I SALMI DELLA MISERICORDIA PRESENTAZIONE Nei Salmi si

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I SALMI DELLA MISERICORDIA PRESENTAZIONE Nei Salmi si
PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PROMOZIONE
DELLA NUOVA EVANGELIZZAZIONE
I SALMI DELLA MISERICORDIA
PRESENTAZIONE
Nei Salmi si riflette la vita di ogni uomo. Quanti si accostano al Salterio, credenti e no, presto o tardi
trovano un riflesso della loro esistenza in queste antiche poesie che sono diventate patrimonio di
preghiera per generazioni di persone. La nascita e la morte, la sofferenza della malattia e il dolore
dell ’abbandono, la guerra e la pace, la solitudine e la ricerca di Dio... tutto dell’esperienza
personale si rispecchia nei Salmi. Non solo la vita umana, ma anche il cosmo, le vicende di Israele e
la storia della salvezza trovano posto nei Salmi. Il Salterio insomma è la voce di Dio che diventa
preghiera degli uomini quando si pongono alla sua presenza, sapendo di aver bisogno del suo
amore. Nell’Anno Santo della misericordia era importante offrire uno strumento pastorale per
aiutare la preghiera e l'intelligenza dei pellegrini. Si è pensato a una selezione di Salmi dove il tema
della misericordia emerge in tutta la sua valenza esistenziale e significato teologico.
In Misericordiae Vultus, papa Francesco ha voluto dedicare alcune espressioni significative anche
alla preghiera dei Salmi. Ha scritto: «I Salmi, in modo particolare, fanno emergere questa grandezza
dell’agire divino: “Egli perdona tutte le tue colpe, guarisce tutte le tue infermità, salva dalla fossa la
tua vita, ti circonda di bontà e misericordia” (103,3-4) ...La misericordia di Dio non è un ’idea
astratta, ma una realtà concreta con cui Egli rivela il suo amore come quello di un padre e di una
madre che si commuovono fino dal profondo delle viscere per il proprio figlio» (MV6).
Il Pontifìcio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione è riconoscente a don
Sebastiano Pinto, professore di esegesi dell’Antico Testamento nella Facoltà Teologica Pugliese,
per la sua disponibilità a scrivere questo commento ai Salmi della Misericordia. Siamo sicuri che
attraverso la sua presentazione tanti cristiani potranno gustare maggiormente la preghiera del
Salterio. I Salmi della Misericordia, pertanto, sono come una guida che può accompagnare il
pellegrinaggio verso la Porta Santa per scoprire la misericordia di Dio come una vicinanza di
tenerezza e di consolazione che non ha confronti.
RINO FISICHELLA
Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione
INTRODUZIONE
“Quanto ho pianto al sentire gli inni e i canti in tuo onore, vivamente commosso dalle voci
della tua Chiesa, che cantava dolcemente! Quelle voci vibravano nelle mie orecchie e la verità
calava nel mio cuore, e tutto si trasformava in sentimento di amore e mi procurava tanta gioia da
farmi sciogliere in lacrime» (Le Confessioni, IX, 6.14).
Con queste parole intense, sant’Agostino racconta il fascino che la Chiesa in preghiera ha
esercitato sulla sua vita, insieme alla forte incidenza del canto liturgico sulla sua conversione. Il
libro dei Salmi ha sempre suscitato una forza straordinaria di attrazione perché in esso si ritrova
l’ampio ventaglio dei sentimenti umani: gioia e lode, tristezza e angoscia, forza e debolezza, vittoria
e sconfitta, fiducia e sconforto. Ogni esperienza della vita, dalla più bella ed esaltante alla più
terribile, viene qui poeticamente narrata.
Non è un caso che sant’Atanasio parli dei Salmi come del libro degli affetti, come la culla
della vita morale e come lo specchio dell’anima, perché essi suscitano il desiderio delle virtù.
Benché tutta la nostra Scrittura, antica e nuova, sia divinamente ispirata, questo libro è, per così
dire, un ricco giardino nel quale si possano cogliere i frutti di tutti gli altri testi ispirati.
Nella Chiesa dei primi secoli si diffonde l’interpretazione cristologica dei Salmi, considerati
come la voce del Cristo totale, capo e corpo. Nella voce di Davide si fa intendere quella di Gesù e,
con essa, la polifonia di tutte le membra del Corpo di Cristo. Anche per tale lettura spirituale i Salmi
sono stati commentati ampiamente. Se si dovesse stilare una classifica delle preferenze dei libri
biblici commento tati dagli autori cristiani, scopriremmo che il libro dei Salmi occupa le prime
posizioni, accanto ad altri illustri scritti: il profeta Isaia, il Cantico dei Cantici e ovviamente i
Vangeli. Lo stesso Cristo risorto, apparendo ai discepoli, aveva indicato nei Salmi non solo il luogo
in cui rintracciare le orme del suo passaggio ma la chiave per riconoscerlo vivo e operante nella
Chiesa: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano
tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi. Allora aprì loro la mente
per comprendere le Scritture» (Lc 24,44).
Il fascino del Salterio attraversa i secoli e giunge sino ai nostri giorni, mostrando tutta la sua
ricchezza spirituale all’uomo di oggi, così affamato di interiorità e di senso autentico della vita.
Questa ricchezza si attinge nella lettura e nello studio del Salterio, sia a livello personale sia a
livello comunitario; ma si offre soprattutto alla preghiera dei cristiani nella Liturgia delle Ore:
«Nella Liturgia delle Ore la Chiesa prega in gran parte con quei bellissimi canti, che i sacri autori,
sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, hanno composto nell’Antico Testamento [...]• Chi recita i
Salmi nella Liturgia delle Ore, li recita non tanto a nome proprio quanto a nome di tutto il corpo di
Cristo, anzi nella persona di Cristo stesso» (nn. 100.108).
In ebraico il Salterio è chiamato séfer tehillim («libro delle lodi»), mentre in greco abbiamo
psàlmos («canto»). Nel libro di Daniele si menzionano diversi strumenti musicali tra i quali il
salterio: «... il suono del corno, del flauto, della cetra, dell’arpicordo, del salterio, della zampogna e
di ogni specie di strumenti musicali» (Dn 3,5.7). Nell’accezione della Bibbia greca il legame tra i
Salmi e la musica è indissolubile, secondo quanto risulta da lCr 16,4-6 e 2Cr 34,12 che presentano i
leviti come cantori e suonatori, anche se questo non significa che la recita dei Salmi sia sempre stata
accompagnata da uno strumento. I Salmi furono composti in ebraico in un arco di tempo che oscilla
tra i sei e gli otto secoli e furono ampiamente utilizzati nella preghiera della comunità. La versione
greca dei Settanta è la più importante delle antiche versioni per quanto riguarda il Salterio. Questo
testo - che abbraccia un periodo tra il II secolo a.C. fino al I d.C. - è rilevante perché è il testimone
più vicino all’originale ebraico. Fu proprio il testo greco, e non quello ebraico, ad essere citato dagli
autori del Nuovo Testamento quando rimandavano all’Antico; analogo è il discorso relativo
all’utilizzo del Salterio da parte dei Padri della Chiesa. È stata comunque la lingua latina a
permettere la più ampia diffusione del Salterio. Nel 386, infatti, san Girolamo a Betlemme preparò
lo Psalterium Gallicanum che poi diventò il Salterio della Vulgata.
Scorrendo i diversi Salmi ci si accorge che la maggior parte di essi presenta delle soprascritte
che fungono da titoletti. Queste intestazioni non comparivano nell’originale ebraico, anche se la
loro antichità è indiscutibile. Tali titoletti furono inseriti dalla tradizione giudaica precristiana, con
un’intenzione squisitamente liturgica. Abbiamo tre tipi di soprascritte: a) termini tecnici musicali e
indicazioni per l’esecuzione, b) nomi personali ai quali è associato il salmo e c) intestazioni
storiche.
Scorrendo il libro del Salterio ci si potrebbe trovare nella difficoltà di non sapere con certezza
quale sia il numero del Salmo, giacché a partire dal Salmo 9 compare una doppia numerazione: la
seconda metà del Salmo 9 è considerata dal testo ebraico il Salmo 10 mentre sia nella Settanta che
nella Vulgata esso non viene diviso. Inizia, quindi, dal Salmo 9 una differente numerazione che
nelle moderne traduzioni della Bibbia è così riportata: quella più alta (normalmente tra parentesi)
segue l’ebraico, mentre quella inferiore rispecchia l’ordine della Settanta e della Vulgata. La doppia
numerazione termina con il Salmo 147, in cui ritroviamo il procedimento esattamente inverso a
quello presente al Salmo 9. Perciò sia per la Bibbia ebraica sia per quella greca i Salmi sono 150.
L’attuale numerazione si deve a san Girolamo. Dobbiamo tener presente che la divisione della Bibbia ebraica in capitoli e versetti avvenne molto tardi e in un periodo che abbraccia i secoli IV-VIII
d.C.
Il Salterio è sempre stato visto come un vero e proprio libro, sebbene questa unità sia stata
voluta dai redattori finali della Bibbia: per tale ragione i commenti esegetici spesso prescindono
dall’individuazione dei legami interni preferendo soffermarsi sulle singole composizioni,
operazione senz’altro legittima anche se negli ultimi decenni è maturata una sensibilità che tende ad
accorpare i singoli poemi e collegarli a un tema comune. All’interno del Salterio, secondo
l’intuizione di Gregorio di Nissa, si ritrovano degli elementi che consentono di strutturarlo in cinque
parti: 1-41: primo libro; 42-72: secondo libro; 73-89: terzo libro; 90-106: quarto libro; 107-150:
quinto libro.
La presenza di cinque libri evidenzia la volontà dei redattori finali di collegare il Salterio ai
primi cinque libri della Bibbia (Pentateuco), conferendogli un valore fondante analogo. Come nel
Pentateuco si narrano gli inizi della storia della salvezza (creazione, elezione, schiavitù, liberazione,
dono della Legge), così nel Salterio è tratteggiato l’itinerario del cammino spirituale del pio
israelita. La lode che chiude i singoli libri e l’intero Salmo 150, inno totalmente dossologico,
attestano il punto di arrivo al quale tende la descrizione salmica: nonostante la prova, l’infedeltà, il
peccato del popolo e dei singoli, la promessa del Signore rimane stabile assicurando agli Israeliti il
recupero della salute del corpo e la comunione dello spirito.
Normalmente si pensa che il contesto naturale dei Salmi sia il tempio di Gerusalemme o
comunque un ambiente legato allo studio della Scrittura nella sinagoga. Non bisogna confondere
comunque il luogo in cui le composizioni sono state celebrate e sicuramente rielaborate, con il
contesto che ha innescato l’intuizione poetica e spirituale. I Salmi prendono origine nella vita
quotidiana, e proprio per tale ragione intendono esprimere poeticamente tutte le sue stagioni, sia
quelle verdi e feconde sia quelle ingiallite e aride. I Salmi, dunque, sono poesie a tema religioso, e
per comprenderli in profondità si rende necessaria una duplice competenza: quella poetica, per
cogliere le finezze che la poesia ebraica esprime; e quella di fede, per intuirne il valore spirituale.
Il Salterio, infine, racconta l’uomo. E ciò spiega la ricchezza sconfinata del simbolismo
utilizzato. Secondo un’espressione ormai divenuta celebre, i centocinquanta Salmi costituiscono un
«microcosmo» che racchiude l’intero arco spazio-temporale dell’essere umano che è colto nella sua
unità psico-fisica: l’uomo è spirito, cuore, immaginazione, e quando pensa a Dio e vive la propria
fede lo fa con tutto se stesso. Non è solo ragione, intelletto o fredda somma algebrica di variabili.
Un grande ruolo giocano, pertanto, i simboli che esprimono il «sapore» della teologia e, in ultima
analisi, dell’esistenza.
Tre sono le categorie fondamentali che raccontano l’uomo simbolico. La prima è quella
verticale: «l’uomo in piedi» in una linea ascensionale-discensionale, colto nel suo processo di
elevazione morale e sociale. Si pensi al simbolo dello scettro (2,9; 45,7; 60,9; 108,9), al tempio sul
monte (48), allo schiavo che eleva gli occhi verso il suo padrone (123,1), agli appellativi divini
«Dio Altissimo», «Dio delle montagne» o «Dio altezza» (91,1; 92,9; 93,4). La seconda categoria è
quella orizzontale: «l’uomo seduto», come segno di intimità. Si pensi ai riferimenti all’utilizzo del
verbo abitare, dimorare, giacere (yasab) e ai luoghi in cui si abita: la casa (26,8; 84,5; 101,7;
113,9) , il tempio (11,4; 27,4; 65,5;), la città rifugio (18,3; 62,3.7; 144,2). Infine, la terza
categoria è quella dinamica e temporale: «l’uomo in cammino». Qui domina l’immagine della
«via» (dérek), che indica la strada ma anche la condotta morale (l’immagine delle due vie riguarda
il bene contrapposto al male). Non è, cioè, solo un simbolo geografico ma anche di esistenza
(orientamento di vita: 49,14; 119). 11 movimento può essere ascensionale (verso il tempio nei Sal
120-134) o legato allo scorrere del tempo (16,10-11).
Rimanendo nella simbologia spaziale, possiamo dire che i Salmi seguono una quadruplice
linea: quella verticale-teologica, verso il cielo e verso Dio; quella orizzontale-antropologica, verso
l’uomo; quella orizzontale-cosmologica, verso il creato; e quella verticale dell’oltretomba, verso il
mondo delle tenebre che nell’immaginario ebraico è situato nel sottosuolo.
I DIECI SALMI DELLA MISERICORDIA
La misericordia è una delle caratteristiche divine che il Salterio pone maggiormente in evidenza.
Esistono, infatti, dei poemi che possiamo chiamare «Salmi della Misericordia», perché attraversati
dall’agire amorevole del Signore con il quale egli si rivolge ai suoi fedeli. La parola «misericordia»
(hésed) possiede una forte pregnanza di significati, e per questo è tradotta in vario modo: tenerezza,
grazia, misericordia, indulgenza, bontà, benevolenza, amore. Questo vocabolario rivela un tratto
sorprendente di Dio: quello della maternità. Se c’è un luogo in cui dimora la hésed divina questo è il
grembo, le viscere (rahamim): le viscere materne di Dio si commuovono al punto da perdonare il
grande peccato commesso (Is 49,15; Sai 103,13). Nel mondo biblico la parte più intima in cui
hanno sede i sentimenti è proprio il ventre/grembo, e ciò crea un forte accostamento tra la
misericordia e la generazione: «partorire la misericordia» equivale a «mettere al mondo la vita».
I Salmi danno voce all’uomo e al suo corpo. Ed è proprio attraverso il corpo e le sue membra che
la preghiera trova le sue modulazioni, i suoi ritmi, i suoi tempi, i suoi spazi. Non che l’anima o lo
spirito non siano coinvolti, ma la Bibbia ha una concezione «carnale» dell’uomo, nel senso più
spirituale del termine: non esiste un corpo staccato dalla sua anima né un’anima sciolta dal suo
corpo. Quando l’uomo prega, ama, soffre, loda, quando in una parola egli vive, lo fa con tutto se
stesso, nella sua interezza psico-fisica. Forse per molto tempo una certa visione cristiana ha
indugiato troppo sulla sola dimensione razionale, lasciando in secondo piano quella corporea,
facendo intendere che la forma di preghiera più nobile fosse quella del pensiero. Con la
rivalutazione dell’antropologia biblica, invece, è stata messa al centro la «carne della fede», e con
essa quello spessore esistenziale che attraversa le grandi narrazioni della Bibbia, da Abramo a Gesù
Cristo.
1 Salmi danno voce al corpo, dunque, o, per ricordare una celebre espressione di Paul
Beauchamp, sono la preghiera del corpo: «Il fragile strumento della preghiera, Tarpa più sensibile,
il più esile ostacolo alla malvagità umana, tale è il corpo. Sembra che per il salmista tutto si giochi
là, nel corpo. Non che sia indifferente all’anima, ma al contrario perché l’anima non si esprime e
non traspare se non nel corpo. Il Salterio è la preghiera del corpo. Anche la meditazione vi si
esteriorizza prendendo il nome di “mormorio”, “sussurro”. Il corpo è il luogo dell’anima e dunque
la preghiera traversa tutto ciò che si produce nel corpo. È il corpo stesso che prega: “Tutte le mie
ossa diranno: Chi è come te, Signore?”».
La presentazione dei Salmi della Misericordia - alcuni tra i componimenti più significativi legati a
questo tema, tratti dai cinque libri del Salterio - porrà molta attenzione a questo dato somatico. Tale
ricchezza antropologica non solo rende giustizia della visione biblica dell’uomo, ma rispetta anche
il volto con il quale Dio ha deciso di farsi conoscere, egli che parla un linguaggio che può essere
inteso da tutti e si intrattiene con gli uomini parlando come ad amici (cfr. Dei Verbum, 2).