IL CALITRANO N. 23
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IL CALITRANO N. 23
ISSN 1720-5638 IL CALITRANO periodico quadrimestrale di ambiente, dialetto, storia e tradizioni Spedizione in abb. postale art. 2 comma 20/C Legge 662/96 Filiale di Firenze ANNO XXIII - NUMERO 23 (nuova serie) MAGGIO-AGOSTO 2003 VIA A. CANOVA, 78 - 50142 FIRENZE - TEL. 055/783936 IN QUESTO NUMERO È sempre l’amore a vincere di Raffaele Salvante Periodico quadrimestrale di ambiente - dialetto - storia e tradizioni dell’Associazione Culturale “Caletra” 4 Fondato nel 1981 Il giovane Ing. Fausto Acocella IN COPERTINA: di Il Cronista Via Pasquale Berrilli, una delle arterie più importanti del paese, che dalla piazza introduce nel fitto reticolato di vicoli e vicoletti che come una vera e propria ragnatela si espande per ogni dove avvolgendo l’intero paese in un intricato labirinto. FOTO FLASH 50° Anniversario dell’Istituto Tecnico Commerciale di Calitri di Ettore Dottor Cicoira 7 RICORDA CHE LA TUA OFFERTA È DECISIVA 8 12 Carnevale a Calitri di Annamaria Maffucci 15 LA NOSTRA BIBLIOTECA 17 Segreteria Martina Salvante Direzione, Redazione, Amministrazione 50142 Firenze - Via A. Canova, 78 Tel. 055/78.39.36 19 PER LA PUBBLICAZIONE SOLIDARIETÀ COL GIORNALE 21 DI QUESTO GIORNALE MOVIMENTO DEMOGRAFICO 22 REQUIESCANT IN PACE Direttore Responsabile A. Raffaele Salvante Spedizione in abbonamento postale, art. 2 comma 20/C Legge 662/96, Firenze DIALETTO E CULTURA POPOLARE Sito Internet: www.ilcalitrano.it E-mail: [email protected] Direttore Raffaella Salvante La Congregazione del Santissimo Redentore a Calitri - II parte di Emilio Dottor Ricciardi ANNO XXIII - N. 23 n.s. 3 Visita al Quirinale di Antonella Cestone IL CALITRANO 23 LA XXII FIERA INTERREGIONALE DI CALITRI che si terrà dal 31 Agosto al 7 Settembre 2003 nel Quartiere Fieristico e che si ripresenta all’attenzione di tutti all’insegna della continuità e del rinnovamento in una cornice sempre più ricca di iniziative TI ASPETTA NON MANCARE Per ulteriori informazioni la Segreteria Organizzativa è a tua completa disposizione Tel. 0827/30.001 - Fax 0827/30.861 e-mail: [email protected] sito internet www.calitrifiere.it C. C. P. n. 11384500 La collaborazione è aperta a tutti, ma in nessun caso instaura un rapporto di lavoro ed è sempre da intendersi a titolo di volontariato. I lavori pubblicati riflettono il pensiero dei singoli autori, i quali se ne assumono le responsabilità di fronte alla legge. Il giornale viene diffuso gratuitamente. Attività editoriale di natura non commerciale nei sensi previsti dall’art. 4 del DPR 16.10.1972 n. 633 e successive modificazioni. Le spese di stampa e postali sono coperte dalla solidarietà dei lettori. Stampa: Polistampa - Firenze Autorizzazione n. 2912 del 13/2/1981 del Tribunale di Firenze Il Foro competente per ogni controversia è quello di Firenze. Accrediti su c/c postale n. 11384500 intestato a “IL CALITRANO” - Firenze oppure c/c bancario 61943/00 intestato a Salvante A. Raffaele c/o Sede Centrale della Cassa di Risparmio di Firenze Spa - Via Bufalini, 6 - 50122 Firenze - ABI 6160 - CAB 2800 Chiuso in stampa il 15 luglio 2003 IL CALITRANO N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003 ATTENTI AI SACCENTI MANIPOLATORI DELLA VERITÀ È SEMPRE L’AMORE A VINCERE La perdita del senso della storia accompagna il disincantamento del mondo, oggi la nostra società classifica tutte le azioni sotto forma di piaceri, di interessi o di doveri, mentre la morale è il punto d’incontro dell’amore disinteressato, sincero, dell’amore come slancio altruistico e della razionalità. a sempre ed ancora oggi l’uomo, oltre che lamentarsi della squallore D del presente (tristitia temporis), contrappone un convinto e fermo elogio del passato (laudatio temporis acti) con argomentazioni di volta in volta riferite al tempo vissuto; il tema meriterebbe un congruo approfondimento, anche se qui lo esprimiamo sinteticamente, come una conclusione di un nostro discorso. Il mondo sembra totalmente impazzito, la creatura di Dio si macchia di peccati ed è infettata dalla superbia, e per questo l’uomo, nella sua perversione, è vittima delle forze del male e predisposto alla dannazione; la sete di denaro, l’avarizia ha reso ladri tante persone, l’avidità come l’invidia, è allo stesso tempo, colpa e condanna di chi se ne fa vittima, tutti sono rosi dall’identico, irrefrenabile desiderio di possedere e di avere sempre di più; tutto è competizione, per il territorio, per il cibo, per il sesso; ed è per questo che nel mondo non c’è più lealtà, nessuno è più fidato ed affidabile. È una visione davvero sconsolante, che fa salire alla coscienza tante storie di oggi: la lunga teoria dei magistrati che incarnano l’obbrobrio della giustizia, l’infamia della corruzione, della menzogna, degli sporchi giochi finanziari o dello strozzinaggio, insomma gli emblemi del tradimento dei propri doveri; sulla terra l’unico vero re è il “denaro” dicevano i nostri primi progenitori, aggiungendovi “hoc tempore” cioè al giorno d’oggi, ma che è attuale anche oggi a distanza di tanti secoli. Non ci rimane che osservare, con doloroso stupore, quanto poco l’uomo sia mutato in quel flusso evenemenziale definito “storia”: il denaro è tutto ed è il mezzo per ottenere tutto. Solo la saggezza non vuole appartenere a questa “scuola di Pensiero” che idolatra il denaro in spregio del vero valore dell’uomo, che la morale cristiana riassume nella carità che è sinonimo di san- tità e di perfezione cristiana, come l’amalgama, il “vincolo di perfezione”, la forza unificante che organizza e tiene insieme le altre virtù e gli altri comandamenti. Come accade all’interno di un articolato ecosistema, gli interessi umani, morali culturali, teologico-religiosi convivono e coesistono; si integrano e si dissociano di continuo, in una sorta di fisiologica anaciclosi connessa con l’intimo sentire, ora lucidamente pronto a lasciarsi prendere la mano e guidare da uno stream perfino nevrotico; ora invece convinto da un difetto di dominio su realtà poco gratificanti, se non addirittura oppressive e negatrici del dettato evangelico e dei suoi più alti valori. L’uomo appare con una vita pervasa dal dolore in ogni attimo del giorno, in ogni ora insonne della notte e anche nel sonno/sogno. Ed è proprio qui che egli si rivela più che moderno, attuale; quasi spirante accanto a noi e alle nostre incertezze, alle nostre paure, alla nostra maledetta impotenza dinanzi a eventi in grado di condizionare molto più di quanto possano essere condizionati. Decadenza e corruzione del mondo si originano da un principio fisico, che può anche essere rovesciato su un piano etico morale. L’ignoranza, la mancanza di vera scienza dipendono dal dilagare del buio connesso allo scadimento degli studi. E nell’oggi, l’uomo è vittima dell’immodestia originata dalla superbia del poter fare senza conoscenza, del poter agire senza averne chiare le ragioni e i perché. Insomma, sono i dotti improvvisati ad aggiogarsi il diritto di dare precetti sui comportamenti, sul bene e sul male, si concede la laurea allo stolto, addottorato in brevissimo tempo; uno stolto che profetizza a pieno petto, interpreta eruttando e ha il coraggio di disputare con chi è dotto davvero, un saggio che, stupito, resta senza parole dinanzi a tanta arroganza, né sa rendersi conto del per3 ché l’uomo iustus venga tolto di mezzo, mentre chi è stato assumptus de stercore può sputare sentenze definitive e terribili. Non c’è più posto per una paziente preparazione necessaria ad affrontare il mondo. Sicché i giovani divengono subito maestri e a maestri si atteggiano. È una visione così bassa e utilitaristica, in chi il mondo dovrebbe correggere e guidare, è tanto esibita e sfacciata che ogni limite è infranto, superato, oltrepassato e calpestato con la disinvoltura di chi ormai si sente in diritto di poter agire contro la legge. Una severa indignazione morale funge da fondamento; quella stessa che, in ogni epoca, è solitamente osannata a parole, ma derisa nei fatti, in quanto scomoda, irritante, sconveniente per chiunque eserciti una qualsiasi forma di potere. Si chiede più serietà, più moralità, più chiarezza, più coerenza. E si finisce per provare sulla propria pelle l’avversione di un mondo pazzo che offre gioie ingannevoli. Quest’uomo scontento, inquieto, tormentato, irritante, indecoroso non è riuscito a modificare di un capello ciò che viene definito storia o, peggio ancora, progresso. Eppure, ecco le poche regole da tenere presenti per ottenere un mutamento radicale della condizione umana: non essere mai servile – supportare la propria personalità di una incontaminata rettitudine Punto di estrema forza di una tensione spirituale che prenderà carne nelle regole che già san Paolo duemila anni fa diceva: le opere della carne sono fornicazione, impurità, libertinaggio, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie ubriachezze orge e cose del genere; il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé. Raffaele Salvante IL CALITRANO N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003 ANTONELLA CESTONE VISITA AL QUIRINALE 10 aprile 2003 l’IIS (Istituto di IstruItolzione Superiore) “A.M. Maffucci” è stainvitato al Quirinale. La nostra Scuola è stata prescelta dal Ministero dell’Istruzione perché si distingue, a livello nazionale, nella didattica della Fisica, grazie al progetto “Apprendimento e insegnamento interattivo”. Il progetto è diretto dai professori Pietro Cerreta e Canio Lelio Toglia i quali, adoperando le apparecchiature della Mostra “Le ruote quadrate”, coinvolgono gli alunni dell’ITC, dell’ISA e del Liceo Scientifico, le tre Scuole che compongono l’Istituto. In realtà, si tratta di una collaborazione – resa possibile dalla nuova Legge dell’Autonomia Scolastica – tra una Scuola, il “Maffucci”, e “ScienzaViva”, l’Associazione no-profit che gestisce la Mostra, di cui gli stessi professori fanno parte. Per la stessa data il Ministero aveva invitato al medesimo scopo altre scuole, 9 per la precisione, per i loro progetti sull’Astronomia, la Geografia e la Fisica. Il giorno precedente io e altri 19 allievi delle tre Scuole del Maffucci, accompagnati dal vicepreside, prof. Giovanni Melaccio e dai professori Cerreta e Toglia, siamo partiti per Roma. I membri della delegazione meritano di essere qui ricordati: Valeria Basile, Clementina Capasso, Gerardina Cesta, Luisa Ciano, Serafina D’Annunzio, Massimo Di Milia, Giuseppe Di Napoli, Vito Di Napoli, Angelo Gallo, Giuseppina Gautieri, Riccardo Iannella, Giuseppe Maffucci, Antonella Maglione, Giuseppina Marchitto, Giuseppina Montano, Roberta Strollo, Rossella Tita, Gianmichele Toglia, Martina Nicoletta Zarrilli. Passata la notte in un albergo della Capitale, ci siamo levati di buon’ora per arrivare al Palazzo in tempo per la colazione, svoltasi nel Salone delle Feste. C’è stato bisogno di un tempo considerevole per accedervi, dovendo passare attraverso le maglie e i detector del sistema di sicurezza che protegge il Capo dello Stato. Subito dopo, in un’altra delle sontuose sale del Palazzo, una funzionaria del Quirinale ci ha spiegato che la nostra presenza al Quirinale derivava dal proposito del Presidente della Repubblica Il professore Cerreta presenta l’IIS “A. Maffucci” di Calitri al Presidente e alla Signora Ciampi Carlo Azeglio Ciampi di avvicinare i giovani alle istituzioni, specialmente nella sua dimora ufficiale. Ogni mese, infatti, alcune Scuole, che si mettono in evidenza in ambito nazionale per la didattica, sono invitate al Quirinale per vivere una giornata nella dimora di colui che rappresenta tutti noi italiani e riassume in sé l’unità e la continuità dello Stato. Il Palazzo, come l’incaricata ci ha ancora spiegato, ha innanzitutto un decoro da mantenere e molte sono le persone che sono addette a questo compito. Abbiamo avuto modo di conoscerne alcune, altamente specializzate nel loro settore, le quali si sono presentate a noi e con grande comunicativa ci hanno parlato delle mansioni che sono state chiamate a svolgere: gli addetti al restauro e alla manutenzione dei mobili; i responsabili dei giardini e, nel contempo, delle composizioni di fiori freschi che, giornalmente e nelle occasioni particolari, abbelliscono le sale del Palazzo; le signore a cui è affidato il compito di rinfrescare periodicamente e restaurare gli arazzi; i corazzieri, impegnati, grazie anche all’imponente statura, nella difesa della sicurezza del Quirinale e in compiti di rappresen4 tanza, allorquando le delegazioni straniere sono in visita al Capo dello Stato. Un’altra funzionaria, poi, con l’aiuto di immagini, ha svolto una lezione di educazione civica riportandoci alla mente i dieci presidenti che si sono susseguiti dalla proclamazione della Repubblica ad oggi e gli atti più rilevanti da loro compiuti. Essa, interrogando noi ragazzi con fare garbato, ha verificato la conoscenza, nostra e degli allievi delle altre scuole, della Costituzione e devo dire che il nostro gruppo si è distinto meritevolmente citandone a memoria alcuni articoli e suscitando l’ammirazione dei presenti. Dopo ciò, quando ormai l’attenzione di noi tutti dava segni evidenti di stanchezza, abbiamo visto arrivare un giovine signore che, con un piglio tra il serio e il faceto, ci ha annunciato che stava per parlarci di un argomento che ci avrebbe scandalizzato o perlomeno avrebbe sollevato le nostre riserve, per la poca considerazione che tra noi italiani esso ha: l’inno nazionale. E, con uno stile accattivante, muovendosi rapidamente sulla pedana dalla quale ci parlava, raccontandoci aneddoti, drammatizzando situazioni verosimili con l’aiuto del pubblico IL CALITRANO N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003 La Signora Ciampi vuol provare, incuriosita, il modellino delle ruote quadrate presente, è riuscito a rinnovare un’attenzione ormai allo stremo. Ed è stata una bellissima lezione, con la quale abbiamo appreso l’originalità culturale e musicale del nostro inno nazionale il quale – diversamente da quelli di altri Paesi (Francia, Stati Uniti, Germania…) che godono forse di maggiore apprezzamento – non è copiato da inni già esistenti ed è stato scritto e musicato proprio nel periodo di cui ha cantato gli ideali. L’inno francese, invece, deriva dal “Chant de guerre pour l’armée du Rhin”, che i volontari di Marsiglia in marcia verso Parigi durante la rivoluzione francese adottarono come canto e solo nel 1795 divenne “La marsigliese”; quello americano, poi, e quello tedesco sono presi “a prestito” l’uno da un motivo inglese, l’altro da un canto austriaco!!! E alla fine il giovine signore dall’eloquio così travolgente è riuscito a farcelo cantare. Abbiamo cantato l’inno con il cuore davvero rivolto verso i valori nazionali, essendo entrati a poco a poco nell’ottica in cui gli aspetti musicali, storici e patriottici si fondevano meravigliosamente. Anche la rivalutazione dell’inno di Il salone in cui è avvenuta la cerimonia. Di spalle il Presidente e la Signora Ciampi, a destra Gianmichele Toglia e Luisa Ciano mentre presentano il modellino delle ruote quadrate 5 Mameli, abbiamo arguito, è volontà precisa dell’attuale Presidente della Repubblica. A questo punto, ed era ormai mezzogiorno, ci è stata annunziata una sorpresa: l’arrivo del Presidente con la moglie, la signora Franca. Non tutti i mesi, a causa dei suoi innumerevoli impegni, egli può salutare gli studenti in visita al Palazzo. Questa volta siamo stati proprio fortunati!! Alla sua presenza due scuole tra le presenti sono state chiamate ad esporre i loro progetti. E, insieme all’Istituto Nautico di Viareggio, è stata chiamata la nostra Scuola!!! Emozionati ed eccitati nel contempo siamo balzati tutti in piedi per sistemarci contro la parete laterale della sala e poter meglio osservare il professore Cerreta che con Gianmichele Toglia e Luisa Ciano, due studenti dell’IIS, si avvicinava alla coppia presidenziale per fare loro dono di un modellino delle ruote quadrate, realizzato per l’occasione dal maestro falegname Vito Cerreta. La signora Franca è stata invitata a sperimentare il modellino, mentre Gianmichele Toglia spiegava le leggi fisiche che ne stanno alla base. Un oggetto quadrato che rotola naturalmente su delle gobbe arrotondate desta una ovvia curiosità. Il Presidente e la moglie sono parsi molto divertiti e interessati dal fenomeno e hanno chiesto delucidazioni, che il nostro amico ha dato molto puntualmente. Luisa Ciano, che è intervenuta subito dopo, ha presentato il Progetto “Apprendimento e insegnamento interattivo” che consente agli studenti delle Scuole superiori di Calitri un particolare approccio sperimentale ai fenomeni della fisica. Partecipando a questo Progetto noi studenti delle Scuole di Calitri abbiamo due opportunità, quella di svolgere un corso esperienziale di Meccanica, Ottica, Elettromagnetismo, Percezione umana ecc., che prelude alle lezioni scolastiche teoriche, e quella di diventare istruttori di altri ragazzi. Infatti, quando la mostra viene richiesta in una qualsiasi città italiana, gli studenti che hanno seguito il corso, sono invitati a loro volta a «formare» i loro coetanei della Scuola della città richiedente. Questa «collaborazione tra pari» risulta didatticamente molto produttiva, tanto che i ragazzi della città ospitante poi riescono a gestire la mostra sulla sola base conoscitiva fornita durante questo rapporto paritario. Il professore Cerreta, nel presentare la nostra Scuola, ha illustrato il paese di Calitri in cui essa ha sede, descrivendo la tenacia e la laboriosità dei suoi abi- IL CALITRANO N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003 Il professore Pietro Cerreta con Gianmichele Toglia e Luisa Ciano rispondono alla Signora Ciampi durante la presentazione del modellino delle ruote quadrate Palazzo Reale con l’unità d’Italia e, infine, con la scelta repubblicana, dimora del Presidente della Repubblica. Questi cambiamenti, come è facile immaginare, hanno comportato variazioni di stile nella decorazione delle pareti e nell’arredamento delle stanze. Ci è stata fatta una presentazione veramente singolare del Palazzo, anche perché la nostra guida l’ha ancor più arricchita con aneddoti e piccole storie private di papi e di re che hanno reso vivi, pullulanti di vita, gli ambienti che a mano a mano percorrevamo. Un abbondante pranzo offertoci nel Salone delle Feste e preparato dagli alunni e dagli insegnanti di due istituti alberghieri del Lazio è stato l’ultimo momento trascorso nella dimora del Presidente. Conclusasi così la nostra visita al Quirinale, siamo ritornati al pullman sotto una pioggia fastidiosa, ma animati dal pensiero di voler raccontare a tutti gli eventi di una giornata davvero particolare. Antonella Cestone XXXVI PREMIO NAZIONALE SILARUS Gianmichele Toglia e Luisa Ciano, due studenti dell’IIS, si avvicinano al Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi per fargli dono di un modellino delle ruote quadrate, realizzato per l’occasione dal maestro falegname Vito Cerreta. tanti. Ha sottolineato l’importanza della collaborazione tra docenti e artigiani che consente la costruzione degli exhibit della mostra e in particolare del modellino che veniva offerto. Poiché le altre Scuole portavano nomi di personaggi largamente conosciuti, egli ha ritenuto che fosse opportuno spendere alcune parole per tratteggiare la figura e l’opera del Medico calitrano A.M. Maffucci a cui la Scuola è intitolata, un nome che poteva figurare bene in mezzo agli altri in quanto apparteneva a uno studioso di livello internazionale che nell’800 si è dedicato a molti problemi di medicina e con Koch agli studi della Tubercolosi. Il Presidente e la Signora Ciampi, al termine dell’incontro, ci hanno lasciato per ritornare ai loro impegni, non senza aver prima stretto le mani o scambiato qualche parola con quelli che si facevano loro incontro al passaggio. Ci è stata concessa, a questo punto, la visita del piano nobile del Quirinale. Per gruppi, abbiamo seguito la guida assegnataci, che ha storicizzato le nozioni di storia dell’arte che via via ci illustrava, essendo il Palazzo dapprima residenza estiva di Papa Gregorio XIII e dei suoi successori al soglio pontificio, in seguito 6 È bandito il XXXVI concorso letterario “Silarus”. Si articola in tre sezioni: narrativa, poesia e saggistica. Ogni autore potrà concorrere per tutte le sezioni con un solo racconto o novella della lunghezza massima di sei cartelle dattiloscritte, due poesie della lunghezza massima di trenta versi ed un solo saggio critico su personaggi, opere o aspetti originali della letteratura contemporanea, lunghezza massima nove cartelle dattiloscritte. Si gradisce l’invio di un curriculum. I lavori, inediti, devono essere redatti in quattro copie, nitidamente dattiloscritte, singolarmente ordinate, firmate ed inviate a Segreteria del premio Silarus C. P. 317-84091 BATTIPAGLIA (SA) entro il 28 febbraio 2004 Per ulteriori informazioni: Tel. 0828/30.70.39 Fax 0828/34.39.34 E-mail: [email protected] IL CALITRANO N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003 IL GIOVANE ING. FAUSTO ACOCELLA l giovane, o la giovinezza, intesa come Iracchiudere “età della vita” non si può facilmente entro i limiti stretti di una definizione di tipo giuridico, perché collocandosi all’interno dei margini mobili tra la dipendenza infantile e l’autonomia dell’età adulta, in quel periodo di puro cambiamento e di inquietudine in cui si realizzano le promesse dell’adolescenza, tra l’immaturità sessuale e la maturità, tra la formazione e il pieno dispiego delle facoltà mentali, appare chiaro che essa rappresenta – per ciascun individuo – una condizione provvisoria che anziché appartenere alle classi di età, le attraversano, con un carattere diremmo quasi necessariamente “conflittuale” della transizione da un’età all’altra. E parlando concretamente di giovani, di casi reali che vivono nella nostra comunità calitrana, vogliamo parlare del giovane ing. Fausto Acocella, non perché è meglio o più importante degli altri, ma semplicemente perché è il giovane per mezzo del quale intendiamo parlare della gioventù in genere, nella viva speranza di portare quel contributo fattivo di vita e di esperienza; e partiamo dal lunedì 26 maggio alle ore 11 nella Sala Stampa Luca Savonuzzi del Comune di Bologna, a Palazzo d’Accursio in Piazza Maggiore 6 quando è stata premiata, insieme a quella di altri due vincitori, con un assegno di 1.550 Euro (Lire 3.000.000) la tesi di laurea – Studio e progettazione di un impianto industriale per la produzione di pellicole adesive e biadesive” – che l’ing. Fausto ha conseguito presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II” nell’anno accademico 2001-2002 discutendola col chiarissimo professore Ing. Antonio Valentino. Un ulteriore riconoscimento che gli è stato conferito per la partecipazione ad un Bando di concorso promosso dal Comitato Giovani Imprenditori – Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa di Bologna, che vuole incoraggiare gli universitari a pensare in termini d’impresa già al momento della scelta e della stesura della tesi di laurea, che per un neo laureato è quella molla capace di ridare spazio all’emozione, all’amore, all’entusiasmo, alla pietà, di ogni azione, riuscendo a indirizzarla e a correggerla, ma soprattutto ridandole scopo, spessore e vigore per affrontare, con rinnovata sensibilità e con profonda consapevolezza gli immancabili momenti bui della vita, quando l’emergere dell’egoismo, dell’invidia, della volontà di potere, della tentazione di uno smodato benessere da conseguire con corruttele varie, si affaccia vellicando la parte peggiore dell’amor proprio per convincerlo a scegliere la via più facile dei compromessi. Purtroppo in questa nostra società, ogni giovane – compreso il giovane ing. Fausto Acocella – deve affrontare, suo malgrado, le inquietanti forze misteriose per definizione, insondabili per legge, impalpabili come efficaci incubi che popolano di ombre la vita di chi si trova a scegliere per il suo avvenire; il crescente livello delle interferenze politiche – sarebbe meglio dire ideologiche – che portano a scelte faziose, frutto di leggerezza e di imprevidenza, in modo convulso, affrettato e superficiale condizionano negativamente il giovane privo di difese, privandolo di una concreta, coerente e realistica scelta. Molte volte siamo proprio noi “anziani” a portare fuori strada i giovani con le nostre manie di raccomandazione, di protezione, di consigli furbeschi, di frettolosa ed interessata invadenza, invece di parlare con chiarezza e senza fronzoli che la vita è una sfida impegnativa che esige attenzione vigile, coraggio, costante impegno per renderla il momento significativo e qualificante della nostra esistenza; imparino a confrontarsi, e quando ci vuole a scontrarsi, senza fughe, ma con dignità e fermezza, sempre a difesa 7 degli ideali per i quali si sono impegnati, anche attraverso un percorso formativo articolato in tappe, tempi e modalità diversificate. L’intenzione buona, la rettitudine dell’animo, la bontà sincera, il calore del cuore conferiscono alla razionalità una base solida e feconda, guidando l’intelligenza verso la sua meta, in parole povere la morale è il punto d’incontro dell’amore disinteressato, sincero, dell’amore come slancio altruistico, generoso, nobile, alto, ammirevole. Chi nella vita vissuta ha ritenuto più opportuno fare a meno di queste caratteristiche che fanno capo all’amore per scegliere una vita facile ed accomodante, ha perduto non solo il futuro che si era prefigurato da giovane, ma ha distrutto anche il suo passato che ha cessato di essere grandioso e sublime come nei suoi sogni. Il Cronista Bologna, lunedì 26 maggio 2003 premiazione della tesi dell’ing. Fausto Acocella. IL CALITRANO N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003 ETTORE CICOIRA 50° ANNIVERSARIO DELL’ISTITUTO TECNICO COMMERCIALE DI CALITRI icordare un “compleanno-anniversaR“buono” rio” e vestirlo a festa, con l’abito delle grandi occasioni, assemblando ed amalgamando pezzi pregiati dei vibranti tempi della gioventù con esperienze di vita, temperate in mille siti del Bel Paese, fa venire i brividi, esalta ed immalinconisce, nello stesso tempo, l’animo nostro, come il sorseggiare di un cocktail magico a base di estratti di “mente e cuore” … Ed è questo l’effetto principe che, nella mattinata piena di sole di sabato mattina 10 maggio, ci ha scossi e coinvolti nella nostra, ormai semi-secolare, veste di ex-alunni nell’Auditorium dell’Istituto, a contatto di respiro e gomito con la “studiosa gioventù di “desanctisiana memoria”, scalpitante e viva, con il suo vocio alto e basso, in armonia con gl’immancabili richiami dei docenti preposti, discretamente dispensati alla bisogna. “Cinquantanni” dallo storico 1953, ma nell’aria ad aleggiar la stessa “seriosità” mista all’entusiasmo scanzonato di ieri. Mezzo secolo ad attestare la validità indiscussa di un impianto culturale cocciutamente voluto ed armonicamente mantenuto ed ammodernato dallo Staff dei Docenti e la collaborazione degli alunni succedutosi nel tempo, innalzando “l’albero maestro dal tronco solido”, le cui radici e ramificazioni hanno raggiunto ed avvolto la Penisola, da Bolzano a Palermo, affermando con silenziosa ma prorompente energia, la valenza cultural-professionale e lo straordinario adattamento etnico della nostra gioventù alto-irpina. Ci riferiamo, senza allori, alle nostre esperienze partenopee, romane, torinesi, milanesi, fiorentine, calabresi, genovesi, venete, abruzzesi… nelle professioni, banche, servizi, industrie, commercio, Stato e parastato, assicurazioni, scuola, Università…, maturate “sullo Calitri 28 marzo 1953, gli alunni del primo anno di fondazione dell’Istituto durante una gita, da sinistra in piedi: Franco Paolantonio, Rocco Briuolo,Antonio Di Napoli si vede appena la testa, Bartolomeo De Nora,Vittorio Mastronicola, Francesco Menna, di Bisaccia, Giuseppe Cialeo,Angelomaria Tornillo, Raffaele Salvante, Mario Buono; seconda fila:Vincenzo Codella, Giuseppe Galgano, Michele Del Re, Antonio Tetta; prima fila: Angelina De Rosa, Sisina Pastore, Angela Zarrilli, Anna Basile, Franca Maria Frucci, Anna Cioffari con maglia bianca, Mariettina Del Re e Maria Antonietta Maffucci. Nella foto mancano: Vittorio Di Maio, Michele Frucci, Giovanni Maffucci,Valentino Nannariello e Canio Vincenzo Nicolais. zoccolo duro” della preparazione degli anni del nostro Istituto, ammodernato, affinato e sofisticato nel tempo, ma sempre supporto basilare nell’affermarci, convincere, resistere e perché non… “spalancare” le porte, spesso serrate, delle locali diffidenze e scuoterne la indifferenza. Data la “storicità” dell’evento, su proposta degli ex-alunni del quinto corso (anni 1957-61) ed a nome di tutti gli altri, inclusi i pionieri in assoluto del primo corso (1953-57) abbiamo ritenuto opportuno stigmatizzare il 50° Anniversario con una Targa, da conservare nella teca dell’Istituto, riferita “al cammino un dì intrapreso e mai interrotto”, da rispolverare, magari, nei tanti futuri anniversari. Del nostro “status” scolastico indub8 biamente tanto è mutato: vi sono compagni oggi assisi tra i docenti, Direttori, Capi Servizi, Professionisti affermati, funzionari…, ma per tutti, in senso buono, “dei tempi che furon oggi ci assale il sovvenir”, sull’onda di un dolce amarcord… Il libro de’ ricordi parte dal Preside Acocella, il ns. “Zi Totonno”, al prof. Del Franco, mitico “Treccento…”, al sofisticato Bruni Roccia, all’atletico prof. Di Maio, all’ecclettico Preside Altieri, compositore e storico, oltre le magie de’ numeri, alla sapiente Preside Di Maio, finta burbera, allo scientifico Preside Cicoira, a Moccia ed al Preside… che, oggi ci ospita, tanta l’acqua sotto i ponti, limpida e chiara, e tanto l’indimenticabile nostro rispetto, anche per lo scienziato A.M. Maffucci, che da lu- IL CALITRANO N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003 Gli iscritti al primo anno di Fondazione dell’Istituto Tecnico Commerciale “Angelo Maria Maffucci” di CALITRI Calitri 10 maggio 2003, il dott. Lorenzino Toglia, ex alunno dell’Istituto tra gli anni cinquanta, il prof. Giovanni Melaccio e il dirigente scolastico Antonio De Gianni. 1) Basile Anna 2) Briuolo Rocco 3) Buono Mario 4) Cialeo Giuseppe 5) Cioffari Anna 6) Codella Vincenzo 7) Del Re Maria Luigia 8) Del Re Michele 9) De Nora Bartolomeo 10) De Rosa Angelina 11) Di Maio Vittorio 12) Di Napoli Antonio 13) Frucci Franca Maria 14) Frucci Michele 15) Galgano Giuseppe 16) Maffucci Giovanni 17) Maffucci Mariantonia 18) Mastronicola Vittorio 19) Menna Francesco 20) Nannariello Valentino 21) Nicolais Canio Vincenzo 22) Paolantonio Francesco 23) Pastore Rosa 24) Salvante Angelo Raffaele 25) Tetta Antonio 26) Tornillo Angelo 27) Zarrilli Angela Calitri 10 maggio 2003, il dr. Giovanni Acocella, già direttore dell’Ospedale Forlanini di Roma, mentre ricorda la figura dello scienziato Angelo Maria Maffucci da cui l’Istituto prende il nome, il prof. Antonio Altieri, Preside dell’Istituto tra gli anni sessanta e settanta, l’Ispettrice Antonietta Tartaglia, il dirigente scolastico Antonio De Gianni e il prof. Giovanni Melaccio. Calitri 10 maggio 2003, il dott. Ettore Cicoria, attualmente dirigente dell’ENEL ed alunno dell’Istituto negli anni cinquanta, tedoforo delle Olimpiadi di Roma, mentre offre alla Scuola una targa a nome di tutti gli ex alunni, il prof. Giovanni Melaccio e il dirigente scolastico Antonio De Gianni. 9 stro, con il suo nome, al paese ed ai nostri Titoli. Il ricordo delle gite fuori Regione, con il nostro obbligatorio ed immancabile corredo di vestiti e cravatte, fa sorridere, oggi, era dei jeans “scambiati”, dei capelli a punte di “gel” e delle gonne a strisce alternate di cotone e “pelle”, ma sono uguali il cameratismo e l’allegria che caratterizzano i nostri volti. Lo “squittio” dei computer per le aule e corridoi, non si coniuga con i veloci “manual-file” degli stenografici “Ga- IL CALITRANO N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003 COMPAGNI DI SCUOLA Calitri 1° maggio 2003, la professoressa Teresa Di Maio, il prof. Peppino Mastrodomenico, rispettivamente Preside e Vice-Preside dell’Istituto negli anni ottanta, il prof. Giovanni Melaccio, il dirigente scolastico Antonio De Gianni e l’Assessore Provinciale Lo Conte. belsberg-Noe e Moscero” dei nostri tempi, né con il ticchettio della Olivetti 88 del buon nostro Michele Toglia, all’opera intendo di Segreteria, né con il righello a segnar croci di “Mastro” e riquadri di Situazioni, con i risvolti merlettati dall’incerto inchiostro delle prime “biro”… Ma sui tasti del “PENDIUM”, ultima serie, compagno quotidiano del nostro lavoro, sono le stesse dita che battono “Situazioni in tempo reale” e Controlli incrociati di “Budget”, rincorren- do l’Istituto, memori dell’assioma di Eduardo: “gli esami non finiscono mai:::”. In questo 10 maggio lo spirito si è riacceso all’improvviso: “Cinquantanni trascorsi dal primo fatidico dì: al diavolo “le fronti alte ed i capelli in grigio”, i titoli, le lauree, la vita in eterno cammino a consumare solette di suola: tutti uniti oggi, a respirare l’aria semplice, giovane e pura, come una volta, da… COMPAGNI DI SCUOLA”. Calitri, 10 maggio 2003 Quando le metti insieme Queste tre parole “COMPAGNI DI SCUOLA” senti soffiare nell’aria il respiro della gioventù che non è mai “sola”, l’allegria di tante risate che salgono in cielo come l’uccello che vola, il rumore di mille passi che “battono” senza usurare le suola, un calore che riempie il cuore, come il pane che mangi imbottito di “fette d’amore”. COMPAGNI DI SCUOLA Correndo in mezzo all’erba Senza pestare le viole, pensando che un anno che passa non è una… “estrazione di mola”, è un frutto che cresce e matura in una stanza che si riempie di mogli, mariti e… figli, il ritratto della nonna con il nonno, tra i libri, il Diploma, la Laurea appesi al muro… Fuggendo dai paesi per le Città del mondo, dispersi come foglie al vento, sole ed acqua in quantità, ritornando con un pensiero “solo”, pescando il fior fiore della schiuma e lasciando i guai sul… fondo. Stare insieme con il cuore, come una volta, avvolti nell’antico fumo odoroso della carne e patate, nella teglia, il sugo e cacio-pecora delle “cannazze” e le parole che, scivolando tra presente e passato, grattano e lisciano i tempi come carezze… I ricordi impigliati nella rete, i fatti buoni ed i “Cattivi”, anche quelli “sopra e…sotto” le lenzuola, luminosi come il grano sparso al sole… Professionisti, professori, ragionieri arzilli e belli, ora, come da ragazzi “ieri”, pensieri e ricordi conditi di “prole”, e, “a mazzetti”, nel nome della gioventù, episodi vivi come fasci lucenti di sole… “UN ISTITUTO, il nostro “A. M. MAFFUCCI” da “cinquantenni, sempre in volo, e NOI uniti ora, con la vivacità unica: da… COMPAGNI DI SCUOLA Calitri 10 maggio 2003 Ettore Cicoira 1953-2003 ISTITUTO TECNICO COMMERCIALE STATALE “Angelomaria Maffucci” CALITRI (AV) Calitri 8 maggio 2003, i coniugi Carlo Di Roma e Filomena Rafaniello di Lioni, festeggiano con particolare amore il secondo compleanno delle loro amatissime gemelline; da sinistra:Alessia, Chiara e Barbara.Tantissimi auguri da mamma, papà e dalla Redazione. 10 Nel 50° anniversario della sua istituzione a ricordo degli anni trascorsi, in armonia ed amicizia e giovanili ardori, lungo l’arioso cammino del sapere e dell’apprendimento. Calitri, 10 maggio 2003 Gli ex Alunni tutti IL CALITRANO N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003 CONCORSO DAGLI USA La biblioteca leopardiana privata Nicola Ruggiero di Torre del Greco bandisce per l’anno 2003 un premio di 1.500 Euro da assegnarsi ad uno studio critico o storico o ad un contributo linguistico e filologico sulla figura di Giacomo Leopardi. I contributi, cui si richiede il carattere di originalità e di rigore scientifico, e di essere inediti, devono avere un’estensione non inferiore alle quindici e non superiore alle trenta cartelle dattiloscritte con battitura spazio due. I dattiloscritti dei saggi, in quattro copie, e le eventuali fotografie dei documenti (in copia unica) vanno inviati al Prof. Nicola Ruggiero Via Sedivola, 85 80059 Torre del Greco NA entro il 31 dicembre 2003 L’esito del premio sarà comunicato ai soli vincitori e pubblicato per esteso sui giornali Roma di Napoli, La Torre – Il Tornese – Tutto è… di Torre del Greco, La Voce della Provincia – Lo Strillone di Torre Annunziata, Metropolis di Castellammare di Stabia, Presenza di Striano e Miscellanea di Lancusi (SA). La rivista SILARUS è portavoce ufficiale del Premio Leopardi 2003. Francia 1974/75, i coniugi Maria Michela Salvante (a’ camm’nanda) nata il 26.01.1900 e deceduta il 23.09.1994 e Francesco Maffucci (u’ chjvar’) nato il 01.11.1900 e deceduto il 05.02.1981, si erano sposati il 12.02.1921. Stati Uniti, 5 gennaio 2003, alcuni membri del Calitri Web site festeggiano le Befana in casa della famiglia Basile a Brooklyn, N.Y. da sinistra, dietro: Roseanna Innella Raia, Maria Margotta Basile, Roberto Bongo, Beth Bongo, Richard Payne,Angela Cicoira Moloney, Rosa Cestone Innella, Peppino Zarrilli, Mario Toglia, Luisa Nicolais Fischetti, Margaret Ricciardi, Gennaro Fischetti, Grace Basile, Fred Rabasca, Louise Rabasca Payne, Maria Zarrilli e Andre Zarrilli. PACE PER TUTTI Sogno la Pace come una colomba bianca che vola, vola nel cielo e mai si stanca: nel becco un antico ramo d’ulivo, negli occhi lo sguardo di un bimbo giulivo, nel cuore la speranza di un mondo migliore, dove non ci sia odio ma solo amore. PACE per te che sei bianco, PACE per te che sei nero, Pace per te fratello sia tu americano, afgano, iracheno. Mai più venti disastrosi di guerra, rumore di cannoni, grida disperate di donne riverse a terra, ma voci di radio lontane che annunciano PACE al genere umano. E melodie di usignoli ad allietare un mondo d’oro dove la PACE vive sovrana e la guerra davvero, ma davvero non è stata mai così lontana!. Iolanda Cubelli 11 Calitri, 20 dicembre 2002. Lucia Zabatta e Vito Di Maio festeggiano i loro cinquant’anni di matrimonio. Auguri vivissimi dalla Redazione. IL CALITRANO N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003 EMILIO RICCIARDI LA CONGREGAZIONE DEL SANTISSIMO REDENTORE A CALITRI - II PARTE P. Francesco Margotta e San Gerardo Maiella alitri fu una delle terre che più subì l’influenza spirituale della congregaC zione redentorista, fondata da Sant’Alfonso Maria de Liguori nel 1731 e subito diffusasi nelle diocesi più povere e abbandonate del Regno di Napoli. La spiritualità alfonsiana fu introdotta in Calitri anche attraverso l’opera di p. Francesco Maria Margotta (1699-1764), uno dei primi compagni di Sant’Alfonso; e non è esagerato affermare che si debbono a p. Margotta e alla sua lunga azione pastorale in Calitri molte delle tradizioni religiose del nostro paese: egli per tanti anni fu padre spirituale della Confraternita dell’Immacolata, si preoccupò di commissionare la statua e l’altare che tuttora si vedono nella chiesa della Concezione, istituì, insieme con il sacerdote don Angelo Gervasi senior, la processione del Venerdì Santo e di certo diede un grosso contributo alla diffusione presso il popolo delle canzoncine alfonsiane, che costituiscono ancora oggi gran parte del repertorio sacro calitrano1. Uno dei maggiori meriti di p. Margotta è quello di avere portato a Calitri molti religiosi che nel XVIII secolo si distinsero per carisma e per santità di vita; oltre a Sant’Alfonso, grazie a p. Margotta vennero in Calitri i servi di Dio p. Cesare Sportelli e p. Paolo Cafaro, il venerabile Domenico Blasucci, nato a Ruvo, per il quale è in corso la causa di beatificazione, e San Gerardo Maiella, il giovane laico redentorista che, dopo una vita contrassegnata da miracoli e profezie, morì nella casa di Materdomini e fu canonizzato nel 1904. Fu proprio p. Margotta a far conoscere Gerardo a Sant’Alfonso. Il sacerdote calitrano, che aveva grande stima del giovane religioso, incontrando Sant’Alfonso nella casa di Nocera dei Pagani gli raccontò della condotta esemplare e delle virtù prodigiose di Gerardo; quindi ottenne il permesso di condurre il giovane con sé a Napoli, dove si recava spesso per il suo ufficio di procuratore della congregazione; i due religiosi si trattennero nella capitale per tre mesi e Gerardo ebbe modo di vedere le più belle chiese della città e di conoscere religiosi di tutte le congregazioni. Tutto nuovo fu Napoli per Gerardo (…) Frequentando il P. Margotta le Comunità più rispettabili, ed essendo in somma stima, Gerardo trattenendosi anch’esso, altro non vi volle, che parlasse, per essere conosciuto (…) Preso restò di lui, tra tutti, il P. Francesco Pepe, uomo noto per probità, e dottrina il quale (…) tratteneasi anche le ore intiere a confabulare con lui2. Oltre che per la sua fede, per la sua condotta e per le penitenze che si infliggeva (il biografo riferisce che “facevano a gara col p. Margotta a chi più poteva cruciare sé stesso3”), ben presto i napoletani conobbero il giovane redentorista anche per i numerosi miracoli che egli operò in città. Tanti accidenti, e così portentosi, divulgati per la Città, [Gerardo] passo non poteva dare fuori di casa, senza essere mostrato a dito. Ponderando un tanto applauso il P. Margotta, e temendo che aura di vanità non entrasse a titillargli il cuore, risolvette disfarsene. Ottenne in grazia bensì dal nostro B. Padre Alfonso vederlo situato nell’altra nostra casa in Caposele: casa prediletta di esso Margotta, perché stabilita coll’opera sua4. Così Gerardo si stabilì in Caposele, dove visse fino alla sua morte, avvenuta nell’ottobre del 1755. Nell’estate del 1755, dovendo andare a Calitri per alcuni suoi affari, p. Margotta chiese a Gerardo di accompagnarlo. I due religiosi presero alloggio nella casa di don Giuseppe Antonio Berrilli, un ricco “massaro di campo” che abitava in una casa con giardino alle spalle della chiesa di S. Antuono. Tra 12 Abbiamo contemplato, o Dio, le meraviglie del tuo amore (Salmo 117) p. Margotta e i Berrilli intercorrevano antichi rapporti di amicizia e forse anche di parentela (un nipote di p. Margotta, citato nel suo testamento, si chiamava Pasquale Berrilli5); le due famiglie appartenevano allo stesso ceto sociale e in gioventù il religioso aveva abitato proprio in via Sant’Antuono. Nel 1747 p. Margotta, spogliatosi di gran parte dei suoi beni per seguire Sant’Alfonso, aveva donato la sua casa alla congregazione redentorista e due anni dopo l’abitazione era stata acquistata da don Giovanni Berrilli, arciprete di Calitri dal 1726 al 1764, e dai suoi fratelli Canio e Francesco. Intorno alla metà del XVIII secolo i Berrilli avevano conosciuto una repentina ascesa sociale; fino a questa data infatti non si ha notizia di membri della famiglia con posizioni di rilievo nella vita pubblica cittadina. Il cognome non compare mai nelle visite pastorali di metà Cinquecento pubblicate da Gerardo Cioffari6 e nemmeno nei protocolli notarili degli stessi anni; il più antico documento riguardante la famiglia sembra essere una pergamena allegata a un atto notarile del 1622, in cui è citato un “Andreas Burrellus de Caletri7” (il cognome da Borrello si trasformerà in Borrillo, quindi in Berrilli). Non sono noti né sacerdoti, né chierici, né amministratori appartenenti alla famiglia fino ai primi anni del Settecento; nel primo elenco di confratelli dell’Immacolata Concezione non compare alcun Berrilli8. Solo nel 1726 viene nominato arciprete, come si è detto, don Giovanni Borrillo, e agli stessi anni risalgono i rogiti del notaio Antonio Berrilli; nel 1719, tra le educande del IL CALITRANO N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003 monastero dell’Annunziata, figura la giovane Anna Maria Borrillo9. Invece gli atti del catasto del 1753 testimoniano di una famiglia saldamente attestata al vertice della gerarchia economica e sociale del paese. I tre capifamiglia (Giovanbattista, Giuseppe Antonio e Pasquale) erano titolari di un reddito che ammontava complessivamente a quasi 7000 ducati; possedevano terreni e case, decine di bovini e centinaia di pecore, avevano in casa servi e serve. Inoltre Giovanbattista era dottore in diritto civile ed ecclesiastico, Giuseppe Antonio “viveva del suo”, mentre Pasquale era uno degli Eletti dell’Università tra il 1753 e il 1754. Il folto clero di Calitri, oltre all’arciprete Giovanni Berrilli, annoverava a quella data anche il sacerdote don Canio Berrilli e il chierico don Nicolò Saverio Berrilli, mentre 3 delle 22 monache rinchiuse nel monastero dell’Annunziata (suor Maria Loreta, suor Maria Benedetta e suor Geltrude) appartenevano alla medesima famiglia10. Il gran numero di religiosi e di monache presenti nella famiglia indica che i Berrilli praticavano il maggiorascato, concentrando la maggior parte del patrimonio nelle mani del primogenito e destinando gli altri figli alla vita consacrata o a matrimoni combinati con famiglie di pari ricchezza. Nei decenni seguenti i Berrilli mantennero un posto di rilievo nella vita pubblica di Calitri; tra essi vi furono sindaci, parroci, assessori, priori della confraternita dell’Immacolata, che cercarono di mantenere il loro piccolo potere nella società calitrana, in contesa con le principali famiglie di galantuomini del paese, come quella degli Zampaglione, da secoli uomini di fiducia dei feudatari, e quella dei Tuozzolo, che dopo i moti del 1799 muteranno il cognome in Tozzoli11 (altre famiglie del ceto delle “persone civili”, come i Cioglia, i Margotta e i Rinaldi, non sembrano avere avuto la stessa importanza, almeno nel XVIII e nel XIX secolo). Una versione alquanto icastica dei rapporti tra p. Margotta e i suoi ospiti la offre uno dei più famosi biografi di San Gerardo, p. Nicola Ferrante, che definisce i Berrilli una di quelle famiglie di nobiltà provinciale, frequenti in quell’epoca ancora feudale, che passavano il tempo nelle normali faccende agricole e nei pettegolezzi paesani. Religiose per tradizione, imparentate con molte suore dei vari monasteri locali, sufficientemente dotate di ricchezze, riponevano la loro ambizione nell’ospitare i missionari di passaggio e nel legare i nomi a qualche chiesa o arciconfraternita religiosa. Però se dalle chiese esigevano, come compenso, una lapide coi titoli altisonanti degli avi, dai missionari si aspettavano tutto un codice di osservanza rigorosa: austerità di gesti e di parole; mani e mento inchiodati sul petto; volto atteggiato a pietà. Per la famiglia Berrilli il tipo ideale del missionario era impersonato dal padre Margotta, così grave e compassato e col tormento interno scavato sulle guance. La sua figura un po’ tetra e nostalgica rendeva più evidente il contrasto col suo compagno di viaggio, tutto fuoco negli occhi; tutto fremiti nelle parole; tutto giovialità nella persona. Ma il Padre correva dalla mattina alla sera dietro le opere dei campi, mentre l’umile Fratello rimaneva solo, a contatto con una famiglia sconosciuta da cui veniva riguardato con una certa aria di compatimento.12 Ma ben presto i prodigi operati da Gerardo lo rivelarono a tutta la popolazione; il suo ricordo rimase nei calitrani per lungo tempo dopo la sua morte e le testimonianze di quelli che l’avevano conosciuto furono raccolte per istruire la causa di beatificazione. Le piccole cose, sono piccole cose, la fedeltà alle piccole cose fa l’uomo grande. (S. Agostino) Una delle prime biografie del santo, quella scritta da p. Antonio Tannoja, dedica al soggiorno calitrano di San Gerardo un breve capitolo, che qui di seguito si riporta per intero e con lievissime modifiche, in modo da non perdere la freschezza della prosa. Sono state inserite alcune brevi note redazionali che, mettendo a confronto lo scritto con altre biografie e con gli atti del Catasto onciario del 1753, mirano a identificare i personaggi implicati nella vicenda, dei quali spesso il biografo non riporta il nome. *** A.M. TANNOJA, Vita del servo di Dio Fr. Gerardo Maiella laico della Congregazione del SS. Redentore, IV ed., Napoli 1824. Capitolo XXIX - Passa Gerardo in Calitri, e vi opera delle meraviglie (pp. 144-148). Passando per Caposele il P. Margotta, e portatosi in Calitri, sua patria, portò seco il Fratello Gerardo. Mentre il P. Margotta attendeva al disbrigo de’ suoi affari, egli trattenevasi in Chiesa. Non era nota in Calitri la virtù sua, e come veniva favorito da Dio. Mentre una mattina trattenevasi in Chiesa, giunse in cerca di lui una donna di Bisaccia. Ritiran13 dosi, in vederlo la donna, piangente se le butta a piedi, cercando la salute di un suo congiunto, che gravemente stava infermo. Gerardo avendola accolta colla solita sua umanità, certo della guarigione, rimandolla indietro. Ammirati quei signori di casa, con sorriso dissero l’accaduto al P. Margotta. Voi ridete, perché non sapete, lor disse, i doni di Dio che questo Fratello possiede, e feceli carichi delle virtù di Gerardo, e di come da Dio veniva favorito. Più di questo non vi volle, per vedersi accreditato in Calitri, e vedersi affollato da ogni sorta di persone. Ritrovandosi spedito da medici [giudicato dai medici senza speranza di guarigione] il chirurgo D. Giovanni Cioglia, compianto da tutti, perché eccellente professore; chiamato Gerardo fu renitente; ma comandato dal P. Margotta, vi si portò; e con un segno di croce, che gli fece sulla fronte, il Cioglia nell’istante si vide in sensi, e migliorato. Miracolo! gridarono ammirati e stupiti i circostanti; ma Gerardo umiliando sé stesso disse: tanto sa fare l’ubbidienza. Stiede bene il Cioglia, né mancò santificare dappertutto la santità del servo di Dio [Giovanni Cioglia, marito di Angela Cetti, è ricordato nel catasto del 1753. Il suo unico figlio, Giuseppe Cioglia, divenne un famoso giurista13]. Anche nel tempo istesso ritrovandosi gravemente a letto un gentiluomo fratello d’una religiosa, e nello stato di estremarsi [di ricevere l’Estrema Unzione], commosso il P. Margotta dalle lagrime della sorella, comandò parimente a Gerardo di essere a visitarlo. Come vi giunse, avendolo segnato nella fronte col solito segno di croce, riacquistò i perduti sensi, e fecesi una buona confessione; migliorò e seguitò a vivere. Una gentildonna sentendone magnificare la santità, fu da lui per conferirgli un suo bisogno, che agli altri aveva ribrezzo di comunicare. Quando fu da Gerardo, né anche ebbe il coraggio di spiegarsi. Egli compatendo l’erubescenza [il rossore], le disse: giacché non volete parlar voi, parlerò io per voi. Così dicendo le svelò tutto l’interno. Attestò questa, che non altri, che essa e Dio sapea ciò che aveale scoperto [La donna era Maria Candida Arace, una bizzoca sorella dell’arciprete di Andretta e parente di alcune donne di casa Berrilli14]. Anche l’ombra sua operò portenti. Vedendosi assalita da dolorosa mincrania D. Angela Rinaldi in casa del signor Borelli: sentendo le tante cose di Gerardo, e vedendo in un angolo della stanza il di lui cappellaccio; voglio vedere (disse più per gioco che per senno) se questo Fratello è santo. Mettendoselo in testa, non tanto sel IL CALITRANO pose, che libera si vide dal travaglio. [Dovrebbe trattarsi di Arcangela Rinaldi, figlia di Eligio e di Maria Arace e nipote dei Berrilli. Giuseppe Antonio Berrilli aveva infatti sposato Rosa Arace, mentre Flavia Berrilli aveva sposato Nicolò Rinaldi. A quell’epoca Arcangela doveva avere una ventina di anni. I Rinaldi abitavano vicino al monastero dell’Annunziata, in un palazzetto che oggi ospita la biblioteca comunale di Calitri15]. Tra le tante profezie, ne accenno una. Essendosegli raccomandato da più persone un primario gentiluomo, ma troppo imbrogliato con Dio, e non curante dell’anima; Gerardo portandosi a visitarlo, cercò invogliarlo per i santi esercizj, che imminenti erano in Casa nostra. Si scusò con varj pretesti il gentiluomo, e Gerardo più ne avanzò le premure. Quegli vedendosi stretto, e non volendolo compiacere; verrò, gli disse, ad ottobre. Non volete per ora, ripigliò Gerardo, volete venire ad ottobre? ma ottobre non lo vedrete. In agosto ancorché valido il gentiluomo, assalito da febbre maligne, passato si vide all’eternità [Il gentiluomo di cui si parla era Nicolò Saverio Berrilli. Il suo nome è riportato nella biografia scritta da Nicola Ferrante, che fu postulatore della causa di canonizzazione di San Gerardo. Don Nicolò Berrilli era chierico e abitava in casa del fratello Giovanbattista; all’epoca della morte aveva 39 anni16]. In Calitri egli fu come un confessore estraordinario per quelle monache Benedettine. Tutte conferir vollero con lui i proprj spirituali bisogni. Sopra tutto animolle all’esatta osservanza, ed alla frequente Comunione. Ogni sua parola, dicono le monache, era una saetta, che trapassava il cuore; e tutte accese si videro di una special tenerezza per Gesù Cristo, e per Maria Santissima. Racconta di sé una religiosa, che essendo stata distolta di monacarsi, già erasi determinata di ritornare al secolo: Gerardo avendosela chiamata, con tal energia le parlò sopra i pregi dello stato religioso, che ne l’istante mutata si vide, e tutta invogliata di monacarsi. Agitata vedevasi da scrupoli un’altra religiosa; né modo eravi stato di quietarla. Abboccandosi con Gerardo, senzaché spiegata si fosse, egli le fé presente le sue angustie. Avendo posto in esecuzione quanto Gerardo gli disse, libera si vide da ogni travaglio [I nomi di queste religiose non sono stati tramandati da nessun biografo. Tuttavia un elenco completo delle abitanti del monastero di Calitri è riportato negli atti del Catasto Onciario del 175317]. Ossequiose furono con lui le Benedettine, ma non in tutto assecondavano i suoi desiderj. Avendo scorto mal situato N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003 Calitri 7 febbraio 2003, i coniugi Giulio Di Napoli nato il 11.09.1927 e Antonietta Abate nata il 23.05.1930 festeggiano il loro 50° anniversario di matrimonio. Con i migliori auguri della Redazione. il parlatorio; e quello che è più, attaccata la ruota alla porta della Chiesa che guardava la pubblica strada, sembrogli un disordine. Fattene parola col P. Margotta, volle questi, che con un sermone rilevato avesse alle monache l’inconveniente. Fecelo Gerardo, e tutte d’un parer situata vollero la ruota ov’egli la volea. La medesima sera, essendosi raffreddate, mutarono parere. Tutto in ispirito ebbe presente Gerardo: dimandato perché non vedeasi colla solita giovialità? resto inquieto, disse, per le Monache. Essendosi la mattina portato nel monistero, la Badessa volea e non volea dircelo [Nel 1753 la badessa era donna Caterina Cappa, nativa di Bisaccia18]; ed egli prevenendola, le fé presente quanto vi era stato: la ruota, disse, non si è tolta, né si toglierà mai più. Profetizzò. Più volte si è tentato, anche con ammannirsi nuova crate [ricostruire una nuova grata del parlatorio], e nuova ruota; ma mai si è veduto effettuato19. Avendo osservato i signori Borelli, che troppo logore avea le scarpe, pensarono farcele nuove, e per divozione tenersi le vecchie. Assalito da contorcimento di viscere un garzoncello di casa, e reso inutile ogni tentativo, si ricorrette alle scarpe di Gerardo. Applicate, nell’istante si vide sano. Si resero così celebri queste scarpe di Gerardo in Calitri, che 14 come attesta D. Giuseppe Antonio Borelli, tuttavia vanno in giro, operando prodigj. Le monache, avendone inteso le meraviglie, anch’esse ne vollero una, e si dovettero contentare. Così fuori, che entro il monistero queste scarpe non sono, che come la panacea di ogni male20. Né passò molto tempo, che essendosi portati i nostri colla missione in Calitri, condussero seco anche Gerardo per accudire ai loro bisogni. In questa missione, come nelle altre, egli operava per mille: profezie, conversioni, penetrazione di cuori tutto il giorno si vedeano; ed ai Padri altro non restava, che vedersi i peccatori commossi, e contriti, e farli degni della Sagramentale assoluzione. Nella casa ove risedea, casualmente Gerardo cader fece un grosso vaso di olio: vedendo questo una giovanetta, trattenere non si potette di scaricargli contro molte villanie, trattandolo da sciocco, e scimunito. Alle grida di quella accorrendo la madre: figlia non è niente perché raccolto mi bisogna per la lana. Si raccoglié l’olio il meglio che si poté; ma andando la donna per prendere il vaso rovesciato, lo ritrova con suo stupore pieno, assai più che non era per l’innanzi. Tanto sul punto questa proclamò a gloria di Gerardo; e tanto si contesta [si attesta] dai nostri Padri, che furono in quella Missione. [La ragazza protagonista di questo episodio era Maria Berrilli; sua madre era donna Giulia Arace, moglie di un ignoto gentiluomo della famiglia Berrilli (non è stato possibile ricavare da alcuna fonte il nome del marito), la quale, rimasta vedova pochi anni prima, viveva con i tre figli piccoli in casa del cognato Giuseppe Antonio. La ragazza, che all’epoca del miracolo aveva 10 anni, in seguito prese il velo nel monastero dell’Annunziata con il nome di suor Maria Giuseppa; la sua testimonianza su questo e su altri avvenimenti, come il “miracolo della mula”, fu riportata nel processo ordinario del santo21]. NOTE 1 Cfr. E. RICCIARDI, La Congregazione del SS. Redentore a Calitri (I) - P. Francesco Margotta e il culto dell’Immacolata Concezione, in “Il Calitrano”, n.s., 22 (2003), pp. 8-13. 2 A.M. TANNOJA, Vita del servo di Dio Fr. Gerardo Maiella laico della Congregazione del SS. Redentore, IV ed., Napoli 1824, pp. 111-114. 3 Ibidem. 4 Ibidem. 5 Il testamento di P. Margotta è riportato in F. KUNTZ, Commentaria de vita D. Alphonsi et de rebus Congregationis SS. Redemptoris, ms. conservato nell’Archivio Generale dei Redentoristi in Roma, VII, ff. 190-195. 6 Cfr. G. CIOFFARI, Calitri. Uomini e terre nel Cinquecento, Bari 1996. 7 Napoli, Archivio di Stato, Notai del XVII secolo, scheda 45, prot. 10, f. 355 [1622]. IL CALITRANO N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003 8 L’elenco è in L’Arciconfraternita dell’Immacolata Concezione di Calitri, a cura di V.A. CERRETA e G. CIOFFARI, I., Bari 1997, pp. 74-79. 9 Cfr. C. DE ROSA, Ave Gratia Plena. Fondazione, vita e ricchezza delle Donne Moniche di Calitri, dattiloscritto conservato presso la Biblioteca comunale di Calitri, s.d., p. 5. 10 Napoli, Archivio di Stato, Catasto onciario, voll. 3974-3981. Cfr. anche E. RICCIARDI, Cognomi e soprannomi calitrani nel ’700 ricavati dagli atti preliminari del “Catasto onciario”, in “Il Calitrano”, n.s., 4 (1997), pp. 10-11. 11 Cfr. V. ACOCELLA, Storia di Calitri [1946], r.a., Calitri 1984; G. ACOCELLA, Calitri. Vita di un grosso borgo rurale dell’alta Irpinia dal 1861 al 1971, Calitri 1977; A. COGLIANO, L’antico regime al tramonto fra empasse dello Stato e crisi del 1799. Conflitti politici e sociali nelle aree pastorali del Principato Ultra, in “Archivio Storico per le Province Napoletane”, CXVIII (2000), pp. 224-285. 12 N. FERRANTE, Storia meravigliosa di S. Gerardo Maiella, III ed., Roma 1965, p. 318. 13 Un breve profilo di Giuseppe Cioglia è in V. ACOCELLA, Storia di Calitri…, cit., pp. 250-251. 14 Il nome della donna è riportato in N. FER- RANTE, op. cit., p. 320 e in F. SANTOLI, San Gerardo Maiella. Fratello Laico Professo Redentorista 1726-1755, p. 294. 15 Napoli, Archivio di Stato, Catasto onciario, vol. 3974. 16 “Don Nicolò Saverio Berrilli era un gentiluomo dalla vita facile e gaudente, che si gettava nei piaceri con un’impetuosità naturale e selvaggia, incurante degli scandali. Ma i suoi eccessi derivavano dalla passione, non dai princìpi, perché era fondamentalmente credente e rettore di un beneficio ecclesiastico. Voleva solo godersi la vita riservando alla penitenza il tempo futuro. Ma disgraziatamente le sue vedute non collimarono con quelle del cielo.” (N. FERRANTE, op. cit., p. 321). 17 Napoli, Archivio di Stato, Catasto onciario, vol. 3974, riportato in E. RICCIARDI, Cognomi e soprannomi calitrani…, cit., p. 10. 18 Ibidem. 19 “La ruota, per testimonianza di molti, rimase ancora per decine e decine di anni al medesimo posto. Solo più tardi, dopo incessanti preghiere, si riuscì finalmente a sistemarla altrove. Di fronte vi fu posta l’immagine di fratel Gerardo.” (N. FERRANTE, op. cit., p. 322). 20 “Da allora quelle vecchie scarpe passarono di casa in casa, seminando miracoli, finché, divise e suddivise tra i devoti, scomparvero dalla circolazione. Si sa solo che una di esse fu donata al monastero delle Benedettine dove andò perduta.” (Ivi, p. 320). 21 “In quei momenti io ero come stordita, come immersa in una visione di sogno. Vedevo Gerardo ricomporre con le sue mani i cocci sparsi per terra e l’olio rifluire lentamente nel vaso risanato. Mia madre rimase senza fiato per un pezzo, mentre egli si ritirava nella sua stanza a pregare. Là lo trovammo, luminoso come un angelo.” (Ivi, p. 318). “La stessa suora narra: “Altra volta quei miei buoni antenati, rattristati per la morte di una mula, appena lo dissero a Gerardo, questi andò nella stalla, e, fatto un segno di Croce, la mula si alzò con sorpresa e gioia di tutti, che con evidente miracolo, l’avevano vista tornare a vita” (F. SANTOLI, op. cit., p. 293). “Queste notizie furono poi raccolte e tramandate da una sua nipote, Sig.ra Maria Teresa Berrilli. Tutte conformi a questa deposizione, fatta dalla sig.ra Berrilli, furono di altre tre Monache del detto Monastero nel 1843” (Ibidem). CARNEVALE A CALITRI li usi e le tradizioni talvolta sono delG le occasioni per avvicinare ed accomunare realtà differenti, come è accaduto a Calitri nel giorno dell’ultimo di carnevale dove è stato rappresentato con grande successo un ballo folkloristico “Il laccio dell’amore”; questo caratteristico ballo è stato importato da un’altra zona dell’Irpinia, la parte più occidentale, quella che si affaccia sulla vasta provincia di Napoli: Vallo di Lauro e Baianese. Attualmente il “laccio dell’amore” viene riproposto ogni anno nel giorno dell’ultimo di Carnevale a conclusione di tutti i festeggiamenti carnevaleschi; nei tempi passati, invece, questo tipo di ballo era chiamato “Albero della libertà” in seguito alla libertà conquistata dopo la Rivoluzione del 1799 quando la cittadina di Lauro insorse contro la Repubblica Partenopea per ottenere l’indipendenza. In un primo momento intorno a questo albero si svolgevano i processi popolari e in seguito anche i matrimoni; il rito prevedeva che gli sposi dovevano girare per tre volte prima verso destra e poi verso sinistra. Sulla cima veniva messo un cappello di colore blu molto simile al cappuccio di Pulcinella, i lacci erano di colore rosso e giallo esattamente i colori della rivoluzione. Con il passar del tempo le cose sono cambiate, infatti l’albero non fu più usato per i processi, ma solamente in occasione dei matrimoni e così venne chiamato “Laccio dell’amore”. Durante i matrimoni venivano in- trecciati i lacci per augurio agli sposi, se l’intreccio riusciva bene anche il matrimonio avrebbe avuto un buon esito. A Calitri questa manifestazione ha avuto un significato diverso in quanto il “Laccio dell’amore” è stato rappresentato in un contesto “romantico” data la presenza di molte coppie famose e numerosi ragazzi mascherati da cuore; la scenografia era molto singolare in quanto i “Cuori” facevano da cornice alle coppie famose presenti alla sfilata. Così non sono potute mancare: Renzo e Lucia, Paolo e Francesca, il Re Sole e Ma- ria Antonietta nonché Napoleone e Giuseppina, inoltre c’erano anche Minnie e Topolino, Robin Hood e Lady Marian, Braccio di Ferro e Olivia, Roger e Jessica Rabbit. Il gruppo folcloristico “I UAGLIUN’ RU’ UAFFIJ” hanno rappresentato il tutto in costume tipico calitrano sfilando per le vie principali del paese nonché tra i vicoletti del centro storico portando così a quelle poche persone anziane che ancora vi abitano un breve spettacolo a domicilio. Annamaria Maffucci La ricca vetrina della Gioielleria – Argenteria “LO SCRIGNO” by Antonella Fasano sito in Corso Garibaldi 118. 15 IL CALITRANO N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003 S. Giovanni Rotondo 1953/54, una gita degli insegnanti della scuola elementare di Calitri, da sinistra: Lidia Mingione di Salvatore e di Luigia Cozzolino, coniugata Toglia, nata il 10.01.1918, Gaetanina Cestone di Canio e di Lucia Scoca, coniugata Ricciardi, nata il 24.07.1924, Gabriella Cerone di Giuseppe e di Emanuela Berrilli, coniugata Melaccio, nata il 07.05.1887 e deceduta il 13.12.1978, Cesare Carola di Federico e di Maria Francesca Cerreta nato il 03.03.1900 e deceduto il 21.10.1964,Vincenzina Nicolais di Giuseppantonio e di Maria Maddalena Di Maio, coniugata Cerreta, nata il 20.02.1924, Lorenzo ing.Toglia di Raffaele e di Maria Concetta Piumelli nato il 20.12.1898 e deceduto il 24.12.1963,Teresina Scoca di Gaetano e di Maria Concetta Capossella, coniugata Di Maio, nata il 11.02.1898 e deceduta il 31.05.1988, Annita Margherita Cerrito di Giovanni e di Maria Migliaccio nata il 01.02.1901 e deceduta il 29.01.1977, Maddalena Scoca di Gaetano e di Maria Concetta Capossela nata il 23.11.1886 e deceduta il 15.09.1967, Orsola Ferrara di Vincenzo e di Maria Cristina Di Benedetto, di Mugnano del Cardinale, coniugata Toglia, nata il 21.05.1898, e deceduta ad Avella il 21.05.1958, Elia Savanella di Vito e di Maria Anna Di Maio, coniugata Di Napoli, nata il 02.05.1927, l’insegnante Urciuoli (si vede solo la testa), Maria Anna Di Maio di Angelo e di Maria Luigia Del Re, coniugata Savanella, nata il 17.05.1894 e deceduta il 15.08.1981, Concetta Savanella di Vito e di Maria Anna Di Maio nata il 05.10.1915, Maria Antonietta Toglia di Canio e di Maria Concetta Martiniello nata il 03.01.1895 e deceduta il 20.03.1983,Aurora Maria Antonietta Riviello di Giovanni e di Maria Luigia Melaccio nata il 18.06.1939, Rosa Adelaide Banfo di Vercelli nata il 15.12.1907 da Edoardo e da Luigia Guaschino, coniugata con Francesco Cerone, Maria Cerone di Giuseppe e di Emanuela Berrilli nata il 23.11.1901 e deceduta il 18.02.1976, davanti: Francesco Toglia di Vincenzo e di Maria Teresa Frieri nato il 19.06.1913 e deceduto il 24.12.1992, Michele Ricciardi di Vitale e di Francesca Toglia nato il 15.08.1917 e deceduto il 03.01.1973, Pasqualina Toglia di Michelantonio e di Lucia Di Milia nata il 23.02.1896 e deceduta il 28.09.1976. Calitri 4 settembre 2002, nella masseria di Angelo Cestone (panch’losc’) a Serra Cicerchia un agape fraterna, da sinistra Mauro Maffucci (nzacch’tiegghj’), Raffaele Salvante direttore de Il Calitrano,Vincenzo Metallo (lalla), Maria Teresa Pierucci coniugata Cicoira, Tonino Cicoira, presidente dell’Associazione Romana dei Calitrani, a cap’tav’la,Angelo Cestone, Vincenza Maffucci in piedi, Pietro Maffucci (spaccac’pogghj’), Antonietta moglie di Pietro Maffucci,Teresa moglie di Vincenzo Metallo,Anita moglie di Mauro Maffucci. 16 IL CALITRANO N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003 dimentica facilmente. Anche le ferite più silenziose e lontane, quando rimarginano, lasciano un segno. E non è poco. Antonella Cilento LA NOSTRA BIBLIOTECA TEORA nell’estate 1936 durante le Grandi Manovre di Enzo Fiore – Valsele Tipografica s.r.l. – Materdomini 2003. nzo Fiore ha al suo attivo oltre quarant’anni di professione di Eblicato architetto è stato preside in vari e importanti Istituti, ha pubsaggi di urbanistica, ha lavorato nel sud America, è sta- VIA CONCEZIONE di Alfonso Nannariello – Casa Editrice LIBRIA Melfi 2003 to Ispettore Centrale al Ministero della Pubblica Istruzione, ma non ha mai disdegnato collaborare a varie riviste e indagare e studiare sulla storia del suo paese e della sua regione l’Irpinia. E così che, dopo oltre quindici anni dal disastroso terremoto del 1980, l’autore si è finalmente deciso a prendere visione, esaminandole attentamente, le carte che era riuscito a salvare nei giorni piovosi di quel terribile novembre e riscoprire (l’autore era un ragazzo) che nell’estate del 1936 il suo paese natale Teora era stato, per una sola ora, capitale d’Italia per lo svolgimento delle “Prime Grandi Manovre dell’Impero” che si tennero dal 20 al 30 agosto. L’affezione, legata ai lontani ricordi del padre che quelle carte aveva gelosamente conservate gli hanno fatto scegliere per l’attenta, paziente e scrupolosa ricerca presso biblioteche, emeroteche, giornali, lettere e testimonianze d’epoca, alla scoperta delle vere motivazioni di quelle manovre militari, e con stile spigliato e semplice ce ne rende edotti col presente libro che è esso stesso un pezzo di storia. All’apparente motivazione, di onorare il balilla Lorenzo Fusco di Monteforte Irpino decorato in Africa con medaglia d’argento, c’erano veri e propri intrighi politico-dinastici alla base di quella scelta; infatti si voleva dare ad Umberto di Savoia – al quale era stata impedita dai reali genitori la partecipazione alla campagna d’Etiopia del 35/36, mentre vi aveva partecipato il cugino il Duca Amedeo d’Aosta – l’occasione di ribadire la continuità dinastica di casa Savoia. Alla presenza del Re, di Mussolini e dei generali italiani dell’epoca circa 60.000 uomini parteciparono alle grandi manovre con il corpo d’armata “Azzurro” comandato dal principe ereditario Umberto di Savoia e quello “Rosso” comandato dal generale Guillet, con la folta partecipazione di osservatori militari esteri dalla Francia – Giappone – Cecoslovacchia – Germania – Yugoslavia – Unione Sovietica – Stati Uniti d’America – Gran Bretagna e Cina, assistiti da ufficiali italiani di pari grado con interpreti forniti dal Ministero degli Esteri. Un bel libro che si legge tutto d’un fiato e corredato da fatti di vita paesana che per i più giovani possono essere un vero arricchimento culturale. L’ estate scorsa, nel 2001, sono stata a Calitri in compagnia di alcuni amici che avevano organizzato un evento di scrittura nel castello da poco restaurato, le cui sale ospitavano, fra l’altro, una bella mostra di fotografie dell’Irpinia prima e dopo il terremoto. Di quelle foto ricordo le lacerazioni della terra, aperti tagli di mano sotto le case e la piccolezza del destino di pietra. A un certo punto, l’amica di Avellino che mi accompagnava, Emilia, mi ha fatto cenno e mi ha mostrato una delle foto che ritraeva le case di Via Concezione. Ma qualcuno mi ha dato da parlare e mi sono distratta. Poi, verso sera, siamo usciti da Calitri e con gli amici che ci accompagnavano, Enza e suo marito, ci siamo fermati a guardare il paese dalla strada con le sue collane di luci ricordano quelli che, da sempre, vanno via e quelli che stanno cercando di restare (Enza ha una piccola e bellissima libreria a Calitri, un gesto di coraggio e volontà). E di nuovo Emilia mi ha indicato Via Concezione e mi ha detto: è quella la strada del libro di Alfonso. Ho avuto per le mani Via Concezione qualche anno fa, poi Alfonso mi ha riconsegnato il manoscritto l’anno scorso, un po’ modificato, se non vado errata, e l’ho riletto. E come la prima volta ne ho tratta impressioni assai forti, emozioni di luoghi, di case, di oggetti, di nomi, di voci scomparse e di dialetti resistenti. Di Via Concezione rimane una nota assai forte e molto lirica. Rimane il modo di comporre le frasi, sintonico alla frammentazione della terra che Alfonso racconta, alle sue frane, alle sue storie interrotte e a queste stagioni che ancor oggi si susseguono senza più persone che le guardino. Rimane l’onda della memoria che porta avanti, che mi fa molto pensare a Erri De Luca, ma anche di più a certi film sulla ex Jugoslavia. Perché è come se una guerra avesse attraversato questi luoghi e Via Concezione fosse, anche nel suo dialetto, un territorio straniero e devastato, ma al tempo stesso molto familiare. Ho anche pensato a uno scrittore che amo molto, Hector Bianciotti, e a un suo libro sull’infanzia e l’adolescenza, Quel che la notte racconta del giorno. Trovo la scrittura di Alfonso assai simile a quella di quest’autore italiano d’origini ma cresciuto in Argentina e abituato a comporre in lingua francese (quanti sradicamenti, almeno quanti ne vivono gli irpini e l’Irpinia). E sradicamento e frammentazione sono le cifre di questo libro (prezioso e vero) che appartiene ad un genere letterario che, con grave torto, il mercato editoriale d’oggi ama poco per una necessità comprensibile che è quella della vendita a lettori desiderosi di trame: ma, e lo confermano altri libri e altri autori recenti che parlano della stessa Irpinia, forse non c’è altro modo di raccontare certi luoghi e certe storie interrotte se non con l’interruzione della sintassi. E poi i libri che conservano un’anima scelgono per destino di non usare le armi dell’intreccio. Penso così al libro di Alfonso come a quella foto nel castello di Calitri, alla mano del terremoto che taglia i tubi delle case sotto le fondamenta e che lascia fuori le ossa dei ricordi, i dettagli che in tempi di pace nessuno avrebbe notato, le infinite polveri della memoria. Penso a questo libro con affetto perché non lo si LA PERCEZIONE QUOTIDIANA DI Luigi Pumpo – Biblioteca di Presenza – Striano (NA) 2003 olpisce ancora una volta in Pumpo l’attenzione analitica ai C particolari, che gli consente di disegnare paesaggi pittorici, carichi di bellezza e di nostalgia, di rivivere spartiti memoriali avidi di innocenza e di stupore, di incantarsi ancora all’amore della vita, che irrompe come una forza naturale e inarrestabile, come flusso di coscienza, che sfida il grigio del tempo per inventare sempre nuove occasioni, oltre il tempo. La poesia si nutre di intelligenza e sensibilità, che, coniugate insieme, disegnano l’immagine di un uomo del Sud, invaghito dei propri miti, pronto a difenderli ad oltranza contro l’assedio di un quotidiano che sempre più si simula e si somiglia. Sfidare il consueto resta la scommessa di chi intende e sente contempo17 IL CALITRANO N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003 mento come a Calitri che dai SS. Protettori chiaramente bizantini si passò a San Canio. Perciò ci sentiamo in obbligo con don Pasquale per tutto quello che sta facendo per la nostra Irpinia e ringraziandolo gli assicuriamo il nostro povero sostegno morale. raneamente che la vita è un’avventura straordinaria, che non può essere sciupata e violata, ma che va invece custodita nello scrigno prezioso della memoria e dell’amore, come messaggio a chi più si è amato e a ciò che più si è vissuto a continuare a percorrere gli impervi ma inevitabili sentieri che portano alle trasparenze interiori, contro lo smog che rischia di offuscare l’anima e, con essa, la giusta visione della vita, fondata sulla bellezza e sull’armonia. (dalle note critiche di Francesco D’Episcopo) G. Pinna, Con gli occhi della memoria, La Lucania nelle fotografie di Franco Pinna 1952-1959, Il ramo d’oro editore, Trieste, 2002, pp. 167 rnesto De Martino, il più grande anEneltropologo italiano del Novecento, 1952 guidò una spedizione interdi- L’ALMANACCO DELLE DODICI LUNE – LIBRAGENDA AUGURALE 2003 di Antonio Lazzarini – Napoli 2002 arissimi, nonostante la corsa veloce del mondo verso le C scarne forme espressive multimediali, continua a rinnovarsi in questi giorni che precedono le festività natalizie, il tradi- sciplinare per studiare sul campo i comportamenti delle popolazioni della Basilicata. Oggetto della ricerca erano gli individui (uomini, donne, bambini, giovani, vecchi…), le abitazioni, la famiglia, la festa, il lavoro, la musica popolare, ecc. A far scattare questo interesse, nell’immediato dopoguerra, fu certamente il libro di Carlo Levi, Cristo si è fermato a Eboli, e l’attivismo politico del sindaco di Tricarico Rocco Scotellaro, ma anche le precedenti spedizioni di linguisti e sociologi tedeschi e americani. on questa ricerca, la cultura popolare lucana fu posta al centro dell’etnologia nazionale a causa dei suoi caratteri che risultavano singolari per gli studiosi del settore e nello stesso tempo arcaici. D’altra parte, erano quasi ignoti al resto degli italiani. A corredare di immagini le ricerche dell’équipe di De Martino fu chiamato il fotografo sardo Franco Pinna. Nel 2002, a cinquant’anni dalla prima missione del famoso antropologo, la Provincia di Potenza pubblica l’archivio delle foto di Pinna. Quello lasciato da Pinna, che ritornò in Lucania anche nel 1956 e nel 1959, è un ricco deposito di documenti. Non semplicemente una raccolta di fotografie di un tempo ormai passato. Piuttosto lezioni pratiche di fotografia, dalle quali ognuno di noi potrebbe ricavare insegnamenti. È il catalogo dei provini delle foto, che si trova nella seconda parte del libro, ad illustrare molto bene il processo di ricerca documentale compiuta dal fotografo, prima di pervenire a determinati “scatti”. In esso si trova, in un certo senso, la chiave di lettura intellettuale del bellissimo album fotografico che lo precede. Mi colpiscono le immagini di San Fele e delle pratiche di devozione presso il Santuario della Madonna di Pierno, località che distano soli pochi chilometri da Calitri, e mi inducono a pensare che il libro riguardi anche noi. Infatti, si andava a Pierno anche da Calitri. Quei volti e quelle consuetudini religiose non mi appaiono estranei. Vi rintraccio parte della mia infanzia che, dopotutto, ritorna spesso nei miei pensieri quotidiani: gli asini, i muli, le bisacce, la fiera degli animali, il fotografo ambulante, l’incantatore di serpenti, bambini allattati al seno, l’organetto, i pranzi sull’erba, la sofferenza e la richiesta di grazia alla Madonna. La valle dell’Ofanto che separa geograficamente l’Irpinia dalla Lucania non interrompe la continuità di relazioni tra i paesi che si trovano sulle opposte rive del fiume, sebbene nel passato esso fosse notevolmente impetuoso e di difficile guado. Anche un calitrano, dunque, può riconoscere le proprie matrici comportamentali nelle immagini di Pinna, sia quando esse si riferiscono ai paesi più vicini sia quando riguardano i paesi più prossimi al materano. Anzi, il calitrano di oggi dovrebbe guardarle con attenzione per capire il salto epocale che è avvenuto in questi ultimi cinquant’anni. Pietro Cerreta zionale scambio di luccicanti biglietti e cartoncini augurali. Io non mi sottraggo alla simpatica consuetudine e vi adempio mediante il dono di questa minuscola iniziativa editoriale. Per coloro che amano rivedere in trasparenza qualche aspetto della Posillipo di ieri, il presente mazzetto di raccontini, poesie, ricordi, curiosità può rappresentare – almeno lo spero – una breve parentesi distensiva. L’offro, con cuore semplice, pieno di affetto, a tutte le persone che, per brevi tratti o lunghissimi percorsi esistenziali, hanno condiviso il mio cammino di ultra – e che ultra! – settantenne. Nelle pagine sono riportati eventi, memorie e nomi (spesso, pseudonimi) a me molto cari, stati d’animo, nostalgie di anni ormai lontani e di luoghi che inesorabilmente si trasformano. Peraltro, pur vivendo il presente con molta serenità, non credo sia male tener d’occhio il proprio passato ricordando fatti e figure d’altri tempi attraverso la ricerca di quegli esili fili mnemonici che collegano fra loro le epoche e le persone. Non so se il contenuto dell’almanacco potrà contribuire a ravvivare quelle sensazioni che, pur appartenendo quasi del tutto all’ieri, aiutano a meglio comprendere quanta gioia c’è stata e si rinnova in ciascuno di noi ogni Natale e ad ogni inizio d’un novello anno, ma esso rappresenta, comunque, il veicolo che vi porta miei auguri davvero spontanei e cordiali. (dalla presentazione dell’Autore) C L’ARTE SACRA IN ALTA IRPINIA di Pasquale Di Fronzo – Tipografia Grappone di Mercogliano – Giugno 2003 ebbene già in piena fase di stampa, non possiamo fare a meno di dire qualche parola sull’ultimo volume, l’undicesiS mo, di don Pasquale Di Fronzo su quell’immenso e purtroppo sconosciuto tesoro dell’Arte Sacra della nostra cara Irpinia, che è diventato il pane quotidiano del nostro Autore, che sempre in prima linea e senza fronzoli, con l’ardore di un neofita, sta conducendo un lavoro di catalogazione del ricco patrimonio d’Arte, che molto spesso offre un esempio affascinante dei pur fragili nessi fra arte e potere, in una sorta di pur cifrato manifesto ideologico volto non solo a trasmettere precisi orientamenti religiosi, ma anche a definire alcuni indirizzi del potere stesso. Ne è una prova lampante, fra l’altro, il primo articolo del libro sul “Vescovo nel frontone della cattedrale di Bisaccia” che rappresenta una delicata, e nello stesso tempo complicata, fase di transizione dalla cultura religiosa bizantina a quella Normanna, che per noi personalmente rappresenta un importante punto di snodo anche per la storia di tanti santi Patroni che proprio in questo periodo alquanto nebuloso subirono un cambia18 IL CALITRANO N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003 DIALETTO E CULTURA POPOLARE A CURA DI MICHELE CERRETA “Lu scarpar” Anticamente erano molti gli artigiani delle scarpe, sia perché era minima la parte della produzione industriale e sia perché molto sviluppata era l’attività artigianale locale. Il calzolaio del passato del piccolo centro viveva una vita simile a quella del contadino perché con quest’ultimo divideva quasi tutte le attività agricole, in particolare quelle inerenti alle produzioni di derrate: il grano, il granone, le biade, l’uva e la frutta. Egli era, si può dire quasi, calzolaio d’inverno e dei periodi dell’anno piovosi, nevosi, freddi o eccessivamente caldi e contadino per tutti gli altri. Nelle nostre zone venivano prodotti dall’artigiano del legno, in epoche che i nostri avi ancora ci ricordano, i “cuturri” (coturni = calzature di origine greco-romana), che prima venivano calzati per uso continuativo e lavorativo e più tardi solo per uso sedentario. Le scarpe nell’antichità erano semplici: strisce di pelle o “laccioli” cuciti alle pianelle di cuoio. Le vecchie scarpe erano di foggia elementare, con cuciture limitate solo alla suola e al tacco, svolgendo così bene il ruolo di antipioggia e antineve, con una buona impermeabilità. Solo più tardi la tomaia fu confezionata e cucita in più parti, aventi forme più consoni alle fattezza del piede. Le vecchie “scarpe fini” e li “scarpin’”, fatti con pelle di vitello e crome, avevano l’apertura a pattina, chiusa con più bottoncini laterali. L’opera dello “scarparo” nei tempi passati – fino al termine della seconda guerra mondiale – veniva svolta presso le famiglie più che nella propria bottega. Il mastro con i suoi lavoranti e discepoli si recava nella case a svolgere la propria attività, consistente nel confezionare scarpe nuove e riparare le vecchie per tutti i componenti della famiglia, presso la quale consumava i pasti offerti. E i tanti fatti strani e aneddoti che ancora oggi si raccontano avvenivano proprio durante queste permanenze, quando i lavoranti condividevano la vita domestica della famiglia ospitante. Il calzolaio svolgeva l’attività anche in settori affini. Egli confezionava: la cintura per pantaloni che tagliava (“staccava”) lungo tutto il dorso della pelle del vitello per ottenerla lunga, da un lato cuciva la fibbia e il passante, dall’altro l’appuntiva e la perforava nell’ultimo tratto; le varie bretelle; lo “scarfugghio” ( la protezione dell’indice) e “’u vrazzal’” (bracciale) del mietitore; il grembiule e la “vandiera” dei fabbri; “li ’nand-vrache” per i pastori e per i mungitori di mucche; i paramacchia per i cacciatori e tutto quanto concerneva le cavezze, le briglie e i finimenti di selle, sellini per carretti e basti di muli, asini e cavalli, in assenza di sellai. Foglio A: 1) Macchinetta occhiellatrice; 2) Forma (in metallo) formato grande; 3) Forma (in metallo) “a pier’ “, completa di forma media; 4) Forma (in metallo) formato piccolo; 5) “Precetto” = perforatrice multipla; 6) “Precetto” = perforatrice singola; 7) Misura (per le dimensioni del piede); 8) “Pier’ r puorc’ “ =lisicatoio in legno; 9) Tirastivali; 10) Tiraforme; 11) “Spart’punt’” = zigrino; 12) Bigoncello per il bagno del cuoio; 13) Rasatoio per tacchi; 14) Tenaglie piccole; 15) Pinze tirapelle per montatura punte; 16) Macchinetta per bottoni; 17) “Taccia”= bulletta; 18) “chijvariegghio” = bullettone; 19) “Bancariegghio” = deschetto. 1) Martello con penna del calzolaio; 2) Trincetto (coltello del calzolaio); 3) “Assuglia” = lesina; 4) “Ssuglion’ “= punteruolo; 5) “Tacci’lin’ “ = bulletta tonda grande; 6) “Tacci’lin’ “ = bulletta tonda piccola; 7) Chiodo del calzolaio; 8) “Tex” = chiodo piccolo del calzolaio; 9) Tenaglie da sconficcare; 10) “Spandicera” = lisciapianta o bussetto; 11) Acciaiolo o accarino per affilare il coltello; 12) “Guradaman’ “ = manale (pelle protettrice della mano che tirava lo spago); 13) Pedale; 14) Pinze per montatura; 15) Rotella o rotellina; 16) Raspa; 17) “Curnett’ “ = mazza da lisciare o stecca; 18) Cuoio; 19) Stampa; 20) Spago; 21) Forma in legno per scarpa; 22) Toppo o ceppo = “tav’letta”; 23) Forma per gambale; 24) “Quat’ “ = catino per il bagno della suola; 25) Setole; 26) Ciotola per tinte; 27) sasso per battere il cuoio = la “preta”. 19 IL CALITRANO N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003 A CURA DI RAFFAELE SALVANTE PROVERBI La freva r’ continuu ammazza l’om’ Chi ten’ fer’ a Ddij n’ perd’ maj A’ r’ chiov’ e a r’ cacà, Ddij nu lu pr’hà Carta vaj e sciuquator’ s’ vanta Chi fac’ la spia n’ n’eia figlia r’ Maria Chi mal’ penza, mal’ fac’ Eia nat’ cula cammina (v’stut’) Na pera frac’ta n’ uasta nu panar’ Parla cum’ t’hav’ mammata Chi n’ fac’ una, n’ fac’ ciend’ e una = = = = = = = = = = la febbre duratura uccide l’uomo chi ha fiducia in Dio non perde mai non pregare Dio per far piovere e per digerire se arrivano buone carte il giocatore si crede bravo chi fa la spia è figlia di Maria chi pensa male, male fa è nato con la camicia (vestito) una pera marcia rovina un intero paniere parla come ti ha fatto tua madre chi ne fa una, è capace di farne cento ed una = = = = = = = = = = vi siete saziati? vado di fretta non è andata come si voleva ! fatti valere lo ha ripulito di ogni suo avere è capace di fare carte false ce ne ho in gran quantità l’acqua comincia a bollire se ne è fuggito sono senza soldi MODI DI DIRE V’ sit’ abb’ttat? Vach’ r’ pressa Eia sciut’ scuosc’l’! Fatt’ ndenn’ L’hav’ p’l’zzat’ gghiogn’ Eia capac’ r’ fa cart’ fauz’ N’ tengh’ na m’luina Mo’ spercia a bbogghj’ S’ l’eia assaquat’ So’ piomb’ a nu pal’ *** A L’ ARIA R’ SANT’ LIVARDIN’ DAVANTI A SAN BERARDINO La mia bella va in campagna la Maronna l’accumpagna n’ nziamai ven’ a chiov’ ten’ r’ scarp’ nov’, nov’. La mia bella va in campagna la Madonna l’accompagna non sia mai viene la pioggia ha le scarpe nuove, nuove. Vann’ vist’ stammatina a l’aria r’ Sant’ Livardin’ tutt’ quanta mpr’c’ssion’ p’ la via r’ lu R’pon’. Li hanno visti questa mattina davanti San Berardino tutti e tre in processione per la via del Ripone. Nnnanz’ a tutt’ scia S’ppuccia po’ la mamma cu la ciuccia e l’attan’ stia nn’ret’ ca sc’lava nda r’ pret’. Davanti a tutti andava Giuseppa dopo la mamma con l’asina e il padre andava dietro perchè scivolava sulle pietre. Quegghj’ gran’ a la Canneta osc’ chi r’ bbol’ met’ si p’aiut’ a la famiglia n’ ng’ foss’ la bb’ttiglia. Quel grano alla Canneta oggi chi lo vuole mietere ! se per aiuto alla famiglia non ci fosse la bottiglia (di vino). Senti qua bellezza mia ti farei compagnia ma con questo fuoco al cuore non me la sento di andare in campagna. Tu r’ saj bb’llezza mia t’ t’ness’ cumpagnia ma cu st’ fuoch’ a lu cor’ n’ m’ ric’ r’ sci for’. Ti ricordi, o ragazza quel Dio che ti creò quando mi dicesti di no proprio davanti a Tusciapò (barberia) T’ r’cuord’ oi figliò, quigghju’ Ddij chi t’ criò, quann’ m’ r’cist’ no sciust’ nnanz’ a Tusciapò. Un simpatico e realistico quadretto di vita paesana che porta con se quei dolci ricordi d’infanzia che ci hanno accompagnato per tutta la vita con quella loro schiettezza, semplicità, parsimonia del vivere, innocenza della vita. 20 IL CALITRANO N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003 SOLIDARIETÀ COL GIORNALE (Poggibonsi) – Di Milia Anna Tongiorgi (Crespina) – Rizzi Savina (Napoli) – Fastiggi Canio (Ponsacco) – Metallo Vincenzo (S. Giovanni V.no) – Di Domenico Mariantonia in Di Cosmo (Poggibonsi) – Vallario Lorenzo (Milano) – Rabasca Canio (Nova M.se) Euro 12: Paoletta Erminio (Portici) – Margotta Concetta (Riccione) Euro 15: Zarrilli Vito (Roma) – Di Milia Vincenzo (Pescara) – Gallucci Di Napoli M.Filomena (Acqui Terme) – Gautieri Vito (Acqui Terme) – Di Cairano Michele (Novate M.se) – Zabatta Vito (Capergnanica) – Di Cairano Scoca Francesca (Ponte Tresa) – Cestone Pasquale (Bologna) – Margotta Maria Teresa (Salerno) – Di Cosmo Vincenzo (Poggibonsi) – Russo Maria Antonietta (Roma) – Zabatta Vincenzo (Lentate S.S.) Euro 20: Senerchia Giuseppe (Sesto Fior.no) - Nocera Mirko Settimio Giuseppe (Vallata) – Figurelli Canio (Lentate S.S.) – Guerrizio Marcello (Avellino) – Maffucci Marco (Roma) – Cicoira Antonio (Rimini) – Padre Rosario Messina (Casoria) – Del Cogliano Concettina (Leccio) Euro 25: Studio Commerciale Di Cairano Mario (Guidonia) - Bozza Michele (Roma) – Voltaggio Claudia (Napoli) – Pastore Raffaele (Roma) – Leccese Gallo Gerardo (Ascoli Satriano) – Milano Calvani Vincenza (Cascina) – Zarrilli Michele (Corchiano) – Margotta Mario & Nicolais Vincenzo (S. Donato M.se) Euro 26: Norelli Francesco (Roma) – Cecchetti Turiddo (Pistoia) – Frasca Vincenzo (Roma) – Vallario Giuseppenicola (S. Miniato Basso) Euro 30: Messina Giuseppe (Roma) – Cianci Mario (Napoli) Euro 33: Codella Michele Pavona) Euro 50: Bazzani Paolo (Barberino V. D’Elsa) – Della Valva Francesco (Bollate) – Caputo Antonio (Firenze) – Iezzi Sergio (Napoli) Euro 100: Alliod Cicoira Silvia (Aosta) DA CALITRI Euro 5: Covino Teresa Euro 8: Metallo Rocco Euro 10: Cubelli Jolanda – Nannariello Elvira – Zarrilli Luigia – Maffucci Lucia via Macello 34 – De Nicola Giovanni e Rachele – Rosania Luigi – Rossi Serafino – Codella Giuseppe (C. da Difesette) – Metallo Canio e Di Milia Rosa – Codella Vincenzo Fontana della Noce – Tornillo Michelangelo – Cerreta Mariannina – Di Roma Antonio C.da Tufiello – Vallario Lorenzo via Rabasca 1 Euro 15: Codella Antonio – Nannariello Migliorina Euro 20: Nocera Gabrio Lucio Vincenzo – Di Roma Giuseppe – Ramundo Michelina Euro 25: Cerreta Giuseppe – Cestone Franca Maria Euro 30: Di Cecca Giuseppe DA VARIE LOCALITÀ ITALIANE Euro 5: Colucci Pasquale (Sirignano) – Briuolo Lucia (S. Michele) – Immerso Antonietta (Velletri) Euro 6: Gabellini Lorenzo (Firenze) – Cerreta Giuseppe (Cambiano) Euro 7: Landolfi Antonio (Salerno) Euro 7, 50: Lucadamo Pasquale (Olgiate C.sco) Euro 10: Pastore Canio (Riccione) – Galgano Vincenzo (Lentate S. S.) – Cianci Michele (Mariano C.se) – Stanco Lucia (Casalgrande) – Coglianese Angelo (Oliveto Citra) – Salvatore Lucia (Montatone) – Concione Rabasca Raffaella (Caserta) – Di Napoli Giuseppe (Roseto D’Abruzzi) – Cianci Annamaria (Napoli) – Di Milia Angela (Vico Palma Campania) – Moretton Uselmo (Contursi Terme) – Della Badia Mariantonia (Montaione) – Di Napoli Vincenza (Bologna) – Capossela Pino e Pina (Genova Ponex) – Capossela Giovanna (Benevento) – Cerreta Vincenzo (Camnago) – Margotta Angelo (Ancona) – Metallo M. Antonietta (Morena) – Rubino Michele (Coreana) – Cerreta Luigi (Bari) – Capossela Vito (Scandiano) – Di Napoli Maria (Bollate) – Pastore Lucia e Alessandrello Stefano (Comiso) – Bavosa Rosa DALL’ESTERO Belgio: Euro 20 Di Carlo Raffaela – Ragazzo Nicola – Mignone Antonio - Euro 42, 50 Tartaglia Giuseppe Svizzera: Euro 320, 94 Associazione Calitrani Emigrati in Svizzera U. S. A.: Euro 25 Fastiggi Richard e Patricia Erbe di Casa Nostra L’ALBERO DIVINO Albero millenario, la cui cultura ha segnato la civiltà del bacino mediterraneo. Le sue fronde simboleggiano l’onore e la pace dei semplici. È una pianta benedetta, è simbolo della fede dell’uomo e della presenza di Dio, fonte di ispirazione artistica. Per millenni ha presenziato ai riti e alle manifestazioni spirituali delle città mediterranee. La sua domesticazione inizia tra il IV e il III millennio a.C. È stato trasportato dalla Palestina verso l’Egitto, indi è passato alla cultura romana e da questa, attraverso la Spagna arrivò agli Arabi sulle sponde meridionali del bacino. Si rac- conta che fu un seme d’ulivo che, venne raccolto da un Angelo nel Paradiso Terrestre per donarlo ad Adamo che spuntò sulla sua tomba. Aristeo piantò l’ulivo sulla costa mediterranea e gli uomini impararono a coltivarlo per ricavarne l’olio. È un esemplare che preferisce terreni calcarei ed asciutti, impiega molto tempo per diventare produttivo, ama le colline esposte al sole ma non disdegna le pianure. È una pianta che ha straordinarie caratteristiche vegetative in quando il suo ceppo ha la capacità di rigenerazione anche quando il tronco è stato tagliato. Ha una ricrescita lenta e richiede anni di attesa prima di dare il frutto, ma è molto longeva e può restare vitale per millenni. Le tecniche 21 di cultura tradizionali sono oggi studiate al fine di migliorare il suo rendimento. Sono state introdotte nuove piante e nuove pratiche per rendere più agevole il raccolto dei frutti. Il primo uso dell’olio riguardava la preparazione dei profumi, unguenti, mentre l’impiego alimentare è di epoca successiva. Anche ai piedi delle Alpi piemontesi, il destino ha portato questo albero dai mari del Medio Oriente al cospetto delle Alpi Occidentali. Raggiunse il Piemonte in epoca romana introducendosi nel vecchio continente sulla riviera del Garda ed oggi rappresenta una pianta integrata del suo paesaggio. Alba Algeri (da Ritortolo) IL CALITRANO N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003 MOVIMENTO DEMOGRAFICO I Pensieri della Vita Rubrica a cura di Anna Rosania I dati, relativi al periodo dal 9 dicembre 2002 al 18 giugno 2003, sono stati rilevati presso l’Ufficio Anagrafe del Comune di Calitri. Volano i miei pensieri, Come ali di un uccello Fra i rami di un albero, Che taciturno lascia Cadere le sue foglie. NATI Malanga Niko di Luciano e di Zarra Concetta 02.01.2003 Maffucci Francesco di Pasquale e di Pagliarulo Vincenzina 02.01.2003 Cucciniello Giuseppe Federico di Noris Antonio e di Marzullo Rosalba 04.01.2003 Toscano Fabiana di Giovanni e di Avella Franca 25.02.2003 Bavosa Michael Vito di Carmine e di Di Napoli Francesca 04.03.2003 Martiniello Sara di Vito e di Russo Lucia 04.03.2003 Zarra Francesco di Michele e di Cialeo M. Antonietta 10.03.2003 Rainone Adriana di Canio e di Sibilia Mirella 21.03.2003 Diasparra Erica di Mario e di Pastore Nicolina 30.03.2003 Sibilia Simone di Massimiliano e di Caruso Anna 15.04.2003 MATRIMONI Scivolano le mie lacrime, In un ruscello senza fine, Che con il suo gorgoglio Canta la mia primavera. In fondo c’è una luce, Una luce tanto fievole, Dove i miei pensieri Cominciano a trovar pace. Viaggiando all’infinito Nell’infinito Del mio cuore. Bj daniele Iorlano Giovampietro e Senerchia Maria Mazzeo Gerardo e Zarrilli Luciana Cubelli Francesco e Margotta Maria 12.04.2003 10.05.2003 07.06.2003 MORTI Russo A. Maria Angeliello Rosa Maria Lucrezia Giovanna Cestone Francesco Lettieri Maria Di Maio Mariantonia Gautieri Giuseppe Di Muro Rosa De Nicola Giovanni Di Carlo Canio Di Cecca Vito Immerso Lucia Maffucci Giuseppe Senerchia Salvatore Coppola Maddalena Del Buono Gerardo Vigorito M. Antonietta Fierravanti Giovanni Gervasi Canio Di Maio Iolanda Di Maio Salvatore Maffucci Giuseppe Zabatta M. Camilla Zabatta Antonio Rinaldi Concetta Pastore M. Antonia Muoio Virginio Cianci Antonia Zarrilli M. Teresa Tornillo Teresa 24.01.1920 - † 09.12.2002 12.04.1927 - † 29.01.2003 29.04.1921 - † 14.02.2003 13.07.1907 - † 01.03.2003 10.08.1925 - † 06.03.2003 01.12.1906 - † 08.03.2003 05.02.1924 - † 10.03.2003 07.09.1930 - † 14.03.2003 09.03.1911 - † 16.03.2003 03.11.1923 - † 16.03.2003 18.11.1915 - † 16.03.2003 13.12.1923 - † 17.03.2003 19.02.1922 - † 17.03.2003 24.12.1924 - † 19.03.2003 12.04.1920 - † 23.03.2003 16.05.1964 - † 24.03.2003 29.06.1959 - † 26.03.2003 29.08.1928 - † 06.04.2003 03.02.1933 - † 18.04.2003 10.02.1933 - † 08.05.2003 01.02.1915 - † 16.05.2003 21.03.1928 - † 16.05.2003 09.11.1928 - † 18.05.2003 23.09.1928 - † 19.05.2003 04.06.1927 - † 26.05.2003 12.06.1913 - † 02.06.2003 04.05.1917 - † 09.06.2003 04.05.1913 - † 14.06.2003 19.07.1932 - † 17.06.2003 29.10.1907 - † 18.06.2003 22 Calitri 1937, fotografia fatta per mandare al capofamiglia Antonio Zabatta (p’rtosa) che si trovava in Africa Orientale per lavoro, da sinistra Lucia Zabatta, Vito Zabatta, Maria Giuseppa Germano (sckattosa) nata il 30.09.1907 e deceduta il 27.10.1998,Vittorio Zabatta e Giovannina Zabatta. IL CALITRANO N. 23 n.s. – Maggio-Agosto 2003 R E Q U I E S C A N T Immacolata Del Cogliano 01.09.1919 † 04.07.2000 Difficoltà e sofferenze non sono mancate nella tua vita, ma il Signore è scudo per chi in lui si rifugia. Lorenzo Ricciardi 22.07.1928 † 06.02.2003 Affida al Signore le tue cure ed egli sarà tuo tutore. Michele Cubelli 19.09.1925 † 15.08.2000 Nel terzo anniversario della tua scomparsa, forte è l’amore del tuo ricordo Maria Villani 20.10.1935 † 28.09.1995 Iddio sostiene chi sta in bilico e rialza chiunque è abbattuto. (Salmo 145/14) Giovanni Abate 25.08.1919 † 18.05.1998 Il Signore lo nutrirà col pane della saggezza, e lo abbevererà nell’acqua dei suoi insegnamenti. (Siracide 15/3) Vito Michele Nannariello 21.12.1834 † 30.05.1903 Cento anni sono come polvere portata via dal vento, quando c’è l’amore P A C E Michele Scoca Calitri Bologna 12.05.1909 † 08.06.1989 A 14 anni dalla sua scomparsa il ricordo dei figli Giuseppe, Vincenzo, Angela e di tutta la famiglia è sempre più vivo. Lo ameremo sulla terra affinché possa riposare in pace in Cielo Maria Giovanna Margotta 18.09.1916 † 27.06.1983 Venti anni fa il Signore ti ha chiamata a se, e da venti anni che non smetto di pensare a te, il tuo Franchino Luigi Galgano (Premaio) 19.06.1923 † 23.07.1993 I familiari e gli amici lo ricordano con affetto a quanti lo conobbero I N Antonio Di Milia 28.09.1914 † 30.08.1991 Si compiace, il Signore, di chi lo teme e di chi si affida nella sua bontà (Salmo 147 A-11) Nicola Cubelli 25.11.1923 † 07.06.1997 Solo in Dio avrai pace, o anima mia. (Salmo 62/2) Michele Frucci 03.02.1936 † 18.06.1998 Un amico fedele è un balsamo nella vita, e chi ha il timor di Dio lo troverà. (Siracide 6/16) Giovanni Rainone 10.10.1881 † 01.05.1941 Giusto è il Signore e ama la giustizia e i giusti vedranno il suo volto (Salmo 11/8) 23 Giuseppe Cianci 19.05.1928 † 21.06.1999 Gli anni passano ma il nostro amore per te diventa più forte Canio Vincenzo Toglia (u Talian’) 10.10.1862 † 16.06.1945 L’anima mia proteggi e fammi salvo, né io sia confuso, perché in te fidai. (Salmo 25/20) In caso di mancato recapito, si prega di voler restituire all’Ufficio C.M.P. Firenze per la riconsegna al mittente, che si impegna ad accollarsi le spese postali. Calitri 28 dicembre 2002, Festa dei cinquant’anni, presso il Ristorante Sambuco. Sono tutti nati nel 1952, ultima fila da sinistra: Maria Rosaria Cestone (cicc’llon’) nata il 04.09.1952, Donato Tornillo fioraio, nato il 13.11, Giuseppina Maffucci (sett’cozz’) nata l’11.06,Angelo Pasqualicchio (s’ppon’), si vede appena la testa, nato l’11.03, Donato, Mario, Pompeo Maffucci (cavallo pazzo) nato il 16.01, Giuseppe Maffucci (ndundar’), con baffi, si vede solo la testa, nato il 22.10,Antonio Cestone (ciannill’), nato il 29.05,Vincenzo Basile (Alberatosi), il più in alto, nato il 07.01, Giambattista De Nicola (rall’ e dall’) con capelli brizzolati e leggermente piegato in avanti, nato il 03.08,Angelo Coppola, con maglia a righe, nato il 31.03, Francesco Galgano (ciaglion’) con baffi e cravatta, nato il 04.09, Mario Maffucci (nzacca), con baffi e col braccio sul suo vicino, nato il 19.10, Mario Margotta (cic’niegghj’), nato il 31.07,Vincenzo Maffucci (ang’legghia) con folti baffi, si vede solo la testa, nato il 14.11,Vincenzo Cerreta (m’zz’chend’/bemvigliuol’), con baffi,Angela Bozza (sanzicch’), si vede solo la testa, nata il 04.12, Franca Bozza (sanzicch’), Giovanna Maffucci (p’ciff ’), nata il 17.02; prima fila: Maria Vincenza Caputo (chie-chiepp’) nata il 28.11, Gaetanina Maffucci Codella (la v’lata) nata il 30.03,Teresina Mesce in Sena, nata ad Aquilonia il 30.12, Rosa Maffucci (giampietr’) nata il 09.11, Giuseppe Mastrullo (spavar’) nato il 22.06, Silvana Di Napoli (fiaschegghia) nata il 18.06, Maria Codella (f ’scegghia) nata il 30.08,Angelina Russo (tobb’t’) nata il 24.01.