Tesi di Alessandro Silenzi, A.A. 2005/2006

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Tesi di Alessandro Silenzi, A.A. 2005/2006
Alma Mater Studiorum · Università di Bologna
FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI
Corso di Laurea Specialistica in Fisica
Misure di efficienza e risoluzione
temporale del rivelatore di tempo
di volo (TOF ) dell’esperimento ALICE
Relatore:
Chiar.mo Prof.
Maurizio Basile
Co–relatore:
Dott.
Pietro Antonioli
Candidato:
Alessandro Silenzi
II Sessione
Anno Accademico 2005-2006
Indice
Introduzione
1
1 Fisica degli ioni pesanti
1.1 La Quantum-Chromo-Dynamics . . . . . . . . . . . .
1.1.1 Confinamento e Libertà asintotica . . . . . . .
1.1.2 Simmetria chirale . . . . . . . . . . . . . . . .
1.1.3 L’analogia di Nambu . . . . . . . . . . . . . .
1.2 Creazione di QGP . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.2.1 Prime fasi della collisione . . . . . . . . . . . .
1.2.2 Termalizzazione ed espansione . . . . . . . . .
1.2.3 Adronizzazione e raffreddamento . . . . . . .
1.3 Le “firme” del QGP . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.3.1 Tracce cinematiche . . . . . . . . . . . . . . .
1.3.2 Tracce elettromagnetiche . . . . . . . . . . . .
1.3.3 Soppressione degli stati legati di quark pesanti
1.3.4 Aumento della stranezza . . . . . . . . . . . .
1.3.5 Perdita di energia dei partoni e jet quenching
2 L’esperimento ALICE e il TOF
2.1 Il rivelatore di ALICE . . . . . . . . . . . . . . . .
2.1.1 Rivelatori centrali . . . . . . . . . . . . . . .
2.1.2 Lo spettrometro per muoni . . . . . . . . . .
2.1.3 Rivelatori a grande rapidità . . . . . . . . .
2.2 Prestazioni del rivelatore ALICE . . . . . . . . . . .
2.2.1 Tracciamento . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.2.2 Identificazione di particelle . . . . . . . . . .
2.2.3 Coppie di leptoni . . . . . . . . . . . . . . .
2.2.4 Jet . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.3 La tecnica del tempo di volo . . . . . . . . . . . . .
2.4 Il sistema TOF di ALICE . . . . . . . . . . . . . . .
2.4.1 Fonti di incertezza nella misura del tempo di
i
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volo
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53
ii
INDICE
2.4.2
2.4.3
2.4.4
Il rivelatore per il TOF . . . . . . . . . . . . . . . . . 55
Le MRPC per il TOF di ALICE . . . . . . . . . . . . . 59
L’elettronica di Front End e conversione . . . . . . . . 68
3 Misure di risoluzione temporale ed efficienza a Bologna
3.1 L’apparato dell’INFN di Bologna . . . . . . . . . . . . . .
3.1.1 La stazione per raggi cosmici . . . . . . . . . . . .
3.2 Analisi dei dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.2.1 Tracciamento e selezione degli eventi . . . . . . . .
3.2.2 Calcolo dell’efficienza . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.2.3 Risoluzione temporale . . . . . . . . . . . . . . . .
3.3 Risultati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.3.1 run 6910 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.4 Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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4 Misure di risoluzione temporale ed efficienza al CERN
4.1 La setup per raggi cosmici al CERN (CRTF) . . . . . . . . .
4.2 Risultati con i raggi cosmici per i moduli . . . . . . . . . . .
4.2.1 Differenze fra la CRTF e il telescopio a Bologna . . .
4.2.2 Tracciamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.2.3 Efficienza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.2.4 Calcolo Preliminare degli offset per la misura del TOT
e correzioni di TimeSlewing . . . . . . . . . . . . . .
4.2.5 Risultati preliminari sulla risoluzione temporale . . .
4.3 Prove di impulsaggio sul Super-Modulo . . . . . . . . . . .
4.3.1 Risultati sul Super-Modulo . . . . . . . . . . . . . .
4.4 Conclusioni e Prospettive . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Conclusioni
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Introduzione
L’esperimento A Large Ion Collider Experiment (ALICE ) è un esperimento
di collisione di ioni pesanti attualmente in costruzione presso il collisionatore
adronico Large Hadron Collider (LHC ) del CERN a Ginevra. Lo scopo
dell’esperimento è di indagare la materia adronica in condizioni di alta densità
e temperatura.
I metodi della meccanica statistica applicata alla QCD predicono che,
ad energie e densità sufficientemente alte, la materia adronica subisca una
transizione verso una fase di “plasma” in cui quark e gluoni sono liberi dal
confinamento presente entro gli adroni, detta Quark -Gluon Plasma (QGP).
Lo studio delle caratteristiche del QGP è uno degli scopi principali di ALICE .
Lo studio della transizione di fase tra la materia adronica “ordinaria”
e il QGP richiede il riconoscimento evento per evento di migliaia di adroni
carichi prodotti negli stati finali delle interazioni di QGP. Larga parte del
rivelatore ALICE è dedicato al identificazione delle particelle. Il rivelatore di
tempo di volo Time-Of-Flight (TOF) è dedicato a questo scopo nell’intervallo
di momento tra ∼0.5 Gev/c e 4 GeV/c.
Il TOF è un rivelatore modulare di grandi dimensioni i cui elementi sono
le MRPCs (Multigap Resistive Plate Chambers) costruite presso i laboratori
della Sezione INFN di Bologna. Le MRPC sono rivelatori a piani resistivi
caratterizzate da una risoluzione temporale intrinseca migliore di 50 ps ed
efficienza di rivelazione prossima al 100% .
La risoluzione temporale del TOF è data dalla somma in quadratura delle
risoluzioni temporali dei singoli stadi della catena di acquisizione. L’elettronica di front-end e l’elettronica di readout sono componenti fondamentali
dell’apparato: devono perciò avere una risoluzione temporale tale da non
condizionare negativamente la risoluzione totale del TOF .
Il lavoro di tesi qui presentato è articolato in un percorso che parte dalla
caratterizzazione delle reazioni di QGP alla descrizione del rivelatore ALICE e
del TOF in relazione alle osservabili fisiche di maggior interesse, per passare
poi alla descrizione di metodologie di controllo implementate durante la fase
di costruzione del TOF al fine di garantirne le prestazioni.
1
2
Introduzione
Nel primo capitolo è fornito un quadro di insieme della fisica che sarà
esplorata nell’esperimento ALICE entrando in alcuni argomenti specifici delle
teorie sotto esame in questo esperimento, come la transizione di fase del
QGP e il ripristino della simmetria chirale.
Nel secondo capitolo è descritto il rivelatore ALICE nelle sue componenti e
prestazioni sperimentali e sarà analizzato in maggiore dettaglio il rivelatore di
tempo di volo (TOF); una sezione di questo capitolo è dedicata all’elettronica
digitale del TOF .
Il terzo capitolo espone il lavoro sperimentale di implementazione di una
stazione di rivelazione di raggi cosmici, presso i laboratori della Sezione INFN
di Bologna, la quale ha fornito un raffronto per la stabilità delle tecniche di
costruzione delle componenti principali del TOF .
Nel quarto capitolo è descritto un apparato di rivelazione dei raggi cosmici
installato presso il CERN di Ginevra allo scopo di monitorare gli elementi
costitutivi del TOF prima della fase di installazione.
Capitolo 1
Fisica degli ioni pesanti
La fisica esplorata presso i collisionatori di ioni pesanti ad alte energie è lo
studio della materia interagente tramite la forza forte a densità di energia
estreme.
I metodi della meccanica statistica applicati alla teoria di gauge dell’interazione forte predicono che a densità di energia sufficientemente alte ci sia
una transizione dalla materia adronica ordinaria ad un plasma dove quark e
gluoni (QGP) non siano confinati nei nucleoni; sulla base di queste previsioni
la cosmologia sostiene che questo stato pervadesse l’universo nei primi attimi
(10−5 s) dopo il big-bang[1]. Alcuni studi suppongono inoltre che attualmente
abbia un ruolo nelle esplosioni di supernovae e nelle stelle di neutroni[2].
L’esperimento ALICE al LHC del CERN ha lo scopo di ricreare e studiare la
materia adronica in questo stato termodinamico.
Lo studio del diagramma di fase della materia adronica utilizza metodi e
concetti nati dallo studio della fisica nucleare, della fisica delle alte energie e
della meccanica statistica e costituisce un nuovo apporccio interdisciplinare
allo studio della materia.
La collisione di ioni pesanti non consente solamente lo studio e l’esplorazione della QCD nella scala di energia di questa teoria (ΛQCD ), ma permette inoltre lo studio della dinamica delle transizioni di fase di sistemi di
campi quantistici di particelle elementari, considerando che le transizioni di
fase QCD sono le uniche accessibili alle energie disponibili negli esperimenti
in laboratorio.
I tentativi sperimentali di ottenere il QGP in laboratorio e misurarne le
proprietà, analizzando frammenti e particelle prodotte nelle collisioni, sono
stati effettuati per oltre 20 anni.
I primi esperimenti di collisione di ioni pesanti effetuate al CERN [3] e al
Brookhaven National Laboratory (BNL) investigando l’urto fra ioni pesanti
fino a nuclei di 32 S hanno evidenziato la possibilità di ottenere grandi densità
3
4
Capitolo 1. Fisica degli ioni pesanti
di energia e abbondante produzione di particelle. L’energia nel centro di
√
massa per coppia di nucleoni è cresciuta continuamente dal sN N ≃ 1GeV
√
del Bevalac al LBNL (Lawrence Berkley National Laboratory) al sN N ≃
√
5GeV del AGS al BNL al sN N ≃ 17GeV del SPS al CERN [4],[5] fino alle
√
energie di sN N ≃ 200GeV presso il Relativistic Heavy Ion Collider (RHIC).
I quattro esperimenti (STAR, BRAMHS, PHENIX, PHOBOS) presso il
RHIC hanno recentemente pubblicato una relazione congiunta dove espongono i primi risultati ottenuti dalla collisione di ioni 197 Au[8].
Nelle prossime sezioni analizzeremo qualitativamente due aspetti della
QCD che caratterizzano le reazioni di creazione del QGP e quali osservabili
fisiche ci si aspetta in questo tipo di reazioni.
1.1
La Quantum-Chromo-Dynamics
La Quantum-Chromo-Dynamics è la teoria di gauge che descrive le interazioni fra quarks e gluoni “colorati”. Costituisce una teoria fondamentale nel
Modello Standard del microcosmo U(1)Y × SU(2)L × SU(3)C con il gruppo SU(3)C . La teoria prevede che un quark di qualsiasi flavour sia presente
nella varietà di 3 colori; un quark up è presente nella teoria come tripletto
di colore (ur , ug , ub), che interagisce con 8 campi bosonici corrispondenti alle
altrettante matrici di Gell–Mann generatori del gruppo SU(3).
Dalla formulazione della teoria è stata raccolta una notevole quantità di
prove a favore della QCD, che hanno portato evidenza delle due proprietà
principali: il confinamento e la libertà asintotica.
Le interazioni nucleone-nucleone sono state descritte dalla teoria di Yukawa
del mesone (1935). La teoria prevede che i nucleoni interagiscano tramite
lo scambio di un bosone π massivo, tuttavia alla luce della QCD i mesoni
sono stati legati qq e la teoria di Yukawa, nonostante rappresenti un modello
quantitativo funzionante, non può essere considerata una teoria fondamentale; nondimeno le forze nucleari fra i nucleoni non sono derivabili in modo
diretto dalla QCD e ciò rappresenta una lacuna della QCD nel regime delle
basse energie.
Un approccio promettente alla soluzione del problema è la teoria perturbativa chirale, ovvero una teoria di campo efficace che protrebbe incorporare
i successi della teoria di Yukawa includendo i quark come “mattoni ” fondamentali in una teoria della rottura spontanea della simmetria chirale (cfr.
§1.1.2 ).
1.1. La Quantum-Chromo-Dynamics
1.1.1
5
Confinamento e Libertà asintotica
Il confinamento è il termine utilizzato per definire l’osservazione sperimentale che in natura i quarks e i gluoni sono presenti unicamente in uno stato
legato in barioni (qqq) e mesoni (qq). La spiegazione di questo fenomeno
sperimentale è ricavata dalla QCD , la quale prevede che i quarks interagiscano in ragione della carica di Noether relativa al gruppo di simmetria della
QCD (SU(3)C ): il Colore.
I bosoni che mediano questa interazione sono gli 8 gluoni del modello
standard e sono colorati (Carica di Colore) a causa della natura non-Abeliana
del gruppo SU(3)C .
La natura non-Abeliana del gruppo di gauge della QCD rende la constante
di accoppiamento dell’interazione decrescente al crescere del quadrimpulso Q2
del bosone secondo la formula al prim’ordine
αS (Q2 ) ≈
12π
2
(33 − 2nf ) ln( Λ2Q )
(1.1)
QCD
dove Q2 è il quadrato del quadrimpulso trasferito, nf è il numero di
flavours dei quark e ΛQCD è la scala di energia della QCD e corrisponde
a circa 200 MeV.
È possibile considerare la “costante” αS in due intervalli:
αS ≪ 1 per valori di Q molto grandi, ovvero i quark e i gluoni sono accoppiati debolmente. Il termine “libertà” asintotica deriva dal fatto
che
lim
αS = 0
(1.2)
2
Q →∞
I quarks diventano liberi per Q infinitamente grande. Questo intervallo
di Q corrisponde a distanze breviαS ≃ 1 per valori di Q piccoli, i quark e i gluoni sono accoppiati fortemente.
Questo intervallo corrisponde a distanze grandi. Il potenziale attrattivo
qq è del tipo
Vqq (r) ∼ σr con σ ≃ (425 MeV)2
(1.3)
Introducendo energia nel sistema legato qq è possibile immaginare che
i due quarks si allontanino fino alla distanza di circa 1 fm. Il sistema
ha sufficiente energia per generare un’ulteriore coppia qq impedendo di
separare il sistema in due quark singoli.
I valori di αS > 1 non permettono un approccio perturbativo alla QCD .
6
Capitolo 1. Fisica degli ioni pesanti
La libertà asintotica, come già detto, è un fenomeno che dipende dalla natura non-Abeliana dell’interazione, ma il confinamento è dipendente
non solo dalla natura non-Abeliana della QCD , ma anche dalle masse dei
quarks più leggeri (mu,d ∼ 1 − 10 MeV ). Se la materia fosse costituita da
quark top, con mt ∼ 170 Gev, αS (300Gev2 ) ≃ 6 · 10−2, non avremmo più
confinamento, difatti il range della QCD è rQCD ≃ (200MeV)−1 .
Una delle previsioni più affascinanti della QCD è che, all’aumentare della
temperatura, le interazioni tra partoni avvengono a distanze sempre minori,
caratterizzate da un piccolo valore di αS , mentre le interazioni a grande raggio
sono dinamicamente schermate, attraverso un meccanismo simile a quello che
avviene per il plasma QED (schermatura di Debye). Si assiste quindi ad una
transizione di fase da uno stato della materia, quello ordinario, verso uno
in cui i partoni sono deconfinati, denominata Quark-Gluon-Plasma QGP .
In figura è riportato il diagramma di fase della materia nucleare in funzione
della temperatura e del potenziale chimico barionico µB .
early universe
LHC
quark-gluon
plasma
temperature T [MeV]
RHIC
250
200
SPS
chemical freeze-out
150
AGS
deconfinement
chiral restoration
100
SIS
thermal freeze-out
50
hadron gas
0.2
0.4
atomic
nuclei
0.6
0.8
neutron stars
1
1.2
1.4
baryonic chemical potential µB [GeV]
Figura 1.1: Diagramma di fase della materia nucleare in funzione della
temperatura e del potenziale chimico barionico.
1.1. La Quantum-Chromo-Dynamics
7
Il potenziale chimico barionico µB è definito come la derivata dell’energia
libera di Gibbs divisa per il numero di particelle del sistema; questa grandezza è strettamente legata alla densità adronica ρB ma, al contrario di questa,
è continua durante la transizione di fase ed è una osservabile termodinamica
misurabile. Dal grafico in figura emerge che la transizione verso il QGP può
essere indotta sia aumentando la temperatura che la densità. A LHC la densità adronica netta di barioni nel centro della collisioni sarà praticamente
nulla, rendendo le condizioni sperimentali prossime sia a quelle dei calcoli di
QCD su reticolo che a quelle presenti nelle fasi primordiali dell’universo. La
natura di tale transizione dipende dal numero di sapori di quark coinvolti e
dalle lore masse.
A basse temperature ed a grandi valori per il potenziale chimico barionico,
le proprietà principali della materia adronica possono essere interpretate in
termini di un gas di Fermi degenere. Anche in questo caso, calcoli basati su
modelli approssimati mostrano una transizione di fase del primo ordine verso
uno stato di QGP . Qualitativamente, si può immaginare che comprimendo la
materia adronica in modo che la distanza fra gli adroni sia confrontabile con
le dimensioni degli stessi adroni, si ottenga una regione estesa in cui quark e
gluoni possono muoversi liberamente. Si ipotizza che tale stato possa anche
manifestarsi all’interno dei nuclei di alcune stelle di neutroni e nelle prime
fasi dell’esplosione delle supernovae.
La strategia della fisica degli ioni pesanti è quella di comprimere quanta
più materia possibile alle massime energie disponibili in modo da ottenere,
nella zona di interazione, una densità di energia superiore alla soglia teorica
prevista per la creazione del QGP . Alcuni esperimenti condotti negli ultimi
anni al CERN, in particolare quelli con collisioni Pb-Pb su bersaglio fisso
all’SPS, e soprattutto quelli in corso a RHIC, hanno permesso di superare
i valori di densità e temperature critiche. Dai dati sono emerse evidenze
sperimentali riconducibili alla formazione di uno stato di QGP [8] [6].
1.1.2
Simmetria chirale
Scrivendo l’equazione di Dirac nella rapppresentazione chirale o di Weyl si
ha
−~σ · p~φL + mφR
φL
.
(1.4)
=
ψ=
~σ · p~φR + mφL
φR
dove φL e φR sono gli spinori di Weyl corrispondenti alle due chiralità, ψ è
lo spinore di Dirac ed m è la massa del fermione nella teoria. Dall’equazione
1.4 si nota che il termine massivo mescola le componenti a chiralità opposta e che nel caso in cui m tende a 0, l’equazione 1.4 può essere espressa
tramite due equazioni indipendenti. È possibile osservare che la separazione
8
Capitolo 1. Fisica degli ioni pesanti
delle equazioni è legata alla comparsa di una carica di Noether, difatti la
lagrangiana di Dirac con massa m = 0 è invariante sotto trasformazioni di
tipo U(1)5 globale che trasformano i campi tramite
ψ=
φL
φR
U (1)5
−iβγ5
−→ e
ψ=
eiβ φL
e−iβ φR
(1.5)
U (1)5
/ ψ −→ Lmassless
Lmassless = i ψ ∂
e si può dimostrare sfruttando le regole di commutazione della matrice γ5 e
l’indipendenza di β dall’evento (x, y, z, t)
µ 5
γ , γ = 0.
(1.6)
La corrente di Noether associata a questa simmetria globale è
j5µ = ψγ µ γ5 ψ
(1.7)
e la carica conservata è
Z
Z †
†
†
3
Q5 = ψ γ5 ψ d x =
φR φR − φL φL d3 x.
(1.8)
e chiamiamo questa quantità chiralità.
Nella teoria dei campi quantizzati, la carica di Noether assume valenza
operatoriale. È interessante osservare l’effetto di questo operatore su sistemi
a parità definita. Ricordando che l’operatore parità ha autovalori λ = ±1,
definiamo gli autoket dell’operatore parità come
|+i e |−i
tali che
P̂ |+i = +1|+i
P̂ |−i = −1|−i
se applichiamo l’operatore Q̂5 ad un autoket dell’operatore parità otteniamo
un ket di parità opposta perché Q̂5 in un sistema a parità invertita è
Z
Z
†
†
3
P̂ Q̂5 P̂ = (Q̂5 )P = ψP γ5 ψP d x = ψ † γ0 γ5 γ0 ψ d3 x = −Q̂5
da cui Q̂5 P̂ = −P̂ Q̂5
ad esempio
P̂ Q̂5 |+i = −Q̂5 |+i.
1.1. La Quantum-Chromo-Dynamics
9
Lo stato Q̂5 |+i ha parità opposta rispetto allo stato |+i. L’operatore Q̂5 è l’equivalente quantistico di un integrale del moto e commuta con l’hamiltoniana.
Lo stato Q̂5 |ψi è degenere in energia con lo stato |ψi, perché
Ĥ Q̂5 |ψi = Q̂5 Ĥ|ψi =
= E Q̂5 |ψi.
L’esistenza di un operatore di simmetria che commuta con l’hamiltoniana
comporta l’esistenza di “doppietti di parità”.
Si noti che un termine di interazione con un campo vettoriale ( gauge di un
gruppo U(1))
L̂int = q ψ̂γ µ ψ̂ µ .
(1.9)
non rompe la simmetria.
Per estendere alla QCD la simmetria chirale si cerca in primo luogo di
applicare questa simmetria alla lagrangiana a 2 flavours, per applicare poi la
simmetria alla QCD a N flavours. L’estensione della simmetria chirale alla
lagrangiana a 2 flavours comporta la modifica del gruppo di simmetria U(1)5
globale con il gruppo SU(2)5 globale.
La lagrangiana di partenza è ora
/ q = iu∂
/ u + id∂
/d
L = iq∂
dove q è l’isospinore a 8 componenti
u
e q = u; d
q=
d
(1.10)
(1.11)
con u e d spinori a 4 componenti. La lagrangiana massless a 2 flavours è
simmetrica sotto i seguenti gruppi:
1. U(1)B globale, corrisponde alla conservazione del numero barionico e
trasforma i campi con la
α
q −→ ei 3 B q.
Alla simmetria U(1)B è associato l’operatore Q̂
Z
Q̂ =
q † γµ q d3 x
(1.12)
(1.13)
2. U(1)5 globale, è l’equivalente chirale della simmetria corrispondente
alla conservazione del numero barionico e trasforma i campi tramite la
q −→ eiαγ5 B q.
(1.14)
10
Capitolo 1. Fisica degli ioni pesanti
Alla simmetria U(1)5B è associato l’operatore Q̂5
Z
Q̂5 =
q † γµ γ5 q d3 x
(1.15)
3. SU(2)f globale, corrisponde alla conservazione del flavour e trasforma
i campi come
~′
q −→ eiα ~τ q
con τi = σi ⊗ I4×4
(1.16)
(1.17)
Alla simmetria SU(2)f sono associati gli operatori T̂1 , T̂2 e T̂3 , definiti
come
Z
T̂i =
q † (τi /2)q d3 x
(1.18)
Gli operatori T̂i obbediscono all’algebra
h
i
T̂i , T̂j = iǫijk T̂k
(1.19)
Se consideriamo gli operatori T̂± definiti da
T̂± = (T̂1 ± iT̂2 )
si scrivono semplicemente
Z
T̂+ = (u† d) d3x
e
T̂− =
(1.20)
Z
(d† u) d3x
(1.21)
L’operatore T̂+ distrugge un quark d e crea un quark u, oppure distrugge un quark u e crea un quark d. L’operatore T̂+ aumenta di 1
l’autovalore dell’operatore T̂3 , in quanto l’operatore T̂3 si scrive
Z
1
(u† u − d† d) d3x
(1.22)
T̂3 =
2
.
4. SU(2)f 5 globale che trasforma i campi con la
q −→ ei
~′ ~
α
τ
γ5
2
q
(1.23)
τi
T̂5iµ = qγ µ γ5 q
2
(1.24)
con 3 correnti di Noether associate
1.1. La Quantum-Chromo-Dynamics
11
e i seguenti operatori rappresentanti la ‘carica’ di Noether conservata
Z
τi
(1.25)
T̂5i =
q † γ5 q d3 x
2
Similmente alla simmetria SU(2)f consideriamo gli operatori T̂5±
T̂5± = (T̂51 ± iT̂52 ).
(1.26)
Se consideriamo unicamente l’effetto sullo spazio u − d, gli operatori
T̂5+ e T̂+ hanno lo stesso effetto sulla terza componente dell’isospin. La
differenza fra operatori T̂± e T̂5± è che mentre T̂+ distrugge uno stato
|di e crea uno stato |ui con la stessa parità dello stato |di distrutto,
T̂+ |di = |ui
(1.27)
l’operatore T̂5+ distrugge uno stato |di e crea uno stato ũ di parità
opposta a |ui
T̂5+ |di = |ũi
(1.28)
in aggiunta a questo,
|ũi creato tramite la T̂+ |di è degenere
h lo stato
i
con |di tramite la T̂5i , Ĥ .
Dalle considerazioni emerse sulla simmetria della lagrangiana a 2 flavours appare evidente che esistono, anche nell’estensione SU(2) della simmetria chirale, doppietti di parità. L’estensione della simmetria chirale alla lagrangiana
a 3 flavours con l’aggiunta del quark s, comporta l’estensione del gruppo
SU(2)f a SU(3)f e, di conseguenza, l’ampliamento del gruppo di simmetria
chirale da SU(2)5f a SU(3)5f .
Generalizzando è possibile affermare che in una lagrangiana massless a N
flavours l’invarianza per una trasformazione di simmetria SU(N)f implica
l’invarianza per un gruppo di simmetria chirale SU(N)5f .
Gli operatori carica di Noether dei due gruppi SU(N)f e SU(N)5f non
commutano liberamente (non sono indipendenti), infatti
h
i
T̂i , T̂j = iǫijk T̂k
h
i
T̂5i , T̂j = iǫijk T̂5k
h
i
T̂5i , T̂5j = iǫijk T̂k .
È possibile ottenere due gruppi indipedenti SU(N)R e SU(N)L dai precedenti
con le relazioni
1
1
T̂Li = (T̂i + T̂5i )
e
T̂Ri = (T̂i − T̂5i )
(1.29)
2
2
12
Capitolo 1. Fisica degli ioni pesanti
in modo tale che i due gruppi commutino liberamente
h
i
T̂Ri , T̂Rj = iǫijk T̂Rk
h
i
T̂Li , T̂Lj = iǫijk T̂Lk
h
i
T̂Ri , T̂Lj = 0.
La conseguenza dell’esistenza di doppietti di parità nella lagrangiana dei
quarks si dovrebbe riflettere nell’esistenza di doppietti di parità negli stati
legati di questi, ovvero che ad ogni barione (es. il protone uud) dovrebbe
˜ degenere in massa. Negli
corrispondere uno stato di parità opposta (es.ũũd)
esperimenti non sono state trovate evidenze di questi stati, e ciò rappresenta
un problema. La soluzione al problema della mancanza dai risultati sperimentali di “partners” di parità per gli adroni, potrebbe trovarsi nelle masse
dei quarks. Un termine massivo nelle lagrangiane introdotte in questa sezione
rompe la simmetria chirale SU(N)5f , e potrebbe separare energeticamente
i membri del doppietto. Qualora l’energia del “partner” di parità dei barioni fosse sufficientemente alta da non essere accessibile alle energie degli attuali esperimenti, la soluzione del “puzzle” sarebbe immediata. Le masse dei
quarks appaiono insufficienti, rispetto alle masse dei barioni, per giustificare
una rottura della degenerazione dei multipletti di parità. L’apparente assenza di struttura a multipletti in relazione ad una simmetria della lagrangiana
può essere spiegata in base ad un meccanismo di rottura spontanea della
simmetria chirale.
Rottura della simmetria chirale
Il meccanismo di rottura spontanea della simmetria chirale porta all’immediata comparsa nella teoria di bosoni di Goldstone massless, uno per ogni
simmetria non rispettata dal vuoto.
Lo stato
T̂5+ |di = |ũi
(1.30)
viene interpretato, nell’ottica della rottura spontanea della simmetria chirale,
come
|ũi = |d + π + i
(1.31)
dove π + è una particella pseudoscalare massless. Allo stesso modo i bosoni di
Goldstone π − e π 0 sono associati agli operatori di carica T̂5− e T̂53 . Nei dati
sperimentali non appaiono particelle pseudoscalari massless con le caratteristiche del tripletto di isospin (π − , π 0 , π + ). È lecito pensare che la presenza di
un piccolo termine massivo nella lagrangiana dei quark up e down possa far
1.1. La Quantum-Chromo-Dynamics
13
risultare il tripletto dei pioni come dotato di piccola massa, anzichè strettamente massless. L’esistenza dei pioni come tripletto di bosoni di Goldstone
non è l’unica evidenza fenomenologica all’ipotesi di rottura spontanea della
simmetria chirale. Nell’ambito della rottura spontanea della simmetria chirale è possibile costruire teorie di campo efficaci che forniscono una buona
descrizione delle interazioni adroniche di bassa energia. Un’altra importante
possibilità del modello di rottura spontanea della simmetria chirale è che le
correnti di Noether vettoriali e assiali proprie T̂5iµ e T̂iµ sono le stesse correnti
che compaiono nei decadimenti semi-leptonici n → p e− ν e e π + → µ+ νµ .
1.1.3
L’analogia di Nambu
Nella fisica moderna ha particolare importanza il fenomeno di rottura spontanea delle simmetrie. Questo fenomeno si ha quando la lagrangiana, e di
conseguenza le equazioni del moto, sono simmetriche per una simmetria, ma
il livello fondamentale della teoria non è simmetrico rispetto al gruppo di
simmetria rotto. La presenza della simmetria chirale approssimata nella lagrangiana della QCD, non rispettata dai dati sperimentali, ha suggerito la
possibilità di applicare il modello della rottura spontanea della simmetria
chirale a questo ambito.
Nella teoria Bardeen-Cooper-Schrieffer (BCS ) per la superconduttività
si considerano gli stati elettronici di impulsi opposti debolmente accoppiati,
attraverso lo scambio di fononi del reticolo cristallino (over-screening ). Il
potenziale attrattivo ha l’effetto di creare uno stato fondamentale collettivo
per gli elettroni del superconduttore. Lo stato fondamentale del BCS è formato da coppie di Cooper ovvero stati bi–elettronici di impulso e spin nullo
(|k, ↑i e | − k, ↓i ).
Nel formalismo della seconda quantizzazione è possibile scrivere lo stato
fondamentale del BCS come
Y
|0̃iBCS =
(cos θl + sin θl â†l â†−l )|0i
(1.32)
l
dove l è l’indice che corre sugli stati ed il parametro θl è un vettore di
parametri dipendenti dal superconduttore e dall’entità del potenziale attrattivo.
La restrizione sui gradi di libertà dello stato finale permette di sviluppare
il livello fondamentale del BCS con operatori di quasi–particella secondo le
trasformazioni di Bogoliubov-Valatin.
α̂l = cos θl âl + sin θl â†l
α̂l†
=
cos θl â†l
+ sin θl âl .
(1.33)
(1.34)
14
Capitolo 1. Fisica degli ioni pesanti
dove ‘α̂l† è l’operatore creazione di quasi particella, â†l è l’operatore creazione
di particella di energia ǫl , impulso kl e â†l è l’operatore di creazione di particella di energia ǫl ma impulso −kl . La quasi-particella di Bogoliubov-Valatin
è un mescolamento fra uno stato di particella e uno stato hole di impulso e
spin opposto.
I livelli di energia ωl dello stato di quasi particella dipendono da θl secondo
la:
ωl cos θl = ǫl cos θl + ∆ sin θl
ωl sin θl = ǫl sin θl + ∆ cos θl
(1.35)
(1.36)
dove ∆ è il parametro che rappresenta il gap di energia fra i livelli energetici
del superconduttore e l’angolo θl è l’angolo che rappresenta il mescolamento
particella-hole. Il parametro ∆ e l’angolo θl sono legati, difatti se ∆ = 0
allora ǫl = ωl e la definizione di particella e quasi–particella coincidono.
L’analogia di Nambu (1960) consiste nell’osservazione che l’equazione che
descrive i livelli di eccitazione fondamentale di un superconduttore, nel modello BCS con il parametro ∆ reale, e l’equazione di Dirac nella rappresentazione di Weyl sono strutturalmente simili. Come nel modello BCS(1957)
il caso ∆ = 0 permette di ritornare dagli operatori di quasi particella agli
operatori particella-hole che rispettano la simmetria U(1)N corrispondente
alla conservazione del numero di particelle, cosı̀ nella teoria di Dirac il caso m = 0 permette di disaccoppiare l’equazione di Dirac in due equazioni
disaccoppiate per gli spinori di Weyl
φL = −~σ · ~pφL + mφR
φR = ~σ · p~φR + mφL .
(1.37)
(1.38)
L’analogia di Nambu lega le seguenti grandezze di teorie differenti
il parametro di gap ∆
lo stato di quasi particella
la simmetria U(1)N
I bosoni di Goldstone
Il “vuoto” BCS
↔
↔
↔
↔
↔
la massa m nell’equazione di Dirac
la Particella di Dirac massiva
la simmetria U(1)5
i bosoni massless π
Il condensato di Nambu.
Il condensato di Nambu (o condensato chirale) e il vuoto BCS sono gli stati
di minima energia del modello di Nambu e della teoria dei molti corpi BCS.
Il vuoto BCS è uno stato composto da coppie di Cooper (come descritto nella
eq.1.32) composte da particelle di impulsi opposti.
1.1. La Quantum-Chromo-Dynamics
15
Il condensato di Nambu è uno stato i cui elementi sono coppie Cooper-like
che hanno gli stessi numeri quantici del vuoto; le coppie sono composte da
due particelle di impulsi, spin, carica e flavour opposti, ovvero da una coppia
di particelle con chiralità opposta e stessa elicità.
⇐=
←−−−−−−
−
fL
=⇒
−−−−−
−−→
fR
Figura 1.2: Descrizione pittorica del vuoto di Nambu
Nella descrizione del condensato di Nambu consideriamo soluzioni ad elicità positiva (per convenzione la parità positiva è delle particelle destrorse)
nell’equazione di Dirac 1.37 e 1.38, otteniamo
φ+
p|φ+
L = −|~
L
+
φ+
=
|~
p
|φ
.
R
R
(1.39)
(1.40)
che in relazione alle relazioni dei livelli energetici di BCS 1.35 e 1.36 permette
di inferire
1/2
1
|~p|
cos θp =
1+
2
E
1/2
|~p|
1
1−
sin θp =
2
E
(1.41)
(1.42)
dove cos θp e sin θp sono i coefficienti che entrano nell’espressione del condensato di Nambu
Y
(1.43)
|0iN =
(cos θp − sin θp dˆ†s (k)b̂†s (−k)|0i
s,k
dove gli operatori b̂†2 (−k) e dˆ†1 (k) sono operatori di creazione di campi di
Dirac massless. La presenza di una massa diversa da 0 per i fermioni è da
imputarsi, secondo Nambu, al fatto che la media sullo stato di vuoto del
campo ψ è diversa da 0
N h0|ψψ|0iN
6= 0.
(1.44)
16
Capitolo 1. Fisica degli ioni pesanti
Nel lavoro originale di Nambu e collaboratori si cercava di ottenere la
massa del nucleone N utilizzando un potenziale di spontaneous symmetry
breaking nell’espressione
λ
ψ̄ψ ψ̄ψ − ψ̄γ 5 ψ ψ̄γ 5 ψ
4
= iψ̄L ∂/ψL + iψ̄R ∂/ψR + λ ψ̄L ψR ψ̄R ψL
L = iψ̄∂/ψ +
(1.45)
(1.46)
Il potenziale di interazione fra fermioni è un potenziale a quattro fermioni
invariante per trasformazioni chirali. La lagrangiana 1.45 è invariante per
la trasformazione chirale U(1)5 e e per U(1)B . Il potenziale di interazione
favorisce energeticamente la formazione del condensato chirale di Nambu, il
quale non è simmetrico rispetto a U(1)5 .
Il modello di Nambu–Jona-Lasinio
La teoria della rottura spontanea della simmetria è stata generalizzata da
Nambu e da Jona-Lasinio l’anno successivo (1961), con la formulazione lagrangiana a due flavours simile alla 1.10 invariante per una simmetria U(1)B ×
U(1)A × SU(2)f × SU(2)f 5
λ ψ̄a ψ b ψ̄b ψ a − ψ̄a γ 5 ψ b ψ̄b γ 5 ψ a
4N
λ
a
ψ̄La ψRb ψ̄Rb ψLa
= iψ̄La ∂/ψL + iψ̄Ra ∂/ψRa +
N
L = iψ̄a ∂/ψ a +
(1.47)
(1.48)
dove si è utilizzata la convenzione di Einstein della somma su indici ripetuti con a, b = 1, 2 e ψ a si riferisce allo spinore dell’a−esimo flavour e ψLa
left-handed dello spinore dell’a−esimo flavour. Alla rottura spontanea della
simmetria chirale in presenza di termini massivi si associa la creazione di
bosoni di Goldostone massless pseudo-scalari.
Il teorema di Nambu–Goldstone afferma che la rottura spontanea di una
legge di simmetria globale porta, come inevitabile conseguenza, all’esistenza
di (n2f − 1) bosoni di Goldstone pseudoscalari, con massa nulla. Nel caso di
QCD con nf =2 sapori, il bosone pseudo scalare di Goldstone viene identificato con il mesone π.
Sperimentalmente il mesone π è massivo, questa incongruenza con la teoria è da imputare al fatto che la simmetria chirale è esplicitamente rotta dal
piccolo, ma non nullo, valore delle masse dei quark u e d. Tuttavia osservando gli spettri di massa dei nucleoni, si può notare che, per masse superiori
a circa 1.7 GeV, appaiono alcune regolarità fra stati con lo stesso spin ma
parità opposta [?].
1.1. La Quantum-Chromo-Dynamics
17
La stessa cosa accade per gli stati eccitati mesonici di π e f0 , il che indica
che un ripristino della simmetria chirale potrebbe effettivamente avvenire .
Fra i successi del modello NJL occorre elencare la relazione di GoldbergerTreiman che lega la probabilità di decadimento debole del pione con l’ampiezza di scattering adronico pione-nucleone di bassa energia [9] che rispetta i
dati sperimetali entro il 5%.
È anche importante notare che, come per il caso del confinamento, il ruolo
della rottura spontanea della simmetria chirale nel generare la massa degli
adroni diventa progressivamente meno importante all’aumentare di q 2 . Per
processi che coinvolgono momenti trasferiti superiori ad 1 GeV2 (i.e. deep
inelastic scattering), i quark leggeri si comportano, all’interno degli adroni,
come se fossero effettivamente senza massa e deconfinati.
Il ripristino della simmetria chirale
Per includere nel modello NJL un’interazione di tipo QCD, allora è necessario
sostituire agli spinori u e d i tripletti di colore




ur
dr
u =  ug 
e
d =  dg 
(1.49)
ub
db
e aggiungere un termine di interazione del tipo
uγ µ
λa a
λa
uAµ + dγ µ dAaµ
2
2
(1.50)
dove le λ sono le matrici 3 × 3 di Gell–Mann e agiscono nello spazio r-g-b.
Il gruppo di gauge della lagrangiana della QCD a 2 flavours è SU(3)c che
agisce nello spazio spazio r-g-b e non mescola i componenti della teoria nello
spazio dei flavours (QCD flavour-blind ).
La QCD nell’approssimazione massless è quindi simmetrica per i gruppi
di simmetria:
U(1)B × U(1)A × SU(Nf )L × SU(Nf )R × SU(3)C
dove U(1)B è la simmetria legata alla conservazione del numero barionico,
U(1)A è la versione assiale della simmetria U(1)B , SU(Nf )L × SU(Nf )R sono
i gruppi di simmetria riferiti alla simmetria chirale fra i flavours e SU(3)C è
la simmetria di gauge della QCD.
La lagrangiana QCD non è una lagrangiana massless, tuttavia, il termine
massivo della lagrangiana della QCD è piccolo rispetto alla scala di energia
ΛQCD . Se si considerano solo i quark u e d, le cui masse sono di qualche MeV,
18
Capitolo 1. Fisica degli ioni pesanti
ci si rende conto che queste sono due ordini di grandezza più piccoli di ΛQCD
e della tipica scala barionica (∼ 1 GeV).
Nel regime delle basse energie il vuoto QCD è caratterizzato dal valore
non nullo di due operatori, solitamente chiamati condensati del vuoto, che
rispecchiano le proprietà fisiche non–perturbative del vuoto QCD :
- il condensato di gluoni < αS Gµν Gµν >≈ (500 MeV)4 ;
- il condensato chirale < ψ̄ψ >≈ (235 MeV)2 ;
Il condensato gluonico misura la densità di coppie gg nel vuoto QCD ed è la
manifestazione della rottura dell’invarianza di scala di QCD per effetti quantistici. Il condensato chirale descrive la densità di coppie qq presenti nel vuoto
QCD, come esposto in precedenza per il modello NJL a 2 flavours (1.44).
Nel modello NJL i quark assumono una massa m tramite l’interazione
con il condensato chirale:
m = −2G < ψ̄ψ > .
(1.51)
La quantità < ψ̄ψ > è rinormalizzabile a patto di introdurre un cut–off Λ ≈
1 GeV; per momenti |~p| ≤ Λ si ottiene [10]:
m
< ψ̄ψ >= − 2
π
Z
Λ
0
dp p
p~
2
p~ 2 + m2
(1.52)
La principale conseguenza della 1.52 è che il valore del condensato chirale è
dipendente dal momento delle particelle ~p:
> 0 ⇔ |~p| ≤ Λ
(1.53)
< ψ̄ψ >
= 0 ⇔ |~p| > Λ)
che fa di esso un parametro d’ordine per la transizione di ripristino della
simmetria chirale. Difatti il parametro d’ordine di una transizione di fase
è l’osservabile macroscopica che indica lo stato di ordine o disordine del
sistema. In particolare esso assume un valore nullo o non nullo a seconda che
la grandezza, da cui dipende la transizione, sia maggiore o minore di un dato
valore critico:
Inserendo l’eq. 1.52 all’interno dell’eq. 1.51, otteniamo:
2Gm′
m=
π2
Z
Λ
0
~p 2
dp p
p~ 2 + m′2
(1.54)
1.2. Creazione di QGP
19
la soluzione di tale equazione definisce il valore della massa dinamica m (∼
300 MeV) acquisita dai quark , in aggiunta alla loro massa “nuda” m′ , all’interno degli adroni.
Calcoli su reticolo hanno dimostrato che la transizione è del primo ordine
per nf ≥3 e del secondo ordine per nf =2 [11]. Anche la temperatura critica
dipende dal numero di sapori di quark che entrano in gioco nel ripristino
della simmetria chirale. I calcoli più recenti danno:
TC =
≈ 170 MeV nf = 2
≈ 150 MeV nf = 3
(1.55)
Nell’esperimento ALICE è atteso il ripristino della simmetria chirale in eventi
di creazione di QGP . Nella prossime sezioni saranno esposte le fasi principali
della reazione di creazione di QGP e le grandezze osservabili in queste reazioni.
1.2
Creazione di QGP
Le collisioni centrali creeranno, nel punto di interazione, una zona di plasma
ad elevata densità di energia in rapido raffreddamento. In base ai modelli
della fisica delle alte energie ed in base ai dati raccolti nei vari esperimenti è
possibile prevedere che il plasma creato attraversi diverse fasi evolutive:
- Collisione
- Termalizzazione ed espansione
- Adronizzazione e raffreddamento
1.2.1
Prime fasi della collisione
Nelle primissime fasi della collisione, prima della formazione del QGP, avviene
la produzione di particelle ad alto impulso trasverso pT ≫ 1 GeV/c.
Fino alle energie dell’SPS, questa è l’unica fase in cui si può assistere alle
creazione di particelle con impulsi trasversi cosı̀ elevati, mentre dalle energie
di RHIC in poi, si può assistere ad urti ad alto pT anche nelle fasi successive.
Le altre particelle emesse in queste prime fasi sono i cosiddetti fotoni diretti,
sia reali che virtuali (in questo secondo caso essi si materializzano in coppie
leptone–antileptone e+ e− o µ+ µ− ).
20
1.2.2
Capitolo 1. Fisica degli ioni pesanti
Termalizzazione ed espansione
La principale differenza fra l’urto nucleone–nucleone e l’urto nucleo–nucleo è
che le particelle prodotte nella collisione nucleo–nucleo non abbandonano il
punto di interazione, ma interagiscono nel punto di interazione con le altre
particelle. Questa continua serie di interazioni è responsabile della creazione
di una zona con alta densità di partoni ed energia. Le interazioni elastiche ed
anelastiche fra i partoni nel QGP ha come risultato la termalizzazione della
fase di QGP. Si ipotizza che nel caso delle collisioni a LHC la temperatura
della reazione sarà sufficiente a permettere ai processi anelastici e di fusione
fra stati gluonici di modificare l’abbondanza relativa dei flavour u, d ed s.
Alle energie disponibili a LHC, la densità di questo plasma sarà ǫ = 25ǫC 1 ,
in un volume 10 volte maggiore rispetto alle energie dell’SPS; la vita media
di questo stato potrà arrivare ad un massimo di 10 fm/c. Il sistema di QGP in
equilibrio termico si espande a causa della sua pressione interna dando luogo
al raffreddamento e all’adronizzazione.
1.2.3
Adronizzazione e raffreddamento
Espandendosi, il sistema si raffredda fino a quando raggiunge nuovamente
la densità di energia critica nel senso inverso della reazione: inizia l’adronizzazione e i quark ed i gluoni si “condensano” in adroni. La densità di energia decresce fortemente in intervalli di temperatura molto piccoli, allo
stesso modo le dimensioni della zona d’interazione aumentano notevolmente
mantenendo le temperature al valore TC durante l’espansione.
Durante questa fase gli adroni continuano ad interagire fra loro anche
tramite processi inelastici (che modificano la composizione in flavour ) fino a
che il tasso di interazione diventa troppo piccolo per sostenere l’espansione
del QGP. A questo punto la composizione in flavour (composizione chimica)
non varia più dando luogo al freeze-out (congelamento ) chimico.
Quando la distanza media tra gli adroni diventa maggiore del raggio dell’interazione forte, anche le interazioni elastiche fra adroni cessano. Questo
fenomeno avviene alla temperatura di circa 120 MeV (freeze–out cinetico o
freeze–out termico).
Il freeze–out chimico avviene prima del freeze–out termico perché la sezione
d’urto adronica è fortemente dominata da processi risonanti, come π + N →
∆ → π + N; tali risonanze hanno la tendenza a decadere esattamente negli
stessi adroni che le hanno prodotte, per cui le abbondanze relative si fissano
1
ǫC è la densità di energia critica per la transizione di fase verso il QGP. È stata stimata
per la QCD a due flavours ǫ= 0.3÷1.3 GeV fm−3
1.2. Creazione di QGP
21
a T ≈ TC . La misura delle abbondanze relative dei quarks di diversi sapori
fornisce una stima del valore TC in relazione alle masse libere dei quarks .
Molte delle prove più importanti sulla dinamica del QGP dovranno essere
interpretate studiando particelle che hanno interagito con un mezzo denso di
adroni, rendendo più complicata l’analisi. La molteplicità di particelle cariche
prodotte in collisioni Pb–Pb ad LHC, come da un’estrapolazione dai dati dell’SPS e di RHIC, dovrebbe essere compresa in un intervallo tra 2000 e 8000
particelle cariche per unità di rapidità. Il rivelatore ALICE è stato progettato
per poter misurare un flusso di particelle corrispondente ad una molteplicità
carica di dNch /dy & 80002 .
In tabella 1.1 sono riportati alcuni dei parametri caratteristici del sistema
creato in collisioni ione–ione, riferiti alle energie dell’SPS, del RHIC e di LHC.
Descrizione
√
sN N (GeV)
QGP
τ0 (fm/c)
T/TC
3
ǫ(GeV/fm )
τQGP (fm/c)
τf o (fm/c)
Vf o (fm3 )
SPS
17
1
RHIC
200
0.2
LHC
5500
0.1
1.1
1.9
3.0 – 4.2
3
≤2
∼ 10
qualche 103
5
2–4
20 – 30
qualche 104
15 – 60
≥ 10
30 –40
qualche 105
Tempo di
termalizzazione
Temperatura
Reazione / TC
Densità di energia
Vita media del QGP
Tempo di freeze–out
Volume di freeze–out
Tabella 1.1: Confronto tra alcuni parametri caratteristici, in collisioni ione–
ione, per gli acceleratori SPS, RHIC e LHC.
2
la rapidità è definita come
1
y = ln
2
E + pz
E − pz
= tanh−1
p z
E
In seguito è utilizzata anche la pseudorapidità definita come:
1
p + pz
η = ln
2
p − pz
(1.56)
(1.57)
Nel regime delle alte energie le due definizioni danno luogo a valori numerici quasi identici,
ma η è più facile da misurare, in quanto occorre solo misurare l’angolo θ fra la direzione
dell’asse z e quella della particella uscente (pz = p cos θ)
22
Capitolo 1. Fisica degli ioni pesanti
La sfida sperimentale consiste nel riuscire a determinare se, nel punto
di interazione, si sia effettivamente creato uno stato deconfinato, oppure uno
stato di materia nucleare estremamente denso. Esiste una lunga serie di “sonde” , ipotizzate e studiate durante gli ultimi decenni, come prove del QGP.
Nelle prossime sezioni saranno presentate queste osservabili sperimentali della
creazione del QGP.
1.3
Le “firme” del QGP
L’identificazione dello stato di QGP è resa molto difficile dall’impossibilità
fisica di osservare quark e gluoni liberi. L’approccio indiretto allo studio del
QGP è l’unica strada percorribile.
Un metodo di studio del QGP consiste nella raccolta sistematica di diversi
segnali al variare dei parametri della collisione (i.e. il parametro di impatto
e l’energia di interazione, la quantità di nucleoni coinvolti ). Una transizione
di fase dovrebbe mostrare su tutti i segnali un comportamento anomalo in
corrispondenza degli stessi parametri di collisione.
1.3.1
Tracce cinematiche
Il dissolvimento di adroni massivi in quark e gluoni a T ≥ TC porta ad
un aumento alquanto rapido della densità di energia (vedi figura 1.3). Per
un gas di quark e gluoni approssimativamente tutti senza massa, la densità
di energia è proporzionale a T 4 . La costante di proporzionalità riflette il
numero dei gradi di libertà, rappresentati da 2(elicità) × 8(colore)=16 gradi
di libertà gluonici e 2(spin) × 3(colore) × 2(q + q̄)=12 per ciascun tipo
di quark e antiquark . Riducendo la temperatura a TC , il rapporto ǫ/T 4
crolla rapidamente di un fattore 10; questo effetto è dovuto al processo di
adronizzazione, corrispondente ad un crollo del numero dei gradi di libertà
del sistema termodinamico.
Per studiare il diagramma di fase della QCD è necessario ricavare la densità di energia ǫ, la pressione P , la densità di entropia s in funzione della
temperature T e del potenziale chimico barionico µB .
A causa della libertà asintotica, la pressione tende al caso di un gas ideale per
temperature infinite; il rapporto P/T 4 è fissato in due regioni estreme[11]:
P
=
T4
2
3 π90
(16 +
2
21
n )π
2 f 90
, T →0
, T →∞
(1.58)
1.3. Le “firme” del QGP
23
La transizione di fase verso il QGP consiste in un rapido aumento del
numero di gradi di libertà del sistema, visibili nei rapporti ǫ/T 4 o s/T 3 .
Le osservabili sperimentali correlate alle variabili T , s e ǫ sono il momento
trasverso medio < pT >, la distribuzione in rapidità degli adroni dN/dy e
l’energia trasversa dET /dy.
In figura 1.3 sono riportati alcuni recenti calcoli dei rapporti p/T 4 ed
ǫ/T 4 . Il quark s ha una massa ms ∼ TC , ciò implica che il contributo alla
termodinamica del QGP è visibile solo per temperature superiori a quella
critica. Conseguenza ovvia è che alle temperature attualmente raggiungibili,
non vi è nessun contributo dovuto ai quark c, b e t.
5
16
a)
εSB / T4
RHIC
b)
14
12
ε / T4
p / T4
4
3
3 flavours
2+1 flavours
2 flavours
pure gauge
2
1
10
LHC
8
4
3
Tc = (175 ±15) MeV [ εc ~ 0.7 GeV/fm ]
2
0
3 flavours
2+1-flavours
2 flavours
SPS
6
100
200
300
400
T (MeV)
500
600
0
100
200
300
400
T (MeV)
Figura 1.3: Pressione (a) e densità di energia (b), in QCD con 1, 2 e 3 sapori
di quark degeneri, e con 2 quark leggeri ed uno più pesante (strange).
Un esempio di come siano correlate grandezze termodinamiche ed osservabili cinematiche è fornito dal calcolo della temperatura di freeze–out. La
relazione tra la molteplicità di ogni tipo di particella prodotta, la sua massa
trasversa e la rapidità è espressa dalla formula 1.59
mT
d2 N
= f (y) mT exp(−
)
(1.59)
dmT dy
T
p
dove mT è la massa trasversa definita come mT = (m2 + p2T ).
Se la distribuzione in rapidità è uniforme nella regione di accettanza interessata si può ricavare la temperatura dalla distribuzione della massa trasversa delle varie specie di particelle prodotte. Per la misura di questa osservabile è necessario che il rivelatore sia in grado di identificare le particelle
500
600
24
Capitolo 1. Fisica degli ioni pesanti
prodotte nella reazione di QGP , specialmente in relazione alle particelle più
abbondanti nella reazione (π, K e p).
1.3.2
Tracce elettromagnetiche
Fotoni e coppie di leptoni permettono di estrarre informazioni sulle fasi iniziali del QGP , non influenzate da interazioni con gli stati adronici finali. La
rivelazione di fotoni come tracce del QGP è ostacolata da un fondo molto alto, tuttavia la sua importanza per la misura di parametri fondamentali della
reazione è basilare.
Coppie di leptoni
Il background sperimentale per la rivelazione di coppie di leptoni è principalmente dovuto al meccanismo di produzione di Drell-Yan (q + q̄ → l+ + l− ),
ciò limita la rivelazione alle coppie di leptoni con masse ricostruite intorno
ai 5–10 GeV.
Figura 1.4: Sorgenti principali di coppie leptoniche in funzione della massa
invariante, in collisioni di ioni pesanti ultrarelativistici.
I limite sperimentale è dovuto allo spettro di produzione in Figura 1.4.
1.3. Le “firme” del QGP
25
Alcuni segnali della creazione di uno stato di QGP possono essere presenti
nello spettro di produzione.
Evidenziamo qui tre regioni:
Me+ e− < 1.5GeV/c2 ato dai decadimenti dei mesoni vettoriali più leggeri
(decadimenti Dalitz dei mesoni neutri π 0 , η, η ′ → e+ e− γ, ω → π 0 e+ e− ,
e decadimenti diretti ω, ρ, φ → e+ e− ) Lo spettro delle coppie leptoniche
è dominato dai decadimenti leptonici e semileptonici dei mesoni vettoriali più leggeri e dei mesoni pseudoscalari neutri( es. ω, ρ, φ → e+ e− e
ω → π 0 e+ e− per il nonetto 1− ; π 0 , η, η ′ → e+ e− γ per il nonetto 0− ).
Lo studio dei segnali in questa regione è interessantissimo: larghezza
e prodotti di decadimento secondo il modelllo NJL sarebbero grandemente influenzate dal ripristino della simmetria chirale.
Tre esempi fra i molti sono :
1. la coppia di mesoni ρ e a1 (1260), che sono degeneri nel caso di
simmetria chirale non rotta. Nel caso in cui gli stati risultassero
degeneri si avrebbe una prova evidentissima a favore del modelllo
NJL;
2. Il mesone φ(1020) è solo 30 MeV al di sopra della soglia di produzione di due kaoni; la sua larghezza e il rapporto di decadimento
σ(φ → KK)/σ(φ → e+ e− ) sarebbero fortemente influenzati da un
cambiamento del valore della massa dei K;
3. il mesone ρ(770) gioca un ruolo importante, in quanto il suo
decadimento e+ e− è un fattore circa 10 volte maggiore rispetto
alla ω (e circa 5 rispetto alla φ).
In figura sono riportati alcuni risultati che evidenziano il fenomeno presentato nell’ultimo esempio:
Nella 1.5(a) è riportato lo spettro di massa invariante per coppie leptoniche nel caso di urti p – Be, con energia del protone incidente di 450
GeV; in questo caso i punti sperimentali sono in ottimo accordo con le
sorgenti adroniche aspettate.
Nella 1.5(b) è riportato lo stesso spettro per collisioni S – Au, come
misurato dall’esperimento CERES/NA45 all’SPS del CERN; in questo
caso invece si può notare un aumento di coppie leptoniche rivelate nell’intervallo 0.2 – 0.6 GeV, che può essere interpretato come un allargamento ed uno spostamento verso masse minori del picco del mesone ρ.
Un ulteriore esempio di come le sezioni d’urto e le masse dei mesoni
Capitolo 1. Fisica degli ioni pesanti
-9
-6
10
10
-7
-8
η ,→
ω → eeπ o
eeγ
φ → ee
eeγ
ρ → ee
-5
ρ/ω → ee
η ,→
10
2.1 < η < 2.65
p⊥ > 200 MeV/c
αee > 35 mrad
〈dNch 〉acc. = 69
π → eeγ
-8
o
10
[100 MeV/c ]
→
ee
γ
ω→
eeπ o
-7
(dNee /dmee )acc. / (Nch )acc.
η
S-Au 200 GeV/u
γ
ee
10
-6
10
CERES/NA45
-4
→
10
-5
φ → ee
10
10
p⊥ > 50 MeV/c
αpair > 35 mrad
2.1 < η < 2.65
〈Nch〉acc.= 2.1
ω → ee
10
p-Be 450 A GeV
-4
η
(dNee/dmee)acc / (Nch)acc.
10
π → eeγ
[50 MeV/c ]
2 -1
2 -1
26
charm
0
0.25
0.5
0.75
1
10
1.25
2
[GeV/c ]
-9
0
invariant pair mass
0.5
1
1.5
2
[ GeV/c ]
invariant pair mass
(a) p–Be
(b) S–Au
2
counts/(10 MeV/c )
Figura 1.5: Numero di coppie ee misurate dall’esperimento CERES/NA45
√
all’SPS del CERN per collisioni Pb–Au a sN N = 158 GeV.
70000
Star Preliminary
0
Peripheral Au+Au
KS
ω
0.6 ≤ p T < 0.8 GeV/c
K
60000
50000
40000
Sum
*0
ρ0
f0
30000
20000
10000
0
0.4
0.6
0.8
1
1.2
1.4
2
Invariant Mass (GeV/c )
Figura 1.6: Distribuzione in massa invariante π + π − per collisioni Au–Au
periferiche al RHIC. Il picco del mesone ρ(770) appare centrato sul valore di
700 MeV.
1.3. Le “firme” del QGP
27
possono risultare influenzate dalla parziale o totale rispristino della simmetria chirale è visibile nell grafico di figura 1.6. Il grafico illustra la
distribuzione in massa invariante per π + π − , nel caso di interazioni Au
– Au periferiche, misurato dall’esperimento STAR a RHIC. Questa è
la prima misura diretta del decadimento ρ → π + π − in collisioni di ioni
pesanti. Il picco del mesone ρ ricavato dalle sezioni d’urto è centrato
sui 700 MeV invece che sul valore di massa del mesone ρ3 .
1.5GeV/c2 < Me+ e− < 2.5GeV/c2 Il segnale elettromagnetico del QGP può
essere ricollegato al decadimento di mesoni D 0 . Lo studio dello spettro
in questa regione può fornire un indice del numero di quark c presenti
nella reazione (cfr. sez. 1.3.3).
Me+ e− > 2.5GeV/c2 A masse più elevate > 2.5 GeV/c2 , il numero di coppie
di leptoni dipende dal tempo di termalizzazione del QGP .
A questo intervallo, come illustrato in figura 1.4, appartengono gli stati
legati cc̄, che possono essere studiati come prova della formazione del
QGP (cfr. sez. 1.3.3).
Singolo elettrone
Le misure di singolo elettrone forniscono un indice del contenuto di quarks pesanti nel QGP . All’Intersecting Storage Rings (ISR) del CERN fu osservata
per la prima volta una produzione di singolo elettrone (con e/π ∼ 10−4 )
per pT > 1 GeV/c, essa venne interpretata come evidenza della produzione
di open charm[13]. L’elettrone era prodotto principalmente nei decadimenti
semileptonici dei mesoni D.
In collisioni Au–Au al RHIC il segnale dovrebbe essere maggiore poiché la
√
produzione di charm aumenta con sN N e si aggiungono i canali di produzione open-beauty; l’esperimento PHENIX ha osservato un eccesso significativo di elettroni, rispetto al fondo aspettato per collisioni centrali e per
pT > 0.6 GeV/c [14].
In figura 1.7(a), è riportato lo spettro misurato di elettroni, dopo aver
sottratto il fondo, insieme alle curve teoriche per la produzione di charm.
In figura 1.7(b) in basso, la sezione d’urto di singolo elettrone e quella
totale derivata per il charm, misurate da PHENIX e normalizzate per collisioni binarie, sono confrontate con le misure ottenute all’ISR, all’SPS ed al
Fermilab. Le curve continue sono le sezioni d’urto calcolate con PYTHIA in
base ai parametri emersi negli esperimenti a bersaglio fisso.
3
In questo caso però, il parziale rispristino della simmetria chirale non è l’unico
meccanismo che potrebbe spiegare tale risultato [12]
28
Capitolo 1. Fisica degli ioni pesanti
2
1/N evt 1/2 π 1/pT dN /dp Tdy (GeV/c)
-2
10
2
+
Au+Au → (e +e-)/2 + X ( s NN=130 GeV)
min. bias (x100)
central
c → e (central,min.bias)
b → e (central)
"direct γ " → e (central)
10
1
-1
10
-2
10
-3
10
-4
10
-5
10
-6
10
0
0.5
1
1.5
2
2.5
3
P T(GeV/c)
10
10
3
σ cc
4
10
PHENIX
SPS/FNAL
σ cc
2
3
10
d σe/dy (nb/N binary )
σ cc (µ b/N binary )
(a) Spettro di singolo elttrone per RHIC
1.0<p T<1.4 GeV/c
2
10
10
p T>1.4 GeV/c
1
-1
10
dσ e/dy
PHENIX
CCRS
Basile
c→e
10
1
30
40
50
60 70 80 90100
200
s (GeV)
(b) Sezioni d’urto confrontate
Figura 1.7: 1.7(a) spettro in pT di singolo elettrone per collisioni Au–
Au minimum bias (0%–92%, scalate di un fattore 100) e centrali (0%–
10%). 1.7(b) sezione d’urto di singolo elettrone dσe /dy|y=0 per collisioni
nucleone–nucleone, all’ISR, all’SPS, a Fermilab ed RHIC, i valori calcolati
con PYTHIA, confrontate con i spettri σcc̄ per RHIC, SPS e Fermilab.
0
0
( γ / π ) measured / ( γ / π ) sim
1.3. Le “firme” del QGP
29
2
1.8
PbGl, peripheral
1.6
1.4
1.2
1
0.8
0.6
0.4
0.2
0
0
Error band indicates
1σ systematic error
1
2
3
4
5
6
0
0
( γ / π ) measured / ( γ / π ) sim
p T (GeV)
2
1.8
PbGl, central
1.6
1.4
1.2
1
0.8
0.6
0.4
0.2
0
0
Error band indicates
1σ systematic error
1
2
3
4
5
6
p T (GeV)
Figura 1.8: Rapporto γ/π 0 misurato su γ/π 0 aspettato in collisioni Au–Au
√
con sN N = 200 GeV (PHENIX, risultati preliminari).
Fotoni diretti
Durante tutte le fasi di evoluzione del QGP vengono emessi dei γ di energie
molto intense per QCD Bremsstrahlung qg → qγ. Il fondo di produzione
dei fotoni sono i decadimenti elettromagnetici di tutti i mesoni neutri, in
particolare di π 0 → γγ.
Essi possono essere emessi in due fasi:
1. nelle prime fasi della collisione all’interno dei nucleoni, in questo caso
il numero totale di fotoni prodotti è proporzionale a p−1
T ;
2. dopo la formazione del QGP ; durante il processo di termalizzazione
sono emessi fotoni di 2–5 GeV.
Un eccesso di fotoni generati tramite il meccanismo del punto 2) potrà
essere interpretato come la prova della formazione della fase di QGP con
altissima densità di quark e gluoni(figura 1.8 [15]).
30
Capitolo 1. Fisica degli ioni pesanti
I fotoni di energie superiori a 20 GeV sono prodotti in associazione con
un quark di energie confrontabili, che in un esperimento “ordinario” darebbe
luogo ad un jet adronico di rinculo.
In un esperimento di creazione di QGP il jet di rinculo interagisce fortemente
con la materia circostante; come sarà mostrato in seguito una delle “firme”
della fase di QGP è il cosiddetto jet quenching(smorzamento) (cfr. sez. 1.3.5).
1.3.3
Soppressione degli stati legati di quark pesanti
I quark pesanti (charm e bottom), a causa della loro grande massa, sono
prodotti nelle fasi iniziali più calde della collisione, preferenzialmente attraverso un processo di fusione gluonica gg → q q̄. La scala temporale dell’interazione è dell’ordine di ∆τ ≈ 1/2 mq , che nel caso del charm è di circa 0.1
fm/c. La presenza di stati cc̄ e bb̄ negli stati finali della collisione rappresenta
una sonda per la verifica della formazione del QGP . Nel caso in cui si formasse il QGP la produzione di mesoni J/ψ e ψ ′ sarebbe sfavorita a causa di
due fenomeni.
- l’energia necessaria per separare i quark cc̄ da una distanza pari al
raggio della J/ψ ad una distanza infinita è di soli 500 MeV, compatibile
con l’energia termica media dei gluoni nel QGP (∼ 3TC );
- la presenza di un elevato numero di quark e gluoni colorati modifica
la forza fra i quark c ed c̄ come nel caso dello screening delle teorie a
molti corpi. Il potenziale della 1.3 si modifica in
V (r) = −α/r + σ · r → V (r) = −α/r · e−µD ·r
(1.60)
dove µD è la massa di Debye in analogia con quanto avviene per il plasma
QED, definita come [11]
r
nf
µD = 1 +
g(T ) T
(1.61)
6
La produzione diretta di mesoni J/ψ è soppressa perché il tempo necessario alla sua formazione (∼ 1fm/c = 0.7GeV) è inferiore alla massa di
Debye.
Il processo che riduce il numero degli stati J/ψ prodotti nelle fasi iniziali ad opera di urti anelastici nel mezzo denso nelle fasi successive è detta
soppressione normale della J/ψ, mentre la riduzione indotta dal QGP viene
denominata soppressione anomala della J/ψ. Alcuni esperimenti all’SPS[16]
Measured / Expected J/ψ suppression
1.3. Le “firme” del QGP
31
1.4
1.2
1
0.8
0.6
0.4
Pb - Pb 1998 with Minimum Bias
Pb - Pb 1996 with Minimum Bias
Pb - Pb 1996
S - U NA38
p - A NA38
p - p(d) NA51
0.2
0
0
0.5
1
1.5
2
2.5
3
3.5
3
ε (GeV/fm )
Bσ(J/ψ) / σ(DY)2.9-4.5
(a) J/ψ attesi / ossevati
40
Pb - Pb 1996
35
Pb - Pb 1996 with Minimum Bias
Pb - Pb 1998 with Minimum Bias
30
25
20
15
10
5
0
0
20
40
60
80
100
120
140
ET (GeV)
(b) (J/ψ)/(l+ l− )Drell−Y an
Figura 1.9: Soppressione anomala degli stati J/ψ misurata agli esperimenti NA38
ed NA50 all’SPS del CERN. 1.9(a): numero di J/ψ rivelati, normalizzato a quello
aspettato, in funzione della densità di energia. 1.9(a): numero di J/ψ rivelati,
−
normalizzato al numero di coppie di l+ lDrell−Y
an , in funzione dell’energia trasversa
ET .
32
Capitolo 1. Fisica degli ioni pesanti
hanno raccolto dati riconducibili alla soppressione anomala della J/ψ(figura
1.9).
Alle energie ora raggiungibili a RHIC, alcuni modelli[17] prevedono la
ricombinazione preferenziale, durante l’adronizzazione, in stati cc̄ riducendo
cosı̀ l’effetto della soppressione di Jψ. La valutazione dell’effettiva soppressione di stati cc̄ richiede la stima di quanti quark c sono stati prodotti al
momento della formazione del QGP . L’andamento del rapporto R(J/ψ/cc̄)
è l’indice della soppressione della J/ψ. Il rapporto è ottenibile misurando
la quantità di adroni “charmati” prodotti, per la maggior parte stati open
charm D. La stima del rapporto è resa possibile dal fatto che i mesoni D
decadono debolmente con lunghezze di decadimento dell’ordine di ∼ 100µm
(il vertice secondario è misurabile) e i decadimenti D → π+K sono riconoscibili misurando la massa invariante dei prodotti di decadimento. La ricerca
di queste osservabili si traduce in stringenti richieste sulla realizzazione dei
sistemi a microvertice e dei sistemi di identificazione delle particelle (TOF).
1.3.4
Aumento della stranezza
La creazione di stati contenenti quarks strange è soppressa negli urti ordinari
fra adroni dalla minore massa dei quarks u e d; la soppressione aumenta con
l’aumentare del numero di quarks s.
Il ripristino della simmetria chirale in una reazione di QGP sosterrebbe
la produzione di quark s; l’aumento del contenuto di quark (e antiquark )
strani avviene per la grande abbondanza di √
gluoni in grado di sostenere
processi di fusione gluonica (gg → ss̄) con s ≥ 2ms con ms la massa
“nuda” (current-mass ms ∼ 150MeV) del quark s.
L’aumento di stranezza è stato uno dei primi segnali ipotizzati per una
reazione di creazione di QGP [18][19] e costituisce un’eccellente osservabile
fisica a causa della conservazione della stranezza nelle interazioni forti e per
il tempo di decadimento relativamente lungo delle interazioni deboli.
Una prova dell’aumento della stranezza è l’aumento del rapporto R(K/π)
negli stati finali; in figura 1.10 sono riportate alcune misure di questo tipo effettuate a RHIC. Un ulteriore prova dell’aumento di stranezza è fornita dallo
studio del rapporto R(φ/π). La composizione di φ secondo il modello statico
a quarks è ss̄ e questo rende il rapporto φ/π una sonda ideale dello stato del
QGP . Il rapporto K/π, infatti può risentire della fase di adronizzazione e
delle fasi iniziali dell’interazione, mentre il rapporto φ/π è una sonda diretta
della produzione di stranezza all’interno del plasma.
In figura 1.11 è visibile un chiaro aumento della produzione di barioni
Λ(Λ̄), Ξ(Ξ̄), ed Ω(Ω̄) misurato dall’esperimento WA97 all’SPS del CERN (in
figura è riportato il rapporto fra il numero di particelle strane prodotte in
1.3. Le “firme” del QGP
33
Figura 1.10: Misura del rapporto di produzione K/π per urti ione–ione a
RHIC, confrontati con i risultati ottenuti in urti protone–protone.
collisioni Pb–Pb e collisioni p–Be o p–Pb).
In figura 1.12 è rappresentato l’andamento del rapporto di produzione φ/π ±
in funzione dell’energia nel centro di massa. I vari esperimenti a RHIC hanno recentemente fornito ulteriori conferme dell’aumento di produzione di
particelle strane in collisioni ione–ione [20] [21].
1.3.5
Perdita di energia dei partoni e jet quenching
Soppressione di adroni ad alto impulso trasverso
Adroni con impulsi trasversi pT ≫ 1 GeV/c possono essere creati nelle fasi
iniziali della collisione per energie accessibili a RHIC e superiori. Le particelle
create in questa interazione attraversano il mezzo creato dall’urto, e sono influenzate dalla natura di questo. Nel caso di creazione di una fase di QGP ,
i partoni di energia E ≫ 1 GeV perdono energia tramite bremsstrahlung
di gluoni indotta. Analogamente all’“ordinaria”bremsstrahlung, la carica di
colore della particella in moto interagisce con la carica di colore del mezzo
emettendo un gluone; il gluone di bremsstrahlung ha una carica di colore ed
interagisce a sua volta con il mezzo. L’energia persa dall’adrone non dipende
quindi linearmente, ma quadraticamente dallo spessore L del mezzo attraversato.
Capitolo 1. Fisica degli ioni pesanti
pT > 0, |y-ycm| < 0.5
10
Ξ
Particle / event / w. nucl. relative to pBe
Particle / event / w. nucl. relative to pBe
34
-
Λ
1
pBe pPb
1
10
PbPb
10
2
10
3
< Nwound >
pT > 0, |y-ycm| < 0.5
- +
Ω +Ω
10
+
Ξ

Λ
1
pBe pPb
1
10
PbPb
10
2
10
3
< Nwound >
Figura 1.11: Aumento della produzione di quark s misurato in collisioni di
ioni Pb–Pb da WA97. Nwound rappresenta il numero di nucleoni colpiti ed è
proporzionale alla molteplicità di particelle prodotte.
<φ> / <π±>
1.3. Le “firme” del QGP
35
0.03
E917
NA49
0.025
NA49 preliminary
STAR
0.02
0.015
0.01
0.005
0
10
s
1/2 10
2
[GeV]
Figura 1.12: Rapporto φ/π ± per collisioni di ioni pesanti in funzione di
dalle energie dell’AGS a quelle di RHIC.
√
sN N ,
36
Capitolo 1. Fisica degli ioni pesanti
È possibile definire un’osservabile fisica chiamata “fattore di modificazione
nucleare” , come rapporto fra variabili fisiche in urti con diverso numero di
nucleoni partecipanti alla collisione:
RAA (pT ) =
d2 N AA /dydpT
1
.
×
AA
(pT )
Ncoll
d2 N pp /dydpT
(1.62)
dove d2 N AA /dydpT è la molteplicità per unità di rapidità e impulso
trasverso nella collisione ione–ione , d2 N pp /dydpT è la molteplicità per unità
AA
di rapidità e impulso trasverso nella collisione protone–protone, Ncoll
(pt ) è
il numero di collisioni binarie nucleone–nucleone. In definitiva se il rapporto
RAA è dell’ordine dell’unità allora il risultato della collisione di due ioni A–A
AA
è la sovrapposizione di Ncoll
collisioni indipendenti di nucleoni.
Il numero totale di partoni ad alto pT (hard process) può essere calcolato perturbativamente dalla QCD , ed è proporzionale al numero di collisioni centrali
nucleone–nucleone (Ncoll ), mentre nei processi a basso impulso trasverso (soft
process) è propozionale al numero di nucleoni partecipanti (Npart ).
Nel caso di RHIC (197 Au) deve valere RAA = Npart /Ncoll ∼ 0.16 per
particelle a basso pT e RAA ∼ 1 per particelle ad alto pT .
In figura 1.13(a) si osserva che l’andamento di RAA non è una funzione
crescente, con un valore iniziale di circa 1/6 ed uno asintotico di 1, ma è
soppresso di un fattore 5 per pT > 3 GeV. In figura sono presenti i risultati
per l’urto d–Au dove il fattore di modificazione nucleare è superiore a 1 per
pT > 2 GeV, come evidente dai dati di Fermilab [23] [24].
La conseguenza tratta da queste misure è che i partoni ad alto pT interagiscono con lo stato finale dell’interazione e sono perciò soppressi. Nelle
reazioni a RHIC la produzione di particelle con alto pT è proporzionale a Npart
invece di Ncoll . L’ipotesi che i partoni emessi sulla superficie del QGP riescano
ad uscire mentre quelli prodotti all’interno del plasma sono riassorbiti giustifica l’osservazione sperimentale, difatti Npart è proporzionale al volume della
materia nucleare interessata dalla collisione (Npart ∝ VQGP ) ed Ncoll scala con
4/3
−1/3
−1/3
Ncoll ∝ Npart ; ne consegue che il rapporto Npart /Ncoll = Npart ∝ VQGP ∝
1/RQGP si può interpretare come un rapporto superficie su volume.
L’entità della perdita radiativa di energia nel QGP diminuisce all’aumentare della massa dei partoni e questo potrebbe giustificare anche l’eccesso
di stati di singolo elettrone mostrati in figura 1.7, tuttavia è stato previsto
(figura 1.13(b) [25]), sulla base di metodi Monte Carlo, che il fattore di soppressione per i mesoni D vale approssimativamente 0.2 per pT & 4 GeV,
indipendentemente dalla massa del quark charm contrariamente a quanto
aspettato.
RAA
1.3. Le “firme” del QGP
37
charged hadrons
neutral pions
1.8
d+Au
1.6
1.4
1.2
1
0.8
0.6
0.4
Au+Au
0.2
0
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
D0 meson RAA
pT (GeV/c)
1.6
mc = 0
mc = 1.2 GeV
Pb-Pb, sNN = 5.5 TeV, 0-10%
1.4
1.2
q=0
1
0.8
0.6
0.4
<q> = 100 GeV2/fm
0.2
0
0
2
4
6
8
10
12
14
pt [GeV]
Figura 1.13: 1.13(a): Fattore di modificazione nucleare RAA , misurato dall’esperimento PHENIX, per pioni neutri ed adroni carichi, in urti d–Au ed Au–
√
Au centrali a sN N = 200 GeV [22]. 1.13(b):Fattore di modificazione nucleare
RAA per mesoni D aspettato per collisioni Pb–Pb ad LHC. La curva indicata
con q̂ = 0 include solo processi di shadowing nucleare, mentre le due bande
tengono conto anche della perdita radiativa nel mezzo (< q̂ > ≈ 100GeV2 /fm
è il coefficiente di trasporto nel mezzo previsto ad LHC).
38
Capitolo 1. Fisica degli ioni pesanti
Jet quenching
Allo stesso modo con cui un partone perde energia attraversando il QGP un
jet dovrebbe essere assorbito dall’interazione radiativa con il mezzo.
Nella QCD perturbativa, partoni di alta energia sono prodotti in coppie con
un angolo di 180o nel sistema del centro di massa. Per individuare eventi
riconducibili alla creazione di jet occorre efffettuare un trigger su una particellle veloce (4 < pT < 6 GeV/c) e si cercano correlazioni con altre paticelle
emesse in un cono stretto. La dinamica dei jet dovrebbe portare ad avere
nella distribuzione angolare di particelle ad alto pT due picchi: uno per 0 rad
e uno per π rad.
In figura 1.14 è evidente l’effetto di assorbimento del jet di rinculo in
collisioni Au–Au centrali, non presente in urti d–Au centrali, d–Au minimum
bias e in urti p–p centrali.
Ad oggi questo fenomeno, per la prima volta osservato a RHIC, risulta
essere una delle evidenze più convincenti della diversità del mezzo creato con
l’urto di ioni pesanti di alta energia.
1.3. Le “firme” del QGP
0.2
h++h-
39
d+Au FTPC-Au 0-20%
d+Au min. bias
(a)
p+p min. bias
Au+Au central
(b)
1/Ntrigger dN/d(∆φ)
0.1
0
0.2
0.1
0
0
π/2
π
∆φ (radians)
Figura 1.14: Correlazione angolare per jet ricostruiti, nel caso di collisioni
p − p, d − Au centrali e minimum bias (in alto), e nel caso di collisioni p − p,
d − Au centrali e Au − Au centrali (in basso). Nel caso di collisioni di ioni
pesanti scompare la correlazione a π. in alto il secondo picco a π è più largo
solo per effetti di trigger.
40
Capitolo 1. Fisica degli ioni pesanti
Capitolo 2
L’esperimento ALICE e il TOF
2.1
Il rivelatore di ALICE
ALICE è l’unico esperimento a LHC completamente dedicato allo studio della
fisica della materia nucleare e del QGP. L’unicità del rivelatore ha spinto lo
sforzo progettuale a realizzare un rivelatore capace di misurare il maggior
numero di osservabili. A differenza degli esperimenti condotti all’SPS e a
RHIC, progettati in modo da essere complementari, ALICE è stato progettato
per poter osservare sia le prove della formazione del QGP sia le osservabili
caratteristiche della sua evoluzione temporale e della termodinamica QCD.
Il progetto del rivelatore ALICE è stato guidato dalle caratteristiche delle
collisioni di ioni pesanti a LHC:
- la molteplicità di adroni carichi attesa è . 2000-8000 particelle cariche
per unitità di rapidità a seconda dei modelli utlizzati;
- la frequenza di interazione per collisioni minimum bias è di L × σ =
10−27 s−1 cm−2 × 8 b = 8000 eventi/s.
La “bassa” frequenza di acquisizione e l’alta molteplicità hanno spinto il progetto di ALICE a optare per rivelatori “lenti” ma con alta granularità come la
camera a proiezione temporale (TPC ) e i rivelatori a deriva a semiconduttore
(SDD).
Il progetto del rivelatore ALICE è composto di 3 gruppi di sottorivelatori:
i Rivelatori centrali, situati in un campo solenoidale di intensità pari a
0.5 T, coprono un intervallo di rapidità −0.9 ≤ η ≤ 0.9 corrispondenti
ad un accettanza polare di π/4 ≤ φ ≤ 3π/4 e alla completa accettanza
azimuthale 0 ≤ θ < 2π;
41
42
Capitolo 2. L’esperimento ALICE e il TOF
lo Spettrometro per muoni è un rivelatore posto in avanti lungo la direzione del fascio (2.5 ≤ η ≤ 4), basato su un grande magnete dipolare
equipaggiato con camere di tracciamento e di trigger in grado di rivelare
risonanze degli stati di charmonio;
i Rivelatori a grande rapidità, posizionati nella regione delle alte rapidità ovvero a piccoli angoli rispetto alla direzione del fascio. Sono in
generale dei rivelatori di piccole dimensioni il cui scopo è la misura dei
parametri legati alla geometria dell’evento.
In figura 2.1 è riportata un disegno artistico di ALICE . All’interno del
prisma ottagonale rosso (ritorno del magnete L3) i rivelatori centrali, sulla
destra del cono assorbitore è visibile lo spettrometro per muoni. I rivelatori
a grande rapidità non sono visibili nel disegno.
2.1.1
Rivelatori centrali
Lo scopo di questi rivelatori è l’identificazione delle particelle prodotte in
reazioni di QGP e la misura dell’impulso di queste; dal punto di collisione
verso l’esterno sono posti in successione 5 apparati di granularità decrescente.
ITS Il rivelatore più vicino al punto di interazione è l’Internal Tracking
System (ITS). È un rivelatore formato da sei strati cilindrici concentrici al
punto di interazione.
Livello
1
2
3
4
5
6
Tipo
Risoluzione Spaziale Raggio
rφ(cm)
z(cm)
(cm)
pixel
12
70
4
pixel
12
70
7
Drift
28
38
14.9
Drift
28
38
23.8
µStrip
20
830
39.1
µStrip
20
830
43.6
Tabella 2.1: Parametri caratteristici dei 6 livelli dell’ITS. La dimensione rφ
si riferisce al piano parallelo all’asse del fascio nelle coordinate cilindriche
(r,φ,z).
Lo scopo dell’ITS è di ricostruire vertici secondari di decadimento per barioni e mesoni con quark pesanti, tracciare ed identificare particelle a basso pT
e migliorare la risoluzione in impulso della Time Projection Chamber (TPC)
per particelle ad alto impulso. I rivelatori a deriva e a microstrip identificano
2.1. Il rivelatore di ALICE
43
Figura 2.1: Disegno artistico del rivelatore dell’esperimento ALICE . La parte
centrale è quella racchiusa all’interno del magnete di L3 (struttura ottagonale
rossa); dal punto di interazione verso l’esterno si trovano il sistema di ITS,
la TPC, il TRD e il sistema TOF . Disposti diametralmente opposti lungo
la verticale si vedono il sistema di HMPID (in alto) e il rivelatore PHOS
(in basso). La parte a destra del cono di assorbimento è lo spettrometro per
muoni composto dal magnete dipolare e da camere a piani resistivi (RPC).
44
Capitolo 2. L’esperimento ALICE e il TOF
le particelle tramite la misura di dE/dx. L’ITS ha, inoltre, la possibilità di
operare alla frequenza di acquisizione dei rivelatori a grande rapidità, cosa
che rende l’ITS uno spettrometro indipendente per particelle a basso pT .
Figura 2.2: Event Display simulato per un evento centrale in urti Pb–Pb ad
LHC, assumendo dNch /dy = 8000.
TPC La Time Projection Chamber (TPC) di ALICE ha una geometria
cilindrica, con un raggio interno di 80 cm, un raggio esterno di 250 cm e una
lunghezza lungo l’asse del fascio di 5 m per un volume totale di 88 m3 . Le
dimensioni della camera di deriva sono state calcolate per poter misurare la
perdita di energia delle particelle con una incertezza relativa di ∼ 7% (cfr.
eq. 2.3) per identificare particelle di impulso inferiore ad 1 GeV.
La TPC occupa un volume maggiore del volume attivo perché la camera
di deriva è racchiusa da un intercapedine in cui le gabbie di campo sono
circondate da CO2 , un gas con una rigidità elettrica maggiore del gas di
deriva (90% Ne-10% CO2 ).
L’insieme TPC e ITS fornisce la misura del momento tramite la deflessione nel campo magnetico e l’identificazione delle particelle di impulso
inferiore ad 1 GeV tramite la misura di dE/dx.
2.1. Il rivelatore di ALICE
45
Figura 2.3: Separazione (in deviazioni standard) per π, K e p, in funzione
dell’impulso, ottenuta con la TPC, attraverso la misura della ionizzazione
specifica dE/dx.
PID L’identificazione di particelle di impulso maggiore è lo scopo principale di una serie di rivelatori dedicati posti a distanze crescenti dal punto di
interazione. I rivelatori del sistema di identificazione delle particelle (Particle
IDentification, PID) sono: Il Transition Radiation Detector (TRD), il TimeOf-Flight (TOF ) e l’High Momentum Particle IDentification (HMPID).
L’identificazione di particelle a più alto impulso (fino a 5 GeV per K/p)
è effettuata, per una area ristretta, dall’HMPID, un rivelatore Ring Imaging CHerenkov (RICH) posizionato a circa 4.5 m dal punto di interazione.
L’HMPID consiste di sette moduli, ognuno di 1.5 × 1.5m2 , per un totale di
oltre 160’000 canali di lettura.
Il TRD, collocato a circa 3 m dal fascio, provvede all’identificazione degli
elettroni di impulsi trasversi superiori ad 1 GeV/c. Esso consta di sei strati
di materiale radiatore (fibra di vetro) seguiti da Time Expansion Chambers. I segnali fisici ottenuti con il TRD forniscono, congiuntamente alla
TPC e l’ITS,
una precisa misura dell’impulso (il segnale è proporzionale
√
a γ = c/ c2 − v 2 ). In questo modo è possibile ricostruire la massa invariante
necessaria per l’identificazione dei mesoni vettoriali pesanti (J/ψ,Υ,Υ′ , ecc.)
nel canale leptonico e+ e− ; la grande velocità di acquisizione rende possibile
l’implementazione, basata sul TRD, di un trigger su elettroni ed adroni di
46
Capitolo 2. L’esperimento ALICE e il TOF
alto impulso trasverso, necessario per riconoscere le particelle leading di un
jet.
Le “firme” elttromagnetiche del QGP (Fotoni diretti, π 0 ed η) sono misurate dallo spettrometro per fotoni (Photon Spectrometer, PHOS). Il PHOS è
un calorimetro elettromagnetico ad alta risoluzione posto 5 m sotto il punto
di interazione Il PHOS è un rivelatore di piccola accettanza costituito da
prismi di PbWO4 , un cristallo inorganico caratterizzato dal piccolo raggio di
Molière (piccola occupancy del rivelatore) e dalla grande risposta luminosa
(guadagno di luce in uscita).
Il sistema di TOF è basato sulle camere a piani resistivi multigap (MRPC,
descritte nella sezione 2.4.3), e copre una superficie cilindrica di circa 160
m2 posta ad una distanza di 3.7 m dall’asse del fascio. Esso permetterà la
separazione di π, K e p in un intervallo in impulso di 0.5–2.5 GeV/c (per K/p
fino a 4 GeV/c), ovvero il 97% circa delle particelle prodotte nelle interazioni
Pb-Pb ad LHC nell’intervallo di pseudorapidità coperto dai rivelatori centrali.
2.1.2
Lo spettrometro per muoni
Lo spettrometro per muoni misurerà il canale di decadimento µ+ µ− dei
mesoni con quark pesanti; esso occupa la zona di pseudorapidità compresa fra 2.5 e 4.0. Lo spettrometro ha una struttura composta in successione
da un cono assorbitore di materiali diversi (grafite, cemento, acciaio, tungsteno e piombo) , seguito da 10 piani di Resistive Plate Chambers (RPC) e
da un magnete dipolare con campo di 0.7 T. Lo spettrometro permette la
rivelazione di stati J/ψ di basso pT . Infatti è possibile identificare muoni di
impulsi superiori ai 4 GeV/c filtrando l’enorme flusso di adroni nelle zone di
alta rapidità con il cono assorbitore (10λint ). L’obbiettivo è ottenere tramite
risoluzioni spaziali migliori di 100 µm una risoluzione di 70 MeV/c2 sulla
massa invariante ricostruita.
2.1.3
Rivelatori a grande rapidità
Il Rivelatore ALICE è completato da una serie di rivelatori (ZDC, PMD,
FMD, T0 e V0) di piccole dimensioni, posizionati in entrambe le direzioni
del fascio; lo scopo di questi rivelatori è misurare alcuni parametri dell’urto
e abilitare un primo livello di selezione degli eventi nel trigger.
Il parametro d’impatto è misurato dallo Zero Degree Calorimeter (ZDC),
composto da calorimetri posti a 116 m dal punto di interazione. I protoni
emessi a zero gradi sono deflessi dagli elementi magnetici di LHC e sono
rivelati in due calorimetri a riflessione interna (Differential Internal Reflection
Čherenkov DIRC) a fibre di quarzo ai lati della beam-pipe.
2.2. Prestazioni del rivelatore ALICE
47
Il rivelatore di molteplicità per fotoni (PMD) è un sistema di rivelatori
gassosi che copre un area di pochi m2 in un intervallo di pseudorapidità di
−3.5 ≤ η ≤ −2, 5, il cui scopo è misurare il rapporto tra fotoni e particelle
cariche prodotte e per determinare il piano di reazione.
Il rivelatore di molteplicità in avanti (FMD) è un rivelatore, composto
da pad di silicio, posizionato in un intervallo di pseudorapidità quasi complementare a ITS (−5.1 ≤ η ≤ −1.7 e 1.7 ≤ η ≤ 3.4), il cui scopo è la
misura della distribuzione in pseudorapidità delle particelle cariche prodotte
sul grande intervallo del rivelatore.
I tempo e il punto di interazione dell’evento sono determinati rispettivamente da T0 e da V0. T0 è un sistema di contatori Cherenkov con una
precisione temporale migliore di 50 ps, mentre V0 è un sistema di scintillatori
in grado di fornire inoltre una misura veloce della molteplicità dell’evento.
2.2
2.2.1
Prestazioni del rivelatore ALICE
Tracciamento
La procedura di tracciamento inizia con la determinazione del punto di interazione; questa operazione è compiuta dai rivelatori a pixel dell’ITS. l’obbiettivo di questi è l’identificazione del vertice di interazione con una precisione
spaziale di 5 µm lungo l’asse del fascio (z ) e di 15 µm in rφ.
La TPC è in grado di riconoscere più del 90% delle tracce prodotte con
molteplicità di 8000 dNdηch , indipendentemente dall’impulso trasverso. Il valore
di 8000 particelle cariche per unità di rapidità è assunto per garantire un
margine di sicurezza alle prestazioni di rivelazione. Il generatore HIJING
stima una molteplicità di dNdηch =4500 per eventi centrali Pb–Pb a piena
energia; recenti studi hanno stimato un valore per la molteplicità carica di
dNch
=1500÷2000 [26] [27].
dη
Utilizzando le informazioni dell’ITS e della TPC insieme a quelle del
TRD, si raggiunge una risoluzione in impulso migliore dell’1.5% per impulsi
tra 0.2 e 2 GeV/c, e comunque pari al 12% fino a 100 GeV/c. L’elevata
risoluzione in impulso è un input fondamentale nello studio delle funzioni di
frammentazione dei jet adronici.
La risoluzione spaziale dell’ITS e della TPC sono fondamentali nell’identificazione di vertici secondari. La TPC ha una risoluzione sul parametro di
impatto di 60 µm per 1 GeV/c. Tale valore è adeguato per la rivelazione di
mesoni B e D (cτ è dell’ordine di 100 e 300 µm, rispettivamente).
48
Capitolo 2. L’esperimento ALICE e il TOF
2.2.2
Identificazione di particelle
Nello studio della fisica del QGP, l’identificazione delle particelle ha un’importaza cruciale. Gli sforzi progettuali per ALICE sono stati diretti alla realizzazione di sistemi di identificazione di particelle complementari fra essi. I
rivelatori nella zona centrale per il sistema PID sono rivelatori veloci che usano metodi di rivelazione diversi: il TRD utilizza la radiazione di transizione
, il TOF è un rivelatore gassoso veloce e l’HMPID utilizza luce Čherenkov per
il riconoscimento delle particelle prodotte nella piccola accetanza. Le stime
sugli spettri delle particelle prodotte in ALICE suggeriscono che il rivelatore
principalmente interessato è il grande apparato di Time–Of–Flight (TOF)
[28] [29], capace di misurare il tempo di volo di una particella carica con
una risoluzione temporale migliore di 100 ps. La combinazione delle misure
di tempo di volo, di dE/dx e dell’impulso transverso effettuata dall’ITS e
dalla TPC, permetterà l’identificazione di protoni, pioni e kaoni prodotti con
separazione a 3σ per π/K da circa 0.5 GeV/c fino a 2.5 GeV/c e di K/p
da 0.5 Gev/c a 4 GeV/c. Gli studi di termodinamica QCD evento per evento necessitano una statistica molto elevata nelle misure di distribuzione in
impulso trasverso pT per π, K e p, al fine di ricavare informazioni sulla termodinamica del QGP, sulla temperatura di freeze–out e sull’evoluzione del
sistema prodotto.
Anche grazie alle caratteristiche del TOF si potrà indagare la formazione
del QGP attraverso le seguenti misure:
- studio dell’aumento della stranezza, misurando i rapporti di produzione
(K/π, K/p) e l’abbondanza del mesone φ;
- rapporto di produzione e larghezza di decadimento φ → K + K − , per
lo studio della modifica delle proprietà dei mesoni vettoriali nel QGP a
causa del ripristino della simmetria chirale. Il decadimento φ → K + K −
potrà essere misurata con una risoluzione sulla massa invariante di 2
MeV/c grazie all’ottima risoluzione in impulso e angolare;
- identificazione di particelle con open charm (D 0 → K − π + , D + →
K − π + π + ) ed open bottom , necessarie come riferimento per lo studio
della soppressione degli stati legati di quark pesanti.
In figura 2.4 sono riportate due simulazioni che illustrano la separazione
in massa per π, K e p ottenibile con il rivelatore TOF, considerando urti
centrali ed assumendo una risoluzione temporale globale di 80 ps. In figura
2.5, la separazione in massa per π, K e p è stata ottenuta combinando le
informazioni del TOF con la misura della ionizzazione specifica fornita dalla
TPC.
p (GeV/c)
2.2. Prestazioni del rivelatore ALICE
49
4
3.5
3
2.5
2
1.5
1
0.5
0
0
0.2
0.4
0.6
0.8
1
1.2
2
Mass (GeV/c )
0.2
0.4
0.6
0.8
1
1.2
2
Mass (GeV/c )
103
10
2
10
0
Figura 2.4: Separazione in massa per π, K e p con il rivelatore TOF . Il grafico
si riferisce a 60 eventi centrali (parametro d’impatto tra 0 e 3 fm), generati
con HIJING, ed assumendo una risoluzione temporale globale di 80 ps.
Capitolo 2. L’esperimento ALICE e il TOF
dE/dX [au]
50
300
250
200
150
3
ma
ss
50
0
eV
[G
1
0.8
0.6
0.4
0.2
/c 2
]
1.2
100
charge2
*m
ome1
0eV -1
ntum [G
/c]
-2
-3
0
Figura 2.5: Separazione in massa per π, K e p ottenuta combinando le informazioni del TOF con la misura di dE/dx fornita dalla TPC (100 eventi
HIJING centrali, B=0,4 T).
2.3. La tecnica del tempo di volo
51
L’altro rivelatore espressamente dedicato alla identificazione di particelle
è il sistema di HMPID, che estenderà l’identificazione ad impulsi fino a 3
GeV/c per π/K e 5 GeV/c per K/p per le particelle emesse nell’angolo
solido del rivelatore (15% dei rivelatori centrali).
2.2.3
Coppie di leptoni
In ALICE saranno misurate coppie di elettroni nel TRD e coppie di muoni
nello spettrometro dedicato (Muon Arm). Questo consentirà la rivelazione
dell’intero spettro per i mesoni dei quark pesanti (stati charmonio e bottomio) nei canali di decadimento e+ e− e µ+ µ− .
La combinazione di queste tecniche permetterà ad ALICE di misurare la
produzione di coppie di charm e bottom in un intervallo -1≤ y ≤4.
2.2.4
Jet
I jet saranno misurati in ALICE ricostruendo le particelle cariche in un cono
attorno ad una particella di alto impulso trasverso, maggiore di 4 GeV/c.
ALICE raccoglierà sufficiente statistica per permettere uno studio dettagliato delle funzioni di frammentazione dei jet e del fenomeno di jet quenching
grazie alle sue eccellenti capacità di tracciamento e di identificazione delle
particelle. Usando le misure del PHOS, ALICE potrà anche studiare correlazioni back–to–back tra fotoni e jet; in questo modo, l’energia media del
jet può essere ottenuta dall’energia del fotone misurata dal PHOS e si può
quindi ricavare in maniera diretta l’energia persa dal partone veloce nell’attraversamento del plasma. Recentemente è stato approvato l’inserimento di
un calorimetro elettromagnetico (EMCAL) nella regione centrale in un settore di 120◦ opposto al PHOS che permetterà la misura dell’energia del jet
in modo calorimetrico.
2.3
La tecnica del tempo di volo
Le particelle abbondantemente prodotte nelle collisioni tra ioni pesanti hanno
una distribuzione dei momenti tale che circa il 97% delle particelle prodotte
in collisioni Pb–Pb all’LHC hanno un impulso inferiore a ∼ 2 GeV/c. Per tali
valori, la tecnica di Time of Flight, che misura direttamente la velocità delle
particelle, risulta essere una delle più appropriate. Nelle prossime sezioni si
descriverà la tecnica del tempo di volo e successivamente le varie parti del
rivelatore TOF di ALICE .
52
Capitolo 2. L’esperimento ALICE e il TOF
L’identificazione di una particella avviene tramite la misura della massa
e della carica. La misura diretta della massa non è possibile ed è necessario provvedere alla misura indiretta di questa tramite variabili cinematiche
dipendenti dalla massa della particella.
Negli esperimenti di fisica delle alte energie, solitamente, si misura l’impulso di una particella carica determinando la deviazione della sua traiettoria
di volo in un campo magnetico noto. Il raggio di curvatura R della particella
e il valore del campo B sono legati all’impulso p di una particella di carica
elettrica q dalla formula (per campi magnetici ortogonali alla direzione di
volo):
p = q · R · B⊥
(2.1)
dove B⊥ è il campo perpendicolare alla direzione del moto. In unità “pratiche”
si ha (per q =| 1e |= carica del protone):
p(GeV /c) = 0.30 · R(m) · B⊥ (T )
(2.2)
si può ottenere cosı̀ l’impulso della particella tramite il tracciamento di questa; la seconda variabile cinematica è, nel caso in esame, la velocità della
particella. La misura della velocità della particella è data dal rapporto fra la
lunghezza L della traiettoria della particella ed il tempo t impiegato dalla
particella per percorrere la traiettoria. Noto il momento p, la massa m è data
dalla formula:
r
t2
1
m=p
− 2
(2.3)
2
L
c
Derivando questa equazione si può osservare che la risoluzione in massa
di un rivelatore TOF risente di tre contributi principali
δp
δm
=
m
p
2
δm
E
=
m
m
2
E
δm
=
m
m
(2.4)
δt
t
(2.5)
δL
.
L
(2.6)
Sommando in quadratura i tre contributi, otteniamo la seguente formula
per l’incertezza sulla massa:
2
m
p2 + m2 2 p2 + m2 2
2
δt +
δL
(2.7)
δm =
δp2 +
p
t2
L2
2.4. Il sistema TOF di ALICE
53
Risulta evidente che la risoluzione in massa è condizionata maggiormente
dall’errore sul tempo di volo e sulla lunghezza della traccia ricostruita rispetto all’errore sull’impulso nel caso di p ≫ m. La differenza tra il tempo di
volo per due particelle con lo stesso impulso e stessa L, ma massa differente
è data in questo caso dall’equazione:
∆t =
L (m21 − m22 )
2c
p2
(2.8)
La capacità di distinguere due diverse particelle in un sistema di TOF è
descritta dal numero di deviazioni standard di separazione, questo è stimato
con la quantità:
∆t
L(m21 − m22 )
nL,m1,2 =
=
(2.9)
dt
2p2 cdt
dove dt rappresenta la risoluzione temporale del rivelatore. In figura 2.6 è riportata la differenza fra tempi di arrivo di particelle di diversa massa e uguale
impulso, su una traiettoria di 4 m, in funzione dell’impulso delle particelle.
Il grafico mostra la situazione che si avrà in media per l’apparato TOF di
ALICE. Si può vedere che per ottenere una separazione tra π e K di almeno
3 σ e per impulsi fino a circa 2.5 GeV/c, è indispensabile che il rivelatore
abbia una risoluzione temporale globale non superiore ai 100 ps.
2.4
Il sistema TOF di ALICE
Il rivelatore TOF di ALICE [29][30] è un rivelatore centrale che copre l’intervallo delle pseudorapidità | η |≤ 0.9, è dedicato all’identificazione di particelle
con impulso tra 0.5 e 4 GeV/c. Considerando che la maggior parte delle particelle cariche prodotte sarà emessa in questo intervallo, le prestazioni di
tale rivelatore saranno di cruciale importanza per gli obiettivi dell’esperimento ALICE . La richiesta progettuale di un sistema di tempo di volo con
risoluzione globale inferiore a 100 ps impone limiti stringenti sulle prestazioni.
2.4.1
Fonti di incertezza nella misura del tempo di volo
Dal grafico di figura 2.6 emerge che, per rispondere ai suoi obiettivi fisici,
il rivelatore del TOF deve avere una risoluzione temporale globale inferiore ai 100 ps. Ogni componente del sitema TOF contribuisce con le proprie
indeterminazioni all’errore totale sul tempo misurato dal TOF .
In particolare, i contributi alla risoluzione temporale del TOF , escludendo
la risoluzione intrinseca del rivelatore, sono stati individuati in:
54
Capitolo 2. L’esperimento ALICE e il TOF
Figura 2.6: Differenze dei tempi di arrivo per π/K e K/p, dello stesso impulso
su una traiettoria di 4 metri. Il TOF si trova a 3.7 m dal fascio, la traittoria
delle particelle sarà leggermente più lunga a causa della deflessione in campo
magnetico e per le zone con rapidità diversa da 0, la stima di 4 m è un valore
medio della lunghezza aspetttata per le particelle.
2.4. Il sistema TOF di ALICE
55
- jitter temporale dell’elettronica di front–end σF EE ;
- indeterminazione di digitalizzazione σT DC ;
- errore sulle costanti di calibrazione σCAL . Ogni canale di acquisizione
avrà un suo tempo caratteristico, per via delle diverse lunghezze dei cavi
e delle piste sulle schede di elettronica. Nelle prime fasi dell’esperimento
si dovrà accumulare statistica per determinare il valore
√ di tali tempi, il
cui errore sul valore medio sarà dato da σmean = σ/ Neventi .
- errore sulla distribuzione del clock, che comprende i contributi dovuti
alla trasmissione attraverso il sistema di distribuzione del clock e i
contributi dovuti alla distribuzione del clock all’elettronica σClock +
2σClT DC ;
- errore sull’assegnazione del t0 dell’evento σT 0 ≈ 50 ps 1 ;
Supponendo che la risoluzione del sistema TOF sia la somma in quadratura delle risoluzioni temporali dei singoli elementi del rivelatore, possiamo
ottenere una stima della risoluzione totale:
2
2
2
σT2 otal = σcal
+ σT2 0 + σclk
+ 2σcT
DC +
2
2
2
+2σT DC + σF EE + σRivelatore < (100 ps)2
(2.11)
Nel corso di questo capitolo saranno descritte le parti del sistema TOF in
relazione al loro funzionamento e quantificando la risoluzione temporale dei
singoli elementi.
2.4.2
Il rivelatore per il TOF
La realizzazione di sistemi di tempo di volo con risoluzioni temporali minori
di 100 ps è possibile utilizzando la tecnologia degli scintillatori e fotomoltiplicatori; questa scelta non è però praticabile nel caso di un rivelatore di grandi
dimensioni come il TOF .
1
Qui ci si riferisce al valore legato alla misura del rivelatore T0. Durante l’esperimento
sarà comunque possibile ridurre questa indeterminazione a circa 5 ps. Nel caso di collisioni
Pb–Pb è possibile utilizzare un metodo combinatorio su un set di N tracce misurate e
ricostruite dal TOF , basato sulla ricerca della combinazione C best (m1 , ...mN ) migliore tra
le 3N ipotesi di massa (π, K, p), minimizzando
2
χ (C) =
X
i=1,..N
T OF
dove t0i (mi ) = texp
.
i (mi ) − ti
t0i (mi )− < t0 (C) >
σi2
2
(2.10)
56
Capitolo 2. L’esperimento ALICE e il TOF
Le dimensioni del rivelatore TOF (160 m2 di area ) unita alle richieste
sulla risoluzione temporale hanno guidato la scelta verso un rivelatore a gas
a piani paralleli resistivi (Resistive Plate Chambers RPC).
Le camere a piani resistivi sono camere a ionizzazione caratterizzate da
una struttura ad armature parallele dove il campo elettrico è uniforme, e il
rivelatore ha perciò una risposta uniforme nel punto di incidenza della particella. Se il campo è sufficientemente intenso, la ionizzazione primaria della
particella dà luogo ad una moltiplicazione “a valanga”, il campo è fornito dalla differenza di potenziale applicata alle armature piane (anodo e catodo);
anodo e catodo sono costituite da lastre di materiale ad alta resistività.
Il segnale fisico è indotto dal movimento degli elettroni e ioni creati nella
valanga su elettrodi di pick-up (pad ) a ridosso di anodo e catodo.
Le incertezze che accompagnano la formazione del segnale dipendono da
due tipi di fluttuazione:
fluttuazioni nel numero di coppie primarie : il numero di coppie elettrone–
ione positivo prodotte all’interno di un gas al passaggio di una particella
carica è distribuito secondo una statistica poissoniana. Il processo di
produzione di una coppia elettrone–ione dipende dal tipo di gas utilizzato e dalla densità di questo, ed è totalmente indipendente dal campo
elettrico presente nel rivelatore. Dato un particolare tipo di gas, quello che si conosce è il numero medio di coppie prodotte per unità di
lunghezza. Assumiamo m il numero medio di coppie create per unità di
lunghezza, allora l = 1/m sarà la distanza media tra le coppie lungo il
cammino della radiazione incidente. La probabilità di avere ionizzazione
primaria è data da
1
P (d) = e−d/l
(2.12)
l
dove l è la distanza media delle coppie l = 1/m e d è la distanza dal
punto in cui la radiazione è penetrata nel volume di gas;
fluttuazioni nello sviluppo della valanga : i processi con cui si innesca
la ionizzazione a valanga dipendono fortemente dal campo elettrico
all’interno del volume di gas attivo; in funzione del campo elettrico
nella camera si possono avere diversi regimi di funzionamento ( figura
2.7). Nel caso del TOF , la risoluzione temporale e l’efficienza sono i
parametri da controllare nella scelta del regime di funzionamento del
rivelatore a piani paralleli. È dimostrabile [31][32] che la fluttuazione
temporale del segnale indotto sulle pad dipende dalle caratteristiche
del gas e dal campo elettrico nella camera secondo la
1
σt ≈
(2.13)
(α − η) vD
2.4. Il sistema TOF di ALICE
57
dove α è il coefficiente di Townsend ovvero l’inverso del cammino libero
medio degli elettroni nel gas; η è il coefficiente di attachment ovvero
l’inverso del cammino medio per una ricombinazione elettrone–ione o
una cattura elettrone–atomo e vD è la velocità di deriva nel gas di un
elettrone sotto campo elettrico.
Figura 2.7: Numero di ioni raccolti sugli elettrodi di un rivelatore a ionizzazione in funzione del campo elettrico applicato [34]; il grafico si riferisce
alla carica raccolta in una camera a fili.
Nelle RPC l’alto valore di resistività dei piani permette di operare per
valori del campo elettrico estremamente elevati (alta vD ) e permette inoltre
di aumentare il rate capability per unità di superficie del rivelatore. L’uso degli RPC per gli scopi del TOF è precluso dall’impossibilità di avere
contemporaneamente ottime risoluzioni temporali e grandi rate capability.
Difatti, qualora si decidesse di ridurre il valore della resistività degli elettrodi sarebbe necessario ridurre il campo elettrico per limitare le dimensioni
trasversali degli streamers. Una possibilità di conciliare risoluzioni e rate
58
Capitolo 2. L’esperimento ALICE e il TOF
capability è data dalla riduzione del gap , tuttavia questa soluzione ridurrebbe la quantità di gas fra gli elettrodi e conseguentemente l’efficienza del
rivelatore.
Lo sviluppo della camera a piani resistivi multigap (MRPC), il cui primo
prototipo fu realizzato nel 1996 all’interno del progetto LAA del CERN [35],
è stato capace di conciliare queste tre proprietà.
Una MRPC consiste essenzialmente in una RPC nel cui gap sono inseriti
dei setti equidistanziati dello stesso materiale degli elettrodi più esterni e
paralleli ad essi (figura 2.8 ), in questo modo la distanza tra i due elettrodi
è suddivisa in tanti intervalli uguali ed indipendenti. A differenza degli RPC
a singolo gap, gli MRPC possono operare in regime proporzionale anche applicando campi elettrici estremamente elevati; le dimensioni della valanga e
il cammino libero medio sono infatti limitate superiormente dalle dimensioni
dei gap [36]. Questo permette, in accordo con l’eq. 2.13 di avere risoluzioni
temporali elevate. D’altra parte il volume attivo del rivelatore è la somma di
tutte le singole gap [37][38].
Figura 2.8: Differenze schematiche tra una RPC (a) ed una RPC Multigap
(MRPC) (b).
Aumentando il numero di gap si possono ottenere quindi efficienze prossime
2.4. Il sistema TOF di ALICE
59
al 100%. Inoltre lo spettro ha una distribuzione piccata essendo la somma di
più distribuzioni (vedi figura 2.9).
300
250
200
150
100
50
0
0
50
100
150
200
250
300
charge (ADC bin)
Figura 2.9: Spettro di carica per diverse MRPC, in cui è stato sottratto il
pedestallo.
Il regime di operazione proporzionale è caratterizzato da una costante
di moltiplicazione eαL ≤ 108 , dove L è l’ampiezza di una singola gap[29].
Applicando campi intensi E ≈ 100 kV/cm, si hanno α ≈ 100mm−1 [33].
Le dimensioni delle gap devono essere quindi L ≈ 10−1 mm, per campi cosı̀
elevati si hanno velocità di deriva dell’ordine di circa 100 µm/ns, e quindi,
dall’eq. 2.13 si ottengono risoluzioni temporali dell’ordine di 100 ps.
2.4.3
Le MRPC per il TOF di ALICE
Il disegno delle MRPC per il TOF di ALICE è del tipo a doppio stack, con un
anodo centrale e due catodi disposti in maniera simmetrica attorno ad esso (la
sezione trasversale di una MRPC a doppio stack è riportata in figura 2.10).
60
Capitolo 2. L’esperimento ALICE e il TOF
Rispetto ad un disegno asimmetrico, con un solo anodo ed un solo catodo, e
con lo stesso numero e stesso spessore dei gap, la soluzione adottata presenta
diversi vantaggi. In primo luogo, essa consente di ottenere la stessa intensità
del campo elettrico all’interno del rivelatore, applicando metà della tensione
richiesta nel caso asimmetrico. Poiché i segnali sono la somma di quelli indotti
in entrambi gli stack, la loro l’ampiezza è la stessa in entrambi i casi. Inoltre,
gli elettrodi sono più vicini tra loro, per cui l’impronta della valanga su di essi
risulta minore; il segnale è indotto su un’area limitata, riducendo gli effetti
di bordo tra pad adiacenti[29][39][40].
Le MRPC sono assemblate in una geometria a strip di 122 × 13 cm2 di
dimensione (con 120 × 7.4 cm2 di area attiva), con 5 + 5 gaps di 250 µm di
ampiezza (figura 2.11).
Ogni rivelatore comprende 96 pads di lettura di 3.7 × 2.5 cm2 di area,
disposte su 2 file. Tali pad sono realizzate su Printed Circuit Board (PCB
) di vetronite multistrato per l’isolamento dagli elettrodi di alta tensione. I
piani resisitivi sono realizzati con vetro “soda–lime” con una resisitvità volumetrica di ∼ 1013 Ω·cm; quelli esterni hanno uno spessore di 550 µm, mentre
quelli interni sono spessi 400 µm.
La superficie esterna dei piani esterni è rivestita con una pittura resistiva
ottenuta con una vernicie acrilica caricata di ossidi di metallo, con valori di
resistività superficiale di qualche MΩ/2. Tramite tali vetri è applicata l’alta tensione al rivelatore. I due piani più esterni, che fungono da elettrodi,
sono connessi all’alta tensione grazie ad alcune piazzole rettangolari metalliche realizzate alle estremità dei PCB e ad una colla epossidica che, oltre a
mantenere meccanicamente attaccati i vetri ai PCB, garantisce il contatto
metallico.
I gap sono ottenuti disponendo un filo di nylon, dello spessore di 250
µm, sui vetri. Per agevolare questa operazione, sono state inserite delle viti
di plexiglass nei PCB (rappresentate nel disegno di figura 2.10 e visibili in
figura 2.11), attorno alle quali il filo è steso ortogonalmente alla lunghezza
dei vetri; il filo è fatto passare sui vetri ogni 2.5 cm, in corrispondenza della
zona tra due pad attigue. I vetri interni sono fissati solo alle loro estremità
attraverso delle piccole strisce a tre strati di nastro biadesivo – mylar –nastro
biadesivo.
I connettori attraverso i quali i segnali sono prelevati, ed invii all’elettronica
di front–end, si trovano sul PCB centrale; i segnali catodici arrivano su questo
PCB tramite dei pin metallici, che servono anche per mantenere compatto il
rivelatore. La rigidità al sistema è assicurata da due pannelli di honeycomb
plastico, di 10 mm di spessore, incollati sui due PCB esterni. Nel PCB è
stampata una pista che passa in prossimità delle pad di pick–up, con questo
2.4. Il sistema TOF di ALICE
61
130 mm
active area
74 mm
C
A
B
I
D
H
E
G
F
B
130 mm active area
74 mm
Figura 2.10: Sezione trasversale di un MRPC a doppio stack. Si riconoscono i
seguenti elementi: (A) pannello dihoneycomb; (B) PCB con le pad catodiche;
(C) viti di plexiglass, utilizzate per la stesura del filo di nylon; (D) vetri
esterni; (E) vetri interni; (F) gap di 250 µm di ampiezza; (G) PCB centrale
con le pad anodiche; (H) pin metallici, utilizzati per trasportare i segnali
dalle pads catodiche al PCB centrale e per consolidare la struttura della
strip; (I) connettore per cavi flat, attraverso i quali il segnale viene prelevato
dal rivelatore ed inviato all’elettronica di front–end.
62
Capitolo 2. L’esperimento ALICE e il TOF
Figura 2.11: Foto delle MRPC strip durante alcune fasi del loro assemblaggio.
In particolare, nella foto in basso si riconoscono i PCB (i piani verdi), la serie
di vetri, le viti di plexiglass attorno alle quali viene fissato il filo spaziatore
di nylon, ed il filo stesso.
2.4. Il sistema TOF di ALICE
63
sistema potranno essere effettuate calibrazioni periodiche e ulteriori test sul
rivelatore.
Per la collocazione delle strip di MRPC nel rivelatore ALICE si è optato
per un progetto basato su una struttura modulare. La struttura modulare
dell’intero TOF è segmentata in 18 Super-Moduli corrispondenti a 18 settori
nell’angolo azimutale φ.
Figura 2.12: Struttura di supporto cilindrica (space frame) che ospiterà i
Super-Moduli del TOF di ALICE.
I Super-Moduli sono collocati durante l’installazione in una struttura
cilindrica a traliccio denominata space frame (figura 2.12 ) nella regione
compresa tra un raggio interno di 370 cm ed uno esterno pari a 399 cm.
Ciascun Super-Modulo è composto da 5 moduli disposti in successione
lungo l’asse del fascio (vedi Figura 2.13 ). Tutti i moduli (e di conseguenza
tutti i Super-Moduli ) hanno la stessa larghezza (128 cm); i moduli hanno
lunghezza crescente dal centro verso l’esterno, per una lunghezza complessiva
di 750 cm per Super-Modulo . I moduli alloggiano e interfacciano le strips di
(MRPC), il modulo centrale contiene 15 strips, i moduli intermedi ed esterni
19. Ogni modulo è diviso in due zone distinte, separate da un’interfaccia a
circuito stampato (Printed Cricuit Board PCB ) (figura 2.14); la zona dove
si trovano i rivelatori MRPC è racchiusa in un involucro di fibre di vetro a
64
Capitolo 2. L’esperimento ALICE e il TOF
Figura 2.13: Particolare dello space frame con un Super-Modulo inserito. Si
può osservare la struttura a cinque moduli ed i crates con l’elettronica di
read–out e di controllo, posizionati ai due capi del Super-Modulo .
tenuta stagna, il volume esterno a questo equipaggia sul PCB di interfaccia le
schede di elettronica per la discriminazione e l’amplificazione (front–end ) ed il
circuito di raffreddamento di queste. In Figura 2.14 si può vedere una sezione
trasversale di un modulo centrale, in cui si può osservare il posizionamento
delle MRPC all’interno della zona a tenuta stagna (la zona colorata in giallo)
e la disposizione delle schede di front–end.
I rivelatori MRPC sono posizionati trasversalmente rispetto alla direzione
z, e ruotati in modo da essere mediamente ortogonali alla direzione di particelle provenienti dal punto di interazione (geometria puntante). Tale accorgimento è stato adottato allo scopo di minimizzare il numero di particelle che
attraverseranno i rivelatori obliquamente.
Per evitare la presenza di zone non attive, le strip adiacenti sono disposte
in modo da avere una sovrapposizione di 2 mm tra le rispettive aree. La
granularità del TOF è un requisito fondamentale per poter identificare il
maggior numero di particelle cariche possibile, anche a molteplicità elevate.
Simulazioni dettagliate hanno dimostrato che, utilizzando pad di lettura sugli
MRPC di 35 × 25 mm2 e la geometria puntante, si può limitare l’occupancy
a . 13%, anche assumendo dNch /dη = 8000 e B=0.5 T .
Un ulteriore accorgimento nella progettazione dei moduli è stato la minimizzazione delle perdite di area sensibile lungo il Super-Modulo nei punti
2.4. Il sistema TOF di ALICE
65
Figura 2.14: Diposizione delle MRPC strip all’interno di un modulo (in questo
caso è riportato un modulo centrale). Le MRPC sono ruotate in modo da
essere in media ortogonali alla direzione di volo delle particelle uscenti dal
centro di interazione.
66
Capitolo 2. L’esperimento ALICE e il TOF
Figura 2.15: Dettaglio della sovrapposizione dei bordi di un modulo centrale
e di uno intermedio.
in cui i moduli si interfacciano. Il progetto dei moduli è stato svilupppato in
modo che le vasche di fibra di vetro fossero complementari fra moduli adiacenti, cosı̀ da poter avvicinare il più possibile le strip prossime ai bordi dei
rispettivi moduli.
In figura 2.15 è illustrata la soluzione adottata per limitare la zona d’ombra
fra due moduli e gli angoli delle differenti strip rispetto al piano perpendicolare il fascio.
In figura 2.16 è riportato una rappresentazione CAD di un modulo del
TOF di ALICE . La zona stagna è separata da quella esterna attraverso un
pannello di honeycomb di 1.3 cm di spessore, rivestito da una lamina spessa
1 mm di alluminio. I segnali provenienti dalle MRPC arrivano all’elettronica
di front–end (FE ) tramite schede PCB di interfaccia incollate al piano di
honeycomb, e presentano da un lato i connettori per ricevere i cavi segnale
dalle MRPC, e dall’altro i connettori su cui sono inserite le schede di FE.
Allo scopo di schermare l’elettronica e le MRPC dal rumore elettromagnetico esterno, i moduli sono protetti da due “gabbie di Faraday”: nella parte
interna del modulo le vasche di fibra di vetro sono rivestite di un materiale
conduttivo, che è connesso a massa, nel volume esterno l’elettronica di FE è
schermata e protetta tramite dei pannelli di alluminio di 1 mm di spessore.
2.4. Il sistema TOF di ALICE
67
Figura 2.16: Schema di un modulo del TOF di ALICE . Si riconoscono: (A)
la box contenete il gas e le MRPC strip; (B) le schede di interfaccia tra i
cavi flat che trasportano il segnale proveniente dagli MRPC e l’elettronica di
front–end ; (C) i connettori su cuisono inserite le schede di elettronica; (D) le
schede di front–end ; (E) i pannelli ed (F) i tubi per il raffreddamento delle
schede.
68
Capitolo 2. L’esperimento ALICE e il TOF
2.4.4
L’elettronica di Front End e conversione
L’elettronica di FE è stata disegnata anch’essa con progettazione modulare,
il modulo base dell’elettronica è la scheda FEA (Front–End Amplifier ). La
FEA si connette tramite il PCB di interfaccia alle MRPC ed elabora i segnali
fisici in uscita dalle camere. La FEA amplifica il segnale delle MRPC e lo
discrimina fornendo un ouput LVDS (Low Voltage Differential Signaling) attraverso un Application-Specific Integrated Circuit (ASIC) detto NINO[41].
Il segnale in uscita corrisponde temporalmente al momento in cui il segnale
supera la soglia; questo segnale è digitalizzato da un High Performance TDC
(HPTDC) posto nei crates agli estremi del Super-Modulo . Agli estremi dei
Super-Modulo sono posizionati quattro TOF crates, dei crates VME progettato per il TOF da CAEN2 . Il TOF crate incorpora le funzioni di un crate
VME64x a 12 slots raffreddato a liquido, con tre converitori DC/DC (da corrente continua a corrente contuinua) che provvedono alla conversione di un
canale di potenza a 48 V in canali di bassa tensione 5 V, 3.3 V per il fuzionamento del bus VME, 12 canali 2.5 V per l’alimentazione dell’elettronica di
FE e due canali per la programmazione elle APA delle schede di elettronica.
La difficoltà di utilizzare un convertitore DC/DC in campo magnetico è giustificata dalla potenza consumata dai canali a bassa tensione e dalla caduta
di tensione sui lunghi cavi per tensioni generate all’interno del magnete.
Gli HPTDCs sono ospitati in schede slave VME che provvedono alla
lettura di 30 di essi, dette TDC Read–out Module (TRM) [42][43][?].
. In ogni crate è inoltre presente una scheda slave chiamata Local Trigger
Module (LTM )[45] che fornisce all’elettronica di FE il valore delle soglie di
discriminazione e riceve un segnale di fast OR da ciascuna FEA. In figura 2.17
è schematizzata l’intera catena di lettura ed acquisizione: le FEA forniscono
tramite cavi da 24 coppie singolarmente schermate il segnale discriminato dai
tre ASIC NINO ospitati nella FEA. Il segnale LVDS arriva poi agli HPTDC
ospitati nelle schede d lettura TRM nei crate. La catena di misura è quindi
basata su due ASIC, il NINO e l’HPTDC. Le caratteristiche principali del
NINO ASIC sono:
- una struttura completamente differenziale, dall’input all’output;
- la scheda è ottimizzata per operare con una capacità di ingresso di 30
pF;
- l’uscita digitale in logica LVDS;
2
CAEN s.p.a., Via Vetraia, 11, Viareggio, Italy
2.4. Il sistema TOF di ALICE
69
Cavo segnale (da 2 a 5 mt.)
Scheda HPTDC
240 canali in
un crate VME
Scheda di front - end
con amplificatori e
discriminatori - 24 canali
Cavo flat
Figura 2.17: Schema dell’intera linea di read–out: i segnali delle MRPC sono
connessi alle schede FEA con i NINO tramite cavi flat e da schede di inerfaccia. L’uscita digitale delle schede FEA è connessa attraverso cavi segnale
( lunghi 1.75 ÷ 5.5 m) agli HPTDC posizionati nei crate alle estremità del
Super-Modulo .
70
Capitolo 2. L’esperimento ALICE e il TOF
- la larghezza del segnale digitale in uscita è data dal tempo che il segnale in ingresso rimane al di sopra della soglia del discriminatore (Time–
Over–Threshold, TOT) ed è proporzionale all’ampiezza del segnale indotto sulla strip. Poiché la FEA fornisce solo il segnale digitale in uscita,
questa caratteristica è indispensabile per poter effettuare la correzione
per effetto di time slewing sul tempo di arrivo del segnale del rivelatore;
- l’amplificazione è veloce per minimizzare il time jitter ;
- una bassa impedenza in ingresso (50 Ω) in modo da accoppiarsi in
maniera ottimale con le linee di trasmissione (cavi flat ) dalla MRPC
alla FEA;
- una soglia del discriminatore regolabile in un intervallo di carica 10 –
100 fC;
- una bassa potenza dissipata, circa 30 mW per canale;
- la scheda presenta 8 canali di I/O per ogni chip ASIC.
Le caratteristiche principali del HPTDC sono:
- è basato sulla tecnologia CMOS 0,25 µm 3 commerciale, ma sviluppato dal gruppo di micro–elettronica del CERN per le applicazioni in
esperimenti ad LHC
- 32 ingressi digitali LVDS;
- effettua la conversione registrando un valore di clock di riferimento
(time stamp).
- converte sia il tempo del fronte di salita che di discesa dell’input LVDS;
- conserva più hits nel registro interno ed è dotato di una memoria First
In First Out (FIFO ) interna, permettendo di operare con tempi morti
inferiori ai 6 ns e di conservare per il tempo necessario all’elaborazione
del trigger (trigger latency) gli hits nella sue memorie interne.
- ha una grande flessibilità di utilizzo. Sono possibili 4 modi di risoluzione
temporale attraverso la moltiplicazione del Clock in un anello ad aggancio di fase (Phase Locked Loop, PLL);
3
per CMOS 0,25 µm si intende la tecnologia Complemetary Metal-Oxide Semiconductor
con lunghezza minima del canale (gate) 0,25 µm.
2.4. Il sistema TOF di ALICE
71
- nel modo di più alta risoluzione (Very High Resolution Mode) fornisce
una conversione a 24.4.ps di Least Significant Bit LSB.
- il Very High Resolution Mode è implementato tramite la connessione
di 4 ingressi ad una linea di ritardo interna. Nel modo di risoluzione
massima l’HPTDC processa 8 canali LVDS.
Si descriverà con maggiore dettaglio il funzionamento dell’HPTDC (Vedi
figura 2.18)e la sua interfaccia di lettura (TRM), al fine di fornire supporto
alle operazioni svolte nella validazione dei moduli di elettronica e delle MRPC
descritte nei prossimi capitoli.
L’HPTDC e la TRM
Figura 2.18: Schema a blocchi logici di un HPTDC.
Il funzionamento dell’HPTDC è basato su un anello a ritardo agganciato
(Delay Locked Loop DLL illustrato in figura 2.19), un dispositivo che consiste
principalmente di 3 componenti:
1. una catena di 32 elementi di ritardo regolabili che possono replicare il
dato digitale all’ingresso con un ritardo regolabile tramite un ingresso
analogico;
72
Capitolo 2. L’esperimento ALICE e il TOF
2. un rivelatore di fase, che fornisce un potenziale proporzionale al tempo
intercorso fra l’arrivo di due segnali (un Time to Analog Converter ).
3. un circuito integratore con filtro capacitivo.
Il DLL può essere interpretato come un registro a scorrimento che effettua
uno scorrimento ciclico in un periodo di clock. Il rivelatore di fase e il cicuito
integratore fungono da retroazione negativa per mantenere il passo di scorrimento al variare delle condizioni fisiche del chip o del segnale di clock. Le
uscite dei singoli elementi di ritardo sono collegate parallelamente a diversi
registri a 32 canali che memorizzano la parola da 32 bit quando ricevono
un hit all’ingresso. L’HPTDC è stato realizzato per rispondere alle moltepli-
Figura 2.19: Schema a blocchi logici di un DLL.
ci situazioni sperimentali presenti a LHC e più in generale nella fisica delle
alte energie. La caratteristica che maggiormante evidenzia la flessibilità del
progetto è la possibilità di lavorare in diversi modi operativi tramite la moltiplicazione della frequenza del clock di funzionamento (40 MHz) in un anello
ad aggancio di fase (Phase Locked Loop, PLL). Nel modo operativo impostato nelle TRM (very high resolution mode ), il clock è moltiplicato per otto
per ottenere 320 MHz che corrispondono ad un LSB dato dalla formula:
tP LL =
tCLK
1
=
= 97ps.
32
fck · 32
Al fine di migliorare ulteriormente la segmentazione temporale si adotta una
tecnica simile alla tecnica che in meccanica si utilizza con il nonio del calibro
(lo schema di principi di questo sistema è illustrato in figura 2.18): gli hit
sono inoltrati a quattro canali di HPTDC attraverso una linea di ritardo RC
regolabile formata da quattro elementi di ritardo con tempo caratteristico
τ = tLSB /4. In questo modo è possibile aggiungere due bit di interpolazione
con tint = tLSB /4 = 24.4 ps; i bit di interpolazione si possono ottenere semplicemente contando il numero di canali che segnano lo stesso “orario” del
primo elemento della catena di ritardo. Ogni HPTDC può cosı̀ convertire il
2.4. Il sistema TOF di ALICE
73
tempo di arrivo di 32 canali LVDS nei modi di minore risoluzione e 8 canali
nel modo di Very High Resolution Mode.
La linearità della conversione è assicurata da accorgimenti nel disegno del
HPTDC. Tuttavia nei modi di massima risoluzione sono stati osservati effetti di non linearità principalmente dipendenti da interferenze fra la sezione
dell’ASIC dedicata alla conversione (320 MHz) e la sezione dedicata all’interfaccia e alla memorizzazione (40 MHZ) attraverso il comune substrato. Per
correggere le non linearità è possibile effettuare un test di densità tramite la
registrazione di eventi distribuiti temporalmente in modo uniforme su 25 ns.
Il numero di eventi registrati corrispondenti ad una parola è proporzionale
alla misura dell’intervallo temporale corrispondente alla parola stessa. In funzione della frequenza relativa di ciascun canale è possibile compilare delle
tabelle di correzione per ottenere una misura lineare nel tempo di arrivo entro un errore tLSB . In figura 2.20 sono riportati i grafici di frequenze relative
e non–linearità integrali calcolate attraverso la prova di densità.
Figura 2.20: Densità relative e non linearità integrali: sulla sinistra la densità
relativa dei bits in un intervallo di 25 ns, sulla destra le correzioni alle non
linearità (non-linearità integrali) ottenute dalla prova di densità.
Gli HPTDC registrano gli hit per ogni canale; all’arrivo del segnale di
trigger L1, essi si posizionano indietro di un certo intervallo di tempo (≈
6.2 µs, L1 trigger latency per ALICE ) e ricercano hit per un finestra temporale programmabile, dell’ordine di 200 ns (matching window per ALICE ),
spostandoli successivamente all’interno di una FIFO di read–out.
L’intervallo minimo fra due hits per permettere ad entrambi di essere
memorizzati nei registri è 6 ns. La memorizzazione di entrambi i fronti del
segnale LVDS è fondamentale per effettuare correzioni di time slewing: per
permettere di ricavare la completa informazione dal segnale della MRPC, la
scheda di FE incorpora un circuito il cui scopo è di allungare di 10 ns il
tempo del segnale in uscita.
Le schede TRM si occupano di gestire le operazioni di lettura degli hit
74
Capitolo 2. L’esperimento ALICE e il TOF
sugli HPTDC in una memoria RAM in attesa del secondo livello di trigger
e trasferire i pacchetti contenenti i dati alla scheda master VME. La scheda
TRM si occupa inoltre di conservare le informazioni sulle tabelle di non
linearità e di correggere gli hit provenienti dagli HPTDC e di effettuare una
riduzione dei dati.
Figura 2.21: Schema concettuale di un modulo TRM. le funzionalità in verde
sono implementate dalla FPGA
La scheda TRM ospiterà 30 HPTDCs in 2 diverse catene di lettura. Gli
HPTDC sono connessi all’elettronica di lettura in 10 schede piggy–back per
avere un lay–out più compatto per la scheda TRM e per facilitare operazioni
di manuntenzione ed il raffreddamento. Ogni piggy-back alloggia 3 HPTDC ed
converte 24 canali LVDS corrispondenti ad una scheda FEA. Nelle figure 2.21
e 2.22 sono mostrati lo schema di principio della scheda TRM e un’immagine
della scheda TRM e di una delle piggy–back. Una Field Programmable Gate
Array (FPGA) agirà da controller di lettura e da interfaccia VME con il
bus VME 64x. All’arrivo del trigger L1, il controller di lettura copia gli hit
dai registri FIFO degli HPTDC a due RAM statiche (SRAM) accoppiate.
Le SRAM sono controllate da un gestore di evento (event manager ) sempre
implementato nella ulteriore FPGA. L’insieme di due SRAM e event manager
agisce come una RAM a doppia interfaccia. Durante l’operazione di read–out
degli HPTDC la FPGA effettua la correzione per le non linearità integrali e
compatta un hit leading ed un hit trailing in un’unica parola a 32 bit.
La scheda TRM ha un disegno molto flessibile e permette di modificare
il contenuto del firmware delle FPGA potendo cosı̀ aggiornare la program-
2.4. Il sistema TOF di ALICE
75
(a) TRM
(b) Piggy–Back
Figura 2.22: Immagine di una scheda TRM e di una delle 10 piggy–back ospitate dalla scheda. Nella struttura gli HPTDC sono connessi termicamente ad
una barra di alluminio tramite uno strato di silicone termicamente conduttivo
e attraverso le parti di PCB prive di solder
76
Capitolo 2. L’esperimento ALICE e il TOF
mazione delle TRM stesse, e le ccostanti di calibrazione.
Nella sezione dedicata alla validazione dell’elettronica di conversione si
entrerà in una descrizione più dettagliata del funzionamento delle varie parti
delle TRM, ai fini di giustificare i controlli da effettuare prima dell’inserimento delle schede di elettronica nei Super-Moduli . Nel prossimo capitolo
sarà descritto un apparato sperimentale per il controllo per la produzione
delle strips di MRPC. Nell’apparato di controllo si otterrà una stima della
risoluzione nell’esperimento: l’elettronica di FE e di conversione sono il più
possibile simili all’elettronica che sarà inserita nei Super-Moduli .
Capitolo 3
Misure di risoluzione temporale
ed efficienza a Bologna
Il rivelatore TOF è un rivelatore di grandi dimensioni, e la sua realizzazione
con una logica modulare implica che i moduli elementari siano il più possibile
uniformi sotto il profilo delle prestazioni. La richiesta di ripetibilità sulle
misure del rivelatore implica, nella costruzione pratica, l’implementazione di
prove utili al controllo degli elementi del TOF .
I successivi due capitoli sono dedicati alla descrizione di due apparati di
misura e di controllo per la verifica della produzione delle MRPC.
3.1
Il telescopio per raggi cosmici a Bologna
Nei laboratori della Sezione INFN di Bologna è stato implementato nel 2003
un sistema per la rivelazione dei raggi cosmici allo scopo di misurare l’efficienza e la risoluzione temporale per controlli a campione sulle strips realizzate
[46]. Nel 2006 l’apparato è stato modificato con la sostituzione dell’elettronica con i prototipi dell’elettronica finale per il TOF . La setup di raggi cosmici
è divenuta perciò una setup di controllo non solo per il rivelatore fisico, ma
anche per l’elettronica del TOF .
3.1.1
La stazione per raggi cosmici
Il telescopio consiste in 5 MRPC strip disposte orizzontalmente una sull’altra, con i piani paralleli tra loro (fig. 3.2). Le strip sono posizionate all’interno
di una box di alluminio di dimensioni 129 × 48 × 21 cm3 , visibile in figura
3.3. La camera è composta da una vasca di alluminio e da un coperchio–
interfaccia; la vasca contiene le strip e collega mediante attacchi a sgancio
77
78
Capitolo 3. Misure di risoluzione temporale ed efficienza a Bologna
Figura 3.1: Vista degli elementi che compongono il telescopio per raggi cosmici: box metallica (sulla sinistra ), schede di FEA inserite nei connnettori
delle schede di interfaccia (pannelli verdi), alimentatori LV ed HV e crate
VME (sulla destra).
rapido la camera al circuito distributore del gas. Il coperchio–interfaccia è
formato da una struttura di alluminio alla quale sono fissati i supporti di
plexiglas per le strip, le schede PCB di interfaccia fra le pad e l’elettronica di
FE e i connettori per l’alta tensione. Il coperchio e la vasca sono in contatto
elettrico cosı̀ da fornire uno schermo ai rumori elettromagnetici. Il coperchio
della box è ancorato con delle viti ad un traliccio metallico, realizzato con
profilati di alluminio.
Tutti i collegamenti e gli sforzi meccanici sono vincolati al coperchio–interfaccia
in modo tale che la sostituzione delle strip sia possibile rimuovendo la vasca e le connessioni elettriche con l’elettronica di FE. Le pad di pickup sono
connesse all’elettronica di discriminazione tramite dei flat connessi al connettore a cui arrivano le piste metalliche stampate sul PCB. I segnali dalle
MRPC sono amplificati e discriminati dalle schede di front–end montate
direttamente sulla box metallica (figura 3.2 e 3.3).
Le schede di FE sono le schede FEA a 24 canali utilizzate nei SuperModuli [41]. Esse forniscono in uscita un segnale LVDS con un fronte di
salita corrispondente al momento in cui il segnale delle MRPC ha superato
3.1. L’apparato dell’INFN di Bologna
79
la soglia e di durata proporzionale alla carica raccolta.
Tutte le informazioni necessarie al trigger, tracciamento e per il calcolo
dell’efficienza e risoluzione temporale delle strip sono ricavate dalle stesse
MRPC. Nella setup di rivelazione dei raggi cosmici a Bologna vengono registrati hits provenienti da cinque FEA disposte verticalmente sulle cinque
strips dell’apparato. Le schede FEA sono interfacciate tramite un cavo flat
ad una scheda FEAC (FEA Control ) collegata all’alimentazione ed alla sche-
Figura 3.2: Disposizione delle MRPC strip (visione frontale e laterale) che
costituscono il telescopio per raggi cosmici realizzato nei laboratori INFN a
Bologna, la distanza fra le MRPC è pari a 8.7 cm.
80
Capitolo 3. Misure di risoluzione temporale ed efficienza a Bologna
Figura 3.3: Particolare di come sono alloggiate le MRPC strip all’interno
della box di alluminio. Si riconoscono il pannello di plexiglass, i connettori
ed i distributori di HV, i cavi flat e le interfacce PCB tra rivelatori e schede
di FE.
da Local Trigger Module Prototype (LTM-Proto). La scheda LTM-Proto è
una scheda VME slave di sviluppo del modulo LTM finale: tramite il collegamento con la FEAC invia le soglie alle schede FEA e riceve da esse gli
OR logici della presenza di un segnale. La scheda LTM-Proto fornisce due
output LVDS corrispondenti a differenti configurazioni sui trigger : la majority di quattro strip ovvero un segnale logico vero quando il numero di che
hanno fornito un hit è maggiore di 4, e il trigger su strip esterne ovvero un
segnale logico vero quando forniscono hits le strip più esterne ed una delle
tre interne.
Le schede FEA sono connesse tramite cavi schermati simili a quelli finali
nell’esperimento alle schede VME slave TRM Prototype 4 (P4) che alloggiano
due Piggy Back con tre HPTDC ciascuna. Le piggy–back delle schede sono
le stesse schede ospitate nelle TRM dell’elttronica finale.
In figura 3.4 è mostrato un dettaglio della scheda P4 con le due Piggy–Back
utilizzate per la conversione.
Come nel caso dell’elettronica di trigger, l’elettronica di conversione include i componenti fondamentali dell’elettronica che sarà installata nell’es-
3.2. Analisi dei dati
81
Figura 3.4: Immagine della scheda P4, che alloggia due piggy–back
perimento ALICE. L’acquisizione dati è fatta tramite un PC Linux dotato
di un adattatore PCI-VME e utilizzando il software di acquisizione DATE
redatto dal gruppo software DAQ/ECS di ALICE [47].
La descrizione degli algoritmi di analisi sarà riferita al run di acquisizione
numero 6910. Il run di riferimento è iniziato il 27 Aprile ed è terminato il 3
Maggio 2006. durante questo periodo ha registrato circa 150 kEventi.
3.2
Analisi dei dati
L’analisi dati è stata effettuata utilizzando il framework ROOT del CERN.
Al fine di ottenere la misura di efficienza e risoluzione temporale dei rivelatori, ho individuato i diversi passi necessari a raffinare il campione di eventi
ed ottenere una misura di efficienza e risoluzione dai segnali digitalizzati attraverso la catena di acquisizione. In figura 3.5 è mostrato un grafico della
82
Capitolo 3. Misure di risoluzione temporale ed efficienza a Bologna
Rate (Hz)
Trigger Rate Evolution - sampling every 1 hour
hTriggerRateEvolution
p0
0.4
0.2807 ± 0.0435
0.35
0.3
0.25
0.2
0.15
0.1
0.05
20
40
60
80
100
120
140
Time (hours)
Figura 3.5: Evoluzione del Trigger Rate nel periodo di acquisizione. In figura
è mostrato anche il fit ad una costante (p0).
frequenza di trigger (trigger rate) durante il periodo di presa dati. Il trigger
rate è risultato costante durante la presa dati. In tabella 3.2 è mostrata la
disposizione delle strip nel run di riferimento.
MRPC strip
B19
B481
B930
B931
B18
posizione
1
2
3
4
5
Tabella 3.1: Disposizione delle strips per il run di riferimento 6910.
3.2.1
Tracciamento e selezione degli eventi
La prima parte dell’analisi consiste nella selezione degli eventi e la ricostruzione
delle traiettorie delle particelle incidenti. Il tracciamento è effettuato considerando i canali di elettronica che hanno ricevuto un segnale e mappando
i canali di elettronica con punti nel sistema di riferimento del telescopio.
Dall’insieme di punti si effettua una regressione lineare con il metodo della
3.2. Analisi dei dati
83
minimizzazione del χ2 per il piano XZ ed il YZ. Le condizioni imposte al campione per la selezione degli eventi sono: il numero di piani colpiti deve essere
superiore o uguale a 4 e che i piani esterni siano stati colpiti. La richiesta sul
numero di piani colpiti è imposta per lo scarso potere tracciante delle MRPC:
L’incertezza sulla posizione è propozionale alle dimensioni della pad (25 ×
35 mm2 ). La richiesta di presenza di hits sulla strip più alta e sulla più bassa
è imposta per avere la certezza che la particella tracciante abbia attraversato
tutti i piani del telescopio.
Figura 3.6: Esempio di evento corrispondente ai tagli imposti.
Un ulteriore taglio è imposto ad eventi che hanno un χ2 > 10 per ogni
piano e agli eventi che hanno un numero maggiore di 2 hits per piano. In
figura 3.6 è mostrata una rappresentazione tridimensionale del setup di raggi
cosmici con un evento corrispondente alle richieste.
84
Capitolo 3. Misure di risoluzione temporale ed efficienza a Bologna
Tagli di selezione
Le selezioni sugli eventi impongono dei tagli sul campione. In tabella 3.2 sono
riportati il numero di eventi per ogni richiesta imposta al campione.
Tagli
Numero di eventi
Tutti gli eventi
Traccia Ricostruita
1 hit per strip
153542
71427
22608
Frazione di eventi
residui
100%
46.5%
13.3%
Tabella 3.2: Effetto della selezione sul campione di dati per il run di
riferimento
3.2.2
Calcolo dell’efficienza
Il calcolo dell’efficienza si effettua attribuendo due contatori per ogni pad del
piano sotto analisi; un contatore equivale al numero di volte che la pad è stata
attraversata dalla traiettoria ricostruita della particella e l’altro equivale al
numero di volte che la pad attraversata ha fornito un hit. La stima dell’efficienza di un canale è data dal rapporto fra il numero di hit forniti dal canale
al passaggio di una particella e il numero stimato di particelle che hanno attraversato il canale. Al fine di non contaminare la misura dell’efficienza con
errori di tracciamento dovuti alla bassa granularità spaziale, nell’algoritmo
non sono aumentati i contatori nel caso in cui un canale in prossimità del
canale sotto test abbia fornito un hit. In figura 3.7(a) e in figura 3.7(b) sono
riportati gli istogrammi di efficienza per due strips. La strip in posizione centrale (B930 3.7(a)) mostra una risoluzione nettamente superiore a quella in
posizione 5 (B18 3.7(b)). L’efficienza delle strips esterne è ridotta dal fatto
che per misurarne l’efficienza è necessario togliere il vincolo sulla presenza
delle strip esterne negli eventi. L’algoritmo di calcolo dell’efficienza è stato
successivamente migliorato inserendo una segmentazione spaziale maggiore
delle pads, ovvero dividendo la pad in sotto–aree ed analizzando l’efficienza di
queste piccole aree singolarmente. Nelle figure 3.7(a) e 3.8(b) sono mostrati
gli istogrammi a falsi colori per una strip in posizione centrale (B930 3.8(a))
ed una strip in posizione esterna (B18 3.8(b)). Osservando la figura 3.8(a)
si può notare che le sottozone esterne della strip B930 non hanno statistica.
Questo fenomeno avviene perchè il tracciamento delle particelle che attraversano esternamente la pad è sempre ricostruito in prossimità del centro della
pad. Quindi, per via della routine di tracciamento, non è possibile ricostruire
3.2. Analisi dei dati
85
entries / 1%
22
20
18
16
14
Efficiency on Strip B18
Occurrencies / 1%
Entries
24
Mean
0.9942
RMS
0.002764
Efficiency on Strip B930
8
7
6
12
5
10
4
8
Entries
24
Mean
0.9592
RMS
0.01152
9
3
6
2
4
1
2
0
0.7
0.75
0.8
0.85
0.9
0.95
1
efficiency
(a) Strip Centrale
0
0.6
0.65
0.7
0.75
0.8
0.85
0.9
0.95
1
efficiency
(b) Strip Esterna
Figura 3.7: Istogramma delle efficienze per una strip centrale (3.7(a)) e per
una strip esterna (3.7(b)); il campione è riferito ad una solo scheda di Front–
End.
esattamente il punto di passaggio di una particella in prossimità del bordo
esterno.
3.2.3
Risoluzione temporale
Il calcolo della risoluzione è molto meno intuitivo rispetto al calcolo delle
efficienze; sono stati sviluppati diversi approcci per la misura delle risoluzioni
temporali, in questa sezione descriverò i due metodi per la verifica della
risoluzione temporale da me sviluppati.
Metodo delle strips
Il metodo delle strips è articolato sui seguenti passi:
Calcolo delle distribuzioni delle differenze dei tempi canale per canale
In un evento fisico con una particella osservata in tutti i piani, la distribuzione delle differenze dei tempi misurati dalla pad i–esima e j–esima
tij = ti − tj è in prima approssimazione una gaussiana con media cij e
con parametro σ = σij . Il primo passo del metodo delle strips calcola i
parametri di calibrazione cij e σij attraverso le distribuzioni dei tempi
tij .
Correzioni di time slewing L’output di una scheda di FE diventa alto
quando il segnale delle MRPC raggiunge la soglia, da ciò deriva che
un segnale grande raggiunge la soglia prima di un segnale piccolo. Da
86
Capitolo 3. Misure di risoluzione temporale ed efficienza a Bologna
y (cm)
Efficiency on Strip 2
1
7
0.9
6
0.8
1
5
0.995215
1
0.997487 0.9940650.998145 0.99594 0.997868 0.99439 0.997758 0.9946430.997706 0.9948130.9982850.998901 0.9981130.995856 0.996602
1
0.996759 0.995272 0.99902 0.994662 0.9954950.996606 0.9979040.992733
1
0.9939390.998198 0.99763 0.9957980.992647 0.995708
0.7
4
0.9911110.993789 0.9839360.997389 0.9966780.9809520.990769 0.9949370.9920890.994358 0.9912850.989884 0.9942920.9935350.996124 0.9966220.996497 0.9932430.9944440.994048 0.996047
3
0.99115 0.98913 0.98855 0.997475 0.993151 0.99061 0.997171
1
0.6
0.993421 0.99247 0.997067 0.9925190.9948280.993538 0.9966670.993103 0.9919570.9949750.985075 0.991342
0.5
1
0.9934530.997312 0.9956330.998638 0.9945360.9941180.994723 0.99546 0.994819 0.9960210.9989220.994371 0.9934120.9920540.991614 0.995816 0.99734 0.9951810.996466
1
0.996416
1
0.991643
1
1
0.988189
0.4
0.3
2
0.9892860.981567 0.9968550.997596 0.9949240.9947640.997433 0.9864250.9947920.995763 0.9964160.996606
0.99
0.9983390.991579 0.99803 0.997234 0.9978020.9961240.991883 0.9978050.9933590.994485 0.9977320.995633 0.9936970.9939390.997337
1
0.994681 0.9926470.9912660.996377 0.986755
0.2
1
0
0.1
0
5
10
15
20
25
30
x (cm)
0
y (cm)
Efficiency error on Strip 2
7
0.009
0.008
6
0.00477324
5
0.00250941
0.00418401
0.00185358
0.00233902
0.00212991
0.00279717
0.00158366
0.00308465
0.00161995
0.00231355
0.00171378
0.00109831
0.0013329
0.00238738
0.00195822
0.00228836
0.00235847
0.000979904
0.0030737
0.00224717
0.0019560.00209423
0.00323826
0.007
0.00427249
0.00180017
0.00236685
0.00419286
0.00518017
0.00428262
0.006
4
0.0062574
0.00619185
0.00796736
0.00260756
0.00331673
0.00666991
0.00375102
0.00357121
0.00352406
0.00281291
0.00433828
0.00380396
0.00254529
0.00372077
0.00223345
0.00194721
0.00247238
0.00301149
0.00247761
0.00342636
0.0022775
3
0.00622983
0.00764406
0.00657293
0.00252207
0.00482657
0.00467275
0.00199746
0.00378583
0.00335486
0.00207058
0.00430314
0.00297857
0.00322056
0.00332777
0.00396797
0.00462485
0.00501249
0.00855262
0.00609557
0.00326258
0.00189827
0.00308105
0.00136146
0.00243711
0.00338618
0.002631550.0022650.0029837
0.00229258
0.00107701
0.00324047
0.00293635
0.00299117
0.00417525
0.00241064
0.0018781
0.00339952
0.00249418
0.00357779
0.00480446
0.005
0.004
0.00677871
0.003
2
0.00615267
0.00913124
0.00313972
0.00240096
0.00358026
0.00301486
0.0018131
0.00550409
0.00259737
0.00211415
0.00252988
0.001956 0.003 0.00165975
0.00296473
0.00139195
0.00195333
0.00155237
0.00193423
0.00361522
0.00155068
0.00250186
0.00317512
0.00160161
0.00217863
0.00362728
0.0030211
0.00188061
0.00306284
0.00422959
0.00614858
0.00361662
0.00657852
0.002
1
0
0.001
0
5
10
15
20
25
30
x (cm)
0
y (cm)
Reconstructed Hit Position on Strip 2
7
10
3
6
5
10 2
4
3
10
2
1
0
0
5
10
15
20
25
1
30
x (cm)
(a) Strip Centrale
y (cm)
Efficiency on Strip 0
7
1
0.9933780.962145
1
0.9960470.948718
1
0.9805450.955836 0.9960470.9922480.964072 0.9954550.985185 0.9554320.988827
1
0.9472360.991189
1
0.95393 0.991597 0.9890510.9490620.995595
1
0.969595
1
0.9892090.957377 0.9854370.990741 0.967153
1
1
0.975078
1
6
0.94614 0.9061580.941176 0.9334950.869919 0.9381440.9364860.880512 0.9365560.9218330.895775 0.9530690.952968 0.9001220.9401870.938525 0.9049340.929487 0.9532710.9050630.931142 0.9444440.9301750.923077 0.9313980.890411 0.9404760.9341320.904977 0.9545450.944606 0.9150230.9483070.937046 0.9262670.938776
5
0.98
0.96
0.94
4
1
0.953846
1
0.9807690.890625 0.9333330.9772730.967742 0.9894740.9870130.948276 0.9550560.989011 0.9310350.9882350.988764 0.9888890.988506 0.956522
1
0.9444440.827586
0.95
0.962963 0.9777780.965517
1
0.97619 0.945946
1
0.975
0.95082 0.9866670.971014 0.9565220.9838710.981481 0.9655170.980769
1
0.98
0.944444 0.9807690.982759 0.9827590.9736840.981481 0.959184
0.92
3
1
0.979167 0.9642860.9615380.953846 0.973333
1
1
0.9746840.968254 0.887324
1
0.984375
0.94
1
0.9480520.9841270.985915 0.9531250.9342110.982456
1
0.942308
1
0.9
0.88
2
0.907514 0.88178 0.92963 0.9267680.879009 0.9127790.9179210.898716 0.9220590.9475140.883234 0.9455540.950128 0.8948050.9494160.935666 0.9064750.929739 0.9554390.9029850.936066 0.935574 0.91712 0.959114 0.9470750.888037 0.9387760.9298250.909677 0.9430150.937807 0.88595 0.9529840.913043 0.9361370.945026
0.86
1
0.980198 0.94321 0.992248 0.99322 0.944444 0.98913 0.989933 0.95756 0.9898990.9928570.962366
00
5
1
0.996479 0.9547510.995851 0.9875 0.9575470.995885 0.9968750.9623530.996528 0.9935480.9727890.981618 0.9894740.973988 0.9957980.9881310.957386 0.9846150.996109 0.9742860.9921880.986928 0.9801140.981818
10
15
20
25
0.84
30
x (cm)
y (cm)
Efficiency error on Strip 0
7
0.07
0.00660054
0.0107189
0.00394475
0.0124875
0.0086156
0.0115398
0.00394475
0.00546016
0.0101835
0.00453511
0.00735233
0.0108909
0.00785637
0.0112061
0.00620251
0.0109133
0.00591705
0.00628665
0.0113845
0.00439556
0.00997986
0.00619669
0.0115668
0.00834656
0.00651691
0.0107676
0.00870081
6
5
0.06
0.00956496
0.0111663
0.0142668
0.00866426
0.01238280.0109384
0.00896536
0.01223350.009474
0.00985454
0.0114672
0.00898543
0.00708455
0.0104644
0.0102525
0.00768862
0.0101747
0.0102486
0.00721381
0.0104290.0100169
0.00833089
0.00899916
0.0106673
0.00918122
0.0115616
0.00975732
0.00858418
0.01138870.0088819
0.00873360.0108624
0.00934782
0.01195140.0102425
0.0121088
4
0.0260247
3
0.0311713
0.0701445
2
0.0190450.03901360.0288033
0.02246750.0224390.0104708
0.0129024
0.02908040.0219611
0.01092850.0271668
0.0116953
0.01117270.01104920.0114280.02126130.0243670.02098360.0155379
0.0195624
0.02061520.0247987
0.0266683
0.02602470.0186031
0.0176734
0.02208860.0375256
0.01550240.0335857
0.0166343
0.0262864
0.0252904
0.01574650.0139850.0264214
0.0284377
0.0173893
0.0323336
0.0174553
0.02768730.0132441
0.02019660.0245504
0.0159984
0.01834620.01956240.019045
0.0197990.03117130.0190450.01709210.0170921
0.0259672
0.01834620.0282663
0.0127169
0.0120409
0.0155657
0.00925709
0.01245120.0127078
0.0101522
0.01139520.0102804
0.00828793
0.0124253
0.00966612
0.00778425
0.0110565
0.00966611
0.00824260.0100823
0.0103315
0.00746993
0.0104383
0.00990503
0.00918797
0.0101625
0.0081734
0.00835525
0.01234890.0103264
0.00938391
0.0115119
0.00993897
0.00977029
0.0129233
0.00900128
0.0138483
0.00964998
0.0116619
1
0.05
0.04
0.03
0.02
0.01
0.00980247
0.0115004
0.00772184
0.00477767
0.0115108
0.00764406
0.00578292
0.01038250.0058023
0.00503269
0.00986714
00
5
0.00351493
0.00988639
0.00414076
0.00621081
0.00979153
0.00410675
0.00312012
0.0092329
0.00346618
0.00454724
0.0077475
0.00814493
0.0060453
0.00855701
0.00419286
0.00589939
0.0107658
0.00763291
0.00388347
0.00846051
0.00550265
0.00918261
0.00744123
0.0104014
10
15
20
25
30
x (cm)
0
y (cm)
Reconstructed Hit Position on Strip 0
7
6
5
4
3
10 2
2
1
0
0
5
10
15
20
25
30
x (cm)
(b) Strip Esterna
Figura 3.8: Istogrammi delle efficienze per sottozone per una strip centrale
(3.7(a)) e per una strip esterna (3.8(b)).
3.2. Analisi dei dati
87
questa semplice considerazione Georges Charpak per primo evidenziò la
possibilità di effettuare delle correzioni sul tempo di un segnale in funzione della carica raccolta. Nella setup presentata è necessario prendere
la coppia (t̃i , TOTi ) ed effettuare un fit con una funzione polinomiale
di terzo grado. Con tempo t̃i si intende la grandezza ottenuta mediando
tij − cij sull’indice j che corrisponde all’indice delle pads colpite negli
eventi con particelle passanti per la pad i–esima. Mediando su tutto il
campione si ottiene un grafico che dovrà essere adattato con il metodo
dei minimi quadrati ad una curva polinomiale. In figura 3.9 è riportato
un tipico grafico per le correzioni di time slewing e la polinomiale di terzo grado ottenuta dall’adattamento con il metodo dei minimi quadrati.
In questo modo si ottiene una funzione t̃i = fi (T OTi ) per ogni canale
del telescopio.
TDC (24.4 ps)
Time Slewing correlation
50
Entries
4941
40
30
20
10
0
-10
-20
-30
-40
-50
400
500
600
700
800
900
1000
1100
1200
time over threshold (24.4 ps)
Figura 3.9: Grafico per la correzione di time slewing di un canale nella strip
Stima delle risoluzioni delle strips dopo aver selezionato nuovamente eventi con particelle traccite, si calcolano le distribuzioni delle differenze fra i
tempi, questa volta corrette con le funzioni di time slewing t̃ij = t̃i − t̃j .
Le distribuzioni di t̃ij sono distribuite attorno ad un punto c′ij con
σ = σ̃ij . I parametri della distribuzione σ̃ij sono la somma in quadratura
delle risoluzioni di singolo canale per il sistema MRPC–FEA–HPTDC:
σ̃ij2 = σi2 + σj2 .
(3.1)
88
Capitolo 3. Misure di risoluzione temporale ed efficienza a Bologna
Per stimare le risoluzioni medie di una strip si mediano le quantità
σ̃ij2 per ogni pad appartenente ad una coppia di strips . La risoluzione
temporale fra la strip k–esima e la strip l–esima Σkl è data dalla media:
X
Nij σ̃ij2
Σkl =
i∈k,j∈l
X
Nij
(3.2)
i∈k,j∈l
dove Nij e σ̃ij2 sono rispettivamente il numero di eventi dell’istogramma
dei tempi di volo fra il canale i e il canale j e il parametro σ risultato
del fit ad una gaussiana del medesimo istogramma. Nel telescopio di
raggi cosmici in questione ci sono 10 coppie di strips , dalle quali possiamo ricavare le risoluzioni di singola strip Σk usando una combinazione
lineare delle Σkl come
Σ21 =
Σ212 − Σ223 + Σ234 − Σ245 + Σ215
;
2
(3.3)
Calcolo delle risoluzioni dei canali. Una stima delle risoluzioni di canale
sono ottenibili dai parametri σ̃ij delle distribuzioni dei tempi t̃ij corretti;
la stima è data da
vX
u
u
Nij σ̃ij − Σk (j)
u
u j
X
σi = u
t
Nij
j
dove Σk (j) è la risoluzione media della strip a cui appartiene il canale
j.
Una proposta alternativa potrebbe essere quella di trovare un insieme dispari di tempi di volo per ottenere le risoluzioni di singolo canale. Utilizzando
una formula simile alla formula 3.3 è possibile stimare le risoluzioni σi , tuttavia questo metodo presenta un’arbitrarietà nella scelta delle risoluzioni di
tempo di volo σij . L’incertezza sulla risoluzione σi è data dalla somma delle
incertezze degli addendi della formula 3.3.
Metodo delle pads
Il metodo delle pads è per i primi due passi simile al metodo delle strip
tuttavia esso non calcola la risoluzione tramite la risoluzione dei tempi di
volo fra due canali né cerca di ricostruire la risoluzione media della strips. Il
metodo delle pads è basato sui seguenti passi:
3.2. Analisi dei dati
89
Calcolo delle distribuzioni delle differenze dei tempi canale per canale
ottenendo i parametri di calibrazione cij e σij attraverso le distribuzioni
dei tempi tij ;
Correzioni di time slewing ottenenendo una funzione t̃i = fi (T OTi) per
ogni canale del telescopio;
Stima delle risoluzioni delle pads La stima della risoluzione della pad si
ottiene dalla distribuzione dei tempi dei 120 canali t′i = tij − cij −
fi (T OTi) + fj (T OTj ), dove si sommano su tutte le tracce passate per
la pad i–esima, ovvero sommando sugli indici j. In Figura 3.10 è possibile notare l’effetto della correzione di time slewing sulla dispersione
dei tempi t′i del run 6910 e sulla presenza di code non gaussiane nella distribuzione. La varianza della distribuzione dei tempi di singolo
canale i è data dall’equazione
X
Nij (σi2 + σj2 + σ 2 (Cij ))
σi′2 =
j
X
(3.4)
Nij
j
dove σi′2 è la varianza della distribuzione dei tempi t′i , σi2 è la risoluzione
del canale i–esimo, Nij è il numero di eventi nell’istogramma dei tempi
di volo fra i canali i–esimo e j–esimo e σ(Cij ) è l’errore sulla costante
di calibrazione cij .
La risoluzione di singolo canale è ottenuta dall’equazione
X
X
′2
Nj σ(C
Nj σj′2
ij )
σi2 = σi′2 −
j
2
X
Nj
j
−
X
j
Nj
(3.5)
j
dove si stima la risoluzione di singolo canale con la differenza in quadratura fra la varianza della gaussiana per i tempi del canale i–esimo con
la media delle varianze dei tempi di tutti i canali del telescopio pesata
sulla popolazione degli istogrammi. La stima degli errori sui parametri
di calibrazione Cij è calcolabile considerando che i parametri Cij sono
le medie dei tempi di volo fra il canale
√ i ed il canale j, e che l’incertezza
sulla media è data da σ<x> = σx / Nx [48].
Xp
X
Nij σij′2 )
Nj σj′2
σi2 = σi′2 −
j
2
X
j
Nj
−
j
X
j
Nj
.
(3.6)
90
Capitolo 3. Misure di risoluzione temporale ed efficienza a Bologna
hTimeDispersion64
Channel 64 Time Dispersion
#events
Entries
Mean
RMS
4941
0.1179
6.951
102
10
1
-40
-20
0
20
40
time dispersion (bins)
(a) ti
hTimeDispersion64
Channel 64 Time Dispersion
#events
Entries
Mean
RMS
4945
0.1443
5.519
102
10
1
-40
-20
0
20
40
time dispersion (bins)
(b) t′i
Figura 3.10: Effetto della correzione di time slewing sulla distribuzione dei
tempi del canale 64: in alto la distribuzione dei tempi non corretti, in basso
le distribuzioni dei tempi corretti con le funzioni di time slewing.
3.3. Risultati
91
3.3
Risultati
3.3.1
run 6910
In tabella 3.3 sono riportate le efficienze e le risoluzioni temporali medie
delle strips relative al run 6910 calcolate con i metodi descritti in questo
capitolo. Le strip esterne (B18, B19) sono di riferimento in quanto sono state
misurate su fascio al PS alla fine del 2004. Le strip centrali fanno parte della
produzione finale.
MRPC strip
pos.
efficienze (%)
B19
B481
B930
B931
B18
1
2
3
4
5
98.2±0.3
99.7±0.2
99.7±0.2
99.3±0.4
95.9±0.3
Risoluzione (ps)
Metodo delle strips
95 ± 6 ± 20
84 ± 6 ± 20
87 ± 8 ± 20
97 ± 6 ± 20
116± 5 ± 20
Risoluzione (ps)
Metodo delle pads
97 ± 23
74 ± 18
70 ± 19
72 ± 21
101± 22
Tabella 3.3: Efficienze e risoluzioni temporali delle 5 MRPC strip misurate
con i due metodi. Le incertezze sono state stimate con lo scarto quadratico
medio delle distribuzioni; un’incertezza aggiuntiva sul calcolo delle risoluzioni
con il metodo delle strips è stata aggiunta a causa della sensibilità del metodo
ad errori sistematici.
I risultati indicanno chiaramente che le efficienze, viste le considerazioni
fatte sulle strip esterne sono ottime. Per quanto concerne il calcolo della
risoluzione, possiamo evidenziare alcune peculiarità. Il fatto che le strip sono
contemporaneamente rivelatore sotto test e riferimento temporale per gli altri
rivelatori contribuisce alla complessità nelle fasi di calcolo descritte e genera
una anomala distribuzione nelle mappe delle risoluzioni dei canali.
Le pads in effetti non sono interessate uniformemente dal passaggio della
particelle: questo dipende dalla configurazione del trigger e dalla presenza di
tracce inclinate. Il fenomeno appena descritto può essere notato osservando
il numero di hits registrati dai canali. In Figura 3.11 sono mostrati il numero
di hit per canale nel run 6910 e la risoluzione del canale per il medesimo run.
La giustificazione della somiglianza dei pattern (profili) delle distribuzioni
di canale colpito e delle risoluzioni può essere derivata da due ipotesi:
- le risoluzioni peggiori sono l’effetto di una statistica ridotta sui canali.
Questa ipotesi è da scartare perchè effettuando l’analisi su un campione
dimezzato, le risoluzioni restano compatibili con le risoluzioni calcolate.
92
Capitolo 3. Misure di risoluzione temporale ed efficienza a Bologna
Time Resolution (ps)
Time Resolutions (Run 6910)
180
160
140
120
100
80
60
40
0
20
40
60
80
100
120
Channel Number
Number of hits per channel (Run 6910)
hits
hChannel
Entries 866087
Mean
60.08
RMS
33.68
104
0
20
40
60
80
100
120
channel
Figura 3.11: Distribuzione degli hits nei canali di elettronica per il run 6910
(in basso) e mappa delle risoluzioni di singolo canale (in alto). In entrambi
i grafici linee verticali indicano il limite fra una strip e la successiva. Risulta
evidente il pattern invertito fra le due distribuzioni.
3.3. Risultati
93
- il pattern delle risoluzioni e degli hit sui canali deriva da una causa
comune : la geometria del telescopio. Entrambe le routine di analisi
delle risoluzioni presentate sono basate sull’ipotesi che le caratteristiche
dei canali siano uniformi fra i canali della strip per il metodo delle strips
e fra canali dell’intero apparato per il metodo delle pads.
In figura 3.11 è evidente che la risoluzione sulle pads laterali, ovvero vicine
alle linee rosse verticali, è peggiore. Il motivo di questo è che la selezione sugli
eventi per le pad esterne è meno efficace. La selezione di eventi con solo un
canale colpito per strip non esclude che canali adiacenti a quelli delle estremità, corrispondenti perciò ai canali non letti dalle FEA, siano interessati dal
passaggio di una particella. Questa incertezza peggiora la risoluzione delle
strip esterne che si ripercuote sul calcolo delle strip di tutto l’appparato.
È possibile un raffronto considerando le proprietà di una strip misurate in
un test-beam al CERN presso l’acceleratore PS. Le caratteristiche della strip
possono essere confrontate con due metodi di misura e scalate al valore di
risoluzione temporale misurato al PS. La misura in un test-beam è molto più
significativa di una misura con i raggi cosmici. La situazione sperimentale
è molto più stabile, gli errori di tracciamento sono trascurabili e il fascio è
monocromatico.
Possiamo inoltre considerare quanto l’implementazione dei prototipi dell’elettronica finale influisce sulla risoluzione osservando i dati raccolti con la catena
di acquisizione precedente. In tabella 3.4 sono riportate, ove disponibili, le
risoluzioni in diversi setup di acquisizione: presso il fascio di prova di PS al
CERN, con l’elettronica del telescopio di raggi cosmici precedente, e nei due
metodi di analisi presentati in questo capitolo.
MRPC strip
B19
B481
B930
B931
B18
Risoluzione
test–beam (ps)
53± 4
65± 7
Risoluzione
(prev. setup) (ps)
134± 20
-
Risoluzione
pads (ps)
97 ± 23
74 ± 18
70 ± 19
72 ± 21
101± 22
Risoluzione
strips (ps)
95 ± 6 ± 20
84 ± 6 ± 20
87 ± 8 ± 20
97 ± 6 ± 20
116± 5 ± 20
Tabella 3.4: Risoluzioni delle 5 MRPC strip con vari setup di elettronica e
al Test–Beam ove disponibili. Le incertezze sono state stimate con lo scarto
quadratico medio delle distribuzioni.
Le risoluzioni calcolate con il metodo delle strips rispecchiano maggiormente le risoluzioni ottenute al Test–Beam. Difatti il rapporto fra le risoluzioni
94
Capitolo 3. Misure di risoluzione temporale ed efficienza a Bologna
delle strip calcolate con diversi metodi e situazioni sperimentali risulta essere:
σB19
= 0.82
σB18 T B
σB19
= 0.82
σB18 Strips
σB19
= 0.96
σB18 P ads
Allo scopo di ottenere risultati compatibili con i risultati del Test–Beam
possiamo moltiplicare le risoluzioni medie calcolate con il metodo delle strips
per un fattore di conversione
(σB19 )T B
= 0.56.
(σB19 )Strips
In tabella 3.5 sono mostrate le risoluzioni normalizzate ai risultati del Test–
Beam per le strips della produzione sotto test.
MRPC strip
B19
B481
B930
B931
B18
Risoluzione
al test–beam (ps)
53± 4
65± 7
Risoluzione norm.
Metodo delle strips (ps)
53± 15
47 ± 15
49 ± 16
54 ± 15
65± 14
Tabella 3.5: Risoluzioni delle 5 MRPC strip normalizzate ai risultati del
Test–Beam. Gli errori sui risultati normalizzati sono ottenuti conservando le
incertezze relative nell’operazione di conversione e sommando le incertezze
descritte in tabella 3.3.
3.4
Conclusioni
Alcune MRPC della produzione sono state testate (efficienza e risoluzione
temporale) con successo nel run di riferimento ed hanno dimostrato di poter essere usate nella costruzione del TOF di ALICE. L’elettronica prototipale
utilizzata ha dimostrato prestazioni superiori all’elettronica della setup precedente [46]. I due algoritmi di analisi individuati hanno dimostrato di essere
3.4. Conclusioni
95
compatibili entro le incertezze. Tuttavia la possibilità di confrontare le misure del telescopio di raggi cosmici con le misure al Test–Beam suggeriscono
una maggiore affidabilità del metodo delle strips.
96
Capitolo 3. Misure di risoluzione temporale ed efficienza a Bologna
Capitolo 4
Misure di risoluzione temporale
ed efficienza al CERN
Ogni Super-Modulo del sistema TOF sarà assemblato a Ginevra presso una
Hall sperimentale del CERN e trasportato successivamente al sito di ALICE .
Le MRPC strip del TOF sono costruite a Bologna presso i laboratori dell’INFN e sono controllate a campione con il telescopio per raggi cosmici. Una
volta inserite nei moduli sono effettuate prove sui moduli:
• controlli di continuità sul rivestimento metallico (Gabbia di Faraday);
• prova di impulsaggio sulle MRPC interne al modulo;
• tenuta di gas;
• prova di alta tensione in aria.
I moduli sono quindi trasportati al CERN e ulteriormente controllati per
verificare che il viaggio non abbia prodotto danni. Sono compiuti nuovamente i test di impulsaggio e di tenuta di gas. Successivamente alla verifica,
i moduli sono inseriti in una struttura metallica, (Cosmic Rays Test Facility, CRTF) dove sono attivati facendovi flussare il gas e applicando tensioni
crescenti agli elettrodi. Ai moduli sono quindi connesse l’elettronica di FE
e l’elettronica di conversione. I moduli cosı̀ posizionati in una pila verticale
raccolgono dati con i raggi cosmici per run di acquisizione lunghi più di
una settimana. Al termine dei run con i raggi cosmici i moduli sono rimossi
dalla struttura della CRTF e sono posizionati su un banco di alluminio che
provvede all’allineamento orizzontale. I moduli sono vincolati alla struttura
del Super-Modulo tramite longheroni longitudinali e trasversali. Su questo
banco di lavoro i moduli sono poi connessi a tutti i circuiti necessari al funzionamento del Super-Modulo : alimentazione dell’elettronica di front–end
97
98
Capitolo 4. Misure di risoluzione temporale ed efficienza al CERN
e di conversione, alta tensione, acqua per il raffreddamento dell’elettronica
di FE e conversione, linee di impulsaggio e connessioni dei cavi segnale per
segnali di tempo e di Fast OR, Durante il mio percorso di tesi ho potuto
conoscere i vari aspetti riguardanti sia l’implementazione della CRTF che la
validazione ed installazione dell’elettronica di conversione nell’assemblaggio
del Super-Modulo.
(a) TOF crate
(b) Struttura e moduli
Figura 4.1: Foto della struttura metallica (CRTF) con moduli ed elettronica
inseriti (a destra); TOF crate con schede di conversione inserite (a sinistra).
4.1
La setup per raggi cosmici al CERN (CRTF)
Nell’aprile 2006 è stata completata l’implementazione di un’apparato per la
rivelazione di raggi cosmici utilizzando i componenti finali dell’esperimento:
la Cosmic Rays Test Facility. La CRTF è una prova di funzionalità di tutte
le componenti finali del sistema TOF di ALICE: l’elettronica di FE, gli alimentatori di alta tensione, gli alimentatori di bassa tensione, l’elettronica di
conversione in uso sono dello stesso tipo delle componenti finali dell’esperimento.
4.1. La setup per raggi cosmici al CERN (CRTF)
99
I moduli sono collocati similmente al telescopio dei laboratori di Bologna in
cinque livelli sovrapposti. I moduli sono disposti nel seguente ordine dall’alto
verso il basso:
1. Modulo Intermedio (207cm)
2. Modulo Centrale (159cm)
3. Modulo Intermedio (116cm)
4. Modulo Esterno (68cm)
5. Modulo Esterno (0cm)
Figura 4.2: Foto del TOF crate con 8 schede TRM inserite nel VME bus. Nella
foto sono visibili i canali di alimentazione dell’elettrnica di FE (in basso), e
gli scambiatori per il raffreddamento ai lati del TOF crate.
Una volta inseriti nella struttura di supporto i moduli sono connessi agli
alimentatori di alta tensione ed equipaggiati con le schede di elettronica FEA
e FEAC che distribuiscono, tra l’altro, le basse tensioni alle FEA. Dalle schede
FEA partono i cavi segnali per essere connessi alle TRM e i cavi per gli slow–
controls e i fast OR per la scheda LTM. Le schede di conversione TRM e le
schede LTM sono inserite nel TOF crate mostrato in figura 4.2. Il TOF crate
100
Capitolo 4. Misure di risoluzione temporale ed efficienza al CERN
del telescopio di raggi cosmici al CERN riceve la tensione di 48 V da un
alimentatore esterno e converte la tensione di 48 V in canali a bassa tensione,
ovvero 2.5 V per le schede di FE e 3.3 V e 5 V per le schede del bus VME:
1. V2718: è un adattatore PCI-VME utilizzato per accedere al bus VME
tramite un link ottico. Un link ottico simile è utilizzato nella scheda
di read–out finale DRM (Data Read–out Module), non installata nella CRTF. La V2718 del CRTF è stata modificata per poter ricevere
tramite un ingresso LVTTL il segnale di trigger e per poterlo inoltrare
alle TRM via backplane.
2. LTM: comunica con le FEAC attraverso un cavo dedicato impostando
le soglie, in questa setup non gestisce il trigger ;
3. CPDM: Clock and Pulser Distribution Module genera il clock per le
schede del TOF crate. Le TRM devono avere un clock comune per
fornire un segnale di tempo consistente fra schede diverse. Ha inoltre
diversi output Lemo con i quali è possibile impulsare le strip.
4. 9 TRM negli slots dal 4 al 12. Le TRM sono connesse alla CPDM
tramite un cavo clock e alle FEA tramite i cavi segnale.
Il trigger attualmente non è effettuato tramite la scheda LTM, ma attraverso dei rivelatori a scintillazione con diodi MRS APD (Metal Resistance
Semiconductor Avalanche Photo–Diode)[49].
Figura 4.3: Immagine degli scintillatori START utilizzati per il trigger della
CRTF.
Gli scintillatori sono realizzati in scintillatore plastico di 150×150×10
mm3 collegato tramite una fibra ottica Wave-Length–Shifter (WLS) a dei
fotorivelatori a semiconduttore che, adattati da una essenziale elettronica di
4.2. Risultati con i raggi cosmici per i moduli
101
FE, forniscono un segnale discriminato in uscita. I “tasselli” quadrati cosı̀
costruiti sono disposti in due piani situati sopra e sotto i moduli MRPC. La
coincidenza dei segnali provenienti dai due piani è connessa alla catena di
lettura tramite un input LVTTL della scheda V2718.
I dati raccolti con l’apparato descritto andrebbero analizzati con la metodica esposta nel capitolo precedente. Il calcolo delle efficienze e risoluzioni
è però complicato notevolmente dalla geometria puntante delle MRPC del
TOF . Nel caso di una torre di moduli, l’inclinazione delle strips e il posizionamento sono di ostacolo ad un tracciamento efficace. In figura 4.5 è visibile
una rappresentazione trimensionale della geometria delle strip. Risulta evidente la presenza di punti in cui le particelle possono passare senza attraversare l’area attiva delle MRPC. Occorre inoltre ricordare che un TOF crate
può esere collegato a solo un quarto dei canali dei moduli componenti un
Super-Modulo (in un Super-Modulo ci sono 4 TOF crates). Il read–out dei
2160 canali è effettuato fisicamente tramite l’adattatore V2718 e via software tramite il programma DATE[47] che anch’esso sarà il programma di
acquisizione dell’esperimento.
4.2
Risultati con i raggi cosmici per i moduli
4.2.1
Differenze fra la CRTF e il telescopio a Bologna
La CRTF non è stata implementata per effettuare delle misure sul flusso
dei raggi cosmici, né per fornire una misura esatta delle prestazioni di rivelazione del TOF. Lo scopo dell’implementazione è di compiere una prova
funzionale dei moduli in analisi e contemporaneamente eseguire un controllo
sulla “mortalità infantile” dei moduli e sulla loro stabilità nel tempo.
La procedura di analisi delle prestazioni usata è tuttavia simile a quella
descritta nel capitolo precedente per il telescopiio di raggi cosmici a Bologna.
L’analisi è tuttavia resa complicata dalla geometria del sistema. Esiste la
possibilità che il basso potere tracciante faccia stimare al ribasso l’efficienza
delle MRPC. Una particella può essere tracciata all’interno di una pad, mentre è passata nella zona inattiva fra una strip e la strip accanto. Anche la
risoluzione è condizionata dal tracciamento, nel caso di una strip inclinata
l’indeterminazione sulla posizione di impatto sulla pad contribuisce maggiormente all’indeterminazione sulla lunghezza della traccia. In figura ?? è
mostrato un disegno schematico di come l’inclinazione delle pads può condizionare la misura di tempo di volo. L’incertezza sulla lunghezza del percorso
102
Capitolo 4. Misure di risoluzione temporale ed efficienza al CERN
Figura 4.4: Schema del caso di pads allineate orizzontalmente (destra) e inclinate (sinistra). Si consideri ∆Z ′ = ∆Y sinφ dove φ è l’inclinazione rispetto
all’orizzontale.
di una particella che attravera due pads è
δL =
Lmax − Lmin
√
12
(4.1)
dove Lmax
√ è il percorso massimo della particella, Lmin è il percosrso più
breve e 12 è introdotto supponendo che le distanze siano distribuite uniformemente. Nel caso del telescopio a Bologna, con ∆Z = 8.7 cm, ∆Y = 3.5
cm si ottiene δl = 0.2 cm = c 6 ps. Nel caso di due pads inclinate di 22◦
(inclinazione media delle strips) con ∆Z = 50 cm, ∆Y = 3.5 cm si ottiene
δl = 0.37 cm = c 12 ps. A questa incertezza si aggiungono gli effetti sulla
non–monocromaticità dei raggi cosmici che vengono esaltati dalla distanza
delle MRPC.
4.2. Risultati con i raggi cosmici per i moduli
4.2.2
103
Tracciamento
Il tracciamento è effettuato facendo corrispondere ad un hit un punto in
un sistema di riferimento tridimensionale per il telescopio. La traccia è ricostruita quando sono presenti un numero maggiore di 3 piani nell’evento
e il χ2 della regressione lineare è tale che la presenza di una traccia abbia
una probabilità maggiore del 0.5%, e che non ci siano più di 4 canali colpiti
per modulo. In figura 4.5 è mostrato un esempio di evento con probabilità di
traccia ricostruita superiore allo 0.5%.
Figura 4.5: Esempio di evento corrispondente ai tagli imposti con traccia
ricostruita.
4.2.3
Efficienza
Il calcolo delle efficienze è stato eseguito imponendo un tracciamento senza
prendere in considerazione nel tracciamento il modulo sotto test, ad ogni
canale in esame sono attribuiti una coppia di contatori. Il primo contatore
104
Capitolo 4. Misure di risoluzione temporale ed efficienza al CERN
è incrementato ogni volta che la pad è attraversata da una traccia ricostruita mentre il secondo contatore è incrementato ogni volta che alla traccia
ricostruita corrisponde un canale acceso. Il limitato potere tracciante del
telescopio al CERN impone che i contatori non siano aumentati nel caso in
cui un canale prossimo alla pad interessata dal tracciamento abbia fornito
un hit. In figura 4.6 sono mostrate le efficienze del modulo centrale del setup
di raggi cosmici al CERN riferite a due tipi di tracce. Un campione è riferito
a tracce verticali con angolo −5◦ < θXZ < 5◦ dove l’angolo θXZ è definito
dall’angolo fra la traccia e il piano perpendicolare al modulo e parallelo alla
disposizione delle strips. Il campione riferito alle tracce inclinate ha invece
valori dell’angolo |θXZ | > 5◦ In figura 4.7 sono mostrate le efficienze del
modulo intermedio nella posizione centrale (3) del setup di raggi cosmici al
CERN riferite a due tipi di tracce. I dati sono riferiti alla concatenazione dei
run 432 e 434 per un totale di 5.5 giorni.
È possibile osservare dalle distribuzioni di figure 4.6 e 4.7 che l’efficienza
di rivelazione è compatibile con le misure prese nel setup di raggi cosmici a
Bologna e sul fascio. Si notano però code dovute alla difficoltà di tracciamento specialmente riguardo alle misure prese sul campione di tracce inclinate.
Una simulazione completa della geometria, del trigger e della distribuzione
angolare dei raggi cosmici, qui non discussa, ha permesso effettivamente di
riprodurre queste code.
4.2.4
Calcolo Preliminare degli offset per la misura del
TOT e correzioni di TimeSlewing
Le schede TRM ospitano 10 piggy–back per un totale di 30 HPTDC ognuna.
Una funzione utile a ridurre l’occupancy del rivelatore nell’acquisizione dati di
ALICE è la capacità di effettuare la compressione di due parole degli HPTDC
corrispondenti a fronte di salita e di discesa del segnale proveniente dalle FEA
in un unica parola comprendente l’informazione del tempo e l’informazione
del TOT. In figura 4.8 è possibile notare la disposizione dei campi in una
parola packed ed in una parola ordinaria.
Per non ridurre la piccola dinamica del campo di TOT (∼ 12 ns) è necessario impostare un valore di offset: il campo TOT delle parole packed è dato
dal valore del TOT meno il valore dell’offset. Il valore di offset è impostabile
via software sulle TRM. Tramite un run di calibrazione è possibile stabilire
il valore dell’offset opportuno.
È stato quindi effettuato un run di acquisizione con la funzione hit-packing
disabilitata come calibrazione sul calcolo dei TOT.
Il run di calibrazione è sufficientemente lungo per ottenere una stima
4.2. Risultati con i raggi cosmici per i moduli
105
channels / 0.1
TC2 module
Entries
Mean
RMS
Overflow
80
70
217
0.9656
0.03794
0
60
50
40
30
20
10
0
0.4
0.5
0.6
0.7
0.8
0.9
1
1.1
1.2
1.3
1.4
efficiency
(a) Tracce inclinate
channels / 0.1
TC2 module
180
Entries
Mean
RMS
Overflow
160
307
0.9822
0.0325
0
140
120
100
80
60
40
20
0
0.4
0.5
0.6
0.7
0.8
0.9
1
1.1
1.2
1.3
1.4
efficiency
(b) Tracce verticali
Figura 4.6: Distribuzione dell’efficienza per i canali del modulo centrale nel
setup presso il CERN per tracce verticali e tracce inclinate.
106
Capitolo 4. Misure di risoluzione temporale ed efficienza al CERN
channels / 0.1
TI3 module
50
Entries
Mean
RMS
Overflow
192
0.9465
0.05575
0
40
30
20
10
0
0.4
0.5
0.6
0.7
0.8
0.9
1
1.1
1.2
1.3
1.4
efficiency
(a) Tracce inclinate
channels / 0.1
TI3 module
Entries
Mean
RMS
Overflow
35
263
0.9478
0.03584
0
30
25
20
15
10
5
0
0.4
0.5
0.6
0.7
0.8
0.9
1
1.1
1.2
1.3
1.4
efficiency
(b) Tracce verticali
Figura 4.7: Distribuzione dell’efficienza per i canali del modulo Intermedio
nel setup presso il CERN per tracce verticali e tracce inclinate.
4.2. Risultati con i raggi cosmici per i moduli
107
Figura 4.8: Descrizione della disposizione dei campi di bits in una parola
packed ed in una parola ordinaria. Nella parola packed il campo TOT ha un
LSB di 48.8 ps.
delle distribuzioni dei TOT, tuttavia non vi è statistica sufficiente per effettuare una correzione di Time–Slewing su ciascun canale. In figura 4.9 sono
mostrate le distribuzioni dei TOT nel run di calibrazione a 13 KV e gli offsets scelti per alcuni canali. In figura 4.10 è mostrata la distribuzione dei
tempi di volo fra due canali in funzione del TOT di singolo canale per il run
di calibrazione a cui sono riferiti gli istogrammi di figura 4.9. Si nota con
facilità che la distribuzione dei punti è simile a quello di figura 3.9 e che è
possibile correggere i dati come fatto nel capitolo precedente.
Figura 4.9: Distribuzioni dei TOT per alcuni canali. le linee verticali
rappresentano l’offset scelto e il limite della dinamica del segnale di TOT.
Capitolo 4. Misure di risoluzione temporale ed efficienza al CERN
t1-t2 (ns)
108
2.5
2
1.5
1
0.5
0
-0.5
-1
-1.5
-2
-2.5
6
8
10
12
14
16
18
20
22
24
TOT1 (ns)
Figura 4.10: Distribuzioni dei punti (tij , T OTi) dei tempi di volo in funzione
del segnale di TOT per il run a cui sono riferiti i grafici in figura 4.9.
4.2.5
Risultati preliminari sulla risoluzione temporale
I run di acquisizione dati effettuati fino ad ora consentono di effettuare correzioni di Time–Slewing solo sui canali a maggiore statistica. Non possiamo
ottenere una stima delle risoluzioni temporali utilizzando tutti i canali del
setup come per il telescopio di raggi cosmici a Bologna. In questa sezione
sono presentati risultati preliminari sulla dispersione temporale del tempo
di volo fra due canali. I due canali analizzati sono in un modulo intermedio
vicini ma in strip distinte. I canali in questione sono illuminati dai raggi cosmici in tracce oblique. L’algoritmo di analisi effettua le differenze fra i tempi
di arrivo del primo canale e del secondo canale, corretti con le funzioni di
time-slewing. Non sono stati scelti eventi corrispondenti a particelle ricostruite, ma sono stati imposti comunque dei tagli sulle molteplicità dell’evento
(nhits < 10). In figura 4.11 è mostrata la distribuzione dei tempi di volo fra
i due canali. La variabile σ della distribuzione è pari a (145 ±3) ps per il
tempo di volo fra due canali. La stima della risoluzione temporale di singolo
canale è ottenibile supponendo
2
σ12
= 2σi2
i = 1, 2.
1
σ = √ σ12
2
(4.2)
(4.3)
entries / 40ps
4.2. Risultati con i raggi cosmici per i moduli
109
χ2 / ndf
75.77 / 43
196 ± 6.1
Constant
Mean
2.282e-05 ± 3.447e-03
Sigma
0.1452 ± 0.0029
200
180
160
140
120
100
80
60
40
20
0
-2.5
-2
-1.5
-1
-0.5
0
0.5
1
1.5
2
2.5
t1-t2 (ns)
Figura 4.11: Distribuzione del tempo di volo fra due canali dell’acquisizione.
ovvero (102 ± 2) ps per la risoluzione di singolo canale, compatibile con i
risultati ottenuti con i raggi cosmici nel telescopio di Bologna. Come già detto
i canali a cui si riferisce la figura 4.11 corrispondo a due pads vicine in due
strips diverse all’interno dello stesso modulo (un modulo intermedio). Sono
stati analizzati i tempi di volo su 16 coppie di canali, i risultati delle analisi
sono riportati in figura 4.12. La distribuzione delle risoluzioni sui tempi di
volo ha una media di 140 ps e RMS di 10 ps. Il calcolo delle distribuzioni su
strips inclinate ha fornito quindi un risultato compatibile con le risoluzioni
ottenute sul telescopio a Bologna.
Analizzando coppie di canali all’interno dello stesso modulo è quindi possibile filtrare le difficolta nella rivelazione in un telescopio per raggi cosmici
composto da moduli di MRPC inclinate molto distanti fra loro. La CRTF ha
dimostrato la stabilità funzionale di tutte le componenti del sistema TOF .
Sono previsti miglioramenti nel setup descritto con l’implementazione, nel
prossimo futuro, di un trigger basato anche sui segnali di Fast-OR fornito
dalle FEA e con la realizzazione di prove di impulsaggio sui moduli mentre
sono inseriti nella CRTF.
110
Capitolo 4. Misure di risoluzione temporale ed efficienza al CERN
hh
Entries
16
Mean
140.1
RMS
10.57
χ2 / ndf
2.134e-11 / 1
Constant 5.33 ± 1.92
Mean
140 ± 4.1
Sigma
13.99 ± 7.02
TOF resolution
5
4
3
2
1
0
100
110
120
130
140
150
160
170
180 190 200
resolution (ps)
Figura 4.12: Distribuzione delle risoluzioni sui tempo di volo su 16 coppie di
canali dell’acquisizione.
4.3
Prove di impulsaggio sul Super-Modulo
Il progetto del TOF è articolato in 18 Super-Moduli che sono assemblati
nella medesima hall sperimentale in cui è installato il telescopio descritto
in questo capitolo. Nell’assemblaggio del Super-Modulo sono installati dei
cavi coassiali che connettono le linee di impulsaggio stampate sui PCB delle
MRPC alle 2 CPDM. In figura 4.13 è mostrato un Super-Modulo durante
l’equipaggiamento dell’elettronica.
Attraverso il sistema di impulsaggio è possibile verificare se la catena di
acquisizione è attiva per tutti i canali.
L’implementazione di questo sistema è stata scelta per ottenere una misura
dei canali effettivamente connessi all’elettronica e dei canali non attivi. Le
MRPC sono cosı̀ impulsate dalla scheda CPDM inserita nei TOF crates attraverso i cavi LEMO con un segnale LVTTL che induce un segnale sulle
pad e l’elettronica di FE fornisce un hit in corrispondenza dell’induzione.
L’elettronica di conversione registra attraverso i cavi di segnale gli hit provenienenti dalle FEA e attraverso la presenza di questi hits nei dati in uscita
possiamo osservare se ci sono canali non attivi nella catena di acquisizione
dell’impulsatore ed eventualmente sostituire parti della catena qualora lo si
ritenesse opportuno.
4.4. Conclusioni e Prospettive
111
Figura 4.13: Immagine del Super-Modulo durante la fase di connessione dei
circuiti e delle componenti per il suo funzionamento.
4.3.1
Risultati sul Super-Modulo
In alcuni run sono state raccolte le statistiche di presenza di hits su un intero
Super-Modulo. Nel caso di assenza dei canali di una scheda FEA nei buffers di
dati in uscita si è proceduto a controllare se non fosse inserita correttamente
nelle schede di interfaccia, non fosse collegata al circuito di alimentazione o
non fosse collegato correttamente il cavo di segnale. Dopo alcune operazioni
sull’elettronica è stata evidenziata l’assenza di alcuni canali nella catena di
acquisizione. La percentuale di canali non attivi è inferiore al 0.1%. In figura
4.14 riportiamo il numero di eventi letti da ogni singolo canale letto dal crate0
del SM8, in un run di 2000 eventi .
I dati in figura 4.14 sono stati raccolti impulsando due sezioni separate
delle uscite LVTTL della scheda CPDM. I primi 240 canali non sono letti
perchè nei Super-Moduli, i crates 0 e 2 ( i crates di destra di ogni estremità)
ospitano una scheda CPDM al posto di una TRM.
4.4
Conclusioni e Prospettive
I dati preliminari presentati in questo capitolo confermano che il sistema
TOF ha prestazioni stabili e che la procedura di trasporto dei moduli e di
112
Capitolo 4. Misure di risoluzione temporale ed efficienza al CERN
ALICE-TOF SM8 CRATE 0 - Pulser Channel Map
3000
2 Dead Channels
2500
Pulser Section 0
Pulser Section 1
No Read-Out
2000
1500
1000
500
0
0
200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 1800 2000 2200 2400
channel
Figura 4.14: Istogramma del numero di impulsi per canale nel run pulsato
per il crate 0 del SM8.
assemblaggio del Super-Modulo non comporta danneggiamenti nel detector,
risultato confermato dai test effettuati con l’impulsatore.
La CRTF ha dimostrato l’operatività dei moduli per periodi lunghi (tipicamente 3 settimane) senza riscontrare problemi di “morte infantile” nei
moduli MRPC. Il setup della CRTF non è ancora ottimizzato, ma è stato
possibile ottenere risoluzioni temporali ed efficienze compatibili con le misure
del telescopio a Bologna.
La catena di equipaggiamento dei primi due Super-Moduli a cui ho partecipato si è dimostrata in linea con le attese nelle misure tramite run con
impulsatore.
Le metodiche applicate alla CRTF e all’installazione dei primi due SuperModuli sono pronte per essere applicate ai restanti moduli del TOF. Permangono margini di miglioramento in entrambe le procedure alle quali si lavorerà
durante l’assemblaggio dei futuri Super-Moduli. È inoltre prevista una prova
su fascio nel novembre 2006 di un modulo.
Conclusioni
In questa tesi sperimentale sono stati descritti due metodi di controllo per le
funzionalità del sistema di Time of Flight dell’esperimento ALICE a LHC. I
prototipi del rivelatore per il TOF hanno dimostrato eccezionali prestazioni
tramite la misura sul fascio di particelle al PS del CERN (efficienze di rivelazione prossime al 100% e risoluzioni temporali intrinseche inferiori a 50
ps). I metodi descritti in questa relazione sono di cruciale importanza per
verificare che tali prestazioni degli elementi del rivelatore siano scalabili alle
grandi dimensioni del sistema finale.
L’apparato di test delle MRPC con raggi cosmici a Bologna durante il mio
lavoro di tesi è stato migliorato con l’implementazione dei prototipi dell’elettronica finale, ottenendo prestazioni migliori rispetto ai risultati ottenuti con
il setup precedente. I risultati da me raggiunti sono descritti nel capitolo 3
di questa tesi.
Nel caso del test di funzionalità dei moduli al CERN, sempre con raggi
cosmici, si è riuscito ad ottenere, nonostante la geometria non favorevole,
conferma delle prestazioni di rivelazione del sistema TOF . I risultati preliminari ottenuti con la CRTF e sui supermoduli preparati durante l’estate 2006
sono stati presentati nel capitolo 4.
Il lavoro qui presentato ha perciò fornito una positiva conferma delle
metodiche utilizzate per la costruzione e l’assemblaggio del sistema TOF.
113
114
Conclusioni
Bibliografia
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