Ricerca storica - La Quarta Luna

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Ricerca storica - La Quarta Luna
VILLA
GIUSEPPINA
GANDINI
ZAMBONI
Quest’edificio
e
le
sue
pertinenze
sono
incastonati
sul
fianco
della
collina,
fra
il
Castello
scaligero
e
l’area
urbana,
in
una
delle
zone
più
antiche
e
suggestive
di
Valeggio.
Le
sue
fondamenta
penetrano
in
un
sedimento
storico
che,
senza
soluzione
di
continuità,
dall’alto
medioevo
arriva
ai
giorni
nostri.
Queste
sono
mura
antiche,
che
solo
un
approfondito
esame
archeologico
potrebbe
evidenziarne
tutta
l’importanza.
Di
proprietà
pubblica,
dopo
aver
servito
per
decenni
come
scuola
infantile
e
sede
di
associazioni,
ora
attende
un’adeguata
e
intelligente
riutilizzazione.
Dimore
come
questa
hanno
un
carattere
inconfondibile,
una
personalità
così
particolare
e
unica
che
non
è
ammissibile
banalizzarle,
distruggerle,
svilendo
con
scelte
non
ponderate
la
loro
inimitabile
simbiosi
con
il
tessuto
urbano
in
cui
sono
inserite.
Occorre
reinventarne
l’utilizzo
per
adeguarlo
alle
esigenze
dei
nostri
tempi,
puntando
sulla
qualità
e
sull’efficienza
dei
servizi
che
un
bene
pubblico
come
questo
può
dare
ai
valeggiani
e
a
quanti
ne
utilizzeranno
le
strutture.
Salvaguardando
questo,
e
gli
altri
importanti
monumenti
del
nostro
territorio,
compiamo
un
atto
dovuto
e
fondamentale
per
la
nostra
cultura:
impedire
che
il
flusso
della
memoria
e
della
conoscenza,
dal
passato
al
futuro,
possa
interrompersi.
Villa
Zamboni,
edificata
nel
XVIIII
secolo,
nei
mappali
dei
catasti
napoleonico
e
austriaco,
appare
in
pianta
del
tutto
simile
a
quella
odierna.
Gli
interventi
di
restauro
e
ammodernamento
hanno
avuto
due
fasi,
la
prima
più
consistente
attorno
al
1870,
che
ha
portato
alla
sopraelevazione
dell’immobile,
e
la
seconda
dopo
il
primo
conflitto
mondiale.
Fu
tra
le
prime
abitazioni
valeggiane
a
essere
dotata
di
impianto
di
riscaldamento
con
termosifoni,
alimentato
da
una
caldaia
a
carbone.
Fu
corredata
di
bagno
moderno
con
elementi
in
porcellana
bianca,
con
il
gruppo
rubinetteria
della
vasca
dotato
di
termometro
a
mercurio
per
la
corretta
misurazione
della
temperatura
dell’acqua.
La
vasta
cucina
era
dominata
da
una
grande
stufa
a
legna
in
ferro
e
ghisa,
con
pomoli
d’ottone
sui
vari
sportelli.
Il
locale
era
dotato
anche
di
una
ghiacciaia.
Nell’ampio
giardino
retrostante
,
ornato
da
un
doppio
filare
di
olmi,
si
aprono
dei
locali,
con
volte
a
botte,
realizzati
nel
fianco
della
collina
sotto
il
giardino
pensile.
Uno
era
destinato
a
garage,
attrezzato
di
buca
per
le
riparazioni
meccaniche,
in
cui
veniva
parcheggiate
una
delle
prime
automobile
circolanti
in
Valeggio;
un
altro,
un
tempo
destinato
a
stalla,
ha
sulla
parete
di
fondo
un
pozzo
sovrastato
da
una
torretta
interna
che
permetteva
di
attingere
l’acqua
per
il
giardino
superiore,
comunicante
con
l’elegante
loggia
dal
soffitto
affrescato
della
villa.
Dalle
ampie
bifore,
che
si
aprono
su
tre
lati
della
loggia,
si
può
godere
di
uno
splendido
panorama
su
Valeggio
e
dell’immanente
Castello
scaligero.
Nel
cortile
d’entrata,
appoggiato
all’edificio,
un
marmoreo
pozzo
riforniva
d’acqua
l’abitazione
prima
dell’avvento
delle
conduttore
dell’acquedotto
comunale.
Le
cancellate
in
ferro
battuto
e
i
pilastri
che
recingono
la
proprietà
rievocano
le
floreali
leggerezze
del
liberty.
Contestuale
alla
villa
ma
esterno
al
perimetro
del
giardino,
si
trova
il
cosiddetto
Villino
svizzero,
un’antica
casa
dalle
finestre
e
dal
paramento
murario,
un
tempo
particolare,
fiancheggiante
la
stradina
gradinata
che
porta
al
Castello
scaligero,.
La
famiglia
Zamboni
aveva
accumulato
una
notevole
fortuna
attraverso
investimenti
fondiari
e
immobiliari.
L’ingegner
Gustavo,
padre
del
nostro
benefattore,
fu
sindaco
di
Valeggio
dal
1884
al
1889,
e
uno
dei
fondatori
nell’anno
1900
della
Società
Elettrica
Valeggiana,
che
portò
alla
costruzione
del
primo
impianto
idroelettrico
in
località
Buse
di
Prevaldesca,
che
aprì
alla
modernizzazione
la
storia
locale.
Giuseppe
Zamboni
(1876
–
1932),
era
figlio
unico
ed
ebbe
una
vita
agiata
e
sportiva.
Socio
del
Touring
Club,
appassionato
di
automobilismo
e
di
viaggi,
fu
tra
i
pionieri
dello
sci
invernale,
praticato
in
quei
primi
anni
del
Novecento
da
un’esigua
élite
di
benestanti
che
venivano
chiamati
skiatori.
Non
avendo
avuto
figli
e
sentendo
di
attraversare
un
momento
critico
per
la
sua
salute,
pur
trovandosi
in
ottime
condizioni
mentali,
ritenne
opportuno
e
doveroso
scrivere
le
sue
estreme
volontà.
Nel
gelido
febbraio
del
1929,
presso
il
notaio
Demetrio
Marai
di
Valeggio,
depositò
il
proprio
testamento
olografo,
vergato
in
sette
fogli
formato
bollo
e
di
quattro
facciate
ognuno.
Un
terzo
delle
sue
ingenti
sostanze
fu
devoluto,
come
imponeva
la
legge
del
tempo,
alla
legittima
moglie,
signora
Giuseppina
Piazzi,
dalla
quale
si
era
separato
da
diversi
anni;
alla
cara
Elide,
l’amata
compagna
dell’ultima
parte
della
sua
vita,
la
signora
Elide
Melchiori,
anch’essa
legalmente
separata
dal
marito
signor
Giuseppe
Sperandio
Cavalieri,
destinava
i
2/3
dei
2/3
rimanenti
della
sua
fortuna;
mentre
al
signor
Silvano
Soardo,
suo
amministratore
e
amico
di
sempre,
andava
1/3
dei
2/3.
Zamboni
precisò
che
alla
morte
della
sua
Elide,
la
proprietà
della
villa
e
le
sue
adiacenze,
giardino,
vigneto,
corte,
scuderia
e
Casa
Svizzera
esterna
al
cortile,
dovevano
passare
al
Comune
di
Valeggio
per
essere
destinate
a
sede
dell’Asilo
infantile,
del
Patronato
comunale
e
dell’Opera
Nazionale
Maternità
e
Infanzia,
quale
nido
materno,
cucine
materne,
eventualmente
ospedaletto
infantile.
Per
i
vicini
edifici
della
Corte
Bassa,
consigliava
di
adattarli
a
casa
di
riposo
per
i
vecchi
indigenti,
togliendoli
dall’Ospedale
Civile
in
cui
erano
ospitati.
Dispose
inoltre
che,
se
il
Comune
fosse
stato
di
diverso
avviso,
avrebbe
dovuto
alienare
tutte
le
proprietà,
convertendone
il
ricavato
in
titoli
distato,
destinando
gli
utili
alla
Congregazione
di
Carità,
l’istituto
che
gestiva
il
locale
nosocomio,
e
al
Comitato
di
gestione
pro
Colonie
Marine
e
Montane,
a
beneficio
dei
bambini
poveri
del
Comune
bisognosi
di
cure,
con
particolare
riguardo
per
gli
orfani
e
per
quelli
a
rischio
tubercolosi.
Le
proprietà
del
Verlér
e
del
Cimitero,
che
superavano
i
cento
campi
veronesi,
dovevano
passare
nel
patrimonio
dell’Ospedale
Civile.
Chiedeva,
inoltre,
che
la
sua
villa
di
Valeggio,
una
volta
divenuta
pubblica,
fosse
dedicata
alla
madre,
signora
Giuseppina
Gandini
Zamboni.
I
Gandini,
anch’essi
possidenti
da
lunga
data,
erano
i
proprietari
della
dimora
che
Giuseppina
portò
in
dote
a
Gustavo
Zamboni,
quando
si
sposarono
nella
seconda
metà
dell’Ottocento.
Oggi,
una
lapide
marmorea,
posta
a
lato
della
porta
d’ingresso,
reca
inciso
il
nome
della
signora.
La
via
che
porta
alla
villa
è
stata
dedicata
al
figlio:
Via
Giuseppe
Zamboni
Pubblico
Benefattore.
Zamboni
volle
anche
che
la
sua
casa
di
Verona,
sita
in
Stradone
Porta
Palio,
fosse
venduta
e
con
il
ricavato,
convertito
in
titoli,
destinare
una
rendita
per
stipendiare
un
maestro
di
musica
per
la
ricostruzione
della
banda
cittadina,
per
migliorare
l’educazione
dell’animo,
oltre
che
godimento
dello
spirito,
del
Popolo
lavoratore.
Parte
di
questo
denaro
doveva
essere
impiegato
anche
per
incrementare
la
locale
scuola
di
disegno
che,
scriveva
Zamboni,
doveva
essere
riorganizzata
in
scuola
pratica
di
applicazioni
e
mestieri.
Se
queste
attività
fossero
venute
meno,
la
rendita
doveva
essere
convertita
in
due
borse
di
studio
per
i
giovani
valeggiani,
intelligenti
e
animati
da
buone
intenzioni,
di
intendessero
frequentare
istituti
industriali,
scuole
d’arte
e
mestieri,
scuole
agricole,
scuole
tecniche
e
magistrali
o,
al
massimo,
università
commerciali
(escludendo
la
Regia
Università
per
il
conseguimento
di
lauree,
come
pure
l’istruzione
religiosa
per
il
conseguimento
del
sacerdozio),
e
che
risultassero
poveri
o
solo
sprovvisti
dei
mezzi
necessari
per
raggiungere
il
fine.
A
queste
borse
di
studio
potevano
accedere
anche
le
ragazze
intenzionate
a
dedicarsi
agli
studi
magistrali
od
ostetrici.
Le
sue
proprietà
di
Rosegaferro
furono
devolute
all’Opera
Pia
Morelli
Bugna
di
Villafranca
e
donazioni
minori
furono
destinate
ad
altri
enti
e
soggetti.
Specificò
anche
a
chi
dovessero
andare
i
suoi
effetti
personali
tra
cui:
la
macchina
fotografica
ICA
Bebè,
il
cannocchiale
monocolo
a
cavalletto,
il
binocolo
prismatico
da
campagna,
la
macchina
da
scrivere,
l’orologio
d’oro
da
taschino,
il
cronografo
da
polso,
il
binocolo
da
teatro
Zeiss,
la
penna
stilografica
Waterman,
la
pelliccia
di
castoro,
la
pianola
a
rulli,
ecc.
A
conclusione
del
suo
testamento
specificava:
I
miei
funerali
siano
religiosi
e
modesti,
senza
fiori
né
discorsi,
che
sono
sempre
convenienti
menzogne,
muoio
credente
nella
Religione
Cristiana,
ma
non
desidero
che
essere
accompagnato
da
un
solo
sacerdote
rappresentante
la
mia
fede;
se
dovessi
morire
a
Valeggio,
verranno
qui
omessi
i
funerali
religiosi,
essendomi
sempre
stata
ostile
la
Chiesa
locale,
per
la
mia
legale
posizione
domestica,
avversa
ai
dogmi
di
Santa
Madre
Chiesa.
Zamboni
si
spense
nel
1932,
all’età
di
56
anni,
e
fu
tumulato
nel
cimitero
di
Verona
secondo
le
sue
volontà.
Trentacinque
anni
dopo,
il
due
agosto
del
1967,
anche
la
sua
compagna
passava
a
miglior
vita
e
il
Comune
di
Valeggio
entrava
in
possesso
delle
proprietà
succitate.
Così,
dopo
il
complesso
iter
burocratico,
e
i
necessari
lavori
di
adeguamento,
nel
settembre
del
1975
si
arrivò
all’inaugurazione
della
Scuola
Materna
Statale
di
villa
Zamboni.
Con
l’apertura
della
nuova
istituzione
entrò
in
servizio
anche
il
primo
pulmino
scolastico
per
il
trasporto
degli
alunni.
Una
lapide
posta
nel
giardino
ricorda
l’evento:
A
Giuseppe
Zamboni
che
con
previdente
generosità
tende
e
tenderà
in
perpetuo
la
mano
benefattrice
ai
figli
e
alle
madri
dell’amata
Valeggio,
il
Comune
realizzando
il
suo
voto
ne
affida
il
culto
della
memoria
alle
famiglie
riconoscenti.
Valeggio
sul
Mincio
1.9.1975.
Dopo
aver
funzionato
per
più
di
trent’anni,
la
scuola
materna
è
stata
spostata
in
una
nuova
e
più
moderna
struttura
realizzata
in
via
degli
Alpini.
Negli
anni
settanta
del
Novecento
non
c’era
più
l’Opera
Nazionale
Maternità
e
Infanzia,
e
molte
cose
erano
cambiate.
Con
la
riforma
del
sistema
sanitario
nazionale,
completata
nel
1978,
si
arrivò
alla
soppressione
della
Congregazione
di
Carità,
che
per
tanti
anni
si
era
giovata
delle
rendite
lasciate
da
Zamboni
per
far
funzionare
l’Ospedale
di
Valeggio,
e
si
attuò
il
passaggio
della
gestione
ospedaliera
alla
Regione.
Comunque,
con
la
donazione
dei
vasti
terreni
del
fondo
Verlér,
il
Comune
ha
potuto
realizzare,
negli
anni
settanta
del
secolo
scorso,
l’odierno
Centro
Polifunzionale
e,
nei
pressi,
anche
la
nuova
scuola
media
e
il
complesso
degli
impianti
sportivi.
Sotto
villa
Zamboni,
nella
Corte
Bassa,
è
sorto
un
complesso
edilizio
denominato
Casa
Albergo
che
accoglie
anziani
e
persone
che
ne
hanno
bisogno.
Anche
qui
è
stata
posta
una
lapide:
Valeggio
sul
Mincio
perpetua
riconoscente
il
nome
di
Giuseppe
Zamboni
fulgido
esempio
di
amore
per
la
sua
terra.
Per
sua
volontà
e
generosità
questa
Corte
Bassa
è
divenuta
casa
di
sereno
riposo,
albergo
lieto
per
gli
anziani
bisognosi
della
nostra
comunità.
Mese
di
ottobre
1982.
Cesare
Farinelli