della gerarchia economica e sociale del paese. I tre capifamiglia (Giovanbattista, Giuseppe Antonio e
Pasquale) erano titolari di un reddito che
ammontava complessivamente a quasi
7000 ducati; possedevano terreni e case,
decine di bovini e centinaia di pecore,
avevano in casa servi e serve. Inoltre Giovanbattista era dottore in diritto civile ed
ecclesiastico, Giuseppe Antonio “viveva
del suo”, mentre Pasquale era uno degli
Eletti dell’Università tra il 1753 e il 1754.
Il folto clero di Calitri, oltre all’arciprete
Giovanni Berrilli, annoverava a quella data anche il sacerdote don Canio Berrilli e
il chierico don Nicolò Saverio Berrilli,
mentre 3 delle 22 monache rinchiuse nel
monastero dell’Annunziata (suor Maria
Loreta, suor Maria Benedetta e suor Geltrude) appartenevano alla medesima famiglia10.
Il gran numero di religiosi e di monache presenti nella famiglia indica che i
Berrilli praticavano il maggiorascato,
concentrando la maggior parte del patrimonio nelle mani del primogenito e destinando gli altri figli alla vita consacrata
o a matrimoni combinati con famiglie di
pari ricchezza. Nei decenni seguenti i
Berrilli mantennero un posto di rilievo
nella vita pubblica di Calitri; tra essi vi
furono sindaci, parroci, assessori, priori
della confraternita dell’Immacolata, che
cercarono di mantenere il loro piccolo
potere nella società calitrana, in contesa
con le principali famiglie di galantuomini del paese, come quella degli Zampaglione, da secoli uomini di fiducia dei
feudatari, e quella dei Tuozzolo, che dopo i moti del 1799 muteranno il cognome in Tozzoli11 (altre famiglie del ceto
delle “persone civili”, come i Cioglia, i
Margotta e i Rinaldi, non sembrano avere avuto la stessa importanza, almeno nel
XVIII e nel XIX secolo).
Una versione alquanto icastica dei
rapporti tra p. Margotta e i suoi ospiti la
offre uno dei più famosi biografi di San
Gerardo, p. Nicola Ferrante, che definisce
i Berrilli una di quelle famiglie di nobiltà
provinciale, frequenti in quell’epoca ancora feudale, che passavano il tempo nelle normali faccende agricole e nei pettegolezzi paesani. Religiose per tradizione,
imparentate con molte suore dei vari monasteri locali, sufficientemente dotate di
ricchezze, riponevano la loro ambizione
nell’ospitare i missionari di passaggio e
nel legare i nomi a qualche chiesa o arciconfraternita religiosa. Però se dalle chiese esigevano, come compenso, una lapide
coi titoli altisonanti degli avi, dai missionari si aspettavano tutto un codice di osservanza rigorosa: austerità di gesti e di
parole; mani e mento inchiodati sul petto;
volto atteggiato a pietà.
Per la famiglia Berrilli il tipo ideale
del missionario era impersonato dal padre Margotta, così grave e compassato e
col tormento interno scavato sulle guance. La sua figura un po’ tetra e nostalgica
rendeva più evidente il contrasto col suo
compagno di viaggio, tutto fuoco negli
occhi; tutto fremiti nelle parole; tutto
giovialità nella persona. Ma il Padre correva dalla mattina alla sera dietro le opere dei campi, mentre l’umile Fratello rimaneva solo, a contatto con una famiglia sconosciuta da cui veniva riguardato
con una certa aria di compatimento.12
Ma ben presto i prodigi operati da
Gerardo lo rivelarono a tutta la popolazione; il suo ricordo rimase nei calitrani
per lungo tempo dopo la sua morte e le
testimonianze di quelli che l’avevano conosciuto furono raccolte per istruire la
causa di beatificazione.
Le piccole cose, sono piccole cose,
la fedeltà alle piccole cose fa
l’uomo grande.
(S. Agostino)
Una delle prime biografie del santo,
quella scritta da p. Antonio Tannoja, dedica al soggiorno calitrano di San Gerardo un breve capitolo, che qui di seguito si riporta per intero e con lievissime modifiche, in modo da non perdere la
freschezza della prosa. Sono state inserite alcune brevi note redazionali che, mettendo a confronto lo scritto con altre biografie e con gli atti del Catasto onciario
del 1753, mirano a identificare i personaggi implicati nella vicenda, dei quali
spesso il biografo non riporta il nome.
***
A.M. TANNOJA, Vita del servo di Dio Fr.
Gerardo Maiella laico della Congregazione del SS. Redentore, IV ed., Napoli 1824.
Capitolo XXIX - Passa Gerardo in Calitri,
e vi opera delle meraviglie (pp. 144-148).
Passando per Caposele il P. Margotta,
e portatosi in Calitri, sua patria, portò
seco il Fratello Gerardo. Mentre il P.
Margotta attendeva al disbrigo de’ suoi
affari, egli trattenevasi in Chiesa. Non
era nota in Calitri la virtù sua, e come
veniva favorito da Dio. Mentre una mattina trattenevasi in Chiesa, giunse in cerca di lui una donna di Bisaccia. Ritiran13
dosi, in vederlo la donna, piangente se le
butta a piedi, cercando la salute di un
suo congiunto, che gravemente stava infermo. Gerardo avendola accolta colla
solita sua umanità, certo della guarigione, rimandolla indietro. Ammirati quei
signori di casa, con sorriso dissero l’accaduto al P. Margotta. Voi ridete, perché
non sapete, lor disse, i doni di Dio che
questo Fratello possiede, e feceli carichi
delle virtù di Gerardo, e di come da Dio
veniva favorito. Più di questo non vi volle, per vedersi accreditato in Calitri, e
vedersi affollato da ogni sorta di persone.
Ritrovandosi spedito da medici [giudicato dai medici senza speranza di guarigione] il chirurgo D. Giovanni Cioglia,
compianto da tutti, perché eccellente professore; chiamato Gerardo fu renitente;
ma comandato dal P. Margotta, vi si
portò; e con un segno di croce, che gli
fece sulla fronte, il Cioglia nell’istante
si vide in sensi, e migliorato. Miracolo!
gridarono ammirati e stupiti i circostanti;
ma Gerardo umiliando sé stesso disse:
tanto sa fare l’ubbidienza. Stiede bene il
Cioglia, né mancò santificare dappertutto
la santità del servo di Dio [Giovanni Cioglia, marito di Angela Cetti, è ricordato
nel catasto del 1753. Il suo unico figlio,
Giuseppe Cioglia, divenne un famoso
giurista13].
Anche nel tempo istesso ritrovandosi
gravemente a letto un gentiluomo fratello d’una religiosa, e nello stato di estremarsi [di ricevere l’Estrema Unzione],
commosso il P. Margotta dalle lagrime
della sorella, comandò parimente a Gerardo di essere a visitarlo. Come vi giunse, avendolo segnato nella fronte col solito segno di croce, riacquistò i perduti
sensi, e fecesi una buona confessione;
migliorò e seguitò a vivere.
Una gentildonna sentendone magnificare la santità, fu da lui per conferirgli
un suo bisogno, che agli altri aveva ribrezzo di comunicare. Quando fu da Gerardo, né anche ebbe il coraggio di spiegarsi. Egli compatendo l’erubescenza [il
rossore], le disse: giacché non volete parlar voi, parlerò io per voi. Così dicendo
le svelò tutto l’interno. Attestò questa,
che non altri, che essa e Dio sapea ciò
che aveale scoperto [La donna era Maria
Candida Arace, una bizzoca sorella dell’arciprete di Andretta e parente di alcune donne di casa Berrilli14].
Anche l’ombra sua operò portenti. Vedendosi assalita da dolorosa mincrania D.
Angela Rinaldi in casa del signor Borelli:
sentendo le tante cose di Gerardo, e vedendo in un angolo della stanza il di lui
cappellaccio; voglio vedere (disse più per
gioco che per senno) se questo Fratello è
santo. Mettendoselo in testa, non tanto sel
IL CALITRANO
pose, che libera si vide dal travaglio. [Dovrebbe trattarsi di Arcangela Rinaldi, figlia di Eligio e di Maria Arace e nipote
dei Berrilli. Giuseppe Antonio Berrilli
aveva infatti sposato Rosa Arace, mentre
Flavia Berrilli aveva sposato Nicolò Rinaldi. A quell’epoca Arcangela doveva
avere una ventina di anni. I Rinaldi abitavano vicino al monastero dell’Annunziata, in un palazzetto che oggi ospita la
biblioteca comunale di Calitri15].
Tra le tante profezie, ne accenno una.
Essendosegli raccomandato da più persone un primario gentiluomo, ma troppo
imbrogliato con Dio, e non curante dell’anima; Gerardo portandosi a visitarlo,
cercò invogliarlo per i santi esercizj, che
imminenti erano in Casa nostra. Si scusò
con varj pretesti il gentiluomo, e Gerardo
più ne avanzò le premure. Quegli vedendosi stretto, e non volendolo compiacere;
verrò, gli disse, ad ottobre. Non volete
per ora, ripigliò Gerardo, volete venire
ad ottobre? ma ottobre non lo vedrete. In
agosto ancorché valido il gentiluomo, assalito da febbre maligne, passato si vide
all’eternità [Il gentiluomo di cui si parla
era Nicolò Saverio Berrilli. Il suo nome è
riportato nella biografia scritta da Nicola Ferrante, che fu postulatore della causa di canonizzazione di San Gerardo.
Don Nicolò Berrilli era chierico e abitava in casa del fratello Giovanbattista; all’epoca della morte aveva 39 anni16].
In Calitri egli fu come un confessore
estraordinario per quelle monache Benedettine. Tutte conferir vollero con lui i
proprj spirituali bisogni. Sopra tutto animolle all’esatta osservanza, ed alla frequente Comunione. Ogni sua parola, dicono le monache, era una saetta, che trapassava il cuore; e tutte accese si videro di
una special tenerezza per Gesù Cristo, e
per Maria Santissima. Racconta di sé una
religiosa, che essendo stata distolta di monacarsi, già erasi determinata di ritornare
al secolo: Gerardo avendosela chiamata,
con tal energia le parlò sopra i pregi dello
stato religioso, che ne l’istante mutata si
vide, e tutta invogliata di monacarsi.
Agitata vedevasi da scrupoli un’altra
religiosa; né modo eravi stato di quietarla. Abboccandosi con Gerardo, senzaché
spiegata si fosse, egli le fé presente le
sue angustie. Avendo posto in esecuzione
quanto Gerardo gli disse, libera si vide
da ogni travaglio [I nomi di queste religiose non sono stati tramandati da nessun biografo. Tuttavia un elenco completo delle abitanti del monastero di Calitri è riportato negli atti del Catasto Onciario del 175317].
Ossequiose furono con lui le Benedettine, ma non in tutto assecondavano i
suoi desiderj. Avendo scorto mal situato
N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003
Calitri 7 febbraio 2003, i coniugi Giulio Di
Napoli nato il 11.09.1927 e Antonietta Abate nata il 23.05.1930 festeggiano il loro 50°
anniversario di matrimonio. Con i migliori
auguri della Redazione.
il parlatorio; e quello che è più, attaccata
la ruota alla porta della Chiesa che guardava la pubblica strada, sembrogli un disordine. Fattene parola col P. Margotta,
volle questi, che con un sermone rilevato
avesse alle monache l’inconveniente. Fecelo Gerardo, e tutte d’un parer situata
vollero la ruota ov’egli la volea. La medesima sera, essendosi raffreddate, mutarono parere. Tutto in ispirito ebbe presente Gerardo: dimandato perché non vedeasi colla solita giovialità? resto inquieto, disse, per le Monache. Essendosi la
mattina portato nel monistero, la Badessa
volea e non volea dircelo [Nel 1753 la
badessa era donna Caterina Cappa, nativa di Bisaccia18]; ed egli prevenendola,
le fé presente quanto vi era stato: la ruota, disse, non si è tolta, né si toglierà mai
più. Profetizzò. Più volte si è tentato, anche con ammannirsi nuova crate [ricostruire una nuova grata del parlatorio], e
nuova ruota; ma mai si è veduto effettuato19.
Avendo osservato i signori Borelli,
che troppo logore avea le scarpe, pensarono farcele nuove, e per divozione tenersi le vecchie. Assalito da contorcimento di viscere un garzoncello di casa,
e reso inutile ogni tentativo, si ricorrette
alle scarpe di Gerardo. Applicate, nell’istante si vide sano. Si resero così celebri
queste scarpe di Gerardo in Calitri, che
14
come attesta D. Giuseppe Antonio Borelli, tuttavia vanno in giro, operando
prodigj. Le monache, avendone inteso le
meraviglie, anch’esse ne vollero una, e si
dovettero contentare. Così fuori, che entro il monistero queste scarpe non sono,
che come la panacea di ogni male20.
Né passò molto tempo, che essendosi
portati i nostri colla missione in Calitri,
condussero seco anche Gerardo per accudire ai loro bisogni. In questa missione,
come nelle altre, egli operava per mille:
profezie, conversioni, penetrazione di
cuori tutto il giorno si vedeano; ed ai Padri altro non restava, che vedersi i peccatori commossi, e contriti, e farli degni
della Sagramentale assoluzione. Nella casa ove risedea, casualmente Gerardo cader fece un grosso vaso di olio: vedendo
questo una giovanetta, trattenere non si
potette di scaricargli contro molte villanie, trattandolo da sciocco, e scimunito.
Alle grida di quella accorrendo la madre:
figlia non è niente perché raccolto mi bisogna per la lana. Si raccoglié l’olio il
meglio che si poté; ma andando la donna
per prendere il vaso rovesciato, lo ritrova
con suo stupore pieno, assai più che non
era per l’innanzi. Tanto sul punto questa
proclamò a gloria di Gerardo; e tanto si
contesta [si attesta] dai nostri Padri, che
furono in quella Missione. [La ragazza
protagonista di questo episodio era Maria Berrilli; sua madre era donna Giulia
Arace, moglie di un ignoto gentiluomo
della famiglia Berrilli (non è stato possibile ricavare da alcuna fonte il nome del
marito), la quale, rimasta vedova pochi
anni prima, viveva con i tre figli piccoli
in casa del cognato Giuseppe Antonio.
La ragazza, che all’epoca del miracolo
aveva 10 anni, in seguito prese il velo nel
monastero dell’Annunziata con il nome
di suor Maria Giuseppa; la sua testimonianza su questo e su altri avvenimenti,
come il “miracolo della mula”, fu riportata nel processo ordinario del santo21].
NOTE
1 Cfr. E. RICCIARDI, La Congregazione del SS.
Redentore a Calitri (I) - P. Francesco Margotta e il
culto dell’Immacolata Concezione, in “Il Calitrano”, n.s., 22 (2003), pp. 8-13.
2 A.M. TANNOJA, Vita del servo di Dio Fr. Gerardo Maiella laico della Congregazione del SS.
Redentore, IV ed., Napoli 1824, pp. 111-114.
3 Ibidem.
4 Ibidem.
5 Il testamento di P. Margotta è riportato in F.
KUNTZ, Commentaria de vita D. Alphonsi et de rebus Congregationis SS. Redemptoris, ms. conservato nell’Archivio Generale dei Redentoristi in Roma, VII, ff. 190-195.
6 Cfr. G. CIOFFARI, Calitri. Uomini e terre nel
Cinquecento, Bari 1996.
7 Napoli, Archivio di Stato, Notai del XVII secolo, scheda 45, prot. 10, f. 355 [1622].
IL CALITRANO
N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003
8 L’elenco è in L’Arciconfraternita dell’Immacolata Concezione di Calitri, a cura di V.A. CERRETA e G. CIOFFARI, I., Bari 1997, pp. 74-79.
9 Cfr. C. DE ROSA, Ave Gratia Plena. Fondazione, vita e ricchezza delle Donne Moniche di Calitri, dattiloscritto conservato presso la Biblioteca
comunale di Calitri, s.d., p. 5.
10 Napoli, Archivio di Stato, Catasto onciario,
voll. 3974-3981. Cfr. anche E. RICCIARDI, Cognomi
e soprannomi calitrani nel ’700 ricavati dagli atti
preliminari del “Catasto onciario”, in “Il Calitrano”, n.s., 4 (1997), pp. 10-11.
11 Cfr. V. ACOCELLA, Storia di Calitri [1946],
r.a., Calitri 1984; G. ACOCELLA, Calitri. Vita di un
grosso borgo rurale dell’alta Irpinia dal 1861 al
1971, Calitri 1977; A. COGLIANO, L’antico regime al
tramonto fra empasse dello Stato e crisi del 1799.
Conflitti politici e sociali nelle aree pastorali del
Principato Ultra, in “Archivio Storico per le Province Napoletane”, CXVIII (2000), pp. 224-285.
12 N. FERRANTE, Storia meravigliosa di S. Gerardo Maiella, III ed., Roma 1965, p. 318.
13 Un breve profilo di Giuseppe Cioglia è in V.
ACOCELLA, Storia di Calitri…, cit., pp. 250-251.
14 Il nome della donna è riportato in N. FER-
RANTE, op. cit., p. 320 e in F. SANTOLI, San Gerardo
Maiella. Fratello Laico Professo Redentorista
1726-1755, p. 294.
15 Napoli, Archivio di Stato, Catasto onciario,
vol. 3974.
16 “Don Nicolò Saverio Berrilli era un gentiluomo dalla vita facile e gaudente, che si gettava
nei piaceri con un’impetuosità naturale e selvaggia,
incurante degli scandali. Ma i suoi eccessi derivavano dalla passione, non dai princìpi, perché era
fondamentalmente credente e rettore di un beneficio ecclesiastico. Voleva solo godersi la vita riservando alla penitenza il tempo futuro. Ma disgraziatamente le sue vedute non collimarono con quelle del cielo.” (N. FERRANTE, op. cit., p. 321).
17 Napoli, Archivio di Stato, Catasto onciario,
vol. 3974, riportato in E. RICCIARDI, Cognomi e
soprannomi calitrani…, cit., p. 10.
18 Ibidem.
19 “La ruota, per testimonianza di molti, rimase ancora per decine e decine di anni al medesimo
posto. Solo più tardi, dopo incessanti preghiere, si
riuscì finalmente a sistemarla altrove. Di fronte vi
fu posta l’immagine di fratel Gerardo.” (N. FERRANTE, op. cit., p. 322).
20 “Da allora quelle vecchie scarpe passarono
di casa in casa, seminando miracoli, finché, divise e
suddivise tra i devoti, scomparvero dalla circolazione. Si sa solo che una di esse fu donata al monastero delle Benedettine dove andò perduta.” (Ivi,
p. 320).
21 “In quei momenti io ero come stordita, come immersa in una visione di sogno. Vedevo Gerardo ricomporre con le sue mani i cocci sparsi
per terra e l’olio rifluire lentamente nel vaso risanato. Mia madre rimase senza fiato per un pezzo,
mentre egli si ritirava nella sua stanza a pregare.
Là lo trovammo, luminoso come un angelo.” (Ivi,
p. 318). “La stessa suora narra: “Altra volta quei
miei buoni antenati, rattristati per la morte di una
mula, appena lo dissero a Gerardo, questi andò
nella stalla, e, fatto un segno di Croce, la mula si
alzò con sorpresa e gioia di tutti, che con evidente
miracolo, l’avevano vista tornare a vita” (F. SANTOLI, op. cit., p. 293). “Queste notizie furono poi
raccolte e tramandate da una sua nipote, Sig.ra
Maria Teresa Berrilli. Tutte conformi a questa deposizione, fatta dalla sig.ra Berrilli, furono di altre
tre Monache del detto Monastero nel 1843” (Ibidem).
CARNEVALE A CALITRI
li usi e le tradizioni talvolta sono delG
le occasioni per avvicinare ed accomunare realtà differenti, come è accaduto a Calitri nel giorno dell’ultimo di carnevale dove è stato rappresentato con
grande successo un ballo folkloristico “Il
laccio dell’amore”; questo caratteristico
ballo è stato importato da un’altra zona
dell’Irpinia, la parte più occidentale,
quella che si affaccia sulla vasta provincia di Napoli: Vallo di Lauro e Baianese.
Attualmente il “laccio dell’amore”
viene riproposto ogni anno nel giorno
dell’ultimo di Carnevale a conclusione
di tutti i festeggiamenti carnevaleschi;
nei tempi passati, invece, questo tipo di
ballo era chiamato “Albero della libertà” in seguito alla libertà conquistata
dopo la Rivoluzione del 1799 quando la
cittadina di Lauro insorse contro la Repubblica Partenopea per ottenere l’indipendenza.
In un primo momento intorno a questo albero si svolgevano i processi popolari e in seguito anche i matrimoni; il
rito prevedeva che gli sposi dovevano girare per tre volte prima verso destra e
poi verso sinistra. Sulla cima veniva
messo un cappello di colore blu molto
simile al cappuccio di Pulcinella, i lacci
erano di colore rosso e giallo esattamente i colori della rivoluzione. Con il passar
del tempo le cose sono cambiate, infatti
l’albero non fu più usato per i processi,
ma solamente in occasione dei matrimoni e così venne chiamato “Laccio dell’amore”. Durante i matrimoni venivano in-
trecciati i lacci per augurio agli sposi, se
l’intreccio riusciva bene anche il matrimonio avrebbe avuto un buon esito.
A Calitri questa manifestazione ha
avuto un significato diverso in quanto il
“Laccio dell’amore” è stato rappresentato in un contesto “romantico” data la
presenza di molte coppie famose e numerosi ragazzi mascherati da cuore; la
scenografia era molto singolare in quanto i “Cuori” facevano da cornice alle
coppie famose presenti alla sfilata. Così
non sono potute mancare: Renzo e Lucia, Paolo e Francesca, il Re Sole e Ma-
ria Antonietta nonché Napoleone e Giuseppina, inoltre c’erano anche Minnie e
Topolino, Robin Hood e Lady Marian,
Braccio di Ferro e Olivia, Roger e Jessica Rabbit.
Il gruppo folcloristico “I UAGLIUN’
RU’ UAFFIJ” hanno rappresentato il tutto in costume tipico calitrano sfilando
per le vie principali del paese nonché tra
i vicoletti del centro storico portando così a quelle poche persone anziane che
ancora vi abitano un breve spettacolo a
domicilio.
Annamaria Maffucci
La ricca vetrina della Gioielleria – Argenteria “LO SCRIGNO” by Antonella Fasano sito in
Corso Garibaldi 118.
15
IL CALITRANO
N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003
S. Giovanni Rotondo 1953/54, una gita degli insegnanti della scuola elementare di Calitri, da sinistra: Lidia Mingione di Salvatore e di Luigia Cozzolino, coniugata Toglia, nata il 10.01.1918, Gaetanina Cestone di Canio e di Lucia Scoca, coniugata Ricciardi, nata il 24.07.1924, Gabriella Cerone di Giuseppe e di Emanuela Berrilli, coniugata Melaccio, nata il 07.05.1887 e deceduta il 13.12.1978, Cesare Carola di Federico e di Maria Francesca Cerreta nato il 03.03.1900 e deceduto il 21.10.1964,Vincenzina Nicolais di Giuseppantonio e di Maria Maddalena Di Maio, coniugata Cerreta, nata il 20.02.1924, Lorenzo ing.Toglia di Raffaele e di Maria Concetta Piumelli nato il 20.12.1898 e deceduto il 24.12.1963,Teresina Scoca di Gaetano e di Maria Concetta Capossella, coniugata Di Maio, nata il 11.02.1898 e deceduta il 31.05.1988, Annita Margherita
Cerrito di Giovanni e di Maria Migliaccio nata il 01.02.1901 e deceduta il 29.01.1977, Maddalena Scoca di Gaetano e di Maria Concetta Capossela nata il 23.11.1886 e deceduta il 15.09.1967, Orsola Ferrara di Vincenzo e di Maria Cristina Di Benedetto, di Mugnano del Cardinale,
coniugata Toglia, nata il 21.05.1898, e deceduta ad Avella il 21.05.1958, Elia Savanella di Vito e di Maria Anna Di Maio, coniugata Di Napoli, nata il 02.05.1927, l’insegnante Urciuoli (si vede solo la testa), Maria Anna Di Maio di Angelo e di Maria Luigia Del Re, coniugata Savanella, nata
il 17.05.1894 e deceduta il 15.08.1981, Concetta Savanella di Vito e di Maria Anna Di Maio nata il 05.10.1915, Maria Antonietta Toglia di Canio
e di Maria Concetta Martiniello nata il 03.01.1895 e deceduta il 20.03.1983,Aurora Maria Antonietta Riviello di Giovanni e di Maria Luigia Melaccio nata il 18.06.1939, Rosa Adelaide Banfo di Vercelli nata il 15.12.1907 da Edoardo e da Luigia Guaschino, coniugata con Francesco Cerone,
Maria Cerone di Giuseppe e di Emanuela Berrilli nata il 23.11.1901 e deceduta il 18.02.1976, davanti: Francesco Toglia di Vincenzo e di Maria
Teresa Frieri nato il 19.06.1913 e deceduto il 24.12.1992, Michele Ricciardi di Vitale e di Francesca Toglia nato il 15.08.1917 e deceduto il
03.01.1973, Pasqualina Toglia di Michelantonio e di Lucia Di Milia nata il 23.02.1896 e deceduta il 28.09.1976.
Calitri 4 settembre 2002,
nella masseria di Angelo Cestone (panch’losc’) a Serra
Cicerchia un agape fraterna,
da sinistra Mauro Maffucci
(nzacch’tiegghj’), Raffaele Salvante direttore de Il Calitrano,Vincenzo Metallo (lalla), Maria Teresa Pierucci
coniugata Cicoira, Tonino
Cicoira, presidente dell’Associazione Romana dei Calitrani, a cap’tav’la,Angelo Cestone, Vincenza Maffucci in
piedi, Pietro Maffucci (spaccac’pogghj’), Antonietta moglie di Pietro Maffucci,Teresa moglie di Vincenzo Metallo,Anita moglie di Mauro
Maffucci.
16
IL CALITRANO
N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003
dimentica facilmente. Anche le ferite più silenziose e lontane,
quando rimarginano, lasciano un segno. E non è poco.
Antonella Cilento
LA NOSTRA
BIBLIOTECA
TEORA nell’estate 1936 durante le Grandi Manovre di
Enzo Fiore – Valsele Tipografica s.r.l. – Materdomini 2003.
nzo Fiore ha al suo attivo oltre quarant’anni di professione di
Eblicato
architetto è stato preside in vari e importanti Istituti, ha pubsaggi di urbanistica, ha lavorato nel sud America, è sta-
VIA CONCEZIONE di Alfonso Nannariello – Casa Editrice LIBRIA Melfi 2003
to Ispettore Centrale al Ministero della Pubblica Istruzione,
ma non ha mai disdegnato collaborare a varie riviste e indagare e studiare sulla storia del suo paese e della sua regione l’Irpinia. E così che, dopo oltre quindici anni dal disastroso terremoto del 1980, l’autore si è finalmente deciso a prendere visione, esaminandole attentamente, le carte che era riuscito a salvare nei giorni piovosi di quel terribile novembre e riscoprire
(l’autore era un ragazzo) che nell’estate del 1936 il suo paese
natale Teora era stato, per una sola ora, capitale d’Italia per lo
svolgimento delle “Prime Grandi Manovre dell’Impero” che si
tennero dal 20 al 30 agosto.
L’affezione, legata ai lontani ricordi del padre che quelle carte
aveva gelosamente conservate gli hanno fatto scegliere per l’attenta, paziente e scrupolosa ricerca presso biblioteche, emeroteche, giornali, lettere e testimonianze d’epoca, alla scoperta
delle vere motivazioni di quelle manovre militari, e con stile
spigliato e semplice ce ne rende edotti col presente libro che è
esso stesso un pezzo di storia. All’apparente motivazione, di
onorare il balilla Lorenzo Fusco di Monteforte Irpino decorato
in Africa con medaglia d’argento, c’erano veri e propri intrighi
politico-dinastici alla base di quella scelta; infatti si voleva dare ad Umberto di Savoia – al quale era stata impedita dai reali
genitori la partecipazione alla campagna d’Etiopia del 35/36,
mentre vi aveva partecipato il cugino il Duca Amedeo d’Aosta
– l’occasione di ribadire la continuità dinastica di casa Savoia.
Alla presenza del Re, di Mussolini e dei generali italiani dell’epoca circa 60.000 uomini parteciparono alle grandi manovre
con il corpo d’armata “Azzurro” comandato dal principe ereditario Umberto di Savoia e quello “Rosso” comandato dal generale Guillet, con la folta partecipazione di osservatori militari esteri dalla Francia – Giappone – Cecoslovacchia – Germania
– Yugoslavia – Unione Sovietica – Stati Uniti d’America –
Gran Bretagna e Cina, assistiti da ufficiali italiani di pari grado
con interpreti forniti dal Ministero degli Esteri.
Un bel libro che si legge tutto d’un fiato e corredato da fatti di
vita paesana che per i più giovani possono essere un vero arricchimento culturale.
L’
estate scorsa, nel 2001, sono stata a Calitri in compagnia di
alcuni amici che avevano organizzato un evento di scrittura
nel castello da poco restaurato, le cui sale ospitavano, fra l’altro, una bella mostra di fotografie dell’Irpinia prima e dopo il
terremoto. Di quelle foto ricordo le lacerazioni della terra,
aperti tagli di mano sotto le case e la piccolezza del destino di
pietra. A un certo punto, l’amica di Avellino che mi accompagnava, Emilia, mi ha fatto cenno e mi ha mostrato una delle foto che ritraeva le case di Via Concezione.
Ma qualcuno mi ha dato da parlare e mi sono distratta.
Poi, verso sera, siamo usciti da Calitri e con gli amici che ci accompagnavano, Enza e suo marito, ci siamo fermati a guardare
il paese dalla strada con le sue collane di luci ricordano quelli
che, da sempre, vanno via e quelli che stanno cercando di restare (Enza ha una piccola e bellissima libreria a Calitri, un gesto di coraggio e volontà). E di nuovo Emilia mi ha indicato Via
Concezione e mi ha detto: è quella la strada del libro di Alfonso. Ho avuto per le mani Via Concezione qualche anno fa, poi
Alfonso mi ha riconsegnato il manoscritto l’anno scorso, un po’
modificato, se non vado errata, e l’ho riletto. E come la prima
volta ne ho tratta impressioni assai forti, emozioni di luoghi, di
case, di oggetti, di nomi, di voci scomparse e di dialetti resistenti.
Di Via Concezione rimane una nota assai forte e molto lirica.
Rimane il modo di comporre le frasi, sintonico alla frammentazione della terra che Alfonso racconta, alle sue frane, alle
sue storie interrotte e a queste stagioni che ancor oggi si susseguono senza più persone che le guardino. Rimane l’onda della
memoria che porta avanti, che mi fa molto pensare a Erri De
Luca, ma anche di più a certi film sulla ex Jugoslavia.
Perché è come se una guerra avesse attraversato questi luoghi e
Via Concezione fosse, anche nel suo dialetto, un territorio straniero e devastato, ma al tempo stesso molto familiare. Ho anche
pensato a uno scrittore che amo molto, Hector Bianciotti, e a un
suo libro sull’infanzia e l’adolescenza, Quel che la notte racconta del giorno. Trovo la scrittura di Alfonso assai simile a
quella di quest’autore italiano d’origini ma cresciuto in Argentina e abituato a comporre in lingua francese (quanti sradicamenti, almeno quanti ne vivono gli irpini e l’Irpinia).
E sradicamento e frammentazione sono le cifre di questo libro
(prezioso e vero) che appartiene ad un genere letterario che, con
grave torto, il mercato editoriale d’oggi ama poco per una necessità comprensibile che è quella della vendita a lettori desiderosi di trame: ma, e lo confermano altri libri e altri autori recenti che parlano della stessa Irpinia, forse non c’è altro modo
di raccontare certi luoghi e certe storie interrotte se non con
l’interruzione della sintassi. E poi i libri che conservano un’anima scelgono per destino di non usare le armi dell’intreccio.
Penso così al libro di Alfonso come a quella foto nel castello di
Calitri, alla mano del terremoto che taglia i tubi delle case sotto le fondamenta e che lascia fuori le ossa dei ricordi, i dettagli
che in tempi di pace nessuno avrebbe notato, le infinite polveri
della memoria. Penso a questo libro con affetto perché non lo si
LA PERCEZIONE QUOTIDIANA DI Luigi Pumpo – Biblioteca di Presenza – Striano (NA) 2003
olpisce ancora una volta in Pumpo l’attenzione analitica ai
C
particolari, che gli consente di disegnare paesaggi pittorici,
carichi di bellezza e di nostalgia, di rivivere spartiti memoriali
avidi di innocenza e di stupore, di incantarsi ancora all’amore
della vita, che irrompe come una forza naturale e inarrestabile,
come flusso di coscienza, che sfida il grigio del tempo per inventare sempre nuove occasioni, oltre il tempo.
La poesia si nutre di intelligenza e sensibilità, che, coniugate insieme, disegnano l’immagine di un uomo del Sud, invaghito dei
propri miti, pronto a difenderli ad oltranza contro l’assedio di
un quotidiano che sempre più si simula e si somiglia. Sfidare il
consueto resta la scommessa di chi intende e sente contempo17
IL CALITRANO
N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003
mento come a Calitri che dai SS. Protettori chiaramente bizantini si passò a San Canio.
Perciò ci sentiamo in obbligo con don Pasquale per tutto
quello che sta facendo per la nostra Irpinia e ringraziandolo gli
assicuriamo il nostro povero sostegno morale.
raneamente che la vita è un’avventura straordinaria, che non
può essere sciupata e violata, ma che va invece custodita nello
scrigno prezioso della memoria e dell’amore, come messaggio
a chi più si è amato e a ciò che più si è vissuto a continuare a
percorrere gli impervi ma inevitabili sentieri che portano alle
trasparenze interiori, contro lo smog che rischia di offuscare
l’anima e, con essa, la giusta visione della vita, fondata sulla
bellezza e sull’armonia.
(dalle note critiche di Francesco D’Episcopo)
G. Pinna, Con gli occhi della memoria, La Lucania nelle fotografie di Franco Pinna 1952-1959, Il ramo d’oro editore,
Trieste, 2002, pp. 167
rnesto De Martino, il più grande anEneltropologo
italiano del Novecento,
1952 guidò una spedizione interdi-
L’ALMANACCO DELLE DODICI LUNE – LIBRAGENDA AUGURALE 2003 di Antonio Lazzarini – Napoli 2002
arissimi, nonostante la corsa veloce del mondo verso le
C
scarne forme espressive multimediali, continua a rinnovarsi
in questi giorni che precedono le festività natalizie, il tradi-
sciplinare per studiare sul campo i
comportamenti delle popolazioni della
Basilicata. Oggetto della ricerca erano
gli individui (uomini, donne, bambini,
giovani, vecchi…), le abitazioni, la famiglia, la festa, il lavoro, la musica popolare, ecc. A far scattare questo interesse, nell’immediato dopoguerra, fu certamente il libro di Carlo Levi, Cristo si è fermato a Eboli, e l’attivismo politico del sindaco di Tricarico
Rocco Scotellaro, ma anche le precedenti spedizioni di linguisti e sociologi tedeschi e americani.
on questa ricerca, la cultura popolare lucana fu posta al
centro dell’etnologia nazionale a causa dei suoi caratteri
che risultavano singolari per gli studiosi del settore e nello
stesso tempo arcaici. D’altra parte, erano quasi ignoti al resto
degli italiani.
A corredare di immagini le ricerche dell’équipe di De Martino
fu chiamato il fotografo sardo Franco Pinna. Nel 2002, a cinquant’anni dalla prima missione del famoso antropologo, la
Provincia di Potenza pubblica l’archivio delle foto di Pinna.
Quello lasciato da Pinna, che ritornò in Lucania anche nel
1956 e nel 1959, è un ricco deposito di documenti. Non semplicemente una raccolta di fotografie di un tempo ormai passato. Piuttosto lezioni pratiche di fotografia, dalle quali ognuno di
noi potrebbe ricavare insegnamenti. È il catalogo dei provini
delle foto, che si trova nella seconda parte del libro, ad illustrare
molto bene il processo di ricerca documentale compiuta dal fotografo, prima di pervenire a determinati “scatti”. In esso si trova, in un certo senso, la chiave di lettura intellettuale del bellissimo album fotografico che lo precede.
Mi colpiscono le immagini di San Fele e delle pratiche di devozione presso il Santuario della Madonna di Pierno, località
che distano soli pochi chilometri da Calitri, e mi inducono a
pensare che il libro riguardi anche noi. Infatti, si andava a Pierno anche da Calitri. Quei volti e quelle consuetudini religiose
non mi appaiono estranei. Vi rintraccio parte della mia infanzia
che, dopotutto, ritorna spesso nei miei pensieri quotidiani: gli
asini, i muli, le bisacce, la fiera degli animali, il fotografo ambulante, l’incantatore di serpenti, bambini allattati al seno, l’organetto, i pranzi sull’erba, la sofferenza e la richiesta di grazia
alla Madonna. La valle dell’Ofanto che separa geograficamente l’Irpinia dalla Lucania non interrompe la continuità di relazioni tra i paesi che si trovano sulle opposte rive del fiume, sebbene nel passato esso fosse notevolmente impetuoso e di difficile guado. Anche un calitrano, dunque, può riconoscere le
proprie matrici comportamentali nelle immagini di Pinna, sia
quando esse si riferiscono ai paesi più vicini sia quando riguardano i paesi più prossimi al materano. Anzi, il calitrano di
oggi dovrebbe guardarle con attenzione per capire il salto epocale che è avvenuto in questi ultimi cinquant’anni.
Pietro Cerreta
zionale scambio di luccicanti biglietti e cartoncini augurali. Io
non mi sottraggo alla simpatica consuetudine e vi adempio
mediante il dono di questa minuscola iniziativa editoriale. Per
coloro che amano rivedere in trasparenza qualche aspetto della
Posillipo di ieri, il presente mazzetto di raccontini, poesie, ricordi, curiosità può rappresentare – almeno lo spero – una breve parentesi distensiva. L’offro, con cuore semplice, pieno di affetto, a tutte le persone che, per brevi tratti o lunghissimi percorsi esistenziali, hanno condiviso il mio cammino di ultra – e
che ultra! – settantenne.
Nelle pagine sono riportati eventi, memorie e nomi (spesso,
pseudonimi) a me molto cari, stati d’animo, nostalgie di anni
ormai lontani e di luoghi che inesorabilmente si trasformano.
Peraltro, pur vivendo il presente con molta serenità, non credo
sia male tener d’occhio il proprio passato ricordando fatti e figure d’altri tempi attraverso la ricerca di quegli esili fili mnemonici che collegano fra loro le epoche e le persone.
Non so se il contenuto dell’almanacco potrà contribuire a ravvivare quelle sensazioni che, pur appartenendo quasi del tutto
all’ieri, aiutano a meglio comprendere quanta gioia c’è stata e si
rinnova in ciascuno di noi ogni Natale e ad ogni inizio d’un novello anno, ma esso rappresenta, comunque, il veicolo che vi
porta miei auguri davvero spontanei e cordiali.
(dalla presentazione dell’Autore)
C
L’ARTE SACRA IN ALTA IRPINIA di Pasquale Di Fronzo – Tipografia Grappone di Mercogliano – Giugno 2003
ebbene già in piena fase di stampa, non possiamo fare a
meno di dire qualche parola sull’ultimo volume, l’undicesiS
mo, di don Pasquale Di Fronzo su quell’immenso e purtroppo
sconosciuto tesoro dell’Arte Sacra della nostra cara Irpinia,
che è diventato il pane quotidiano del nostro Autore, che sempre in prima linea e senza fronzoli, con l’ardore di un neofita,
sta conducendo un lavoro di catalogazione del ricco patrimonio
d’Arte, che molto spesso offre un esempio affascinante dei pur
fragili nessi fra arte e potere, in una sorta di pur cifrato manifesto ideologico volto non solo a trasmettere precisi orientamenti religiosi, ma anche a definire alcuni indirizzi del potere
stesso.
Ne è una prova lampante, fra l’altro, il primo articolo del libro sul “Vescovo nel frontone della cattedrale di Bisaccia” che
rappresenta una delicata, e nello stesso tempo complicata, fase
di transizione dalla cultura religiosa bizantina a quella Normanna, che per noi personalmente rappresenta un importante
punto di snodo anche per la storia di tanti santi Patroni che proprio in questo periodo alquanto nebuloso subirono un cambia18
IL CALITRANO
N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003
DIALETTO E CULTURA POPOLARE
A CURA DI
MICHELE CERRETA
“Lu scarpar”
Anticamente erano molti gli artigiani delle scarpe, sia perché
era minima la parte della produzione industriale e sia perché
molto sviluppata era l’attività artigianale locale. Il calzolaio del
passato del piccolo centro viveva una vita simile a quella del contadino perché con quest’ultimo divideva quasi tutte le attività
agricole, in particolare quelle inerenti alle produzioni di derrate:
il grano, il granone, le biade, l’uva e la frutta. Egli era, si può dire quasi, calzolaio d’inverno e dei periodi dell’anno piovosi, nevosi, freddi o eccessivamente caldi e contadino per tutti gli altri.
Nelle nostre zone venivano prodotti dall’artigiano del legno, in
epoche che i nostri avi ancora ci ricordano, i “cuturri” (coturni =
calzature di origine greco-romana), che prima venivano calzati per
uso continuativo e lavorativo e più tardi solo per uso sedentario.
Le scarpe nell’antichità erano semplici: strisce di pelle o
“laccioli” cuciti alle pianelle di cuoio. Le vecchie scarpe erano
di foggia elementare, con cuciture limitate solo alla suola e al
tacco, svolgendo così bene il ruolo di antipioggia e antineve,
con una buona impermeabilità.
Solo più tardi la tomaia fu confezionata e cucita in più parti,
aventi forme più consoni alle fattezza del piede. Le vecchie
“scarpe fini” e li “scarpin’”, fatti con pelle di vitello e crome, avevano l’apertura a pattina, chiusa con più bottoncini laterali. L’opera dello “scarparo” nei tempi passati – fino al termine della seconda guerra mondiale – veniva svolta presso le famiglie più
che nella propria bottega. Il mastro con i suoi lavoranti e discepoli si recava nella case a svolgere la propria attività, consistente
nel confezionare scarpe nuove e riparare le vecchie per tutti i
componenti della famiglia, presso la quale consumava i pasti
offerti. E i tanti fatti strani e aneddoti che ancora oggi si raccontano avvenivano proprio durante queste permanenze, quando i lavoranti condividevano la vita domestica della famiglia ospitante.
Il calzolaio svolgeva l’attività anche in settori affini. Egli
confezionava: la cintura per pantaloni che tagliava (“staccava”) lungo tutto il dorso della pelle del vitello per ottenerla
lunga, da un lato cuciva la fibbia e il passante, dall’altro l’appuntiva e la perforava nell’ultimo tratto; le varie bretelle; lo
“scarfugghio” ( la protezione dell’indice) e “’u vrazzal’” (bracciale) del mietitore; il grembiule e la “vandiera” dei fabbri; “li
’nand-vrache” per i pastori e per i mungitori di mucche; i paramacchia per i cacciatori e tutto quanto concerneva le cavezze,
le briglie e i finimenti di selle, sellini per carretti e basti di
muli, asini e cavalli, in assenza di sellai.
Foglio A: 1) Macchinetta occhiellatrice; 2) Forma (in metallo) formato
grande; 3) Forma (in metallo) “a pier’ “, completa di forma media; 4)
Forma (in metallo) formato piccolo; 5) “Precetto” = perforatrice multipla;
6) “Precetto” = perforatrice singola; 7) Misura (per le dimensioni del
piede); 8) “Pier’ r puorc’ “ =lisicatoio in legno; 9) Tirastivali; 10) Tiraforme;
11) “Spart’punt’” = zigrino; 12) Bigoncello per il bagno del cuoio; 13)
Rasatoio per tacchi; 14) Tenaglie piccole; 15) Pinze tirapelle per montatura
punte; 16) Macchinetta per bottoni; 17) “Taccia”= bulletta; 18)
“chijvariegghio” = bullettone; 19) “Bancariegghio” = deschetto.
1) Martello con penna del calzolaio; 2) Trincetto (coltello del calzolaio); 3) “Assuglia”
= lesina; 4) “Ssuglion’ “= punteruolo; 5) “Tacci’lin’ “ = bulletta tonda grande; 6) “Tacci’lin’ “ = bulletta tonda piccola; 7) Chiodo del calzolaio; 8) “Tex” = chiodo piccolo
del calzolaio; 9) Tenaglie da sconficcare; 10) “Spandicera” = lisciapianta o bussetto;
11) Acciaiolo o accarino per affilare il coltello; 12) “Guradaman’ “ = manale (pelle
protettrice della mano che tirava lo spago); 13) Pedale; 14) Pinze per montatura; 15)
Rotella o rotellina; 16) Raspa; 17) “Curnett’ “ = mazza da lisciare o stecca; 18)
Cuoio; 19) Stampa; 20) Spago; 21) Forma in legno per scarpa; 22) Toppo o ceppo
= “tav’letta”; 23) Forma per gambale; 24) “Quat’ “ = catino per il bagno della suola;
25) Setole; 26) Ciotola per tinte; 27) sasso per battere il cuoio = la “preta”.
19
IL CALITRANO
N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003
A CURA DI
RAFFAELE SALVANTE
PROVERBI
La freva r’ continuu ammazza l’om’
Chi ten’ fer’ a Ddij n’ perd’ maj
A’ r’ chiov’ e a r’ cacà, Ddij nu lu pr’hà
Carta vaj e sciuquator’ s’ vanta
Chi fac’ la spia n’ n’eia figlia r’ Maria
Chi mal’ penza, mal’ fac’
Eia nat’ cula cammina (v’stut’)
Na pera frac’ta n’ uasta nu panar’
Parla cum’ t’hav’ mammata
Chi n’ fac’ una, n’ fac’ ciend’ e una
=
=
=
=
=
=
=
=
=
=
la febbre duratura uccide l’uomo
chi ha fiducia in Dio non perde mai
non pregare Dio per far piovere e per digerire
se arrivano buone carte il giocatore si crede bravo
chi fa la spia è figlia di Maria
chi pensa male, male fa
è nato con la camicia (vestito)
una pera marcia rovina un intero paniere
parla come ti ha fatto tua madre
chi ne fa una, è capace di farne cento ed una
=
=
=
=
=
=
=
=
=
=
vi siete saziati?
vado di fretta
non è andata come si voleva !
fatti valere
lo ha ripulito di ogni suo avere
è capace di fare carte false
ce ne ho in gran quantità
l’acqua comincia a bollire
se ne è fuggito
sono senza soldi
MODI DI DIRE
V’ sit’ abb’ttat?
Vach’ r’ pressa
Eia sciut’ scuosc’l’!
Fatt’ ndenn’
L’hav’ p’l’zzat’ gghiogn’
Eia capac’ r’ fa cart’ fauz’
N’ tengh’ na m’luina
Mo’ spercia a bbogghj’
S’ l’eia assaquat’
So’ piomb’ a nu pal’
***
A L’ ARIA R’ SANT’ LIVARDIN’
DAVANTI A SAN BERARDINO
La mia bella va in campagna
la Maronna l’accumpagna
n’ nziamai ven’ a chiov’
ten’ r’ scarp’ nov’, nov’.
La mia bella va in campagna
la Madonna l’accompagna
non sia mai viene la pioggia
ha le scarpe nuove, nuove.
Vann’ vist’ stammatina
a l’aria r’ Sant’ Livardin’
tutt’ quanta mpr’c’ssion’
p’ la via r’ lu R’pon’.
Li hanno visti questa mattina
davanti San Berardino
tutti e tre in processione
per la via del Ripone.
Nnnanz’ a tutt’ scia S’ppuccia
po’ la mamma cu la ciuccia
e l’attan’ stia nn’ret’
ca sc’lava nda r’ pret’.
Davanti a tutti andava Giuseppa
dopo la mamma con l’asina
e il padre andava dietro
perchè scivolava sulle pietre.
Quegghj’ gran’ a la Canneta
osc’ chi r’ bbol’ met’
si p’aiut’ a la famiglia
n’ ng’ foss’ la bb’ttiglia.
Quel grano alla Canneta
oggi chi lo vuole mietere !
se per aiuto alla famiglia
non ci fosse la bottiglia (di vino).
Senti qua bellezza mia
ti farei compagnia
ma con questo fuoco al cuore
non me la sento di andare in campagna.
Tu r’ saj bb’llezza mia
t’ t’ness’ cumpagnia
ma cu st’ fuoch’ a lu cor’
n’ m’ ric’ r’ sci for’.
Ti ricordi, o ragazza
quel Dio che ti creò
quando mi dicesti di no
proprio davanti a Tusciapò (barberia)
T’ r’cuord’ oi figliò,
quigghju’ Ddij chi t’ criò,
quann’ m’ r’cist’ no
sciust’ nnanz’ a Tusciapò.
Un simpatico e realistico quadretto di vita paesana che porta con se quei dolci ricordi d’infanzia che ci hanno accompagnato per
tutta la vita con quella loro schiettezza, semplicità, parsimonia del vivere, innocenza della vita.
20
IL CALITRANO
N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003
SOLIDARIETÀ COL GIORNALE
(Poggibonsi) – Di Milia Anna Tongiorgi (Crespina) – Rizzi Savina
(Napoli) – Fastiggi Canio (Ponsacco) – Metallo Vincenzo (S. Giovanni V.no) – Di Domenico Mariantonia in Di Cosmo (Poggibonsi) –
Vallario Lorenzo (Milano) – Rabasca Canio (Nova M.se)
Euro 12: Paoletta Erminio (Portici) – Margotta Concetta (Riccione)
Euro 15: Zarrilli Vito (Roma) – Di Milia Vincenzo (Pescara) – Gallucci Di Napoli M.Filomena (Acqui Terme) – Gautieri Vito (Acqui Terme) – Di Cairano Michele (Novate M.se) – Zabatta Vito (Capergnanica) – Di Cairano Scoca Francesca (Ponte Tresa) – Cestone
Pasquale (Bologna) – Margotta Maria Teresa (Salerno) – Di Cosmo
Vincenzo (Poggibonsi) – Russo Maria Antonietta (Roma) – Zabatta
Vincenzo (Lentate S.S.)
Euro 20: Senerchia Giuseppe (Sesto Fior.no) - Nocera Mirko Settimio
Giuseppe (Vallata) – Figurelli Canio (Lentate S.S.) – Guerrizio Marcello (Avellino) – Maffucci Marco (Roma) – Cicoira Antonio (Rimini) –
Padre Rosario Messina (Casoria) – Del Cogliano Concettina (Leccio)
Euro 25: Studio Commerciale Di Cairano Mario (Guidonia) - Bozza
Michele (Roma) – Voltaggio Claudia (Napoli) – Pastore Raffaele
(Roma) – Leccese Gallo Gerardo (Ascoli Satriano) – Milano Calvani
Vincenza (Cascina) – Zarrilli Michele (Corchiano) – Margotta Mario
& Nicolais Vincenzo (S. Donato M.se)
Euro 26: Norelli Francesco (Roma) – Cecchetti Turiddo (Pistoia) –
Frasca Vincenzo (Roma) – Vallario Giuseppenicola (S. Miniato Basso)
Euro 30: Messina Giuseppe (Roma) – Cianci Mario (Napoli)
Euro 33: Codella Michele Pavona)
Euro 50: Bazzani Paolo (Barberino V. D’Elsa) – Della Valva Francesco (Bollate) – Caputo Antonio (Firenze) – Iezzi Sergio (Napoli)
Euro 100: Alliod Cicoira Silvia (Aosta)
DA CALITRI
Euro 5: Covino Teresa
Euro 8: Metallo Rocco
Euro 10: Cubelli Jolanda – Nannariello Elvira – Zarrilli Luigia – Maffucci Lucia via Macello 34 – De Nicola Giovanni e Rachele – Rosania Luigi – Rossi Serafino – Codella Giuseppe (C. da Difesette) – Metallo Canio e Di Milia Rosa – Codella Vincenzo Fontana della Noce
– Tornillo Michelangelo – Cerreta Mariannina – Di Roma Antonio
C.da Tufiello – Vallario Lorenzo via Rabasca 1
Euro 15: Codella Antonio – Nannariello Migliorina
Euro 20: Nocera Gabrio Lucio Vincenzo – Di Roma Giuseppe – Ramundo Michelina
Euro 25: Cerreta Giuseppe – Cestone Franca Maria
Euro 30: Di Cecca Giuseppe
DA VARIE LOCALITÀ ITALIANE
Euro 5: Colucci Pasquale (Sirignano) – Briuolo Lucia (S. Michele) –
Immerso Antonietta (Velletri) Euro 6: Gabellini Lorenzo (Firenze) – Cerreta Giuseppe (Cambiano)
Euro 7: Landolfi Antonio (Salerno)
Euro 7, 50: Lucadamo Pasquale (Olgiate C.sco)
Euro 10: Pastore Canio (Riccione) – Galgano Vincenzo (Lentate S.
S.) – Cianci Michele (Mariano C.se) – Stanco Lucia (Casalgrande) –
Coglianese Angelo (Oliveto Citra) – Salvatore Lucia (Montatone) –
Concione Rabasca Raffaella (Caserta) – Di Napoli Giuseppe (Roseto D’Abruzzi) – Cianci Annamaria (Napoli) – Di Milia Angela (Vico
Palma Campania) – Moretton Uselmo (Contursi Terme) – Della Badia
Mariantonia (Montaione) – Di Napoli Vincenza (Bologna) – Capossela Pino e Pina (Genova Ponex) – Capossela Giovanna (Benevento)
– Cerreta Vincenzo (Camnago) – Margotta Angelo (Ancona) – Metallo M. Antonietta (Morena) – Rubino Michele (Coreana) – Cerreta
Luigi (Bari) – Capossela Vito (Scandiano) – Di Napoli Maria (Bollate)
– Pastore Lucia e Alessandrello Stefano (Comiso) – Bavosa Rosa
DALL’ESTERO
Belgio: Euro 20 Di Carlo Raffaela – Ragazzo Nicola – Mignone
Antonio - Euro 42, 50 Tartaglia Giuseppe
Svizzera: Euro 320, 94 Associazione Calitrani Emigrati in Svizzera
U. S. A.: Euro 25 Fastiggi Richard e Patricia
Erbe di Casa Nostra
L’ALBERO DIVINO
Albero millenario, la cui cultura ha segnato
la civiltà del bacino mediterraneo. Le sue
fronde simboleggiano l’onore e la pace dei
semplici. È una pianta benedetta, è simbolo della fede dell’uomo e della presenza di
Dio, fonte di ispirazione artistica. Per millenni ha presenziato ai riti e alle manifestazioni spirituali delle città mediterranee. La
sua domesticazione inizia tra il IV e il III
millennio a.C.
È stato trasportato dalla Palestina verso l’Egitto, indi è passato alla cultura romana e da
questa, attraverso la Spagna arrivò agli Arabi
sulle sponde meridionali del bacino. Si rac-
conta che fu un seme d’ulivo che, venne raccolto da un Angelo nel Paradiso Terrestre
per donarlo ad Adamo che spuntò sulla sua
tomba. Aristeo piantò l’ulivo sulla costa mediterranea e gli uomini impararono a coltivarlo per ricavarne l’olio. È un esemplare
che preferisce terreni calcarei ed asciutti, impiega molto tempo per diventare produttivo,
ama le colline esposte al sole ma non disdegna le pianure. È una pianta che ha straordinarie caratteristiche vegetative in quando il
suo ceppo ha la capacità di rigenerazione
anche quando il tronco è stato tagliato.
Ha una ricrescita lenta e richiede anni di attesa prima di dare il frutto, ma è molto longeva
e può restare vitale per millenni. Le tecniche
21
di cultura tradizionali sono oggi studiate al fine di migliorare il suo rendimento. Sono state introdotte nuove piante e nuove pratiche
per rendere più agevole il raccolto dei frutti. Il
primo uso dell’olio riguardava la preparazione dei profumi, unguenti, mentre l’impiego
alimentare è di epoca successiva. Anche ai
piedi delle Alpi piemontesi, il destino ha portato questo albero dai mari del Medio Oriente al cospetto delle Alpi Occidentali.
Raggiunse il Piemonte in epoca romana introducendosi nel vecchio continente sulla
riviera del Garda ed oggi rappresenta una
pianta integrata del suo paesaggio.
Alba Algeri
(da Ritortolo)
IL CALITRANO
N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003
MOVIMENTO DEMOGRAFICO
I Pensieri della Vita
Rubrica a cura di Anna Rosania
I dati, relativi al periodo dal 9 dicembre 2002 al 18 giugno 2003,
sono stati rilevati presso l’Ufficio Anagrafe del Comune di Calitri.
Volano i miei pensieri,
Come ali di un uccello
Fra i rami di un albero,
Che taciturno lascia
Cadere le sue foglie.
NATI
Malanga Niko di Luciano e di Zarra Concetta
02.01.2003
Maffucci Francesco di Pasquale e di Pagliarulo Vincenzina
02.01.2003
Cucciniello Giuseppe Federico di Noris Antonio e di Marzullo Rosalba
04.01.2003
Toscano Fabiana di Giovanni e di Avella Franca
25.02.2003
Bavosa Michael Vito di Carmine e di Di Napoli Francesca
04.03.2003
Martiniello Sara di Vito e di Russo Lucia
04.03.2003
Zarra Francesco di Michele e di Cialeo M. Antonietta
10.03.2003
Rainone Adriana di Canio e di Sibilia Mirella
21.03.2003
Diasparra Erica di Mario e di Pastore Nicolina
30.03.2003
Sibilia Simone di Massimiliano e di Caruso Anna
15.04.2003
MATRIMONI
Scivolano le mie lacrime,
In un ruscello senza fine,
Che con il suo gorgoglio
Canta la mia primavera.
In fondo c’è una luce,
Una luce tanto fievole,
Dove i miei pensieri
Cominciano a trovar pace.
Viaggiando all’infinito
Nell’infinito
Del mio cuore.
Bj daniele
Iorlano Giovampietro e Senerchia Maria
Mazzeo Gerardo e Zarrilli Luciana
Cubelli Francesco e Margotta Maria
12.04.2003
10.05.2003
07.06.2003
MORTI
Russo A. Maria
Angeliello Rosa Maria
Lucrezia Giovanna
Cestone Francesco
Lettieri Maria
Di Maio Mariantonia
Gautieri Giuseppe
Di Muro Rosa
De Nicola Giovanni
Di Carlo Canio
Di Cecca Vito
Immerso Lucia
Maffucci Giuseppe
Senerchia Salvatore
Coppola Maddalena
Del Buono Gerardo
Vigorito M. Antonietta
Fierravanti Giovanni
Gervasi Canio
Di Maio Iolanda
Di Maio Salvatore
Maffucci Giuseppe
Zabatta M. Camilla
Zabatta Antonio
Rinaldi Concetta
Pastore M. Antonia
Muoio Virginio
Cianci Antonia
Zarrilli M. Teresa
Tornillo Teresa
24.01.1920 - † 09.12.2002
12.04.1927 - † 29.01.2003
29.04.1921 - † 14.02.2003
13.07.1907 - † 01.03.2003
10.08.1925 - † 06.03.2003
01.12.1906 - † 08.03.2003
05.02.1924 - † 10.03.2003
07.09.1930 - † 14.03.2003
09.03.1911 - † 16.03.2003
03.11.1923 - † 16.03.2003
18.11.1915 - † 16.03.2003
13.12.1923 - † 17.03.2003
19.02.1922 - † 17.03.2003
24.12.1924 - † 19.03.2003
12.04.1920 - † 23.03.2003
16.05.1964 - † 24.03.2003
29.06.1959 - † 26.03.2003
29.08.1928 - † 06.04.2003
03.02.1933 - † 18.04.2003
10.02.1933 - † 08.05.2003
01.02.1915 - † 16.05.2003
21.03.1928 - † 16.05.2003
09.11.1928 - † 18.05.2003
23.09.1928 - † 19.05.2003
04.06.1927 - † 26.05.2003
12.06.1913 - † 02.06.2003
04.05.1917 - † 09.06.2003
04.05.1913 - † 14.06.2003
19.07.1932 - † 17.06.2003
29.10.1907 - † 18.06.2003
22
Calitri 1937, fotografia fatta per mandare
al capofamiglia Antonio Zabatta (p’rtosa)
che si trovava in Africa Orientale per lavoro, da sinistra Lucia Zabatta, Vito Zabatta, Maria Giuseppa Germano (sckattosa) nata il 30.09.1907 e deceduta il
27.10.1998,Vittorio Zabatta e Giovannina
Zabatta.
IL CALITRANO
N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003
R E Q U I E S C A N T
Immacolata Del Cogliano
01.09.1919 † 04.07.2000
Difficoltà e sofferenze
non sono mancate nella tua
vita, ma il Signore
è scudo per chi in lui
si rifugia.
Lorenzo Ricciardi
22.07.1928 † 06.02.2003
Affida al Signore le tue cure
ed egli sarà tuo tutore.
Michele Cubelli
19.09.1925 † 15.08.2000
Nel terzo anniversario della
tua scomparsa, forte è
l’amore del tuo ricordo
Maria Villani
20.10.1935 † 28.09.1995
Iddio sostiene chi sta in
bilico e rialza
chiunque è abbattuto.
(Salmo 145/14)
Giovanni Abate
25.08.1919 † 18.05.1998
Il Signore lo nutrirà col
pane della saggezza,
e lo abbevererà nell’acqua
dei suoi insegnamenti.
(Siracide 15/3)
Vito Michele Nannariello
21.12.1834 † 30.05.1903
Cento anni sono come
polvere portata via dal
vento, quando c’è l’amore
P A C E
Michele Scoca
Calitri Bologna
12.05.1909 † 08.06.1989
A 14 anni dalla sua
scomparsa il ricordo
dei figli Giuseppe,
Vincenzo, Angela
e di tutta la famiglia è
sempre più vivo.
Lo ameremo sulla terra
affinché possa riposare in
pace in Cielo
Maria Giovanna Margotta
18.09.1916 † 27.06.1983
Venti anni fa il Signore ti ha
chiamata a se, e da
venti anni che non smetto di
pensare a te, il tuo
Franchino
Luigi Galgano
(Premaio)
19.06.1923 † 23.07.1993
I familiari e gli amici lo
ricordano con affetto a
quanti lo conobbero
I N
Antonio Di Milia
28.09.1914 † 30.08.1991
Si compiace, il Signore, di
chi lo teme e di chi si affida
nella sua bontà
(Salmo 147 A-11)
Nicola Cubelli
25.11.1923 † 07.06.1997
Solo in Dio avrai pace, o
anima mia.
(Salmo 62/2)
Michele Frucci
03.02.1936 † 18.06.1998
Un amico fedele è un
balsamo nella vita,
e chi ha il timor di Dio lo
troverà.
(Siracide 6/16)
Giovanni Rainone
10.10.1881 † 01.05.1941
Giusto è il Signore e ama la
giustizia e i giusti vedranno
il suo volto
(Salmo 11/8)
23
Giuseppe Cianci
19.05.1928 † 21.06.1999
Gli anni passano ma il
nostro amore per te
diventa più forte
Canio Vincenzo Toglia
(u Talian’)
10.10.1862 † 16.06.1945
L’anima mia proteggi e
fammi salvo, né io sia
confuso, perché in te fidai.
(Salmo 25/20)
In caso di mancato recapito, si prega di voler restituire all’Ufficio C.M.P. Firenze
per la riconsegna al mittente, che si impegna ad accollarsi le spese postali.
Calitri 28 dicembre 2002, Festa dei cinquant’anni, presso il Ristorante Sambuco. Sono tutti nati nel 1952, ultima fila da sinistra: Maria Rosaria Cestone (cicc’llon’) nata il 04.09.1952, Donato Tornillo
fioraio, nato il 13.11, Giuseppina Maffucci (sett’cozz’) nata l’11.06,Angelo Pasqualicchio (s’ppon’), si vede appena la testa, nato l’11.03, Donato, Mario, Pompeo Maffucci (cavallo pazzo) nato il 16.01, Giuseppe
Maffucci (ndundar’), con baffi, si vede solo la testa, nato il 22.10,Antonio Cestone (ciannill’), nato il 29.05,Vincenzo Basile (Alberatosi), il più in alto, nato il 07.01, Giambattista De Nicola (rall’ e dall’) con
capelli brizzolati e leggermente piegato in avanti, nato il 03.08,Angelo Coppola, con maglia a righe, nato il 31.03, Francesco Galgano (ciaglion’) con baffi e cravatta, nato il 04.09, Mario Maffucci (nzacca),
con baffi e col braccio sul suo vicino, nato il 19.10, Mario Margotta (cic’niegghj’), nato il 31.07,Vincenzo Maffucci (ang’legghia) con folti baffi, si vede solo la testa, nato il 14.11,Vincenzo Cerreta (m’zz’chend’/bemvigliuol’), con baffi,Angela Bozza (sanzicch’), si vede solo la testa, nata il 04.12, Franca Bozza (sanzicch’), Giovanna Maffucci (p’ciff ’), nata il 17.02; prima fila: Maria Vincenza Caputo (chie-chiepp’)
nata il 28.11, Gaetanina Maffucci Codella (la v’lata) nata il 30.03,Teresina Mesce in Sena, nata ad Aquilonia il 30.12, Rosa Maffucci (giampietr’) nata il 09.11, Giuseppe Mastrullo (spavar’) nato il 22.06, Silvana Di Napoli (fiaschegghia) nata il 18.06, Maria Codella (f ’scegghia) nata il 30.08,Angelina Russo (tobb’t’) nata il 24.01.