Dal “Joshua”

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Dal “Joshua”
Meteo_Sett_2011
11-07-2011
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METEO I FENOMENI PREMONITORI AIUTANO A CAPIRE IL TEMPO CHE FA
venti
Idominanti
sulla costa
settentrionale
dell’isola
dei nuraghi
RIDOSSI IN NORD SARDEGNA
di GIAN CARLO RUGGERI
Da Porto Torres al Golfo degli Aranci il versante rivolto a
Nord del litorale sardo, ha un profilo molto variegato che
alterna zone sabbiose e riparate a tratti rocciosi alti e frastagliati dove possono incanalarsi i venti di caduta; a La
Maddalena è il Ponente che causa maggiori problemi.
N
G OLFO DELL’A SINARA ,
nella parte settentrionale costiera della Sardegna, si possono
trovare dei buoni ancoraggi ridossati in presenza dei venti provenienti dal II, III e IV quadrante. In questa zona è scarsa la circolazione dell’aria dal I quadrante, essendo predominante quella
dal IV quadrante, spesso a carattere di burrasca.
I venti dal I quadrante, poco
frequenti, se presenti causano
mare 5-6. Un segno premonitore del loro instaurarsi è un’ottima visibilità della costa sarda:
questo vale anche per le circolazioni dal II quadrante. Il regiEL
me delle correnti è in funzione
dei venti.
A Porto Torres, scalo di collegamento per Sassari e distante
circa 19 chilometri, sono frequenti i venti dal I e dal IV quadrante, che rendono molto diffi-
Fra Capo d’Orso e Capo Tre Monti, c’è
la rada di Arzachena, dai bassi fondali.
cile, spesso impossibile, l’ancoraggio; in questa circostanza il
ridosso più vicino e conveniente è costituito dall’isola dell’Asinara.
In particolare, i venti provenienti dal IV quadrante risultano
spesso violenti e provocano una
forte risacca nel porto. Lo stesso si può dire per quelli dal I
quadrante, meno frequenti, ma
che causano mare 5-6.
Sensibile è la variazione del livello di marea sizigiale (maree
che si verificano in occasione
del plenilunio o del novilunio,
quando la Terra, la Luna e il Sole risultano allineati, sommanBOLINA Settembre 2011 41
Cielo_Sett_2011
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IL CIELO UNO STRUMENTO DI NAVIGAZIONE IN USO FINO AL XVII SECOLO
erivato
D
da quello
sofisticato
impiegato
in astronomia
serviva
a misurare
la latitudine
e conoscere
l’ora locale
L’ASTROLABIO NAUTICO
di AUGUSTO GUIDOBALDI
Semplice nella struttura ma dalla laboriosa consultazione, questo strumento, utilizzato soprattutto dalle
marinerie spagnole e portoghesi fino al 1600, ha soppiantato l’elementare quadrante per poi lasciare il
passo alla balestriglia, all’ottante e infine al sestante.
N
1587 IN M ESSICO FU
stampato il trattato Instruccion nautica para navegar (Istruzioni nautiche per navigare) scritto da Diego Garcia
de Palacio (1530 circa - 1595),
dove fra l’altro questo ingegnere navale ed esploratore
spagnolo spiega l’uso corretto
che si deve fare dell’astrolabio
nautico.
Questo strumento non va confuso con l’astrolabio utilizzato
dagli astronomi, la cui invenzione è attribuita addirittura a
Ipparco di Nicea (II secolo
a.C.), e che fu perfezionato nel
mondo islamico divenendo un
EL
raffinato strumento per i calcoli astronomici.
Anche se ne conservava la
forma e le dimensioni, l’astro-
labio nautico era molto più
semplice e studiato per misurare, da bordo delle navi, l’ora locale e la distanza zenitale, cioè
CON L’EQUINOZIO DEL 23 INIZIA L’AUTUNNO
E
quatore celeste ed eclittica s’intersecano due volte l’anno dando
luogo agli equinozi, in cui la durata del giorno è uguale a quella
della notte, e il 23 di questo mese si verifica quello d’autunno. Mercurio sorge alle 04,56-07,00 (gli orari, riferiti al meridiano centrale del
nostro fuso orario sono quelli estivi di inizio-fine mese) e resta visibile fino a metà mese poi, come Venere mai visibile, è offuscato dal Sole, che sorge alle 06,25-06,55 e tramonta alle 19,35-18,44. Saturno tramonta alle 21,06-19,20 e si può vedere per breve tempo dopo la calata del Sole. Fino all’alba restano visibili Nettuno dalle 19,06-17,10; Urano dalle 20,26-18,30; Giove dalle 21,57-20,00; Marte dalle 02,1001,44. La Luna è piena il 12 e nuova 27, è all’apogeo il 15 e al perigeo il 28. Si perde un’ora e 21minuti di luce diurna.
A.G.
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Giorgi_Sett_2011
12-07-2011
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Cimeli
A
llontanato
dall’Austria
per i suoi testi
audaci e inseguito
dai molti creditori
il librettista veneto
Lorenzo Da Ponte
agli inizi del 1800
si imbarcò
per l’America
Partito da Gravesend (Inghilterra), Lorenzo Da Ponte insieme ad altri emigranti arrivò negli
Stati Uniti dopo una difficile traversata di 57 giorni in Atlantico a bordo della nave Columbia.
DA PONTE, UN POETA IN FUGA
di PAOLO GIORGI
L
A NOTTE TRA IL 6 E IL 7 APRI-
le del 1805, un calessino di
posta vola sulle sue fragili ruote
alla volta di Gravesend, porto
commerciale sulla riva meridionale dell’estuario del Tamigi,
Inghilterra.
Alta, albeggiando, comincia a
delinearsi la sagoma della vecchia cattedrale dove è sepolta la
principessa pellerossa Pocahontas dal 1617; due percorsi inversi: la giovane indiana venne dal
paese dove il nostro passeggero,
per ora in calesse, Lorenzo Da
Ponte, vuole recarsi. Deve passare il mare, un mare sconfinato
per un nativo di Ceneda, non
lontana da Venezia, cinquantasei
anni, poeta cesareo alla corte di
Vienna dove è stato anche il librettista di tre delle opere “italiane” di quel Wolfgang Amadeus
Mozart, morto troppo presto tanto che le loro imprese sono or-
mai nel dimenticatoio. I bei momenti austriaci finirono con il
compositore in disgrazia e il suo
librettista inviso per temi troppo
audaci, cacciato da quella corte e
ormai in fuga anche da Londra,
dove si era trasferito con poca
fortuna. Un ufficiale della corte
ha bussato in piena notte alla sua
Tra i libretti più celebri di Lorenzo Da
Ponte (1749-1838) ci sono Le nozze di
Figaro e il Don Giovanni del compositore austriaco Wolfgang Amadeus Mozart.
porta con undici mandati d’arresto emessi per conto dei suoi
creditori, ma è di buon cuore se
gli dà il tempo di fuggire.
E lui non si fa pregare: nella
prima bottega utile per avere notizie su un imbarco per l’America, un marinaio sta affiggendo
un cartello dove si annuncia la
partenza di lì a poco per Philadelphia, di un vascello e poco
tempo rimane per munirsi di un
passaporto presso l’Alien’s Office e filare incontro al proprio
destino, a un nuovo paese, di cui
se non altro, il nostro, padroneggia la lingua.
Sul molo di Gravesend, pronto
a riscuotere in anticipo il prezzo
della traversata, sta il medesimo
marinaio che a Londra pubblicizzava la traversata, Abishai Hayden, capitano della Columbia,
nave modestissima e, pare, inadatta a uno scopo tanto impegnaBOLINA Settembre 2011 45
Barche_Sett_2011
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Charter
D
al “Joshua”
di Moitessier
allo “Star e Stripes”
dell’America’s Cup
per chi vuole
navigare
su scafi blasonati
le occasioni
non mancano
I multiscafi delle classe Orma sono autentiche Formula Uno del mare, l’ex Sopra Group
(21 m) ora Emotion si può noleggiare in Francia per uscite giornaliere o periodi più lunghi.
USCITE SU BARCHE DA CULTO
di FABRIZIO COCCIA
P
LANARE A BORDO DI UN TRI-
marano oceanico, regolare
la mezzana di un J Class degli
Anni ‘20, governare un monotipo di Coppa America o navigare sulle barche più famose
dei pionieri della vela moderna
sono desideri nel cuore di molti velisti.
Esperienze particolari, da provare magari “una sola volta nella vita” o per completare il proprio curriculum di navigatore,
che spesso è possibile realizzare
senza spingersi molto lontano
dalla nostra Penisola.
Si moltiplicano sempre di più,
infatti, le occasioni per salire a
bordo di scafi “cult”: i protagonisti dei circuiti internazionali, i
dominatori delle competizioni
oceaniche, o quelli che hanno
contribuito a scrivere la storia
del diporto. A metterli a disposizione, anche per brevi imbarchi,
sono associazioni sportive, armatori privati, o società di charter. Ma spesso anche fondazioni, musei od organizzazioni senza fini di lucro che adoperano
queste barche blasonate con finalità promozionali o di adde-
A bordo di una barca d’epoca si possono rivivere tradizioni d’altri tempi.
stramento professionale. Una
panoramica su queste signore
del mare dal fascinoso pedigree
non può che iniziare dal Joshua
(16 m), il ketch del navigatore
francese Bernard Moitessier, un
autentico simbolo per generazioni di velisti.
Stare al timone di questo infaticabile scafo rosso, costruito
nel 1962 dal cantiere francese
Meta e protagonista di tante avventure negli oceani del mondo
si può.
La barca infatti è gestita dall’Associazione degli Amici del
Museo Marittimo di La Rochelle <www.aammlr.com>, in
Francia, che organizza uscite
giornaliere o crociere da due a
otto giorni alle quali si può
prendere parte iscrivendosi all’associazione.
Rimanendo in acque francesi,
si può anche scegliere di salpare
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Gestione Rifiuti_Sett_2011
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Ambiente
S
uggerimenti
norme
e soluzioni
alternative
per abbattere
ulteriormente
l’impatto
ambientale
di chi naviga
a vela
Piatti, bicchieri e posate usa e getta dispersi nell’ambiente possono durare anche 1.000 anni. Meglio utilizzare “plastiche” alternative derivate dal mais e totalmente biodegradabili.
PER MARE SENZA RIFIUTI
S
OSPINTA DALLA FORZA DEL VENTO LA BARCA A VEla è senza dubbio un mezzo di trasporto ecocompatibile. Ma anche su un’imbarcazione di medie dimensioni ci sono elementi potenzialmente
nocivi all’ambiente, a cominciare dai motori ausiliari, entrobordo o fuoribordo che, oltre a rilasciare idrocarburi, possono essere all’origine di sversamenti accidentali di carburante e oli estremamente dannosi all’ecosistema. Basti pensare che
un litro di lubrificante per il motore disperso in
mare può espandersi in acqua fino a coprire una
superficie di due chilometri quadrati!
Oltre a questo ci sono gli scarichi delle acque
nere, le batterie esauste, i segnali pirotecnici e i
medicinali scaduti, nonché i contenitori di vetro,
latta e plastica ormai onnipresenti nelle confezioni dei
prodotti imbarcati quando si
fa cambusa.
È indicativo a tal proposito
il dato diffuso dall’ultima edizione di Mare Monstrum,
documento stilato da Legambiente, a fotografare lo stato
di inquinamento in Mediterraneo: tra i rifiuti rinvenuti in
mare quelli di plastica rag-
giungono fino all’80 per cento, per un quantitativo stimato in circa 500 tonnellate. E non si tratta
di scarti industriali, ma principalmente di sacchetti di plastica che per distrazione o per scellerata leggerezza sono stati gettati in mare a danno
di 49 specie di mammiferi marini e tartarughe
che ingerendoli rischiano l’estinzione.
È chiaro che ci sono forme di inquinamento
peggiori, come le cosiddette navi dei veleni
affondate con i loro carichi di materiali tossici,
gli scarichi fognari non depurati, le trivellazioni
sottomarine di petrolio, le petroliere da rottamare ancora in circolazione, la pesca illegale, l’inquinamento industriale, l’erosione costiera, il
carbone delle centrali termoelettriche costiere, e
molto altro ancora. Ma i cambiamenti importanti cominciano sempre dalla coscienza
e dalle azioni del singolo e
chi sceglie la barca a vela lo
fa anche perché ama entrare
nell’ambiente marino in punta di piedi, nel rispetto delle
creature che lo abitano. A seguire le norme e alcuni consigli per rendere la crociera an❏
cora più “pulita”.
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Fuoribordo_Sett_2011
13-07-2011
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Motori
P
er molte barche
di piccole
dimensioni
la propulsione
meccanica
è assicurata
solo dal fuoribordo:
guida alla scelta
degli ultimi
modelli
Tra le caratteristiche che deve avere un fuoribordo adatto alle barche a vela c’è il peso contenuto, al fine di non compromettere l’assetto durante la navigazione a vela.
INDISPENSABILE AUSILIARIO
di ANGELO SINDONI
V
EDERLO SPORGERE SULLO
specchio di poppa, come un
oggetto fuori posto che interrompe il profilo dello scafo, occupa spazio e spesso intralcia le
manovre, è una sofferenza per
ogni velista.
Eppure il motore fuoribordo si
rivela un compagno prezioso
per le nostre veleggiate: è utile
quando lo si imbarca come propulsore del tender e indispensabile quando è l’unico motore a
bordo. Prima di acquistarlo è
bene dunque fare alcune valutazioni che ci consentano di scegliere quello più adatto alle nostre esigenze.
Nonostante il mercato dei fuoribordo abbia subito negli ultimi
anni una flessione delle vendite
la sua vitalità non è mai stata in
discussione, anzi le aziende produttrici continuano a investire
per realizzare prodotti che siano
più competitivi, in grado di soddisfare sia i parametri normativi
che le richieste dei consumatori.
La maggior parte dei motori
fuoribordo di potenza medio
bassa, tra gli 8 e i 15 hp, prodotti oggi sono a 4 tempi; una scelta che è andata a scapito dei 2
tempi, che di anno in anno vedono ridurre la loro diffusione.
In questa fascia di potenze una
delle più apprezzate è quella dei
9.9 hp con cilindrate comprese
tra i 200 e i 300 centimetri cubici, in grado di assicurare un’adeguata propulsione a cabinati a
vela dai 6 ai 10 metri.
A favorire questi modelli contribuisce anche il peso che in
media non supera i 50 chilo-
FUORIBORDO ELETTRICI: LEGGERI E SILENZIOSI
I
motori elettrici hanno visto un rapida evoluzione
che probabilmente li porterà a diventare la propulsione del futuro. I modelli propotti oggi hanno
caratteristiche e prezzi in grado di soddisfare diverse esigenze. Tra le ultime novità ci sono il Riptide
della statunitense Minn Kota (www.minnkotamotors.com) progettato per l’uso in mare, con un motore da 1.344 watt (mod. RT80) e un peso di 14 kg
è adatto per i tender. Prezzi a partire da 290 euro. La
tedesca Torqeedo propone invece la gamma più evoluta Cruiser, con
batterie a litio ed elevata autonomia adatta a essere utilizzata su piccoli
natanti, hanno motori fino a 4.000 watt con peso di 19 kg e prezzi a partire da 2.309 euro. Info: <www.commercialeselva.com>.
❏
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Patente_Sett_2011
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Documenti
G
uida al rinnovo
dell’abilitazione
per navigare
La convalida della patente
può essere eseguita
sia recandosi in capitaneria
sia per posta.
PATENTE, OCCHIO ALLA SCADENZA
L
A PATENTE NAUTICA FA PARTE
di quei documenti di “lunga
durata” di cui è facile scordare
la scadenza. Una dimenticanza
che può mettere a repentaglio lo
svolgimento di una crociera e
comportare salate multe.
È consigliabile quindi effettuare un controllo dell’abilitazione e se necessario provvedere al suo rinnovo senza aspettare l’ultimo mese e soprattutto
evitando se possibile il periodo
estivo, quando gli uffici marittimi sono oberati di lavoro e i
tempi di attesa si prolungano.
Ricordiamo che la patente
nautica ha dieci anni di validità,
che scendono a cinque per coloro che hanno compiuto i 60 anni al momento del rilascio o del
rinnovo.
Il documento può essere rinnovato (tecnicamente “convalidato”) sia prima che dopo la
scadenza rivolgendosi all’ufficio marittimo che lo ha rilasciato. Si tratta di una procedura
semplice che può essere eseguita da soli senza bisogno di rivolgersi ai (costosi) servizi delle
agenzie nautiche.
Tra l’altro l’intera pratica può
essere svolta sia recandosi di
persona presso l’ufficio marittimo di competenza, sia inviandogli la documentazione per posta. Nel primo caso si ha il vantaggio che la copia della domanda è restituita timbrata e sostituisce per una durata di trenta
giorni la patente nautica in corso di validità. Nel secondo caso,
invece, spedendo la documentazione per posta, si evitano spostamenti a volte anche lunghi,
ma occorre attendere che l’ufficio marittimo sbrighi la pratica e
invii il talloncino adesivo con
gli estremi della convalida da
applicare sull’abilitazione.
Per richiedere il rinnovo della
patente nautica il titolare deve
presentare una domanda all’ufficio marittimo utilizzando un facsimile (Modulo Unico Patenti
Nautiche) che si può scaricare
dal sito della Guarda Costiera
<www.guardiacostiera.it> al
link “Diporto”.
Il modulo ha funzioni anche di
dichiarazione sostitutiva del
certificato di residenza e deve
essere provvisto di marca da
bollo (da 14,62 euro).
Insieme alla domanda va allegato poi il Certificato Medico,
in bollo (14,62 euro), rilasciato
da un Ufficiale Sanitario (della
Asl, medico militare o altri) con
funzioni in materia medico legale.
Il certificato deve essere completo di foto tessera, scheda
anamnestica e recare gli estremi
della struttura pubblica presso la
quale sono stati effettuati gli accertamenti; ha una validità di sei
mesi.
Se la domanda di convalida è
inviata per posta e quindi l’ufficio marittimo deve spedire al
domicilio del richiedente il talloncino adesivo da applicare alla patente, è bene informarsi telefonicamente se è necessario
allegare anche un francobollo
per la lettera di risposta. Sembra
incredibile, ma in diverse Capitanerie, come quella di Roma, i
rinnovi delle abilitazioni si
bloccano perché non ci sono
fondi per affrancare la corrispondenza di ritorno.
Occorre anche verificare se la
patente da convalidare è stampata su un vecchio modello, di
quelli rilasciati prima del 1997
(il documento riporta la sigla
“MM61”).
In questo caso, infatti, insieme
alla convalida l’ufficio provvede anche la sostituzione del documento, ma occorrerà inviare
oltre alla domanda e al certificato medico in bollo, due foto formato tessera e la ricevuta del pagamento di 1,64 euro relativo al
costo dello stampato. La procedura dettagliata è disponibile
sul sito della Guardia Costiera.
È utile sapere, poi, che la legge impone all’autorità marittima un massimo di 30 giorni per
le pratiche di rinnovo. Quindi se
i tempi si allungano, gli uffici
sono tenuti a renderne conto all’utente.
Da tenere presente, infine, che
le sanzioni per chi naviga con la
patente scaduta sono piuttosto
pesanti e arrivano a 1.033 euro.
Se poi si tratta di patente revocata o non rinnovata per mancanza dei requisiti morali o fisici, la sanzione sale a oltre 8.000
euro e può comportare la sospensione della licenza di naviF.C.
gazione.
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Turchia_Sett_2011
14-07-2011
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Itinerari
I
l golfo
che si apre
a Sud Est
di Bodrum
si rivela
uno dei tratti
più affascinanti
per chi vuole
godersi una crociera
in Turchia
Il marina di Bodrum con i suoi 450 posti barca è porto di ingresso per la Turchia. Qui vengono forniti transit log e blue card, documenti indispensabili per proseguire la navigazione.
LE MERAVIGLIE DI GOKOVA
di STEFANO MOLÈ
S
ICURAMENTE LA TURCHIA NON
è un paese vicino. Partendo
dal centro Italia, costa adriatica,
bisogna percorrere almeno 850
miglia per arrivare a Bodrum.
Calcolando 5 nodi di media e 14
ore di navigazione al giorno
(volendo dormire tutte le notti),
sono 12 giorni di solo trasferimento. Nel testo che segue ci limitiamo a descrivere la Turchia
e segnatamente il Golfo di
Gokova, una delle zone più belle e più ventose.
A parte una tappa, eviteremo il
lato Nord di Gokova a causa del
Meltemi che se intenso può rendere la navigazione non adatta a
una serena crociera familiare.
In generale comunque è bene
considerare che in Turchia bisogna essere veri marinai. A meno
che non si entri in un marina attrezzato e lì si rimanga, non si
troveranno ormeggi semplici o
corpi morti. Spesso capiterà di
ormeggiare dando volta a un
masso o a un albero. Sarà pertanto bene imbarcare una catena abbastanza grande, a cui collegare
la cima d’ormeggio per le rocce
e 100 metri di cavo in più per assicurarsi a un albero (attenzione:
gli alberi non vanno danneggiati.
Si può essere multati).
Le tappe del nostro itinerario
sono: Bodrum, Kormen, Sogut
Per sostare in rada in Turchia è utile
disporre di un cavo da portare a terra.
Limani, Akyaka Iskele, Sedir,
Degirmen Buku, Yedi Adalari,
Cokertme e ritorno a Bodrum.
Cominciamo.
Bodrum
M I LTA K A R A D A M A R I N A
(37°01’52” N - 27°25’2” E).
Porto di ingresso per la Turchia
offre 450 posti barca con ormeggio con corpo morto su bricole.
Vhf 16, 73. In banchina sono disponibili acqua, luce e Wifi, a
terra servizi igienici, carburante,
sommozzatori, lavanderia, servizio postale, gru da 70 tonnellate,
bar e ristoranti, mini market, officine. Tel. +90252/3161860.
Info: <www.miltabodrum marina.com>.
In prossimità dell’ingresso del
porto bisogna issare sulla crocetta di dritta la bandiera di cortesia.
Sulla crocetta di sinistra bisogna
invece alzare la bandiera “Quebec” (richiesta di libera pratica).
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Auriemma_Sett_2011
8-07-2011
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Tecnica
Q
ENEA RIBOLDI
uando si lascia
la barca
a terra
per molti mesi
l’entrobordo
può riservare
brutte sorprese.
Aneddoti e consigli
su come rimetterlo
“in vita”
SE IL MOTORE NON PARTE
di CARLO AURIEMMA ed ELISABETTA EÖRDEGH
F
INALMENTE ANCHE QUEST’AN-
no è venuto il tempo di navigare. Finita la stagione dei cicloni possiamo riprendere possesso
della nostra barca, rimasta per
molti mesi nel marina di Vuda
Point, alle isole Fiji. Qui durante
la stagione pericolosa le barche si
portano in secca, con la chiglia
inserita in strette buche nel terreno e la “pancia” poggiata su vecchi pneumatici. In questo modo
in presenza del vento devastante
di un ciclone che può superare i
100 nodi, la barca non può essere
abbattuta, perché la chiglia si trova imprigionata nella stretta feritoia del terreno. Con questa piccola sicurezza si può rientrare a
Milano con il cuore più leggero.
Purtroppo la stagione dei cicloni coincide con quella delle piogge. Il clima è torrido e umidissimo e quando si rientra in barca e
la si apre dopo averla lasciata
chiusa per sei mesi, per prima cosa bisogna averla vinta sulla muffa che si è depositata più o meno
ovunque. Poi si deve iniziare la
convivenza con i battaglioni di
gechi che, in nostra assenza, hanno preso possesso del territorio.
Grazie a loro però in barca non ci
Il volume Partire (Editrice Incontri Nautici) fornisce preziosi suggerimenti pratici per le lunghe navigazioni d’altura.
sono scarafaggi, né formiche. Le
zanzare invece hanno colonizzato la sentina e il fondo della buca
dove poggia la chiglia.
Convivenze a parte, impieghiamo un paio di settimane per
essere pronti a tornare in acqua.
C’è da pulire la carena, dare
l’antivegetativa, dobbiamo sistemare il tambucio che lascia
filtrare l’acqua, c’è il pozzetto
da verniciare. Tutto questo facendo lo slalom con le giornate
di pioggia di una stagione umida che stenta ad andarsene.
Quando finalmente mettiamo la
barca in acqua, il motore non parte, ma lo avevamo previsto. È ancora il motore originario della
barca, un Volvo Penta di 37 cavalli che ormai ha 37 anni. L’anno scorso la nostra stagione in
barca è finita un po’in anticipo rispetto al solito e il motore è rimasto fermo per quasi otto mesi.
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Filippine_Sett_2011
14-07-2011
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Tropici
C
omplessa
ma suggestiva
navigazione
tra migliaia
di isole e lagune
quasi sconosciute
al turismo nautico
Sono molto poche le barche in vetroresina che navigano nelle Filippine, in genere sono
realizzate da un tronco svuotato, del compensato di legno e due bilanceri laterali.
FILIPPINE, TERRE SOLITARIE
di GIORGIO CLERICI e VIVIANA VITTORIA
A
K U D AT I L P E N U WA S A
Shipyard <[email protected]> è l’unico cantiere del
Borneo Malese a disporre di travel lift per alare le imbarcazioni.
Ritroviamo il nostro Tamata il
nostro Ovni 385 (12,70 m) dopo
tre mesi di abbandono a terra
per la stagione delle piogge, ancora in buono stato nonostante
l’umidità abbia lasciato la sua
firma sui tessuti e sui legni interni. Una settimana di lavoro e
siamo di nuovo in acqua. Sì, ma
dove andare?
La navigazione nella vicina
Indonesia è purtroppo estremamente complessa a causa di una
miope burocrazia che rende
onerosa e breve la permanenza.
Vengono concessi infatti solo
tre mesi di navigazione per un
paese grande come un continente. Il Mar della Cina ci tenta con
Hong Kong e tutta la costa del
Vietnam, ma termineremmo la
nostra corsa a Singapore da dove arriviamo. Un’alternativa sono le Filippine, con le oltre
7.000 isole e a solo 60 miglia da
noi.
Risalendo l’isola di Palawuan
verso Nord Est e attraversando
il gruppo centrale delle Visayas,
ci si può affacciare sull’oceano
Pacifico attraverso lo Stretto di
San Bernardino, tra l’isola di
Luzon e quella di Samar e da lì
tentare una qualche rotta verso
Est Sud-Est, le isole della Micronesia e quelle orientali della
Papua Nuova Guinea.
La fama meteorologica dell’arcipelago filippino non è accattivante, infatti è una delle poche aree al mondo dove non esiste stagione statisticamente sicura per la navigazione.
I tifoni la possono colpire con
violenza in ogni mese dell’anno
causando enormi devastazioni.
Ci sono poche pubblicazioni nautiche sulle Filippine e anche le carte elettroniche sono spesso imprecise, per navigarci occorre quindi grande prudenza.
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D'alì_Sett_2011
13-07-2011
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Nautica disegnata
UN “TRIO” DI 10 E 14 PIEDI
di GABRIELE D’ALÌ
Può essere utile disporre di una barca piccola, maneggevole, per divertirsi con brevi navigazioni in sicurezza, comodamente seduti con
tutti i comandi a portata di mano.
Nasce così l’idea di un
piccolo trimarano basato
su scafi di 10 piedi, leggeri, facili da montare e da
riporre, trasportabile sul
tetto di qualsiasi vettura,
montato può fungere da
pram, sia rimorchiato, sia
collocato sul trampolino
di prua di un multiscafo
più grande.
Utilizzando tre scafetti
di 10 piedi sono possibili
2 versioni di 10 e 14
piedi.
10 piedi - Rientra nell’omonima classe velica, grazie a
un sedile regolabile sullo
scafo centrale può essere
condotto da una persona con
limitate capacità motorie. Il
timone è comandato con
“briglie”, gli scafetti sono
uguali.
14 piedi - Scafo centrale con
murate rialzate, amas
asimmetrici sfalsati longitudinalmente.
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Rollaranda_Sett_2011
14-07-2011
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Attrezzature
P
anoramica
su un accessorio
che malgrado
lecite perplessità
sta prendendo
sempre più piede
a bordo
delle imbarcazioni
da diporto
L’avvolgitore verticale MR4/6 della Cruising Design si applica senza profilati esterni tra il
boma e la testa d’albero. Ne è invece provvisto il Compact F della Facnor (immagine in alto).
LO CHIAMAVANO ROLLARANDA
I
L ROLLARANDA, O AVVOLGIRANda che dir si voglia, è un accessorio ormai piuttosto diffuso tra
le imbarcazioni da crociera. Non
a caso lo si trova di frequente installato su barche adibite al charter. I vantaggi in effetti sono diversi: dalla possibilità di ammainare la randa anche con venti tesi
senza necessità di portarsi a piede d’albero, a quella di ridurre la
tela a piacimento senza essere
vincolati a una, due mani di terzaroli. Si aggiungano poi sul piatto
della bilancia le agevolazioni che
una manovra “automatizzata” di
questo tipo può portare nella gestione di grandi imbarcazioni e
nella navigazione in solitario o in
equipaggio ridotto.
Ma a fronte di tanti pro, altrettanti contro hanno alimentato in
molti diportisti una diffidenza di
cui anche oggi, dopo diversi anni di sperimentazione, si stenta a
liberarsi. Tra questi la convinzio-
ne che l’armo velico munito di
rollaranda pesa di più; che la vela per essere avvolgibile deve
avere un profilo piatto e meno allunato di quelle tradizionali a
scapito quindi delle prestazioni;
che è sempre in agguato il pericolo di incattivamenti nelle operazioni di apertura e chiusura
della randa. Tutte idee fondate a
ben guardare, ma i tempi cam-
Negli avvolgitori un rocchetto ruota su
una vite senza fine. Drizza e penna
sono collegati da un giunto girevole.
biano e in effetti qualche passo
avanti è stato fatto. A partire dai
materiali utilizzati che tra leghe
leggere, resine e carbonio, hanno
consentito di alleggerire notevolmente il carico delle appendici.
Anche in termini di prestazioni qualcosa si è guadagnato. Basti pensare che i primi avvolgitori non potevano armare vele
steccate. Oggi invece i più importanti velai hanno in catalogo
rande full-batten con stecche
poste in senso verticale e studiate appositamente per essere avvolte negli alberi.
Il risultato in termini di profilo
alare non è ancora identico a
quello di una vela inferita, per
questo chi cerca l’alta efficienza
preferisce farne a meno. Dall’altra parte però tra i crocieristi c’è
chi comincia a vedere in questi limiti un compromesso accettabile
in forza della sua comodità. Vediamo dunque brevemente che
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Cobau_Sett_2011
13-07-2011
11:16
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Leasing
U
n contratto
di locazione
finanziaria
può essere ceduto
a un terzo
solo con il consenso
della società
finanziaria
che l’ha stipulato
Il contratto di leasing nasconde molte clausole vessatorie per il locatario, è buona
norma, prima di firmarlo, prendere visione di tutte le note e le postille in esso contenute.
PERMUTE PERICOLOSE
di MARCO COBAU
C
HE LA PRATICA DI FINANZIA-
mento in locazione (meglio
nota come leasing) fosse un
marchingegno poco chiaro e soprattutto senza tutele per il malcapitato locatario, è ormai noto.
Di questo argomento si era già
parlato in alcuni articoli pubblicati negli anni scorsi su BOLINA.
Logica conclusione: dal leasing
nessuno può ricavarci qualcosa
di buono. Sbagliato!
C’è sempre chi può trarne vantaggi, specie se è astuto e disonesto, e ora vedremo come e soprattutto a spese di chi la volpe
di turno può ricavarne profitto.
Facciamo un passo indietro,
cioè all’epoca in cui il leasing
nautico non esisteva e le barche
si comperavano in contanti.
Il fortunato che acquistava la
barca, dopo averla pagata, ne
era il proprietario e ne poteva
disporre come voleva. Poteva
quindi rivenderla a un altro diportista oppure, se intendeva acquistarne un’altra nuova, poteva
darla in permuta al concessionario del cantiere che scontava una
certa somma dal prezzo d’acquisto della barca nuova. Facciamo un esempio.
La barca vecchia era valutata
dal concessionario 50 milioni di
Con il leasing nautico non si diventa
proprietari di una barca ma la si prende in locazione con diritto di riscatto.
lire mentre quella nuova da acquistare costava 120 milioni di
lire, la differenza effettivamente
da versare al concessionario per
l’acquisto della barca nuova era:
120 – 50 = 70 milioni di lire.
In più la barca vecchia veniva
consegnata fisicamente al dealer che se la intestava con regolare contratto (o con procura a
vendere) e che poi cercava di rivenderla.
Pratica abituale per i beni mobili: infatti questa è di solito la
procedura che si adotta tutt’oggi con le automobili. A complicare le cose (o meglio, a intorbidare le acque) intervenne il finanziamento tramite il leasing.
La procedura di acquisto, come descritta poc’anzi,venne
stravolta con l’intervento di una
terza parte, ovvero della società
finanziaria, che si sostituisce all’armatore e acquista la barca,
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Multiscafi_Sett_2011
MULTISCAFI
13-07-2011
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LE IMPRESSIONI IN MARE, I DATI TECNICI E I PIANI VELICI
Idell Dragonfly
1200
cantiere
Quorning Boats
coniuga
la sicurezza
e le qualità
costruttive
alle prestazioni
di un trimarano
Progettato nel 2001 da Börge e Jens Quorning il Dragonfly 1200 con i suoi 12 metri
di lunghezza è il più grande trimarano con scafi richiudibili prodotto dal cantiere danese.
LA GRANDE “LIBELLULA”
I
MPEGNATO FIN DAL 1947 NELLA
costruzione di barche da lavoro e da diporto il danese Börge
Quorning fonda nel 1967 insieme al figlio Jens il cantiere che
porta il suo nome. È l'inizio di
una storia lunga oltre quarant'anni durante la quale vengono prodotte più di mille barche. Tra queste spiccano i Dragonfly (in lingua inglese libellula), originali trimarani dotati
di scafi esterni richiudibili.
L'alta qualità costruttiva unita
alle prestazioni e all’ingegnoso
sistema swing wing, che permette rapidamente di addossare
gli scafi laterali a quello centrale riducendo il baglio a una larghezza di poco superiore alla
sua metà, sono le caratteristiche
che hanno contribuito alla diffusione di questi multiscafi in tutto il mondo.
Un successo dovuto anche alle
possibilità che il sistema di
chiusura degli scafi offre in fase
di ormeggio, con notevoli vantaggi sia in termini di manovre
che di costi.
Progettato dai Quorning nel
2001 e ancora in produzione, il
Dragonfly 1200 è il modello più
grande del cantiere. Lo scafo centrale, l’unico abitabile, richiama
nelle forme le barche d’altura,
con pozzetto centrale protetto da
parabrezza, tuga alta dotata di nu-
merosi osteriggi (dieci in questo
caso) e cabina doppia a poppa
con ingresso dal pozzetto.
Lo scafo è stretto di baglio, ha
una carena con ridotta superficie bagnata e una deriva mobile
totalmente retrattile che consente anche di spiaggiare in sicurezza. La presenza dei due scafi
laterali oltre a garantire una elevata stabilità rende il trimarano
innafondabile grazie a una maggiore riserva di galleggiamento.
Il piano velico ha
una superficie di 94
metri quadrati (randa e genoa) alzati su
un albero di 17 metri
di carbonio con armo frazionato e sorretto da un particolare sistema di sartie
e crocette che ne asIl sistema swing wing di cui è dotato il Dragonfly 1200
permette di chiudere in pochi secondi gli scafi laterali sicurano la rigidità;
a queste si aggiunriducendo il baglio massimo a poco più della metà.
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Zinchi_Sett_2011
24-06-2011
15:22
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Impianti
L
e sacinesche
di bordo
oltre a essere
periodicamente
ispezionate
andrebbero
installate
solo se resistenti
a corrosione
La normativa europea prevede che i passascafi dei cabinati da diporto e le relative valvole di
chiusura siano realizzati con materiali che abbiano una durata minima di appena cinque anni.
PRESE A MARE A RISCHIO
di GIULIO MAZZOLINI
N
1998 LA COMUNITÀ EUropea ha emanato la norma
ISO 9093-1 che dispone che le
prese a mare devono essere realizzate con materiali che durino
almeno cinque anni. Un grande
contributo alla cantieristica,
nello spregio più totale della sicurezza.
Un elemento così importante
dovrebbe durare quanto uno
scafo se non di più, circa 20-40
anni; una presa a mare che si
rompe fa affondare la barca in
pochi minuti. Occorre ispezionare le proprie prese a mare e le
relative valvole di chiusura: se
la barca è recente, con tutta
probabilità si scoprirà che sono
di ottone.
Abbiamo già visto in un articolo precedente (Quella subdola corrosione, BOLINA n. 271,
pagina 71) come l’ottone sia un
metallo sconsigliato per l’uso
EL
ti galvaniche, ovvero in acque
molto saline, calde, con correnti marine, insomma nelle condizioni tipiche dei nostri marina. Questo fenomeno, detto di
dezincificazione, è ben noto da
decenni, non ci sono scusanti
per usare ottoni e leghe simili
in mare.
Installando passascafi e valvole in ottone o leghe simili, i cantieri sono legalmente a posto, la
norma infatti come
abbiamo visto richiede una durata
di appena cinque
anni e probabilmente esistono dei
certificati che dichiarano che l’ottone dura più di questo periodo. Ma
L’ossidazione e la conseguente rottura dei passascafi può un armatore essere tranquillo? La
è una delle cause di affondamento delle barche.
marino. Essendo una lega di rame e zinco, immerso in acqua
forma una cella galvanica e lo
zinco, che è più attivo, si consuma, lasciando solo il rame.
La lega assume un aspetto spugnoso senza alcuna resistenza
meccanica.
Tutto questo potrebbe avvenire in meno di cinque anni se
l’ambiente favorisce le corren-
BOLINA Settembre 2011 77
Etichette_Sett_2011
30-06-2011
14:18
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Consigli
I
n condizioni
di maltempo
o di notte
può essere utile
avere in barca
dei promemoria
su regolazioni
e attrezzature
Sulle barche da regata e su quelle da charter è facile trovare una serie di marcature sull’armo velico o istruzioni per l’uso del wc: un sistema di codifica che agevola la vita a bordo.
QUESTIONE DI ETICHETTE
di DAVID INGIOSI
D
I NORMA IL BUON MARINAIO
conosce a fondo la propria
barca, le attrezzature di bordo e la
loro esatta collocazione, nonché
le regolazioni ottimali delle vele
nelle varie situazioni di navigazione. Avolte tuttavia nella concitazione delle manovre oppure di
notte, può non essere semplice ricordare tutto con precisione.
Potrebbero essere utili allora
una serie di segni ed etichette
da applicare in alcuni punti
strategici dell’imbarcazione
come promemoria. Tale sistema di codifica potrebbe essere
diviso in tre gruppi: regolazioni, schemi di funzionamento e
inventario.
Regolazioni. Partiamo dai riferimenti che agevolano la regolazione delle principali manovre
di bordo.
Catena. La lunghezza di calumo da filare durante un ancorag-
gio varia in funzione dell’altezza del fondale e delle condizioni meteorologiche. Per evitare
errori è bene effettuare dei segni
di riferimento. Tra quelli più
diffusi c’è l’applicazione di vernice colorata su circa 30 centimetri di catena a 10, 20 e 30 metri di lunghezza.
In alternativa esistono in commercio dei marcatori in plastica
colorata che si incastrano tra le
maglie. Vele. I più moderni ca-
binati da crociera oltre alla randa adottano un’unica vela di
prua che rimane sempre inferita su un rollafiocco; al massimo
si possono aggiungere uno
spinnaker o un gennaker. Laddove però si utilizzino più vele
(armo a ketch, cruiser-racer,
imbarcazioni da regata, etc), è
consigliabile applicare delle
etichette ben visibili sulle sacche in cui le si ripone.
Per evitare equivoci e perdite
di tempo, è betensione drizze
ne poi marcatesabase
sull’albero
re con inchiodella randa
stro indelebile
i punti di mura, di scotta, di
penna e per la
rotaie
randa anche le
del genoa
brancarelle
dei terzaroli.
Tra i riferimenti utili per la regolazione delle vele c’è la la tensione delle drizze sull’albero, le posizioni sulle rotaie della Molto utile è
scotta del genoa e la tensione del tesabase della randa.
poi facilitare il
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Sapore di mare_Sett_2011
14-07-2011
15:25
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Sapore di Mare / Articoli scritti dai lettori
I
l resoconto
di una regata
d’altura
in Toscana
conclusa
da un gruppo
affiatato
di amici velisti
SULLA ROTTA DEI DELFINI
A
NCHE QUEST’ANNO PARTECI-
piamo alla Regata dei Cetacei Act 3 organizzata dal Circolo
Vela Mare di Viareggio con il First 36.7 Favela Blanca, che per
l’occasione sfodera un nuovo
gioco di vele e la carena pulita da
pochi giorni. Equipaggio: Francesco, Walter, Antonio, Marco,
Carlo, Isa e Marcello, lo skipper.
Dopo avere trasferito la barca
da Fezzano a Viareggio, scopriamo che diversamente dagli altri
anni, l’ormeggio temporaneo a
Viareggio non sarà all’esterno
del pontile della Madonnina, ma
all’interno. Motivo? Beh, le previsioni per la notte sono brutte e
il comitato non ha ancora deciso
se fare partire la regata alle ore
20,30 come previsto o aspettare
la mattina dopo. Nel caso peggiore ci sarebbe da stare in porto
per la notte e l’ormeggio esterno
sarebbe troppo esposto ai venti
da Ovest che ci si aspetta. Poco
di MARCELLO FERRERO
male. Ci ormeggiamo e mentre
“l’omino del Gps” sale a bordo
per verificare il funzionamento
del chart plotter che non da segni
di volere ricevere dati dall’antenna di bordo, ci dirigiamo al briefing pre-regata.
Alla riunione confermano il rinvio della partenza alla mattina
successiva. Le previsioni meteorologiche mostrano che nella not-
te sono attesi venti da Ponente a
30 nodi, con punte fino a 50.
Il fetch da Ovest a Viareggio è
più di 100 miglia e quindi l’onda
attesa è superiore ai 4 metri.
Troppo per una regata che a differenza dell’Act 1 prevede la partecipazione di barche anche al di
sotto dei 10 metri. Ben venga
quindi la decisione del comitato,
anche se qualcuno borbotta perché di vento al momento non se
ne vede proprio l’ombra.
E invece nella notte alle ore
23,30, dopo una cena luculliana,
il vento arriva. E anche molto forte. In porto tutti lavorano per sistemare l’ormeggio perché la risacca fa picchiare la poppa in
banchina a più di una barca e i
colpi rischiano di fare saltare le
bitte. Qualcuno rinforza l’ormeggio con uno spring.
Noi per fortuna troviamo al nostro posto due comodi cavi di ormeggio con molla che ci permetBOLINA Settembre 2011 95