Introduzione al Grand Tour
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Introduzione al Grand Tour
Alla scoperta del fascinoso Grand Tour L’Italia è sempre stata una meta ambita dai viaggiatori stranieri: sin dal Medioevo pletore di mercanti, pellegrini, artisti hanno percorso le strade di Roma, Firenze, Milano, Napoli ma con scopi meramente economici, politici, di fede o di studio. Tuttavia, un’idea diversa e nuova di viaggio si originò in Europa sul finire del XVI secolo: il Bel Paese, che sempre era stato oggetto di interesse, da ora, acquisirà per i “nuovi” viaggiatori un valore specifico. Parliamo del Grand Tour, il giro, che i giovani rampolli dell'aristocrazia europea, gli artisti, gli uomini di cultura, cominciano a intraprendere con regolarità. Ma cosa si intende per Grand Tour? “Con questo nome si indicò il viaggio di istruzione, intrapreso dai rampolli delle case aristocratiche di tutta Europa, che aveva come fine la formazione del giovane gentiluomo attraverso il salutare esercizio del confronto. Il termine tour, che soppianta quello di travel o journey o voyage, chiarisce come la moda di questo viaggio si specifichi in un 'giro' - particolarmente lungo e ampio e senza soluzione di continuità, con partenza e arrivo nello stesso luogo - che può attraversare anche i paesi continentali ma ha come traguardo prediletto e irrinunciabile l'Italia. Non più l'Italia degli itineraria medievali, certo, ma l'Italia delle cento città la cui fitta trama urbana diventa la meta prediletta di un nuovo pellegrinaggio”.1 “ La dizione Grand Tour è adottata per la prima volta, in trascrizione francese, nel Voyage or a Compleat Journey Through Italy (1670) di Richard Lassels. La pratica del viaggio nell'Europa d'Ancien Régime è dapprima un torrente con esili affluenti, poi in età elisabettiana - tra la seconda metà del Cinquecento e gli esordi del Seicento - il torrente si trasforma in fiume. Diviene infatti un'istituzione per la formazione della classe dirigente inglese e ad ingrossarlo contribuiscono viaggiatori francesi già al tempo di Luigi XIII e del Re Sole; con essi fiamminghi, olandesi, tedeschi, svedesi, russi e ancora altri provenienti da ogni paese d'Europa”. 2 Viaggiare è un’esperienza straordinaria: è occasione di arricchimento culturale e di confronto tra la propria cultura e “ le altre” ma, nello stesso tempo, è un mettersi alla prova con le possibili difficoltà ed imprevisti legati al viaggio stesso. Prima di partire, come alla vigilia di ogni pericolosa impresa, i saggisti inglesi consigliano di mettere ordine nei propri affari, fare testamento e ricevere la comunione. L’avventura è destinata a temprare il carattere. Attraversare le Alpi, la «soglia rituale» e, dall'età romantica, luogo del sublime è d’obbligo e, poi, la sosta nelle città che sono la porta per chi si affaccia all'Italia: Torino e Genova, Verona se si arriva dal Brennero. Il segreto, come spiega Stendhal in un'operetta d'istruzione agli altri viaggiatori, è visitare con attenzione luoghi e contrade che al ritorno, una volta viste Firenze e Roma, sembreranno insignificanti. Poi la Toscana e il suo capoluogo, infine l'approdo alla meta agognata: Roma. L'itinerario ha una sua stagionalità: si arriva in Italia alla fine dell'estate, all'inizio dell'inverno è bene essere già a sud dell'Appennino; il Carnevale si trascorre a Roma, da dove si parte per il Nord a fine primavera, prima che le febbri malariche diventino un pericolo concreto. Il soggiorno nella Penisola dura di solito tra i 10 e i 12 mesi, ma c'è chi si ferma anche due o tre anni se non otto e chi preferisce ritornare più volte. Nel 1 http://grandtour.bncf.firenze.sbn.it/racconto/tradizione-del-grand-tour/la-nascita-del-grand-tour 2 L’Italia nello specchio del Grand Tour, Cesare De Seta, Ediz. Rizzoli 2010 corso del Settecento il baricentro del viaggio si va spostando sempre più verso il Mezzogiorno, perché lì sono le radici della civiltà. Lo stupore suscitato dalla scoperta di Ercolano e Pompei induce a spingersi oltre, a Paestum e in Sicilia alla ricerca del Dorico e alle fonti della civiltà magno-greca. Tuttavia, in pochi si spingono sotto Napoli e anche in questo caso sono i pregiudizi a farla da padrone. Scrive il francese Creuzé de Lesser agli inizi dell'Ottocento: «L'Europa finisce a Napoli e vi finisce piuttosto male. La Calabria, la Sicilia e tutto il resto è Africa». A pensare il contrario è Goethe, folgorato da Messina e Palermo: «L'Italia senza la Sicilia non lascia nello spirito immagine alcuna. È in Sicilia che si trova la chiave di tutto... La purezza dei contorni, la morbidezza di ogni cosa, la cedevole scambievolezza delle tinte, l'unità armonica del cielo con il mare e del mare con la terra... chi li ha visti una sola volta li possiederà per tutta la vita». Le testimonianze dei viaggiatori sono costituite da diari, guide, relazioni ed epistolari ma bisogna evidenziare la notevole diversità tra le scritture sei-settecentesche più obiettive da quelle romantiche, più soggettive. Per tre secoli l'Italia è stata al centro di un fenomeno unico nella storia culturale europea il cui inizio và dalla pace di Cateau Cambrésis del 1559 : dalle testimonianze, in particolare inglesi, francesi e tedesche, emerge una Penisola dagli usi e costumi diversi, nel bene e nel male, ed è questo il fascino del Grand Tour ( l'inglese Mary Wortley Montagu: «Più percorro l'Italia e più mi convinco che gli italiani sono dotati in tutto e per tutto di uno stile che li distingue in maniera determinante dagli altri popoli europei. Non saprei da dove abbiano saputo trarlo, se dal genio naturale o dall'imitazione degli antichi, o se lo posseggono per semplice ereditarietà. Che esista è fuori di dubbio»). Se il Sud dell’Italia voleva dire Campania e Sicilia o la Puglia, l’Abruzzo rimase una terra vergine fin verso l’Ottocento, quando scrittori e artisti inglesi come Edwar Lear e Richard Keppel Craven o, nel primo Novecento con l’olandese Maurits Cornelis Escher, decisero di “esplorare” il territorio. Escher visitò l'Abruzzo per tre volte tra il 1928 e il 1935. Durante la sua permanenza, affascinato dal paesaggio italiano, realizzò opere litografiche e xilografiche. Per un nordico, abituato alla visione di un orizzonte ampio e lineare, le ripide e scoscese montagne della nostra regione, la gentilezza e l’ospitalità abruzzese, furono considerate caratteristiche a dir poco esotiche ed ebbero un effetto folgorante. Delle opere realizzate in Abruzzo abbiamo delle litografie su Castrovalva, e Scanno, mentre su Fara San Martino l’artista realizzò una xilografia, incisione su legno, delle dimensioni di 44,6x58,2 cm. I try in my prints to testify that we live in a beautiful and ordely world, not in a chaos without norms, even though that is how it somentimes appears. My subjects are also often playful: I cannot refrain from demonstrating the nonsensicalness of some of what we take to be irrefutable certainties. It is, for example, a pleasure to deliberately mix together objegts of two and of three dimensions, surface and spatial relationships, and to make fun of gravity. M. C. Escher Grazie al turismo d’èlite che inventò diverse pratiche turistiche quali il turismo culturale, termale o quello marittimo e di montagna, si aprì la strada a quello che oggi chiamiamo “turismo di massa”. Nella seconda metà dell’Ottocento e primo Novecento la classe borghese e, successivamente, il proletariato iniziò a considerare la vacanze non un lusso o uno spreco, ma un momento piacevole e salutare anzi, un vero e proprio diritto ( il sociologo Jean Didier Urbail definirà i nuovi turisti “ pellegrini moderni che nessuna fede anima”). Il concetto di tempo libero è il risultato dell’economia industriale e della società borghese ma questa è un’altra storia...... Classe III D Turismo I.T.S. T.Acerbo – Pescara Prof.ssa Marilena Nobis