Nuove misure adottate dal decreto Crescitalia 2.0 per i vettori aerei
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Nuove misure adottate dal decreto Crescitalia 2.0 per i vettori aerei
avvocati e commercialisti associati Bari Bologna Brescia Cagliari Firenze Lecco Milano Padova Roma Torino Gennaio 2013 NUOVE MISURE ADOTTATE DAL DECRETO CRESCITALIA 2.0 PER I VETTORI LOW COST OPERANTI IN ITALIA Con l’obiettivo di stimolare la crescita economica del Paese, il 17 dicembre scorso il Parlamento italiano ha approvato la legge n. 221 di conversione del decreto legge n. 179 del 18 ottobre 2012, recante “Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese” (c.d. Decreto crescitalia 2.0). LE NUOVE MISURE Tra le principali novità introdotte dal provvedimento legislativo in questione, si segnala in materia di trasporto aereo l’art. 38, la cui applicazione avrà senza dubbio effetti rilevanti sulle compagnie aeree low cost, spesso oggetto di attenzione da parte dei singoli legislatori nazionali. La compagnia irlandese Ryanair era stata ad esempio già coinvolta in una specifica inchiesta in Francia. Tale inchiesta era volta all’accertamento di eventuali disparità di trattamento del personale impiegato dai vettori aerei esteri operanti stabilmente sul territorio francese. Anche in Italia si sono registrate delle obiezioni in tal senso, che hanno portato alla necessità di introdurre una normativa volta a chiarire lo status giuridico/fiscale dei vettori aerei esteri operanti sul territorio italiano. IL TESTO DELLA NORMA A tale scopo pertanto, il Parlamento italiano ha recentemente introdotto l'articolo 38 sopra citato, ai sensi del quale: ‹‹ai fini del diritto aeronautico, l'espressione «base» identifica un insieme di locali ed infrastrutture a partire dalle quali un'impresa continuativo esercita in modo un'attività' di stabile, abituale trasporto e aereo, avvalendosi di lavoratori subordinati che hanno in tale base il loro centro di attività professionale, nel senso che vi lavorano, vi prendono servizio e vi ritornano dopo lo svolgimento della propria attività. Un vettore aereo titolare di una licenza di esercizio rilasciata da uno Stato membro dell'Unione europea diverso dall'Italia è 1 considerato stabilito sul territorio nazionale quando esercita in modo stabile o continuativo o abituale un'attività' di trasporto aereo a partire da una base quale definita al periodo precedente››. L’articolo dunque definisce in modo completo ed esaustivo il concetto di ‘stabile organizzazione’, chiarendo quale sia il campo di applicazione del diritto italiano in relazione ai vettori stranieri operanti in Italia. IL MODELLO OCSE La nozione di ‘stabile organizzazione’, in effetti, pur rivestendo un'importanza cruciale ai fini della tassazione delle imprese, era stata accolta in modo implicito nell’ordinamento italiano e in particolare all'interno del testo unico delle imposte sui redditi. Vi erano difatti generici rinvii alle previsioni identificative di matrice internazionale contenute, in primis, nel Modello OCSE di Convenzione bilaterale (e nel correlato Commentario), nonché, in secundis, nei Trattati bilaterali contro le doppie imposizioni ratificati dall'Italia (e ispirati, di norma, al suddetto modello). L'assenza di una puntuale definizione nel nostro ordinamento aveva, tuttavia, comportato notevoli problemi interpretativi, soprattutto nei casi in cui non era previsto un Trattato bilaterale per evitare le doppie imposizioni, poiché veniva di conseguenza a mancare quella definizione di ‘stabile organizzazione’ tipicamente prevista in ambito pattizio. In assenza di una definizione nazionale, gli operatori erano soliti riferirsi dunque alla previsione normativa contenuta nel Modello OCSE. Il riferimento al richiamato modello aveva, tra l'altro, ricevuto l'avallo dell'Amministrazione finanziaria che nella circolare n. 7/1496 del 30 aprile 1977 aveva autorizzato - ovviamente nell'ipotesi di assenza di un Trattato bilaterale - ad utilizzare la definizione di permanent establishment ivi contenuta, in quanto unica fonte disponibile in materia. Con l’introduzione dell’art. 162 del nuovo testo unico delle imposte sui LA NORMATIVA FISCALE ITALIANA: LA PRIMA DEFINIZIONE DI ‘STABILE ORGANIZZAZIONE’ redditi (previsto dal D.Lgs. 12 dicembre 2003, n. 344), il legislatore ha inteso rimuovere una lacuna avvertita da tempo nell’ordinamento tributario nazionale, prevedendo una prima definizione di stabile organizzazione che assume connotazioni del tutto particolari. Prima di tale previsione normativa, nell’ordinamento tributario nazionale non si rinveniva alcuna descrizione dell’istituto. L’art. 162 recepisce, in buona sostanza, la più recente versione dell’art.5 del Modello di Convenzione OCSE, prevedendo, al comma 1, che “l’espressione – stabile organizzazione – designa una sede fissa di affari per mezzo della quale l’impresa non residente esercita in tutto o in parte la sua attività sul territorio dello Stato”. 2 La definizione adottata dal legislatore nel 2003 ha avuto il merito di introdurre per la prima volta degli specifici parametri, consentendo all’Italia di esercitare il proprio potere, riscuotendo le imposte da soggetti giuridici non residenti in Italia, che tuttavia producono reddito all’interno del territorio nazionale. Ai sensi della normativa sopra menzionata, i requisiti per affermare che una I REQUISITI PER UNA società straniera è connotata da una stabile organizzazione in Italia sono: ‘STABILE ORGANIZZAZIONE’ a) l'esistenza all’interno del territorio nazionale di attività soggette alla legge e che coinvolgono sia strutture, sia dipendenti; b) la permanenza di tali strutture: devono essere utilizzate in modo stabile e non occasionale; c) la connessione tra le strutture e le attività commerciali della società; d) la capacità produttiva della società, ossia la possibilità di produrre reddito, indipendentemente dalle attività svolte dalla società al di fuori del territorio italiano. In tale scenario, l’introduzione dell'articolo 38 sopra menzionato rafforza GLI EFFETTI DELLA NUOVA NORMATIVA in maniera incisiva i principi sopra menzionati e assume una rilevanza essenziale, sia per le imprese estere operanti in Italia, sia per quelle italiane che esercitano la loro attività all’estero. Tale norma ha, infatti, il merito di ampliare non solo i requisiti fiscali, ma anche i criteri di sicurezza sociale e gli obblighi di diritto del lavoro nel settore del trasporto aereo, in linea con i principi enunciati nel considerando del Regolamento Europeo n. 1008/2008 (recante norme comuni per la prestazione di servizi aerei nella Comunità). Gli Stati membri dovranno difatti garantire al personale dipendente di un vettore aereo comunitario, che svolga la propria attività in una base operativa diversa dallo Stato membro in cui ha la sede principale, la corretta applicazione delle norme comunitarie e della legislazione sociale nazionale. Anna Masutti [email protected] Tel. +39 051 232495 Adeliana Carpineta [email protected] Tel. +39 051 232495 3 Le informazioni contenute nel presente documento non sono da considerarsi un esame esaustivo né intendono esprimere un parere o fornire una consulenza legale. Qualora non si desideri ricevere la presente newsletter, si prega di inviare un’email a: [email protected] LS Lexjus Sinacta Avvocati e Commercialisti Associati http://www.lslex.com 4