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La scuola come luogo da "Liberare" (Prima giornata)
Sala del Governatore - Palazzo dei sette - Orvieto (TR)
del 04/05/2006
Ore 10.00
Con un po' di ritardo si inizia. La I Sezione dei lavori dal titolo "Liberare la scuola" si apre con i
saluti di Amedeo Zupi, segretario generale FLC Cgil Umbria, che ringrazia i partecipanti e illustra
il programma del convegno.
Ore 10.10
Spetta a Simonetta Fasoli, Vice presidente Nazionale Proteopresentare obiettivi e caratteristiche
del Convegno che affronta i temi dell'autonomia nelle istituzioni scolastiche.
Ricorda che il convegno, partendo dalla riflessione sull’esistente, intende aprire la prospettiva su un
processo di “liberazione” della scuola inteso come sviluppo della sua autonomia, processo di cui il
dirigente scolastico è protagonista. Nella seconda giornata il discorso si allargherà alla prospettiva
politica, attraverso un confronto con i rappresentanti dei partiti che daranno vita al futuro governo e
della confederazione. Le conclusioni saranno affidate ad Enrico Panini, segretario generale della
FLC.
Ore 10.20
La relazione introduttiva è affidata ad Armando Calatano, responsabile FLC Cgil Nazionale dei
Dirigenti Scoloastici. Questa la sintesi della relazione.
"Liberare la scuola.Il DS protagonista". Si, perchè la scuola ha bisogno di essere liberata.
Innanzitutto dal precariato, le cui conseguenze sono dannose per la qualità del servizio scolastico; di
precariato la scuola rischia di morire.
Il DS deve liberarsi da una "concezione psicologica" di dirigente minore; deve conquistare la
dimensione di attore di "doppia autonomia":
1) il DS riceve direttive e non ordini;
2) il DS gode dell'autonomia dell'istituzione scolastica.
Libertà dalla dipendenza finanziaria: certezza di risorse e senza vincolo di destinazione; e mai puù
coprire con le risorse proprie le manchevolezze di altri (MIUR, Direzioni regionali, ecc).
Libertà dall'autorefenzialità e rotta verso il referente cittadino-studente dentro il contesto sociale e
territoriale.
La scuola ha bisogno di essere liberata da ciò che scolastico non è: l'Amministrazione della scuola
nel senso solo se mirata nel benessere educativo dell'alunno, al perseguimento degli obiettivi
educativi e didattici nazionali, al benesere ambientale per alunni e personale.
Libertà dalla cultura esecutiva e sviluppo di una cultura dell'autonoma progettualità, attraverso il
ritorno ad una prassi storica abbandonata di ricerca e sperimentazione, rivolte al senso della scuola:
quanto, come e cosa imparano gli allievi.
Libertà di contrattazione del salario accessorio e dell'organizzazione del lavoro: negoziare con le
RSU è un pezzo di autonomia.
L'orgoglio della Dirigenza scolastica deriva anche dalla consapevolezza del ruolo della scuola nel
riprogettare il Paese: ricostruire il senso della legalità, del deiritto, della convivenza solidale, contro
lo scempio che ne è stato fatto negli ultimi cinque anni: altro che internet, inglese, impresa!
Dobbiamo costruire una buona scuola, lascinadola lavorare, in autonomia, senza più sfiancarla con
nuove "megariforme". Poi comincia il lavoro "vero".
Scarica la relazione integrale
Ore 10.50
Dopo Armando Catalano interviene Roberto Proietto, Dirigente scolastico di Milano, con una
relazione dal titolo "Dalle molestie burocratiche al lavoro liberato".
L'attribuzione di autonomia alle Istituzioni scolastiche una riforma epocale, irriversibile, della quale
non percepiamo ancora pienamente gli effetti perchè condizionata da molestie burocratiche che
ingabbiano e limitano lo sviluppo dell'aiutonomia stessa.
A 9 ani dalla Bassanini e a 7 dal DPR 275 si scontano ancora mancanza di certezze nelle risorse;
vincoli di destinazione; ritardi negli accreditamenti.
Esiste ancora un radicamento del centralismo anche nalla mentalità degli stessi operatori scolastici,
noi compresi.
Così come è stata fortemente centralista l'impostazione culturale sottesa ala applicazione della
Legge 53.
Anche la vicenda degli ex provveditorati, che non ha portato alla costituzione di templi di servizi e
supporto delle scuole autonome, vede il centro riappropriarsi di terreni fatti di ingerenze indebite
che coinvolgono funzionari e revisori dei conti.
Così le istituzioni scolatiche autonome, che hanno subito l'azzeramento dell'organico funzionale e
conseguentemente vedono negato ogni significativa possibilità di autonomia progettuale, si trovano
invece oberate da compiti e funzioni che si sarebbero rilevati gravosi per un normale ufficio e
diventano impraticabili in segreterie impoverite di organico e con elevati tassi di tour-over.
Pesa sulle scuole anche il groviglio di norme sovrapposte negli anni, il loro mancato coordinamento
e la loro scarsa connessione con le finalità che delle scuole sono proprie.
Le logiche interne dell'amministrazione si centrano ancora su nodi burocratici che ingabbiano
l'autonomia, causando quella che potremmo definire, la crisi di rigetto verso le molestie
burocratiche. Crisi che rischia di estendersi confondendo vecchie pratiche con nuove esigenze di
confronto e progettualità.
Occorrono strutture territoriali che sostengono le attività delle scuole e scuole capaci di decidere su
aspetti non marginali e residuali. Perchè il lavoro scolastico liberato possa leggere i bisogni del
territorio, rapportarsi con gli enti locali territoriali e porsi l'obiettivo di una progettualità qualificata.
Ore 11.20
Prende la parola Antonio Valentino, dirigente scolastico di Milano.
L'intervento, che aveva per titolo "Dalla cultura esecutiva alla cultura progettuale", è partito da
alcuni interrogativi, per cercare risposte ai mali e al malessere che pesa, anche se in modo
differenziato, a seconda degli ordini di scuola, sul sistema scolastico.
Interrogativi riconducibili alle visioni del lavoro scolastico come è percepito dagli operatori e dal
mondo "esterno" e traducibili in concetti come: sudditanza, ripetitività, burocratizzazione,
autoreferenzialità, separatezza rispetto a ciò che sta fuori e separatezza interna che
intralcia/impedisce confronto, coordinamento, crescita.
Per i Dirigenti scolastici le "visioni" che pesano negativamente, fanno invece riferimento alla
perdurante cultura del quesito e del continuismo e ad una concezione contradditoria della dirigenza
(leadership educativa contro Responsabile soprattutto amministrativo).
L'antidoto a queste "visioni" viene individuato nell'Autonomia scolastica, così come disegnata dal
DPR 275, e nella progettualità cone espressione di autonomia nella ricerca e nella sperimentazione
e nella organizzazione del lavoro.
In tale visione la progettualità viene presentata come "pensiero lungo e attrezzato che si articola in
funzioni e competenze di cui occorre avere precisa padronanza"
Ma perchè l'Autonomia funzioni si rendono necessarie - questo il passaggio successivo - condizioni
irrinunciabili (uso funzionale degli strumenti contrattuali, centri di sostegno territoriale, organico
funzionale, coinvolgimento dei centri di ricerca e dell'Università...).
L'ultimo punto ha riguardato la domanda alla politica, soprattutto per liberare costruttivamente la
scuola.
Domanda riferita alle macerie del morattismo e ad alcuni vecchi mali della cultura scolastica
(l'accademismo e la separazione tra teoria e pratica, l'enciclopedismo, il disciplinarismo esasperato
e la frammentazione del lavoro didattico).
Ore 11.50
Anna Maria Santoro del Centro Nazionale della FLC Cgil affronta il tema dell’unità dei servizi.
All’unità dei servizi sia il DPR 275/99 che il contratto nazionale di lavoro avevano assegnato un
ruolo determinante per consentire lo sviluppo di due ambiti fondamentali dell’autonomia quello
organizzativo e quello finanziario.
Ma così non è stato perché nei 5 anni in cui ha governato la destra abbiamo assistito alla
deformazione sotto ogni profilo del modello di autonomia scolastica che il centro sinistra aveva
messo a punto.
Le ragioni che hanno drammaticamente impedito l’attuazione di una vera unità dei servizi sono
state 4: la precarietà dei lavori ata, un decentramento fuori controllo, la povertà delle risorse
finanziarie e la mancata qualificazione delle risorse professionali.
Ma oggi abbiamo le condizioni per riprendere il filo laddove era stato spezzato.
Il superamento della precarietà è indispensabile per creare le condizioni per un funzionamento
qualificato dell’unità dei servizi il cui lavoro è strettamente legato alla didattica. Partendo da questa
considerazione le scuole devono essere liberate da quei lavori “seriali” non hanno attinenza con il
servizio scolastico e la progettualità.
Va subito chiesta la modifica dell’attuale regolamento di contabilità a partire dalle scadenze del
programma annuale troppo ravvicinate all’avvio dell’anno scolastico.
In questi anni abbiamo assistito ad un passaggio improprio dei revisori dei conti che si sono
trasformati in ispettori e questo non è tollerabile. Il prossimo regolamento quindi dovrà farsi carico
di “ridimensionare” il loro ruolo che non può andare oltre il controllo interno di gestione.
Sulla valorizzazione professionale previste dell’art. 7 dell’accordo sul II° biennio economico dal
prossimo settembre aprirà scenari nuovi e postivi per rilanciare il ruolo dell’unità dei servizi in una
“autonomia ritrovata” e per consolidare al suo interno tutti i lavori ata.
Importante il ruolo della contrattazione integrativa di istituto che in questi anni ha contribuito al
buon funzionamento della scuola rendendo più democratico e trasparente l’uso delle risorse.
>Scarica la relazione integrale
Ore 12.15
Dopo le varie relazioni il Convegno prosegue con il dibattito tra i presenti
Ore 13.30
Pausa
Ore 15.00
Riprendono i lavori con la II Sezione dal titolo "Il Dirigente Scolastico nella rete: la rete come
vincolo,la rete come risorsa" presieduta da Maria Carla Fiori, Segretaria provinciale FLC Cgil di
Terni.
Ore 15.10
Anticipa il suo intervento Benedetto Vertecchi, docente Università Roma Tre,con una relazione dal
titolo "Dall'autoreferenzialità all'autoanalisi e alla valutazione come antidoti".
L'intervento si apre con l'affermazione della necessità di un serio lavoro di ricostruzione culturale.
Vertecchi ricorda come, dopo l'unità d'Italia, la scuola sia stato uno dei fatttori di costruzione
dell'unità culturale di un Paese caratterizzato da analfabetismo di massa, e come il fascismo sia stato
un movimento di regresso culturale il cui intervento sulla scuola è stato finalizzato a costruire un
sistema scolastico elitario impegnato a contenere ed indirizzare la domanda sociale di istruzione.
Vertecchi sottolinea come a questa idea di cultura e di scuola si ricollega la riforma Moratti,
affermando che invece la scuola e il suo successo, e insuccesso, dipendono dai modelli sociali che si
affermano fuori della scuola.
Per avviare il processo di ricostruzione del sistema scolastico occorre perciò interrogarsi su quali
siano le linee di trasformazione che investono la società contemporanea.
Richiamandosi ad alcune ricerche della fine degli anni '80 sulla persistenza degli apprendimenti
nella popolazione adulta, Vertecchi evidenzia come si sia diffuso nei paesi industrializzati il
fenomeno dell' "illetteratismo", consistente nell'incapacità di utilizzare per la comunicazione i
simboli e i codici comunque appresi, anche attraverso cicli scolastici lunghi.
Vertecchi chiarisce come ciò sua determinato dal fatto che l'apprendemento non persiste se non
viene rafforzato dai condizionamenti sociali. Alla maggioranza della popolazione viene richiesto di
essere "gagliardi consumatori", ai quali non serve usare codicie e simboli, saper leggere, scrivere,
usare numeri e fare ragionamenti complessi.
Questo "impoverimento simbolico" è dunque determinato da un abbassamento della soglia della
complessità del linguaggio usato nela comunicazione di massa, per consentire un allargamento della
fascia dei destinatari del messaggi.
La riduzione delle capacità linguistiche nelle popolazioni ha prodotto in quasti ultimi anni una
prima conseguenza nel pericoloso calo dell'interesse per la scienza, a causa della difficoltà di
comprensione del linguaggio scientifico.
Vertecchi, facendo riferimento al mutamento dell'attuale modello demografico della popolazione
rispetto agli inizi del '900, evidenzia come il profilo culturale ipotizzato delle "3 I" berlusconiane
non sia assolutamente in grado di rispondere ai bisogni culturali del Paese.
Quello che occorre è invece interrogarsi su quale sia il posto della cultura nella nsotra società e
come fare ad aumentare il valore degli individui assumendo alcuni punti fermi:
- più le competenze acquisite sono finalizzate, meno sono possibili gli adattamenti e meno sono
utilizzabili;
- le competenze finali sono quelle che si perdono per prime;
- ciò che resta sono le conoscenze iniziali;
- acquisisce maggior valore nella formazione degli individui ciò che non ha una immediata utilità,
ciò che non serve subito.
Ore 16.45
Leopoldo Ceraulo, Dirigente Scolastico di Palermo, inizia la sua relazione con il paradosso del
cane per indicare che le interazioni che tengono in vita il cane si potrebbero studiare solo con la
morte del cane,e per significare che qualunque sforzo per definire la relazione tra i corpi decisionali
all'interno della 'scuola viva' è già incompleto perchè isola la parte staccandola dal tutto.
La presenza delle strutture intermedie non nasce con l'autonomia ma ha una storia ormai
consolidata:
-l'organizzazione scuola è strutturata in 'classi';
-ha una funzione docente caratterizzata dal principio costituzionale della tutela della libertà
dell'insegnamento e dal forte 'autogoverno' dovuto ad un quadro di regole approvate dagli stessi
professionisti (nel collegio docenti). La 'carriera' docente, citata fin dal contratto dell'86-87 può
essere articolazione funzionale a servizio degli altri docenti, ma si configura come cessazione della
funzione docente per fare altro;
-dagli anni '60 la componente studenti ha un ruolo anche negli OOCC;
-la contrattazione decentrata è la novità degli ultimi anni;
-dalla Riforma Moratti emerge il ruolo decisionale delle singole famiglie in merito alle scelte
educative del curricolo formativo dei figli;
-alla fine il Dirigente scolastico è tra i più recenti livelli decisionali.
L'Iceberg organizzativo della scuola ha assunto dimensioni enormi e non solo sommerse.
Per questo dobbiamo rispondere alla domanda se una o più reti si trovino all'interno della scuola che
sicuramente sono molte le reti e il compito del DS è sviluppare le connessioni e i legami tra le
diverse reti.
Nella progettazione del POf possiamo almeno individuare 5 soggetti-sistemi decisionali
SISTEMA FORMATIVO (docenti nelle varie strutture, dipartimenti, progetti ecc)
SISTEMA DELLE FAMIGLIE
SISTEMA GESIONALE(Ds,staff..)
SISTEMA GENERALE (segreteria personale non docente ...)
SISTEMA DECISIONALE(gli OOCC)
Tutti 5 questi gruppi decisionali sono sistemi organizzativi:
-con elementi di instabilità, con caratteri specifici, con caratteri di complessità, con struture
organizzative, con ricorsività, con autonomia decisionale.
A queste caratteristiche si aggiungono particolarissime peculiarità:
-lo stesso soggetto può trovarsi in sistemi diversi con ruoli e competenze diverse;
-si possono determinare differenze tra il livello individuale il livello collettivo-collegiale.
Si arriva pertanto alla domanda: se la presenza stratificata di più corpi deicionali è antica perchè
oggi pesa di più?
La responsabilità non è certo dell'autonomia, ma la difficoltà sta nella ricostruzione di finalità
condivise e di valore sociale da attribuire alla missione della scuola
Si deve ripartire da un nuovo patto tra la scuola e la società che dia anche un senso alla
rendicontabilità sociale, altrimenti il gioco dei 5 sistemi decisionali corre il rischio di diventare una
arena politica con tentativi di ri-definizioni di ruoli, gerarchie.
Riprendiamo pertanto il discorso lasciato 5 anni fa cercando di rilanciare la parola 'autonomia'
riprendendone la carica innovativa in cui abbiamo creduto.
I Ds debbono avere una 'competenza sistemica',ma questa competenza dovrebbe esser diffusa nelle
dverse figure che operano nella scuola perchè non si può creare solo con il concorso per diventare
Dirigenti.
Deve essere modificato il rapporto con l'amministrazione ,agendo sulla sua riforma.
Vogliamo 'restituire' all'amminitrazione tutti i carichi burocratici amministrativi che si sono riversati
sulle spalle dei DS che deve operare in una scuola dove abbiamo dimostrato dove esiste ormai una
enorme complessità di corpi intermedi.
Ore 17.45
rviene Interviene Paolo Landri, ricercatore del CNR, che interviene sul tema "La rete esterna".
Mette in discussione il concetto di "rete", concetto che è sembrato "dare pace" di fronte ala
complessità. Tale concetto è un "mito", che spesso ha messo in connessione un'idea di scuola e la
sua forma (ipotesi di Mac Beath, 2003).
Negli anni '90 l'idea di scuola come "competizione" ha dato luogo al mito della "organizzazione".
Ma la scuola non è una organizzazione in senso classico, poichè l'idea di organizzazione è più
legata all'idea di gerarchia (quindi più legata alla organizzazione della fabbrica).
Landi preferisce introdurre perciò il concetto di "tessuto organizzativo", cioè di una struttura in cui
le trame possono essere molte, più o meno fitte, e mai concluse: è un modo di organizzare più che
una organizzazione finita.
Dunque un'idea di rete come scuola "distribuita", senza confini prestabiliti, distribuita in un certo
territorio, che può anche essere un territorio virtuale.
L'autonomia ha prodotto la molteplicità (e la moltiplicazione) degli attori, spesso senza che oggi
siano stati definiti i confini e le competenze di ognuno. Questo ha moltiplicato, necessariamente,
anche i conflitti, e ha posto, e pone, un problema di governance:
- chi governa che cosa, cosa compete a chi;
- quale ruolo allo Stato (livello macro) e quali rapporti con il livello "meso" (Regioni, Autonomie
locali);
- quali rapporti tra questi e il livello "micro": le singole scuole e le loro reti.
La ricerca nel napoletano ha messo in evidenza che le reti sono più frequenti e più utilizzate tra le
scuole ed altri enti (ad esempio le ASL) e soprattutto tra gli istituti professionali e tecnici. Le reti
orizzontali tra scuole, anche dello stesso territorio, sono spesso sporadiche, occasionali, che si
sviluppano spesso sul problema dell'orientamento (quindi secondo logiche di "quasi mercato").
Il rapporto con il territorio è comunque verificato, quasi che anche le reti siano connesse al "capitale
sociale" del territorio, là dove la vivacità culturale produce connessioni e nuove opportunità di
scambio tra istituzioni.
I rischi dell'autonomia oggi, e delle nuove ipotesi di governance:
- balcanizzazione del sistemna di formazione e istruzione;
- parallelismo organizzativo: una rete di azioni che si sovrappone (non si sostituisce) al modello
burocratico precedente;
- un'autonomia non regolata, dove prevale il "quasi-mercato", con un'aumento delle diseguaglianze,
perchè produce una polarizzazione delle istituzioni e dell'utenza. Le scuole competono per avere gli
"alunni migliori", riproducendo, anzichè recuperando, le diseguaglianze sociali. Il rischio è di
entrare in una logica della moda, del marketing;
- anche mettersi in rete può diventare un'efficace strategia di marketing.
Opportunità dell'autonomia:
- la moltiplicazione dei tavoli di discussione e di confronto tra istituzioni;
la circolazione di modelli emergenti;
l'apprendimento istituzionale;
- la messa in discussione di modelli considerati "naturali".
Ore 18.30
Dibattito
Sono intervenuti Ignazio Sarlo, Antonino Titone, Maria Luisa Mattiuzzo, Antonio Ridolfi.
Ore 19.20
I lavori si concludono dandosi appuntamento a domani con la III Sezione di lavori dal titolo "La
parola alla politica"