Discutiamo sull`origine della parola "slavo"

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Discutiamo sull`origine della parola "slavo"
Discutiamo sull'origine della parola "slavo"
Scritto da Aldo C. Marturano
Mercoledì 27 Aprile 2005 10:36 - Ultimo aggiornamento Mercoledì 11 Febbraio 2009 12:16
di Aldo C. Marturano
In arabo gli Slavi intorno al X-XI sec. si chiamano Saqalibi sing. e Saqaliba(t) plur.
La s enfatica iniziale (‫ )ﺹ‬invece di s la e semplice (‫ )ﺱ‬q enfatica (‫ )ڧ‬invece di kforma la più ,(‫)ﻙ‬
quadrilittera (per il lettore che non conosce l’arabo forse sarebbe meglio qui dire
quadriconsononantica)
, denunciano con grande probabilità che la parola è stata mutuata da un’altra lingua diversa
dall’araba.
Gli arabi compravano schiavi dai mercanti ebrei (i famosi rahdaniti), persiani, etc. (ma non dai
greci) i quali si approvvigionavano presso gli Slavi orientali del nord (odierna Bielorussia
perlopiù) e quindi la Terra di questi Slavi fornitori divenne nota per gli Arabi come
Bilad as-Saqalibat
ossia Paese “degli schiavi”.
In questa espressione è difficile individuare un significato etnico poiché saqalibi non l’aveva, né
indicava una persona proveniente da un luogo particolare, ma era solo di “marchio di fabbrica”,
di “tipo di merce”, come noi oggi diremmo che una borsa di pelle di un qualsiasi design italiano
è “italiana”. Tanto è vero che al-Idrisi il grande geografo arabo-siciliano (XII sec.) nelle sue carte
indica il paese di
as-Saqaliba
ma senza porre confini riconoscibili.
I viaggiatori arabi del X e XI sec. riconoscono invece l’esistenza di una città (Novgorod, non
ancora con tale nome!) come
Madinat as-Salauiya
o
al-Islabija
, e, senza averla mai visitata, indicandola come
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Città degli Slaveni,
ma non degli schiavi, ossia
Madinat as-Saqalabiya
!
E’ probabile che la lingua dalla quale gli arabi mutuarono la parola sia quella greca che
chiamava gli Slavi con il nome generale di Sklavinoì (σκλαβινοί) perché in greco non è
ammessa la forma
Slavinoì
(v.
Dizionario Etimologico della Lingua Araba Classica
di P. K. Zhuzé, Kazan’ 1903). Questa stessa parola infatti era stata mutuata già dai Veneziani,
allora colonia bizantina, che chiamavano gli Slavi del dalmatico fiume Neretva
Schiavoni
(
Sclavoni
) ed avevano uno scalo del loro porto giusto riservata per loro (
Riva degli Schiavoni
).
La parola sklavinoì è facilmente analizzabile come la riproduzione secondo la parlata greca di
una parola tipo Slavine, Slovene, Slavene etc. che indicasse gli Slavi del Centro Europa che
migravano verso il sud in Macedonia e nel Peloponneso.
In questa parola si può distinguere Slav-/Šlav- da una parte e dall’altra la desinenza slava –an
(in) usata negli etnonimi (
Rim-Roma
dà in russo Romano:
Rimljan-in
, ad esempio), ma meno facile è spiegare l’adattamento latino che dice
Sclavones
e non
Sclavinae
.
Il problema primario però è definire che cosa significhi Šlav/Slav.
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Secondo Max Vasmer (Dizionario Etimologico della Lingua Russa) la parola non ha niente a
che vedere con slavà (gloria e sim.) e forse neanche con slovo (parola etc.), così da
contrapporre allo straniero che è chiamato nelle lingue slave “l’incomprensibile” o
nemet/nemez
, perché in tal caso non si spiegherebbe perché gli etnonimi come gli Slovacchi (Slovaki),
Sloveni (Sloveni) e Slaveni (Slavjene) risultino poi così sparsi “a macchia di leopardo” sull’area
slavo-parlante. D'altronde ammettere che gli Slavi (Slavjane, Slavane e sim.) chiamassero sé
stessi in questo modo non giustifica gli altri numerosi nomi delle tribù slave del VII-IX sec.
B.A. Rybakov propone l’etimo s’lo + vene ossia s’lo come selò (villaggio agricolo) e vene,
come forma orientale (senza i suoni nasali) di Vendi e quindi Slovene significherebbe i Vendi
Agricoltori. L’ipotesi è affascinante, ma poco credibile.
Ritorniamo allora agli arabi.
L’etimologia di Saqalibi con riferimento ad una parola araba che indichi degli Uomini con la
Barba
e che
perciò potrebbe essere un’analogia con l’etnonimo germanico (
Lango
)
barden
, ossia Longobardi: “dalle lunghe barbe”, non è neppure accettabile per quanto detto sopra
proprio perché i mercanti non compravano
Saqalibat
barbuti, ma bambini e giovani appena puberi, appunto imberbi, o donne giovani (v. monografie
di I. Ja. Frojanov e spec. il suo Schiavitù e Soggezione –
Rabstvo i Dannicestvo
). Inoltre a che serviva informare il compratore che i popoli che vendevano questi ragazzi erano
degli uomini con la barba, quando tutti sapevano che i Saqalibat erano razziati solo dai pirati
Rus e intermediati dai Rahdaniti ebrei (questi ultimi fornivano persino la possibilità di
trasformare i maschietti in eunuchi per elevarne il prezzo)? Allora Sklavinos che cosa voleva dire per i greci? Secondo un’ipotesi (Sciakhmatov, fra gli
altri) la parola originale è
Sklavinìa e Sklavinìa è un derivato di una radice
dove ci si riferiva ad un’organizzazione socio-politica di alcune società slave del Centro Europa.
Infatti sappiamo che i greci si meravigliavano nel vedere che gli Slavi, ai quali furono cedute
terre per ripopolare le zone dell’Impero, si governassero attraverso assemblee aperte a tutti i
membri del villaggio e che ogni villaggio decideva per sé come unità socioeconomica separata
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benché poi facesse parte di una lega che aveva un pantheon e luoghi in comune per difesa e
per nascondiglio. Ammirarono, e dovettero anche subire, la trasformazione dei latifondi quando
gli Slavi nell’Impero frammentarono i fondi e li divisero fra le famiglie dei villaggi che, in numero
limitato, facevano sempre capo ad un solo patriarca o capoclan (
starez
o
ciur
). Era forse questa la
Sklavinia
?
A questo punto bisogna pensare ad una parola di partenza che suonasse più o meno come Slo
venja
o
Slavenja
e allora ci si potrebbe riallacciare all’ipotesi di B. A. Rybakov, sempreché la sequenza
etimologica sia provata dai documenti scritti.
La presenza dell’affisso -SLAV nei nomi slavi di solito è da riferirsi a SLOVO e quindi significa
“che parla” più che a
slavà
, gloria.
Vladislav
quindi sarebbe “colui che sa parlare”,
Svjatoslav
“colui che parla chiaramente”, Bratislav o Brjacislav “colui che parla compito”,
Miroslav
“colui che parla calmo”,
Sudislav
“colui che parla con giudizio”. Queste interpretazioni sarebbero abbastanza normali come nomi
di persona in quanto comuni anche nel latino o nel greco o nel germanico. Ad esempio il greco
Eulogios
può corrispondere a
Bratislav
o
Miroslav
al latino
Pacificus
o al germanico
Friedrich
etc.
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Se così fosse, allora si avvalorerebbe di più l’ipotesi che Slav- corrisponda a “colui che si
capisce” opposto a
Nemet “colui
che non si capisce”, ma allora come mai i Magiari, immigrati in una Pannonia slava (i resti di
questa regione rimangono oggi come “
Slovacchia
”), non avevano un nome generale per gli Slavi che conquistarono e, addirittura, presero il nome
Német per i Germani confinanti e
Olasz
per coloro che usavano parlate latine (ossia
Valacco
, comprendendo in questi ancor oggi anche gli Italiani) dalla lingua slava, mentre la parola che
indica gli Slavi,
Szláv
, fu mutuata successivamente dal germanico?
E il germanico da chi l’ha ricevuta e come mai l’ha passata al greco o viceversa?
2005
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