leggi l`introduzione - Daniela Baldassarra

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leggi l`introduzione - Daniela Baldassarra
Un uomo, una storia.
“La Ville en haut de la Colline di J.J. Varoujean”
di Daniela Baldassarra
Indice
Introduzione .
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Capitolo Primo. Alla scoperta dell’Autore
1. Varoujean: L’uomo e lo scrittore .
2. L’Armenia: una terra straziata
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3. La Ville en haut de la Colline: genesi
dell’opera .
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4. Intervista a Varoujean
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Pag. I
pag. 7
pag. 16
pag. 19
pag. 21
Capitolo Secondo. Gli anni dell’Assurdo
1. Il Tragico nella modernità .
pag. 25
2. Il Mito nella modernità .
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pag. 34
3. L’Assurdo ne La Ville en haut de la
Colline .
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pag. 41
Capitolo Terzo. Analisi Intertestuale
1. L’intertestualità interna .
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2. L’intertestualità esterna .
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Les Mouches di J.P. Sartre .
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Iphigénie Hotel di M. Vinaver
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Electre ou La Chute des Masques di
M. Yourcenar
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pag. 52
pag. 55
pag. 55
pag. 61
pag. 64
Elecrte di J. Giraudoux
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pag. 68
Capitolo Quarto. I Grandi Temi della Pièce
1. La Follia: fuga dalla realtà
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2. L’illusione del Potere
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3. La Ricerca, vano tentativo di
conoscenza di sé .
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4. La Verità plurale .
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5. Il peso della Memoria
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Capitolo Quinto.
Analisi Drammaturgica e
Stilistica
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pag. 75
pag. 78
pag. 80
pag. 83
Pag. 87
pag. 89
Conclusione .
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pag. 102
Bibliografia .
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pag. 107
Al mio amico Mimmo
Non ci sei più,
eppur ti sento.
Ti sento nel vento che soffia forte
e mi disordina i capelli.
Anche tu disordinavi
i miei pensieri.
Ti sento nelle pietre sulle quali inciampo.
Tu sei la mano
che non mi fa cadere.
Ti sento nelle nuvole che corrono.
Tu correvi sempre
quando avevo bisogno di te.
Ti sento in tutte le cose più vere,
in tutte le cose che non possono morire,
perché danno vita al resto.
E tu non puoi morire.
Per questo ti sento
anche se non ci sei più.
INTRODUZIONE
La Ville en haut de la Colline di Jean-Jacques
Varoujean è stata una scommessa, una vera sfida con me
stessa.
Mi sono imbattuta in quest’opera pressoché
casualmente, scegliendola tra tanti altri testi proposti nel
corso di Storia del Teatro Francese. Ad una prima
lettura, spoglia di qualsivoglia conoscenza circa il testo
e il suo autore, questa pièce teatrale mi è apparsa
piuttosto ermetica, e per questo mi ha molto incuriosita;
ad una seconda lettura, più approfondita e più mirata, le
stesse pagine mi hanno affascinata. Scoprendola come
una delle tante riletture moderne del mito di Elettra, e
avendo già amato le versioni moderne della vicenda
degli Atridi scritte da Sartre, Giraudoux e altri del nostro
tempo, ho voluto approfondire l’interpretazione data da
questo scrittore poco conosciuto.
Avvicinandomi sempre più al testo, ho iniziato a
vedere i personaggi prendere forma e spessore davanti ai
miei occhi; ho iniziato a sentire i loro sentimenti di
rabbia, passione, paura, vendetta, attraverso le semplici
pagine stampate.
Questa sensazione, io la chiamo Magia.
Certo, sola e con le scarsissime informazioni che ero
riuscita a racimolare sull’autore, non avrei mai potuto
affrontare uno studio approfondito. Così, a estremi mali,
estremi rimedi: ho deciso di andare direttamente alla
fonte…
Spinta dal desiderio di scoprire cosa c’era dietro un
testo così particolare, mi sono messa alla ricerca
dell’autore.
Dopo una breve corrispondenza, sono andata a
trovarlo a casa sua, a Parigi, nel dolce quartiere di
Montmartre.
É stato davvero l’inizio di un viaggio senza
coordinate.
L’uomo che è Varoujean mi ha rapita e mai come in
quei momenti trascorsi con lui ho avuto la certezza di
quanto sia importante conoscere non l’autore di un testo,
ma l’uomo che l’ha creato.
Così, mentre io andavo alla ricerca delle opere che
potevano averlo influenzato, degli spunti presi in
prestito dai vari autori contemporanei e non, delle
eventuali influenze di correnti filosofiche e artistiche,
Varoujean mi ha insegnato che è ben altro ciò che si
deve cercare:
Ce n’est pas ce que l’on examine ou étudie qui mérite mais
ce que l’on vit, et surtout ce que, ce qui on est. Le véritable
enrichissement vient de l’intérieur.
Ho capito che dovevo avvicinarmi non solo alla sua
testa, intesa come insieme di conoscenze e esperienze
teatrali, ma anche e soprattutto al suo cuore.
E nel suo cuore ho trovato tanta rabbia e tanto dolore
per una storia, la sua storia, quella della sua famiglia,
legata alle terribili vicende dell’Armenia di inizio
secolo: il Genocidio del popolo armeno operato dai
Turchi nel 1915.
É per questo che ho dedicato il primo capitolo del mio
lavoro a lui e alla storia della sua terra, sottolineando,
naturalmente, le molteplici ripercussioni che questo
evento ha avuto sul testo che analizzo e sulla sua opera
in generale.
Il secondo capitolo è dedicato al Teatro fiorito negli
anni in cui Varoujean ha scritto La Ville en haut de la
Colline: il Teatro dell’Assurdo, e anche e soprattutto ai
nuovi modi di considerare e rielaborare il Mito e il
Tragico nel nostro tempo.
Il terzo capitolo ha come oggetto un’analisi
intertestuale che mira a ritrovare nel testo di Varoujean
echi di opere di altri autori che, come lui, hanno ripreso
le cruente vicende della famiglia degli Atridi: Sartre con
Les Mouches, Vinaver con Iphigénie Hôtel, M.
Yourcenar con Électre ou la Chute des Masques e
Giraudoux con Électre.
Il quarto capitolo è costituito da un’analisi di quelli
che io considero i ‘grandi temi’ dell’opera, cioè i ‘valori
massimi’ da cui scaturiscono eventi e situazioni.
L’ultimo capitolo è dedicato ad un’analisi
drammaturgica del testo di Varoujean mirante ad
evidenziare la struttura della pièce e lo stile dell’autore.
E la mia avventura sembra volgere al termine. Eppure
ho la sensazione che tanto ancora ci sia da dire e da
scoprire.
Il testo di Varoujean, infatti, non consente di avere
certezze, o risposte. É il fascino della sua scrittura e del
suo pensiero, che non obbligano ad una omologazione di
opinioni ma lasciano ampio spazio alla libertà e alla
creatività di ognuno.
…continua…