Problematiche giuridiche della brevettabilità del

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Problematiche giuridiche della brevettabilità del
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO
Facoltà di Giurisprudenza
Corso di Laurea in Giurisprudenza
“Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
Relatore:
Chiar.mo Prof. Giovanni ZICCARDI
Correlatore:
Dott. Matteo Giacomo JORI
Tesi di Laurea di:
Guglielmo TROIANO
matricola n.640013
Anno Accademico 2004/2005
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
“Se ho potuto vedere più lontano degli altri, è perchè sono salito sulle spalle dei giganti.”
Isaac Newton
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
SOMMARIO
1 - Introduzione.
1.1 - Preambolo.
1.2 - L'economia dalla rivoluzione industriale a quella digitale.
1.3 - I prodotti digitali.
1.4 - Cosa è il software e come viene distribuito.
1.5 - Tradizioni socio-culturali e giuridiche.
2 - I diritti interessati: de iure condito.
2.1 - Diritto d'autore vs diritto di brevetto: differenze storiche,
ontologiche e sociologiche; i soggetti e l'oggetto dei diritti.
2.2 - Il software come opera dell'ingegno:
2.2.1 - Fonti nazionali: artt. 2575 e ss. del codice civile e
legge 633/1941 dopo la direttiva CEE 91/250.
2.2.2 - La Società Italiana Autori ed Editori.
2.2.3 - Fonti internazionali: Convenzione di Berna del 1886;
Accordo GATT-TRIPs del 1994; Trattati OMPI del 1996.
2.3 - Il software come invenzione industriale:
2.3.1 - Il formale divieto: art.52 della Convenzione sul
Brevetto Europeo.
2.3.2 - L'attuazione di fatto: interpretazione dell'art.52
della Convenzione sul Brevetto Europeo da parte
dell'Ufficio Europeo dei Brevetti.
2.3.3 - Il tentativo di formalizzazione: proposta di
direttiva COM (2002) 92.
3
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
3 - I diritti interessati: de iure condendo.
3.1 - Necessità di ridurre i tempi di protezione.
3.2 - La libertà della cultura.
3.3 - Una soluzione interessante: Creative Commons.
3.4 - Una soluzione poco efficace: Digital Rights Management.
4 - I diretti interessati.
4.1 - I produttori.
4.2 - Le associazioni indipendenti.
5 - Conclusioni.
Bibliografia e link.
4
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
1 - Introduzione.
1.1 - Preambolo.
In Europa il software non è brevettabile sin dalla fine degli anni
settanta.
Ciò nonostante l’Ufficio Europeo dei Brevetti, già da tempo, concede
e rilascia brevetti aventi ad oggetto il software.
In controtendenza a questa pratica, nel luglio del corrente anno, il
Parlamento europeo ha votato “contro1” la “Proposta di direttiva del
Consiglio europeo2” relativa alla brevettabilità delle invenzioni attuate per
mezzo di elaboratori elettronici.
La schiacciante maggioranza dei voti contrari espressa da parte
dell’organo istituzionale rappresentativo della popolazione europea può
essere considerata una chiara presa di posizione dell'Europa. È un rifiuto
alla brevettabilità del software ed un monito all'Ufficio Europeo dei
Brevetti.
Le basi della discussione sono da rideterminare ed i protagonisti della
“guerra” in corso non cedono a lasciare il campo.
Gli interessi in gioco sono rilevanti e coinvolgono anche quelli di chi
non produce e commercializza software.
I diritti connessi al software non sono solo il diritto d'autore e di
brevetto ma, indirettamente, anche quelli fondamentali dell’uomo e della
sua personalità: diritti e libertà di espressione, cultura, uguaglianza e dignità
alla base di ogni ordinamento giuridico democratico.
Non attribuire al software la tutela giuridica più efficace nel rispetto di
1
2
Seicentoquarantotto voti contrari, quattordici favorevoli e diciotto astenuti.
COM(2002)92.
5
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
questi diritti significa violare questi diritti.
Non si può ignorare l’importanza e la diffusione che il software ha
oggi nella nostra società civile e democratica.
Chiunque si senta parte della società dell’informazione, deve
partecipare al dibattito in corso.
1.2 - L'economia dalla rivoluzione industriale a quella digitale.
Molti beni di consumo attualmente disponibili sul mercato
funzionano con microchip e software ed il commercio mondiale ha
flussi finanziari rilevanti movimentati dalla vendita di tecnologie
informatiche.
La produzione e la distribuzione nell'era industriale erano
elementi di base di settori distinti. Ora queste attività implodono in
internet. I muri dei settori crollano nel momento in cui le aziende
ridefiniscono radicalmente le proprie strategie per la creazione di
valore.
L'informatica è stata solo al principio “il mezzo” grazie al quale
l'industria ha sviluppato e implementato i sistemi produttivi migliori
per ridurre i costi di produzione. Oggi l'informatica è “il fine”
dell'industria mondiale.
L'imprenditore più ricco del pianeta produce e commercializza
software non più automobili e le periferie dei grandi centri urbani si
caratterizzano per il verticalismo architettonico di uffici di vetro e
metallo in luogo di interminabili schiere orizzontali di fumosi
stabilimenti industriali.
6
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
L'economia si è quindi spostata da uno stato di scarsità ad uno di
abbondanza. È possibile produrre e distribuire questi nuovi prodotti a
costo marginale pressoché nullo.
L'impresa è diventata “virtuale”. Sviluppa il proprio giro d'affari
tramite alleanze strategiche, licenze di produzione e/o filiali di uffici,
elementi resi tutti più attuabili dal progresso delle telecomunicazioni
ed attraverso telelavoro e videoconferenze ha eliminato l'obbligo, per
gran parte del suo staff, di riunirsi in un determinato luogo ogni giorno
lavorativo.
L'industria dell'ICT3 si è evoluta al punto da essere stata già
investita da un periodo di recessione come nelle più realistiche
tradizioni economiche ma, stavolta, fatta di uomini, spesso ragazzi,
diventati imprenditori milionari in pochi mesi investendo il
corrispettivo di un personal computer.
1.3 - I prodotti digitali.
Ma la vera essenza della rivoluzione digitale è da rinvenire nelle
caratteristiche “nuove” dei suoi prodotti:
1) facilità di duplicazione: duplicare in formato digitale significa
poter ricreare un prodotto assolutamente equivalente all'originale.
2) facilità di trasmissione: un prodotto in formato digitale può
essere trasmesso con facilità attraverso supporti digitali o internet per
poter essere utilizzato da più persone anche contemporaneamente.
3
Acronimo di “Information and Communication Technology”, ovvero l'industria che produce
tecnologia per l'informazione e la comunicazione.
7
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
3) facilità di modificazione: un prodotto digitale può essere
modificato nella sua forma, struttura e contenuto originari e riproposto
come “originale”.
Caratteristiche “nuove” che hanno sollevato problematiche
“nuove” per la facilità di contravvenire alla leggi a protezione dei
prodotti digitali, tra i quali il software.
1.4 - Cosa è il software e come viene distribuito.
“Il software è l'insieme dei programmi che possono funzionare su un
calcolatore. È abitualmente classificato in software applicativo,
costituito dai programmi per la risoluzione dei singoli problemi
applicativi e software di sistema o software di base che comprende
invece l'insieme dei programmi predisposti a favorire un facile ed
efficiente impiego del calcolatore e include i compilatori, gli
assemblatori e i sistemi per la gestione delle basi di dati. Il cuore del
software di sistema è costituito dal sistema operativo.”4
Definizione, nella sostanza, rinvenibile su qualunque testo di
informatica.
Il software è un “insieme di programmi”, e non “il programma”,
che funziona sul calcolatore (elaboratore o computer che dir si voglia),
ovvero il c.d. “hardware”.
Hardware e software sono elementi complementari tra loro
nell'informatica. Non esiste software senza hardware e viceversa.5
4
5
Mario Italiani, Giuseppe Serazzi. Elementi di informatica. 1993
La considerazione della complementarietà di questi due elementi è importante per
l'interpretazione dei testi normativi che hanno ad oggetto il software: se “tecnicamente” il
8
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La parte fondamentale del programma è costituita da due
“codici”: il “codice sorgente” ed il “codice binario” o “codice
oggetto”.
Due nozioni che è opportuno approfondire.
Il computer funziona solo attraverso intermittenze elettriche
(acceso o spento). Da qui la definizione di “codice binario”, una
sequenza di “0” e “1” che con cadenze e alternanze logiche sviluppate
in
formule
matematiche
(algoritmi),
impartiscono
comandi
all'elaboratore.
L'algoritmo riveste un ruolo di notevole rilievo nei fondamenti
della programmazione dei calcolatori elettronici. È definibile come
“un insieme di istruzioni che definiscono una sequenza di operazioni
mediante le quali si risolvono tutti i problemi di una determinata
classe”.6
Ai
programmatori
risulta
però
impossibile
scrivere
un
programma direttamente in “codice binario”; scrivono quindi il
“codice sorgente” che attraverso un ulteriore componente del
programma (il compilatore) viene trasformato in “codice binario”.
Il programma per elaboratore parte, quindi, da un'idea, cioè da un
insieme di algoritmi che permettono di realizzare la sua parte più
importante, ovvero, il “codice sorgente”. La fase successiva è
un'operazione puramente meccanica, cioè quella in cui il “codice
sorgente” è trasformato in “codice binario”.
Ricreare il “codice sorgente” partendo dal “codice binario” è
6
software non può che funzionare sull'hardware si può invece “giuridicamente” considerarlo
isolato?
Vedi nota 4.
9
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
impossibile. Esistono sistemi che “decompilano” il “codice binario”
per ottenere l'originario “codice sorgente” ma l'effetto è di ottenere un
“codice sorgente” che differisce dall'originario anche se poi,
ricompilato, si otterrebbe un “codice binario” che funzionalemente è
equivalente. Questa pratica è definita “reverse engineering”7.
Vieniamo ad un primo generale confronto giuridico.
Il diritto d'autore vieta la copia pedissequa di una determinata
sequenza di linee di programma, ma non preclude che una stessa idea
venga realizzata da un diverso autore attraverso il ricorso ad altre
istruzioni. Il programma così realizzato potrà anche essere (ed in
taluni casi verosimilmente lo sarà) somigliante al precedente, in
quanto il linguaggio di programmazione è necessariamente “povero”,
costituito cioè da un numero limitato di “vocaboli” (solitamente non
più di qualche centinaio, a fronte delle diverse migliaia di lemmi che
compongono un linguaggio parlato), ma sarà ugualmente protetto se
espressione del lavoro intellettuale dell'autore; il brevetto applicato al
software impedisce non solamente la copia pedissequa del
programma, ma anche la realizzazione indipendente delle idee e dei
principi che ne sono alla base.8
Dal diritto d'autore, infatti, il software è considerato nel suo
complesso e tutelato così com'è “in quanto tale”; dal brevetto, invece,
sono tutelate anche singole parti di esso, indipendenti dall'hardware, e
considerate “invenzioni implementate al computer”.
Alla fine, quindi, “doppia tutela”.
Se un ordinamento giuridico concede la brevettabilità del
7
8
Vedi infra paragrafo 2.2.1
Silvia Bisi. Ciberspazio e diritto. Novembre 2005.
10
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
software, concede la brevettabilità degli algoritmi che generano
particolari istruzioni del programma, ovvero funzioni che essendo
coperte da brevetto diventano non più (a meno di pagarne i diritti)
utilizzabili da altri programmatori.
Diventa
illecito
anche
il
“reverse
engineering”
perchè
l'algoritmo, anche se il “codice sorgente” è “ricompilato”, è sempre lo
stesso ed è protetto da brevetto.
Un esempio per capire meglio e fino in fondo è a questo punto
necessario: supponiamo che una società sia interessata ad un software
gestionale che sia stato scritto in “C”9 per il sistema operativo
Windows. Bene, il codice sorgente di questo software è protetto dal
diritto d'autore e non può essere copiato. Tuttavia, se la società
interessata al gestionale ne acquista una copia, o anche solo prende
visione di una “demo” completamente funzionante per un periodo di
tempo limitato e prendendone ispirazione lo “riscrive” interamente,
cioè scrive un nuovo software che fa le stesse cose del gestionale
originario e magari ha anche un aspetto simile, utilizzando proprio
codice, allora non commette nessun illecito per il diritto d'autore;
invece lo commette per il diritto di brevetto se la società del gestionale
ha brevettato funzioni che sono state “copiate”, ovvero sono stati
utilizzati gli stessi algoritmi.
Un'ultimo approfondimento in merito alla distribuzione del
software nel mercato è necessaria per comprendere l'argomento di
questa tesi fino in fondo.
9
Uno dei linguaggi di programmazione.
11
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
Le metodologie distributive sono essenzialmente due:10
1) software proprietario: generalmente il suo utilizzo è
sottoposto a delle condizioni e la sua ridistribuzione o modifica sono
proibiti o richiedono un permesso.
Chi acquista “software proprietario” non diventa proprietario di
quello che ha acquistato come avviene generalmente per i beni di
consumo; se acquisto una tastiera per computer, posso prestarla a
chiunque perchè è mia così come posso prestargli l'ultimo manuale
edito sull'utilizzo di un sistema operativo.
Non si diventa, insomma, proprietari perchè il proprietario resta
il produttore che ci concede esclusivamente l'utilizzo del bene alle sue
condizioni. Ciò avviene perchè quando acquisitamo “software
proprietario” lo acquistiamo attraverso un “contratto di licenza d'uso”
o “license agreement”.11
Esempi: Microsoft Windows è un software di base “propietario”,
Microsoft Office è, invece, un software applicativo “proprietario”.
Inoltre, il “codice sorgente” in questa forma di distribuzione è
tenuto “nascosto”12 dal produttore. Per questo è definito anche
software a “codice chiuso”.
2) software “open source”: letteralmente “sorgente aperta”,
ovvero “codice sorgente” disponibile. Il suo utilizzo, ridistribuzione o
modifica sono concessi in base a licenze che ne permettono un libertà
quasi totale.
10
11
12
Quando storicamente si sono delineate, vedi infra paragrafo 3.2
La forma più conosciuta è quella c.d. “a strappo”. Le condizioni di utilizzo del programma si
accettano nel momento in cui, appunto, si strappa la confezione del programma acquistato.
Questo implica di conoscere ex ante le condizioni per poter scegliere di non acquistare
eventualmente il prodotto, oppure acquistare senza conoscere le condizioni e accettarle ex post.
Vedi infra paragrafo 3.2
12
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
La licenza GNU/GPL (General Public License), ad esempio, è la
più famosa in merito ed è stata pensata per consentire la libertà di
condividere e cambiare il software. È soggetta al solo vincolo di dover
comunque trasmettere il “codice sorgente” a tutti coloro che, sia
gratuitamente che a pagamento, utilizzano il programma.13
Il termine “software open source” è, anche, l'equivalente di “free
software”14.
È software, quindi, distribuito in modo che chiunque ne abbia il
permesso di uso, copia e distribuzione, in forma modificata o meno,
gratis o a pagamento ma soprattutto significa che il “codice sorgente”
deve essere a disposizione dell’utilizzatore.
È quindi una questione di libertà, non di prezzo ma aziende di
“software propietario” talvolta usano il termine “free software” per
riferirsi al prezzo15. Il termine “free” in inglese significa sia gratuito
che libero e proprio a causa di questa potenziale confusione, quando
una azienda di software dice di produrre “free software”, bisogna
sempre controllare le licenze per verificare se gli utenti hanno
effettivamente tutte le libertà che il “free software” implica.
Esempi: Linux è un software di base “open source”, Netscape,
invece, è un software applicativo “open source”.
Le differenze tra software “proprietario” e “libero” sono quindi
“ideologiche”, “culturali” e, di conseguenza, “giuridiche”.
Il “software libero” è in realtà una creazione legale e tutto il
movimento si basa su un'intuizione fondamentale: la GNU/GPL. Una
13
14
15
Vedi infra paragrafo 3.2 e 4.2
Tradotto “software libero”.
Ad esempio Internet Explorer di Microsoft è gratuito ma non libero.
13
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
licenza, concepita da un informatico del MIT16, ma che un professore
di legge e avvocato ha messo a punto: Eben Moglen, un genio che
merita di essere ricordato al pari del bizzarro fondatore del progetto
GNU.17
Sul tema della brevettabilità risultano ovvie le contrapposizioni
che si creano tra le due forme di distribuzione.
Chi produce “software proprietario” ha interesse a proteggerlo in
tutti i modi possibili: diritto d'autore, brevetto, segreto industriale.
Gli sviluppatori di “software libero” vedono, invece, nella
brevettabilità una riduzione delle reali possibilità di sviluppo dei
programmi, per le ovvie ragioni dette precedentemente: meno funzioni
possono utilizzare, meno possibilità hanno di sviluppare.
Il software ha sempre le stesse caratteristiche “tecniche”, ormai è
chiaro. I fondamenti dell'informatica sono gli stessi in tutto il mondo e
tutti i produttori (imprese, definite “software houses”18,o sviluppatori
indipendenti che siano) utilizzano linguaggi di programmazione
universali.19
Le
confusioni
terminologiche
e
le
sovrapposizioni
e
contraddizioni di tutela giuridica che negli ultimi due decenni del
secolo scorso si sono delineate, continuano ad esserci pur non avendo
riscontro nella cultura e nella tradizione giuridica italiana ed europea.
16
17
18
19
Richard Stallman. Vedi infra paragrafo 3.2 e 4.2
C. Piana. “Perché il software libero è un fenomeno giuridico ovvero: it's still the license, stupid
!”.In http://www.interlex.it/copyright/c_piana7.htm
Termine che individua le aziende che producono e commercializzano di software.
Per esempio Basic, Cobol, Pearl, C ecc.
14
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
1.5 - Tradizioni socio-culturali e giuridiche.
Alle domande se il software sia considerabile solo un'opera20
(quindi tutelata solo dal diritto d'autore21) o anche un'idea,
un'invenzione22
(quindi
tutelata
anche
dal
brevetto23),
ogni
ordinamento giuridico ha risposto rifacendosi alle sue tradizioni
ideologiche, culturali e di conseguenza, dottrinarie e giurisprudenziali.
Sviluppare un programma ampio e complesso significa
combinare molte idee, spesso centinaia o migliaia. In un Paese che
permette i brevetti sul software, le possibilità che alcune parti
sostanziali delle idee nel programma siano già brevettate da altre
compagnie sono molte.
I brevetti sono, inoltre, onerosi al punto che solo le maggiori
“software houses” possono brevettare in quantità tali da guadagnare e
mantenere posizioni nel mercato.24
Quanto accaduto negli ultimi anni in Europa ed in particolare a
luglio di quest'anno non sembra far sorgere dubbi su quali siano le
tradizioni ideologiche e culturali che hanno portato il Parlamento
Europeo a dire “no” ai brevetti sul software ma fanno riflettere e
creano contrasti, giuridici prima ancora che socio-culturali, la scelte
dell'Ufficio Europeo dei Brevetti di concederli comunque.
Le pressioni politiche e ritorsioni commerciali che le maggiori
“software houses” mondiali hanno fatto e fanno, più o meno
occultamente, sul legislatore europeo e nazionale non hanno sortito
20
21
22
23
24
Al pari di un libro, una canzone, una fotografia, una quadro ecc.
In inglese “copyright”.
Al pari del tassello Fischer, della penna a sfera Bic, ecc.
In inglese “patent”.
Vedi infra paragrafo 4.1
15
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
l'effetto desiderato.
Se i nostri politici europei si lasciano intimidire dalla
aggressività, e irretire dalla retorica, di chi dispone del potere del
denaro, come riuscirà mai l’Europa a mantenere la promessa di
diventare la guida spirituale ed economica del mondo? Il momento è
difficile, i più sono pronti ad arrendersi. Chi chiedesse per strada a un
cittadino europeo cosa pensa dell’Unione europea, otterrebbe come
risposta “grazie per l’euro e per avere abolito i confini e le dogane, ma
ora basta, aboliamo Bruxelles”. Occorre assolutamente fare qualcosa
per invertire questo atteggiamento di rassegnata rinuncia e di sfiducia.
Gli europei dovrebbero finalmente incominciare a camminare a testa
alta, e comportarsi da veri europei. “The greatest menace to freedom
is an inert people”. Lo aveva già scritto, molti anni fa, il giudice Louis
Brandeis della Corte Suprema americana.25
25
Nicola Walter Palmieri. I brevetti software sono contro la Costituzione europea. In
http://www.interlex.it/copyright/palmieri13.htm
16
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
2 - I diritti interessati: de iure condito.
2.1 - Diritto d'autore vs diritto di brevetto: differenze storiche,
ontologiche e sociologiche; i soggetti e l'oggetto dei diritti.
La “creazione intellettuale” è un fenomeno dell'esperienza umana
e rimane nell'uomo fino a che egli non decide o non è in grado di
metterla a disposizione di tutti gli altri.
Esprimere significa trasformare la realtà secondo l'intuito; per
questo, il requisito della novità assume un ruolo molto importante, dal
momento che la tutela giuridica viene concessa solo in cambio
dell'apporto che l'autore o l'inventore forniscono al patrimonio di
conoscenze umane.
Si crea poi una sorta di rapporto sinallagmatico tra il creatore
dell'opera o dell'invenzione e la società; i primi contribuisono
all'aumento del patrimonio culturale e la seconda gli riconosce, in
cambio, la possibilità di trarre profitto, sia esso di gloria o di denaro.26
In altre parole, essere “autore” o essere “inventore” è, in ogni
caso, una questione di ingegno e intelletto. L'attività intellettuale
dell'uomo è necessaria per creare un'opera o inventare e realizzare
un'idea e ciò che ne deriva è “proprietà intellettuale”.
Caratteristica, infatti, della “proprietà intellettuale” è la volontà
di condivisione che guida il suo “creatore” al fine di far conoscere a
tutti la sua “invenzione” o la sua “opera dell'ingegno”. La “creazione
intellettuale” esprime la sua immaterialità proprio nel fatto che
trascende continuamente dalle singole rappresentazioni materiali. Per
questo le sue utilità economiche sono in funzione della sua più o meno
26
Lina Bregante. La tutela del software. Giappichelli. 2003
17
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
larga riproducibilità, e presuppongono che il supporto sia solo la
materia su cui l'autore imprime l'impronta astratta.27
Il diritto d'autore discende dai principi liberistici del codice
napoleonico che elaborò una nozione di proprietà intellettuale,
perpetua, trasmissibile agli eredi e avente gli stessi caratteri di
assolutezza che erano attribuiti al diritto di proprietà sulle cose
materiali. Proprietà e contratto erano, infatti, i pilastri sui quali
poggiava l'intero diritto privato di quella legislazione che trovava il
suo limite nel disinteresse per i diritti del pubblico e della cultura e per
gli interessi spirituali dell'una e dell'altra parte.28
Il brevetto discende dal “segreto industriale” che, ancor oggi,
protegge le “invenzioni industriali”. Nella maggior parte dei casi le
invenzioni erano facilmente riproducibili e si rese quindi necessaria
una tutela giuridica maggiore che proteggesse gli investimenti nell'era
della rivoluzione industriale.
La storia del sistema brevettuale si confonde con la storia dei
monopoli. A partire dal medioevo, i Signori delle città italiane e i
sovrani come i Re d'Inghilterra concedevano a loro discrezione
esclusive private a favoriti, consistenti, per esempio, nel diritto di
riscuotere un dazio su certe merci esportate o importate. Nacquero i
primi diritti d'autore, sulla base di editti che decretavano che nel
Regno nessuno poteva pubblicare un certo libro tranne l'autore.
Il sistema moderno dei brevetti nacque con i privilegi concessi, a
partire dalla seconda metà del XV secolo, dalla Repubblica di Venezia
ai cittadini che sviluppavano invenzioni, approntavano contributi
27
28
Vedi nota 26.
Vittorio M. De Sanctis. La costituzione e il diritto d'autore. 1995
18
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
tecnici o importavano prodotti e tecnologie, utili alla Repubblica.
La limitazione temporale del privilegio insieme con la pronta
rivelazione al pubblico del contenuto dell'invenzione, e il compenso
commisurato alla capacità e diligenza del monopolista nel portare
l'invenzione sul mercato, con beneficio per il pubblico fu un
intelligente compromesso fra chi avversava ogni forma di monopolio
e chi vedeva nei monopoli temporanei incentivo all'innovazione.
I monopoli temporanei conferiti da brevetti e diritti d'autore che
furono successivamente adottati dalle leggi dei Paesi sviluppati hanno
la loro base e giustificazione nel concetto che è ragionevole e utile
incentivare gli inventori e gli autori a creare e mettere subito a
conoscenza del pubblico le opere del loro ingegno, attraverso il
riconoscimento di una esclusiva temporanea per lo sfruttamento
economico di tali risultati: un compromesso che affida alla
accoglienza da parte del mercato l'esistenza stessa dell'ammontare del
“premio”, e ciò senza onere per lo Stato e senza gli arbitri e gli errori
che
qualunque
tipo
di
sistema
incentivante
inevitabilmente
comporterebbe.29
Lo sviluppo economico mondiale dei secoli XIX e XX e il
miglioramento generale anche se ineguale del tenore di vita devono
indubbiamente molto all'enorme progresso tecnologico intervenuto.
La quasi totalità di tale progresso è stata però realizzata da Paesi che
furono i primi a industrializzarsi; che hanno attinto da conoscenza
pregressa non imbavagliata da una miriade di brevetti e brevetti
incrociati, quando i brevetti coprivano le invenzioni “con applicazione
29
Nicola Walter Palmieri. Sicurezza o libertà? Pitagora. 2004
19
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
industriale” e solo i limiti della loro descrizione, e non anche tutti i
possibili, prevedibili e imprevedibili sviluppi futuri.
Italia, Germania, Austria, Giappone e quasi tutti gli altri Paesi
(industriali e non) hanno da almeno un secolo leggi più o meno
evolute e applicate sui brevetti e sul diritto d'autore.
Negli ultimi venti anni i diritti della proprietà intellettuale sono
stati ampliati e coprono ora aree più vaste, tempi di protezione più
lunghi, modi di protezione più svariati.
Secondo l'odierno ordinamento giuridico italiano, corrispondente
a grandi linee anche a quello internazionale, tra il diritto d'autore e di
brevetto ci sono delle differenze sostanziali.
Nello schema di seguito riportato tali differenze sono evidenti.
Fattispecie
diritto
costitutiva
del
Oggetto del diritto
Requisiti dell'oggetto
diritto
DIR ITTO D 'AU TORE
B REVETTO
C reazione dell'opera
Deposito dell'invenzione
Opere dell'ing eg no di carattere creativo
del
Titolarità del diritto
Invenzione atta ad avere applicazione industriale
creatività;
concretezza
di
espressione; incremento della creatività delle tecniche
appartenenza alla produzione intellettuale prevista preesistenti; orig inalità; industrialità; novità
dalla leg g e
(sconosciuta la pubblico)
Autore e suoi aventi causa
Autore e suoi aventi causa
Trasferibilità della titolarità
del diritto
N on trasferibile
Trasferibile
Trasferibilità del diritto di
utilizzazione
Trasferibile
Trasferibile
Oneri
Se non si vuole “pubblicare”, il costo della tutela è Circa 2.000 euro per un brevetto italiano e 4.000 per
pari a 0.
uno europeo.
Durata della tutela
Tutta la vita dell'autore e settanta anni dopo la sua
morte
Venti anni dalla data di deposito
Ciò che rileva ai fini della nostra analisi, anche da questa
20
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
comparazione, è sempre l'oggetto del diritto: opera da un lato e
invenzione dall'altro.
La più importante delle caratteristiche delle condizioni per la
tutelabilità delle opere è il “carattere creativo”. Esso costituisce la
giusitificazione della protezione e il criterio di collegamento tra
l'opera ed il titolare del diritto.
È stato proprio a causa della proliferazione di opere dell'ingegno
promosse dalle nuove tecnologie che si sono avanzate teorie che da un
lato, vorrebbero svalutare il requisito della creatività e dall'altro,
porterebbero ad individuare una categoria di c.d. “low authorship
work”, opere cioè fornite di un livello di protezione meno elevato.
Non si nega che il problema dei confini della categoria giuridica
“opera dell'ingegno” esista ed esista molto di più oggi con la
prorompente entrata nel mondo della comunicazione dell'industria e
della tecnologia.
Sempre più terreni communes omnium vengono recintati
dall'industria del copyright. Attualmente essa sta rosicchiando le due
aree che si pensava non potessero essere oggetto di proprietà: i fatti e
le idee.30
Come si vedrà nelle pagine seguenti, la difficoltà di applicare il
criterio qualificante della legge italiana ed internazionale sul diritto
d'autore, non deve portare a ritenerlo superato anche perchè, come si
dice per la democrazia, può essere un principio imperfetto, ma non ne
è disponibile uno migliore.31
30
31
V.M. De Sanctis. La costituzione e il diritto d'autore. Giuffrè. 1995
V.M. De Sanctis. I soggetti del diritto d'autore. Giuffrè. 2005
21
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
2.2 - Il software come opera dell'ingegno:
2.2.1 - Fonti nazionali: artt. 2575 e ss. del codice civile e legge
633/1941 dopo la direttiva CEE 91/250.
Il 14 maggio del 1991, il Consiglio della CE, adotta la direttiva
comunitaria CEE 91/250.
Molla della tutela dell'azione comunitaria sarebbe l'osservazione
secondo cui per creare programmi per elaboratore è necessario
investire considerevoli risorse umane, tecniche e finanziarie, mentre è
possibile copiarli a un costo minimo rispetto a quello necessario per
crearli.
Il rilievo attribuito dalla Comunità Europea all'Informatica
trapela già nel nuovo titolo VI del Trattato, “Ricerca e sviluppo
tecnologico” e introdotto dall'Atto Unico Europeo nel 1986.
Per attuare la direttiva, in Italia, vari progetti di legge sono stati
presentati alla Camera e assegnati alla Commissione Giustizia;
approvati il 23 gennaio 1992 in un t.u. dal titolo “Norme per la tutela
giuridica dei programmi per elaboratore in attuazione della Direttiva
CEE 91/250 del Consiglio del 14 maggio 1991” (l'equivalente
commissione del Senato non ne iniziò mai l'esame).
Il 18 ottobre del 1991, il governo presenta proprio al Senato il
disegno di legge 3018 che sarà trasformato nel d.lgs. 518/1992.
Proprio alla fine dell'anno l'ordinamento italiano vara la nuova
tutela giuridica del software.
L'aver ricondotto il software alle opere dell'ingegno indica la
volontà di tutelarlo come risultato di un'attività ma la scelta legislativa
22
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
operata segna i limiti entro cui l'ordinamento tollera una
monopolizzazione di tale risultato.32
In realtà il legislatore non vuole assimilare il software alle opere
letterarie, ma solo rinviare alla loro disciplina; in tal modo si evita
anche la definizione di programma che sarebbe comunque destinata ad
essere superata dall'evolvere della tecnologia.
Ne risulta un sistema che ha rivoluzionato un istituto di
tradizione consolidata come il diritto d'autore ed ha acuito gli squilibri
tra i vari settori della tecnica in relazione alla tutela giuridica delle
innovazioni.
Il d.lgs. 518/1992 integra, infatti, la “storica” legge 641/1941 sul
diritto d'autore introducendo il software in quanto “opera letteraria”.
Le fonti nazionali sul diritto d'autore sono, quindi, attualmente
rinvenibili nel codice civile (artt. 2575 - 2583 nel libro V del Lavoro)
e nella legge speciale n. 633 del 22 aprile 1941 denominata “lda” (da
ora in avanti semplicemente lda).
Le disposizioni del codice civile sono una sovrapposizione alle
disposizioni della lda ed a quest'ultima espressamente rimandano.
La lda (con i suoi 206 artt.) costituisce il testo normativo di
riferimento per il diritto d'autore in Italia.
La lda, come modificata dal d.lgs. 518/1992, tutela i programmi
per elaboratore che siano “originali” e siano il “risultato di una
creazione intellettuale dell'autore” riconoscendo carattere creativo a
quel complesso di istruzioni che l'uomo dà alla macchina.
I programmi sono a loro volta alla radice della realizzazione di
32
M. Cavani. La legge sul software - Commentario sistematico. L.C.Ubertazzi (a cura di). 1994.
23
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
produzioni intelletuali che non sempre sono opere dell'ingegno,
potendo essere anche sistemi contabili, disegni industriali, opere di
compilazione, sistemi di ricerca o altro, privi di carattere creativo.33
Nello specifico, il decreto aggiunge un comma all'art. 1,
aggiunge il n.8 all'art.2, inserisce gli artt. 12-bis e 27-bis e l'intera
sezione VI costituita dagli artt. 64-bis, 64-ter, 64 quater e infine
inserisce le lettere a) e b) all'art.103, il terzo comma all'art.105, il
quarto comma all'art.161 e l'intero art. 171-bis.
Ai fini della nostra analisi sono rilevanti in particolare:
Art.1 - L. 633-1941
“Sono protette ai sensi di questa legge le opere dell’ingegno di carattere creativo che
appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro ed alla
cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione.
Sono altresì protetti i programmi per elaboratore come opere letterarie ai sensi della
Convenzione di Berna sulla protezione delle opere letterarie ed artistiche ratificata e resa
esecutiva con legge 20 giugno 1978, n. 399, nonché le banche di dati che per la scelta o la
disposizione del materiale costituiscono una creazione intellettuale dell’autore.”
Le caratteristiche che si evidenziano dall'art.1 costitusicono uno
spartiacque fra le opere protette e ogni altra produzione intellettuale,
sia con riguardo a quelle che mancano di un'adeguata forma
espressiva, sia con riguardo a quelle che rientrano nel campo della
tecnica.
Va ricordato anche che molto spesso alcune produzioni
33
Vittorio M. De Sanctis. I soggetti del diritto d'autore. Giuffrè. 2005
24
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
intellettuali restano fuori dalla tutela del diritto d'autore perchè la
forma espressiva manca o è ridotta ai minimi termini proprio perchè
l'autore non è interessato alla sua protezione, tenendo, invece ad
ottenere una esclusiva sull'attuazione del contenuto di idee.
Il secondo comma dell'art.1 prevede espressamente che anche il
software sia da considerarsi nel novero delle opere intellettuali, anzi,
precisa come “... opere letterarie ai sensi della Convenzione di Berna
...”.
L'integrazione della elencazione delle opere protette, contenuta
nell'art. 1 della lda, è stata essenziale al fine di conferire tutela
giuridica al software. Sono stati delimitati in modo tassativo i generi
di opere tutelate ed il testo non è suscettible di interpretazioni
estensive.
Il richiamo alle opere letterarie è facilitato dal fatto che gli
algoritmi sono scritti in una sorta di linguaggio regolato da regole
sintattiche; ma ciò vale solo per il “codice sorgente” (dove il
programma non ha funzione pratica perchè i suoi elementi sono
destinati a scomparire al momento dell'esecuzione) e non anche per il
“codice binario” dotato, invece, di funzione utilitaria.34
Art.2 - L. 633-1941 (estratto)
“In particolare sono comprese nella protezione:
1) ....
2) ....
8) i programmi per elaboratore, in qualsiasi forma espressi purché originali quale
34
Lina Bregante. La tutela del software. Giappichelli. 2003
25
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
risultato di creazione intellettuale dell’autore. Restano esclusi dalla tutela accordata dalla
presente legge le idee e i principi che stanno alla base di qualsiasi elemento di un programma,
compresi quelli alla base delle sue interfacce. Il termine programma comprende anche il
materiale preparatorio per la progettazione del programma stesso.”
Come conseguenza dello specifico accostamento del software
all'opera letteraria, si può interpretare il numero otto dell'art.2.
Le “idee informatiche”, che generano programmi, si sviluppano e
si rendono tangibili attraverso un linguaggio così come “l'idea
letteraria”. Con questa ha in comune il fatto di potersi concretare in
tanti modi diversi di “espressione” quanti sono i possibili autori che da
quell'idea partono per raggiungere un risultato: ogni mente è diversa
dalle altre e sceglie strade diverse ed è proprio questa infinita varietà
di espressioni ad essere oggetto di tutela.
Il motivo di queste sottili distinzioni tra “idea e “espressione” è
evidente: se le idee potessero divenire oggetto di monopolio e, una
volta usate nessuno potesse più disporne, si darebbe un colpo mortale
alla fantasia umana ed alla sua continua ricerca di novità,
perfezionamento e progresso.
La tutela è quindi delimitata al programma definitivo, purchè
originale e costituente il risultato della creazione intellettuale, oltre al
materiale di progettazione e preparatorio (diagrammi di flusso,
descrizioni o sequenze di operazioni in linguaggio ordinario), nonché
le parti di programma incorporate nell'hardware ed i manuali di
istruzioni che riproducono parti creative del programma stesso.
In realtà gli artt.1 e 2 non hanno posto la parola fine alla diatriba
26
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
sulla configurazione giuridica del software. Le norme identificano il
software con un genus (“opere letterarie” ex art.1) all'interno del quale
è indicata l'appartenenza ad una species (“programma originale” ex
art.2). Il richiamo alla Convenzione di Berna da parte dell'art.1 ha
rilievo per il “principio di assimilazione” dato che dalla convenzione il
software non è citato espressamente.
Il fatto che il software sia protetto come opera letteraria,
sottolinea la sua estraneità alla categoria alla quale è distaccato e non
entra a far parte con le stesse credenziali delle vere e proprie opere
letterarie.
Il programma non può essere o non è sempre una vera e propria
opera letteraria, nel significato tradizionalmente inteso dal diritto
d'autore.
Il comma 2 dell'art.1 dev'essere allora inteso come una vera e
propria finzione legale definitoria. Significa che per individuare gli
elementi di “forma” protetti del software non potranno applicarsi
meccanicamente concetti elaborati per le opere letterarie vere e
proprie.35
Il legislatore ha scelto la strada dell'introduzione di un comma
nell'originario art.1 della lda “sfregiando” e “stonando” con una
“caduta di stile” che poteva essere evitata poiché associa i programmi
alla musica e ripartisce l'arte, considerata nel suo complesso al primo
comma, con la sola categoria (delle opere letterarie) del secondo
comma.36
35
36
G. Guglielmetti. La tutela delle banche dati con diritto sui generis nella direttiva 96/9/CE. CI
Europa. 1997.
V. Franceschelli. Tutela giuridica dei programmi per elaboratore. NLCC. 1995.
27
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
Alla luce di quanto esposto vi è, quindi, chi lamenta che il diritto
d'autore offre una tutela assolutamente inadeguata non proteggendo
proprio quanto vi può essere di più prezioso nel software che non è lo
sviluppo del programma in un determinato linguaggio simbolico,
bensì l'algoritmo di soluzione che ne costituisce tutta la carica ideativa
e che può essere veramente creativo.
L'ultimo periodo del riformato art.2, infine, si riferisce al
materiale preparatorio che può essere inteso come un insieme
frammentario non organizzato in forma compiuta, nel quale
inevitabilmente prevale l'aspetto contenutistico su quello formale;
tuttavia, esso è protetto dalla normativa come entità che costituisce il
programma stesso. Il concetto di materiale preparatorio si restringe
quindi a ciò che abbia una pur minima compiutezza organizzativa,
ossia una pur minima traccia di forma e lascia fuori della tutela ciò
che rappresenta solo una traccia di lavoro.
Continuando nell'analisi degli articoli introdotti nella lda, l'intera
sezione VI (artt. 64 bis, ter e quater), inserita ex novo nella lda, tratta
l'argomento del “reverse engineering”37.
Art. 64 bis - L. 633-1941
Fatte salve le disposizioni dei successivi articoli 64 ter e 64 quater, i diritti esclusivi
conferiti dalla presente legge sui programmi per elaboratore comprendono il diritto di effettuare
o autorizzare:
a) la riproduzione, permanente o temporanea, totale o parziale, del programma per
elaboratore con qualsiasi mezzo o in qualsiasi forma. Nella misura in cui operazioni quali il
37
Vedi supra paragrafo 1.4
28
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
caricamento, la visualizzazione, l’esecuzione, la trasmissione o la memorizzazione del
programma per elaboratore richiedano una riproduzione, anche tali operazioni sono soggette
all’autorizzazione del titolare dei diritti;
b) la traduzione, l’adattamento, la trasformazione e ogni altra modificazione del
programma per elaboratore, nonché la riproduzione dell’opera che ne risulti, senza pregiudizio
dei diritti di chi modifica il programma;
c) qualsiasi forma di distribuzione al pubblico, compresa la locazione, del programma
per elaboratore originale o di copie dello stesso. La prima vendita di una copia del programma
nella Comunità Economica Europea da parte del titolare dei diritti, o con il suo consenso,
esaurisce il diritto di distribuzione di detta copia all’interno della Comunità, ad eccezione del
diritto di controllare l’ulteriore locazione del programma o di una copia dello stesso.
Art. 64 ter - L. 633-1941
Salvo patto contrario, non sono soggette all’autorizzazione del titolare dei diritti le
attività indicate nell’art. 64 bis, lettere a) e b), allorché tali attività sono necessarie per l’uso del
programma per elaboratore conformemente alla sua destinazione da parte del legittimo
acquirente, inclusa la correzione degli errori.
Non può essere impedito per contratto, a chi ha il diritto di usare una copia del
programma per elaboratore di effettuare una copia di riserva del programma, qualora tale
copia sia necessaria per l’uso.
Chi ha il diritto di usare una copia del programma per elaboratore può, senza
l’autorizzazione del titolare dei diritti, osservare, studiare o sottoporre a prova il funzionamento
del programma, allo scopo di determinare le idee ed i principi su cui è basato ogni elemento del
programma stesso, qualora egli compia tali atti durante operazioni di caricamento,
visualizzazione, esecuzione, trasmissione o memorizzazione del programma che egli ha il diritto
di eseguire. Le clausole contrattuali pattuite in violazione del presente comma e del comma 2
29
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
sono nulle.
Art. 64 quater - L. 633-1941
L’autorizzazione del titolare dei diritti non è richiesta qualora la riproduzione del codice
del programma di elaboratore e la traduzione della sua forma ai sensi dell’art. 64 bis, lettere a)
e b), compiute al fine di modificare la forma del codice, siano indispensabili per ottenere le
informazioni necessarie per conseguire l’interoperabilità, con altri programmi, di un
programma per elaboratore creato autonomamente purché siano soddisfatte le seguenti
condizioni:
a) le predette attività siano eseguite dal licenziatario o da altri che abbia il diritto di usare
una copia del programma oppure, per loro conto, da chi è autorizzato a tal fine;
b) le informazioni necessarie per conseguire l’interoperabilità non siano già facilmente e
rapidamente accessibili ai soggetti indicati alla lettera a);
c) le predette attività siano limitate alle parti del programma originale necessarie per
conseguire l’interoperabilità.
Le disposizioni di cui al comma 1 non consentono che le informazioni ottenute in virtù
della loro applicazione:
a) siano utilizzate a fini diversi dal conseguimento dell’interoperabilità del programma
creato autonomamente;
b) siano comunicate a terzi, fatta salva la necessità di consentire l’interoperabilità del
programma creato autonomamente;
c) siano utilizzate per lo sviluppo, la produzione o la commercializzazione di un
programma per elaboratore sostanzialmente simile nella sua forma espressiva, o per ogni altra
attività che violi il diritto di autore.
Le clausole contrattuali pattuite in violazione dei commi 1 e 2 sono nulle.
Conformemente alla convenzione di Berna sulla tutela delle opere letterarie ed artistiche
30
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
ratificata e resa esecutiva con legge 20 giugno 1978, n. 399, le disposizioni del presente articolo
non possono essere interpretate in modo da consentire che la loro applicazione arrechi
indebitamente pregiudizio agli interessi legittimi del titolare dei diritti o sia in conflitto con il
normale sfruttamento del programma.
Dalla lettura dei testi si evince che il “reverse engineering”
costituisce un'eccezione al monopolio del titolare dei diritti di
sfruttamento del software; infatti è concesso a terzi di riprodurre e
tradurre il codice del programma senza la sua autorizzazione.
Queste attività sono però rigidamente definite e devono essere
altrettanto rigidamente finalizzate al raggiungimento degli scopi
indicati dalla norma: i risultati del “reverse engineering” possono
essere usati solo in vista di ottenere “l'interoperabilità” fra più
programmi.
La necessità di questa concessione deriva dalla tipologia di
mercato sul quale ci si muove: i produttori di software devono essere
in grado di fornire prodotti nuovi ma sempre compatibili con quanto
già esiste.
È pur vero che questo settore poteva essere lasciato agli accordi
tra imprese, cioè alla pura e semplice disciplina della concorrenza, ma
il legislatore comunitario (e di conseguenza quello italiano) hanno
ritenuto più opportuno introdurre una disciplina specifica.
In un primo momento, anteriormente alla stesura della Direttiva
CEE 91/250, molte pressioni da parte delle “software houses”
tendevano a far introdurre esplicitamente nel testo il divieto totale
31
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
della “decompilazione”38 in ogni ipotesi in cui non fosse necessaria
per creare prodotti compatibili.
La stesura finale della direttiva ha assunto una posizione meno
rigida ed ha proceduto all'elencazione dei casi in cui detta
decompilazione è ammessa.
Dal momento che questa attività dovrebbe essere finalizzata
all'ottenimento di informazioni per conseguire l'interoperabilità di più
programmi, ci si è chiesti se si possano acquistare le informazioni
piuttuosto che procedere alla assai più costosa pratica del “reverse
engineering”.
Secondo l'art.64 quater ciò è possibile se l'aspirante acquirente è
un soggetto che può lecitamente usarle, altrimenti, no. Se l'operazione
può essere lecitamente delegata a terzi autorizzati non v'è ragione di
impedire
l'acquisto
dei
dati
risultanti
dalla
decompilazione
legittimamente effettuata da altri.
Il “reverse engineering” consiste nel risalire, con l'analisi e lo
studio indipendente degli altrui prodotti reperiti sul mercato, dal
progetto finale alle informazioni sottostanti e nel ricreare da quelle un
nuovo prodotto diverso dal primo.39
2.2.2 - La Società Italiana Autori ed Editori.
L'analisi della lda, come modificata dal d.lgs. 518/1992, merita
infine un accenno all'ingresso della SIAE40 nel mondo del software
38
39
40
Vedi supra paragrafo 1.4
G. Guglielmetti. L'invenzione di software. Giuffrè. 1997
La SIAE è un ente pubblico che cura la tutela del diritto d'autore in Italia. L'attribuzione
dell'art.103 della lda alla tenuta del “registro del software” è una previsione originata dal nostro
32
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
come conseguenza dell'inserimento del comma quattro all'art. 10341.
Alla SIAE è affidata la tenuta del “registro pubblico speciale per
i programmi per elaboratore”, curato dalla sezione OLAF.
Art.103 L. 633-1941
È istituito presso il Ministero della cultura popolare un registro pubblico generale delle
opere protette ai sensi di questa legge.
La Società italiana degli autori ed editori (SIAE) cura la tenuta di un registro pubblico
speciale per le opere cinematografiche.
In detti registri sono registrate le opere soggette all’obbligo del deposito con la indicazione
del nome dell’autore, del produttore, della data della pubblicazione e con le altre indicazioni
stabilite dal regolamento.
Alla Società italiana degli autori ed editori è affidata, altresì, la tenuta di un registro
pubblico speciale per i programmi per elaboratore. In tale registro viene registrato il nome del
titolare dei diritti esclusivi di utilizzazione economica e la data di pubblicazione del programma,
intendendosi per pubblicazione il primo atto di esercizio dei diritti esclusivi.
La registrazione fa fede, sino a prova contraria, della esistenza dell’opera e del fatto della
sua pubblicazione. Gli autori e i produttori indicati nel registro sono reputati, sino a prova
contraria, autori o produttori delle opere che sono loro attribuite. Per le opere cinematografiche la
presunzione si applica alle annotazioni del registro indicato nel secondo comma.
La tenuta dei registri di pubblicità è disciplinata nel regolamento.
I registri di cui al presente articolo possono essere tenuti utilizzando mezzi e strumenti
informatici.
Il deposito dell'opera, occorre ribadirlo, è un obbligo giuridico
41
legislatore e non dalla direttiva CEE 91/250.
Con relativo regolamento stabilito dal DPCM 3 gennaio 1994 n.244
33
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
per gli autori e i loro aventi causa ma l'evenutale inadempimento non
impedisce né l'acquisto, né l'esercizio di alcuno dei diritti d'autore in
senso proprio (quelli del titolo I della lda)42.
Come tutti gli altri registri, quindi, anche quello dei programmi
per elaboratore è volontario e oneroso. Anche in questo registro
possono essere trascritti atti di disposizione di diritti con l'efficacia di
pubblicità notizia nei confronti dei terzi.
2.2.3 - Le convenzioni internazionali: Convenzione di Berna del
1886; Accordo GATT-TRIPs del 1994; Trattati OMPI del 1996.
Il diritto d'autore è “diritto senza frontiere” ed ha quindi goduto
sin da subito di tutela internazionale.
La prima convenzione sul diritto d'autore è la Convenzione di
Berna sulla protezione delle opere letterarie e artistiche del 9
settembre del 1886, attualmente ancora in vigore. Fu completata a
Parigi dieci anni dopo e rivista poi a Berlino nel 1908, a Berna nel
1914, a Roma nel 1928, a Bruxelles nel 1948, a Stoccolma nel 1967
ed infine a Parigi nel 1971.
In Italia l'Atto di Parigi del 1971 è stato reso esecutivo con la
legge 20 giugno 1978 n.399, che ha modificato alcuni articoli della
lda.
È espressamente alla Convenzione di Berna che il secondo
42
Il mancato deposito è sanzionato con l'esperibilità da parte del Ministero per i Beni e le Attività
culturali del sequestro di un esemplare o di una copia dell'opera di cui fu omesso il deposito e
con l'ammenda che si ritiene debba venire comminata in caso di deposito effettuato senza il
rispetto delle forme prescritte dall'art.35 del Regolamento (R.D. 18 maggio 1942 n.1369) per
l'esecuzione della lda.
34
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
comma dell'art.1 della lda fa riferimento nell'equiparare il software
alle opere letterarie ma dello stesso, nella convenzione, non v'è traccia
diretta.
Il software è chiaramente e direttamente stato preso in
considerazione, invece, nel 1994 a Marrakech nei nuovi accordi
GAAT43adottati il 15 aprile del 1994 nei quali furono inseriti i TRIPs
“Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights”.
I TRIPs sono tesi a garantire al meglio la circolazione di beni più
che emergenti, gli immateriali, la cui necessità di tutela giuridica
internazionale è divenuta essenziale anche tra gli operatori
commerciali, in considerazione della marcata influenza economica,
sul prodotto interno lordo degli Stati, delle negoziazioni inerenti al
diritto d'autore.
In tale sede si è deciso di assicurare al software protezione, in
ambito di diritto d'autore sia nella versione in “codice sorgente” che in
“codice binario”, facendo, anche qui, riferimento diretto alla
Convenzione di Berna.
Art. 10 Trade Related Aspect of Intellectual Property Rights
Computer programs and compilations of data.
Computer programs, whether in source or object code, shall be protected as literary
works under the Berne Convention.
Compilations of data or other material, whether in machine readable or other form,
which by reason of the selection or arrangement of their contents constitute intellectual
creations shall be protected as such. Such protection, which shall not extend to the data or
43
Acronimo di “General Agreement on Tariffs and Trade”.
35
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
material itself, shall be without prejudice to any copyright subsisting in the data or material
itself.
Infine a dicembre del 1996, a Ginevra, sono stati adottati il
“Trattato OMPI44 sul diritto d'autore”, comunemente chiamato WCT
(ovvero WIPO Copyright Treaty) ed il “Trattato OMPI sulle
interpretazioni, le esecuzioni ed i fonogrammi”, comunemente
chiamato WPPT (ovvero WIPO Performances and Phonograms
Treaty) nel quadro di un indiretto aggiornamento della Convenzione di
Berna, che, facendo seguito a quello dei TRIPs, ne ha ripreso le
logiche anche con riferimento ai programmi per elaboratore,
riconoscendo loro tutela, qualunque sia il modo o la forma di
espressione.
2.3 - Il software come invenzione industriale:
2.3.1 - Il formale divieto: art.52 della Convenzione sul Brevetto
Europeo.
Storicamente, la prima norma in materia brevettuale che esclude
dalla sua tutela i programmi per elaboratore compare in una nella
legge francese del 1968. Nella scelta del legislatore d'oltralpe vi era la
preoccupazione di non introdurre un regime che favorisse la
brevettazione del software in controtendenza all'orientamento che
sembrava affermarsi alla metà degli anni sessanta negli Stati Uniti.
44
Acronimo di “Organization Mondial puor la Proprietè Intellectuelle” ovvero WIPO “World
Intellectual Property Organization”.
36
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
Dopo la legge francese, il divieto di brevettazione del software è
stato accolto dalla Convenzione di Monaco sul brevetto europeo del
1973 (da ora in avanti semplicemente CBE45).
La Convenzione è stata sottoscritta il 5 ottobre del 1973 ed è
entrata in vigore dal 7 ottobre 1977.
La sua principale finalità consiste nello schematizzare e
uniformare il procedimento di deposito e concessione di un brevetto
valido su un enorme territorio economicamente sviluppato (l'Europa),
nonché di facilitarne la tutela tramite riduzione dei costi.
Dal punto di vista giuridico, la CBE è un accordo “particolare” il
cui oggetto è la protezione della proprietà intellettuale ed è un accordo
“regionale” valido su di un determinato territorio.
La Convenzione sottoscritta a Monaco è stata la base per la di
poco successiva Convenzione (sempre sul brevetto europeo)
sottoscritta a Lussemburgo il 15 dicembre 1975.
La domanda di brevetto europeo è “filtrata” dagli uffici brevetto
di ogni Stato aderente. In Italia è competente l'Ufficio Brevetti presso
il Ministero delle Attività Produttive.
Dall'8 dicembre del 2000 le domande possono avvenire
elettronicamente e sono considerate “originali” come la copia cartacea
per effetto della fissazione di uno standard di “firma elettronica”.46
Il brevetto europeo viene rilasciato a seguito dell'esito positivo
dell'esame di merito, ossia, dell'avvenuta identificazione sull'opera dei
requisiti imposti dalla Convenzione: si tratta dei medesimi requisiti di
45
46
In inglese “European Patent Convention”.
Sistema che attesta l'originalità di un documento elettronico. Tema anche questo talmente
controverso per la legge e la giurisprudenza italiana che meriterebbe un tesi a parte.
37
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
novità, originalità, materialità e industrialità, previsti in ogni
normativa sul brevetto.
Nel corso dell'esame della domanda di brevetto, vengono
controllati anche i requisiti formali: le eventuali irregolarità di tale
natura sono notificate al richiedente, che ha un termine entro il quale
rimediare.
L'articolo della Convenzione che rileva ai fini della nostra analisi
è, senza dubbio, il 52:
Art. 52 European Patent Convention
Patentable inventions
European patents shall be granted for any inventions which are susceptible of industrial
application, which are new and which involve an inventive step.
The following in particular shall not be regarded as inventions within the meaning of
paragraph 1:
a) discoveries, scientific theories and mathematical methods;
b) aesthetic creations;
c) schemes, rules and methods for performing mental acts, playing games or doing
business, and programs for computers;
d) presentations of information.
The provisions of paragraph 2 shall exclude patentability of the subject-matter or activities
referred to in that provision only to the extent to which a European patent application or European
patent relates to such subject-matter or activities as such.
Methods for treatment of the human or animal body by surgery or therapy and diagnostic
methods practised on the human or animal body shall not be regarded as inventions which are
susceptible of industrial application within the meaning of paragraph 1. This provision shall not
38
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
apply to products, in particular substances or compositions, for use in any of these methods.
ovvero
Art. 52 Convenzione Europea Brevetti
Invenzioni brevettabili
“I brevetti europei sono concessi per le invenzioni nuove che implicano un'attività
inventiva e sono atte ad avere un'applicazione industriale.
Non sono considerate come invenzioni nuove ai sensi del primo comma in particolare:
a) le scoperte, le teorie scientifiche e i metodi matematici
b) le creazioni estetiche
c) i piani, i principi e metodi per attività intellettuali, per giochi o per attività commerciali
e i programmi per elaboratori
d) le presentazioni di informazioni
Le disposizioni del comma 2 escludono la brevettabilità degli oggetti o delle attività in esse
nominati soltanto nella misura in cui la domanda di brevetto europeo o il brevetto europeo
concerne detti oggetti o attività, in quanto tali.
Metodi di trattamento dell'uomo o dell'animale con metodi chirurgici, diagnostici o
terapeutici, non riguradano le invenzioni che sono suscettibili di applicazione industriale, senza il
significato del comma 1. questa previsione non è applicabile ai prodotti, in particolare sostanze o
composizioni, per uso in ognuno di questi metodi.”
Il concetto da esaminare contenuto in questo articolo è: “i
programmi per elaboratore non sono invenzioni (ex comma 2)
considerati in quanto tali (ex comma 3)”.
Partiamo dal presupposto che nell'art.52 sono accomunati tutti
39
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
beni considerati “soggettivi” e, perciò, non brevettabili perchè carenti
di carattere tecnico, inoltre, l'articolo non indica tra i requisiti di
brevettabilità il carattere industriale dell'invenzione. L'industrialità è
riferita alla sola applicazione del risultato inventivo, conformemente a
quanto previsto dalla Convenzione di Strasburgo del 1963 sulla
unificazione di alcuni principi della legislazione sui brevetti
d'invenzione.
I tre requisiti di brevettabilità che il software, al pari di ogni altra
invenzione, dovrebbe possedere per poter essere considerato
invenzione:47
1) novità: requisito intrinseco nel concetto stesso di invenzione.
Ci si può chiedere, perciò, in relazione al software come
invenzione
“nuova”,
quando
un
programma
possa
effettivamente essere considerato nuovo o, ancor meglio,
quando lo possa essere un algoritmo o una singola funzione
specifica all'interno di un programma più complesso. Sembra
abbastanza probabile che, essendo l'evoluzione di tutte le
opere dell'ingegno, e del software in particolare un processo
incrementale, in cui ogni soggetto coinvolto deve molto ai suoi
predecessori, la novità del programma nel suo complesso sia
qualcosa di abbastanza raro.
2) originalità: strettamente correlato al requisito precedente il
concetto
di
originalità
è
riferito
all'attività
creativa
dell'inventore per cui non solo l'invenzione non dev'essere
stata divulgata ma deve rappresentare un contributo, anche di
47
S. Bisi. Ciberspazio e diritto. Novembre 2005.
40
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
lieve entità, allo stato della tecnica e non una semplice
conseguenza logica. In riferimento al software è ragionevole
attendersi dall'UEB un'analisi puntuale di cosa debba
intendersi di volta in volta per “originale”.
3) industrialità: è un concetto precisato dall'art.57 della CBE,
secondo il quale l'oggetto di un'invenzione deve poter essere
“fabbricato e utilizzato in un qualsiasi genere di industria”.
Secondo uno studio richiesto dalla commissione giuridica e
per il mercato interno del Parlamento europeo nell'ambito del
programma annuale di ricerca e riguardante la brevettabilità
dei programmi per elaboratore, sussiste una certa confusione
sul punto, dovuta forse ai diversi significati che il termine
“industria”48 assume nelle varie lingue del europee.
I primi due requisiti sono caratteristiche della “creazione
intellettuale” in generale, idonei quindi a identificarsi sia con diritto
d'autore che di brevetto, ma i programmi per elaboratore resterebbero
comunque esclusi dalla brevettazione per carenza di applicazione
industriale. Il comma 4 dell'art. 52 della CBE elenca, infatti, tra le
creazioni prive di tale requisito soltanto i metodi chirurgici, terapeutici
o diagnostici applicati al corpo umano o animale.
In effetti il software si presta ad essere riprodotto industrialmente
attraverso la moltiplicazione in copie su supporti registrati e si presta
anche ad essere utilizzato industrialmente nella fornitura di servizi
informatizzati idonei a soddisfare un bisogno del mercato.
In relazione all'attività di utilizzazione, l'applicabilità del
48
Termine che nella proposta di direttiva COM (2002) 92 è identificato con il concetto di
“contributo tecnico”.
41
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
software potrebbe essere messa in dubbio soltanto nei casi in cui il
software è destinato ad un impiego in attività commerciali, libero
professionali, di studio, di insegnamento o domestiche. Tuttavia anche
in queste situazioni il requisito in esame può considerarsi soddisfatto
laddove sia comunque concepibile l'utilizzazione del prodotto
informatico nell'ambito di un'organizzazione industriale, rivolta a
prestare servizi, tramite l'uso del computer, per la soddisfazione della
domanda del mercato.49
In ogni caso, anche per chi ritenga che in certe ipotesi l'impiego
del software non si presti ad un'applicazione industriale, l'esistenza di
tale requisito non potrebbe negarsi con riguardo all'attività di
produzione dei beni materiali sui quali il software possa considerarsi
dotato di industrialità come prodotto.
I programmi per elaboratore sono invece annoverati nella CEB
tra gli oggetti considerati come non-invenzioni alla lettera c) del
comma 2 dell'art.52.
Le diverse entità elencate da questa disposizione comprendono:
1) i risultati conoscitivi privi di una diretta applicazione pratica,
dotati di un carattere di generalità che li rende idonei a
molteplicità di successive applicazioni.
2) regole per attività intellettuali e per attività che comunque si
risolvono in comportamenti personali.
3) creazioni destinate ad una mera funzione di comunicazione e
godimento intellettuale.
Ciò che unifica questi diversi enti e ne giustifica il
49
G. Guglielmetti. L'invenzione di software. Giuffrè. 1997
42
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
raggruppamento in un'unica elencazione di valore esemplificativo, è,
secondo un'opinione ormai largamente condivisa, l'assenza di carattere
tecnico.
I lavori preparatori della CBE confermano questa lettura dei dati
convenzionali.
Nei
diversi
progetti
che
hanno
preceduto
l'approvazione del testo definitivo adottato alla conferenza di Monaco,
l'esclusione dalla brevettazione del software è sempre stata prospettata
prevenendone l'inserimento nell'elenco di oggetti da qualificare come
non-invenzioni.
La ratio della disposizione della CBE segue da vicino
l'impostazione della legge francese del 1968. Nel sistema della CEB il
requisito del carattere industriale che la legge francese riferiva
indistintamente a oggetto, risultato e applicazione dell'invenzione, per
i primi due profili è assorbito nella nozione d'invenzione brevettabile
ricavabile dall'art.52 CBE, cui come si è visto appartiene l'esigenza
del carattere tecnico del trovato.50
Anche sul piano politico-economico la scelta operata nella CBE
appare motivata da ragioni sostanzialmente analoghe a quelle che
hanno guidato il legislatore francese. Anzitutto in un sistema
organizzato per concedere titoli di privativa con validità in diversi stati
era inevitabile che un'attenzione particolare fosse rivolta all'esigenza
di assicurare certezza giuridica in questa materia.
Il nostro legislatore ha recepito, quindi, con legge delega del 26
maggio 1978 n.260 i principi accolti dalla CBE.
In particolare l'art.12 della l.i. recepisce il contenuto dell'art.52
50
Vedi nota 49.
43
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
della CBE che rappresenta il fulcro del nostro discorso. Il programma
per elaboratore è trattato nelle due disposizioni legislative utilizzando
espressioni che hanno permesso all'Ufficio Europeo dei Brevetti (da
ora in avanti semplicemente UEB51) la “scappatoia interpretativa” per
la brevettabilità del software nonostante gli stessi articoli ne
prevedessero espressamente il divieto.52
art. 12
“Possono costituire oggetto di brevetto le invenzioni nuove che implicano un'attività
inventiva e sono atte ad avere un'applicazione industriale.
Non sono considerate come invenzioni ai sensi del precedente comma in particolare:
1) le scoperte, le teorie scientifiche e i metodi matematici
2) i
piani, i principi ed i metodi per attività intellettuali, per gioco o per attività
commerciale e i programmi per elaboratore
3) le presentazioni di informazioni”
Viene usata l'espressione “invenzioni di software” ovvero
“software-related invention” per riferirsi a tutti i trovati in qualunque
settore della tecnica per i quali è necessario l'impiego di mezzi
informatici, distinguendo poi tali invenzioni dai programmi per
elaboratore “in quanto tali” non brevettabili (ex artt. 52 comma 2 CBE
e 12 comma 2 l.i.).
L'inquadramento del software nell'ambito della disciplina
brevettuale muove dalla considerazione dei mezzi che ne consentono
il funzionamento. In assenza di questi mezzi, infatti, il software si
51
52
In inglese “European Patent Office”.
Vedi infra paragrafo 2.3.2
44
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
esaurisce in una mera descrizione di istruzioni.
È opportuno a tal fine separare due momenti:
1) il software dev'essere registrato su un supporto di memoria
nella forma di un insieme d'informazioni corrispondente alla
sequenza di istruzioni che saranno impartite alla macchina.
2) una volta caricato all'interno dell'elaboratore, all'atto della sua
esecuzione, esso regola il funzionamento della macchina
attraverso una successione di mutamenti fisici delle risorse
dell'hardware.
La materializzazione su mezzi di registrazione è di per sè sola
raramente valutata positivamente dalla dottrina e dalla giurisprudenza
ai fini del giudizio sulla brevettabilità.53
I mezzi di registrazione svolgono unicamente la funzione di
supporto delle informazioni e non appaiono perciò idonei a conferire
ai programmi la qualifica di “enti tecnici”.
Se un'invenzione non è di puro software, nessuno dovrebbe
essere contraffattore solo perché ha distribuito software o perché ha
installato software in un computer in cui la parte hardware, comunque
combinata, non ricada nelle rivendicazioni. Se l'invenzione è di
tecnologia, la parte inventiva è nella tecnologia. Senza tecnologia, non
è invenzione. Il principio è semplice, si tratta di avere buona fede nel
seguirlo, senza tentazioni di proteggere il software oltremisura, con
strumenti che hanno come effetto quello di imporre un monopolio
ventennale (la durata del brevetto) su intere categorie di programmi e,
53
Decisamente minoritario appare l'orientamento della dottrina che considera sempre
brevettabile, perchè intrinsecamente dotato di materialità, il software registrato su supporto di
memoria circuitale (c.d. firmware).
45
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
attraverso la brevettazione di protocolli, interfacce, e algoritmi di
cifratura, su interi sistemi, e categorie di sistemi.54
Se si prescinde dagli effetti prodotti sull'elaboratore, le
informazioni del programma incorporate su un supporto di memoria
sono valutabili alla stregua di mere “presentazioni di informazioni” la
cui brevettabilità è esclusa dagli artt. 52 comma 2 lett. d) della CBE e
12 comma 2 lett. c) della l.i.
È utile aprire ora una parentesi storica prima di passare all'analisi
dell'interpreatzione dell'art.52 da parte dell'UEB.
L'analisi vede necessariamente coinvolgere il contesto normativo
e dottrinario internazionale in virtù del fatto che già da prima
dell'applicazione della CBE (tra il finire degli anni '70 e inizi anni
'80), gli interessi economici intorno ai programmi per elaboratore si
erano visibilmente accentuati.
Lo sviluppo maggiore degli albori dell'industria informatica si è
concentrato negli Stati Uniti, in quell'area geografica ormai famosa
chiamata “Sylicon Valley”.
Anche stavolta, come in passato, l'industria ha chiesto protezione
dei propri investimenti al legislatore.
Le nascenti industrie dell'informatica si accorsero sin da subito
che le caratteristiche “nuove” del digitale55 avrebbero creato gravi
violazioni dei loro diritti di privativa se il contesto normativo non
fosse cambiato.
Si sviluppa così la concezione che considera i programmi come
54
55
Carlo Piana. “I brevetti software sono morti, viva i brevetti software.” In
http://www.interlex.it/copyright/c_piana6.htm
Vedi supra paragrafo 1.3
46
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
oggetti brevettuali.
Questa trova il terreno più fertile nella prima esperienza della
giurisprudenza nordamericana, dove ha ricevuto applicazioni ripetute
tra la fine degli anni '60 e i primi anni '70.
La tesi dell'assenza di carattere tecnico dei programmi per
elaboratore ha radici nella dottrina accolta dal “Patent Office”
statunitense negli anni '60, che considerava i programmi alla stregua
dei “mental steps”56 non brevettabili.
L'orientamento dell'ufficio brevetti statunitense incontrò tuttavia
una radicale opposizione da parte della giurisprudenza della Court of
Custom and Patent Appeals (CCPA), almeno fino a quando, con
l'intervento della Corte Suprema (nel caso Gottschalk vs Benson) il
dibattito venne portato sul terreno differente dei limiti di brevettabilità
dei trovati consistenti in algoritmi matematici.
Le critiche mosse dalla CCPA alla qualificazione dei programmi
in termini di “mental steps” sono sostanzialmente le stesse ancor oggi
utilizzate dagli oppositori del divieto di brevettazione.
Punto fondamentale è rappresentato dal chiarimento della
distinzione che corre tra ideazioni di “processi mentali”, non
proteggibili e le invenzioni di programma: le prime sono vere e
proprie attività della mente attuabili con l'intervento non sostituibile
dell'intelletto, le seconde invece ne prescindono in quanto sono
eseguite meccanicamente.
La non brevettabilità dei processi mentali (la c.d. “mental steps
doctrine”) secondo i giudici della CCPA è legata principalmente alla
56
Tradotto “processi mentali”.
47
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
indeterminatezza dei relativi trovati: se il risultato che essi intendono
conseguire postula ogni volta valutazioni soggettive che richiedono la
cooperazione non sostituibile dell'intelligenza umana, vuol dire che
l'insegnamento non è completo e ripetibile industrialmente con
un'attività meramente esecutiva, ed il trovato non può essere neppure
sufficientemente descritto né precisamente rivendicato.57
Il
software
tuttavia
non
possiede
questi
caratteri
di
indeterminatezza. Al contrario, un algoritmo per computer può dirsi
compiuto solo quando la procedura di soluzione del problema sia
completata con una serie definita di istruzioni incontrovertibili,
attuabili senza ulteriore attività di interpretazione.
L'argomentazione utilizzata dalla CCPA per negare l'applicabilità
ai programmi della dottrina dei “mental steps”, che per la sua
suggestività ha avuto forse maggiore eco in Europa, è quella che si
affida alla metafora che considera l'elaboratore “general purpose”
come
“magazzino
di
parti”
smontate,
destinate
ad
essere
successivamente collegate tra loro per creare macchine differenti
attraverso i programmi. Questa metafora ha proprio il fondamento
nell'osservazione che il software funziona all'interno dell'elaboratore
(ri)definendone la struttura; cosicchè l'hardware ogni volta che sia
azionato da un programma diverso diviene una macchina differente, le
cui parti sono funzionalmente collegate in modo nuovo.58
Tuttavia la giurisprudenza della CCPA non è stata giudicata
sufficiente, dai sostenitori dell'opinione avversa, a superare la loro
visione dei programmi in termini di procedure astratte. Essi
57
58
G. Guglielmetti. L'invenzione di software. Giuffrè. 1997
Vedi nota 57.
48
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
mantengono infatti la distinzione tra attività creativa (brevettabile) che
ha ad oggetto le risorse fisiche della macchina determinandone i
possibili modi di funzionamento, ed attività creativa (non brevettabile)
volta a stabilire la procedura di per sé astratta, che, una volta
completata potrà essere poi incorporata sui mezzi fisici per
l'esecuzione della macchina.
L'orientamento della CCPA è stato in seguito corretto dalla stessa
giurisprudenza statunitense la quale considera ora non più sufficiente
per la brevettabilità l'essere la procedura destinata all'esecuzione
meccanica, e punta l'attenzione sul diverso problema del significato
concreto o puramente astratto-matematico delle operazioni svolte
dall'elaboratore programmato, fornendo così una chiave di lettura
diversa.
Con l'entrata in vigore della CBE è stato attribuito all'art.52 un
fondamento interpretativo facilitato proprio dal ricorso della CCPA al
metodo analitico che consentisse di separare le istruzioni astratte dalle
operazioni fisiche. Argomento più che valido per permettere all'UEB
di intraprendere la via più promettente per affrontare la brevettabilità
del software.
2.3.2 - L'attuazione di fatto: interpretazione dell'art.52 della
Convenzione sul Brevetto Europeo da parte dell'Ufficio Europeo
dei Brevetti.
Per capire il meccanismo interpretativo sviluppatosi nel tempo,
risultano rilevanti in proposito alcune decisioni della Commissione di
49
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
ricorso dell'UEB.
La prima del 21 maggio 198759. In essa i giudici hanno osservato
che, anche se il programma all'atto del suo funzionamento agisce su
segnali elettrici, rimane il fatto che questi segnali costituiscono per se
stessi soltanto il risultato della registrazione su un ente fisico
preesistente dell'informazione astratta contenuta nelle istruzioni del
software e non possono essere riguardati come un effetto tecnico
rilevante; pertanto un programma non diviene un ente brevettabile per
il solo fatto di essere presentato nella domanda di brevetto unitamente
all'elaboratore all'interno del quale funziona: occorre a tal fine che
esso abbia anche un'applicazione tecnica diversa.
La seconda del 5 ottobre 198860. La Commissione rilevò che,
sebbene in un elaboratore programmato sia sempre riscontrabile una
interrelazione funzionale tra le diverse parti dell'hardware che può
considerarsi nuova, questa è tuttavia priva di significato ai fini della
brevettabilità tutte le volte in cui non definisce un nuovo modo di
funzionamento dell'elaboratore dal punto di vista tecnico, ma si limita
a tradurre nel mondo fisico la procedura astratta contenuta nel
programma in maniera convenzionale.
In queste decisioni emerge che la giurisprudenza della
Commissione di ricorso non considera sufficiente, ai fini della
qualificazione come invenzione brevettabile, che il programma sia
destinato a venir eseguito automaticamente sull'elaboratore. I giudici
dell'UEB ritengono infatti che quando il funzionamento dell'hardware
è ottenuto secondo i modi tecnicamente predeterminati dalla
59
60
T 26/86, X-ray Apparatus vs Koch & Sterzel.
T 22/85, Document abstracting and retrieving vs IBM.
50
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
macchina, le modificazioni prodotte al suo interno rappresentano
soltanto la trasposizione su mezzi fisici di una procedura non
brevettabile, in sé già interamente compiuta prima di essere applicata
all'elaboratore.
Il 19 ottobre del 2000, la Commissione europea rese noto un
rapporto redatto da esperti del ramo dal titolo “L'impatto economico
della brevettabilità dei programmi per elaboratore”.
Da esso è stata tratta la conclusione che la legislazione europea
sul brevetto in campo informatico ha avuto un effetto deterrente sugli
investimenti e le innovazioni; ciò sarebbe stato causato principalmente
dal testo dell'art.52 comma 2 let. c), che si presta ad interpretazioni
molteplici e crea incertezza giuridica.
La Commissione europea si è così spinta fino ad avanzare la
proposta di modificare il testo della CEB, mediante l'eliminazione dei
programmi dalla lista degli oggetti non brevettabili; tale proposta è
caduta nel nulla, dato che la Conferenza diplomatica per la revisione
della Convenzione ha ribadito che i programmi per elaboratore non
sono eliminabili dalla lista delle invenzioni non brevettabili a meno
che non importino un contributo nuovo ed inventivo allo stato della
tecnica.
A questo punto l'UEB ha approfondito i riflessi applicativi di
queste concezioni di non brevettabilità ed ha preso in considerazione il
limite del divieto del terzo comma dell'art.52 ai soli programmi “in
quanto tali”.
Le parole in questione sono quindi “brevettare software in quanto
tale” e “invenzioni correlate al computer” (computer implemented
51
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
inventions).
Una bella mattina di pochi anni fa qualcuno in quel di Monaco
(sede dell'UEB) si sveglia è ha una rivelazione. Il software non vive
da solo, ovviamente da solo non ha rilevanza industriale, non consente
il miglioramento di un processo o di un prodotto.
Il software viene utilizzato su apparecchiature che vengono
chiamate “computer”, e chi può negare che il software faccia
funzionare meglio un computer: perché migliora l'interrelazione tra
uomo e macchina (ed ecco i brevetti sulle interfacce grafiche), perché
migliora la capacità di computer di comunicare tra di loro (ed ecco i
brevetti sui protocolli e sulle interfacce), perché consente di
conservare più dati in uno spazio fisico dato (ed ecco i brevetti sugli
algoritmi di compressione), perché consente al computer di proteggere
meglio dall'accesso i dati che conserva (ed ecco i brevetti sugli
algoritmi di cifratura). Tutte le volte che un principio astratto come un
algoritmo può essere usato per far funzionare meglio un computer è
allora una “computer implemented invention”. Non viene protetta in
quanto tale, ma “solo” quando viene usata per far funzionare meglio
un computer.61
Anche se irrilevante per l’Europa, persino negli Stati Uniti la
Corte Suprema aveva ripetutamente escluso la brevettabilità del
software, ma negli anni ‘80 l’ufficio brevetti di quel Paese iniziò a
concedere brevetti su software (e continua a concederli).
L’Europa, quindi l’UEB, presto incominciò a imitare gli Stati
Uniti nel concedere brevetti software, e alcuni tribunali (per esempio
61
Carlo Piana. “I brevetti software sono morti, viva i brevetti software”. In
http://www.interlex.it/copyright/c_piana6.htm
52
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
il maggiore tribunale tedesco) confermarono recentemente la
legittimità della pratica.
L'UEB ha seguito un orientamento interpretativo che può essere
ricondotto alla considerazione di due precise categorie di “invenzioni
di software brevettabili”:
1) invenzioni nei quali i programmi producono effetti tecnici
all'interno dell'elaboratore o sugli altri elementi del sistema di
collaborazione
2) invenzioni nelle quali i programmi comandano tramite
l'elaboratore apparati o procedimenti industriali producendo un
effetto tecnico distinto dal funzionamento del sistema di
elaborazione
Nella prima categoria rientrerebbero anzituto le invenzioni che
realizzano tramite software una nuova organizzazione dei mezzi di cui
si compone l'elaboratore.
Sono da considerare qui i “programmi di base” che producono un
nuovo e vantaggioso modo di funzionamento del computer come
macchina “general purpose”; oppure l'invenzione che tramite software
ottiene il risultato di modificare la struttura dell'elaboratore; ancora le
invenzioni che permettono di conseguire tramite software particolari
risultati sul funzionamento di più unità di elaborazione e/o su una o
più periferiche (monitor, stampante ecc.) tra loro collegate; infine
anche i sistemi per la produzione di immagini sullo schermo o su altri
dispositivi o quelli che migliorano il funzionamento del monitor.
La Commissione di ricorso dell'UEB in un caso del 1988 (Data
processor network vs IBM, T 6/83) ha giudicato brevettabile un
53
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
sistema di coordinamento e di controllo della comunicazione interna
tra programmi e dati collocati in diverse unità d'elaborazione collegate
in rete e realizzato attraverso software.
Nella seconda categoria rientrerebbero tutte le applicazioni
dell'informatica per la soluzione di problemi non inerenti al
funzionamento del computer o degli altri mezzi compresi nel sistema
di elaborazione, e dotate di carattere tecnico.
L'elaboratore programmato costituisce in questi casi lo strumento
tramite il quale si ottiene un risultato nei campi più tradizionali. La
proteggibilità di questo tipo d'invenzioni è ammessa oggi senza
difficoltà.
Esempio in questa categoria può essere la decisione della
Commissione di ricorso dell'UEB nel caso X-ray apparatus/Koch &
Sterzel del 1987 (T 26/86) in cui ha giudicato brevettabile
un'invenzione comprendente un'apparecchiatura radiologica nota
dotata di un'unità di controllo regolata da un programma, idonea ad
ottimizzare l'esposizione ai raggi X proteggendo il soggetto esposto da
sovraccarico di radiazioni.
L'inciso “in quanto tali” è stato interpretato dalla giurisprudenza
dei Paesi europei nei modi più disparati con la spiegazione che la CEB
ha voluto lasciare spazio interpretativo flessibile del divieto di
brevettazione dei programmi per elaboratore.
Così, senza una solida base legale, l'UEB ha già assegnato circa
30.00062 brevetti software (fonte 2002) e riguardano alcuni tra i
concetti più semplici e generali della programmazione.
62
Secondo fonti incerte ad oggi sarebbero già circa 50.000
54
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
Il 75% dei brevetti europei sul software è detenuto da imprese
non europee.63
L'UEB riceve più di 150.000 richieste di brevetto ogni anno. In
più della metà dei casi un brevetto viene effettivamente assegnato.
L'area dei brevetti software è quella con il maggior tasso di crescita in
assoluto.
Benchè l'Europa si vanti della propria separazione dei poteri, tale
principio non viene per nulla applicato al regime brevettuale. L'UEB
ha un'autorità semi-legislativa e una funzione esecutiva, tuttavia non è
al di sotto di nessuna giurisdizione indipendente e nemmeno sotto
alcun controllo parlamentare. Per ottenere un appello di una qualsiasi
decisione dell'UEB, tutto quello che si può fare è presentare, sempre a
loro, una lettera di protesta. Perfino le peggiori dittature si sforzano di
darsi un'apparenza più democratica. Poichè l'UEB si autofinanzia
attraverso gli introiti derivanti dalle spese di registrazione di un
brevetto, ha chiaramente un interesse nell'estendere la brevettabilità
delle cose.
Il normale percorso di carriera dell'UEB consiste nell'iniziare
come esaminatore di brevetti, diventare poi giudice sui brevetti,
tornare all'ufficio brevetti e guidarne uno degli uffici prima di
diventare un giudice presidente di una corte di brevetti. Ci sono dei
buoni motivi per cui le cose stanno così, ma è interessante notare
come i giudici che non fanno parte del sistema dei brevetti sono di
norma molto più critici nei confronti dei brevetti software.
Il modo in cui l'UEB stabilisce la “performance” dei suoi
63
La sola IBM ne detiene più di tutte le imprese europee messe insieme. Vedi infra pargrafo 4.1
55
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
componenti è un buon esempio per capire come sia sbagliato il
sistema. Gli esaminatori di brevetti non rappresentano in generale il
problema. Commettono degli sbagli ma ciò accade a chiunque. Ci
sono esaminatori di brevetti che sono critici verso il sistema e verso i
brevetti software in particolare. Come la maggior parte delle persone,
gli esaminatori dei brevetti sono orgogliosi di fare un buon lavoro.
Tuttavia, l'UEB concede ad un esaminatore un punto per ogni richiesta
di brevetto processata, indipendentemente dal fatto che il brevetto sia
stato concesso o meno. Tuttavia una non-concessione di un brevetto
richiede un lavoro molte volte maggiore. Così se un esaminatore fa il
suo lavoro con troppo zelo, viene visto come “improduttivo”.
2.3.3 - Il tentativo di formalizzazione: proposta di direttiva COM
(2002) 92.
La Commissione europea predispose, nel 2002, una proposta di
direttiva di brevetti software.
La proposta di direttiva COM (2002) 92 trae origine dal “libro
verde” sul brevetto comunitario e sul sistema dei brevetti europei e
dalla successiva Comunicazione della Commissione del Consiglio, al
Parlamento europeo ed al Comitato economico e sociale dal titolo
“Promuovere l'innovazione tramite il brevetto - Il seguito da dare al
libro verde sul brevetto comunitario e sul sistema dei brevetti europei
in Europa”.
Il “libro verde” del 1997 si poneva l'obiettivo di avviare una
vasta consultazione al fine di migliorare e rendere più moderno il
56
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
sistema dei brevetti in Europa. La Comunicazione della Commissione,
risalente al 1999, prevedeva (tra le azioni urgenti da avviare) una
proposta di Direttiva per armonizzare le condizioni di brevettabilità
delle invenzioni di programmi per elaboratore.
Espressero contrarietà diversi partiti politici e autorità garanti
(per esempio, quella della concorrenza e del mercato tedesca). La
Commissione riconobbe che persino l’industria era divisa, ma che
quella parte di essa che si opponeva alla direttiva era, quanto a
fatturato, la meno importante.
I rischi della brevettabilità del software, o meglio le certezze,
riguardano le difficoltà in cui incorrerebbero i piccoli e medi
sviluppatori e, di conseguenza, tutto il mondo dell'open source. Inoltre
il software in questo modo si troverebbe a essere protetto su due fronti
differenti e incrociati: il diritto d'autore e la brevettabilità. La cosa che
deve far pensare a una sorta di “ammissione di colpevolezza” è, tra le
altre cose, che in fase di discussione della direttiva McCarthy64 fu
ventilata la possibilità di prevedere fondi speciali per la tutela delle
aziende che avrebbero incontrato difficoltà commerciali ed operative
nel nuovo ordinamento giuridico.65
Prendiamo ora in consideraizone alcuni articoli della proposta di
direttiva che, per il loro contenuto, si scontrano con i principi di quasi
tutte le disposizioni legislative viste finora:
64
65
Arlene McCarthy è la relatrice della proposta di direttiva COM (2002) 92.
G. Ziccardi. Intervista de “Il marchio delle idee”. In
http://www.ilmarchiodelleidee.com/readinter.php?ID=3
57
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
Art. 2 - COM (2002)92 (estratto)
Definizioni
“...s'intende per:
“invenzione attuata per mezzo di elaboratori elettronici”, un'invenzione la cui esecuzione
implica l'uso di un elaboratore, di una rete di elaboratori o di un altro apparecchio
programmabile e che presenta a prima vista una o più caratteristiche di novità che sono
realizzate in tutto o in parte per mezzo di uno o più programmi per elaboratore...”
Tale articolo definirebbe alcuni dei termini utilizzati nella
direttiva.
Per “invenzione attuata per mezzo di elaboratori elettronici”
s'intende ogni invenzione messa in atto per mezzo di un elaboratore o
apparecchio analogo, realizzata mediante un programma per
elaboratore.
Risulta da questa definizione che il carattere di “novità” di
un'invenzione ai sensi della direttiva non risiede necessariamente in
una caratteristica tecnica. L'espressione “a prima vista” per
qualificare le “caratteristiche di novità” significa che non è necessario
stabilire la novità effettiva (ad esempio per mezzo di un'indagine) per
determinare se una presunta invenzione rientra nell'ambito di questa
definizione.
Art. 3 - COM (2002)92
Appartenenza ad un settore della tecnologia
“Gli Stati membri assicurano che un'invenzione attuata per mezzo di elaboratori
elettronici sia considerata appartenente ad un settore della tecnologia.”
58
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
Un'invenzione attuata per mezzo di elaboratori elettronici è
definita come appartenente a un settore della tecnologia. Tuttavia, un
algoritmo definito senza riferimento ad un ambiente fisico non
corrisponde alla definizione di “invenzione attuata per mezzo di
elaboratori elettronici” e non rientra in un settore della tecnologia.
L'art.3 della proposta chiarisce (in modo inequivocabile) che “per
essere brevettabile, un’invenzione attuata per mezzo di elaboratori
elettronici deve essere suscettibile di applicazione industriale,
presentare un carattere di novità ed implicare un’attività inventiva”,
requisito che sussiste solo laddove il trovato apporti “un contributo
tecnico”.66
Art. 4 - COM (2002)92
Condizioni della brevettabilità
“Gli Stati membri assicurano che un'invenzione attuata per mezzo di elaboratori
elettronici sia brevettabile, a condizione che sia atta ad un'applicazione industriale, presenti un
carattere di novità e implichi un'attività inventiva.
Gli Stati membri assicurano che, affinché sia considerata implicante un'attività inventiva,
un'invenzione attuata per mezzo di elaboratori elettronici arrechi un contributo tecnico.
Il contributo tecnico è valutato considerando la differenza tra l'oggetto della rivendicazione di
brevetto nel suo insieme, i cui elementi possono comprendere caratteristiche tecniche e non
tecniche, e lo stato dell'arte.”
L'art. 4, comma 1 impone agli Stati membri l'obbligo di tutelare
le invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici che
66
G. Scorza. “Brevetti software: le ragioni del fronte del “sì” . In
http://www.interlex.it/forum10/relazioni/11scorza.htm
59
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
soddisfino i requisiti fondamentali della novità, dell'attività inventiva e
dell'applicabilità industriale, di cui all'articolo 52, comma 1 della
Convenzione sul brevetto europeo.
Il comma 2 precisa che, per implicare un'attività inventiva,
un'invenzione attuata per mezzo di elaboratori elettronici deve
costituire un contributo tecnico, ossia un contributo allo stato dell'arte
in un settore tecnico, giudicato non ovvio da una persona competente
nella materia (articolo 2).
Questa precisazione integra e non sostituisce la definizione di
attività inventiva figurante nell'articolo 56 della CEB, secondo cui
un'invenzione è considerata implicare un'attività inventiva se, per una
persona competente nella materia, non è una conseguenza evidente
dello stato della tecnica. In effetti, questo è già un criterio generale
applicabile a tutte le invenzioni brevettabili, quantunque, come è
ovvio, nel valutare il carattere inventivo delle invenzioni in campi in
cui si ha raramente a che fare con esclusioni (ad esempio nel campo
della meccanica), abitualmente non occorra considerare se un
contributo allo stato dell'arte è di carattere tecnico o no.
Quindi, un'invenzione attuata per mezzo di elaboratori elettronici
in cui il contributo allo stato dell'arte non ha carattere tecnico sarà
considerata non implicante un'attività inventiva anche se il contributo
(non tecnico) allo stato dell'arte non è ovvio. Nel valutare l'attività
inventiva, i criteri applicati per determinare ciò che costituisce lo stato
dell'arte e quali siano le conoscenze della persona competente, sono
gli stessi applicati nel valutare l'attività inventiva in generale.
L'art. 4, comma 3 dispone che, nel determinare il contributo
60
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
tecnico, l'invenzione deve essere valutata nel suo insieme,
conformemente alle decisioni della commissione tecnica di ricorso
dell'UEB in Controlling Pension Benefits e Koch & Sterzel, secondo
cui non si deve procedere ad una “ponderazione” tra caratteristiche
tecniche e non tecniche per cercare di determinare quali aspetti
costituiscono
il
contributo
più
importante
al
successo
di
un'invenzione.
Si deduce da quanto precede che un'invenzione che presenta
aspetti che rientrano in un campo di quelli esclusi dall'articolo 52,
paragrafo 2 (ad esempio un metodo per attività commerciali) resta
brevettabile se costituisce un contributo tecnico non ovvio.
Tuttavia, se non vi è un contributo tecnico, per esempio se il
contributo allo stato dell'arte consiste interamente in aspetti non
tecnici, come sarebbe il caso se il contributo allo stato dell'arte
consistesse unicamente in un metodo per attività commerciali, non vi
è alcunché da brevettare.
Questa concezione ha come altra conseguenza logica che,
sebbene una rivendicazione valida possa comprendere caratteristiche
tecniche e non tecniche, le caratteristiche puramente non tecniche non
possono essere oggetto di monopolio isolatamente dalle caratteristiche
tecniche.
L'espressione
“contributo
tecnico”
è
utilizzata
nella
giurisprudenza della commissione di ricorso dell'UEB da molti anni.
Secondo la giurisprudenza dell'UEB, un contributo tecnico può
risultare:
1) dal problema all'origine dell'invenzione rivendicata e da questa
61
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
risolto;
2) dai
mezzi,
ossia
dalle
caratteristiche
tecniche,
che
costituiscono la soluzione del problema in questione;
3) dagli effetti ottenuti nella soluzione del problema in questione;
4) dalla necessità di considerazioni tecniche per giungere
all'invenzione attuata per mezzo di elaboratori elettronici
rivendicata.
La direttiva non solo non mira a rimuovere il divieto di
brevettabilità dei programmi per elaboratore in quanto tali sancito dal
richiamato art. 52 della CBE ma, anzi, ribadisce in modo esplicito tale
principio al primo comma del suo art. 4 laddove è previsto che “un
programma per elaboratore in quanto tale non può costituire
un’invenzione brevettabile”.
Il provvedimento in oggetto mira esclusivamente a dettare una
disciplina uniforme della materia superando i profili di ambiguità e gli
eterogenei approcci che hanno determinato l’attuale situazione,
ovvero, un contesto nel quale si è brevettato troppo e male. La
direttiva appare, comunque, dotata di scarsa portata innovativa e, in
questo senso, assai poco coraggiosa.67
Un ultimo articolo da considerare è il n.6
Art. 6 - COM (2002)92
Relazione con la direttiva 91/250 CEE
“La protezione conferita dai brevetti per le invenzioni che rientrano nel campo
d'applicazione della presente direttiva lascia impregiudicate le facoltà riconosciute dalla
67
G. Scorza. “Brevetti software: le ragioni del fronte del “sì” . In
http://www.interlex.it/forum10/relazioni/11scorza.htm
62
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
direttiva 91/250/CEE relativa alla tutela giuridica dei programmi per elaboratore mediante il
diritto d'autore, in particolare le disposizioni relative alla decompilazione e all'interoperabilità o
le disposizioni relative alle topografie dei semiconduttori o ai marchi commerciali.”
La
Commissione
ammette
con
questo
articolo
che
la
sovrapposizione della tutela del brevetto al diritto d'autore è possibile,
ma storicamente e giuridicamente è stato spiegato nei paragrafi
precedenti che invece non lo è.
Il Parlamento europeo si espresse, per la prima volta, sulla
direttiva il 24 settembre del 2003 apportando numerose e importanti
modifiche al testo proposto dalla Commissione con emendamenti che
chiaramente dichiararono la non brevettabilità delle logiche di
programmazione e del business, e difendendo la libertà di
pubblicazione e interoperabilità.
L'Italia si astenne dalla votazione mentre l'unico paese che
espresse voto contrario fu la Spagna. Il Ministro dell'Innovazione e
delle Tecnologie italiano (Lucio Stanca) criticò aspramente la
decisione del Consiglio dei Ministri europeo ed ancor prima inviò una
lettera ai ministri italiani delle Politiche Comunitarie, dell'Attività
Produttive e dell'Istruzione Università e Ricerca che sembrerebbe
essere stata “spinta” dalle “lobby” informatiche con la promozione
dell'Irlanda che ospita diverse sedi europee dell'industria informatica
mondiale.
Molti parlamentari ricevettero di lì a poco una lettera della
“missione” USA a Bruxelles, la quale conteneva i commenti degli
Stati Uniti sul documento approvato dal Parlamento europeo. La
63
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
lettera avvertiva che l’Europa avrebbe violato i suoi impegni contenuti
nel trattato TRIPs68 se la direttiva fosse stata approvata come
modificata dal Parlamento.
In verità, TRIPs non obbliga l'Europa ad alcuna specfica azione, i
programmi elettronici non hanno applicazione industriale (se non
insieme con altre invenzioni, per esempio, i sistemi di frenata
assistita), e la posizione competitiva europea è invece avvantaggiata
da un’Europa senza brevetti software.
Nel maggio 2004 il Consiglio, sotto la presidenza irlandese,
approvò un testo di direttiva nel quale le modifiche apportate dal
Parlamento (a settembre 2003) erano state eliminate. Parlamentari di
tutti i gruppi politici condannarono questa mancanza di rispetto di
democrazia in Europa. Critiche si levarono da seri gruppi di ricerca
(Deutsche Bank Research, PriceWaterhouseCoopers), governi, e
gruppi politici (per esempio, i quattro gruppi parlamentari tedeschi).
La presidenza olandese, che seguì a quella irlandese, mostrò
anch’essa determinazione a passare velocemente (entro la fine del
proprio mandato) la direttiva, nel testo originale della Commissione
(cioè ignorando le modifiche parlamentari). Questo comportamento
era in contrasto persino con la posizione presa dal proprio Parlamento
il quale, nel luglio 2004, aveva deliberato con maggioranza di oltre
2/3 di non approvare la direttiva (posizione che reiterò in seguito).
In novembre 2004, la Polonia annunciò che non avrebbe dato il
68
Il riferimento è all’articolo 27, il quale prescrive che “patents shall be available for any
inventions, whether products or processes, in all fields of technology, provided that they are
new, involve an inventive step and are capable of industrial application” ovvero che “i brevetti
dovranno essere concessi per qualsiasi invenzione, sia di prodotto che di processo, in tutti i
campi della tecnologia, a condizione che essi siano nuovi, coinvolgano un salto inventivo, e
siano capaci di applicazione industriale”.
64
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
suo sostegno alla proposta, privando così la direttiva della
maggioranza qualificata prescritta (il primo novembre 2004 erano
entrate in vigore le nuove regole di voto, e il conteggio dei voti
favorevoli era ora di 216 contro i 232 necessari). La proposta di
direttiva non poteva essere adottata senza ulteriore discussione.
La presidenza olandese annunciò tuttavia che avrebbe fatto adottare la
direttiva come punto “A” (senza discussione) nella riunione
sull’ambiente o in quella sull’agricoltura e la pesca, ultime dell’anno
2004, previste per i giorni prima di Natale.
La direttiva sarebbe passata ma lo impedì il ministro polacco
venuto di persona per registrare il suo dissenso69. Uguale sorte toccò
all’ulteriore tentativo di passare la direttiva il 25 gennaio 2005,
sempre in seguito al blocco polacco.
In febbraio 2005, il Senato della Repubblica italiana impegna il
Governo, e in particolare i Ministri per l’innovazione e le tecnologie e
delle attività produttive, competenti per materia, ad astenersi
dall'approvazione del testo di direttiva approvato dal Consiglio
dell'Unione europea attraverso l'Atto di Sindacato Ispettivo n. 100321.70
La direttiva avrebbe dovuto essere approvata lo scorso 17
febbraio, dopo che la Polonia era stata finalmente neutralizzata con
“pressioni diplomatiche”. Ci fu mobilitazione in Rete e sulla piazza.
Sempre il 17 febbraio la conferenza dei presidenti di gruppo del
Parlamento europeo adottò la risoluzione del comitato legislativo
69
70
Vedi http://thankpoland.info
Documento completo in
http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/showText?tipodoc=Sindisp&leg=14&id=00126726&pa
rse=no&toc=no
65
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
(JURI) del Parlamento, il quale aveva votato, pressoché all’unanimità,
di rimandare a capo tutto il processo. E la direttiva non è passata.
Le reazioni della stampa sono state feroci. Basta leggere alcuni
titoli: “Brevetti software contro la democrazia parlamentare nella
UE”; “Commissione e Consiglio legittimano pratica US dell’UEB”;
“Cerimonia di ringraziamento alla Polonia a Varsavia”; “Microsoft:
Dateci brevetti software o elimineremo 800 posti di lavoro in
Danimarca”; “Socialisti democratici danesi: estorsione non dovrà
decidere politiche IT danesi”.71
Il 7 marzo del 2005 il Consiglio dei Ministri economici
dell’Unione europea, senza discussioni e forzando le regole
procedurali comunitarie, approva la proposta, con il voto contrario di
Spagna, Danimarca, Polonia e Portogallo. L’Italia si astiene.
Il 6 luglio 2005 si consuma l'epilogo di questa lunga vicenda.
La proposta torna al Parlamento europeo in seconda lettura ed è
respinta ad amplissima maggioranza. Ben 648 voti contrari, grazie
soprattutto alla presa di posizione del Partito Popolare europeo (PPE)
che nella tarda serata del 5 luglio aveva dichiarato la propria
intenzione di votare contro.
Certo, i numeri della votazione sembrano riflettere la
mobilitazione globale, senza precedenti, che attraverso l'internet ha
portato a Bruxelles le ragioni del fronte del “sì” e ha battuto le
agguerrite “lobby” dei padroni delle tecnologie. In realtà le dimensioni
della vittoria del “no” sembrano dovute anche a uno scatto d'orgoglio
dei parlamentari di fronte all'arroganza della Commissione e del
71
V. Nicola Walter Palmieri. I brevetti software sono contro la Costituzione europea. In
http://www.interlex.it/copyright/palmieri13.htm
66
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
Consiglio, che hanno tentato con tutti i mezzi di far passare il testo,
ignorando le critiche e anche gli emendamenti (modesti) proposti dal
Parlamento nella prima lettura.72
Nella direttiva si è sostenuto che non c'è incompatibilità nel
concedere simultaneamente entrambe le protezioni (quella brevettuale
e quella di copyright) ma non si è fatto lo sforzo di spiegare come
s'intende coordinare brevetto e copyright per assicurare la piena,
completa e immediata divulgazione e il diritto di replica
dell'invenzione dopo la protezione ventennale. O riteneva la
Commissione di poter rendere possibile la brevettabilità del software
senza chiedere in cambio la piena e completa divulgazione su come si
è fatto il brevetto/programma, e concedere un brevetto che non
assicurerebbe (e non permetterebbe) la replicabilità dopo la scadenza
del termine, perchè nessuno potrà, durante l'operatività del brevetto (e
anche dopo), sezionare il programma al fine di conoscere e analizzare
i componenti brevettati, e copiare, come si può fare con ogni altra
invenzione brevettata, una volta scaduto il monopolio temporaneo?
L'approvazione della proposta di direttiva avrebbe dovuto,
inoltre, rispondere alla necessità di un equo bilanciamento del
principio di certezza giuridica con esigenze di carattere politico e
commerciale; necessità che nasce dai disomogenei orientamenti
giurisprudenziali formatisi nei diversi Paesi europei nonché dalla
prassi, ormai nota, dell'UEB di rilasciare brevetti sul software per cui
la brevettabilità è invece espressamente esclusa dalla CEB.
Chi
72
non
voleva
l'introduzione
dei
brevetti
software
V. Manlio Cammarata. Una battaglia è vinta, ma la guerra sarà lunga. In
http://www.interlex.it/copyright/brev_diritti.htm
67
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
“all'americana”, ha vinto la battaglia. E anche se il pacchetto di
emendamenti che voleva tentare di riportare il testo della direttiva
verso una forma più limitata di brevettabilità, salvaguardando dal
rischio di cause per violazione di brevetto sugli algoritmi, non è stato
approvato, l'importante per ora è che l'Unione Europea non abbia
approvato un testo particolarmente controverso.
68
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
3 - I diritti interessati: de iure condendo.
3.1 - Necessità di ridurre i tempi di protezione.
Prescindendo dalle vicende economiche e politico-giuridiche
globali che accostano in modo più o meno marcato la tutela giuridica
del software al diritto d'autore piuttosoto che al brevetto o viceversa,
alcune cose sono ormai certe.
La
caratterizzazione
dei
monopoli
limitati
sulle
opere
dell'ingegno come diritti di proprietà è problema di qualificazione
giuridica, anche se ai fini pratici ha poca rilevanza perchè un
monopolio tendenzialmente perpetuo non si differenzia gran che, nei
suoi effetti, dalla proprietà.
I “guerrieri” del copyright hanno ragione: il diritto d'autore è un
tipo di proprietà. Può essere posseduto o rivenduto e la legge lo tutela
contro il furto. Normalmente il titolare del copyright riesce a spuntare
il prezzo che vuole. I mercati valutano la domanda e l'offerta che
determinano in parte il prezzo che egli ne può ricavare. Ma nel
linguaggio comune definire il copyright un diritto di “proprietà” è un
po' fuorviante, perchè quella del copyright è una proprietà di tipo
particolare. Anzi, l'idea stessa di proprietà di un'idea o di modo di
espressione appare molto strana. Capisco di che cosa mi approprio
quando prendo un tavolo da picnic che qualcuno ha lasciato nel suo
giardino. Prendo una cosa, il tavolo da picnic e, dopo che l'ho presa,
l'altro non ce l'ha più. Ma di che cosa mi approprio quando prendo la
“buona idea” che qualcuno ha avuto quando ha messo il tavolo da
picnic in giardino se, per esempio, vado in un grande magazzino,
69
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
compro anch'io un tavolo e lo metto in giardino? Che cosa sto
prendendo in questo caso?73
Se un ventenne dovesse creare un programma per elaboratore
oggi, godrebbe di tutela anche fino a centoquaranta anni74;
difficilemente si riesce a immaginare di avere la proprietà di un bene
per tutta la propria vita, figurarsi settanta anni dopo la propria morte e
rispetto ad un bene che dopo pochi anni diventa totalmente privo di
valore economico.
In linea di massima, la durata della protezione della proprietà
intellettuale, che dovrebbe ridursi proporzionalmente con la riduzione
dei tempi della sua novità, diventa sempre più lunga: i prodotti
invecchiano e diventano inutili in pochi anni, la protezione dei brevetti
(che era di quindici fino a poco tempo fa è passata a venti) continua ad
essere prolungata.
Ecco quattro principi che determinerebbero un “termine medio”
più breve di quello attuale, a prescindere dalla durata della protezione
della proprietà intellettuale75:
1) brevità: la durata dovrebbe essere abbastanza lunga da offrire
incentivi a creare, ma non di più. Bisogna evitare di vincolare
l'opera con regolamentazioni legali quando non arreca più
benefici all'autore.
2) semplicità: la linea di demarcazione tra pubblico dominio e
materiale tutelato va mantenuta chiara. C'è confusione sulla
73
74
75
Lawrence Lessig. Free culture. Apogeo. 2005 (versione originale http://www.free-culture.cc)
Il calcolo presuppone che il ventenne viva sino a novanta anni, quindi settanta più settanta
dopo la sua morte. Se il diritto appartiene ad una persona giuridica la tutela dura novanta anni.
Vedi nota 73.
70
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
distinzione tra “idee” ed “espressioni” e sul “fair use”76 mentre
dovrebbe essere tutto più semplice: protezione o non
protezione.
3) continuità: il titolare della proprietà intellettuale deve indicare
periodicamente la volontà che la tutela continui.
4) prospettiva: qualunque sia la durata della tutela, il termine, una
volta deciso, non va esteso.
Per uscire dall'impasse occorrerebbe come minimo far si che le
opere dell'ingegno godano della protezione del diritto d'autore solo per
la vita dell'autore e che la esclusiva brevettuale (con la durata della
novità che si restringe sempre di più) venga ridotta a un tempo breve,
di pochi anni, per permettere alla collettività di sfruttare efficacemente
e liberamente sul mercato le stesse invenzioni prima che siano
superate da altre. Concedere protezioni troppo lunghe significa creare
ostacoli ai nuovi inventori che vogliono sfruttare le conoscenze
sviluppate da chi li ha preceduti; significa in ultima analisi creare
ostacoli alla innovazione ed al progresso scientifico.
3.2 - La libertà della cultura.
In passato, tutti hanno “copiato”, hanno potuto costruire sulla
conoscenza sviluppata da altri, si sono ispirati al patrimonio comune
delle conoscenze dell'umanità. I grandi Stati dell'economia mondiale
sono diventati tali “copiando” e “scambiando” conoscenza prima di
crearne, o mentre creavano nuova conoscenza. Perchè non dovrebbero
76
Tradotto “farlo usare”.
71
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
gli Stati che cercano di affermarsi ora, fare altrettanto? Perchè la
piccola impresa di software non dovrebbe poter basare lo sviluppo dei
programmi su idee di base che costituiscono i fondamenti della
programmazione già utilizzate da altri?
Le grandi imprese di software, registrano e si fanno brevettare
combinazioni di algoritmi create da altri (che hanno trascurato di
assicurarsi i diritti di privativa). Nulla da obiettare se un inventore
combina un certo numero di algoritmi in modo da ottenere che essi
controllino il sistema di frenata “ABS” e brevetta la sua invenzione.
Non dovrebbe però essere permesso che il titolare del brevetto “ABS”
impedisca l'uso degli stessi algoritmi ad altri che li vogliano impiegare
in differenti combinazioni.
L'industria della proprietà intellettuale chiede l'imprimatur e
l'aiuto dello Stato per espandere i diritti, erigere barriere digitali,
imporre licenze che operano direttamente sui comandi dei computer.
Vuole eliminare i diritti garantiti come eccezione al sistema della
proprietà intellettuale: il “fair use”, il diritto di prima vendita, di
noleggio e di trasferimento gratuito. Vuole che il software venga
concesso solo in licenza, con numerose restrizioni, mai “venduti”,
vuole togliere ai consumatori i privilegi che accompagnano la
proprietà di un oggetto “comprato”.77
Ci preoccupiamo così tanto di proteggere lo strumento che
abbiamo perso di vista il valore. La fonte di questa confusione sta in
una distinzione che la legge non si cura più di tracciare, la distinzione
tra ripubblicazione dell'opera di qualcuno, da una parte, e la
77
Nicola Walter Palmieri. Sicurezza o libertà? Pitagora. 2004
72
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
costruzione a partire da tale opera, o la sua trasformazione, dall'altra.
Quando nacque la legislazione sul copyright si occupava soltanto della
pubblicazione; oggi regola entrambe le previsioni.78
In un passato non molto remoto, l'informatica era libera, slegata
da ogni tipo di logica economica e, tanto meno, giuridica. Chiunque
era libero di manipolare e modificare, perfezionandolo, il codice di un
programma.
Quando l'architettura commerciale cambiò, la ovvia e scontata
condivisione di informazioni per condividere cultura e promuovere lo
sviluppo, fu irretita dalle emergenti forze economiche delle “software
houses” che iniziarono a “nascondere” il codice dei programmi.
Cominciò a diffondersi la pratica del “codice proprietario”.
Ad una persona in particolare si deve riconoscere lo sforzo
maggiore a combattere sin da subito questa inversione di tendenza
degli anni '80 nel mondo dell'informatica: Richard Stallman.79
Si delineò così il sistema odierno di software “proprietario” e
“libero”80. Ma il “software libero” non fu lasciato completamente
libero, ovvero di “pubblico dominio”. Nel senso che fu sottratto agli
artigli delle software houses che avrebbero potuto, se fosse stato di
“pubblico dominio”, utilizzarlo e farlo proprio. Nacque così a tutela
dell'open source la licenza “GPL”.
Con le stesse logiche appena descritte funziona l'innovativa
licenza Creative Commons.81
3.3 - Una soluzione interessante: Creative Commons.
78
79
80
81
Lawrence Lessig. “Free culture”. Apogeo. 2005 (versione originale http://www.free-culture.cc)
Vedi infra paragrafo 4.2
Vedi supra paragrafo 1.4
http://creativecommons.org
73
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
L'obiettivo di questa licenza è realizzare un livello di copyright
“ragionevole”, al di la degli estremi che regnano oggi. Essa cerca di
facilitare la creazione di opere sulla base di lavori altrui, rendendo
semplice agli autori sostenere che altri siano liberi di attingere al loro
lavoro e di creare su di esso.82
L'essenza giuridica della sua ideologia è riassunta in questa frase:
“Creative Commons wants to help define the spectrum of
possibilities between full copyright (all rights reserved) and the
public domain (no rights reserved). Our licensens help you retain
your copyright while allowing certain uses of your work. They help
you offer your creative work with some rights reserved”.
Il
diritto
d'autore
comporta
protezione
assoluta
ed
incondizionata; i diritti morali derivanti dalla creazione dell'opera
sono indisponibili e inalienabili. L'autore è protetto anche in assenza
di sua volontà in tal senso (difatti sono protetti anche gli autori
“inconsapevoli”).
Per altro verso il pubblico dominio non prevede alcuna tutela.
Con il prodotto della crezione intellettuale tutti possono fare tutto. In
ambito informatico, uno dei creatori che ha lasciato di pubblico
dominio la sua opera, invenzione (chiamatela come volete, a questo
punto poco importa) più famosi è l'ingegnere britannico Tim BarnersLee che insieme a Robert Cailliau inventò, nel 1989 al CERN di
Ginevra, il “world wide web” ovvero il protocollo che utilizziamo
quotidianamente per navigare in internet, regalando così al mondo il
nuovo strumento di comunicazione che condusse alla rivoluzione di
82
Vedi nota 78.
74
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
internet (molti imprenditori si sono poi arricchiti grazie al “www”).
In media stat virtus.
Perchè allora non lasciare all'autore decidere che cosa e in che
modo condividere del loro lavoro?
Creative Commons è applicabile indistintamente al software, alla
musica, agli scritti, ad una foto ecc.
Creative Commons prevede quattro condizioni che, combinate
tra loro, originano lo “spectrum of rights”, ovvero il raggio d'azione
della tutela del “some rights reserved”.
1) attribuzione:
diritto
di
riconoscimento
della
paternità
dell'opera nella ripubblicazione della stessa senza il consenso
dell'autore.
2) uso non commerciale: il riutilizzo/ripubblicazione non deve
avere scopi commerciali.
3) uso non derivato: l'opera non dev'essere trasformata o
modificata ma lasciata nel suo stato originario.
4) ridistribuzione
alle
stesse
condizioni:
il
risultato
del
riutilizzo/ripubblicazione dell'opera originaria dev'essere a sua
volta riutilizzata e ripubblicata alle stesse condizioni.
Se si utilizza una di queste condizioni o tutte o le varie
combinazioni, si giunge fino a undici possibili forme di tutela.83
Sviluppando una serie di licenze libere che la gente può vincolare
ai propri contenuti, le Creative Commons puntano a contrassegnare
una gamma di materiali su cui sia possibile costruire in modo facile e
affidabile. Rappresenta una garanzia per il fatto che la persona
83
Approfondimenti in http://creativecommons.org/about/licenses/comics1
75
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
associata a quella licenza crede in qualcosa di diverso dagli estremi
del “tutto” o “niente”. Il contenuto viene contrassegnato dal marchio
CC, che non sta ad indicare l'eliminazione del copyright, ma la
concessione di determinate libertà.84
3.4 - Una soluzione poco efficace: Digital Rights Management.
La sigla DRM sta per “Digital Rights Management”, ovvero
“gestione dei diritti digitali”, ma molti ormai la interpretano come
“Digital Restrictions Management”, ossia “gestione delle restrizioni
digitali”.
Sino ad oggi tutti i sistemi di DRM proposti dall’industria non
hanno fatto altro che una cosa: limitare i possibili utilizzi da parte
dell’utente di una risorsa (testo, musica, video, software…) coperta da
diritti.
In modo spesso maldestro e controproducente, oltretutto: così da
creare un sacco di fastidi all’utente legittimo o in buona fede, senza
tuttavia limitare realmente i fenomeni di copia sistematica da parte dei
professionisti del crimine.
Eppure oggi l’industria dell’intrattenimento sta chiedendo ai
produttori di sistemi audio-video e ICT meccanismi di DRM sempre
più evoluti e pervasivi, convinta che solo attuando una rigorosa
prevenzione a tappeto sull’utilizzatore finale si potrà arginare il
dilagante fenomeno della copia indiscriminata e dell’abuso di
materiali protetti da copyright.
84
Lawrence Lessig. “Free culture”. Apogeo. 2005 (versione originale http://www.free-culture.cc)
76
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
Ancora una volta dunque, in buona o (più probabilmente) in
cattiva fede, si travisa la reale natura di un problema, spacciando per
questione tecnica ciò che non lo è; e si chiede al mondo della tecnica
una soluzione operativa ad un problema che invece deve essere
affrontato su altri tavoli, perché non può essere risolto (solo) con
questioni tecniche.
Per di più tutto ciò che si chiede alla tecnica è di limitare la
capacità dell’utente di disporre a proprio piacimento della risorsa
“protetta”, cosa che spesso ne inibisce anche usi assolutamente
legittimi e va addirittura in conflitto con alcuni elementari principi di
legge.
In pratica dunque si è scelto deliberatamente di vessare solo
l’anello finale della catena, ossia l’utente fruitore, perché più
facilmente identificabile e soprattutto più indifeso; tralasciando invece
di agire strutturalmente su tutti gli altri livelli della filiera, dove invece
è conveniente mantenere inalterato lo status quo.
Seguendo l’evoluzione tecnologica avvenuta finora, è possibile
distinguere tre generazioni di sistemi di DRM: la prima generazione di
DRM, visualizzava semplici dati del titolare dei diritti (ad es. autore e
nome dell’opera) in metadata oppure riproduceva accordi di utilizzo
del contenuto in licenze allegate (ad es. licenze software); in una
seconda generazione si è aggiunto a queste caratteristiche funzionalità
relative alla protezione, all’identificazione e all’accesso dei contenuti,
nonché funzioni di Content Management (CM). I sistemi di DRM di
terza generazione sono invece in grado non solo di identificare e
proteggere un’opera, ma anche di gestire i rapporti tra tutti i soggetti
77
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
coinvolti nell’amministrazione di questa e dei diritti ad essa relativi,
separatamente dalla forma in cui essa viene distribuita e
potenzialmente ridistribuita come una qualsiasi altra opera nel mondo
fisico.
I sistemi di DRM vengono talvolta confusi con i c.d. sistemi di
Content Management (CM), ossia quei sistemi utilizzati per la
distribuzione dei contenuti on-line attraverso metadata, informazioni
sui dati che descrivono come, quando e da chi un determinato insieme
di informazioni è stato preparato, consentendo ad esempio
l’individuazione del formato di distribuzione e della sua versione, le
condizioni di accesso al contenuto per l’utente e così via. I sistemi di
gestione del contenuto sono strettamente connessi ai sistemi che
gestiscono i diritti di proprietà intellettuale sulle opere dell’ingegno,
ma rappresentano materia a parte, essendo questi assoggettati alle
regole commerciali più che alle regole descritte nei diritti stessi.
Spesso si fa corrispondere l’utilizzo di DRM con il Digital
Rights Enforcement (DRE), ossia quel processo che permette la
protezione e l’identificazione del contenuto e assicura che questo
venga utilizzato
esclusivamente in
termini
e in
condizioni
precedentemente previste. È parte di questo processo l’utilizzo di
misure tecnologiche efficaci - quali la crittografia, il watermarking (la
marcatura digitale), il fingerprinting - riconosciute e tutelate dai
trattati WIPO fin dal 1996, in quanto necessarie alla creazione di un
mercato telematico per la distribuzione di contenuti.
Il problema della salvaguardia dei diritti non è tecnologico, ma
economico e legale, nel senso che per risolverlo adeguatamente
78
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
occorre ripensare l’intero modello concettuale del diritto d’autore e
della distribuzione delle opere.
Ignorare questa realtà è futile, perché prima o poi la situazione
esploderà e l’industria dovrà adeguarsi o perire; attaccarsi alla tecnica
per impedire sostanzialmente ogni forma di copia “non autorizzata” è
un tentativo non solo miope ed antistorico, ma soprattutto destinato al
sicuro fallimento.
4 - I diretti interessati.
4.1 - I produttori.
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Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
Due dichiarazioni della stessa persona85, effettuate una prima
dell'altra a distanza di pochi anni, fanno intendere la reale posizione
delle potenti “software houses” mondiali sui brevetti software.
1) “Se la gente avesse compreso, al tempo quando gran parte
delle idee odierne sono state sviluppate, come si sarebbero
concessi i brevetti, e avesse allora ottenuto brevetti, l'industria
sarebbe oggi a un punto di stallo completo.”
2) “Una futura start-up che non possieda brevetti sarà obbligata
a pagare qualunque prezzo imposto dai colossi. Questo prezzo
potrebbe essere elevato: le compagnie affermate hanno tutto
l'interesse a escludere dal mercato futuri concorrenti.”
Se IBM e Siemens dovessero darsi battaglia (legale) una contro
l'altra sul loro vasto portfolio di brevetti, è assolutamente possibile che
nessuno dei due sopravviverebbe. Siemens detiene un tale numero di
brevetti, che IBM non è assolutamente in grado di accertare che
nessun proprio prodotto ne “violi” alcuni, e la stessa cosa vale per
Siemens. Ciascuna azienda potrebbe attaccare molti prodotti dell'altra
per presunte “violazioni” di brevetto. I soli costi dei processi
ammonterebbero a miliardi, e i clienti fuggirebbero in massa.
Gli avvocati “brevettisti” hanno capito quanto le cause di
violazione brevetti siano lucrative (le parcelle arrivano facilmente
all'ordine di grandezza di milioni di euro); essi danno man forte alla
grande industria (e ai “disturbatori” i quali acquistano brevetti al solo
scopo di usarli per intentare azioni legali), in questa lotta per
l'egemonia sui diritti di proprietà intellettuale nel campo del software.
85
Bill Gates.
80
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
Le grosse compagnie valuteranno tutti i prodotti dell'azienda più
piccola per poter individuare e denunciare il maggior numero
possibile di violazioni di brevetto. Anche se nessuna di queste accuse
fosse realmente giustificata, il solo costo della difesa in tribunale
potrebbe portare la piccola azienda alla bancarotta. Considerato il
numero spropositato di brevetti di cui sono in possesso le varie grosse
compagnie, le piccole aziende non avrebbero alcuna possibilità di
poter verificare in anticipo l'eventualità di trovarsi in violazione di
qualcuno di essi.
Una piccola società di software può richiedere l'applicazione di
un brevetto contro una grossa compagnia solo se non possiede dei
prodotti propri. Se non hanno alcun prodotto nessuno le può colpire
cercando di estromettere dal mercato i suoi prodotti. Se possiedono
solo brevetti e nessun prodotto da perdere possono sicuramente
avviare parecchie cause legali in tema di brevetti. Tuttavia questo è
uno degli aspetti più deprecabili di tutto il sistema dei brevetti, molto
più utile per degli improduttivi “disturbatori” che alle aziende
realmente innovative e creatrici di prodotti di reale valore.
“Sfortunatamente, come strategia difensiva, Oracle è stata
costretta a proteggere se stessa ottenendo brevetti che offrono le
migliori opportunità per degli accordi di cross-licensing tra Oracle e
le aziende che potrebbero attaccare con violazioni di brevetti.”86
Tra le grosse corporazioni, ci sono patti formali e informali di
non aggressione sui brevetti. I patti formali implicano una firma di
un'accordo di “cross-licensing”, con il quale un firmatario può
86
Policy sui brevetti di Oracle Corporation.
81
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
utilizzare ufficialmente i brevetti dell'altro, oppure un cosiddetto
“covenant not to sue” (cioè una specie di patto di non aggressione).
Un patto informale invece non implica nessun accordo scritto, ma
esiste un'intesa di non attaccarsi l'un l'altro.
Gli accordi di “cross-licensing” dimostrano l'assurdità del
sistema brevettuale. Grosse aziende che danno ad altre aziende
concorrenti, l'accesso completo al loro intero portfolio di brevetti, ma
che continuano ad asserire che i brevetti sono necessari per proteggere
l'innovazione. La protezione reale non si può condividere. Si
immagini un editore di libri che permette al suo più grosso
concorrente di pubblicare i propri libri, sarebbe un suicidio.
Per altro verso c'è chi dichiara:
“La natura del software è che esso è uno scritto, un'espressione
di idee matematiche. La legge sul diritto d'autore protegge questa
forma di espressione, e lo fa senza richiedere procedimenti costosi e
che richiedano molto tempo.”87
“I governi e i contasoldi non devono proibire l'accesso ai nostri
stessi pensieri, nemmeno quando li eseguiamo con l'aiuto di simboli
su carta o con simulazioni al calcolatore o con programmi al
computer.”88
O chi si mette in posizione neutrale:
“Sulla brevettabilità del software ho sentimenti contrastanti e
contrapposti e ci sono posizioni in entrambi gli schieramenti che
risultano ridicole per l'eccesso di protezione richiesto o per
l'esagerata liberalizzazione della proprietà intellettuale prospettata.
87
88
Douglas Brotz, scienziato principale di Adobe Systems.
Jim Warren, consigliere di amministrazione di Autodesk.
82
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
Io sostengo che le invenzioni devono essere incentivate e proteggerle
con un brevetto è un modo per favorirle. Ma ho difficoltà a credere
che l'attuale schema di protezione della proprietà intellettuale sia il
modo migliore per tutelare il software. Ed è per questo che ho
colleghi che brevettano, altri che rifiutano di farlo. In ogni caso ho
anche difficoltà a concepire un sistema migliore dell'attuale e
onestamente non ho idea su come può essere ampliato il framework
giuridico a tuela della proprietà intellettuale nel software. Bisogna
infatti considerare che da una parte occorre flessibilità nell'utilizzo
delle tecnologie altrimenti l'innovazione si ferma, ma dall'altro vanno
protette le opere di ingegno dai rischi della pirateria di sviluppatori
senza scrupoli che fanno attività di reverse engineering.”89
“Questo risultato è una chiara vittoria per l'open source”, ha
detto Simon Phipps, chief open source officer di Sun Microsytems in
una dichiarazione sulla bocciatura della proposta di direttiva COM
(2002) 92.
I
produttori
di
software
hanno
una
loro
associazione
internazionale ed una europea: la “Business Software Alliance” e la
“European Information & Communications Technology Industry
Association” i cui soci90 sono, comunque, per la maggior parte le
“lobby” statunitensi dell'informatica.
La sezione tedesca della EICTA, un gruppo chiamato BITKOM,
dichiara di essere contraria ai brevetti software ma attualmente opera
in loro favore. Tuttavia, ci sono alcune associazioni membri che hanno
89
90
Jim Waldo, distinguished engineer di Sun Microsystem.
Elenchi completi disponibili in http://www.bsa.org/italia/about/BSA-Members.cfm e
http://www.eicta.org/memberslist.asp
83
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
già espresso il loro dissenso rispetto alla posizione dell'EICTA.
Le direttive dell'EICTA e di alcuni suoi membri chiave, come
BITKOM in Germania, sono dettate dagli interessi specifici di alcune
grosse compagnie particolarmente influenti al loro interno.
Gli Stati Uniti sono comunque ormai da anni, in materia di
propietà intellettuale, il Paese con la più alta posta in gioco; sono
rigidamente consequenziari quando si tratta dei loro interessi e
combattono con tutti i mezzi per proteggere la loro proprietà
intellettuale contro chi potrebbe insidiare l'egemonia.
L'industria
statunitense
(appoggiata
dal
Ministero
del
commercio) agisce persistentemente sullo “U.S. Patent and Trademark
Office” (USPTO) per ottenere iperboliche interpretazioni della legge,
insiste per allargare i campi brevettabili, prolungando il periodo di
protezione e riducendo le esclusioni.
Per estendere al mondo intero il sistema brevettuale per loro più
conveniente, gli USA sfruttano l'assioma che i diritti di proprietà
intellettuale sarebbero il maggior incentivo alla ricerca e innovazione.
Il concetto si può così riassumere: la protezione brevettuale e del
copyright deve essere globale, tale protezione deve essere la più ampia
possibile, e tutto il mondo deve riconoscere e rispettare i brevetti ed i
diritti d'autore.
In effetti, la mancanza di un controllo prima (e di un efficace ed
economico sistema dopo, per la contestazione) possono distorcere la
funzione del brevetto come metodo per garantire l'innovazione ed il
progresso industriale sino a renderlo un mero strumento di controllo di
interessi economici, dannoso alla concorrenza e non idoneo ad
84
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
incoraggiare l'innovazione, bensì a limitarla. Questa richiesta, a gran
voce, di “qualità”, nel sistema brevettuale è la testimonianza che sono
state rilasciati, nel corso degli anni, brevetti che in realtà non
dovevano essere rilasciati.
Contestualmente, la Federal Trade Commission degli Stati Uniti,
auspica una riduzione degli oneri necessari a provare la contestazione
di un determinato brevetto, una semplificazione delle modalità e una
limitazione dei costi, sempre per favorire una reale concorrenza e
l'innovazione.91
4.2 - Le associazioni indipendenti.
La maggiore associazione indipendente di sviluppatori esistente è
la “Free Software Foundation”92 creata dallo statunitense Richard
Stallman93 e di cui esiste la relativa organizzazione europea “FSF
Europe”94. L'organizzazione si basa essenzialmente sul progetto
“GNU/GPL”95 per lo sviluppo e la promozione di “software libero”.
Stallman ha inviato una lettera ai parlamentari italiani a maggio
di quest'anno quando chi, come lui, era contro i brevetti software,
faceva di tutto per impedire che anche l'europa formalizzasse questa
procedura.
Il testo della lettera96 s'identifica in pieno nel pensiero della
91
92
93
94
95
96
G. Ziccardi. “Brevetto, eterno incompreso?”. In
http://www.ilmarchiodelleidee.com/readoped.php?ID=8
http://www.fsf.org
http://www.stallman.org
http://www.fsfe.org
http://www.gnu.org
Testo integrale su http://www.interlex.it/copyright/stallman.htm
85
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
persona che l'ha scritta e del movimento di cui è portavoce indiscusso.
La principale organizzazione contro i brevetti software resta
comunque
la
“Fondazione
per
un
Libera
Infrastruttura
dell'Informazione” (FFII). Senza gli sforzi della FFII i brevetti
software sarebbero probabilmente stati legalizzati molto velocemente.
L'FFII segue il processo legislativo in corso nell'Unione Europea.
Ha raggiunto un tale livello di successo e notorietà che è
probabilmente la principale organizzazione di oppositori ai brevetti
software su base mondiale.
La più grossa associazione industriale che si batte contro i
brevetti software è il gruppo CEA-PME, composto da associazioni di
PMI di 19 differenti paesi Europei. In totale CEA-PME97 rappresenta
500.000 imprese.
Le organizzazioni di Free Software e Open Source Software sono
generalmente, ma non sempre, contro i brevetti software.
Sfortunatamente le grosse compagnie hanno cercato di creare
organizzazioni di free e open source software che supportano i brevetti
software. Dovete quindi prestare attenzione.
La Free Software Foundation e la sua sezione Europea sono
chiaramente contrarie ai brevetti software, ma non c'è alcuna garanzia
per quanto riguarda tutti coloro che dichiarino di essere in qualche
modo coinvolti con queste associazioni.
5 - Conclusioni.
97
http://www.cea-pme.org/
86
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
Questa tesi riporta semplicemente il pensiero e l'ideologia di
alcuni tra gli studiosi che ritengo siano i migliori ispiratori di
democrazia e giusitizia.
È probabile che come lo stesso software anch'essa diventi
obsoleta tra pochi anni, ma i suoi contenuti di base (rispetto della
democrazia e dei diritti e delle libertà fondamentali dell'uomo)
resteranno tali sino a quando una società civile e democratica
continuerà ad esistere.
Il software è solo uno dei mezzi, come ce ne sono stati tanti,
attraverso i quali si combattono la tirannia, il monopolismo,
l'ingiustizia ed il potere assoluto.
Le potenziali conseguenze dei brevetti software possono essere
comprese dalla maggior parte della popolazione.
D'altro canto è ovvio che gli aspetti filosofici e legali del dibattito
sulla brevettabilità del software non sono argomenti per un pubblico
altrettanto vasto.
Tuttavia l'importanza di un mercato del software competitivo, le
falle strutturali del sistema di brevetti, i pericoli connessi
all'interminabile inflazione dei brevetti e la possibilità di utilizzare i
brevetti software per imporre una sorta di legge del più forte possono
essere spiegati nel dettaglio a molte persone.
Gli effetti di tutto ciò sull'innovazione, l'economia e il mercato
del lavoro sono conseguenze facilmente immaginabili.
Se di brevettabilità si deve parlare, perchè non esiste “il
software” ma tanti tipi diversi di esso, se ne parli a seguito di un'opera
di riforma (legislativa) che non prescinda, come ha fatto invece la
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Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
proposta di direttiva COM (2002) 92, da un profondo e ragionato
riassetto dell'Ufficio Europeo dei Brevetti e che tenga in debita
considerazione l'esigenza di garanzie strutturali e procedurali che tale
organo, per la centralità del ruolo svolto, deve fornire.
Per il software che invece nulla condivide con il sistema
brevettuale, si lascino libere le idee di circolare e di essere espresse in
ogni forma possibile: un grande incentivo all'innovazione è, da
sempre, la libertà.98
BIBLIOGRAFIA
98
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88
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(Intervista a Giovanni Ziccardi de “Il marchio delle idee”)
http://www.interlex.it/copyright/brev_diritti.htm
(articolo
di
Manlio Cammarata. “Una battaglia è vinta, ma la guerra sarà
lunga”)
http://www.interlex.it/forum10/relazioni/11scorza.htm
(articolo
di Guido Scorza. “Brevetti software: le ragioni del fronte del “sì”)
http://thankpoland.info
http://www.free-culture.cc
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http://www.alcei.org/
93
Troiano Guglielmo, “Problematiche giuridiche della brevettabilità del software”
Questa tesi di laurea è stata ideata ed elaborata tra giugno e ottobre del 2005 e scritta con software protetto
da diritto d'autore ma gratuito e distribuito con libertà di utilizzo, condivisione e modifica.
[email protected]
94