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Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. INDICE 1. PREMESSA. Pag. 3 2. METODOLOGIA D’INDAGINE. Pag. 4 3. INQUADRAMENTO GEOGRAFICO, GEOLOGIOCO E GEOMORFOLOGICO. Pag. 6 4. INQUADRAMENTO STORICO-ARCHEOLOGICO E RICOSTRUZIONE DEL POPOLAMENTO ANTICO. Pag. 13 5. LA VIABILITA’ ANTICA. Pag. 23 6. EVIDENZE ARCHEOLOGICHE NOTE. Pag. 27 7. ANALISI DELLE FONTI STORICHE ED ARCHIVISTICHE. Pag. 33 8. NUOVE ACQUISIZIONI E TRADIZIONI ORALI . Pag. 52 9. ANALISI TOPONOMASTICA. Pag. 58 10. ANALISI FINALE DEL DATO ARCHEOLOGICO. Pag. 66 11. INDIVIDUAZIONE DELLE AREE DI RISCHIO ARCHEOLOGICO. Pag. 75 BIBLIOGRAFIA Pag. 78 ALLEGATO A: SCHEDATURA DEI SITI DI INTERESSE ARCHEOLOGICO. ALLEGATO B: FONTI ANTICHE. ALLEGATO C: DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA. Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 2 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. 1. PREMESSA. Nell’ambito della redazione del nuovo PSC il Comune di Berceto ha incaricato la Società Cooperativa Acmé di redigere la Carta archeologica con relativa analisi della potenzialità del rischio archeologico. L’amministrazione comunale, con la realizzazione di questo importante documento, intende fornire al paese di Berceto uno strumento che consenta di far conoscere alla cittadinanza il proprio patrimonio storico-archeologico e di limitare le problematiche legate all’espansione edilizia. E’ opportuno che l’intera comunità di Berceto venga a conoscenza che il proprio territorio è un bene da conservare, indagare, proteggere e valorizzare in modo da poterlo trasmettere alla memoria collettiva. Ai giorni nostri, è necessario procedere alla realizzazione di strumenti di conoscenza, tutela e programmazione che rispettino il patrimonio archeologico e che non si limitino alla semplice conoscenza del dato disponibile, ma lo mettano in risalto e lo sfruttino, compatibilmente con lo sviluppo territoriale ed economico. Il patrimonio archeologico non è un rischio o un ostacolo allo sviluppo, ma un bene da inserire nella programmazione. La carta archeologica deve essere uno strumento sia programmatico che utile al potenziamento della ricerca. Sulla base della presente carta archeologica, l’Amministrazione comunale e l’Ufficio tecnico avranno il compito di avvisare la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna qualora vi sia necessità di eseguire uno scavo per lavori sia pubblici che privati. Il grado di rischio, le adempienze ed eventuali prescrizioni saranno indicate dalla Soprintendenza sulla base delle normative vigenti. Il presente documento è stato realizzato seguendo le prescrizioni indicate nel protocollo n. 6610 della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Emilia Romagna e sotto la supervisione della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna, nello specifico, del Funzionario territoriale Dott.ssa Manuela Catarsi. Questa carta archeologica è da considerarsi una prima analisi dell’intero patrimonio archeologico di Berceto; futuri studi e aggiornamenti potranno essere integrati al presente documento. Nel corso degli ultimi decenni, il territorio di Berceto, purtroppo, non ha assistito a stagioni di studi e ricerche estensive e sufficientemente approfondite che permettessero di restituirne la giusta importanza dal punto di vista storico e archeologico. Le informazioni riguardanti il passato sono frutto di iniziative personali da parte di appassionati o sono ritrovamenti casuali ai quali vanno aggiunti dati raccolti Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 3 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. dalla Soprintendenza nell’ambito delle sorveglianze previste per grandi opere (per esempio metanodotto Snam, adeguamento Autocisa, ferrovia Parma – La Spezia). Il territorio comunale di Berceto ha un’estensione di 131 kmq di cui il 70% montuoso; il rimboschimento, le numerose frane e il difficile accesso di molte aree unitamente allo spopolamento rendono difficoltosa un’analisi completa. METODOLOGIA D’INDAGINE. 2. La metodologia d’indagine del presente lavoro comprende l’analisi delle fonti antiche, la raccolta del materiale storico-archeologico edito ed inedito, l’inquadramento storico e geomorfologico del territorio, l’analisi dei toponimi riscontrati nell’area, l’osservazione della fotografia aerea e da satellite, le considerazioni successive alle ricognizioni di superficie (survey), il posizionamento dei siti d’interesse archeologico individuati, la schedatura dei siti e la definizione ed analisi della potenzialità di rischio archeologico. La base di studio della presente Carta della potenzialità del rischio archeologico è stata effettuata sulle ricerche archivistiche e bibliografiche. Questa fase di acquisizione delle conoscenze sul patrimonio storico-archeologico è da ritenersi, in effetti, primaria e preliminare alle fasi successive e consiste nel reperimento di materiale edito nella letteratura specializzata o di cui si conserva documentazione negli archivi della Soprintendenza competente o nelle biblioteche della provincia di Parma. Una fase importante della ricerca ha riguardato la rilettura delle fonti antiche che parlano del territorio comunale di Berceto. Per una conoscenza delle specifiche fonti bibliografiche si rimanda alla Bibliografia ed all’Allegato B alla fine del testo. L’unione dei dati risultanti da questa ricerca ha reso possibile un inquadramento storico archeologico del territorio di Berceto che valuta le modalità del popolamento dalla Preistoria fino al Medioevo. I dati archeologici ed il loro posizionamento topografico sono stati ottenuti non solo grazie all’analisi bibliografica, ma raccogliendo anche le informazioni derivanti da: • fotografie aeree e immagini satellitari; • ricognizioni archeologiche mirate; • segnalazioni orali; • analisi toponomastica. Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 4 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. Successivamente è stato stilato un elenco di siti archeologici che sono stati cartografati con simbologie e colori differenti secondo le epoche storiche così come riportato nella legenda della Carta dei siti. Per ogni sito individuato è stata realizzata una scheda descrittiva. La cartografia, sulla quale sono stati raccolti tutti i dati, è stata impostata su una base AutoCAD georeferenziata sulle tavole CTR fornite dall’ufficio tecnico comunale. Una legenda inserita nella cartografia consente una lettura immediata del dato archeologico, distinto in base all’epoca di riferimento. Infatti, in una colonna a sinistra della tavola sono elencati e numerati tutti i siti individuati. La carta è stata suddivisa in quadranti così come è accaduto anche per le altre valutazioni presenti nel PSC di Berceto. Ad ogni quadrante corrisponde una numerazione di sito e ad ogni sito una scheda di dettaglio dove sono raccolte le informazioni, le coordinate e un estratto dettagliato della CTR. Ogni sito viene quindi indicato sulla cartografia attraverso un simbolo, un colore ed una numerazione derivante dal quadrante di appartenenza. Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 5 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. Per le aree con maggiore densità come Berceto e Roccaprebalza si è deciso di allegare alla presente relazione una tavola apposita in scala 1:2000. Per ultimo è stato possibile definire due diversi livelli di rischio archeologico dell’intero territorio comunale di Berceto. In base alla densità dei ritrovamenti e al tipo di contesto sono state disegnate delle aree definite o a rischio accertato o a rischio diffuso. I fattori di valutazione per la definizione del rischio archeologico si possono riassumere in analisi dei siti noti e della loro distribuzione spazio-temporale, riconoscimento di eventuali persistenze abitative, grado di ricostruzione dell’ambiente antico. Passaggio fondamentale per il ricercatore è stato riunire e valutare le informazioni raccolte. Infatti per alcune aree si può avere una gran quantità di rinvenimenti, che possono farci interpretare quel territorio come fortemente antropizzato, ma anche come un’area più studiata o tutelata. L’assenza di informazioni archeologiche, infatti, non può essere vista come assenza insediativa. Inoltre, occorre valutare l’attuale utilizzo del territorio, la presenza di nuclei abitativi storici o di aree edificate moderne. Infatti, aree attualmente ad alta densità abitativa possono simboleggiare un minor rischio archeologico rispetto a quelle con bassa densità, poiché una maggiore urbanizzazione indica un degrado maggiore degli insediamenti antichi sia nel livello di conservazione sia nella potenzialità distruttiva espressa. 3. INQUADRAMENTO GEOGRAFICO, GEOLOGICO E GEOMORFOLOGICO. Il Comune di Berceto è situato nel settore meridionale della Provincia di Parma al confine con la Regione Toscana. Il territorio comunale è delimitato a nord dai Comuni di Solignano e Terenzo, a sud dal Passo della Cisa e dal Comune toscano di Pontremoli, ad est dai Comuni di Calestano e Corniglio, ad ovest da Valmozzola e Borgotaro. I centri abitati principali dell’intero territorio sono: Berceto, Bergotto, Casaselvatica, Castellonchio, Corchia, Fugazzolo (di Sopra e di Sotto), Ghiare, Lozzola, Pagazzano, Pietramogolana, Roccaprebalza e Valbona. La maggior parte del territorio è a carattere montuoso con rilievi che oscillano tra i 1.100 e i 1.300 metri di altitudine. Da ovest verso est si possono riconoscere il Groppo delle Pietre (m 1.289), il Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 6 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. Monte Valoria (m. 1.229), il Groppo del Vescovo (m 1.243), il Monte Sprela (m 1.284) ed il Monte Scarabello (m 1.340). Il Comune di Berceto si trova nei bacini idrografici del fiume Taro (settore occidentale) e del torrente Baganza (settore orientale) che alimentano l’intero territorio permettendo agli insediamenti antropici di svilupparsi. Il tratto del fiume Taro che interessa Berceto è solamente un limitato tratto situato in sponda destra rispetto al Fiume ma è comunque caratterizzato da diversi affluenti, i più importanti dei quali sono il torrente Vorè, il torrente Manubiola, il torrente Grontone, il torrente Mozzola ed il torrente Sporzana. Il torrente Vorè ha origine dalle pendici del Groppo della Donna ed i suoi affluenti in sponda destra sono il rio Fassaneto, il rio del Moro, ed il rio Ferrari; in sponda sinistra il rio del Tullo. Il torrente Manubiola ha origine da due rami principali: il Manubiola di Corchia ed il Manubiola di Valbona che scorrono paralleli fino a confluire nei pressi di Bergotto. Infine il torrente confluisce nel Taro nei pressi di Ghiare di Berceto. Gli affluenti di destra sono il rio della Fazza, il rio dei Rivi Freddi, il torrente Cattaia, il rio delle Vigne di Berceto, il rio di Roccaprebalza, il rio Campedello ed il rio Bussatolo. Gli affluenti di sinistra sono il rio dei Bassi, il torrente Cova, il rio Maserino ed il rio delle Masere. Il torrente Grontone ha origine dal Monte Marino e defluisce nel Taro poco a monte del Comune di Solignano. Gli affluenti di destra sono: il rio degli Scrivani, il rio dell’Olmo, il rio della Macetta, il rio Merdoso, il rio delle Lame. Gli affluenti di sinistra sono: rio del Metallo, rio delle gabbanelle, rio delle Terre Lunghe, rio Mellina e rio Martellino. Il torrente Baganza nasce sulle pendici dello spartiacque appenninico, presso la Cisa, dal monte Borgognone (1400 m slm). Scorre fino a Berceto per poi passare da Fugazzolo e Calestano. Dalle sue sorgenti fino al ponte di Calestano esso scorre tra pendii acclivi ed incassato tra le rocce, la valle è stretta con versanti ripidi e l’andamento del torrente è marcatamente tortuoso. In questo tratto riceve in sponda destra le acque del rio Pradella nei pressi di Fugazzolo. Il territorio comunale di Berceto è caratterizzato da un elevato indice di franosità, circa il 40% dell’intera area, che ha danneggiato e compromette tutt’oggi la conservazione dei siti archeologici. I corpi franosi attivi ricoprono il 10,4% del territorio, mentre le frane quiescenti interessano il 29,3%. La tipologia di dissesto più diffusa è costituita dalle frane complesse di medie e grandi dimensioni, in cui si associano scivolamenti rotazionali e rototraslativi con fenomeni di colata; a volte tali Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 7 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. dissesti interessano interi versanti dai crinali ai corsi d’acqua. Purtroppo, movimenti franosi sono stati riconosciuti nei pressi dei centri abitati del territorio comunale. E’ da tenere presente che questi nuclei abitativi hanno origini molto antiche e quindi le frane non solo possono compromettere gli abitati attuali ma anche i resti archeologici ancora presenti nel sottosuolo. Il versante che si estende dallo spartiacque Baganza – Taro al fondo della media valle del torrente Manubiola, sul cui settore sommitale sorge l’abitato di Berceto, è interessato da un movimento gravitativo classificato come “deformazione profonda di versante”. L’abitato di Bergotto è interessato da due movimenti franosi quiescenti, di tipo complesso, che in caso di riattivazione potrebbero coinvolgere l’intera area. Il primo si trova a nord dell’abitato e si arresta ad alcune decine di metri a nord della chiesa di Bergotto. Il secondo coinvolge la frazione di Casa La Torre, C. Borello e C. Bertoncini. L’abitato di Casaselvatica e tutta l’area circostante è interessata da diversi dissesti tra i quali spiccano per dimensioni e pericolosità la frana de “La Costa” e la frana situata tra La Piazza e Casaselvatica. La prima è di tipo intermittente, con tempi di riattivazione differenziati a seconda che si considerino le colate superficiali, stagionali, o la rimobilizzazione dell’intero corpo di frana profondo che avviene con intervalli di decine di anni. Il secondo movimento è presente nell’abitato di Bragazzano; il suo accumulo principale è quiescente. Entrambe le frane sono di tipo complesso. Notizie relative probabilmente all’evoluzione gravitativa dell’area de La Costa sono testimoniate già nella metà del XVI secolo grazie alle cronache di Don Giorgio Franchi. Nella tradizione popolare la frana avrebbe sconvolto il paese e travolto anche un ospitale o un monastero (forse l’Ospitale di Casaselvatica).1 Un altro movimento franoso lambisce il Perneto, lungo la statale Berceto-Calestano, e si origina dal Flysch di Monte Caio presso la vetta del Monte Cervellino in destra del Baganza, per raggiungere il fondovalle dopo qualche chilometro2. Gli ultimi dati al Carbonio 14 indicano numerosi movimenti franosi ripetuti da 5.750 a 1.950 anni fa. La frana si è riattivata nel novembre del 2000 a causa di intense precipitazioni autunnali ed ha distrutto il nucleo abitativo di Cozzo attestato già nel XII secolo.3 C. CECCATO, Studio geologico Comune di Berceto – Piano Comunale di Protezione Civile, Bozza Gennaio 2008, pp. 2-24. 2 P. VESCOVI, L'assetto strutturale del Flysch di M. Caio nella zona del Passo della Cisa e in alta Val Baganza (Prov. di Parma), in “Rend. Soc. Geol. It.”, 1988, pp. 313-316. 3 P. VESCOVI, E. FORNACIARI, D. RIO, R. VALLONI, The Basal Complex Stratigraphy of the Helminthoid Monte Cassio Flysch: a key to Eoalpine tectonics of the Northern Apennines. In “Rivista Italiana di Paleontologia e Stratigrafia”, 1999, pp. 101-128. 1 Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 8 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. L’analisi geomorfologica dell’area comunale di Berceto è fondamentale per capire quali sono state le zone particolarmente adatte allo sfruttamento ed all’insediamento antropico. L'Appennino parmense nel quale è incastonato il Comune di Berceto è, per la maggior parte, costituito da rocce sedimentarie di origine marina che in prevalenza sono costituite da argille, arenarie e marne. Nelle zone di crinale sono presenti depositi morenici quaternari e coperture detritiche. Le masse vulcaniche costituiscono nell'Alto Appennino l'elemento più caratterizzante del paesaggio geologico e l'erosione prolungata degli agenti atmosferici ha isolato le vulcaniti dando origine a quelle guglie rocciose (ofioliti) che s’innalzano sul fondo di alcune vallate o lungo le dorsali montuose.4 Le rupi ofiolitiche svolgono un importante ruolo nella ricostruzione delle principali tracce lasciate dall’uomo in Val Taro, arricchendo il quadro delle conoscenze sul popolamento antico. Grazie alla loro natura, soprattutto alla loro scarsa erodibilità, le ofioliti rappresentano per l’essere umano luoghi d’importanza strategica e di controllo del territorio. I caratteri fisici di questi luoghi hanno influenzato le scelte dell’uomo preistorico, difatti venivano sfruttate come insediamenti le aree che meglio rispondevano ai bisogni antropici come le posizioni arroccate che permettevano un ampio controllo del territorio e quindi zone perfette per la caccia stagionale. Questo legame tra ofioliti e insediamenti umani si riscontra anche in epoca medievale, periodo in cui fu eretta la maggior parte dei numerosi castelli attorno ai quali si consolidò l’organizzazione dell’intero territorio di Berceto.5 Le guglie laviche, quindi, costituirono da tempi immemorabili la sede ottimale per il più antico insediamento umano. La stabilità della roccia unita ad un elevato grado di naturale predisposizione difensiva hanno reso queste aree adatte sia per l'insediamento nella pre-protostoria che per l'incastellamento medievale, basti pensare a Roccaprebalza, Pietramogolana, Pellerzo, Case Fioritola, Lozzola Castello, Valbona. A nord di Casaselvatica presso la località Tavolana ai confini settentrionali del Comune in Val Baganza si attraversa il contatto tettonico tra il Flysch di Monte Sporno, ancora completamente G. ZANZUCCHI, Una passeggiata geologica sulla via Francigena tra Parma e Berceto con Alfredo Jacobacci, in “Mem. Descr. Carta Geol. d’It.”, LXXVII (2008), p. 14. 4 G. CERVI, Guida all'Appennino parmense: l'ambiente naturale ed i caratteri degli insediamenti storici, Parma 1987. 5 S. SEGADELLI, con contributi di M. T. De Nardo e A. Parisi, La geologia nel paesaggio: le rupi ofiolitiche in Val Taro e Val Ceno, in “Il Geologo dell’Emilia Romagna”, 2006, pp. 17-19. Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 9 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. rovesciato ed immergente a SO, ed il cretacico Flysch di Monte Cassio che lo sovra scorre parzialmente. Sul limite sud del Comune in prossimità di Chiastre si trovano i cosiddetti “Salti del Diavolo”. L’erosione ha modellato queste rocce, dando luogo a strette dorsali e profondi strapiombi che si mostrano in tutta la loro imponenza. Le arenarie, sottoposte a lenta granulazione e sollevate da spinte orogeniche formano denti aguzzi e taglienti che si incuneano profondamente nei versanti. Nelle bancate che costituiscono i “Salti del Diavolo” sono presenti conglomerati (alla base stratigrafica) lungo tutto il lato a monte, e arenarie (al tetto stratigrafico) lungo il lato a valle.6 I substrati arenacei sono caratterizzati da elevata stabilità e sovente occupano vaste estensioni territoriali. La diversa natura delle rocce condiziona fortemente l’aspetto del paesaggio: in corrispondenza dei litotipi consistenti e resistenti all’azione disgregante degli agenti atmosferici il paesaggio assume connotazioni accidentate e con forte acclività dei versanti montuosi, profonde e strette valli fluviali e folti boschi. Per contro, in corrispondenza degli affioramenti argillosi, la morfologia appare assai più addolcita, tipicamente collinare, con estesi versanti a debole pendenza ed intensamente coltivati. Le medesime argille, non sempre sono adatte alla coltivazione, e spesso sono ricoperte da querceti presenti in prossimità degli ammassi vulcanici (vedi Roccaprebalza).7 Con il termine Arenarie di Scabiazza sono indicati i depositi a dominante arenacea del Cretacico Superiore, appartenenti ai complessi di base delle unità liguri e sub-liguri, che presentano analoghe caratteristiche e che precedentemente sono stati cartografati, nei diversi settori dell'Appennino, con nomi differenziati (Arenarie di Scabiazza, Arenarie di Ostia, Arenarie di Isola di Palanzano, ecc.). La formazione è costituita da arenarie grigio-chiare, fini e medie, in strati sottili, alternate a peliti debolmente marnose, ed intercalate da strati molto spessi di marne siltose grigio chiare a base arenacea grossolana, e da strati marnoso-calcarei medi e spessi caratterizzati da basi grossolane a clasti spigolosi bianchi e verdini di micriti e radiolariti. Un’importantissima peculiarità del territorio comunale di Berceto è la presenza di Granito. L’affioramento più esteso dell’Emilia Romagna si trova a Rombecco e si è formato durante il Paleozoico a seguito della collisione tra le grandi masse continentali; è molto raro e testimonia la 6 G. ZANZUCCHI, I lineamenti geologici dell'Appennino parmense. Note illustrative alla Carta geologica e Sezioni geologiche della Provincia di Parma e zone limitrofe (1:100.000), STEP 1980, pp. 201-233. 7 P. VESCOVI, L'assetto strutturale della Val Baganza tra Berceto e Cassio (PR), in “L'Ateneo Parmense. Acta Naturalia”, 22, Parma 1986, pp. 85-111. Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 10 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. formazione di una catena montuosa antichissima e le fasi di unione di tutti i continenti nella grande Pangea. Il Granito è una roccia di origine magmatica, molto compatta e formata da cristalli visibili a occhio nudo. Il colore d’insieme è molto chiaro per l’abbondanza di quarzo e plagioclasio in cristalli di dimensione medio-grandi. Con i grandi movimenti avvenuti nella crosta continentale, masse di graniti, più o meno grandi, sono state trasportate tra rocce più recenti, come nel caso dei piccoli lembi granitici che affiorano nell’Appennino. Altra roccia di origine vulcanica è il basalto presente in particolare a Roccaprebalza, ma anche a Corchia ed altre località del Comune di Berceto. Si tratta di brecce basaltiche, particolarmente ben esposte nell’incisione erosiva del Rio di Roccaprebalza dove affiora una successione costituita da episodi di brecce ofiolitiche sedimentarie e livelli di brecce basaltiche verosimilmente attribuibili a processi vulcano-sedimentari. Un minerale di origine vulcanica sfruttato tra Ghiare e Roccaprebalza e nelle vicinanze di Pagazzano è il talco. Esso si trova al primo posto della scala di Mohs, classificazione che misura la durezza dei minerali, difatti è untuoso al tatto e basta un’unghia per scalfirlo. Si trova in aggregati più o meno compatti che una volta estratti vengono lavorati. Inizialmente impiegato come pietra ornamentale o per la produzione di oggetti di uso quotidiano (ferri da stiro, stufe, padelle, calamai, ecc…) assume un’importanza sempre maggiore con il progressivo riconoscimento delle sue peculiari proprietà chimico-fisiche: ossia essere inerte all’azione degli acidi ed a quella degli alcali, possedere un elevato punto di fusione (circa 1540° allo stato puro), assumere in seguito alla cottura un’elevata durezza (tale da rigare il vetro), risultare ottimo isolante e lubrificante a secco, avere un elevato potere assorbente delle sostanze grasse o lubrificanti. L’ultima attività estrattiva rimasta produttiva sino al secondo dopo-guerra è stata quella del talco (nella sua forma più pura detta steatite). L’attività è poi diventata antieconomica negli anni ’60 e quindi abbandonata. Le pietre da cui si estrae il talco si presentano a struttura lamellare, più o meno tenere, di colore grigio-verdastro e lucentezza madreperlacea. Talco nella varietà Steatite si trova a Ghiare di Berceto, località Moreschi.8 Il sito probabilmente più importante dal punto di vista mineralogico e che meriterebbe studi approfonditi per verificarne la frequentazione in epoche antiche è quello della Miniera di Corchia. 8 S. SEGADELLI, con contributi di M. T. De Nardo e A. Parisi, La geologia nel paesaggio: le rupi ofioliti che in Val Taro e Val Ceno, in “Il Geologo dell’Emilia Romagna”, 2006, pp. 22-23. Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 11 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. La concessione per la ricerca di minerali di rame - successivamente estesa al ferro, zinco e feldespato - venne rilasciata per la zona di Corchia già a partire dal 1886. Dopo fasi alterne di ricerca e di sfruttamento delle lenti assai discontinue di minerali cupriferi, concentrate soprattutto al contatto tra ofioliti e "galestri", solo dal 1937 si avviò una razionalizzazione degli impianti di lavorazione, a seguito della quale fu costruita una teleferica per il trasporto dei materiali fino ad allora eseguito a dorso di mulo. I cantieri vennero chiusi nel 1943.9 Recenti studi hanno dimostrato che vi è una presenza di oro nativo nelle miniere di Corchia. Pochi avevano dato credito ai tentativi di estrazione operati sotto Ottavio Farnese e da maestranze inviate da Cosimo de Medici. In maniera tutta’altro che approfondita la questione era stata messa da parte ripetendo un ritornello che recitava: “Era soltanto pirite”.10 Sicuramente l’intero territorio di Berceto, grazie alle sue qualità geologiche, è stato fonte principale di approvvigionamento di materie prime da utilizzare non solo nelle costruzioni. E’ possibile indicare con precisione che nell’edificazione dei centri abitati siano stati utilizzati materiali estratti dalle montagne circostanti. Le Arenarie di Scabiazza sono state ampiamente utilizzate negli abitati, nei muri e muretti di confine o di contenimento tra le proprietà. Un esempio dell’utilizzo delle pietre locali è il Duomo di Berceto. La composizione mineralogica della pietra dei “Salti del Diavolo” si riscontra nelle colonnine scolpite ai lati del portale principale del Duomo, nelle sculture e nell’architrave della lunetta. La stessa pietra si ritrova nel portale del lato Nord: la lunetta, l’architrave e le due sculture laterali. In dialetto questa pietra è chiamata “Mass Ladèin” che significa sasso tenero e designa la facilità e la finezza con cui poteva essere plasmata da maestranze specializzate. Invece, i perimetrali, la facciata, la zona absidale e la torre campanaria risultano costruite o ricoperte da lastre in arenaria sicuramente provenienti dalla zona compresa tra il Castello e la “Ripa Santa" (così è comunemente chiamato il tratto della Francigena tra il paese e il displuvio tra Manubiola e Baganza). Anche il materiale per il restauro ottocentesco del Duomo è stato sicuramente estratto nelle immediate vicinanze del paese. 11 9 F. ADORNI, F. GUELFI, La miniera di Fe e Cu di Corchia, Berceto (Appennino parmense), in “Riv. Miner. Ital.”, n. 3, 1997. 10 G. GARUTI, F. ADORNI, V. CALDERINI, F. ZACCARINI, L'oro del "Pozzo": secondo ritrovamento di oro nativo nell'ofiolite di Corchia, Berceto (Appennino Parmense), in “MICRO (notizie mineralogiche)”, 2/2008, pp. 133-144. 11 G. ZANZUCCHI, Una passeggiata geologica sulla via Francigena tra Parma e Berceto con Alfredo Jacobacci, in Mem. Descr. Carta Geol. d’It., LXXVII (2008), pp. 14-15. Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 12 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. I grandi conci utilizzati per l’edificazione del forte Napoleonico provengono probabilmente da alcune piccole cave a poca distanza dall’odierna Strada Nazionale della Cisa, nei pressi della località Pianelli. Altre cave di arenaria sono: la Cava dell’Uccellino, della Veltronara e della Cisa, di Pagazzano o di Grontone e di Bergotto oltre a numerose cave minori come quella in prossimità del Lago del Portico nei pressi di Pagazzano. 4. INQUADRAMENTO STORICO-ARCHEOLOGICO E RICOSTRUZIONE DEL POPOLAMENTO ANTICO. L’analisi delle fonti edite ed inedite, storiche ed archivistiche, unitamente allo studio delle evidenze archeologiche note e della viabilità antica, hanno reso possibile un inquadramento storico archeologico del territorio comunale di Berceto nonché una ricostruzione del popolamento antico. Le prime tracce della presenza antropica sull’Appennino Parmense e in particolare nel territorio comunale di Berceto risalgono al Paleolitico, età in cui l’uomo trovò riparo e protezione nelle montagne, in grotte e sotto spuntoni di roccia, preferibilmente nei pressi di sorgenti d’acqua e fiumi. Il periodo fu segnato profondamente dall’Era glaciale durante la quale gli abitanti si difesero dagli attacchi dei grandi animali da preda grazie all’utilizzo del fuoco ed alla realizzazione di semplici strumenti di pietra scheggiata. Furono inventati e prodotti: punte, raschiatoi e grattatoi per lavorare le pelli, lame, coltelli e cuspidi di freccia per la caccia. In quest’epoca nacque anche l’arte come dimostra l’utilizzo del colore per decorare le pareti delle grotte e gli oggetti. Ad oggi, purtroppo, nel territorio di Berceto, non sono ancora stati ritrovati villaggi insediativi appartenenti agli abitanti nomadi e cacciatori del Paleolitico, anche se è possibile presupporre la presenza di tali siti dato l’ambiente ospitale per le attività antropiche dell’epoca. L’unico sito archeologico bercetese appartenente al Paleolitico riguarda la cava di selce posta a La Riva di Casaselvatica. Questo ritrovamento è rilevante in quanto rappresenta finora l’unica cava di selce riconosciuta nel territorio Parmense. Il dato più importante per la preistoria nel territorio di Berceto viene dalle numerose segnalazioni riguardanti il Mesolitico, fase culturale caratterizzata dalla presenza di gruppi di cacciatoriraccoglitori che praticavano un semi-nomadismo stagionale tra pianura e montagna, estremamente specializzati nella tecnica di costruzione delle armi quanto nelle strategie di caccia. Il territorio Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 13 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. comunale di Berceto coi suoi valichi naturali, pianori di crinale, sorgenti perenni e zone umide, si prestava ad essere scelto per accampamenti stagionali per la caccia ai grossi ungulati, soprattutto cervi, e per il reperimento di materie prime (selci e diaspri). Il susseguirsi di siti lungo il crinale tra Parma e Baganza e tra Baganza e Manubiola fino al Monte Valoria dimostrano che le comunicazioni attestatesi nel Medioevo erano già sfruttate naturalmente in epoca antica. 12 Le indagini edite e le ricognizioni svolte per la Carta Archeologica hanno inoltre confermato lo stretto rapporto tra rupi ofiolitiche ed insediamento umano già a partire dalla preistoria. In particolare, per la loro scarsa erodibilità, le ofioliti rappresentavano luoghi d’importanza strategica naturalmente deputati al controllo del territorio e fornivano, quindi, posizioni arroccate da cui controllare ampiamente la zona e organizzare strategie di caccia e di difesa.13 Per quanto riguarda il Neolitico e la prima età dei metalli, purtroppo, non vi sono approfondite testimonianze di queste epoche. Queste carenze non sono da imputare ad una rarefazione del popolamento ma ad una scarsità di ricerca. Infatti, anche se la sperimentazione agricola dell’epoca neolitica avvenne soprattutto nella pianura parmense, le montagne circostanti non furono affatto trascurate: svariati ritrovamenti sporadici di reperti e qualche insediamento in zone già sfruttate in epoca mesolitica dimostrano che permane una continuità nella scelta insediativa. Notizie maggiori si possono avere per l’età del Bronzo, periodo in cui gli insediamenti sfruttarono luoghi naturalmente forti come dimostra il villaggio arroccato di Fioritola. Questo ritrovamento indica come gli abitanti della zona facessero riferimento all’età del Bronzo appenninica della Toscana settentrionale e non all’età del Bronzo padano-emiliana, che si stava sviluppando nella cultura cosiddetta delle terramare.14 12 A. GHIRETTI, Archeologia e assetto del popolamento antico nel bercetese dal Paleolitico all’Altomedioevo, in “Poteri, territorio e popolamento in Val Taro tra antichità e Medioevo”, Berceto 2011, p. 40-45; A. GHIRETTI, Preistoria in Appennino. Le valli parmensi di Taro e Ceno, Parma 2003; L. DE MARCHI, Archeologia della preistoria tra parmense e reggiano: l'età del Bronzo nelle valli Parma, Enza e Baganza, Parma 2003, p.197; L. DE MARCHI, Archeologia globale del territorio tra Parmense e Reggiano: l'età del ferro nelle Valli Parma, Enza, Baganza tra civilizzazione etrusca e cultura ligure, Prato 2005, p. 248. 13 S. SEGADELLI, con contributi di M. T. De Nardo e A. Parisi, La geologia nel paesaggio: le rupi ofioliti che in Val Taro e Val Ceno, in “Il Geologo dell’Emilia Romagna”, 2006, pp. 17-19. 14 A. GHIRETTI, Archeologia e assetto del popolamento antico nel bercetese dal Paleolitico all’Altomedioevo, in “Poteri, territorio e popolamento in Val Taro tra antichità e Medioevo”, Berceto 2011, p. 44-45. Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 14 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. Per il periodo ligure sono segnalati alcuni frammenti ceramici sul crinale del monte Cavallo, lungo una percorrenza di crinale che porta direttamente sullo spartiacque tosco–emiliano. Il ritrovamento più importante del territorio comunale di Berceto è in località Casino di Casaselvatica e risale agli anni ’50. E’ stata rinvenuta una tomba a inumazione in fossa con lastre di arenaria con corredo composto da elementi celto-liguri databile al periodo La Tene II (inizio II secolo a.C.). Confronti si hanno con le necropoli galliche di Marzabotto e di San Martino in Gattara, mentre alcune rispondenze nel rituale si hanno con le tombe della necropoli veleiate e nelle sepolture gallo-romane di Luceria.15 Relativamente all’epoca romana, poche sono le notizie che riguardano il territorio di Berceto, ma è possibile immaginare quello che era il paesaggio dominante della zona, grazie alla Tabula Alimentaria di Veleia16. Infatti, nella tavola veleiate di età traianea, tra i possedimenti dei coloni lucchesi, sono citati i " saltus praediaque Berusetis", dove Berusetis sembra riferirsi proprio a Berceto. I termini utilizzati, Saltus praediaque (Saltus può significare sia terreno collinare e montagnoso pascolivo sia superficie boschiva e praedia indica proprietà agrarie), fanno pensare che il territorio fosse caratterizzato da aree destinate prevalentemente o esclusivamente a pascolo e da terreni coltivati. La pratica della pastorizia e dell’agricoltura, quindi, porta ad ipotizzare la presenza nel territorio di insediamenti sparsi e di una strada romana, di pubblica utilità ma non consolare, che permettesse ai pastori il transito delle greggi dai pascoli appenninici al mare. La strada doveva essere probabilmente un collegamento che univa Parma con Luni, città che risultava essere il naturale sbocco al mare di tutto il territorio parmense. Inoltre, sia Parma che Luni così come la non lontana Lucca, tutti municipi fondati tra 183 e 177 a.C., avevano la funzione di capisaldi romani nella lotta contro i Liguri (abitanti il settore dell'Appennino tosco-emiliano e in opposizione netta al consolidamento della presenza romana sia nella pianura emiliana che nella Toscana nord-occidentale). Ulteriori elementi consolidano l’ipotesi di un’origine romana di Berceto e provano l’esistenza di una strada romana secondaria sull’asse Parma-Luni, che doveva avere come centro intermedio più importante sul versante emiliano Fornovo e, oltrepassando la Val Taro, superava il crinale appenninico attraverso il Passo della Cisa. 15 R. SCARANI, Civiltà preromane nel territorio parmense, Parma 1971, pp. 70-74. La Tabula Alimentaria di Veleia è un’iscrizione bronzea rinvenuta nel 1747 nei pressi di Velleia, che riguarda le istituzioni alimentari di epoca traianea. Fonte ricca di indicazioni toponomastiche, essa offre uno spaccato dell’organizzazione agricola dell’Appennino piacentino-parmense. 16 Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 15 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. Fornovo è un abitato che sorge su di un alto ripiano terrazzato sulla riva destra del fiume Taro, nel punto in cui il fiume riceve le acque del suo affluente di sinistra, il torrente Ceno. Il toponimo “Fornovo” deriva da forum novum, cioè “mercato nuovo” a dimostrazione che l’abitato era nato lungo una strada in un punto d’incontro tra le vallate di Taro e Ceno, in sostituzione di un mercato precedente. La presenza di materiale romano, tra cui le sortes17 che hanno fatto supporre l’esistenza di un tempio oracolare, portano a collocare la nascita di Fornovo in età romana.18 Resti di due fattorie di epoca romana sono venute alla luce nei pressi di Roncolungo di Sivizzano. Una di esse è databile tra la fine del II-inizi del I secolo a.C. e il I secolo d.C. e testimonia un antico popolamento della valle. Sono stati trovati impianti quali fornaci, capannoni, una vasca per la decantazione dell'argilla legati ad una produzione di laterizi a carattere industriale, come confermato da un timbro in terracotta con l'iscrizione Turpio C(ai) Cassi (servus). La produzione di laterizi presuppone quindi l’esistenza di una via che permettesse il commercio del materiale.19 L’abitato di Cassio, toponimo forse legato alla presenza di un'antica proprietà appartenente alla gens Cassia, testimonierebbe insieme al suddetto timbro di Roncolungo l'eventuale appartenenza di tutta la zona alla gens Cassia nella metà del I secolo a.C.20 Il paesaggio dell’Appennino parmense in epoca romana, e soprattutto dell’area di Berceto, sembra quindi caratterizzato da una via secondaria e da alcune località di sosta lungo il suo percorso. Nel territorio non vi era la presenza della centuriazione21 come in tutta la pianura. Dalla tavola veliate sembrerebbe che nella zona di Berceto il paesaggio boschivo fosse dominante: boschi di querce, di castagni, fitti e con un rado sottobosco ma sicuri da quando i Liguri erano stati vinti e deportati in altri luoghi per liberare le montagne che dividevano il nord dal centro della penisola. L’economia della zona era fondata sull’allevamento di bovini ed in minima parte sulla coltivazione. Anche per la popolazione delle montagne parmensi, in ottemperanza al sistema economico romano che si fondava sugli scambi a lunga distanza, era fondamentale, attraverso una rete viaria efficiente, mantenere un contatto con le grandi città ed i porti che permettevano l’arrivo di oggetti di lusso dall'Oriente e grano, olio, vino e tutti i prodotti di prima necessità dalle altre zone dell'Impero. 22 17 Le sortes sono tre asticciole oracolari in bronzo che vennero trovate nel 1867 davanti alla chiesa di Fornovo. 18 P. L. DALL’AGLIO, Viabilità romana e altomedievale sull'Appennino parmense: dalla Parma-Luni alla Via Francigena, in “Studi sull'Emilia occidentale nel Medioevo: società e istituzioni”, a cura di R. Greci, Bologna 2001, pp. 1-24. 19 M. CATARSI, Fornovo Taro (PR), Sivizzano, loc. Roncolungo, in “Studi e documenti di archeologia”, VII, 1991-1992, pp. 122-124. 20 M. G. ARRIGONI BERTINI, Parmenses, Parma 1986, p. 221. 21 Sistema con cui i romani organizzavano il territorio agricolo secondo un reticolo ortogonale. 22 A.C. QUINTAVALLE, La Strada Romea, Milano 1975. Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 16 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. Riguardo all'età Tardoantica non si hanno notizie specifiche riferite al territorio di Berceto, ma è noto che in tutta Italia si ebbe una crisi economica e demografica che, oltre a provocare un restringimento delle città, determinò anche uno spopolamento delle campagne. Alla riduzione della presenza dell'uomo, che raggiunse il suo culmine all'epoca della guerra greco-gotica, conseguì l'abbandono delle opere di presidio territoriale. Nel generale mutamento della situazione ambientale la manutenzione ordinaria della rete stradale fu trascurata, con conseguenti problemi nei collegamenti. Le prime notizie certe sul territorio di Berceto e testimoniate dai documenti antichi si hanno con l’invasione longobarda (569 d.C.). Nell’Appennino parmense si assistette ad un progressivo abbandono da parte dei Bizantini delle loro posizioni ed all'arrivo dei Longobardi, che non determinarono grandi cambiamenti nell'organizzazione del territorio. Fin verso la metà del VII secolo il paesaggio continuò ad essere caratterizzato dalla forte presenza dell'incolto, che si ridusse con la progressiva rimessa a coltura della campagna, favorita non tanto dalla presenza della cultura longobarda quanto dalla relativa stabilità conseguente il consolidamento del dominio longobardo. L'organizzazione sociale e politica, invece, subì un radicale cambiamento. I Longobardi si sostituirono alla precedente classe dirigente, imponendo le proprie forme di organizzazione sociale e privando in parte gli antichi possessores delle loro proprietà e riducendoli al rango di sudditi, di uomini semiliberi. Il cambiamento del quadro politico si manifestò anche sulla rete stradale. La fine dell'organizzazione stradale romana significò in primo luogo il venir meno del cosiddetto cursus publicus, cioè di quel sistema di luoghi di sosta e di assistenza creato già nella prima età imperiale e continuato anche in età tardoantica. Le mutationes e le mansiones furono sostituite dagli ospedali, gestiti quasi totalmente da ordini monastici o legati all'organizzazione ecclesiatica. Nacque così una struttura di assistenza e accoglienza non più standardizzata e diretta a chi viaggiava per ordine ed incarico dell'imperatore, ma aperta a tutti e diversa da zona a zona ed in continuo mutamento.23 Nel VIII secolo il re Liutprando completò le conquiste del territorio bizantino ed operò una generale ristrutturazione delle strade attraverso svariati servizi. Nell’Appennino tosco-emiliano la via che P. L. DALL’AGLIO,Viabilità romana e altomedievale sull'Appennino parmense: dalla Parma-Luni alla Via Francigena, in “Studi sull'Emilia occidentale nel Medioevo: società e istituzioni”, a cura di R. Greci, Bologna 2001, pp. 1-24. 23 Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 17 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. univa Parma con Luni, denominata a partire da questo periodo strada di Monte Bardone, venne ad essere un collegamento fondamentale tra la capitale del regno longobardo, Pavia, e la capitale della Tuscia longobarda, Lucca. Lungo questo itinerario Liutprando, insieme a San Moderanno vescovo di Rennes, fondò il monastero di Berceto. Non fu una costruzione “ex novo” poiché era già presente una chiesa dedicata a Sant’Abbondio, ma una rifondazione che fece crescere di importanza il luogo con la dedicazione anche a San Remigio di Reims. Successivamente, con la morte del Vescovo di Rennes, fu aggiunta anche l’ intitolazione a Moderanno stesso. Da questo momento in poi il monastero di Berceto divenne luogo fondamentale di sosta prima dell’attraversamento del Passo della Cisa. Di fatto, tutto il territorio attorno alla strada e gli insediamenti adiacenti, fuori dal circondario della chiesa di Fornovo e fino al passo della Cisa, dipendevano dall’abbazia di Berceto la quale era quindi, dopo la chiesa episcopale parmense, la potenza economica maggiore dell'intera zona. La politica dei longobardi volle così creare, lungo le strade e nei punti focali del loro dominio, dei sicuri punti di appoggio indipendenti dall’influenza dei vescovi e direttamente collegati alla corte regia. Lungo la via, i dominatori realizzarono non solo chiese ed ospedali ma anche una rete di presidii e fortificazioni che si spingevano fino al passo di Monte Bardone, un intero sistema strategico che presupponeva una presenza di guarnigioni, di stanziamenti, un rapporto molto stretto tra la popolazione residente e i Longobardi stessi. Il paesaggio agrario si modificò seguendo i cambiamenti politici. Caduta l'economia romana basata sulle grandi distanze, le diverse aree abitative dovettero diventare autonome. Le aree pubbliche lasciate a pascolo divennero proprietà dei Longobardi. L’allevamento dei bovini fu sostituito da quello dei suini, cresciuti nei boschi di querce, faggi e castagni e nei sottoboschi dei quali sfruttavano la vegetazione spontanea e i frutti di caduta, come le ghiande. Fu necessaria una produzione continuativa di grani per la panificazione e per l'alimentazione in genere, come farro orzo e avena oltre al frumento. Il paesaggio era caratterizzato da sporadici insediamenti sparsi e rare massae, ovvero recinzioni di forma rettangolare o quadrata occupate da un lato dalla casa e dall'altro da una serie di servizi. Gli agglomerati abitativi erano disposti probabilmente attorno a torri o fortificazioni che potevano costituire delle entità autosufficienti. Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 18 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. Le case dei contadini nel secolo VIII erano di pietra e di legno, basse, con un piano terreno o al massimo un primo piano, col pavimento retto da travi e travetti ed un tetto ricoperto con lastre di pietra e, nella parte più alta, con paglia e terra onde ottenere un sufficiente isolamento termico.24 In epoca carolingia avvenne un rivolgimento della politica generale nei confronti del potere episcopale e delle abbazie, che puntava alla creazione di un sistema organizzato ed unitario. L’11 maggio 879 Carlo Magno donò Berceto e tutte le sue proprietà al vescovo di Parma, Vibodo. Quindi, l'abbazia di Berceto, che teneva l'intera montagna da Fornovo fino al confine con la Toscana, fu trasformata in una semplice chiesa, anche se ricca di tradizione e reliquie. 25 Successivamente questa donazione fu confermata nell’885, poi nel 926 da re Ugo al vescovo Aicardo ed ancora nel 930 al vescovo Sigefredo I. Nel 927, quando la comunità monastica bercetana si trovò in una grave crisi economica, Il re Ugo, ad istanza del vescovo Adelberto, donò vari possessi al monastero. Il rapporto tra i monaci bercetani e vescovi di Parma fu da sempre conflittuale in quanto i primi rivendicavano la propria autonomia e i secondi non intendevano rinunciare al possesso di Berceto, una delle loro più importanti e ricche proprietà. Tuttavia, all’inizio dell’XI secolo si consolidò il potere dei Vescovi di Parma sull’abbazia di Berceto ed i canonici, che pretendevano una maggiore indipendenza giuridica ed economica, abbandonarono la resistenza.26 Nello stesso tempo la strada longobarda di Monte Bardone aveva lasciato il posto alla “europea” via Francigena, la quale riuniva i pellegrini che dalla Francia si dirigevano verso Roma ed era diventata un luogo di scambi culturali ed incrocio di traffici internazionali. Il paesaggio agrario mutò grazie anche all’introduzione di diverse tecniche agricole che nel XII secolo determinarono una “rinascita”: l'aratro a versoio, diversi tipi di traino animale, l'attacco a spalla al posto di altri tipi di attacco degli animali, l'uso più diffuso del cavallo, una diversa alimentazione dei bovini addetti a coppie al traino dell'aratro o del carro, infine la maggior diffusione dell'uso del mulino ad acqua che determinò, di fatto, una vera e propria rivoluzione tecnologica. I campi erano coltivati, evidenti le opere di irrigazione, gli spazi organizzati soprattutto per il frumento, i castagni e i fichi posti sui declivi, sulle colline, verso il passo di Monte Bardone e, in 24 A. C. QUINTAVALLE, La Strada Romea, Milano 1975. M. GAZZINI, Monasteri e altri enti religiosi del territorio, in “Il governo del vescovo. Chiesa, città, territorio nel medioevo parmense” a cura di R. Greci, Parma 2005. 26 G. DREI, Le Carte degli Archivi Parmensi dei secoli X-XI, Parma 1924. 25 Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 19 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. genere, verso gli Appennini. Le terre e gli orti erano recintati e chiusi anche per difendere il frumento o altri coltivi dal pascolo, soprattutto dei suini. Gli insediamenti erano accentrati attorno alle torri che costituivano una linea di difesa non facilmente espugnabile, chiudendo i punti focali della via secondo un tessuto probabilmente a raggiera sulle due rive del Taro, dello Sporzana e del Baganza. Tutto il resto veniva lasciato come spazio libero e terreno aperto. La foresta, che prima era fitta di querce, di castagni, di noci, con minor presenza di faggi, ora, a causa del taglio degli alberi usati per la costruzione ed il riscaldamento delle case, era sempre più una foresta di faggi.27 Nel XIII secolo il territorio di Berceto fu conteso tra il Vescovo ed il Comune di Parma: il primo mantenne il possesso del territorio, concedendo al secondo il solo diritto di esercito ed il permesso di costruire un castello nel paese. Fu questo un periodo di lotte tra Guelfi e Ghibellini, che si contendevano la zona. Berceto venne conquistata nel 1252 dai Ghibellini e fu più tardi ripresa dai Guelfi. Nel 1313 il castello con l’intero borgo furono incendiati e devastati dalle truppe tedesche di Enrico VII, il quale cedette il feudo alla famiglia Fieschi di Genova. 28 Tra 1200 e 1300 le città, in particolare il comune di Parma, non erano riuscite a dare degli esiti uniformi nella politica di disciplinamento del contado, mentre la crisi delle istituzioni comunali nell’Emilia occidentale aveva mostrato la fragilità delle strutture territoriali costruite nei decenni precedenti.29 Il paesaggio, in questo periodo, è caratterizzato da boschi di castagni, fichi, noci, e dagli orti prossimi alle case. La campagna tra il XII ed il XIII secolo non era popolata di edifici sparsi; gli abitati erano chiusi, spesso murati, e protetti da una rocca, un castello o una torre. Anche Berceto era una città murata, dominata da un castello che doveva avere torri circolari. Sia nella città di Berceto che nell’abitato di Corchia si possono ancora vedere alcuni edifici tipicamente medievali e possono essere distinti tre diversi modelli tipologici di edilizia. Il primo è un’unità abitativa organizzata su tre piani: il terreno era adibito a legnaia, per l’esigenza di comunicare immediatamente con l'esterno e di operare più semplicemente i carichi e gli scarichi dai carri; il primo piano era costituito dalla cucina e collegato da una scala a doppia rampa al livello inferiore; il secondo piano infine era usato per il riposo. 27 A. C. QUINTAVALLE, La Strada Romea, Milano 1975. R. CATTELANI, I Comuni del parmense, Parma 1959, pp. 18-25. 29 M. GENTILE, La formazione del dominio dei Rossi tra XIV e XV secolo, in “Le signorie dei Rossi di Parma tra XIV e XVI secolo”, a cura di L. Arcangeli e M. Gentile, Firenze 2007, pp. 23-56. 28 Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 20 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. Il secondo modello, anch'esso a tre piani, mostra un altro genere di insediamento legato a diverse funzioni: al piano terreno vi era la stalla con diretto accesso sulla strada e con una scala che si innestava a fianco dell'accesso alla stalla stessa e che conduceva al primo piano con la cucina e una seconda scala la quale portava al piano superiore destinato al riposo. L'ultimo modello, caratteristico di un centro maggiore con un’alta frequenza di scambi, è la casabottega. Al piano terreno vi era la bottega con una vetrina, una specie di balaustra poggia-merce; un corridoio parallelo all'ingresso conduceva alla scala a doppia rampa e, tramite questa alla cucina situata al primo piano; il secondo piano era destinato alla camera da letto.30 Nel corso del Trecento vi fu una vera e propria inversione di tendenza rispetto allo sforzo condotto dai regimi comunali per sottomettere e organizzare i territori circostanti. Si ebbe in questo periodo una ripresa della signoria rurale come forma di organizzazione politica diffusa in diverse zone dell’Italia centro-settentrionale. Berceto, Bardone, Corniglio, Bosco, Roccaprebalza, Roccaferrara, Corniana e Castrignano sono tutte località che ancora all’inizio del Trecento erano sottoposte alla giurisdizione del vescovo di Parma e che un secolo dopo divennero tutte castellanie e podesterie della famiglia Rossi. 31 Nella prima metà del XIV secolo Lodovico il Bavaro investì del feudo di Berceto i conti Rossi che ottennero conferma da Giovanni re di Boemia. Il borgo appenninico era un importante nodo di transito sulla via Francigena e tappa lungo la strada di pellegrinaggio verso Roma e quindi fonte di numerose entrate. I Rossi poterono rivendicare questi terreni basandosi sul privilegio concesso il 5 marzo 1331 da Giovanni di Boemia, che creava conti i fratelli Marsilio, Rolando e Pietro, i quali nei mesi successivi avevano provveduto a raccogliere i giuramenti di fedeltà degli uomini di Berceto e delle ville circostanti32. Ai diritti della famiglia Rossi la Chiesa parmense poteva contrapporre la conferma riguardante le prerogative del vescovo concessa nel 1355 da Carlo IV, il quale aveva fatto rinnovare ai bercetani il giuramento di fedeltà nel 1353. Non è quindi chiaro chi a metà del XIII secolo esercitasse la signoria su Berceto. Di fatto, sembra che il potere politico e militare fosse prevalso sui diritti della Mensa vescovile. 30 A. C. QUINTAVALLE, La Strada Romea, Milano 1975. M. GENTILE, La formazione del dominio dei Rossi tra XIV e XV secolo, in “Le signorie dei Rossi di Parma tra XIV e XVI secolo”, a cura di L. Arcangeli e M. Gentile, Firenze 2007, pp. 23-56. 32 Si tratta dei giuramenti di fedeltà di Berceto (23 giugno 1331), Valbona (24 novembre 1331), Castellonchio (25 novembre 1331), Lozzola e Gorro (28 novembre 1331), Pagazzano e Casacca (30 novembre 1331), Fugazzolo (23 dicembre 1331). I tre fratelli avevano in precedenza compiuto un sondaggio presso la Curia avignonese perché legittimasse le loro pretese su Berceto, precisamente nel 1327. 31 Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 21 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. Il feudo di Berceto, in seguito, appartenne alla famiglia degli Scaligeri, al comune di Parma e ai Correggeschi. Verso la fine del Trecento Berceto era sottoposta al distretto di Parma ma godeva di privilegi fiscali concessi da Bernabò Visconti e ripetutamente confermati da Gian Galeazzo contro le della città. Berceto all’inizio del Quattrocento passò di nuovo ai Rossi, che si intitolarono comites Berceti. Nel 1420 Filippo Maria Visconti si riprese Berceto, togliendola a Pietro Rossi e confermando alla comunità i vecchi privilegi di Gian Galeazzo. A seguito di un contenzioso per questioni fiscali fra il borgo di Berceto e la città di Parma, il 21 luglio 1441, Berceto fu separata da Parma e venduta a Pier Maria Rossi. Gli abitanti del borgo, preferendo il trattamento fiscale signorile dei Rossi piuttosto che quello cittadino, donarono a Pier Maria somme di denaro. Berceto, infatti, era una comunità ricca, popolosa e strutturata, luogo di mercato e nel 1442 vi si riscuoteva un dazio della gabella grossa.33 Alla morte del grande condottiero Pier Maria Rossi, 1482, Berceto passò con Bardone, Corniana ed altre terre a Bertrando Maria. Grazie all’affresco della Camera d’Oro del castello di Torrechiara, realizzato intorno al 1462 dal pittore Benedetto Bembo, si ha un’immagine di come doveva essere il castello ed il borgo di Berceto nel XV secolo. Innanzitutto tutto si nota l’esistenza di un circuito murario caratterizzato da porte e torri, all’interno del quale si trovano un castello, la chiesa e delle case, al di fuori un fossato su cui si levano i ponti levatoi e, immediatamente oltre il fossato, una serie di campi coltivati. E’ tipica, infatti, di questo periodo la conquista del territorio e l'allargarsi nella campagna degli insediamenti sparsi, ovvero dei casolari chiusi con recinti di horti. L’affresco del Bembo non raffigura i cambiamenti quattrocenteschi che ancora oggi si possono vedere sui ruderi del castello e sul Duomo di Berceto. E’ possibile quindi ritenere che fu Bertrando Maria Rossi, e non Pier Maria, il più illustre mecenate di Berceto. Egli, difatti, attuò un mutamento del sistema urbanistico medievale riadattandolo alle esigenze belliche del tempo, probabilmente intervenendo sull'impianto murario del castello e sulla chiesa. Nel secolo XVI le aggiunte al sistema urbanistico, il progressivo cadere in disuso delle mura, l'estendersi dell'edificato oltre il circuito murario contribuirono a trasformare la planimetria cittadina sviluppatasi progressivamente in due direzioni: verso il passo montano della Cisa (l'attuale seminario) e verso la località il Poggio (l’abside della chiesa). M. GENTILE, La formazione del dominio dei Rossi tra XIV e XV secolo, in “Le signorie dei Rossi di Parma tra XIV e XVI secolo”, a cura di L. Arcangeli e M. Gentile, Firenze 2007, pp. 23-56. 33 Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 22 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. La famiglia Rossi governò Berceto fino alla seconda metà del Seicento quando nel 1666 Scipione, indebitato, la cedette a Ranuccio II Farnese. I Rossi fecero di Berceto un polo importante della loro autorità provinciale nello scacchiere tra i Visconti da un lato e Venezia dall'altro. Il crollo del loro dominio segnò la fine di un'epoca. Infatti, la via Francigena, anche se restò una grande strada di transito, fu punteggiata di semplici chiese, di mediocri ospizi, di piccoli villaggi; il tratto che da Parma conduceva a Monte Bardone fu semplicemente un punto di sosta e di fermata lungo la via dei commerci, degli eserciti, dei sempre più scarsi pellegrini che dall’Europa si muovevano verso Roma ed il sud.34 Gli ultimi feudatari di Berceto furono la famiglia Boscoli e i marchesi Tarasconi-Smeraldi dal 1736 al 1805. Durante la dominazione napoleonica la città fu annessa al dipartimento del Taro. Sulla località “Poggio” venne costruito il fortino napoleonico a difesa della strada della Cisa. I lavori di apertura della strada attuale iniziarono nel principio del 1800 con Napoleone e vennero conclusi da Maria Luigia, la quale finanziò il rifacimento della facciata e del campanile della chiesa. 35 Nel 1814 Berceto ritornò parte integrante del ducato di Parma con la restaurazione borbonica, seguita da un’attiva partecipazione ai moti carbonari. Nel XIX secolo il castello fu adibito ad alloggio delle truppe ducali di passaggio ed a carcere mandamentale.36 5. LA VIABILITA’ ANTICA. Il territorio comunale di Berceto è attraversato da una delle più importanti vie o strade dell’Italia medievale che valicano gli Appennini nel Passo cosiddetto “della Cisa”: si tratta della Via Francigena denominata anche strada Romea o più anticamente strada di Monte Bardone. Fin dalla Preistoria, l’attraversamento appenninico che collegava il fondovalle del Taro con quello del Magra fu per lungo tempo privilegiato agli altri valichi, in quanto garantiva un percorso montano breve ed agevole rispetto agli attraversamenti Modena-Pistoia e Bologna-Firenze o a quelli più orientali dell’Appennino settentrionale. 34 A. C. QUINTAVALLE, La Strada Romea, Milano 1975. P. L. DALL’AGLIO,Viabilità romana e altomedievale sull'Appennino parmense: dalla Parma-Luni alla Via Francigena, in “Studi sull'Emilia occidentale nel Medioevo: società e istituzioni”, a cura di R. Greci, Bologna 2001, pp. 1-24. 36 R. CATTELANI, I Comuni del parmense, Parma 1959, pp. 18-25. 35 Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 23 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. In epoca romana gli antichi itinerari liguri appenninici furono sicuramente riutilizzati non come strade consolari basolate carreggiabili, piuttosto come percorsi secondari e marginali veloci ma anche sicuri da attraversare a piedi o a cavallo o con carovane dei muliones. Infatti, mancano rinvenimenti e dati archeologici riferibili ad una possibile strada romana principale nel territorio comunale di Berceto. Inoltre, le fonti itinerarie romane sono copie medievali di documenti risalenti o aggiornate al IV secolo d.C. e non aiutano molto a chiarire la questione. Nell’Itinerarium Antonini, è riportato in modo poco chiaro un collegamento stradale tra Parma e Lucca. Alcuni studiosi fanno coincidere questa via romana con una probabile Parma-Luni, che utilizzerebbe il passo della Cisa. Recenti scoperte sul Monte Valoria sembrano dare valore all'ipotesi di un possibile percorso alto di epoca romana, da Berceto al massimo crinale appenninico. Questo importante ritrovamento per ora, però, non chiarisce definitivamente le problematiche sull'effettivo utilizzo in epoca romana del non lontano passo della Cisa. Nella Tabula Peutingeriana, copia medievale di un originale di IV secolo d.C, è riportata la tappa in alpe pennino posta lungo una via transappenninica in prossimità del crinale che, per alcuni studiosi, può essere collocata proprio nell’area del Monte Valoria. 37 I saltus praediaque Berusetis citati nella Tabula Alimentaria di Veleia tra le proprietà dei coloni Lucenses, come già menzionato sopra, indicano una zona destinata prevalentemente o esclusivamente a pascolo. La pastorizia presuppone la migrazione stagionale delle greggi dai pascoli alti dell’Appennino emiliano al mare e quindi l’esistenza di strade e tratturi che utilizzavano i vari valichi appenninici. Sembra abbastanza certa l’esistenza di una strada che da Berceto scendeva fino al Tirreno, la quale, dovendo percorrere il Magra, forse superava il crinale appenninico attraverso il Passo della Cisa. In conclusione, si può ritenere che nel territorio di Berceto, in età romana, vi fosse un asse transappenninico importante che svolgeva però un ruolo subalterno rispetto agli assi principali, via Emilia e via Flaminia, che collegavano il nord col sud. 38 37 G. BOTTAZZI, Numerosi i ritrovamenti di reperti che fanno riferimento ai culti di «passo». Nuovi scenari e nuovi interrogativi. Le ricerche confermano il percorso alto. Solo ulteriori indagini potranno spiegare le problematiche legate all'utilizzo del non lontano valico della Cisa, Gazzetta di Parma, 3 agosto 2012, p. 19. 38 P. L. DALL’AGLIO, Viabilità romana e altomedievale sull'Appennino parmense: dalla Parma- Luni alla Via Francigena, in “Studi sull'Emilia occidentale nel Medioevo: società e istituzioni”, a cura di R. Greci, Bologna 2001, pp. 1-24. Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 24 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. La conquista longobarda trasformò la strada che collegava Parma con Lucca attraverso il Passo della Cisa in una direttrice principale, poiché metteva in comunicazione Pavia, capitale del regno longobardo, con la Tuscia e quindi Roma39. L'invasione longobarda causò una bipartizione dell'Italia: una parte era dominata dai nuovi conquistatori, l'altra era rimasta in mano ai Romani (Bizantini). Per i Longobardi, Lucca divenne sede di ducato e capitale della Tuscia longobarda, quindi risultava essere un punto fondamentale a sud dell'Appennino. Tra VII e VIII secolo venne così valorizzata una via transappenninica, mediana rispetto alla Cassia e all'Aurelia, entrambe in uno stato di grave crisi per gli estesi fenomeni di spopolamento e di impaludamento delle aree ad esse contigue.40 In questo periodo il vecchio itinerario fu rinnovato e divenne una vera e propria strada, attrezzata ed organizzata anche se non provvista di pavimentazione, denominata “Strada di Monte Bardone”. Probabilmente il nome deriva da mons Langobardorum per la presenza di popolazione longobarda su tutta l’area degli Appennini, come attestano numerosi toponimi. Berceto risultava così un’importante stazione di sosta prima del passo ed il suo monastero fece parte di quelle fondazioni monastiche di VII e VIII secolo fortemente volute dai re longobardi allo scopo di rivitalizzare e controllare direttrici di traffico preesistenti. L'importanza della strada per la Cisa all'interno del sistema itinerario longobardo è quindi dimostrata dalla fondazione dell'abbazia di Berceto. Come risulta sia da Flodoardo che da Paolo Diacono, il vero promotore della nascita qui di un monastero fu il re Liutprando che dotò l’abbazia di numerose terre. Dalle fonti storiche si evince che l'abbazia di Berceto non nacque in un luogo abbandonato e disabitato, ma presso un nucleo abitato dotato di una sua chiesa, lungo la strada per la Cisa già battuta dai pellegrini dell'VIII secolo che dalla Francia andavano verso Roma e sulla quale Liutprando accentuò il proprio controllo con la fondazione dell'abbazia. Da un punto di vista geografico, infatti, l'asse transappenninico per la Cisa era il più agevole e diretto per il pellegrino che dalla Francia andava a Roma.41 J. A. QUIROS CASTILLO, Archeologia delle strade nel Medioevo, in “L'ospedale di Tea e l'archeologia delle strade nella Valle del Serchio”, Quaderni del Dipartimento di Archeologia e Storia delle Arti dell'Università di Siena,n. 48, Firenze 2000, pp. 14-18. 40 C. AZZARA, I territori di Parma e di Piacenza in età longobarda, in “Studi sull'Emilia occidentale nel Medioevo: società e istituzioni”, a cura di Roberto Greci, Bologna 2001, pp. 25-41. 41 P. L. DALL’AGLIO, Viabilità romana e altomedievale sull'Appennino parmense: dalla ParmaLuni alla Via Francigena, in “Studi sull'Emilia occidentale nel Medioevo: società e istituzioni”, a cura di R. Greci, Bologna 2001, pp. 1-24. 39 Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 25 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. In epoca carolingia la Strada di Monte Bardone continuò a crescere di importanza e si trasformò nella cosiddetta via Francigena. Il nuovo nome indica una funzione della via ben precisa ovvero il suo utilizzo da parte dei Franchi in generale e attesta che la strada dei Longobardi è diventata dei Carolingi. Nel Medioevo l’itinerario veniva anche denominato Strada Romea per indicarne la destinazione ovvero Roma, sede di un importantissimo pellegrinaggio europeo verso le reliquie dei Santi Pietro e Paolo. La strada dei pellegrinaggi, peraltro, non era soltanto percorsa da pellegrini, ma anche dalle grandi correnti di traffico commerciale e di scambi; essa era divenuta fondamentale per i grandi rapporti internazionali che univano l’Europa. Nella "rinascita" dei secoli XI-XII, col sorgere di nuovi avvenimenti economici e di nuovi e diversi rapporti all'interno del sistema civile, il problema delle comunicazioni non andò disgiunto da quello dei pellegrinaggi. In questo periodo sulla strada si realizzarono opere più evidenti di contraffortatura, delimitazione e pavimentazione almeno parziale. Inoltre, la costruzione ex novo di ospizi, luoghi per il cambio degli animali, per l'alimentazione e il riposo del pellegrino, confermano, assieme alle modifiche subite anche dagli edifici religiosi, che la strada era divenuta un importantissimo luogo di incrocio di traffici e per questo motivo furono necessari sostanziali miglioramento del fondo stradale. 42 Nell’XI secolo si sviluppò notevolmente la costruzione degli ospedali e dei ponti lungo la via Francigena. Questo fenomeno fu dovuto al pellegrinaggio associato allo sviluppo mercantile, agli impulsi che i Papi riformatori dell’XI secolo dettero al culto dei santi, alla protezione e all’ospitalità dei pellegrini. Gli xenodochi o ospedali furono le prime strutture di assistenza organizzata per i forestieri dell’altomedioevo. In qualche modo, essi sostituirono le stationes e le mansiones romane, luoghi di sosta disposti a distanza regolare lungo le principali strade romane. L’attività svolta, però, dagli ospedali risultava diversa dai luoghi di sosta romani. Gli xenodochi situati fuori dalle città erano di piccole dimensioni e non attrezzati in maniera particolare al ricovero degli animali da trasporto e delle merci, ma soprattutto avevano un carattere piuttosto religioso, infatti erano legati a pievi e 42 A.C. QUINTAVALLE, La Strada Romea, Milano 1975. Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 26 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. monasteri. Col passare del tempo gli xenodochi divennero dei centri di assistenza più diversificati e non si occupavano solo di dare un ricovero ai pellegrini o viaggiatori. Dall’XI secolo il termine ospedale, infatti, sostituì quello di xenodochio, anche se non vi furono dei cambiamenti sostanziali. Dal XII secolo vi fu una differenziazione tra gli ospedali con funzione ricettiva e ospedali con funzione assistenziale. Difatti, nelle città vi fu una prevalenza di ospedali con funzione di centri di cura per i malati, mentre nelle aree rurali gli ospedali continuarono a svolgere la funzione di albergo soprattutto nei casi di edifici posti lungo vie principali, ponti, passi di montagna o guadi di fiumi. Tra XII e XIII secolo comparvero anche luoghi di sosta a pagamento, come taverne ed alberghi, conseguenza dello sviluppo e crescita delle attività commerciali. Tra il XIV ed il XV secolo gran parte degli ospedali associati alla rete viaria cessarono di esistere, eccezion fatta per i passi di montagna.43 6. EVIDENZE ARCHEOLOGICHE NOTE. Come già precedentemente accennato le evidenze archeologiche note per il Comune di Berceto sono per ora esigue rispetto alle potenzialità che l’intero territorio possiede. I ritrovamenti archeologici sono, per di più, il risultato di iniziative personali da parte di appassionati, ritrovamenti casuali e dati raccolti dalla Soprintendenza nell’ambito delle sorveglianze previste per grandi opere (per esempio metanodotto Snam, adeguamento Autocisa, ferrovia Parma – La Spezia). Di seguito vengono riportati i ritrovamenti più importanti e meglio documentati per l’intero territorio comunale. Per il periodo preistorico e protostorico sono presenti sul displuvio tra la Val Parma e la Val Baganza alcuni siti segnalati nel corso di sorveglianze archeologiche o ricognizioni di superficie eseguite negli ultimi decenni. Infatti, nel territorio comunale di Berceto e nelle zone limitrofe (Calestano e Corniglio) sono stati individuati alcuni siti del Paleolitico e del Mesolitico. Quest’area ben si prestava ad essere scelta come sede di accampamenti stagionali sia per la caccia ai grossi ungulati che per l’approvvigionamento di materie prime come selci e diaspri. J. A. QUIROS CASTILLO, Archeologia delle strade nel Medioevo, in “L'ospedale di Tea e l'archeologia delle strade nella Valle del Serchio”, Quaderni del Dipartimento di Archeologia e Storia delle Arti dell'Università di Siena,n. 48, Firenze 2000, pp. 14-18. 43 Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 27 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. In località La Riva presso Casaselvatica è stata individuata una cava di selce, probabilmente sfruttata già dal Paleolitico e dalla quale provenivano i materiali ritrovati in alcuni siti della pianura.44 Sul Monte Cavalcalupo durante i lavori per la realizzazione del Metanodotto Snam è stata indagata un’officina litica relativa sia al Paleolitico Inferiore che al Paleolitico Medio; sempre in prossimità del Monte Cavalcalupo, nel pianoro denominato La Bratta, sono stati scavati due focolari riferibili al Mesolitico ed altri di datazione più recente45. Sul Monte Scarabello e precisamente in località Le Pietre è stata indagata una grande officina litica appartenente al Mesolitico antico46. Un altro sito dove sono state raccolte alcune piccole selci attribuibili ad un accampamento mesolitico si trova nel lato Sud del Monte Cervellino in un’insellatura a circa 1300 metri di quota, in una zona dove vi è un attraversamento che collega tuttora la frazione di Fugazzolo di Sopra a quella di Graiana Castello nel Comune di Corniglio. Frequentazioni di epoca Mesolitica sono segnalate anche sul Monte Valoria, grazie al rinvenimento di un nucleo microlamellare in selce, e nel pianoro di fronte alla chiesetta di San Bernardo dove sono state raccolte alcune schegge non ritoccate.47 La posizione e la natura di questi insediamenti devono indurre ad un’enorme attenzione verso le posizioni di crinale che ben si prestavano a frequentazioni di tipo preistorico e che purtroppo sono state spesso danneggiate da grandi opere, sia per una scarsa attenzione che per una difficile riconoscibilità di tali contesti archeologici. 44 A. GHIRETTI, Archeologia e assetto del popolamento antico nel bercetese dal Paleolitico all’Altomedioevo, in “Poteri, territorio e popolamento in Val Taro tra antichità e Medioevo”, Atti della giornata di studio Berceto, parma 2011, p. 41. 45 L. DE MARCHI, Gli scavi nei prati Longarola sul Monte Montagnana e nel pianoro La Bratta sul Monte Cavalcalupo, sulla displuviale Val Parma – Val Baganza, in “Acta Naturalia de L’Ateneo Parmense”, vol. 38, n.4, Parma 2002, pp. 139 -157. 46 L. DE MARCHI, Gli scavi archeologici di Monte Cavalcalupo, Località La Bratta e di Monte Scarabello, Località Le Pietre, in “Per La Val Baganza”, Parma 2003. 47 A. GHIRETTI, Archeologia e assetto del popolamento antico nel bercetese dal Paleolitico all’Altomedioevo, in “Poteri, territorio e popolamento in Val Taro tra antichità e Medioevo”, Parma 2011, p. 43. Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 28 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. Sul Monte Cavalcalupo sono state segnalate diverse frequentazioni appartenenti al Neolitico, all’Età del Rame, e ben tre all’Età del Bronzo48. Il sito ad oggi più importante inquadrabile nella media Età del Bronzo è quello individuato presso il nucleo di Fioritola, in alta Val Baganza e presso una rupe ofiolitica. Sono stati segnalati tracce di terreno rubefatto e alcuni frammenti ceramici pertinenti ad una scodella carenata con orlo rientrante, dotata di ansa a maniglia impostata sulla carena, che potrebbero essere collegati alla presenza di un focolare o ad un livello pavimentale. Il sito è datato al II millennio a.C. ed in particolare al Bronzo Medio con confronti con siti coevi di area toscana. Per quanto concerne il periodo ligure, lungo una percorrenza di crinale del Monte Cavallo che porta direttamente sullo spartiacque tosco–emiliano, sono stati individuati alcuni frammenti di ceramica protostorica vacuolare ligure.49 Il ritrovamento eseguito in località Casino di Casaselvatica negli anni ’50 è uno dei più importanti del territorio comunale di Berceto per l’età del Ferro. In tale occasione è stata rinvenuta una tomba a inumazione in fossa con lastre di arenaria grossolanamente lavorate sui fianchi e nelle testate. La testa del defunto era posta a ovest. Il corredo risultava composto da oggetti in bronzo e in ferro; questi ultimi frammentati e ripiegati intenzionalmente. Nello specifico il corredo della tomba comprende: - Elmo di bronzo in foggia detta a berretto di fantino con paranuca stretto. Sulla sommità si trova un grosso pomello decorato. Sul bordo, decorato a treccia, insiste una fascia di cinque incisioni orizzontali e parallele. Delle due lamine, in forma di corno, ne resta una decorata a sbalzo. - Puntale di lancia in ferro di forma conica allungata. - Coltello in ferro con codolo appuntito e ripiegato all’estremità. - Cuspide di lancia in ferro di foggia snella ed allungata rinvenuta piegata su se stessa. 48 L. DE MARCHI, Gli scavi nei prati Longarola sul Monte Montagnana e nel pianoro La Bratta sul Monte Cavalcalupo, sulla displuviale Val Parma - Val Baganza, in “Acta Naturalia de L’Ateneo Parmense”, vol. 38, n.4 (2002), pp. 139-157. 49 A. GHIRETTI, Archeologia e assetto del popolamento antico nel bercetese dal Paleolitico all’Altomedioevo, in “Poteri, territorio e popolamento in Val Taro tra antichità e Medioevo”, Parma 2011, pp. 44-45. Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 29 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. - Tre frammenti di grossa lamina di ferro probabilmente appartenenti ad una spada piegata. La spada appare di tipo costolato con parte superiore a spalle spioventi. - Piastrina di ferro conformata a ponticello, possibile elemento accessorio della spada e specificatamente usato come aggancio di cintura. - Frammento di oggetto in ferro non definibile con certezza. Trattasi probabilmente di una cuspide di lancia stretta ed allungata. Rinvenuto piegato su se stesso. L’analisi dei materiali rinvenuti data la tomba al periodo de La Tène II. 50 Recentemente sono stati individuati importanti siti per il periodo romano, periodo fino ad oggi privo, nella zona, di ogni genere di dato archeologico fatta eccezione per le tre monete di epoca romana appartenenti alle epoche di Costanzo Cloro e Diocleziano e ritrovate nel centro di Berceto nell’area del “Brolo”. Sulla strada che dalla località Felegara (alle pendici meridionali del Monte Cavallo) porta alla cima del monte Valoria, è stata segnalata un’area caratterizzata da un terreno rubefatto dalla caratteristica colorazione rossiccia che ha fatto presupporre una probabile fornace per laterizi utilizzata forse per servire una struttura in loco, probabilmente una mansio.51 Nel 2012 è stata eseguita, sulla sommità del Monte Valoria ed a qualche metro di distanza dalla fornace, un'indagine atta a verificare la presenza di un’occupazione di epoca romana legata ad un valico e ad una percorrenza precedenti o alternativi all'attuale passo della Cisa. Una cesura nel terreno aveva restituito una tessera in pasta vitrea forse attribuibile ad un mosaico romano e, inoltre, non lontano dalla fornace romana, è stato ritrovato un lastrone in pietra con graffita una decorazione a foglia d’edera ed incisi sia un simbolo sia alcune lettere in alfabeto preromano, di derivazione etrusca ma elaborato da Liguri e Celti. La datazione, qualora venisse confermata l’autenticità del reperto, sarebbe da ascriversi fra il III - II secolo a.C. I numerosi reperti (tra cui una piccola mano nella posa della benedictio latina tipica della simbologia di Sabazio, divinità d’origine orientale-frigia il cui culto fu praticato a Roma soprattutto dal I secolo d.C. dai militari di ritorno dalle campagne in Oriente) mostrano una frequentazione 50 R. SCARANI, Civiltà preromane nel territorio parmense, Parma 1971, pp. 70-74. A. GHIRETTI, Archeologia e assetto del popolamento antico nel bercetese dal Paleolitico all’Altomedioevo, in “Poteri, territorio e popolamento in Val Taro tra antichità e Medioevo”, Parma 2011, pp. 46-47. 51 Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 30 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. cultuale dell’area indagata, con testimonianze riferibili in particolare alle cerimonie che venivano esercitate da coloro che vi transitavano.52 In riferimento all’Altomedioevo, sul monte Castellaro posto a poca distanza da Roccaprebalza, è nota la presenza di un sito fortificato, costituito da tratti di cinta muraria a secco che impediscono l'accesso alla cima. Un altro forte simile al Castellaro e segnalato sempre da Angelo Ghiretti si trova alla sommità di un poggio, sulla testata della val Baganza, posto tra il Lago D'Achille (Lago Bozzo) e la Capanna. Sono state rintracciate cinte murarie a secco atte ad impedire gli accessi uniti a terrazzamenti artificiali che modellano il profilo del monte. Questo sito fortificato da mettere in relazione al periodo comunale controllava probabilmente una percorrenza alternativa alla via Francigena posta ad est del Groppo del Vescovo.53 Le indagini archeologiche presso il Castello di Berceto sono iniziate nel 1998 sotto la direzione della Dott.ssa Manuela Catarsi ed hanno restituito importantissimi dati sulle varie fasi edilizie del castello, che confermano l’affidabilità della raffigurazione rinascimentale del Bembo nella Camera d’Oro del Castello di Torrechiara54. La natura del castello di Berceto pare essere prettamente militare e di fondamentale importanza nel quadro espansionistico verso Sud della famiglia Rossi. Il castello, infatti, sorge a lato della via Francigena tra la Val Baganza e la Val Manubiola a protezione di Berceto, ultimo grande centro, insieme a Bosco di Corniglio nella Val Parma, prima dei valichi appenninici. Le ricerche hanno costatato anche la validità del Rogito Pisani, un documento del 1666 che descrive con grande cura il castello al momento della vendita da parte del Conte Scipione Rossi alla Camera Ducale. Difatti, durante le indagini archeologiche, sono stati individuati il rivellino, un grande edificio che si sviluppa nella parte ovest del castello, le fondazioni del mastio ed il cortile sottostante con pozzo-cisterna. Il dato archeologico ha anche consentito di leggere integralmente le due cinte murarie. Un fossato ed una controscarpa bastionata si trovano sotto l’attuale scuola del paese, la quale è stata costruita scriteriatamente negli anni ’50 proprio a ridosso del castello. 52 A. GHIRETTI, Eccezionale ritrovamento archeologico sul crinale dell'Appennino. Il progetto è stato finanziato dalla Fondazione Cariparma. Scoperta a Valoria la Cisa romana. Due mesi di scavi di Angelo Ghiretti portano alla luce le testimonianze dei sacri riti di 2000 anni fa sull'antico valico, Gazzetta di Parma, 3 agosto 2012, p. 19. 53 A. GHIRETTI, Archeologia e assetto del popolamento antico nel bercetese dal Paleolitico all’Altomedioevo, in “Poteri, territorio e popolamento in Val Taro tra antichità e Medioevo”, Parma 2011, pp. 48-49. 54 M. CATARSI, Indagini archeologiche nel castello di Berceto, in “Acta Naturalia de L’ateneo Parmense”, V, 38 n. 4, Parma 2002, pp. 209-210. Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 31 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. Per quanto riguarda il Duomo di Berceto esso, purtroppo, è stato interessato da pesantissimi lavori di restauro a metà degli anni ’80. Gli scavi necessari per il consolidamento del corpo di fabbrica sono stati eseguiti senza nessun tipo di sorveglianza archeologica né tantomeno documentazione scientifica, causando la totale perdita delle stratificazioni archeologiche che avrebbero potuto restituire dati importantissimi sulle prime fasi dell’Abbazia longobarda. Uniche testimonianze, relative ai lavori interni, sono alcune pubblicazioni realizzate dal parroco del paese contenenti una sorta di diario delle operazioni di scavo55. Questo contributo, che purtroppo non ha nessun interesse dal punto di vista scientifico, dimostra unicamente la grave perdita di dati avvenuta in seguito agli interventi eseguiti sia all’interno del Duomo, dove gli scavi hanno raggiunto in media un livello di 120 cm di profondità dal piano di calpestio, che nelle zone limitrofe. L’osservazione delle fotografie e dei rilievi mostra l’esistenza di strutture precedenti alla fase rinascimentale del Duomo, durante la quale i lavori di restauro voluti da Bertrando Rossi modificarono notevolmente la struttura originaria. A quest’ultima fase si deve la presenza di numerosi canali di scolo, evidenti in gran parte delle fotografie e degli schizzi realizzati da Don Bertozzi durante i lavori. Purtroppo la pressoché assenza di matrix, tabelle materiali, lettura delle murature impediscono di andare oltre queste impressioni. Il dato ancor più negativo è stato l’inserimento dei 300 micropali che hanno ancorato l’edificio alla roccia madre (posta da 10 a 13 metri sotto il livello di calpestio) ed hanno definitivamente escluso la possibilità di future indagini archeologiche distruggendo probabili stratigrafie superstiti. Un corretto approccio metodologico e istituzionale, prima, durante e dopo i lavori di restauro, avrebbe probabilmente potuto chiarire la presenza di elementi architettonici romani di reimpiego nel paramento interno del perimetrale nord del Duomo. Tali manufatti, infatti, suggeriscono la presenza di un edificio di pregio nelle vicinanze. Già negli anni ‘70 del XX secolo erano stati eseguiti piccoli interventi nella zona dell’altare ed è a quel periodo che si deve la scoperta del calice di San Moderanno, come viene comunemente chiamato un bicchiere che in realtà è un prodotto delle officine di murano del XV secolo. L’unica parte in cui alcuni dati potrebbero essere ancora recuperati è quella del chiostro che è indicato nell’attuale giardino della canonica in prossimità di Piazza San Giovanni. L’identificazione dell’area come quella dell’antico chiostro è confermata sia dalla pianta contemporanea ai restauri voluti da Maria Luigia a metà del XIX secolo che dalla presenza di strutture probabilmente 55 G. BERTOZZI, Consolidamento e restauro del Duomo di Berceto (1985-87) : appunti e note di scavo, in “Archivio storico per le province parmensi”, Parma 1989, pp. 247-300 . G. BERTOZZI, Duomo di Berceto: un lontano passato letto negli scavi, Parma 1991, p. 64. Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 32 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. identificabili come basi per il colonnato interno, presenti lungo il lato sud dell’ex Oratorio di Sant’Appollonia e fortunatamente rilevati. Questi dati, uniti alla presenza di tracce di affreschi nel perimetrale nord dell’ex Oratorio (eretto a metà del ‘700), sembrano confermare che l’ala nord dell’antico chiostro medievale venne inglobata e probabilmente definitivamente defunzionalizzata. Infine, gli ultimi dati provenienti da indagini archeologiche nel bercetese risalgono al 1924 quando il Dott. Giuseppe Molinari intraprese un’opera di ricognizione e scavi nell’area attorno all’odierno Passo della Cisa, attraverso la quale si scoprirono rovine di più edifici attribuibili all’antico hospitale di Santa Maria della Cisa. Sono stati rinvenuti una Cappella, un chiostro, mura e varie costruzioni. La cappella misurava 7x8 metri ed aveva una piccola abside ad est. A nord di essa si trovarono le fondamenta di un campanile. Un vestibolo o chiostro o nartece separava la chiesetta da una sala quadrata di 10x10 metri. Le porte di accesso sia alla sala che all’oratorio erano sullo stesso asse ed erano larghe 2 metri. Riaffiorarono poi altre rovine di edifici probabilmente stalle, case rustiche e civili. Tutto l'agglomerato o “mansio” era circondato da mura di cui si rinvennero alcune tracce. Le varie murature scoperte sono databili a due diverse epoche costruttive: una più antica, formata da pietre quadrate disposte a corsi regolari, ed una più recente, formata da opus incertum. Vennero alla luce tombe di epoche non precisate, due monete d’oro con l'effige e iscrizione dell’Imperatore Corrado II (1024-1038), il quale transitò per la Cisa negli anni 1027-1036, e frammenti di ceramica graffita e vernice finissima.56 7. ANALISI DELLE FONTI STORICHE ED ARCHIVISTICHE. Nel presente capitolo sono riportati i dati recuperati dallo studio ed analisi delle fonti antiche ed archivistiche, che hanno permesso di valutare sia l’importanza storica che anche il rischio archeologico di luoghi, località o frazioni presenti nel comune di Berceto. Alcune fonti hanno attestato l’esistenza di insediamenti oggi scomparsi che, a volte, sono stati ricondotti a ritrovamenti effettuati durante delle ricognizioni di superficie. 56 M. PELLEGRI, Gli xenodochi di Parma e provincia dagli inizi al 1471, Parma 1973, p. 138. Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 33 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. Il documento più antico relativo a Berceto è, come già indicato in precedenza, la Tabula Alimentaria di Veleia, in cui vengono menzionati tra le proprietà dei coloni Lucenses i saltus praediaque Berusetis. Dopo questa prima attestazione, bisogna aspettare il periodo longobardo, momento in cui Berceto diventa luogo e punto di passaggio fondamentale grazie alla strada di Monte Bardone ed alla nascita della sua Abbazia. La prima fonte riguarda l'epitaffio del re Liutprando, nel quale si ricordano i vari meriti civili del re, tra cui l’aver edificato un’importante chiesa sulle Alpes (Appennini) riconducibile a Berceto. "Rege sub hoc fulsit, quod mirum est, sancta [frequensque Relligio, ut recolunt Alpes, ecclesia quarum Hanc habuit vincente ipso et praegrandia templa, quae vivens struxit, quibus et famosus in orbe Semper et aeternus lustrabit saecula cuncta, Praecipue Petro coelesti hac sede dicata Clavigero, statuit Coelo quam providus Aureo". 57 A questa fonte deve essere collegato un passo importantissimo di Paolo Diacono della sua Historia Langobardorum in cui viene menzionato il monastero di Monte Bardone, ovvero Berceto, che il re Liutprando edificò. Hic (scii. a Pavia) gloriosissimus rex ubi degere solebat basilicas construxit. Hic monasterium beati Petri, quod foras muros Ticinensis civitatis situm et Coelum Aureum appellatur, instituit. In summa quoque Bardonis Alpe monasterium quod Bercetum dicitur aedificavit ". 58 In questi due documenti sembrerebbe che fu proprio Liutprando a far costruire l’edificio sacro di Berceto; in realtà si tratterebbe di una rifondazione. Grazie ad una lettura attenta di altre fonti antiche si evince che vi era una chiesa antecedente dedicata a sant’Abbondio che il re Liutprando dona al pellegrino francese san Moderanno in possesso delle reliquie di san Remigio. Un passo molto importante, che chiarisce la “nascita” del Monastero di Berceto, proviene dalla Vita Remigii Episcopi remensis (cioè di Reims) scritto da Incmaro di Reims tra l’877 e l’878. "Quod tempore Chilperici regis francorum quidani Moderannus vita et acta moderatus Redonensis ecclesiae presul, obtentis reliquiis beati Remigii, Romam petiit et partem earundem reliquiarum in Monasterio Berceto sito in vertice Bardonis montis collocavit ". In questo primo 57 58 C. TROYA, Codice diplomatico longobardo, dal DLXVIII al DCCLXXIV, Vol. 4, Napoli 1854, p. 135. P. DIACONO, Historia Longobardorum, Liber VI, 787-789, Par. 58. Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 34 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. periodo si narra di Moderanno che portando a Roma alcune reliquie di San Remigio di Reims, ne lascia una parte nel monastero sito in cima al Monte Bardone. "Et qttod Leohrandus rex Italorum, auditis miraculis beati Remigii, eidem praesuli idem monasterium cum omnibus adiacentiis et ornui abbatia cuni carta et vestitura dedit; et quomodo praefatus Moderannus rediens Roma, ante sepulchrum sancti Remigii venit et eidem monasterium cum omnibus appenditiis, sicut praedictus rex sibi dederat, cum carta et vestitura ei donavit". In questo passo sono narrati: la donazione di Liutprando a Moderanno, la cessione del monastero e di tutti i suoi possedimenti a Reims, inoltre, viene specificato che la delimitazione dell'area dei territori del monastero era antecedente al tempo di Liutrprando. 59 Negli Atti della traslazione di S. Abondio vi è la prima interessante notizia architettonica sulla chiesa antecedente l’arrivo di san Moderanno a Berceto, al principio del secolo VIII, e dedicata proprio a Sant’Abbondio. Questo originario edificio "quod est sitam in cacumine montis, cui nomen est Bardo" tra l'844 e l'847 era insufficiente e l’abate Tiberio dovette ampliarne la capienza, allungandolo. "Hic (Tiberius) cum sui coenobii ecclesiam, juxta quod necessitas commissae sibi con gregationis exigebat, ali quantulum in longum porrexisset, quae prius erat modica, vei vix capiens fratrum collectam, placuit, ut sub altari eiusdem basilicae, pararet con gruum locum, quo poneretur corpus S. Moderanni, quod istie ad laevam altaris jacet humatum. Sed non prius viri ossa mutanda praedictus Abbas dignum statuit, quam hoc precibus a Domino peteret, utrum fieri deberet an non ". Risulta, quindi, che Tiberio desiderava spostare il corpo di Moderanno, già deposto alla sinistra dell'altare, al centro della chiesa, evidentemente perché il culto del santo abate era cresciuto a tal punto da richiedere un mutamento di gerarchia, anche se non aveva ancora sopravanzato quello di sant’Abbondio, cui era stata dedicata la chiesa originaria. 60 Successivamente Flodoardo (che morì nel 963) scrisse l’Historia Remensis Ecclesiae riprendendo ed ampliando lo scritto di Incmaro. Egli affermò che Moderanno vescovo di Rennes, ottenuto dal re il permesso di recarsi a Roma, deviò a Reims per fermarsi al monastero di Remigio ed ottenere da Bernardo alcune reliquie del santo. Il pellegrino giunse a Monte Bardone e decise di fermarsi per 59 INCMARO di Reims, Vita sancti Remigii episcopi Remensis, a cura di B. Krusch, in MGH. SS rer. Mer., III, 1896, pp. 250-347. 60 A. C. QUINTAVALLE, La strada Romea, Milano 1975. Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 35 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. una sosta. La sera appese ad un albero le reliquie ma al mattino non riuscì a recuperarle perché, quando si avvicinava, quelle si sollevavano sempre più in alto. Moderanno, dunque, vide in questo avvenimento miracoloso l’invito a fermarsi in quel posto e, entrando nel monastero dedicato a S. Abbondio, decise di lasciare una parte delle reliquie stesse. Liutprando, a seguito del miracolo, a sua volta decise di assegnare l'intero monastero e ottocento mansi a Moderanno. Dopo il viaggio a Roma, Moderanno tornò a Reims alla tomba di San Remigio trasferendovi il possesso della donazione liutprandea. Infine rientrò a Rennes, dove ordinò il suo successore, e si trasferì a Berceto, dove rimase fino alla morte.61 Parrebbe quindi che Liutrprando abbia donato la proprietà del monastero bercetese a Reims; tale gesto non sembra riferirsi ad una donazione formale, ma alla cessione di una decima o tributo al grande santuario francese. Non è da escludere, comunque, che la notizia sia semplicemente falsa e servita allo scrittore per accrescere il raggio di influenza del monastero vescovile di Reims62. Infatti, procedendo con le fonti, l’11 maggio 879 Carlo Magno donò Berceto e tutte le sue proprietà a Vibodo vescovo di Parma. Il vescovado di Parma tenne ben saldamente in mano, almeno fino all'età comunale, il prezioso patrimonio dell'abbazia bercetese. Carlomanno dona quindi a Vibodus, " sancte Parmensis ecclesie venerabilis episcopus dilectus fidelis noster ", " abbatiam de Bercedo sitam in monte Bardonis cum omnibus adiacentiis et pertinentiis eius in integrum tam in finibus Tuscie quamque et Longobardie cum omni integritate et soliditate sua iure perpetuo ". Si attua quindi un rivolgimento della politica generale nei confronti del potere episcopale e delle abbazie, dove i vescovi si trasformano, di fatto, in vescovi-conti (ovvero con larghissimi poteri amministrativi nel contesto urbano), ai quali viene anche affidato l'intero contado.63 Ulteriori antichi documenti citano Berceto e la sua abbazia: il Testamento di Elbunco vescovo di Parma dell’aprile 913, il Diploma di Rodolfo re d’Italia col quale si conferma al vescovo Aicardo di Parma l’abbazia di Berceto (4 febbraio 922), il diploma di Re Ugo datato 4 settembre 926 dove si ratifica alla chiesa parmense il possesso di Berceto con vari privilegi, il Diploma di Ugo re d’Italia, 61 FLODOARDO di Reims, Historia Remensis ecclesiae, a cura di J. Heller, G. Waitz, in MGH. SS, XIII, 1881, pp. 409-599. 62 E. FOLLIERI, Due codici greci già Cassinesi oggi alla Biblioteca Vaticana: gli Ottob. Gr. 250 e 251, in “Paleographica diplomatica et archivistica: studi in onore di Giulio Battelli”, Roma 1979, pp. 159-221. E. FOLLIERI, Byzantina et Italograeca: studi di filologia e di paleografia, Roma 1997, p. 308. 63 U. BENASSI, Codice Diplomatico Parmense, Parma 1910, pp. 89-92. Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 36 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. col quale il sovrano convalida al vescovo di Parma Sigifredo I l’abbazia di Berceto (17 settembre 929).64 Nel 1220, il Comune di Parma sequestrò i beni della Mensa vescovile parmense tra cui Berceto ed il suo territorio. Il Vescovo, nelle lunghe contestazioni davanti alla Corte Romana, anche se perdette le facoltà sovrane di governo, riuscì a mantenere diversi privilegi, come quello della nomina dei notai, della tutela dei pupilli ed il possesso utile di tutte le terre passate in proprietà della Mensa Vescovile. Questo spiega come nel sec. XIII la Mensa Vescovile avesse ancora un numero grandissimo di livellarii, fittabili e mezzadri in molte parti della Diocesi e particolarmente nelle località già feudali per la Mensa. Nei documenti antichi non viene menzionato solo l’abitato di Berceto e la sua Abbazia ma anche numerose frazioni del territorio comunale ancora oggi esistenti, testimonianza questa della loro origine antica. Un privilegio di re Ugo, datato Pavia 17 febbraio 927, attesta che, dopo il trasferimento dei beni da Berceto al vescovado di Parma, i canonici bercetesi erano in condizioni economiche gravissime e non avevano cibo sufficiente, "Murmurarent atque non haberent ad ciborum seu vestimentorum necessitate, qualiter in ipso sancto loco deservire possent "; per questo Ugo decise di dar loro una serie di mansi: due a Pagazziano, due a Mata/itulo, uno a Roationi, uno nell'insula, cioè due mansi a Casaca con la silva detta Orbitula e due mulini e un gajum, e tre mansi a Bergante e due mansi in Busitulo, uno in Ulmitulo, uno a Bante, e i terreni a prato già in precedenza posseduti, cioè Curticellam de Virialo con 33 mansi, assieme ai servis e alle ancillis.65 Il seguente testo è importantissimo in quanto cita per la prima volta alcune località come Pagazzano, Casacca, Bussetolo e forse Bergotto (Bergante) ed Erbettola (Orbitula). Per la prima attestazione di alcune località bercetesi bisogna aspettare fino agli statuti del Comune di Parma, compresi tra il 1266 ed il 1304, in cui si hanno notizie sulla strada di Monte Bardone e delle frazioni di Bergotto, Pellerzo, Corchia, Valbona, Roccaprebalza, Castellonchio, Fugazzolo, Pagazzano, Casaselvatica e Pietramogolana. Di seguito si riporta l’estratto con l’elenco dei luoghi. 64 65 G. DREI, Le Carte degli Archivi Parmensi dei secoli X-XI, Parma 1924. L. SCHIAPARELLI, I diplomi di Ugo e di Lotario, Roma 1924, pp. 22-25. Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 37 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. De custodia episcopatus et stratarum. (…) Item providerunt quod dicta custodia ab hominibus episcopatus fiat hac forma, videlicet: Bercetum, Bergotum, Corchia, Lozula, Pelerzum, Gorum, Valbona, Pretabarcia custodiant per totum districtum et episcopatum Parmae a Berceto superius; et a Berceto infra usque ad Castilunculum: Casacha, Fugazolum, Trabaganzia, Pagazanum, Domus Salvaticorum, Castilionum; a Castiliunculo inferius usque ad Cassium: Castiliunculum, Ubiatica cum curia, Casula, Ravaranum cum curia, Pretamogulana; (…)66 Un’ulteriore testimonianza per le antiche frazioni di Berceto si ha nella Decima dell’anno 1230 (Archivio di Stato di Parma) in cui vengono citate anche le cappelle e gli ospitali dell’intero territorio. Di seguito viene riportata la parte interessata.67 DECIMA PLEBIS DE BERCETO: XXXI lib. parm. Capelle de Fugazolo: XXXIX sol. et dim. parm. Capelle de domo salvaticorum: XX sol. parm. Capelle de Piolo: XIII sol. et dim. parm. Capelle de Castellonzio: XXXIIII sol. et dim. parm. Capelle de Caxacca: XVII sol. parm. Capelle de Pagano: XV sol. et dim. parm. Capelle de Ozola: XI sol. et dim. parm. Capelle de Bergotto: XIIII sol. et dim. parm. Capelle de Petra Barcii: XIX sol. et dim. parm. Capelle de Petra Mugolana: V sol. parm. Capelle de ospitalis de Roncalio: VIIII sol. parm. Capelle ospitalis de Cisa: VIIII sol. parm. Summa decime plebis [de] Berceto et capellarum eius, que sunt XII, est: XXXI libr. parm. minus VI parm. 66 A. RONCHINI, Statuta communis Parmae ab a. 1266-1304, Parma 1857, p. 342. Queste decime furono edite da G. DREI, Le decime del vescovo di Parma (sec XIII), in Archivio storico per le province parmensi, N. S., v. XX, 1920 e da A. SCHIAVI, La Diocesi di Parma. Parma 1925. Rationes decimarum italiae nei secoli XIII e XIV. Aemilia: le decime dei secoli XIII-XIV, a cura di E. Nasalli Rocca e P. Sella, Città del Vaticano 1933, pp. 327-355. 67 Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 38 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. Come per la Decima del 1230 anche nella Decima di Parma dell’anno 1299 vengono citate le chiese e gli ospitali della Pieve di Berceto. Di seguito si riporta l’estratto della decima. 68 ARCHIPRESBITER PLEBIS DE BERCETO die XXVJ marzii pro primo et secundo termino primi anni solvit lib. unam sol. quinque imp (…) Excusavit ecclesia de Rocha Petre Banzi die. Excusavit ecclesia de Fugazolle. Ecclesia de Domo Salvaticorum die XXVJ marzii pro primo et secundo termino primi anni solvit lib. unam sol. octo imp. Excusavit ecclesia S. Iohannis de Petra Mogolanna. Ecclesia de Castoluncullo die XVIJ marzii pro primo et secundo termino primi anni solvit sol. sex imp. Ecclesia de Pagazano. Ecclesia de Casachia. Ecclesia de Loculla. Ecclesia de Banguto. Ecclesia de Gorio. Excusavit hospitalle de Cissa. Hospitalle de Runchalia de Cazia die XXVJ marzii pro primo et secundo termino primi anni solvit sol. quatuor imp. Hospitalle de Berceto. Ecclesia de Hosti prope Belforte (…) Di fondamentale importanza tra le fonti antiche del territorio di Berceto vi è la Cronaca scritta tra il 1544 ed il 1557 da don Giorgio Franchi che narra la vita quotidiana della piccola comunità bercetana e gli eventi politici di più ampia portata che ebbero riflesso su di essa69. Don Giorgio Franchi nella sua opera non ha alcun intento letterario o di critica storica: egli si propone di registrare gli eventi di cui è diretto testimone, quelli di cui gli giunge notizia sia da Parma sia dal 68 ARCH. VAT., Collect. 252, ff. 106-139. Edito a stampa in Rationes decimarum italiae nei secoli XIII e XIV. Aemilia: le decime dei secoli XIII-XIV, a cura di E. Nasalli Rocca e P. Sella, Citta del Vaticano, 1933 pp. 356-395. 69 La Cronaca è stata recentemente edita da G. Bertozzi col titolo “Poveri homini. Cronaca parmense del secolo XVI, 1543-1557” (Roma 1976) e da G. Petrolini, col titolo “Nove. Diario di un paese dell'Appennino” (Parma 1980). Entrambe le edizioni accanto all'originale forniscono una traduzione in italiano moderno. Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 39 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. resto d'Italia. Per quel che riguarda la vita quotidiana di Berceto, il Franchi sembra essere stimolato a narrare quelle vicende che più esulano dalla normalità e dietro alle quali scorge sempre il disegno ineluttabile della divina provvidenza. Egli descrive con più attenzione quei fatti nei quali si sente più profondamente coinvolto o che maggiormente lo impressionano, come si comprende dalla diseguale distribuzione diacronica, per cui alcuni anni subiscono una trattazione molto più accurata di altri. 70 A completamento dell’analisi delle fonti storiche ed archivistiche sono state raccolte alcune notizie riguardanti edifici e località che erano o sono tuttora presenti nella città di Berceto e nel territorio comunale. Xenodochio della SS Trinità a Berceto. Nella Ratio Decimarum Diocesis Parmensis del 1299 e nell’Estimo della Diocesi del 1354 è ricordato un hospitale de Berceto la cui generica denominazione lascia nell’incertezza a quale dei tre ospizi siti nel paese di Berceto si riferisca71. L’ospizio della SS. Trinità è ricordato il 16 aprile 1604 quando il conte Federico Rossi dotò di un beneficio l’oratorio omonimo il cui scopo era di raccogliere sia i pellegrini che si recavano ai luoghi Santi che i poveri infermi del paese. Possedeva, quindi, funzione duplice di albergo e hospitale. Era dotato di quattro stanze destinate a dormitorio, delle quali la superiore, separata dalla altre, veniva destinata alle donne. Viene citato anche nel rogito Pisani del 1666 72. Lo Xenodochio della SS. Trinità è riconoscibile, nonostante le gravi manomissioni, in Via del Seminario. Xenodochio di San Giovanni posto in Berceto. Rimane nell’incertezza se per l’Hospitalle de Berceto nominato due volte, la prima nel 1299 e la seconda nel 1354, nelle carte curiali della diocesi, debba intendersi quello di S. Giovanni o quello di S. Donnino o quello della SS. Trinità, tutti e tre siti nel paese di Berceto. L’ospizio di S. Giovanni è ricordato nel 1436 dall’Allodi nel citare gli ospedali elencati nel rogito di Gherardo de Mastaggi. G. PETROLINI, Un esempio di “italiano” non letterario del pieno Cinquecento, in “L'Italia dialettale”, XLIV, 1981, pp. 21-116. 71 L. MOLOSSI, Vocabolario topografico dei Ducati di Parma Piacenza e Guastalla, Parma 1834, p. 606. 72 ROGITO PISANI, Archivio di Stato di Parma, Vol. 379. 70 Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 40 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. L’Hospitalle Sancti Joannis è menzionato nel rogito del 1471 di fondazione della II Collegiata di canonici, eletta nella chiesa di Berceto ad istanza del conte Pier Maria Rossi 73. La collocazione di questo Ospitale all’interno di Via Marconi (dove è presente un ex oratorio) è suggerita da un passo delle cronache di Don Giorgio Franchi, nel quale si racconta il restauro delle mura del paese nella zona del suddetto Ospitale: Et il Potestà feci amanire calcina, sablilone et, amanite, feci / venire li contadini a netare la muralia vechia da San Zovano. Adi dil predicio comenzò a murare‘ et arpezare dicta muralia da San / Zovano et intanto feci condure calcina, sabion al Canton dalla Raza /. Hospitale di San Donnino. L’ospizio di San Donnino è ricordato nell’Elenco dei benefici della diocesi redatto nel 1520 dal Sac. Andrea Guernieri, senza alcun cenno agli altri due ospizi esistenti in paese. Non collocabile con precisione, alcuni ritengono che si trovasse fra Roncaglia e S. Maria della Cisa nel punto in cui la strada incrociava l’omonimo fiumiciattolo. Ancora visibile è la fonte di S. Donnino ricordata dal Boccia ai primi del milleottocento74. Xenodochio della Madonna delle Grazie o di San Nicolò da Tolentino. Nel 1467, come risulta da documento del soppresso Convento delle Grazie di Berceto esistente nell’Archivio di Stato, i Bercetesi ricostruirono l’ospizio e l'oratorio appartenenti al Convento delle Grazie che erano crollati per incuria ed ingiuria del tempo. La maggior parte del piano terreno del nuovo edificio era occupata da stalle, scuderia e cucina. Quando nel 1536 l’oratorio venne concesso ai Frati Agostiniani, fra le clausole di cessione vi era l’obbligo di costruire o adattare, entro cinque anni, un’altra stanza o mansione nel Borgo di Berceto o nel Castello con funzione di ricetto per i pellegrini75. La costruzione è databile tra il 1536 e il 1546. Insieme al santuario fu costruito il 73 G. M. ALLODI, Serie cronologica dei Vescovi di Parma, Vol. I, Parma 1856, p. 714; G. SCHIANCHI, Gli antichi ospedali di Roncaglia e della Cisa, Parma 1926, p. 9; A. SCHIAVI, Diocesi di Parma, Parma 19251940,Vol. I, pp. 48-82; Vol. II, p. 342. 74 A. SCHIAVI, Diocesi di Parma, Vol. I, pp. 48-82; Vol. II pp. 60-100-220. 75 Archivio di Stato di Parma, Carte del soppresso Convento delle Grazie di Berceto; I. DALL'AGLIO, I seminari di Parma e i loro illustri Alunni e Moderatori, Studio Storico, Parma 1958, pp. 90-93; I. DALL’AGLIO, Il Santo Vescovo Moderanno nel romitaggio di Monte Bardone, in “Gazzetta di Parma”, 182-1963. Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 41 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. convento per i Padri, un ospizio per i pellegrini che percorrevano la via Romea ed una scuola per i ragazzi del paese. I Padri agostiniani rimasero nel santuario sino al 1777. Castello di Berceto I fatti principali dal punto di vista storico e documentale (escludendo i dati provenienti dalle ricerche archeologiche) narrano che nel 1220 il Comune di Berceto ottenne dal Vescovo il permesso di costruire un castello il quale, inizialmente, fu conteso fra Guelfi e Ghibellini e divenne quindi proprietà di diverse famiglie. Nel 1266 i Parmigiani assegnarono al castello un Podestà con il compito di riscuotere i tributi e, coadiuvato da un Capitano e da un Castellano, di custodire l’edificio. Nel 1313 il castello venne devastato ed incendiato dalle truppe di Enrico VII. Passato di proprietà in proprietà fu fatto ricostruire dal Conte Pietro Rossi tra il 1400-1420 e rinforzato nel 1444 da Pier Maria Rossi. A metà del XVI secolo Don Giorgio Franchi testimonia la volontà del Conte Troilo Rossi, signore di Berceto, di ingrandire il rivellino di accesso al castello. Adi 2 del predicto il Potestà di Bercetto mandò a domandare / li Occti della terra et li Consuli delle vile, alli qualli / domandò da parte del Signore che mandassine a tore stara // 200 de mistura in Segalara, al qualle fu responso / dalli Occti et Consuli di Valbona, Corchia et Bergoto / che non intendeveno de condure cosa alcuna exce/pto quanto vorà Ragion. Li altri Consuli disini che / condurebo ni la sua parte. Poi disse che Sua Signoria voleva // fare tre camer(e) sopra il revelino verse la Ragion, / che se aparichiassine. A questo se tolsse termino a respondere. /. Le mura E’ noto, come si può vedere nella rappresentazione del Bembo nell’affresco della Camera d’oro del castello di Torrechiara, che Berceto fosse cinta da mura. La cronaca di Don Giorgio Franchi testimonia un intervento, probabilmente l’ultimo, di restauro delle mura. Adi 27 di luio gli homini di Bercetto deliberoni de repezare le mura/lie circha la terra per potersi tenire se li venisi inimici per robare. Cosi adi / presente incomemzoni a murare dov’era roto a Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 42 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. secho per bisogno. /76 A metà del XVI secolo le mura medievali erano già in parte in disuso e, durante la cosiddetta “Guerra di Parma”, anche a Berceto si sentì il bisogno di riadattare le strutture difensive del paese. Oltre alle mura ed al fossato venne ripristinata la cancellata che chiudeva la porta posta sotto al castello rivolta verso la Ripasanta. Nocta che volendo fare l'atazamemo li Occti con le ville, dite vile non // volsino si facesi per non volere tochare a pagare le spesi fate alle mu/ralie né alle fosse, né mancho al rastelo fato alla porta de / soto dil castelo. /77 Le cronache raccontano anche la spesa in materiali e forza lavoro necessari per i lavori eseguiti sulle mura con conseguente rifiuto da parte dei contadini: Nocta come adi 6 de aprile il Potestà di Bercetto mandò per li homini / de Bercetto de nocte et da parte dil signore Conto li comandò che metesine / ducente libere per fare le muralie della terra: et le misone. La ma/ tina sequente mandò comandamente alli contadi— ni che metesine / la sua rata, qualli non la volsine metere et andone a San Segondo // et donone la sua rata al Conto. Ma Sua Signoria scrisi al Potestà che / li spendesi in calcina, in sabione, et che facesi lavorare. Ma deto / Potestà fece novo comandamento alli contadini, che venisine a lavora/ re. Et li dicti contadino tornoni dal Signore et tornone con dire che il / Signore gli haveva asentati di tal lavorare con ducente opere de manu//ali! Et il Potestà feci amanire calcina, sablilone et, amanite, feci / venire li contadini a netare la muralia vechia da San Zovano. La muraglia di San Giovanni è con tutta probabilità quella orientale del paese; lo conferma il fatto che il torrione fatto erigere al termine di questo lato delle mura è nel cantone della via Rasa, una strada che porta dall’attuale Comune al Poggio di Berceto. Adi dil predicio comenzò a murare‘ et arpezare dicta muralia da San / Zovano et intanto feci condure calcina, sabion al Canton dalla Raza / et fece venire ’ 20 guastadori da Bergoto a cavare li fondamen— 76 77 C. 67c 1-4 1551 C. 76r 24-26 1551 Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 43 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. ti de // uno torion al Canton della Raza, che fu adi 14 dil predicto, et alli 15 li / mise 20 de Bercetto et 10 fece fornire de cavare. / Adi 21 dil predicto incomenzò a lavorare. La sera, manchande prede, / fece comandamento a tuti quelli havevane bestiarne in Bercetto, ·/ che andasine per calcina al Ponto dal Fugazollo gli andone. L’altra // sera che andasene per prede: gli andoni. / Adi primo de mazo tornò a fare comandamento a quelli da Bercetto che anda/ sine per prede, dove che tuti se redusini inscieme che non vole/vane andarli, se non dava il suo comparto alle vile, et che essi / non potevane fare tal lavore senza il brazo delle vile. Di sorte // il Potesta montò la nocte a cavale inscieme con Zan Bello Pinardo / et andone a San Secondo et alli 2 tornoni con animo de la/vorare. Er mentre che lui era andato via, non restoni da ube/dire al comandamento de condure le prede. Giunto il Potesta, torvate / le prede, fece lavorare alli 3, che era il di dela Asensia. / Passo della Cisa. Per rendere sicuro il transito per il passo della Cisa, il Comune di Parma stabilì negli statuti del 1266–1304 che venisse costruito un ricetto ben guarnito e sicuro, nel quale dovessero stazionare in permanenza militari forniti dalle ville limitrofe. Furono innalzate, “in locis opportunis et periculosis”, tutta una linea di bertesche e di bicocche a spese delle ville interessate, in ciascuna delle quali doveva essere alloggiata una piccola guarnigione di montanari. Dalle Cronache di Don Giorgio Franchi: Adi 29 de luio mandò il Gubematoro de Pomtremuli 14 // homini alla Cisa per guarda de quello passo et ne mandé / dieci alla bocha del Gropo del Vescuo et dieci in cima / della silva di Forcella su una strata che viene de Bello / Form per dita silva. / 78 Ospitale di S. Maria della Cisa In prossimità del valico della Cisa è testimoniata l’esistenza dell’Ospitale di S. Maria della Cisa: ospedale di fondazione probabilmente imperiale poiché in due diplomi carolingi dell'861 e 865, 78 C. 34v 5-8 Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 44 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. indirizzati al monastero di S. Salvatore di Brescia, viene citato uno xenodochium S. Marie cum ospitali posto prima dell’ospedale di S. Benedicti in Montelongo situato sul versante lunigianese del passo della Cisa, lungo il percorso della Via Francigena. Esso era l’ultimo ospedale prima del valico della Cisa nel versante parmense e le sue rovine furono scoperte nel 192479. Poche sono le notizie rimaste negli Annali, negli Statuti e nelle Carte Curiali. Lo storico Formentini ne attribuisce la fondazione ad un Gastaldo longobardo di nome Loedegario vivente al tempo di Re Liutprando, del quale si ha memoria nella lapide rinvenuta nella Pieve di Sorano ed ora custodita nella chiesa di San Giorgio di Filattiera. L’ospitale di Santa Maria della Cisa é menzionato, per la prima volta, nella pergamena delle decime del Vescovo di Parma dell’anno 1230. Gli Statuti di Parma, redatti fra il 1266 e il 1304, concedevano totale esenzione dalle tasse, per un periodo di trenta anni, a chi andasse ad abitare presso la chiesa di Santa Maria della Cisa al fine di rendere più sicuro il cammino ai viandanti: “ Se poi non si troverà alcuno che spontaneamente dal di fuori si rechi ad abitare lassù gli uomini di Berceto, di Valbona, di Corchia e di Bergotto saranno obbligati a mandare nel luogo predetto quattro masnade dei loro, per tutto il mese di maggio, le quali dovranno stabilirvisi ed abitare nel luogo stesso”. Negli stessi Statuti viene decretato, dopo il 1271, l’erezione (o il rifacimento) di due ospizi fortificati uno all’Ospedaletto (località posta sotto il monte Borgognone alla quale si accedeva dalla piana di Roncaglia) ed altro alla Cisa. L’ospizio e la cappella della Cisa sono ricordati in vari documenti: nell’Estimo del 1354 compilato sotto il vescovato di Ugolino Rossi; nell’Elenco degli ospedali posti nella Diocesi, redatto dal notaio Gherardo de Mastaggi nel 1436; nel Catalogo delle chiese diocesane del XIV secolo; nel Rogito di fondazione della II Collegiata dei Canonici eretta nel Duomo di Berceto ad istanza del conte Pier Maria Rossi nel 1471; nel Codicillo Testamentario dello stesso conte, stilato nel 1492 a favore del figlio naturale Bertrando; nel libro mastro Morello dell’Ospedale Rodolfo Tanzi, ove figurano aggregati all’Ospedale Maggiore di Parma; nel Catalogo e benefici della città e diocesi di Parma, curato nel 1520 dal sacerdote Andrea Guarnieri; nella Descrizione di tutte le chiese della città e della diocesi parmense del Cancelliere Vescovile Cristoforo dalla Torre compilata dal 1564 al 1585. Nel 1584, poiché la zona nei pressi della Cisa era infestata da briganti, sia il duca di Parma che il Comune di Pontremoli stabilirono di mantenervi, alternativamente per sei mesi all’anno, alcuni 79 G. SCHIANCHI, Gli antichi ospedali di Roncaglia e di Sancta Maria della Cisa, Parma 1926. Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 45 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. soldati a difesa esclusiva dei viandanti. Lo storico Campi nelle Memorie storiche di Pontremoli ricorda che alla fine del secolo XVII tale guardia era ancora esercitata con “gran consolazione dei viandanti”. Le ultime notizie riguardanti l’ospizio si trovano nella descrizione che il Capitano Boccia fece dei luoghi da lui visitati nel 1804: “Uscendo da Berceto per andare all’Appennino si incontra immediatamente il monte Cavallo. La strada mulattiera passa al di sotto e continua salendo sino all’Appennino per cinque miglia fra la boscaglia ed i prati sino alla cresta del luogo chiamato la Cisa. Poco tratto avanti la Cisa vi è la casetta che serve di ricovero alle truppe che guardano i confini. Immediatamente a questa scorgonsi i fondamenti di una chiesa e di un monastero che dicesi essere stato dei benedettini. Parte di quelle pietre piccate hanno servito per costruire la suddetta casetta”. Giurisdizionalmente l’ospizio dipese sempre dalla chiesa di Berceto, finché non venne unito, nel decennio 1472-1482, all’Ospedale Maggiore di Parma Rodolfo Tanzi. Tra la fine del 1600 e i primi del 1800 l’ospizio venne abbandonato80. Xenodochio di San Giacomo di Roncaglia. La località Roncaglia come oratorio ed ospitale é più volte menzionata nei documenti. La cappella Ospitalis de Roncalio é ricordata nella pergamena delle decime del Vescovo di Parma del 1230; nella Ratio decimarum del 1299; nell’Estimo del Vescovo di Parma Ugolino Rossi del 1354; nell'elenco degli ospitali della diocesi redatto nel 1436 dal Mastaggi; nel Libro-mastro Morello dell'Ospedale Maggiore Rodolfo Tanzi di Parma del 1492; dal sacerdote Andrea Guarnieri nel 1520 e, in ultimo, nella Descrizione di tutte le chiese della città e della Diocesi composta dal 1563 al 1585 da Cristoforo dalla Torre. Nel 1471 circa l'Ospitale venne aggregato, con tutte le sue rendite, all’Ospedale Maggiore di Parma. Nei Cenni storici sugli antichi pievati e castelli di Salavolta e Soragna si ricorda che, distrutto l’ospedale, rimase l’oratorio che sussisteva ancora nel 1700.81 80 G. ALLODI, Serie cronologica dei Vescovi di Parma, Vol. I, Parma 1856, p. 713; R. BARBUTI, Ricordo del Passo della Cisa, Milano 1934, p. 18, nota 32; R. BARBUTI, Giovane montagna, 23-7-24; A. BOCCIA, Viaggio ai monti di Parma 1804, Parma 1970; B. CAMPI, Memorie storiche di Pontremoli, cap. XVI, Pontremoli 1975; Libro Morello (1492), manoscritto parmense 1626, p. 16; F. MAGANI, Ordinamento canonico della Diocesi, Vol. I, Parma 1910, p. 96; L. MOLOSSI, Vocabolario topografico dei Ducati, Parma 1832, p. 92; Monumenta Parm. et PIac., Statuta communi Parmae, 1266-1304, pp. 16-101-352; N. PELICELLI, Storia dell’Ospedale Maggiore di Parma, Parma 1935, p. 17; A. PEZZANA, Storia di Parma, Parma 1859, Vol. IV, p. 312; Vol, V app. p. 32; G. SCHIANCHI, Gli antichi ospedali di Roncaglia e della Cisa, Parma 1926; A. SCHIAVI, Diocesi di Parma, Vol. I, Parma 1940, pp. 33-48-82; Vol. II, pp. 60-100220; A. VIGNALI, La strada romea di Monte Bardone, in Il Resto del Carlino, 2-10-1959; ZANONI, Giovane Montagna, 6-9-24. 81 G. ALLODI, Serie cronologica dei Vescovi di Parma, Vol. I, Parma 1856, p. 713; Libro Maestro Morello (1492),manoscritto parmense 1626 p. 16; F. MAGANI, Ordinamento canonico della Diocesi di Parma, Vol. Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 46 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. Xenodochio dell’Ospedaletto del Groppo del Vescovo. L’ospizio era posto in un punto chiave, ovvero sorvegliava il Passo del Groppo del Vescovo, essendo situato a levante dello stesso, ove passava sia una variante della strada di Monte Bardone sia la via di Staiola verso Corniglio. Per tale ragione, nel 1271 il Comune di Parma ordinò che, unitamente all’ospitale di S. Maria della Cisa, gli uomini di Berceto lo fortificassero e lo guarnissero giorno e notte: “Item providentur quod in Alpe della Cisa fiat unus receptus tutus et securus et bene guarnitus omnibus opportunitatibus, et unus alius fiat ad Spedaletum per homines de Berceto et eorum expensis eodem modo et simili; qui duo receptus custodiantur, et custodire debeant per Commune Berceti et homines dictae villae de die et de nocte”. L’ospizio non viene menzionato nelle Carte curiali.82 Bergotto Nel Liber feudorum Palacii Episcopalis in diversis locis sono indicate alcune località in prossimità di Bergotto, coinvolte in un contratto di affitto datato 29 dicembre 1304. In particolare sono citate Fagiolo, Pellerzo, Groppo Maggio (anticamente chiamato Groppo di Marte), Torricella e Carpena. “In loco qui dicitur Faxolum, qui consueverunt colligi per dominos de Gurro et de Pelertio". Item in quarterin Conformosi, cui sunt fines ab una Manublola, ab alia Groppus Martius (Groppo Maggio) infra, et a Faxola infra, et de Torixellis infra, et de Rio Cane intus. Item de Ara Armani, quae est in Monte Bergupti, scilicet a Tana de Torexellis in sursum, et a Carpena in sursum.” 83 Don Giorgio Franchi testimonia invece la pratica della ricerca di oro presso Bergotto: Nocta come alli 23 de augusto veni tri boemi da Fiorenza / mandati dal duca Cosmo Medici duca de Fiorenza per / cavare la vena dal'oro a Bergoto. Et alli 24 andono / a vedere il loco perché il I, Parma 1910, p. 96; Monumenta Parm. et Plac., Statuta communi Parmae 1266-1304, Ed. Fiaccadori 1853, p. 101; N. PELICELLI, Storia dell'Ospedale Maggiore di Parma, Parma 1935, p.17; A. PEZZANA, Storia di Parma, , Parma 1859, Vol. V appendice n.30, p. 32; O. SALAVOLTI, A. SORAGNA Cenni storici sugli antichi pievati e castelli, Parma 1906, p. 210; G. SCHIANCHI, Gli antichi ospedali di Roncaglia e della Cisa, Parma 1926; A. SCHIAVI, Diocesi di Parma, Parma 1940, Vol. I, pp. 33-48-82; Vol. II, pp. 60-100200-343. 82 Monumenta Par. et Plac.; Statuta communis ab anno 1266 ad anno 1304, p. 352; G. SCHIANCHI, Gli antichi ospedali di Roncaglia e della Cisa, Parma 1926, p. 41. 83 G. MICHELI, I livellari Vescovili di Berceto, codice pergamenaceo di 36 grandi carte intitolato Liber feudorum Palacii Episcopalis in diversis locis, così segnato nel Mazzatini, (Manoscritti delle Biblioteche d’Italia), Parma 1935. Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 47 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. Potestà di Bercetto aveva incomenzato // a cavare et gli haveva mise sopra messer Nazzo Picio de / comission del Duca. Et alli 26 feccni fare una fornase/la in rocha de Bercetto per fare la experienza. Et portone della / terra de tre sorte et la infoseni. Come reusise, non so io, / ma il primo de setembre se andoni con Dio dicti boieme, perché non // il so dire. / 84 Un altro passo, sempre del Franchi, indica con precisione l’ubicazione della cava d’oro di Bergotto. Adi 10 del predicto veni messer Francesco Bono Homo de Parma manda/ / to da Sua Excelentia per cavare la vena dall’oro da Bergoto et / adi 11 comenzò a fare cavare et taliò uno pezo di vigna / a don Bercedan Baron da Bercetto. / Adi 14 de augusto una domenica ad hore 15 il signore conto Pietro / Maria Roso conto di Bercetto, Marchese de Sancto Secondo, Gen//erale deli taliani del Re cristianissimo de Franza et Ca/valgiere de Sancto Michel si passò di questa vita presente / a Santo Secondo et in tal hora veni una grandissima tem/pesta a Bercetto, a Fugazollo, alla Rocha et a Bergoto de sorte / che non vi remasse uva et era de bocha de scarpa // in tuti li lochi predicti. / Adi 17 del predicto torvoni la porta a Bergoto alla cava con le / sue mape, carchari, serata, maderata et le travate qualle / andavani in modo de una via. Nocta che la porta é / de co delle vigne de contra alla bocha del ri Cataiese. //85 L’indicazione precisa del Franchi è confermata da recenti studi effettuati presso le miniere di Corchia che confermano l’esistenza di oro nativo. Bussetolo La località di Bussetolo è citata nella donazione di Ugo Re d’Italia ai canonici di Berceto, datata 17 febbraio 927, come riportato precedentemente. Il 23 giugno 1308 Bussetolo viene affittato ad Opizzone figlio di Umberto da Cornazzano 86. 84 C. 93r 12-19 1556. C. 18r 14-30. 86 G. MICHELI, I livellari Vescovili di Berceto, codice pergamenaceo di 36 grandi carte intitolato Liber feudorum Palacii Episcopalis in diversis locis, così segnato nel Mazzatini, (Manoscritti delle Biblioteche d’Italia), Parma 1935. 85 Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 48 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. Casaselvatica Lo xenodochio di Casaselvatica era posto a metà strada fra Ravarano e Berceto. Gli studiosi Salavolti e Soragna riportano la notizia di un antico ospedale detto “Della Casa”, il quale, fin dal 1560, era stato unito all’Ospedale Maggiore di Parma Rodolfo Tanzi: “et hospitale Della Casa, unitum hospitali Magno”. 87 Castellonchio. Nelle Cronache di Don Giorgio Franchi è nominata una bicocca nella località di Castellonchio: potrebbe trattarsi di un sito fortificato non ancora individuato. Adi 21 tempestò a Castelonchio, qualla pilgiò tuto dalla stra’ / in giù, incomenzando alla Maistà perfine in fondo la Bicocha // a picto, perfine in Gronton, che non li remaste niente. /88 Corchia. Da una Memoria dell'Archivio Sanvitali (A.t 1., 8.) citata dallo storico Pezzana nel volume I della “Storia della città di Parma continuata: 1346 - 1400” si è a conoscenza che, il 21 ottobre del 1355, Bernabò Visconti concesse a Giberto Sanvitale la conferma del Castello di Belforte e delle ville di Lozzola, Pagazzano, Fugazzolo, Valbona, Cozzo, Bergotto, Castellonchio, Casaca, Corchia e dei loro abitanti. Quindi, Corchia entrò nell'orbita dei Sanvitale dal XIV al XVIII secolo, per poi passare alla famiglia comitale dei Tarasconi-Smeraldi. La più antica attestazione di Corchia si trova in un documento rogato da Puteolixium notarium del febbraio 1107 riguardante Ubertus Mellitarius il quale ha in feudum medietatem Castelli de Corcla,. L’abitato di Corchia è presente nei documenti medievali come dipendenza di Berceto dal punto di vista sia amministrativo che religioso. Infatti "Corcla" o "Corcha" viene dichiarata "de districtu Berceti" già nei documenti del XII secolo. La chiesa di San Martino (Santo "romeo"), non più utilizzata ma tuttora visibile, nel XIV secolo era parte dell'area plebana di Berceto. 87 F. MAGANI, Ordinamento canonico della Diocesi, Vol. I, Parma 1910, p. 86; O. SALAVOLTI, A. SORAGNA, Antichi pievati e castelli, Parma 1906, p. 194. 88 C. 34r 9-11. Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 49 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. Casacca. Il complesso denominato "Casacca" nel Comune di Berceto è costituito dalla connessione di un "palazzo", una chiesa e sette case, che formano un insieme architettonico omogeneo, tipico esempio di antica dimora appenninica. L'esistenza di Casacca è testimoniata nei documenti antichi a partire dall’VIII secolo. La chiesa risale almeno al 1230 come testimonia la Decima di quell’anno. La rilevanza del borgo è confermata dalla sua menzione nel testo "Atlante Italia" redatto da Magini nel 1620. Successivamente, le mappe catastali borboniche del 1823 individuano con precisione i singoli edifici ancora esistenti. Fugazzolo. La prima attestazione di Fugazzolo è del 15 gennaio 1226 secondo la quale Rolando Rangoni et dominus Abbas Rangoni habent in feudum decimam de Fugaxolo.89 Il castello di Fugazzolo è menzionato in un documento del 1240, dove si nomina un appezzamento in località detta al “Lago” presso il castrum de Fugazolo. Nel 1312 il Comune di Parma dona il castello di Fugazzolo, insieme con Belforte, a Giovan Quirico Sanvitale. 90 Lozzola. Viene citata in un Rogito di Opizzone Tranchedi il 2 settembre 1230, “…feudatarii in Ponticulo et per filios in villa de Lozolla ed in Laghedello et in eorum pertinentiis.” Nelle cronache di Don Giorgio Franchi è indicato che in località Lozzola viene lasciata una guardia ad istanza di sua Signoria Monsignore Ettore Rossi. Questa testimonianza potrebbe suffragare la tradizione popolare secondo la quale, sulla terminazione della Costa della Guardia, vi era una postazione fortificato oggi scomparsa. Adi 12 del predicto andò il Cavalero di Bercetto con li coreri a tore il // posseso della Ecclesia di Lozulla a nome delo illustrissimo et reverendo / monsignorc Hectore de Rosi; et uno messer Giovan Pietro da San Secondo, / magistro de casa di Sua Signoria Illustrissimo, andò a Bergoto con sero Matheo da / Lozulla et Antonio Zambelan secundo nocaro et anche con dicci ho/mini a tore il possesso per instrumento. Poi andò ancho a Lozulla, // poi li lassò la 89 G. MICHELI, i livellari Vescovili di Berceto, codice pergamenaceo di 36 grandi carte intitolato Liber feudorum Palacii Episcopalis in diversis locis, cosi segnato nel Mazzatini, (Manoscritti delle Biblioteche d’Italia) Parma 1935. 90 G. CAPACCHI, Castelli della montagna parmigiana, Parma 1976, p.170. Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 50 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. guardia ad instantia di Sua Signoria Reverenda. /91 Pietramogolana. Petra Mugulana viene nominata per la prima volta nel documento del 23 ottobre 674, in cui il re Pertarido stabilisce i confini tra Parma e Piacenza92. In un atto divisionale dei beni del Conte Plato Platoni del 1022 compare che al figlio Begarolo spetta il forte di Pietramogolana93. Nel 1210 Il Vescovo Obizzo fortifica la rocca di Pietramogolana: “Altre delle sue Rocche fortificò, particolarmente quella di Pietramogolana; e in simil guisa ridonando al Sacerdotal Principato l’antico lustro, seppe procacciarsi l’aumento di quella stima, che la sua nascita, il carattere, e la dignità richiedevano”.94 Nel 1212, sempre il Vescovo Obizzo assolve gli abitanti di Casacca e di Pagazzano dalla collaborazione economica del restauro della rocca di Pietramogolana: “Nella stessa rocca di San Secondo osservai un originale Istrumento del giorno 7 Settembre del 1212, per cui il Vescovo Obizzo ad istanza di Maestro Martino Arciprete di Berceto assolve gli abitatori di Casacca e di Pagazzano dal concorrere alle fazioni pel risarcimento della Rocca di Pietramogolana, presente fra gli altri testimonj Simone Dottor di Leggi, a Rogito di Bernardo Notajo Imperiale”. 95 Nei secoli, il castello di Pietramogolana ed il suo abitato furono contesi più volte da diversi proprietari. Roccaprebalza. Il castello di Roccaprebalza esisteva già prima della contesa del 1219-1221 tra vescovo e comune di Parma. Il vescovo Ugolino lo trasmise alla sua famiglia mettendolo nel conto di quei debiti che diceva di avere nei confronti dei nipoti (1355-1370). 91 C. 45v 19-26 agosto 1549. Da “Istoria Ecclesiastica di Piacenza” del Campi. “…deinde in monte Specla illa parte Cene, ubi termine otat, deinde in monte Claudio & Petra Mugulana quod est super fl uvio Taro & illa parte Taro per rigo Gautera”. M. ZONI, I castelli delle valli di Taro e Ceno: uno studio di Guido Schenoni Visconti, in “Uno storico e un territorio: Vito Fumagalli e l'Emilia occidentale nel Medioevo”, a cura di R. Greci e D. Romagnoli, Bologna 2005, pp. 393-404. 93 M. ZONI, I castelli delle valli di Taro e Ceno: uno studio di Guido Schenoni Visconti, in “Uno storico e un territorio: Vito Fumagalli e l'Emilia occidentale nel Medioevo”, a cura di R. Greci e D. Romagnoli, Bologna 2005, pp. 393-404. 94 I. AFFO’, Storia di Parma, Parma 1795. 95 Archivio di Stato di Parma, Notai Camerali, Rogito di Bernardo Notajo Imperiale del 7 settembre 1212. 92 Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 51 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. Un documento duecentesco, in cui si riferisce che Giovanni de Caminata di Roccaprebalza deve pagare dodici lire imperiali, attesta l’impiego del nome “caminata” anche nella Valle del Taro. Può darsi che l’antica caminata di Roccaprebalza sorgesse dove ora si trova la casa-torre Camisani, esattamente del tipo a caminata, che domina un edificio fortificato con due vestigia di torrioncelli angolari merlati. E’ da ricordare inoltre che la tradizione locale testimonia la presenza di misteriosi cunicoli sotterranei che, un tempo, collegavano il castello con la caminata e la chiesa. 8. NUOVE ACQUISIZIONI E TRADIZIONI ORALI. Individuazioni da ricognizioni di superficie (survey). Per incrementare i dati archeologici sul comune di Berceto sono state realizzate delle ricognizioni di superficie su suggerimento del Funzionario di zona della Soprintendenza ai Beni Archeologici dell’Emilia Romagna, dott.ssa Manuela Catarsi. Le survey hanno consentito di individuare numerosi siti ad oggi non segnalati che potranno consentire in futuro di fare luce sulle dinamiche insediative del Comune di Berceto. La copertura delle indagini è da considerarsi parziale sia per la grande estensione del comune che per la scarsa visibilità di moltissime zone attualmente a bosco e difficilmente raggiungibili. Di seguito si riportano le nuove acquisizioni. Diaspro scheggiato di Roccaprebalza. A Roccaprebalza, in una linea di caduta posta a nord del picco ofiolitico sulla cui sommità sorgeva il castello rossiano, è stato rinvenuto un diaspro scheggiato attribuibile a epoca preistorica. Coppella su un masso del picco ofiolitico di Roccaprebalza. Sul picco ofiolitico di Roccaprebalza è stato individuato un masso con una probabile coppella ascrivibile ad epoca preistorica, di difficile individuazione in quanto ricoperto dalla vegetazione e documentabile solo nei primi mesi dell’anno in condizioni favorevoli. Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 52 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. Linea di caduta Lozzola Castello. A Lozzola località Castello sul retro del picco ofiolitico, è stata individuato una linea di caduta, grazie al rinvenimento di due pietre scheggiate, un diaspro ed un calcare silicizzato databili ad epoca preistorica. La dispersione di materiali parte dall’area antistante una casa posta su un piccolo rilievo separato da una sella dal picco ofiolitico. La linea di caduta è posta a valle di un traliccio la cui posa potrebbe aver interessato strati in giacitura primaria. Castellaro di Vendronara – Pianelli. Sul crinale che divide la Val Baganza dalla Val Manubiola, a poche centinaia di metri a nord della terminazione su sui è posto il fortino napoleonico, sono state individuate strutture di natura prettamente militare riferibili ai secoli centrali del medioevo sulla base di confronti tipologici. Il sito, posto tra le zone conosciute come Vendronara e Pianelli, sfrutta un rilievo naturale che domina tutta la Val Baganza e la Val Manubiola e controlla la viabilità verso la Lunigiana. L’altura è cinta ad ovest, dove la pendenza è più dolce, da una potente opera in muratura di circa un metro di larghezza ed individuata per circa 80 metri lineari, lungo i quali, partendo da sud andando verso nord, sono state riconosciute una torre semicircolare di circa 5 metri di diametro, una struttura che chiude nel lato sud la parte più alta del rilievo ed un ambiente quadrangolare di circa 2,5 metri di lato. E' stata individuata un'altra grande struttura trasversale al rilievo e posta nel punto più alto; essa chiude verso est la parte meridionale del sito. La presenza delle strutture è stata notata grazie ad una ricognizione di superficie, convalidata poi dall’osservazione delle fotografie aeree e da satellite. Con l’elaborazione delle foto satellitari è stato possibile individuare nella vegetazione discontinuità che potrebbero suggerire la presenza di strutture che chiudono anche il lato est del sito. Le ipotesi potrebbero essere verificate sul campo con un’attenta opera di pulizia e rilievo. La natura delle fortificazioni, la tessitura muraria e il collegamento visivo con altri siti fortificati suggeriscono una datazione tra IX e XII secolo, che andrebbe confermata con ulteriori ricognizioni. Ad oggi, la datazione di questo sito castrense è riconducibile sulla base dei confronti strutturali all’Alto Medioevo e nulla vieta di pensare che il sito potesse essere parte integrante del Limes Longobardo Bizantino. Il sito fortificato consente un controllo pressoché totale sull’alta Val Baganza fino al Crinale Tosco Emiliano. Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 53 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. Castello di Castellonchio. A Castellonchio, sul rilievo immediatamente a sud est dell’abitato, sono state individuate strutture di natura prettamente militare riferibili sulla base della tecnica costruttiva e della tessitura muraria ai secoli finali del Medioevo. Il sito si presenta sul lato ovest con un imponente crollo composto da conci di arenaria squadrati, di media dimensione, disposti lungo tutto il lato ovest del rilievo. Le strutture riscontrate anche dall’analisi delle foto satellitari della zona sono realizzate in conci di media grandezza, legati da malta ed hanno una larghezza di circa 90 cm. Nella parte settentrionale del sito è stata riconosciuta una torre circolare in crollo. La natura boschiva del sito non ha permesso di individuare, al momento, linee di caduta e ritrovare materiali che potrebbero chiarire le fasi di vita del sito. Linea di caduta di Roccaprebalza. Lungo il versante nord del picco ofiolitico di Roccaprebalza è stata individuata, in seguito ad una ricognizione di superficie, una linea di caduta che ha restituito alcuni frammenti ceramici medievali e post medievali relativi all’occupazione della sommità del castello raffigurato nella Camera d’oro del Castello di Torrechiara. Setto murario della chiesetta rossiana di Roccaprebalza. Durante la ricognizione, al limite di un piccolo pianoro al di sopra di Casa Camisani, è stato possibile riconoscere uno dei perimetrali superstiti della chiesetta (raffigurata nell’affresco del Bembo al castello di Torrechiara). La struttura, conosciuta dagli anziani del paese come l’edificio sacro e posta esattamente dove il Bembo raffigurò la chiesa, è di difficile accesso anche per il fatto che il pianoro è stato investito da crolli di massi e detriti scivolati dalla parte superiore del Picco. Inoltre, a nord di Casa Camisani e del Picco è stata riconosciuta l’antica via originaria di accesso al sito realizzata con la costruzione di terrazzamenti che consentivano la risalita dal sottostante Rio. Su quest'ultimo sono ancora visibili i resti di una passerella mobile con pilastri in muratura ed utilizzata fino alla metà del secolo scorso. Linea di caduta Lozzola Castello. A Lozzola località castello, ad est dei due affioramenti ofiolitici che la tradizione orale vorrebbe sede originaria di un castello e di una chiesa, è stata individuata una linea di caduta che ha restituito materiali riferibili ai secoli XV-XVII. Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 54 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. La dispersione di materiali parte dall’area antistante una casa posta su un piccolo rilievo separato da una sella dal picco ofiolitico. La zona di affioramento materiali, tra cui frammenti di graffita invetriata, è posta a ridosso del piccolo pianoro disturbato dalla costruzione dell’abitazione civile. Il culmine del picco ofiolitico ha una forma cilindrica e domina un pianoro che da una prima osservazione potrebbe essere frutto di una sistemazione antropica. Altre ricognizioni potrebbero far meglio comprenderne l’origine e la natura del luogo. Insediamento di San Rocco. Il sito di San Rocco è stato segnalato dagli abitanti di Corchia: secondo la tradizione le campane della chiesa vecchia provengono dall’antico insediamento di San Rocco, ora scomparso e posto sul crinale che divide Corchia da Valbona e sul quale, sempre secondo la tradizione orale, dovrebbe trovarsi un Castello. Le ricognizioni hanno permesso di individuare una strada medievale di ottima fattura, in parte abbandonata e solo per alcuni tratti ripresa dalla carraia in uso tuttora e che porta a Casa Findoni. La strada, realizzata con lastre di arenaria e transitabile con carri, porta fino al sito denominato San Rocco. Nell’insellatura tra le due cime è stato individuato un grande edificio in crollo, di forma rettangolare e che risulta orientato verso Est, perpendicolare all’andamento del crinale e posto su un pianoro raggiungibile grazie alla strada sopra menzionata. Non è stato possibile riconoscere ambienti o situazioni particolari che possono chiarire la funzione dell’edificio. E’ da escludersi, comunque, che si tratti di un essiccatoio o di un’abitazione a scopo agricolo (presenti capillarmente in zona). Infatti, l’abbandono è databile almeno a 3-400 anni fa data la presenza di castagni secolari sui setti murari individuati. Affioramento di materiali post-medievali a Pellerzo. A Pellerzo nei pressi di Bergotto, in Val Manubiola, sono stati raccolti alcuni frammenti ceramici inquadrabili ai sec XV – XVIII e rinvenuti al centro dell’abitato, in un piccolo appezzamento di terra zappato poco prima della ricognizione. Si segnala l’alta concentrazione di materiali e la presenza di frammenti di ceramica graffita invetriata rinascimentale. Torre medievale del fortino napoleonico di Berceto. Il fortino Napoleonico di Berceto (località Poggio) è posto su di una terminazione di crinale che divide la Val Baganza dalla Val Manubiola, in posizione dominante su Berceto. Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 55 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. Durante un sopralluogo, per verificare la presenza di strutture precedenti o linee di caduta, sono state riconosciute nel semicerchio più interno del fortino strutture più antiche defunzionalizzate ed in parte inglobate nell’edificio. Il confronto fra la tessitura muraria, le malte e la tipologia architettonica delle fasi più antiche riscontrabili nel Castello di Berceto e le suddette strutture permette di ipotizzare la preesistenza di una torre circolare che , successivamente, è stata rasata sulla sommità e tagliata nella parte settentrionale per permettere la costruzione del muraglione di chiusura del forte ottocentesco e la fondazione di un pozzo. Queste evidenze sono state riscontrate nel semicerchio interno del forte ottocentesco. Inoltre, è documentabile la presenza di feritoie interne, chiuse però esternamente da grandi conci rettangolari di arenaria. La preesistenza di una torre di avvistamento in fase con il Castello di Berceto potrebbe inquadrarsi nella necessità di controllare la media Val Baganza. Castello di Bergotto. Poco a monte di Cà La Torre, conosciuta in zona come Cà del Moro, sono state individuate imponenti strutture riferibili ad un antico insediamento fortificato, forse il castello di Bergotto. Sono state identificate: una coorte quadrangolare cinta sui quattro lati da un muro che si conserva in alzato anche per due metri e due strutture angolari, una ad andamento circolare nell’angolo nord-est ed una struttura chiusa di grandi dimensioni con crollo imponente nell’angolo sud-ovest. L’accesso al sito era garantito da una strada che lo collegava con la via che da Bergotto proseguiva verso Corchia e i valichi appenninici. La dimensione e tipologia delle strutture e la tessitura muraria permettono di ipotizzare una funzione militare del sito, mai rintracciato ma presente nelle tradizioni orali che individuavano nei pressi di Ca’ del Moro l’antico castello scomparso di Bergotto, citato nelle fonti storiche e da ultimo nel romanzo storico dell’ex Direttore della Biblioteca Palatina Carlo Malaspina “Adelina e la strega di Bergotto”. Segnalazioni orali. Al fine di cercare di recuperare più dati possibili sul territorio comunale di Berceto è stata condotta un’indagine tra la popolazione, raccogliendo eventuali segnalazioni e racconti su ritrovamenti o strutture scomparse. Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 56 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. A Berceto, nel secolo scorso, si è assistito alla perdita di moltissimi dati a causa del fervore edilizio e di una scarsa, se non inesistente, attenzione per le testimonianze archeologiche che sarebbero stati fondamentali per ricostruire la storia di uno dei più importanti centri dell’Appennino emiliano. I casi più lampanti sono il Castello e il Duomo. Il primo, ancora in funzione nella prima metà dell’ottocento96, appare oggi un rudere, dove, negli anni ’50, a ridosso è stata costruita la scuola del paese. Il Duomo è stato invece interessato da pesantissimi lavori di restauro, a metà degli anni ’80, senza nessun tipo di sorveglianza archeologica né tantomeno documentazione scientifica, con la totale perdita delle stratificazioni che avrebbero potuto restituire importanti dati sulle prime fasi di vita della chiesa. L’unica zona che potrebbe ancora consegnare importanti informazioni è l’area del chiostro che viene indicato nell’attuale giardino della canonica, in prossimità di Piazza San Giovanni. Alcune segnalazioni hanno permesso di ricostruire in parte alcuni tasselli mancanti ormai irrimediabilmente perduti. In Via Martino Jasoni, proprio di fronte al campo sportivo parrocchiale, durante i lavori di costruzione di un condominio e dei magazzini del supermercato Savani, come asserisce la maggior parte dei testimoni oculari, sarebbero state scoperte palificazioni in legno descritte come “palafitte” o “il recinto di un forte romano”, immediatamente ricoperte per evitare problemi o blocchi ai lavori. La zona notoriamente paludosa e ricca d’acqua è stata bonificata riportando terreno durante gli anni ‘60 e ’70 e rialzando il livello di calpestio. La quota di calpestio precedente alla sistemazione dell’area è riscontrabile nel giardino posto a lato del supermercato. Nella parte sud dell'abitato di Berceto sono noti altri ritrovamenti, in particolare, durante i lavori per il collegamento del paese con l'attuale casello autostradale. Alcuni testimoni oculari segnalano il ritrovamento di monete di bronzo con la scritta SC e spilloni. La scritta SC potrebbe indicare “Senato Consulto”. Dalla località Tugo, durante i lavori di restauro della via Francigena negli anni ’60 del secolo scorso, è segnalato il ritrovamento di una moneta di età repubblicana databile al 58 a.C. con sul fronte il re Aretas genuflesso che offre pace al popolo romano e sul retro Giove conduce una quadriga. La moneta è custodita presso il Museo del Duomo di Berceto.97 Lungo la parte ovest delle mura di cinta del paese, dove negli anni ’70 vennero realizzati dei box che ne occultarono la vista, sono stati segnalati ritrovamenti di monete. 96 97 A. BOCCIA, Viaggio ai monti di Parma, 1804, Parma 1970, pp. 69-76. F. GRISENTI, Berceto, Una finestra aperta sul passato, Fidenza 1964. Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 57 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. 9. ANALISI TOPONOMASTICA. Dalla raccolta degli studi compiuti negli ultimi anni dal Professor Baruffini 98 e da studiosi come Giorgio e Giulia Petracco Sicardi99 e Sergio Mussi100 è stato possibile produrre un’analisi toponomastica del Comune di Berceto. Questo contributo, avendo unicamente la pretesa di riunire studi pubblicati e nuove considerazioni, è da considerarsi per ora parziale. Come noto la toponomastica è una disciplina complessa, in particolar modo per le difficoltà d’interpretazione linguistica e per le oggettive difficoltà di ricostruzione delle dinamiche insediative e socioeconomiche del passato. Una ricerca toponomastica è utile nei casi in cui vi sono ampie lacune dal punto di vista documentario, in zone del territorio dove i dati archeologici sono deficitarii e le ricerche storiche sono ancora a livello embrionale. Il contributo dato dall’analisi dei toponimi ha consentito di aumentare l’affidabilità dei dati ricavati da survey, analisi archivistica e storica ai quali ci si augura in futuro possano unirsi dati provenienti da ricerche archeologiche programmate. In questa analisi, che viene riportata di seguito, si è deciso di accorpare alcuni toponimi che sono presenti più volte nel territorio comunale prendendo in considerazione il luogo più prestigioso, come, ad esempio Ronco, Ronchi, Roncaglia, termini di origine medievale. Altri toponimi di interesse storico come castello, castellaro, castellaccio, sono stati indicati in cartografia o nelle schede relative alle segnalazioni presentate. Alvara. In dialetto l’Alvèra, è un termine di origine germanica o dal Gotico Alt (vecchio) warjia (difesa) ma potrebbe essere simile come origine a Castel Alfero in provincia di Alessandria (in cui si riconosce il gotico Alfaharijis, latinizzato in Alferius). Baganza. Originariamente Bagantia, dal celtico *bagos ‘quercia’, o piuttosto dal gallico *bāgos ‘faggio’ < ie. *bhāgós; da confrontarsi col latino fāgus e l’idronimo ticinese Bavóna < *bāgonā]. 98 G. BARUFFINI, Dizionario toponomastico parmense, Parma 2005. G. PETRACCO, G. PETRACCO SICARDI, S. MUSSI, Il Monte Bardone e l’origine di Berceto, in “Poteri, territorio e popolamento in Val di Taro, tra antichità e Medioevo”, Atti della giornata di studio: Berceto, 2 luglio 2011. Parma 2011, pp. 91-110. 100 S. MUSSI, I luoghi si raccontano: atlante toponomastico della provincia di Parma, Parma 2008. 99 Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 58 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. Braia. Nel Bercetano vi sono vari luoghi con questo toponimo, che deriverebbe dal longobardo “Braida”: ovvero campi aperti. Brolo. Corrisponde all'italiano brolo ʿorto, fruttetoʾ. Dal gallico *brogilos ovvero boschetto (recintato), campo. Berceto. Da identificarsi con i saltus prediaque Berusetis appartenenti ai coloni lucchesi citati nella Tavola Veleiate di età traianea. Il toponimo tuttavia potrebbe anche essere ricondotto ad un fitonimo, Quercetum, con esito Q > B presente in area toscana che sposterebbe l’origine della denominazione ai secoli VII- VIII e quindi al tempo della fondazione del monastero da parte di Liutrando (712). Bergotto. Si tratta di una frazione del comune di Berceto la cui pronuncia dialettale è bargùt o bergùt. La località è citata nel 'Privilegio di re Ugo' del 927 come 'Bergante'. Si tratta certamente di un toponimo di origine germanica. Si può ipotizzare una derivazione da berg + haupt, ove haupt ha lo stesso significato del latino caput, quindi un calco dal latino caput montis, "là dove termina il monte", con riferimento al monte che scende ripido nel cuneo fra le due Manubiole, di Corchia e di Valbona, proprio davanti a Bergotto. Berluara. Località, divisa in due gruppi di case e posta a destra del torrente Manubiola, il cui toponimo è di probabile origine celto-ligure e deriva da “Ver” + “Lor” ovvero sopra il fiume. Monte Borgognone. Il toponimo potrebbe essere legato allo stanziamento di un gruppo di Burgundi nell’alta val Baganza ma l’avvenimento è difficile da situare cronologicamente. Inoltre questo toponimo non è documentato. Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 59 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. Bragazzano. Forse è un prediale da Bracatius, possibile andronimo su bracatus ovvero vestito alla celtica e quindi forestiero. Bussetolo. Località situata a nord-ovest di Roccaprebalza, la pronuncia dialettale è büsèidel. Si tratta di un fitotoponimo composto da buxus (bosso) più il suffisso -eto, quindi un 'bosco di bossi', a cui è stato aggiunto il suffisso -ulo, forse a indicare un luogo piccolo. La prima attestazione del nome è nel Privilegio di re Ugo del 927. "...in Busitolo mansos duos". Calamello. Da Calamulum ovvero canneto. I comites del Calamello, documentati nell’ultimo decennio del XII secolo, sono probabilmente coincidenti con i conti di Bardi e probabilmente provenivano da località omonima ovvero l’odierno Monte Carameto. Carpignano. Prediale da Carpinius anche se è possibile un collegamento col fitonimo carpino. Casacca. La pronuncia dialettale è Casàca, con s sorda ed intensa. All'origine del toponimo potrebbe esserci un prediale romano formato dal gentilizio Cassius e dal suffisso -aco di origine celtica, quindi probabilmente una colonia Cassiaca, oppure, deriva da un neutro plurale, loca Cassiaca. La scomparsa della i la si trova anche nei tanti 'Cassano', derivati da originari fundus Cassianus; infatti hanno la stessa etimologia di Casacca anche Cassacco in Friuli a nord di Udine e Cassago in Brianza. La vicinanza del paese di Cassio, anch'esso toponimo prediale formato dal gentilizio Cassius nella forma senza suffisso, suggerisce che la gens Cassia abbia avuto un ruolo importante nella proprietà fondiaria della zona. Casaselvatica. Nei documenti antichi Casaselvatica è presente come Domus Silvaticorum o simili, che significa residenza di tagliaboschi oppure il luogo dove veniva riscosso il silvaticum (tributo per lo sfruttamento delle foreste). Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 60 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. Castellonchio. Da Castelunculum diminutivo di castello. E’ forse il Castiliculo in cui nel 1158 esisteva la chiesa di San Michele dipendente da San Giovanni di Parma. Cavazzola. Dal latino medievale cavatiola ovvero piccola cava. Corchia. Con ogni probabilità si tratta della 'Corticella di Viriano' citata nel Privilegio di re Ugo del 927. La pronuncia dialettale di Corchia è Còrcia. Deriverebbe da una forma intermedia *curtula, che a sua volta è il corrispondente nella lingua parlata di curticella. Non lontano da Corchia, ma già nella valle della Manubiola di Valbona, troviamo il toponimo Corciara (Curciàra in dialetto), che ha alla base un *loca curtularia, col significato di "zona appartenente alla curtula". Si può quindi ragionevolmente pensare che la “Curticella de Viriano” comprendesse, oltre alla conca di Corchia, anche parte della conca di Valbona. Costa della Guardia. Punto di osservazione posto tra la villa del Castello e Pellerzo, deriva dal gotico o longobardo Warjia ovvero “guardia”. Donano . Toponimo derivante dal gallico latinizzato dūnum ovvero fortezza, collina o dal gallico e celtico comune *dūnon ovvero cittadella, monte. Erbettola. Erbettola deriverebbe da Orbitula, che ha alla base il gentilizio Orbius, o un suo derivato, più il suffisso -ula. Il nome della silva Orbitula richiama anche quello del fundus Orbianacus della Tavola di Veleia, sito nel pago Dianio nell'odierna Valmozzola, dall'altra parte del Taro rispetto a Casacca. Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 61 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. Fagiolo Si tratta di toponimo derivante dal latino fagus ovvero faggio cui è stato aggiunto il suffisso -olo, qui usato in senso diminutivo, reso poi in italiano nella forma 'fagiolo', a voler significare un faggio di modeste dimensioni. Il luogo è posto in costa di monte a sud-ovest della frazione di Bergotto. Faino. Si tratta di area di coltivo posto in leggero pendio in costa di monte a sud di Casacca e sovrastante a nord-est il paese di Ghiare dove ci sono due distinti caseggiati prospicienti il fondo agricolo: al faì 'd tzùra e al faì 'd tzùta, 'il Faino di sopra' e 'il Faino di sotto'. La forma dialettale del nome è faì italianizzata in 'Faino' derivato dal latino faginus e passato a faynus in dialetto emiliano dove si perde la g. Questi nomi di luogo potrebbero derivare anche dal longobardo fagile o faghile che prende dal latino fagus cioè 'faggio' con risultato faì, oppure dal più toscano fageum con risultato fajé. Felgara. Piccolo nucleo di origine medievale situato ai piedi della terminazione di crinale meridionale del Monte Cavallo lungo la via Francigena, la quale, in questo punto percorrendo il crinale, si dirige verso il Monte Valoria. Il toponimo potrebbe derivare dal longobardo “Feld” + “Wardia” campo della guardia. Fugazzolo. Potrebbe essere collegato al fitotoponimo Ficaciolum da ficus ma l’altitudine del luogo (830 m.) crea delle perplessità. Potrebbe forse derivare da fuga termine col significato di caccia o da fugacia ovvero parte di campagna riservata ai cervi ed alla selvaggina. Gaietta. Il toponimo sembrerebbe derivare dall’etnia gota come testimoniano alcune località con terminologia simile quali Gudo Visconti e Gudo Gambaredo a Milano, Goito a Mantova, Goido a Pavia, Godi a Piacenza e Godo a Ravenna ma come anche Gaita e Gussolengo. Gambettola. Località posta alle pendici del Monte Castellaro di fronte a Roccaprebalza. L’origine del nome è probabilmente germanica e legata ad un antroponimo come per Gambara (BS) o Gambettola (FC). Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 62 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. Gazzo. Corrisponde ad una zona boschiva che risale la costa del monte posto alle spalle di Casacca nel comune di Berceto. Gazzo potrebbe derivare dal termine longobardo gahagi, col significato di "luogo recintato e sottoposto a defensum". Da gahagi, attraverso le forme intermedie gahaio, gaio e gagio, attestate nei documenti, si arriva agli esiti gaggio o gazzo della toponomastica attuale. Ghiare. Toponimo legato ad insediamenti ai margine dei corsi d’acqua prima del loro sbocco nelle basse pianure. Granica (case). Dal latino granica ovvero deposito di grano o di attrezzi agricoli. Di solito costituisce una proprietà monastica e quindi potrebbe essere stata una dipendenza dell’Abbazia di Berceto. Groppo Maggio. Anticamente era chiamato Martius, ovvero toponimo di origine romana che significherebbe “Monte di Marte”. Isola. E’ una località posta nel cuneo formato dalla confluenza del torrente Grontone nel Taro e consiste in un grande podere con boschi e campi. Il termine latino insula veniva usato nel Tardo Antico e nell'Alto Medioevo anche per indicare il terreno compreso fra due corsi d'acqua, come in questo caso, o circondato per tre lati da un meandro di un fiume. Lago del Portico. Il toponimo deriva forse dal latino Locus porticatus ovvero luogo porticato. Lozzola. Secondo il Formentini sarebbe il vicus Ucciae della Tavola di Veleia i cui saltus praediaque sono nella stessa zona di Berusetis e appartengono ai coloni lucchesi. Il toponimo forse è connesso con l’andronimo Ulcius, dal quale deriverebbe il diminutivo Ucciola e quindi Ozzola o Ozola. Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 63 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. Manubiola. Il torrente Manubiola, come molti altri torrenti, è nominato al femminile "la Manubiola" in quanto in epoca romana il toponimo era preceduto dal sostantivo acqua. Mattaleto. Corrisponde alla località chiamata in dialetto Matalèi (con la t intensa) e ubicata sulla sinistra del torrente Grontone a nord-est di Pagazzano e a sud di Isola. Le case indicate nella cartina IGM come C. Matteo in dialetto sono nominate Cà d'matalèi. Si tratterebbe quindi di un fitotoponimo composto da matàl + eto. E' invece incerto se il significato sia specificamente quello di 'bosco di sorbi' o più genericamente di 'luogo dove crescono piante adatte a fornire pali'. Infatti, ancora oggi si chiama màtero il pollone di castagno, utilizzato per fare pali per le viti. Infine, il termine potrebbe risalire ad una origine celtica mattaris / mataris / matara con il significato di giavellotto. Si può quindi ipotizzare una base celtica originaria *mattàl / mattàr col significato di palo o asta. Monte Cornia. Monte posto in Val Baganza il cui toponimo sembra essere di origine pre-romana o celto-ligure e derivare da Corn ovvero roccia. Pagazzano. L'abitato di Pagazzano è posto su un crinale a circa 695 metri d'altitudine con esposizione prevalente a ovest. La pronuncia dialettale è Pagasàn (s sorda). Il toponimo deriverebbe da un prediale proveniente dal gentilizio romano Picatius. All'origine potrebbe quindi esservi un * fundus Pacatianus. Passo della Cisa. Potrebbe derivare da Incisa ovvero taglio nella roccia o nel monte o nel fianco della vallata. Pellerzo. Il toponimo forse è derivato dalla radice latina pal ovvero montagna. Perneto. Potrebbe derivare dal fitotoponimo Piruletum da pirulus ovvero pero corvino. Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 64 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. Pietramogolana. Da petra e legato quindi alla rupe ofiolita. Mogoliana invece deriva dall’andronimo Mogolius. Documentata per la prima volta nel Giudicato di Arioaldo (626-636) in cui viene indicata come uno dei confini del Gastaldo piacentino. Razzola. Il nome corrisponde alla località Razzola, in dialetto Rasöla (con s sonoro), o anche al Rasöli. Si tratta di una zona ampia, con molto bosco e una parte di coltivo, situata a sud-ovest di Pagazzano. Razzola deriverebbe da Roationi. Il termine iniziale *rogationis è di origine tardo-latina, probabilmente un *loca rogationis, col significato di luogo del taglio. La parola rogatio nell'Alto Medioevo veniva utilizzato per indicare il taglio, nel nostro caso nel bosco. Roationi rappresenta un’evoluzione del termine originale in cui si è verificata solo la caduta della g intervocalica, ma non la fusione delle vocali. L'aggiunta del suffisso -ola è certamente avvenuta in epoca medievale, portando a Ragiole o alle Regiole. Rio delle Quaine. Quaina significa banchina su corso d’acqua ed è di origine celto-ligure. Roccaprebalza. Le tre componenti del nome (rocca-pietra-balzo) indicano tutte il carattere scosceso del luogo. La prima notizia si ha nel Libellus del 1218 in cui risulta che un certo Engezus de Lacu era stato incarcerato in turri de Petrabarci. Roncaglia. Sede dell’Ospitale detto di Roncaglia, il toponimo deriva dal termine latino runcare di origine medievale col significato di “dissodare un terreno”. Scorza. Il toponimo va ricondotto all’espressione *ex curtula, cioè parte della curtula e segnala quindi l'esistenza di una curtis, con ogni probabilità quella di Pietramogolana che doveva estendersi sulle due sponde del Taro. Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 65 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. Stabi. Da stabel, stabbia ovvero stalla. Nelle vicinanze vi è il toponimo Pian Cavallo che conferma la vocazione della zona. Tecchio dei Frassi. Luogo presente a pochi metri dall’attuale passo della Cisa, lungo la via Francigena nell’area in cui la strada scollina verso la Lunigiana. Il termine deriverebbe dal germanico taikna o dal gotico taikn, o ancora dall’anglo-sassone tekan che significano segno, incisione, passo. Questo toponimo è molto interessante poiché è riferibile ad aree di insediamento abitativo. Tolara. La Tolara è una collina situata alle spalle di Ghiare. Il toponimo Tolara ha alla base il termine latino tegula cui è stato aggiunto il suffisso –ario che indicherebbe un posto dove si svolge un’attività. Ne deriverebbe quindi tegulariam che vuol dire 'luogo dove si fabbricano le tegole'. Valbona. In dialetto è detto Verbona, per questo il toponimo potrebbe risultare di probabile origine celtoligure e deriverebbe dall’unione tra “ver” sopra e “bonne” limite, confine. Vaccarezza. Dal latino vaccaricia ovvero abitazione di vaccari. Si trattava probabilmente di una fattoria nella quale, intorno all’VIII secolo, si praticava l’allevamento di bestiame. Vercornara. Toponimo di origine pre-romana, probabilmente Celto-ligure derivante da “Ver” + “Corn” che significa sopra la roccia. 10. ANALISI FINALI DEL DATO ARCHEOLOGICO . Il territorio comunale di Berceto ha restituito numerosi dati archeologici e storici che possono portare ad una definizione del livello di rischio e potenzialità archeologiche dell’area in questione. Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 66 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. Bisogna prestare molta attenzione ai centri abitati, alcuni dei quali presentano una particolare densità di segnalazioni e ritrovamenti. Il capoluogo. La struttura del paese è in gran parte ancora quella rappresentata dal Bembo nell’affresco nella camera d’oro del castello di Torrechiara. I percorsi delle mura sono ripresi con precisione da Via Ripasanta, Via Martiri della Libertà, Via Divisione Julia, Via Pellizzari, Via Marconi e dal piccolo borgo parallelo a Vicolo della Marina. Osservando la morfologia di Berceto è possibile comprendere che l’andamento della cortina muraria consentiva di sfruttare la parte più elevata e sicuramente più stabile ai piedi della roccia madre che ospita il castello e i salti di quota verso la Val Manubiola ad ovest ed il Brolo ad est. Delle mura restano importanti avanzi in Via Divisione Julia e parte di una torre circolare (visibile anche nell’affresco di Torrechiara). Altri brevi lacerti sono riconoscibili in altre zone ma in gran parte sono stati inglobati nelle fondazioni degli edifici che ne seguono fedelmente l’andamento lungo gran parte del percorso. Nulla rimane visibile delle porte, a parte quella di Tramontana messa in luce durante i lavori per il recupero del Castello. Un appunto particolare merita la parte centrale del paese dove troviamo il Duomo. Sappiamo, infatti, che il dislivello tra l’attuale pavimentazione del Duomo e Piazza San Moderanno è di circa 3.80 metri. Da foto di archivio e dall’analisi delle architetture esistenti in Via Pier Maria Rossi e via Romea (Via Francigena) è risultato che le soglie degli edifici di epoca rinascimentale avevano già la quota attuale, ma è lecito ipotizzare in questa zona una crescita dei suoli, con conseguente stratigrafia sepolta, sia per la continuità di vita sia per la raccolta di depositi ed infiltrazioni di acque meteoriche che hanno causato problemi di stabilità al Duomo. L’area denominata “il brolo” compresa tra Piazza Micheli (comunemente chiamata Piazza della Marina) e Via Pellizzari (antica Via Rasa) ha restituito, nel corso degli anni, alcune segnalazioni riassunte in questo lavoro. E’ ipotizzabile una frequentazione in epoca romana che potrebbe essere confermata da adeguati controlli in corso d’opera, operazioni da sempre ignorate o escluse in fase di programmazione. Quest’area, in origine esterna alle mura del paese, come è ben visibile dalle foto d’archivio, è stata urbanizzata solamente a partire dalla fine del XIX secolo. Le testimonianze orali Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 67 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. ci raccontano di grandi riporti di terra per rendere stabile il terreno paludoso con il risultato che l’attuale livello di calpestio è ben diverso in alcuni punti da quello originale. Le frazioni. Le frazioni del comune di Berceto meritano un approfondimento a parte. Quasi tutte sono nuclei già presenti nei secoli centrali del medioevo, con alcune testimonianze anche per l’Altomedioevo. L’architettura e la conformazione di questi insediamenti è profondamente legata al contesto in cui si trovano. Si è deciso, come già detto in precedenza, di elevare il rischio in queste aree anche in assenza di segnalazioni archeologiche o evidenze materiali poiché tutte le frazioni di Berceto sono menzionate già dal 1230. Difatti, il contesto appenninico, che ora appare periferico, in antichità era al centro delle vicende socio politiche riguardanti il nord della penisola, dall’età del bronzo fino all’unità d’Italia. L’alto grado di incastellamento, l’alta densità di abitati e la necessità di controllare importanti vie di comunicazione è un dato che va tenuto in considerazione per effettuare una corretta tutela. Casaselvatica e Fugazzolo sono due centri posti sotto il displuvio tra Val Baganza e Val Parma sede di importanti ritrovamenti di ambito Preistorico e Protostorico. Quindi, in sede di programmazione di infrastrutture e grandi opere, andrà posta molta attenzione al fine di non ripetere gli errori commessi nel passato. Le due frazioni, così come l’insediamento sparso, conservano importanti testimonianze architettoniche relative al Basso Medioevo oltre a numerose testimonianze nelle fonti antiche, tra cui spicca la presenza, anche per questi insediamenti, di un Ospitale e di un Castello non ancora individuati. Castellonchio è posto sulla Via Francigena in una posizione dalla quale era possibile controllare la media alta Val Baganza e la Val Grontone. L’abitato fiancheggia la strada e proprio lungo questa strada sono conservati pregevoli esempi di architettura di XV e XVI secolo. La posizione del Castello, su un’altura a nord dell’abitato, è ideale per controllare sia la più importante via del Medioevo che altri insediamenti fortificati oltre a tutta la zona orientale del territorio Bercetano. Tra il Taro e la Manubiola si trovano una buona densità di siti storico-archeologici che se da un lato testimoniano l’antichità dell’abitato dall’altro ci restituiscono, grazie ai dati acquisiti da survey, importanti suggerimenti sull’organizzazione di questa grande area soprattutto in epoca medievale. Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 68 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. Lozzola con i suoi due nuclei ha restituito importanti dati durante ricognizioni di superficie ed altri ne arriveranno sicuramente in futuro. Un grande edificio fortificato potrebbe essere il Castello di Bergotto, frazione in Val Manubiola, già citato nel IX secolo così come alcune località vicine. Corchia appare come un insediamento medievale organizzato come ricetto fortificato posto a ridosso dei valichi appenninici e a valle del crinale. Su quest’ultimo in sede di survey sono state riscontrate frequentazioni medievali e indizi della presenza di un castello (citato nel 1107) che doveva probabilmente controllare una importante percorrenza alternativa alla Via Francigena. Lo stesso discorso vale per Valbona, abitato posto dall’altra parte del crinale. Pietramogolana in Val Taro è citata assieme al castello già nel VII secolo, Roccaprebalza nel VIII secolo, mentre Pagazzano e Casacca già dal X secolo. Le percorrenze di crinale. Le percorrenze di crinale, naturali vie di comunicazione ed insediamento soprattutto nella preprotostoria e nel medioevo, andranno monitorate con molta attenzione alla luce delle esperienze passate legate ai grandi lavori per infrastrutture e linee elettriche o alla posa di metanodotti. Ad esempio la posa di impianti eolici potrebbe pregiudicare la conservazione del patrimonio archeologico a causa del conseguente impatto sul territorio. Quindi sarebbe opportuno valutare tutti i passaggi necessari per la tutela dei dati archeologici, già nelle fasi di programmazione di queste grandi opere. Il crinale tra Baganza e Parma, che costituisce anche il limite tra Berceto e Corniglio ad est e Berceto e Calestano a sud, è stato in parte indagato in occasione dei lavori per il metanodotto Snam. Questo territorio difatti presenta alcuni interessanti siti e percorrenze preistoriche; inoltre, l’insediamento alle pendici dello spartiacque, in gran parte di origine medievale, è diffuso capillarmente. Molto interessante è il crinale che si trova tra i due rami del torrente Manubiola comunemente chiamati Manubiola di Corchia e Manubiola di Valbona. Questa formazione che prende il nome di Groppo di Simone e Rondanara separa i due nuclei medievali, dei quali Corchia ha origine sicuramente altomedievale. La via di crinale permette ancora oggi di giungere direttamente al valico della Cisa per chi viene dall’alta Val Taro. Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 69 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. La superficie dell’intero paese di Berceto, fino a comprendere l’area del crinale tra il fortino e San Genesio, deve essere considerata ad alto rischio archeologico per le numerose testimonianze archeologiche presenti e le potenzialità che le segnalazioni orali suggeriscono per alcune aree, dalle quali provengono anche ritrovamenti sporadici. La viabilità. L’asse viario antico più importante corrisponde in grande parte alla via Francigena. Sono emersi, sia dall’analisi degli antichi statuti che dalla ricognizione diretta, dati molto interessanti sulla grande opera di organizzazione viaria a partire dai secoli centrali del Medioevo. E’ stato possibile individuare un controllo continuo, durante le diverse epoche storiche, dello stesso asse della via Francigena di epoca medievale, unito ad altre percorrenze di crinale parallele e sulle quali si impostavano vie di comunicazione, nuclei abitati e fortificazioni per il controllo strategico dell’area. Da citare a tal proposito, in senso diacronico, il Castello di Castellonchio, il Castello di Berceto, il Castellaro di Vendronara-Pianelli, le fortificazioni presenti a monte della località Felegara e quelle citate dalle fonti sul passo della Cisa. Dati interessanti paiono arrivare anche dalle recenti ricerche eseguite sul Monte Valoria, che potrebbero far ipotizzare un percorso alternativo al passo della Cisa attuale. Non lontano da questo vi è il passo naturale vicino al Groppo del Vescovo al quale fa riferimento, probabilmente, Case Rombecco, edificio posto sulla strada che sale dalla Val Baganza e che potrebbe essere un avamposto di controllo di questa percorrenza. Il rischio, quindi, che elettrodotti, metanodotti ed altre grandi opere possano compromettere contesti di interesse storico archeologico è da tenere in grande considerazione. Si è già accennato alla percorrenza che dalla Val Manubiola porta al Passo della Cisa seguendo un percorso di crinale parallelo alla Francigena. Per quando riguarda le percorrenze intravallive, è molto interessante la direttrice che dal cornigliese e dalla Maestà di Graiana arriva a Fugazzolo e da qui attraversa la Baganza per scendere verso i bacini di Manubiola e Grontone. In ricognizione sono stati individuati alcuni assi viari antichi di origine quantomeno medievale ed abbandonati a partire dal XIX secolo: a Lozzola, Pellerzo e Corchia (tratti relativi ad un asse viario che portava dalla Val Taro attraverso la Val Manubiola fino al Passo della Cisa), ed infine a Roccaprebalza dove, alle spalle del picco ofiolitico, è ben visibile il Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 70 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. percorso dell’antica strada che poi attraversava il Rio di Roccaprebalza per andare verso Pagazzano e da qui a Pietramogolana. N° SCHEDA LOCALIZZAZ. DEFINIZ. EPOCA INDIVIDUAZ. AFFIDA BILITA’ 1-01 Pietramogolana Castello VII sec. Alto Medioevo Noto, fonti Alta archivistiche 1-02 Pietramogolana Nucleo medievale 5-02 Villa del castello Lozzola 5-03 Villa del castello Lozzola VII secolo Medioevo Medioevo Nucleo medievale XII Sec. Linea di caduta con Basso materiali di XV - Medioevo- Post XVI secolo Medioevo Linea di caduta con materiali preistorici 5-04 Costa della Guardia strada Strada medievale 5-05 Lozzola Nucleo medievale 5-06 Bussetolo Nucleo medievale 6-01 Castellonchio Castello Medioevo 6-02 Castellonchio Nucleo medievale Medioevo XII secolo 6-03 Case Alvara Pagazzano 6-04 Pagazzano Complesso religioso XV-XV secolo medievale Medioevo Nucleo medievale XII secolo Noto, fonti archivistiche Noto, fonti archivistiche Survey Olari Malaraggia 2012 Survey Olari Malaraggia 2012 Survey Olari Malaraggia 2012 Noto, fonti archivistiche Noto, fonti archivistiche Survey Olari Malaraggia 2012 Noto, fonti archivistiche Già conosciuto, analisi muraria Noto, fonti archivistiche Edificio di culto Post medievale Esistente Alta Tomba con corredo Cava di selce Accampamento stagionale Accampamento stagionale Età del Ferro Paleolitico Edita Edita, Ghiretti Edito, Bernabà Brea Edito, Bernabà Brea Esistente, Fonti archivistiche Alta Alta 5-01 Casacca 7-01 7-02 San Rocco Pagazzano Sepoltura, Casino La Riva 7-03 Monte Scarabello 7-04 Le Pietre 7-05 Piovolo Casasalvatica 6-05 basolata Edificio religioso Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Medioevo Medioevo XII secolo Alto Medioevo IX secolo Mesolitico Mesolitico Medioevo XIII secolo Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it Buona Buona Buona Media Buona Buona Buona Buona Alta Alta Alta Alta Alta Alta 71 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. 7-06 7-07 7-08 8-01 8-02 9-01 9-02 Santa Maria Maddalena de Pazzi Gavazzolo Casino Pallavicino Casaselvatica San Bernardo Selci San Bernardo Oratorio Costa della Guardia Castello di Roccapreblza Complesso religioso Basso Medioevo medievale Esistente, Fonti archivistiche Alta Palazzo XVI secolo Esistente Alta Nucleo medievale Medioevo XII secolo Noto, fonti Buona archivistiche Frequentazione Preistoria Edito, Ghiretti Edificio religioso XVII secolo Punto osservazione di Medioevo Castello XI secolo Noto, fonti archivistiche Survey Olari Malaraggia 2012 Noto, fonti archivistiche Noto, fonti archivistiche Buona Alta Media Alta 9-03 Pellerzo Nucleo medievale X secolo 9-04 Chiesa Roccaprebalza Edificio religioso XII secolo Survey Olari Malaraggia 2012 Alta 9-05 Linea di caduta Roccaprebalza X-XV secolo Survey Olari Malaraggia 2012 Alta 9-06 Linea di caduta Roccaprebalza Preistoria Survey Olari Malaraggia 2012 Media Ceramica medievale in giacitura secondaria Diaspro scheggiato in giacitura secondaria Grande coppella su masso Insediamento medievale Roccaprebalza coppella San Rocco Corchia Bergotto Ca' La Edificio Fortificato Torre Vena d`oro di Sito minerario Cattaia San Rocco, Edificio religioso Pellerzo Preistoria, protostoria 9-12 Corchia Nucleo medievale X secolo 9-13 Bergotto Nucleo medievale X secolo 9-14 Valbona Nucleo medievale XII secolo Noto, fonti Buona archivistiche 9-15 Roccaprebalza Nucleo medievale VIII secolo Noto, fonti Alta archivistiche 9-07 9-08 9-09 9-10 9-11 Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Medioevo Medioevo XVI secolo XVIII secolo Survey Olari Malaraggia 2012 Survey Olari Malaraggia 2012 Survey Olari Malaraggia 2012 Fonti archivistiche Noto, fonti archivistiche Noto, fonti archivistiche Noto, fonti archivistiche Alta Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it Media Alta Alta Alta Alta Alta Alta 72 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. 10-01 Castellaro Roccaprebalza Sito fortificato Alto Medioevo Edito, Ghiretti Alta 10-02 Castello Berceto Castello VIII-XIX Noto, indagato archeologicament e, fonti antiche Alta Sito fortificato Alto Medioevo Survey Olari Malaraggia 2012 Alta Pozzo sacro Alto Medioevo Fonti archivistiche Buona 10-03 10-04 10-05 10-06 10-07 10-08 10-09 10-10 10-11 10-12 Castellaro Vendronara Pianelli Pozzo di San Moderanno Berceto Casa Torre Berceto Duomo Berceto Monete via divisione Julia Berceto SS Trinità Berceto Xenodochio di San Giovanni Berceto Xenodochio di San Niccolò da Tolentino Berceto, Torre Medievale presso Fortino Berceto, Fortino Napoleonico 10-13 Monete romane SC Berceto 10-14 Palizzate lignee Savani Berceto 10-15 Berceto Monete Romane Bocciofila 10-16 Gladio Romano Palazzo di origine Noto, fonti XIV secolo Alta medievale archivistiche VIII – XV Noto, fonti Edificio religioso Alta secolo archivistiche Monete d’argento - Segnalazione orale Ospitale XIII secolo Noto, fonti Alta archivistiche Xenodochio XIV secolo Fonti archivistiche Media Xenodochio XV secolo Fonti archivistiche Bassa Torre d’avvistamento XV secolo Survey Olari Malaraggia 2012 Buona Forte semicircolare XIX secolo Noto, fonti Alta archivistiche Epoca romana Segnalazione orale Bassa Epoca romana? Segnalazione orale Bassa III secolo d.C Edito, Bertozzi Media Epoca romana Museo del Duomo di Berceto Media Numero indefinito di monete con SC "senatus consultum " Palificazioni lignee individuate durante la costruzione di un edificio 3 monete di III secolo d.C individuate durante la costruzione di un edifico Gladio rinvenuto all’esterno della Porta dei Canòni Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it Bassa 73 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. 10-17 10-18 San Genesio Berceto Vezzara Medioevo 10-19 Vezzara Preistoria 10-20 Mura Orientali 10-21 Mura meridionali e porta 10-22 Mura occidentali e porte 10-23 10-24 Edificio religioso XV secolo Ceramica in aratura X- XVII secolo Selce scheggiata Preistoria Mura di San Giovanni, porta dei Medioevo Canòni Torre circolare, porta Medioevo di Co’ di Campo Porta di tramontana, porta del Pozzo di Medioevo San Moderanno Madonna della Edificio religioso Quercia Berceto Fugazzolo di Nucleo medievale sopra XVI secolo XII secolo 10-25 Fugazzolo di sotto Nucleo medievale XII secolo 10-26 Ponte Fugazzolo Ponte a d’asino XVI secolo 13-01 13-02 13-03 Hospitale di San Donnino Xenodochio Roncaglia Hospitale di Santa Maria della Cisa schiena Ospitale XIV secolo Xenodochio XIV secolo Ospitale IX secolo Noto, fonti Alta archivistiche Survey Olari Media Malaraggia 2012 Survey Olari Bassa Malaraggia 2012 Noto, fonti Alta archivistiche Noto, fonti Alta archivistiche Noto, fonti Alta archivistiche Noto, archivistiche Noto, archivistiche Noto, archivistiche Noto, archivistiche Fonti archivistiche Fonti archivistiche Fonti archivistiche fonti fonti fonti fonti Alta Buona Buona Alta Bassa Buona Buona 13-04 Area archeologica di epoca romana del Valoria Fornace romana, area Epoca romana sacra, strada In corso di scavo, Alta Ghiretti 13-05 Selci Valoria Nucleo di selce Preistoria Edito, Ghiretti Buona 14-01 Focolare Ghiretti Frammenti ceramici Età del Ferro Edito, Ghiretti Media 14-02 Monte cavallo Selci scheggiate Preistoria 14-03 Case Fioritola Frammenti ceramici Età del Bronzo 14-04 Felegara Sito fortificato Medioevo 14-05 Rombecco Edificio fortificato Medioevo Ligure Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Survey Olari Malaraggia 2012 Edito, Ghiretti Segnalazione orale Survey Olari Malaraggia2012 Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it Media Alta Bassa Bassa 74 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. 11. INDIVIDUAZIONE DELLE AREE DI RISCHIO ARCHEOLOGICO. Una "Carta del Potenziale Archeologico" del Comune di Berceto deve costituire uno strumento fondamentale non solo per la conoscenza e la tutela del patrimonio archeologico sepolto, ma soprattutto per la pianificazione urbanistica e territoriale. La valutazione del potenziale archeologico è da considerarsi un elemento imprescindibile per orientare le politiche di governo del territorio. La Soprintendenza ai Beni Archeologici dell’Emilia Romagna ha il compito di tutela e valorizzazione del patrimonio archeologico di Berceto, fornendo indicazioni sull’approccio da tenere in ambito preventivo o in corso d’opera durante eventuali lavori. Inoltre, spetta proprio alla Soprintendenza approvare gli elaborati progettuali prima della consegna definitiva. Nella cartografia relativa alla presente relazione sono state distinte delle aree di rischio, lasciando però alla Soprintendenza stessa la competenza di definirne il grado, l’importanza e il tipo di approccio utile. Le macroaree definite sono: Aree a rischio accertato, ovvero le aree dove sono stati individuati con precisione siti archeologici noti o di nuova acquisizione, emergenze, segnalazioni, tutti raccolti nelle schede allegate alla relazione. Aree a rischio diffuso, ovvero le zone limitrofe alle aree sopra descritte o all’interno di contesti tali per cui è molto probabile la presenza di evidenze archeologiche. Il resto del territorio comunale presenta anch’esso interessanti testimonianze di carattere storico e documentale ed il fatto che non sia compreso nelle aree a rischio non significa assolutamente che non vi siano possibili siti archeologici. L’indagine fin qui condotta è stata realizzata sulla base dei dati editi e di quelli recuperati nell’ultimo anno di ricognizioni di superficie, quindi in futuro si dovrà porre particolare attenzione nelle zone dove compaiono dei vuoti, che potrebbero essere dovuti ai dati parziali ed in continua evoluzione tipici delle carte archeologiche. Se per indicare il rischio e/o la potenzialità archeologica delle aree a rischio accertato sono sufficienti le schede e la relazione presente, per le altre aree definite a rischio diffuso è opportuno fare qualche precisazione. Sono stati compresi in quest’area i seguenti contesti: Area di crinale sullo spartiacque tra Toscana ed Emilia, ovvero il confine sud del Comune di Berceto. Su questa fascia sono numerose le aree archeologiche note, numerose le Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 75 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. attestazioni in antico non ancora individuate archeologicamente e grande è il rischio se si pensa che sono in programma la costruzione di parchi eolici come quello Cisa-Cirone e l’adeguamento di altre grandi opere come gasdotti, elettrodotti, strade. Area di crinale tra Parma e Baganza e confine con il Comune di Corniglio ad Ovest. E’ una zona già di grande interesse per i ritrovamenti e i problemi sorti in passato (danni causati al patrimonio archeologico e vertenze legali legate al Metanodotto Algerino). L’area è anche interessata da percorrenze transvallive tra Val Parma e Val Baganza, dall’alta Val Bagnza verso i valici del Groppo del Vescovo, verso la via Francigena nel tratto compreso tra Felegara e Valoria. Via Francigena. Tutto il percorso della via più importante del medioevo italiano presenta zone di estremo interesse dal punto di vista archeologico, con una densità che comprova la grande attenzione che va riposta nella tutela di questo grande asse viario. Inoltre le fasce limitrofe possono comprendere spesso ospitali, fortificazioni, ricetti difensivi o nuclei di origine medievale. Area di crinale tra Manubiola e Grontone comprendente San Genesio (nucleo con edificio religioso di origine medievale), la località Torre, il Monte Castellaro (fortilizio altomedievale) ed infine il paese di Roccaprebalza. Costa tra Corchia e il Passo della Cisa, ovvero un’area interessata da una percorrenza sicuramente medievale e posta tra il borgo minerario di Corchia e Valbona. Su questo crinale sorge probabilmente il castello citato nelle fonti e di cui rimane traccia nella toponomastica. La strada basolata identificata da survey è da considerarsi un’alternativa alla via Francigena canonica. Inoltre, sullo stesso crinale sono stati segnalati altri siti medievali e postmedievali. Area che comprende i nuclei di Lozzola, Villa del Castello, Costa Bandita, Costa della Guardia e Pellerzo. L’importanza di questa zona è data sia dalle segnalazioni sia dalle percorrenze che dal Taro portano verso Bergotto – Corchia e quindi verso i valichi appenninici. Pietramogolana, Pagazzano e zone limitrofe, poste su una direttrice che da Pietramogolana portava fino a Roccaprebalza. L’area di Casaselvatica. Area attorno al Casino cinquecentesco della Famiglia Pallavicino. In questa fascia è stata trovata la nota “tomba di Casaselvatica”. La presenza, inoltre, dell’ex chiesa di Santa Maria Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 76 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. Maddalena de Pazzi a Gavazzolo e di un tratto dei Salti del Diavolo testimoniano un grande interesse dal punto di vista archeologico e sacrale della zona. I due nuclei di origine medievale di Fugazzolo e il ponte rinascimentale posto su una strada che da Corniglio portava a Berceto attraversando il crinale e scendendo in Val Baganza. Acmé Società Cooperativa. Società Cooperativa Acmé Sede legale: Via Solferino 68 – 26900 Lodi [email protected] Partita IVA: 06525040967 www.acme-cooperativa.it 77 Piano strutturale comunale. Carta del rischio archeologico. BIBLIOGRAFIA 1. ADORNI F., GUELFI F., La miniera di Fe e Cu di Corchia, Berceto (Appennino parmense), in “Riv. Miner. Ital.”, n. 3, 1997. 2. AFFO’ I., Storia di Parma, Parma 1795. 3. ALLODI G. M., Serie cronologica dei Vescovi di Parma, Vol. I, Parma 1856. 4. Archivio si Stato di Parma, Archivio Sanvitale. 5. Archivio di Stato di Parma, Carte del soppresso Convento delle Grazie di Berceto. 6. 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BOTTAZZI G., Viabilità medievale nella collina e montagna parmense tra i torrenti Parma ed Enza, in “Il territorio parmense da Carlo Magno ai canossa. Atti e Memorie del Convegno (Neviano degli Arduini, 17 settembre 1995)”, Modena 1997, pp. 153-206. 25. BOTTAZZI G., Numerosi i ritrovamenti di reperti che fanno riferimento ai culti di «passo». Nuovi scenari e nuovi interrogativi. Le ricerche confermano il percorso alto. Solo ulteriori indagini potranno spiegare le problematiche legate all'utilizzo del non lontano valico della Cisa, Gazzetta di Parma, 3 agosto 2012, p. 19. 26. CAMPI B., Memorie storiche di Pontremoli, Pontremoli 1975. 27. CAPACCHI G., Castelli della montagna parmigiana, Parma 1976. 28. CALZOLARI M., BOTTAZZI G. a cura di, L’Emilia in età romana. Ricerche di topografia antica, Modena 1987. 29. CATARSI M., DALL’AGLIO P.L., Il territorio piacentino dall’eta del Bronzo alla romanizzazione. 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