i Benvenuti nella città condivisa
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i Benvenuti nella città condivisa
26 LA LETTURA CORRIERE DELLA SERA Sguardi Il tema Beni confusionali di Paolo Conti { DOMENICA 15 APRILE 2012 Patenti e monumenti Dopo la pax romana tra Campidoglio e centurioni-comparse, a un passo dal «patentino», si teme che il fenomeno dilaghi nelle città d’arte italiane: patente a punti per i gondolieri veneziani, albo speciale per le guide abusive di Pompei, esame pubblico di ammissione per le orchestrine nei ristoranti napoletani. Camorra e racket permettendo, s’intende. Tanto, lo sfondo monumentale è gratis per tutti. Visioni Parla un guru dei nuovi media. Mentre Chipperfield annuncia: superiamo confini e stili Benvenuti nella città condivisa Segnali Carlo Ratti (nella foto) dirige il Senseable City Lab del Mit (Massachusetts institute of technology) di Boston (www.senseable.mit.edu). A fianco: un rendering della Ciudad Creativa Digital che riqualificherà un quartiere storico di Guadalajara in Messico. Al centro, dall’alto in basso: «The Cloud», progetto pensato da Ratti per la prossima Olimpiade di Londra; il padiglione di acqua digitale realizzato per l’Expo di Saragozza (nel 2008); una delle biciclette intelligenti create nell’ambito del progetto «Copenhagen Wheel» di STEFANO BUCCI C’ è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi di antico. Non c’è però bisogno di scomodare i versi di Giovanni Pascoli per scoprire quanto sia attuale e al tempo stesso quanto sia classico quel tema delle smart cities che ha fatto di Carlo Ratti un guru dei nuovi media, di volta in volta definito «tra le 25 persone che cambieranno il mondo del design», «uno dei nomi che è necessario conoscere», «tra i 50 designer più influenti degli Usa». D’altra parte è lo stesso Ratti (nato a Torino nel 1971 ma da tempo trasferito a Boston dove dirige il Senseable City Lab del Mit) a intrecciare volutamente nelle sue teorie il presente e il passato. Tanto che parlando di città intelligenti in cui convivono tecnologie digitali e reti sociali, abitate da smart citizens (cittadini altrettanto intelligenti e soprattutto consapevoli che cooperano per migliorare gli stessi stili di vita) si finisce per pensare, invece che ai Pronipoti di Hanna & Barbera (con le loro astronavi sempre a prova di ingorgo e con le loro case automatizzate), a quella città rinascimentale attualmente messa in mostra (fino all’8 luglio) alla Galleria Nazionale di Urbino, una città ideale che fa da sfondo alla Flagellazione di Piero della Francesca come all’Annunciazione del Perugino. Insomma, per Ratti, «quando Michelangelo scagliò il martello contro il ginocchio del suo Mosè non aveva fatto altro che anticipare l’idea di un’arte (e di un’architettura) interconnessa, capace insomma di dare risposte in tempo reale». Proprio come dovrebbero fare, in concreto, le «sue» smart cities, città in grado di superare (con la loro tecnologia «condivisibile e praticabile») persino «la frustrazione di un Barocco e di un Liberty sempre condannati a inseguire modelli irraggiungibili, perché troppo fantastici». Ed ecco che passato e futuro si intrecciano ancora nelle parole di questo architetto-ingegnere (nato a Torino nel 1941) che attualmente dirige una quarantina di ricercatori, tanti ne conta il suo laboratorio diviso tra la sede di Boston e la filiale di Singapore («il posto migliore dove sperimentare le smart cities»). Tutti impegnati nel ripensare le nostre metropoli per viverle meglio. Carlo Ratti racconta la sua smart city: facile e felice «L’architettura eccessiva e stravagante è finita» In queste smart cities tutto è permesso (almeno in materia di tecnologia): nel 2008 Ratti (titolare con Walter Nicolino dello studio Carlorattiassociati di Torino) ha così creato il Digital Water Pavillon per l’Expo di Saragozza utilizzando le pareti di acqua digitale per creare spazi d’abitazione. Mentre per la prossima Olimpiade di Londra aveva pensato The Cloud, una nuvola artificiale sospesa sullo skyline della città: un universo di gigantesche bolle di plastica (tra i simboli della manifestazione) da cui sarà possibile ammirare lo skyline della città ma su cui sarà possibile creare giochi di luce o far scorrere informazioni in tempo reale (dal meteo ai risultati delle gare). Una scultura spettacolare, «una celebrazione della tecnologica» come l’aveva a suo tempo definita Paola Antonelli del Moma di New York ma che, per i soliti intoppi burocratici «non potrà essere realizzato in tempo per l’inaugurazione». In alternativa si può cambiare il futuro delle città trasformando più semplicemente le biciclette in veicoli intelligenti capaci di fornire informazioni (come è avvenuto a Copenaghen). Oppure cominciando dalla cucina (come ha fatto Ratti per Indesit Group, progetto che sarà presentato al prossimo Salone del Mobile di Milano) definita «lo spazio più importante della casa, quello da cui bisogna iniziare la mutazione». «L’idea delle interconnessioni è la stessa che aveva fatto dire al grande Le Corbusier, già agli inizi del secolo scorso, che la civiltà delle macchine doveva trovare un suo guscio architettonico. Ora il nostro compito è quello di creare un guscio per Twitter e dintorni». Per questo, spiega Ratti «paradossalmente le nostre città così antiche, con la loro struttura architettonica così definita possono permettersi di sperimentare il nuovo più di altre realtà» (a questa idea si rifà ad esempio il progetto di recupero del centro di Guadalajara). Ma il cambiamento proposto dall’equipe del Senseable City Lab è più ampio: «L’architettura fatta di forme stravaganti e eccessive, quella insomma di Gehry e Zaha Hadid, è tramontata. D’altra parte la ricerca di un effetto speciale molto superficiale è ben più facile da raggiungere di un vero mutamento di costume e abitudini di vita». Per Ratti «l’architettura è oggi fatta di sensori, ispirati magari ai pit stop della Formula 1, di piattaforme i L’appuntamento/1 Carlo Ratti sarà protagonista dell’incontro in programma mercoledì 18 aprile a Milano (Mediateca Santa Teresa, via della Moscova 28, ore 19.30) nell’ambito di «Meet the media guru», il ciclo di appuntamenti con i protagonisti della cultura digitale ideato da Maria Grazia Mattei (organizzato dalla Camera di Commercio di Milano con il contributo di Regione Lombardia e Provincia). Ingresso libero fino ad esaurimento posti, previa registrazione sul sito www.meetthemediaguru.org L’appuntamento/2 David Chipperfield (sopra) è il curatore della 13esima Biennale internazionale d’architettura (titolo «Common Ground») in programma dal 29 agosto al 25 novembre a Venezia (vernice, il 27 e 28 agosto). L’architetto inglese (1953) parteciperà alla conferenza di presentazione della Biennale prevista per mercoledì 2 maggio a Roma, alla Facoltà di Architettura Valle Giulia (www.labiennale.org) da condividere e trasformare a seconda di quello che succede» (una delle prime sperimentazioni «l’abbiamo fatta durante i mondiali di calcio del 2006, visionando in diretta l’effetto sul traffico cittadino di Roma della testata di Zidane a Materazzi»). Dove, ad esempio, si può seguire il percorso dei nostri rifiuti con il sistema Trash Track (come a Seattle «dove si è riusciti a trovare una cartuccia di inchiostro a settemila chilometri da dove era stata gettata nell’immondizia»). La ricerca di nuove connessioni è in fondo la stessa che sembra voler proporre Common Ground, la prossima Biennale d’architettura di Venezia: «Con la mia mostra — spiega al «Corriere» il curatore David Chipperfield — intendo attivare dialoghi che attraversino i confini generazionali, stilistici, geografici e disciplinari. Anche perché penso che questi potrebbero anche far emergere il ruolo essenziale di altri settori della cultura architettonica: i media, le istituzioni di ricerca, le scuole, le case editrici, le gallerie, le fondazioni e cosi via. I risultati, spero, si avvarranno di tutti i mezzi disponibili per raccontare storie riguardanti i terreni comuni della professione e della città. Per questo voglio offrire ai partecipanti l’opportunità di illustrare il proprio lavoro all’interno del contesto più ampio della pratica architettonica, non soltanto come dimostrazione di talento individuale, ma anche per riunirci e definire le nostre ambizioni e responsabilità». Il motto di Carlo Ratti? Sensing and acting. Sfruttare le nuove macchine per sentire, agire e soprattutto cambiare («anche in politica come ha dimostrato la Primavera araba»). È dunque l’ennesimo addio alle archistar («Ogni sapere deve essere condiviso, ogni gelosia professionale deve essere messa al bando»), ma anche a certi modelli eccellenti come le città invisibili di Calvino o la Metropolis di Fritz Lang: «Non è più tempo di un progettista come quello impersonato da Gary Cooper nella Fonte meravigliosa di King Vidor che affermava, nel lontano 1949, che "il primo diritto è quello dell’ ego"». Mentre ogni sapere deve essere collegato e prevedibile. «Nelle smart cities — conclude Ratti — niente può essere più casuale. E nemmeno la mela può cadere da sola dall’albero sulla testa di Newton». © RIPRODUZIONE RISERVATA