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Il Collegio di Sant’Isidoro nella Roma del Seicento:
laboratorio artistico, crocevia d’idee
Il Collegio e la Chiesa di Sant’Isidoro, le più antiche fondazioni irlandesi a Roma, rappresentano, nel
corso del XVII secolo, un’importante fucina intellettuale, luogo di produzione, scambio e discussione
per gli studi teologici e filosofici e per la teoria dell’arte. Posta sul colle Pincio, la chiesa fu fondata
nel 1621 dai francescani scalzi spagnoli in una zona al limite dell’agglomerato urbano. Nel 1625 l’area
fu affidata ai francescani irlandesi sotto la direzione di Luke Wadding. Uomo di grande sapienza
diplomatica e politica e brillante teologo, egli trovò i fondi necessari per risanare le finanze della
fabbrica spagnola della chiesa, che era rimasta incompiuta, ed in breve tempo riuscì a completarla,
trasformando inoltre l’hospitum spagnolo in un collegio per la formazione dei frati irlandesi dotato di
una grande biblioteca. Nei decenni successivi Sant’Isidoro divenne punto di riferimento nell’Urbe per
numerose figure di rilievo. Eruditi come Athanasius Kircher e Lucas Holstenius, così come gli artisti
Carlo Maratti e Gianlorenzo Bernini o l’antiquario e teorico dell’arte Giovanni Pietro Bellori
frequentarono l’istituzione guidata da Wadding. Nonostante l’eminente ruolo ricoperto dal complesso
di Sant’Isidoro nel panorama intellettuale della Roma barocca, esso rimane fino ad oggi poco
indagato.
Questa pubblicazione intende rappresentare un primo passo volto a colmare tale lacuna attraverso
un’analisi approfondita dell’ambiente intellettuale di Sant’Isidoro nel corso del XVII secolo e, in
particolare, del ruolo svolto dai vari soggetti interessati, tentando di individuare le connessioni
esistenti e le dinamiche delle relazioni. A tal fine, sarà fondamentale porre in evidenza il contesto
urbano nel quale si trovava all’epoca la chiesa, situata al confine fra le proprietà e le aree d’influenza
di potenti famiglie romane come i Ludovisi e i Barberini, mecenati attivi anche a S. Isidoro. Inoltre,
Giovan Pietro Bellori, l’antiquario Francesco Angeloni, Flavio Alaleona e l’avvocato Ercole Ronconi
abitarono nelle immediate vicinanze giocando un ruolo importante nelle vicende del complesso.
Particolare attenzione sarà rivolta al rapporto tra la discussione intellettuale e gli interventi di
decorazione pittorica e scultorea della chiesa e dell’adiacente Aula Maxima. A stretto contatto con
mecenati, antiquari e studiosi, furono diversi gli artisti coinvolti nella realizzazione del complesso: gli
architetti Antonio Casoni, Mario Arconio, Domenico Castelli e Orazio Torriani, i pittori Andrea
Sacchi, Carlo Maratti, Domenico Cerrini, Pietro Paolo Ubaldini, Emanuele da Como e gli scultori
Francesco De Rossi e Gian Lorenzo Bernini. Essi tradussero sul piano artistico alcuni importanti temi
come il dogma dell’Immacolata Concezione, patrocinato da Wadding, e si confrontarono con le teorie
elaborate da Giovan Battista Agucchi nel suo «Trattato della Pittura» e da Giovan Pietro Bellori nella
suo famoso discorso l’«Idea del Bello».