Capitolo 11: Antropologia della sessualità umana

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Capitolo 11: Antropologia della sessualità umana
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ORIZZONTE
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Senso e significato
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© EDIZIONI SAN PAOLO s.r.l., 2007
Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (Milano)
www.edizionisanpaolo.it
Distribuzione: Diffusione San Paolo s.r.l.
Corso Regina Margherita, 2 - 10153 Torino
ISBN 978-88-215-6010-1
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CAPITOLO XI
ANTROPOLOGIA DELLA SESSUALITÀ UMANA
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La condizione corporea dell’uomo ci introduce in un ulteriore tema:
la sessualità come modo di essere inerente alla struttura essenziale della
persona umana. È necessario precisare subito che quando si parla di sessualità il riferimento non è solo a una realtà di ordine genitale, ma più
profondamente a una dimensione fondamentale dell’essere umano come
tale, una potenzialità di amore che investe tutto il suo essere spiritualecorporeo (spirito incarnato) e rappresenta un valore affidato alla sua responsabilità. La sessualità umana non è riconducibile a un oggetto o a
una funzione, ma alla conformazione strutturale della persona, a una sua
struttura significativa prima ancora che a una sua funzione.
1. La dualità sessuale
a. Diversità sessuale
Antropologia della sessualità umana
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L’essere sessuati è per l’uomo e per la donna un dato originario. La persona umana, nella sua costituzione psico-somatica, è un essere sessuato,
e questa caratteristica specifica il suo essere. È evidente che l’uomo non
esiste in astratto. Egli esiste piuttosto sempre e soltanto in due possibilità, che sono “il modo della mascolinità” o “il modo della femminilità”. Sia l’uno sia l’altro modo dell’esistenza umana rivelano uno specifico atteggiamento di base, manifestano una loro particolare logica, tendono verso una propria maniera di progettare il mondo, e sono inconfondibili nel loro operare. L’uomo va inteso antropologicamente, dunque, come una realtà uni-duale, perché la sessualità di ogni persona comporta intrinsecamente una irriducibile correlazione unificatrice con le altre. Se ogni persona umana può essere considerata “totalmente” umana,
in quanto ognuna ha tutte le caratteristiche proprie della natura umana,
non può avere, però, la pretesa di essere il “tutto” umano, perché per la
sua specificità sessuata è diversificato dall’altro ed è mancante delle ca291
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ratteristiche peculiari dell’altra modalità sessuata1. La dualità sessuale è
uno dei dati fondamentali dell’essere umano, e nessuna corrente di pensiero egualitaria potrà misconoscerla. La dualità sessuale è il modo specifico dell’uomo di vivere nel mondo e di rapportarsi agli altri. Mascolinità e femminilità sono le uniche due possibilità dell’essere-umano.
Il termine stesso di “sesso” viene fatto derivare dal latino secare, che
significa separare, distinguere ciò che era unito. L’etimologia indica già
questa dualità, questa differenza di due che essendo stati “separati”
tendono a ricostruire l’unità originaria. Questo è anche il senso dei miti
greci, e ad esso fa anche allusione il primo capitolo della Genesi. Ma, a
differenza dei miti, il racconto della Genesi (1,27: «Dio creò l’uomo a sua
immagine, a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò») mette in evidenza che il dato originario è l’unità nella diversità: «saranno una
sola carne». La perfezione homo è attuata nella duplice polarità sessuale,
del maschile e del femminile. Questa duplicità non è conseguenza di una
caduta primitiva, come si riteneva nella mitologia, ma il modo originario
di essere homo.
Il Convivio di Platone è interamente dedicato al tema dell’amore e il
nucleo è costituito dal noto mito raccontato da Aristofane: «Anzitutto
occorre che voi impariate a conoscere la natura umana e le vicende che
essa subì; giacché, in antico, la nostra natura non era quella ch’è ora,
ma diversa [...]. La figura di ogni uomo era tutta rotonda, con dorso e
fianchi in cerchio, quattro mani e lo stesso numero di gambe, e due volti, in tutto eguali, su un collo cilindrico; e con una sola testa per entrambi i visi rivolti in senso contrario, e quattro orecchie, e due genitali,
e tutto il resto come si potrebbe figurare in conseguenza. E camminava
pure eretta come ora, in quale dei due sensi preferisse [...]. Erano terribili per forza e per vigoria, e di grande animo, sì da assalire gli dei; e quel
che Omero narra di Efialte e di Oto va inteso come detto di loro: il tentativo di scalare il cielo, per avventarsi sugli dei. Zeus e gli altri numi,
quindi, tenevano consiglio su quel che loro convenisse fare, e restavano
in imbarazzo: non potendo infatti, da una parte, ucciderli e annientarne
la razza fulminandoli come i giganti – giacché sarebbero insieme spariti
i culti e i sacrifici resi a loro dagli uomini – né, d’altra parte, lasciarli così insolentire. Finalmente, dopo lunga riflessione, dice Zeus: “Mi pare
d’aver trovato un rimedio, perché gli uomini possano continuare ad esistere e nello stesso tempo, divenuti più deboli, cessino dalla loro tracotanza. Ora, ecco, li spaccherò ciascuno in due, e così essi diverranno tanto più deboli quanto più utili a noi, per l’aumento che si produrrà nel loro numero. E cammineranno eretti su due gambe [...]”. Detto questo,
1
Non aveva tutti i torti Feuerbach quando parlava dell’uomo come «essenza generica» (Gattung
Wesen), intendendo, appunto, il maschio e la femmina.
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si mise a tagliare in due gli uomini, come quelli che spaccano le sorbe per
metterle in conserva, o le uova con un crine; e a ognuno che tagliava, ordinava ad Apollo di rivoltargli il viso e la metà del collo dalla parte del
taglio, affinché l’uomo, vedendo sempre la propria scissura, fosse più
mansueto: e di risanargli, poi, tutto il resto. E lui rovesciava la faccia, e
stirando da ogni lato la pelle verso il punto che ora si chiama ventre, al
modo di quelle borse che si stringono, e facendovi una specie di bocca,
la legava nel mezzo del ventre, nel luogo detto ora ombelico [...]. Ma
quando l’organismo umano fu così diviso in due, ciascuna metà, desiderando l’altra, le andava incontro; e gettandosi le braccia al collo, e avviticchiandosi insieme per la brama di connaturarsi di nuovo, morivano
di fame e d’accidia, non volendo far nulla l’una senza l’altra. E quando
una delle metà moriva e l’altra restava in vita, quella rimasta ne cercava
un’altra [...]. Da così lungo tempo, quindi, è innato negli uomini l’amore reciproco, che riconduce verso l’antico stato, tendendo a fare, di due
esseri, uno solo, e a ricostituir sana l’umana natura. Ciascuno di noi è
dunque come un contrassegno d’uomo, tagliato com’è, a somiglianza delle sogliole, da uno in due; e cerca quindi sempre il contrassegno a lui corrispondente»2. Il mito risolve così il fatto della dualità sessuale. Dualità
che non contraddice l’identità fondamentale; se da una parte il dato biologico costituisce il punto di partenza della differenziazione sessuale, dall’altra parte mostra l’identità costitutiva di entrambi i sessi: individui della stessa natura. «La connotazione sessuale di ogni soggetto riguarda non
già la natura umana, che è una ed identica in ciascuno, ma la caratterizzazione in due distintive fondamentali modalità del loro essere, quello
della maschilità e quello della femminilità che costituiscono i due poli sessuati fondanti dell’umano»3.
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b. Differenze genetico-biologiche: il sesso biologico
Dal punto di vista della scienza biologica4 l’appartenenza al sesso maschile o femminile è determinata, fin dal concepimento, da fattori genetici, gonadici, ormonali e morfologici.
2
PLATONE, Convivio, 189d - 191d. Nel mito si spiega anche l’attrazione omosessuale. Il discorso
di Aristofane è criticato alla fine da Diotima.
3
G. BONOMI, «Piacere sessuale», in G. RUSSO (cur.), Enciclopedia di bioetica e sessuologia, Torino-Leumann, Elle Di Ci, 2004, p. 1369.
4
Cfr. L. DE MARINIS - A. BARBARINO - A. SERRA, «Biologia della differenziazione sessuale», in
Medicina e Morale, 2 (1984), 155-165. A. LUCISANO - M.L. DI PIETRO, Sessualità umana. Una guida
per conoscere e per capire, Cinisello Balsamo (MI), San Paolo, 1994.
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1) Sesso cromosomico
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È costituito dalla presenza o assenza del cromosoma Y nel corredo genetico dell’individuo. Il sesso femminile, oltre agli altri 44 cromosomi, è
determinato da due cromosomi uguali, che vengono indicati con la lettera X; nella specie umana la femmina è costituita geneticamente dalla
formula 44+XX. Il sesso maschile, oltre agli altri 44 cromosomi, ha un
cromosoma sessuale uguale all’X della femmina, e un altro diverso indicato con la lettera Y; il maschio è specificato geneticamente dalla formula 44+XY. Già dal periodo unicellulare l’embrione contiene l’informazione relativa al sesso di appartenenza in questi due cromosomi. Dal punto di vista scientifico e obiettivo è il sesso genetico-cromosomico a
determinare normalmente le altre componenti biologiche del sesso. «Il
sesso nasce prima di noi. Siamo stati maschi o femmine il giorno del concepimento e lo siamo stati in maniera irreversibile. Lo sviluppo ormonale, la centralizzazione neurologica, la ciclicità fisiologica e la configurazione morfologica della nostra sessualità non sono altro che fenomeni
susseguenti, ma anche conseguenti al fenomeno della determinazione genetica del sesso»5.
2) Sesso gonadico
3) Sesso duttale
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Il sesso cromosomico orienta lo sviluppo delle gonadi in senso maschile
(testicoli) o femminile (ovaie). Il cromosoma Y o X attiva alcuni geni
responsabili della differenziazione delle gonadi. La crescita e la differenziazione delle ghiandole sessuali avvengono progressivamente su una base di tessuti differenti, sotto l’influenza di geni deputati al meccanismo
di differenziazione gonadica in senso maschile o femminile. Il sesso gonadico è, dunque, basato sulle caratteristiche istologiche delle gonadi; il
maschio possiede tessuto testicolare, la femmina possiede tessuto ovarico. Le gonadi producono le cellule germinali atte alla riproduzione: gli
spermatozoi per il maschio e l’ovocita per la femmina. Le gonadi, inoltre, producono determinati ormoni che influiscono nella successiva formazione e fisiologia degli organi genitali, il che fa parlare di sesso ormonale. Sono il testosterone prodotto dal testicolo maschile, e gli estrogeni
e il progesterone prodotti dalle ovaie femminili.
È formato in base ai geni e alle gonadi. Nel maschio è composto dall’epididimo, dai dotti deferenti, dalle vescicole seminali, dalla prostata,
5
G. BOIARDI, «Sessualità maschile e femminile tra natura e cultura», in Medicina e Morale, 1
(1983), 19.
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dalle ghiandole bulbouretrali e da parte dell’uretra. Nella femmina dall’utero, dalle tube o trombe di Falloppio e da parte della vagina.
4) Sesso fenotipico o genitale
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È determinato dalle caratteristiche anatomiche a livello di genitali esterni. Mentre il sesso interno (cromosomico e gonadico) deriva da strutture diverse nei due sessi, i genitali esterni hanno un abbozzo embrionale
comune che poi, sotto l’influsso genetico e degli ormoni sessuali maschili
o femminili, si sviluppa in modo differente: glande, pene e scroto nel maschio; clitoride, piccole e grandi labbra, che formano la vulva, nella femmina. È in base a questo livello di riferimento che avviene, all’atto della
nascita, l’attribuzione civile e sociale del sesso6. Lo sviluppo successivo
porta, nella pubertà e nella maturità, alla crescita degli organi sessuali interni ed esterni secondo le caratteristiche proprie di ciascuno dei due
sessi.
5) Differenze genetico-biologiche
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In base a queste precisazioni terminologiche e concettuali si può dire
che l’individuo cresce e si sviluppa, in base al patrimonio genetico, sotto
l’azione di sostanze eccitanti e inibenti, che si chiamano ormoni. Nella
formazione dell’organismo, rispettivamente maschile o femminile, hanno importanza fondamentale gli ormoni sessuali, prodotti dalle gonadi testicolare od ovarica, che a loro volta dipendono dai geni Y e X. In condizioni normali l’organismo si plasma nei suoi componenti genetici, anatomici, morfologici e fisiologici in modo diverso e complementare. Quello
femminile in maniera da essere un giorno atto a tutte le funzioni della maternità. Quello maschile in modo da svolgere le funzioni della paternità.
La diversità-complementarità riguarda, dunque, i caratteri cromosomici
(presenza di X o Y nell’ultima coppia di cromosomi), i caratteri endocrino-neurologici, i caratteri fenotipici e quelli fisiologici.
Dal punto di vista anatomico-morfologico la differenziazione riguarda
gli organi genitali e la forma generale del corpo. Nel maschio gli organi
genitali concernenti la riproduzione sono: i testicoli, il pene, i canali per
l’emissione del liquido spermatico e le ghiandole annesse, come la prostata, le ghiandole seminali, le ghiandole di Cooper. L’identità anatomico-genitale del maschio è chiaramente protesa all’altro, con fenomeni
fisiologici che egli non può sopprimere né occultare. Nella femmina gli
organi riproduttori sono la vulva, il clitoride, la vagina, l’utero, le tube di
6
Cfr. F. BELLONE - V. BRUNI, Ginecologia dell’infanzia e dell’adolescenza, Roma, Società Editrice Universo, 1990.
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Falloppio, le ovaie. L’identità anatomico-genitale femminile manifesta una
diffusione più ampia nel corpo, un’apertura ricettiva e accogliente, e un
grado più elevato di immanenza.
Oltre alle differenze strettamente connesse agli organi della riproduzione, si danno le differenze morfologiche generali: statura, scheletro, cute, peli ecc. In rapporto all’uomo, la donna ha il bacino più largo, le proporzioni tronco-arti diverse; la statura più piccola (in media 10 cm); l’apparato scheletrico e muscolare più minuto, il tessuto adiposo più
abbondante, il sistema peloso dolce e soave, l’apparato fonetico più delicato. Le forme del corpo femminile differiscono abbastanza da quelle
del corpo maschile. «Nel corpo della donna la carne ha sempre finissime
curvature»7. Qualsiasi parte del corpo della donna, sia pure quella meno
differenziata dall’uomo, manifesta la femminilità. Perché «non sono le
forme corporali, che dopo chiamiamo femminili, quelle che ci mostrano
un modo di essere profondamente distinto dal maschile e che chiamiamo femminilità, ma il contrario: tutte e ciascuna parte del corpo femminile ci mostrano l’intimità di quell’essere che è la donna, e questa femminilità interna si manifesta nel corpo e lo rende femminile. L’osservazione sembra paradossale, ma è innegabile: non è il corpo femminile
chi ci svela l’anima femminile, ma è l’anima femminile chi ci fa vedere
femminile il suo corpo»8.
Alexis Carrel, autore del celebre libro L’uomo, questo sconosciuto, riguardo al problema femminile scrive: «Le differenze che esistono tra uomo e donna non sono dovute semplicemente alle forme particolari degli organi della generazione, alla presenza dell’utero, alla gestazione, o al
modo di educazione. Esse derivano da una causa più profonda, l’impregnazione di tutto l’organismo di sostanze chimiche, prodotte dalle
ghiandole sessuali. È l’ignoranza di questo fatto fondamentale che ha portato i promotori del femminismo all’idea che i due sessi possono avere la
medesima educazione, le medesime occupazioni, gli stessi poteri, le stesse responsabilità. In realtà la donna è profondamente diversa dall’uomo.
Ogni cellula del suo organismo porta l’impronta del suo sesso. La medesima cosa è dei sistemi organici, e soprattutto del suo sistema nervoso.
Le leggi fisiologiche sono così inesorabili come le leggi siderali. Non è
possibile sostituirle con i desideri umani. Siamo obbligati ad accettarle
come sono»9. Tutta la corporeità nella sua morfologia, da quella più esterna alla più intima, rimane segnata dalla differenziazione sessuale.
Dal punto di vista fisiologico il metabolismo basale fin dalla nascita è
J. ORTEGA Y GASSET, El hombre y la gente, cit., p. 168 (tr. L’uomo e la gente, cit., p. 118).
Ibid., p. 167 (tr., pp. 117-118).
A. CARREL, L’Homme, cet inconnu, Paris, Plon, 1935, pp. 103-104 (tr. L’uomo questo sconosciuto, Milano, Piemme, 1990, p. 108).
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più basso nella donna; la temperatura è incostante, si abbassa prima della rottura del follicolo ovarico, subisce un incremento dopo. L’andatura
è più sottile, il ritmo fluttuante. Lo sviluppo della donna segue un ritmo diverso da quello dell’uomo. Raggiunge la pubertà in media due anni prima. La maturità sessuale è accompagnata da fenomeni più intensi;
la produzione degli ovuli è ciclica, con i fenomeni che ne rendono possibile l’annidamento. Il concepimento e lo sviluppo di un nuovo essere
avvengono in grembo alla donna, per lo spazio di nove mesi. Il parto è
proprio della donna.
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c. Stati d’intersessualità biologici e psichici
Nella sessualità fisica normale c’è armonia e concordanza tra le predette componenti. Esistono, però, situazioni anomale dal punto di vista
genetico come nella sindrome di Turner nella quale si ha una sola “X”, o
nella sindrome di Klinefelter, nella quale si ha “XXY”. Possono darsi altri casi come “XXX” o “XXXY”. Come si può empiricamente accertare, dove c’è la “Y”, anche se vi sono più “X”, si dà un fenotipo prevalentemente maschile, anche se anomalo; invece quando manca la “Y” il
fenotipo è prevalentemente femminile. Esistono, inoltre, stati di intersessualità se vi è discordanza fra i caratteri genetici, gonadici e fenotipici del sesso. Si possono descrivere i seguenti.
1) Pseudoermafroditismo
2) Ermafroditismo vero
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C’è discordanza fra i caratteri fenotipici e quelli gonadici e cromosomici; ciò si può verificare in due situazioni:
– pseudoermafroditismo femminile: i genitali sono maschili (più o meno differenziati) mentre le gonadi e il corredo cromosomico sono femminili, ad esempio nel caso della sindrome adrenogenitale congenita;
– pseudoermafroditismo maschile: i genitali sono femminili, ma le gonadi e il corredo cromosomico sono maschili, cioè testicolari (sindrome
di Morris o del testicolo femminizzante).
È molto raro. Vi sono tessuti ovarici e testicolari contemporaneamente; il caso più comune è quello che presenta un fenotipo prevalentemente maschile, anche se con genitali esterni rudimentali, talora con la
concomitanza di mestruazioni dopo la pubertà dovute alla presenza di
un utero rudimentale.
È necessario distinguere queste varie forme di anomalie, che ben
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possono chiamarsi patologie cliniche, e che riguardano le componenti fisico-biologiche del sesso, dal transessualismo vero e proprio, e ancora di
più dall’omosessualità e dal travestitismo.
3) Transessualismo
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Il transessualismo è la situazione di inadeguatezza e discordanza tra il
sesso fisico-biologico nelle sue componenti sopraelencate, e la tendenza
psicologica che è percepita in senso opposto. Quest’inadeguatezza spesso si manifesta in forma di conflitto tra la dimensione biologica e quella
psicologica. Il tratto distintivo del transessuale è la percezione consapevole di sentirsi appartenente al sesso opposto a quello genetico, endocrino, fenotipico e, ovviamente, anche anagrafico che possiede. Questo
sentirsi “altro” è accompagnato da una tendenza a identificarsi fisicamente, psichicamente e culturalmente con “l’altro sesso”. Tendenza che
spesso è seguita da un comportamento psico-sessuale di tipo nettamente opposto a quello previsto dal sesso anatomico. Nell’analisi del fenomeno transessuale il caso più frequente avviene in persone di sesso fisico maschile che psicologicamente si sentono donne, e tendono a identificarsi con il sesso femminile, sia nelle caratteristiche biologiche, sia in
quelle psicologiche e culturali. Tendenza che spesso si associa al desiderio ossessivo di liberarsi degli attributi genitali posseduti e acquistare quelli del sesso opposto. Se questa tendenza e questo comportamento sono
profondamente radicati nella persona, arrivano a una certa irreversibilità
che porta la persona a chiedere l’intervento chirurgico modificativo.
4) Omosessualità
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Nella omosessualità gli aspetti della sessualità non vengono sentiti in
senso ambiguo e conflittuale; spesso vengono usati in vista della soddisfazione erotico-affettiva riposta nel soggetto dello stesso sesso. L’omosessuale non desidera cambiare sesso, ma semplicemente avere rapporti
sessuali e affettivi con soggetti dello stesso sesso10. Dal punto di vista dell’analisi esistenziale umana l’omosessualità è antica quanto l’uomo. Già
la filosofia greca cercava di darne una spiegazione nel famoso mito dell’androgino. Significativo è il passaggio del Convivio di Platone: «Dapprima, infatti, eran tre i generi degli uomini, non due come sono ora, il
maschile e il femminile, essendocene in più un terzo, che accomunava in
sé entrambi i precedenti, e di cui ora è rimasto solo il nome, mentre esso è sparito: ed era questo, allora, l’androgino, unico e composto del ma10
CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Homosexualitatis problema. Lettera sulla cura pastorale delle persone omosessuali, in AAS 79 (1987), 543-554.
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schile e del femminile [...]. La causa, poi, per cui i sessi erano tre, e di tale aspetto, era questa: che il maschile aveva avuto origine dal sole, il femminile dalla terra, e il terzo, partecipe d’ambedue i precedenti, dalla luna, dato che anche la luna partecipa del sole e della terra»11. Gli uomini
si ribellarono contro gli dei e Zeus, per punirli, li tagliò in due. «Ma quando l’organismo umano fu così diviso in due, ciascuna metà, desiderando l’altra, le andava incontro; e gettandosi le braccia al collo, e avviticchiandosi insieme per la brama di connaturarsi di nuovo, morivano di fame e d’accidia, non volendo far nulla l’una senza l’altra. E quando una
delle metà moriva e l’altra restava in vita, quella rimasta ne cercava un’altra e le si avvinghiava, sia che le capitasse la metà d’una donna intera –
quella, cioè, che ora si chiama una donna – sia che s’imbattesse in quella d’un uomo; [Zeus fece in modo che,] se nell’amplesso si trovassero insieme maschio e femmina, generassero e si perpetuasse la razza; se, invece, maschio e maschio, venisse loro almeno la sazietà dell’amplesso, e
smettessero e si volgessero al lavoro e a tutte le altre cure della vita»12.
L’analisi dell’omosessualità non è semplice e molti fattori concorrono
in essa. La cultura attuale l’ha portata all’attenzione dei mass-media e della politica. La filosofia, tuttavia, non può accontentarsi della costatazione dei fenomeni, ma ha il compito di una riflessione seria sulle loro
cause13. La prima distinzione, molto importante, che bisogna fare e mai
sottovalutare, è quella tra tendenza omosessuale e comportamenti omosessuali14. Vi sono omosessuali “non-attivi”, che rifiutano l’etichetta di
“gay”, si astengono da comportamenti e atti omosessuali; tuttavia essi sperimentano la tendenza omosessuale come un aspetto innegabile della
loro psicologia e personalità. Queste persone vivono una profonda divisione tra i valori in cui credono e le loro tendenze sessuali. L’altro grup11
PLATONE, Convivio, 189d - 191d.
Ibid., 189d - 191d. Cfr. E. CANTARELLA, Secondo natura. La bisessualità nel mondo antico, Milano, BUR, 20065. Per una visione storica, S. POLITO, Impronte. Percorsi storici e sociali dell’omosessualità maschile, Civitavecchia, Prospettiva Editrice, 2005.
13
Cfr. G. ZUANAZZI, «La condizione omosessuale: definizione e fattori causali», in AA.VV., Antropologia cristiana e omosessualità, Città del Vaticano, L’Osservatore Romano, 1997, pp. 49-68.
14
Qui parliamo della tendenza omosessuale. Cfr. J. NICOLOSI, Reparative Therapy of Male Homosexuality. A New Clinical Approach, Northvale (N.J.), Jason Aronson, 1997 (tr. Omosessualità maschile: un nuovo approccio, Milano, Sugarco Edizioni, 2002); IDEM, Healing Homosexuality. Case Stories of Reparative Therapy, Northvale (N.J.), Jason Aronson, 1993 (tr. Oltre l’omosessualità: Ascolto
terapeutico e trasformazione, Cinisello Balsamo [MI], San Paolo, 2007); J. NICOLOSI - L. NICOLOSI,
A Parent’s Guide to Preventing Homosexuality, Downers Grove (Ill.), InterVarsity Press, 2002 (tr.
Omosessualità. Una guida per i genitori, Milano, Sugarco Edizioni, 2003). Consiglio vivamente la lettura dei libri di Nicolosi che mi sono serviti da guida nella redazione di questo paragrafo. G. VAN
DEN AARDWEG, Homosexuality and Hope. A Psychologist Talks about Treatment and Change, Ann
Arbor (Mich.), Servant Books, 1985 (tr. Omosessualità e Speranza. Terapia e guarigione nell’esperienza
di uno psicologo, Milano, Ares, 1995); S. TEISA, Le strade dell’amore. Omosessualità e vita cristiana,
Roma, Città Nuova, 2002; AA.VV., Antropologia cristiana e omosessualità, Città del Vaticano, L’Osservatore Romano, 1997. Per quanto riguarda la valutazione morale del comportamento omosessuale, vedi più avanti in questo capitolo il paragrafo su «Sessualità e disordini morali sessuali».
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po sono gli omosessuali “attivi”, quelli che si riconoscono gay, vivono come tali, praticano gli atti omosessuali e rivendicano per questo comportamento e stile di vita un riconoscimento di parità con quello eterosessuale, anche al livello giuridico del matrimonio. Questo gruppo intende
vivere e far valere un’identità sociopolitica e uno stile di vita omosessuale, tipicamente rappresentato nei “gay-pride days”. Nell’analisi che segue lascio da parte il secondo gruppo e molti aspetti di tipo psicologico, sociale, politico, ideologico, economico ecc. che concorrono alla pratica e alla diffusione dell’omosessualità perché la loro trattazione esula
dallo scopo di questo lavoro. Più pertinente è la chiarificazione del primo gruppo, cioè: come spiegare la “tendenza” omosessuale?
Nella comprensione delle tendenze omosessuali bisogna tenere conto
dei diversi aspetti implicati: biologico, psicologico e sociologico. Dal punto di vista biologico un’attenta analisi dei dati scientifici rivela che i fattori genetici e ormonali non svolgono un ruolo determinante nello sviluppo omosessuale, sebbene vi possano essere alcuni fattori predisponenti. Viene certamente escluso il fattore ereditario; uno sbilanciamento
ormonale potrà avere qualche ruolo, ma questo in ogni caso sarà minimo. Anche se qualche ricercatore omosessuale cerca ancora di dimostrare
il contrario, studiosi come Masters, Johnson e Kolodny affermano che
«oggi la teoria genetica dell’omosessualità è quasi totalmente scartata»15; e Karlen conclude che «la realtà dei fatti dimostra sempre più decisamente che i geni non causano l’omosessualità»16. La ragione per cui
non si può attribuire a una causa biologica la tendenza omosessuale si
trova nel fatto che la biologia non ha un influsso determinante sul comportamento morale. Si può ammettere l’esistenza di alcuni fattori fisiologici che possono predisporre a carenze sessuali, e di conseguenza all’omosessualità, ma non di fattori predeterminanti e tanto meno del “gene dell’omosessualità”. Inoltre, attribuire l’omosessualità a cause biologiche
sarebbe una “condanna senza appello” per la persona omosessuale, perché le impedirebbe di sperare nella possibilità di un cambiamento e bloccherebbe qualsiasi tentativo di crescita.
Superando la spiegazione biologica dell’omosessualità, bisogna riconoscere l’influsso causale dei fattori psicologici e sociali. Già nella seconda
metà del secolo scorso Perloff affermava che «l’omosessualità è un fenomeno puramente psicologico, che non dipende in alcun modo dalla
struttura ormonale, né è passibile di cambiamenti a causa di sostanze endocrine»17. Successivamente, nel 1984, Hoult sostenne con chiarezza che
W. MASTERS - V. JOHNSON - R. KOLODNY, Human Sexuality, Boston, Little, Brown, 19852, p.
A. KARLEN, Sexuality and Homosexuality: a New View, New York, W.W. Norton, 1971, p. 337.
W. PERLOFF, «Hormones and Homosexuality», in J. MARMOR (cur.), Sexual Inversion, New
York, Basic Books, 1965, p. 68.
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«gli studiosi del comportamento che danno un approccio sociale alla questione dei comportamenti sessuali umani stanno lavorando su un terreno più sicuro di quello del metodo biologico»18. Tra le cause dell’omosessualità quella psicologica della mancata identità sessuale sembra giocare un ruolo di primaria importanza. Un fatto è chiaro a psicologi ed
educatori: è molto importante che il bambino/a trovi la sua identità sessuale e s’identifichi con essa nei primi anni dell’infanzia. Una mancata
realizzazione in questo campo non rimarrà senza gravi conseguenze. Nell’omosessuale risultano evidenti carenze nell’identità sessuale. L’identità
sessuale sostanziale si conserva intatta – e in ciò si distingue dal transessuale – ma c’è una percezione soggettiva di incompleta identificazione
sessuale che si ripercuote nella psicologia della persona. Queste carenze
d’identità sessuale si riferiscono a una situazione interiore asincronica rispetto al proprio sesso, e ne fanno percepire l’inadeguatezza nell’espressione del proprio io. Detta inadeguatezza si manifesta prevalentemente nella psicologia e nella personalità, e non necessariamente si rende esplicita in tratti di effeminatezza o mascolinità. Ci sono degli
omosessuali maschi decisamente virili e delle lesbiche marcatamente femminili. Perciò questa carenza è più interiore e psicologica che non esteriore, è più un’inadeguatezza psicologica che un’inadeguatezza sociale a
un dato modello culturale di mascolinità o femminilità. Per dirla con altre parole, non è il ruolo sociale che crea la tendenza omosessuale, ma è
la tendenza stessa, originata dalla mancata identità sessuale, che può inclinare la persona verso certi ruoli o funzioni sociali.
La mancata identità sessuale è spesso un problema dello sviluppo, legato a rapporti familiari problematici tra padre e figlio, e tra madre e figlia. «Quando il rapporto con il padre è fallimentare, il ragazzo non riesce a interiorizzare completamente l’identità sessuale maschile e diventa
omosessuale. Questo è il modello clinico più comune»19. Detto così, sembra che ogni rapporto fallimentare tra padre e figlio conduca necessariamente all’omosessualità, mentre la realtà dei fatti ci mostra situazioni
di conflitto che non hanno generato questa tendenza. Sembra, perciò,
che la causa primaria dell’omosessualità maschile non sia tanto il conflitto
o l’assenza della figura paterna, quanto l’incapacità del bambino di identificarsi con la propria sessualità maschile a causa di un rifiuto psicologico-emotivo verso – o da parte di – una figura maschile importante. Fintanto che il bambino è ricettivo all’influenza maschile, la figura paterna
con cui è in conflitto o che è assente può essere sostituita da altri uomi18
T. HOULT, «Human Sexuality in Biological Perspective», in J. DE CECCO - M. SHIVELY (cur.),
Bisexual and Homosexual Identities: Critical Theoretical Issues, New York, Haworth Press, 1984, p.
137. G. ZUANAZZI, «La condizione omosessuale»..., cit., pp. 49-68.
19
J. NICOLOSI, Reparative Therapy..., cit. (tr. Omosessualità maschile..., cit., p. 29).
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ni, come un fratello maggiore, lo zio, l’educatore, un amico di famiglia
ecc.; ma quando questo impulso è frustrato, la tendenza omosessuale
emerge come “sforzo riparatore”20. Nei consultori di psicologia e nei centri di attenzione specializzata si è constatato che un atteggiamento iperprotettivo materno, un eccessivo autoritarismo paterno, conflitti tra padre e figlio – anche inconsci – non risolti, l’assenza paterna non sostituita da altra figura maschile possono essere i principali fattori nel sorgere
della tendenza omosessuale.
Questa prospettiva evidenzia che l’“approccio determinista” all’omosessualità, secondo cui omosessuali si nasce e non c’è nulla da fare, può
essere superato dall’“approccio ricostitutivo” basato sul ricupero dell’identità sessuale. Il ricupero di rapporti familiari autentici, l’autoaccettazione e la rimozione dei sensi di colpa, la cura di una sana autostima, lo
sviluppo delle buone amicizie sono elementi fondamentali in questo approccio21. Ricostruire si può, soprattutto quando la persona prende coscienza che ciò non è una fatalità deterministica che l’attanaglia, ma un
percorso aperto.
5) Travestitismo
II travestitismo, come tendenza, è una sindrome nella quale non vi è
desiderio profondo di cambiare sesso, ma semplicemente un bisogno psichico di indossare indumenti dell’altro sesso come condizione necessaria
per il raggiungimento dell’eccitazione sessuale: il rapporto sessuale è rivolto verso soggetti del sesso opposto, a meno che non sia presente anche un atteggiamento omosessuale.
d. Differenze psichiche: il sesso psichico
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Le differenze anatomiche e fisiologiche profondamente legate alla
costituzione maschile e femminile non possono che incidere nella vita psichica dell’uomo e della donna22. La sessualità umana è stata da sempre
un tema controverso nelle sue interpretazioni e spiegazioni. Al giorno
d’oggi questa controversia si è cristallizzata in tre paradigmi volti a spiegare il rapporto tra la sessualità biologica e la sessualità psichica della persona o, detto con terminologia più in voga, tra sesso e genere. Questi
20
E. MOBERLY, Homosexuality: A New Christian Ethic, Greenwood (SC), The Attic Press,
1983, p. X.
21
Per quanto riguarda l’aspetto etico, vedi più avanti in questo capitolo il paragrafo «Sessualità
e disordini morali sessuali».
22
Cfr. T. VECCHI - Z. CATTANEO, Psicologia delle differenze sessuali, Roma, Carocci, 2006.
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tre paradigmi danno luogo a tendenze e atteggiamenti spesso opposti tra
loro. I tre paradigmi sono: primo, identità tra sesso e genere; secondo,
separazione e indipendenza; terzo, complementarità nella differenza.
1) Primo paradigma: identità sesso/genere
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Il primo paradigma si può dire che appartenga più al passato che al
presente, almeno nella cultura occidentale. Esso vede un’identità tra sesso e genere, per cui l’aspetto cromosomico e biologico determina la dimensione psichica e culturale della persona. Il sesso maschile corrisponde in toto al genere maschile, e il sesso femminile al genere femminile. I sessi, e dunque anche i generi, sono differenti e disuguali. Si dà
inferiorità, subordinazione e dipendenza del sesso/genere femminile rispetto a quello maschile. A ogni sesso/genere corrispondono, per determinazione biologica, delle funzioni sociali e dei comportamenti culturali, che sono fissi e invariabili.
2) Secondo paradigma: separazione e indipendenza sesso/genere:
l’ideologia del genere
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Il secondo paradigma caratterizza fortemente l’attuale cultura occidentale. Esso presenta una separazione così radicale tra sesso e genere
che ha portato molti studiosi a denominarlo “ideologia del genere”. Vi
è una separazione e un’interindipendenza tra la dimensione biologica e
quella psichico-culturale della persona, per cui si può decidere la propria
identità sessuale e a quale genere appartenere, indipendentemente dal
sesso biologico che si possiede. L’ideologia del genere si è presentata negli ultimi anni come la proposta di passare dalla dualità sessuale (maschile/femminile) a quella di genere, parola che nasconde un’ideologia
che cerca di abbandonare la bipolarità sessuale degli esseri umani23. La
proposta contempla cinque generi: maschile, femminile, ermafrodita,
omosessuale, transessuale. I rappresentanti di quest’ideologia24 affermano che le differenze tra uomo e donna, al di fuori delle ovvie differenze
anatomiche, non corrispondono a una natura fissa che faccia alcuni esseri umani maschi e altri femmine. Sostengono, piuttosto, che le differenze nel modo di pensare e agire sono prodotto di culture ed epoche
determinate; sarebbe l’ambiente socio-culturale quello che assegna alle
23
M. SCHOOYANS, L’Évangile face au désordre mondial, Paris, Fayard, 1997, cap. 2 (tr. Nuovo disordine mondiale, Cinisello Balsamo [MI], San Paolo, 2000, cap. 2).
24
Cfr. R. LUCAS LUCAS, «¿Familias o familia en el tercer milenio? El punto de vista antropológico», in AA.VV., Educación, familia y vida, Actas Congreso Internacional Universidad Católica
San Antonio, Murcia, Universidad Católica San Antonio, 2001, pp. 47ss.
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persone caratteristiche specifiche in base alle convenienze delle strutture di detta cultura. «Benché molti credano che l’uomo e la donna siano
l’espressione naturale di un piano genetico, il genere è prodotto della cultura e del pensiero umano, una costruzione sociale che crea la vera natura di ogni individuo»25. «Il genere è una costruzione culturale; di conseguenza non è il risultato causale del sesso, né così fisso come esso.
[...] Nel dire che il genere è una costruzione radicalmente indipendente
dal sesso, il genere stesso è un artificio libero da ogni legame; di conseguenza uomo e maschile potrebbero significare tanto un corpo femminile come uno maschile; donna e femminile, tanto un corpo maschile come uno femminile»26. Tutti e due sono naturali. La mascolinità e la femminilità non appaiono in modo alcuno come derivanti naturali del sesso
biologico. Ciò fa sì che, con indipendenza dal sesso, gli individui possano identificarsi e manifestarsi in uno o più dei cinque generi, senza che
da ciò si debbano inferire delle anomalie. Sono tutti stati normali della
sessualità.
Se il genere è una costruzione culturale radicalmente indipendente dal
sesso, l’obiettivo dell’ideologia del genere sarà quello di eliminare la bipolarità sessuale: «Il traguardo non è solo quello di finire con il privilegio maschile, ma con la distinzione sessuale: le differenze genitali non
hanno importanza culturale»27. Quest’ideologia intende sopprimere la
differenza naturale tra uomo e donna e affermare che non esiste una “forma naturale” maschile o femminile. Sopprimendo la forma naturale
della sessualità, si intende arrivare alla piena liberazione sessuale, nella
quale tutti i generi sono uguali, cioè sono modi di comportamento sessuale. Ognuno può scegliere il tipo di genere al quale desidera appartenere, e lo Stato deve assicurare il riconoscimento giuridico dell’uguaglianza di tutti i generi: eterosessuali, omosessuali, bisessuali. «Dal momento che le differenze tra uomo e donna devono essere abolite, la
mascolinità o la femminilità, che sono proprie di ciascun essere umano,
non hanno più nulla da esprimere riguardo alla persona»28.
Un altro obiettivo, insieme alla liberazione sessuale, è l’istaurazione della pluralità di forme di famiglia, e il conseguente ridimensionamento –
o addirittura la distruzione – della famiglia naturale. «Il finale della faL. GILBER - P. WESBSTER, The Dangers of Feminity, Gender Differences: Sociology or Biology?,
26
J. BUTLER, Gender Trouble: Feminism and the Subversion of Identity, New York, Routledge,
1990, p. 6 (tr. Scambi di genere. Identità, sesso e desiderio, Milano, Sansoni, 2004).
27
S. FIRESTONE, The Dialectic of Sex, New York, Bantam Books, 1971, p. 12.
28
M. SCHOOYANS, L’Évangile face..., cit. (tr. Nuovo disordine..., cit., p. 45). Questa discussione fu
accolta dall’ONU nel 1995 nell’ambito della Conferenza Mondiale sulla donna tenutasi a Beijing.
L’autore ha studiato l’influsso di quest’ideologia nei più alti organismi internazionali. Vedi anche:
M.D. VILA-CORO, La bioética en la encrucijada. Sexualidad, Aborto, Eutanasia, Madrid, Dykinson,
2003, pp. 53-54.
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miglia biologica – dice Alison Jagger – eliminerà anche il bisogno della
repressione sessuale. L’omosessualità maschile, il lesbismo e i rapporti
fuori del matrimonio non saranno più visti come opzioni anormali [...]
L’umanità potrà tornare alla sua sessualità polimorfa naturale [...] La
distruzione della famiglia biologica, che Freud non ha mai intravisto, permetterà il sorgere di donne e uomini nuovi»29.
Le radici dell’ideologia del genere possono ricondursi ad un’interpretazione neomarxista della storia. Il sesso implica classe, la classe presuppone disuguaglianza, la disuguaglianza genera alienazione e discriminazione. Non mi sembra azzardato dire che Friedrich Engels abbia stabilito le fondamenta dell’ideologia del genere quando nel suo libro L’origine
della famiglia, della proprietà privata e dello Stato scrisse: «Il primo contrasto di classe della storia coincide con lo sviluppo del contrasto tra l’uomo e la donna uniti nel matrimonio monogamo, e la prima forma di
oppressione di classe è quella del sesso femminile da parte del sesso
maschile»30. È chiaro che alcuni promotori e difensori dell’ideologia del
genere si trovano in ambienti liberali lontani da concezioni e visioni marxiste della storia; ma è anche vero che sono piuttosto rare le posizioni marxiste che non le offrono il proprio sostegno.
3) Terzo paradigma: complementarità nella differenza sesso/genere
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I sessi sono differenti, maschile e femminile, ma complementari. Le
differenze non toccano soltanto la dimensione biologica, ma anche quella psichica e culturale. Questa differenza, tuttavia, si dà in una uguaglianza
di dignità e diritti derivante dalla medesima natura umana. Tra i sessi si
dà interdipendenza, corrispondenza, corresponsabilità e complementarità. Tutto ciò è quanto voglio sviluppare in seguito; e quanto ci permetterà di fare anche una valutazione critica del primo e del secondo paradigma.
4) Dualità e identità sessuale tra natura e cultura
La differenza sessuale tra uomo e donna non è un semplice dato biologico ma coinvolge anche la dimensione psichica ed esprime l’apertura
di tutta la persona verso l’altro. Le differenze psichiche si possono dedurre dall’intima relazione che esiste tra lo spirito e l’organismo biolo-
29
A. JAGGER, «Political Philosophies of Women’s Liberation», in AA.VV., Feminism and Philosophy, Totowa (N.J.), Littlefield, Adams and Co., 1977, pp. 13-14.
30
F. ENGELS, Der Ursprung der Familie, des Privateigenthums und des Staats, Stuttgart, Dietz,
1894, p. 52 (tr. L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato in rapporto alle indagini di
Lewis H. Morgan, Roma, Editori Riuniti, 1963).
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gico da esso informato. L’essere umano non è un dualismo spirito-materia, ma un’unità, ed esiste un’interazione fra la dimensione biologica e
quella psichica. La differenziazione sessuale assume nell’uomo e nella
donna una peculiare originalità in quanto si è maschio o femmina in una
dimensione e a un livello diversi che negli animali: la femminilità e la mascolinità della persona, proprio perché espresse nel e dal corpo, portano la densità e la vitalità di tutto l’essere, spirito e materia. Non si ha un
corpo sessuato, ma è sessuata la persona umana.
L’unità dell’uomo, dal punto di vista biologico, dipende primariamente
dal sistema nervoso e dalle ghiandole endocrine, che producono gli ormoni; il sistema nervoso dirige e controlla il funzionamento degli organi.
Questa differenziazione endocrina influisce sulla totalità dell’individuo.
La differenziazione non si limita ad alcune caratteristiche biologiche, ma
segna in profondità e nel tempo tutta la persona. È lo spirito, è l’io personale che è uomo o donna e non soltanto il corpo, proprio perché è lo
spirito che anima, informa e fa vivere la corporeità propriamente umana.
Perciò la persona non soltanto ha un sesso determinato, ma è uomo o
donna, e la sua vocazione personale nel mondo non potrà realizzarsi armonicamente se non accettando e valorizzando questo determinato e concreto modo di essere. Anche la sessualità ha quindi una sua carica emozionale e un suo mondo psicologico.
Alcuni psicologi, a partire dallo psichismo, e per giunta dallo psichismo inconscio, hanno voluto interpretare tutti i comportamenti umani
e sociali in una visione totalizzante chiamata pansessualismo31. In questa visione la sessualità viene considerata come un’energia dirompente e
istintuale che determina ogni attività umana; essa è una forza originaria,
di carattere biopsichico, che ha le radici nell’inconscio e determina tutte le espressioni dell’uomo. Secondo questa visione di Freud, non è la
persona a esprimersi attraverso la sessualità, ma è la sessualità che determina la persona con le sue pulsioni legate all’inconscio e ai meccanismi
di difesa: sublimazione, repressione, fuga, aggressività, complessi ecc. Il
neofreudismo di Wilhelm Reich32 vede la sessualità come un evento puramente biologico che va dalla tensione (ricerca del piacere) alla distensione (soddisfazione del piacere).
In tempi più recenti, a partire da quella che fu chiamata “rivoluzione
sessuale”, la sessualità si trova nell’ambiguità di essere considerata un
31
S. FREUD, Abriss der Psychoanalyse: das Unbehagen in der Kultur, in Gesammelte Werke, vol.
XVII, London, Imago Publishing, 19461(1ª rist), pp. 63ss (tr. Compendio di psicoanalisi, in Opere, vol.
XI, Torino, Boringhieri, 19891(5ª rist), pp. 567ss). Vedi anche: IDEM, Über libidinöse Typen, in Gesammelte Werke, vol. XIV, Frankfurt, Fischer, 19684, pp. 507-513 (tr. Tipi libidici, in Opere, vol. XI,
Torino, Boringhieri, 19891(5ªRist), pp. 51-58).
32
Cfr. W. REICH, Die Sexualität im Kulturkampf, Copenhagen, Sexpol Verlag, 1936 (tr. La rivoluzione sessuale, Milano, Feltrinelli, 1963).
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evento puramente biologico o un fatto puramente culturale, frutto di una
scelta personale e sociale. Si arriva così, come si è visto nel paragrafo precedente, alla cancellazione di ogni differenza maschile e femminile e alla proposta dell’“ideologia del genere” e dell’“unisex”, non soltanto nell’abbigliamento, ma nella visione dell’uomo. Pur senza disconoscere le
differenze biologiche tra i due sessi, la sessualità fondamentale viene ridotta a una questione di cultura e a una scelta della persona. «La femminilità, la mascolinità, l’eterosessualità non sarebbero, infatti, stati di natura, ma “ruoli artificiali” né definitivi, né determinanti. Ogni individuo
deve sentirsi, allora, libero di scegliere il proprio orientamento sessuale:
maschile, femminile, transessuale, omosessuale maschio e omosessuale
femmina. Una lettura gravemente distorta e un tentativo per far rientrare nella “normalità” anche situazioni di disorientamento sessuale, cancellando l’insopprimibile specificità del maschile e del femminile»33.
Mi sembra evidente che nelle posizioni estreme prima descritte ci sia
una vera e propria “ideologia del genere” che finisce per non prendere
in seria considerazione e che perde di vista l’interrelazione tra natura e
cultura. Esse non vanno mai contrapposte, né assolutizzate in maniera
univoca. Infatti l’esasperazione del rapporto tra natura e cultura e l’avvento del nuovo pensiero femminista hanno portato a considerare irrilevanti le differenze biologico-sessuali e a rifiutare il sesso come realtà già
data, per preferire il “genere” o meglio i “generi”, che si esprimono
nelle varie tipologie e forme sessuali. Chiaramente in questa prospettiva
tutto diventa lecito e anche le deviazioni e le perversioni sessuali diventano un modo legittimo per esprimere la propria sessualità. Contrapporre
“natura” a “cultura” è anacronistico. Piuttosto bisognerebbe considerare gli influssi di entrambe sull’identità del soggetto e su ogni particolare
comportamento umano. Come giustamente riconosce G. Boiardi, «l’identità psico-sessuale dell’uomo e della donna è certamente costruita
su radici genetiche, ma non è vissuta in pienezza, se non sui punti di interferenza delle lunghezze d’onda che provengono dalla natura e dalla
cultura»34.
Visioni eccessive come quelle sopra segnalate sono da evitare, tuttavia non si può negare che la vitalità psichica arricchisce, condiziona e
drammatizza anche la vita sessuale e viceversa. Anche nello psichismo,
come nella corporeità, si rende viva la differenziazione dei sessi e la loro
reciproca attrazione. Se la mascolinità e la femminilità venissero ridotte
al solo dato biologico, il loro concetto dovrebbe essere identico in tutte
le culture; d’altra parte se si riducesse al solo fatto psichico e culturale, ci
33
E. SGRECCIA - A. SPAGNOLO - M.L. DI PIETRO (cur.), Bioetica. Manuale per i Diplomi Universitari della Sanità, Milano, Vita e Pensiero, 1999, p. 315.
34
G. BOIARDI, «Sessualità maschile...», cit., p. 14.
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troveremmo di fronte a una realtà troppo eterogenea35. Perciò in base all’unità psico-fisica della persona si può affermare che mascolinità e femminilità sono il risultato della natura umana, che non è soltanto biologica, ma pure psichica e spirituale. L’uomo non è soltanto un essere naturale, ma anche culturale.
Non c’è dubbio che la cultura può presentare, come caratteristiche
proprie della mascolinità o della femminilità, dati che sono piuttosto il
risultato di un contesto educativo, sociale e storico mutevole; in questo
senso la cultura occidentale, di cui sto parlando, soprattutto nell’ultimo
periodo del medioevo e nel rinascimento non ha favorito molto la donna36. Può non essere facile distinguere ciò che dipende dalla modalità maschile o femminile fondamentale, e ciò che invece viene dalla cultura37. È
importante stabilire l’origine culturale di alcuni caratteri, ma ciò che conta, soprattutto, è sapere che esiste una differenziazione psicologica legata alla personalità maschile e femminile, che si manifesta e genera anche
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Uno dei rappresentanti più significativi della corrente antropologica che considera queste
differenziazioni come il solo risultato della cultura è Simone de Beauvoir. Ecco in sintesi la sua posizione: «Donna non si nasce: lo si diventa. Nessun destino biologico, psichico, economico, definisce la figura che riveste in seno alla società la femmina umana: è l’insieme della società che elabora
questo prodotto...» (S. DE BEAUVOIR, Le deuxième sexe, vol. II, Paris, Gallimard, 1949, p. 13).
36
Esiodo, primo teologo greco del periodo postarcaico, poeta, teorico e storico del mondo degli
dèi (Teogonia), ci ha lasciato con Le opere e i giorni un documento prezioso sulla vita in Grecia. I
suoi scritti, riflesso della cultura greca dell’epoca, mostrano un’accentuata discriminazione della donna e anche disprezzo per essa: «Zeus creò la donna per punire il delitto di Prometeo che aveva rubato il fuoco al cielo: perché da lei è uscita la razza, la genia maledetta delle donne, terribile flagello impiantato tra gli uomini mortali [...] Zeus che tuona dalle nuvole, per la maggiore disgrazia dei
mortali, ha creato le donne, seguite dovunque da opere di angoscia e le ha dotate di un male invece di un bene» (ESIODO, Teogonia, 560-605). Altrove nella stessa opera Le opere e i giorni, dice: «Non
ti faccia perdere la testa una donna in ghingheri [...] Chi si affida a una donna si affida ai ladri» (373375); «Abbi una donna comprata, non già sposata, la quale occorrendo segua i buoi» (405). La donna greca è relegata nel gineceo, non partecipa alla vita pubblica o ai fasti della vita privata. Cura
solo le figlie (i maschi sono affidati ai pedotribi e ginnasiarchi). Viene considerata macchina per fare figli e custodire la casa. La Grecia, così raffinata culturalmente, è l’unico Paese a indicare consciamente la donna con una parola neutra (tÕ okoÚrhma: ciò che custodisce la casa). Demostene,
il grande oratore, arriva a dire: «Abbiamo delle cortigiane per il piacere, delle concubine per essere ben curati, delle spose per avere dei figli legittimi». Aristotele ha posizioni simili: ARISTOTELE, Politica, cit., I, 12-13; IDEM, Etica nicomachea, cit., VIII, 12, 1160b 32ss. Con lo scorrere dei secoli, le
cose non sono migliorate. È noto che le speculazioni medioevali attribuivano alla donna un ruolo
puramente passivo e di inferiorità, perfino nella procreazione, giacché la vita viene dall’uomo e la
donna soltanto la riceve. Il maschio dovrebbe normalmente produrre un altro maschio, ma accidentalmente ciò non succede e nasce la donna, che è un “maschio deficitario” (homo deminuitus;
mas occasionatus). Anche l’arte, riflesso della mentalità di un’epoca, ha raccolto quest’idea come in
questi versetti d’opera: «La donna è mobile / qual piuma al vento, / muta d’accento / e di pensier.
/ Sempre un amabile / leggiadro viso, / in pianto o in riso,/ è menzogner. / È sempre misero / chi
a lei s’affida, / chi le confida, / mal cauto il cor! / Pur mai non sentesi / felice appieno / chi su quel
seno, / non liba amor!» (G. VERDI, Rigoletto, Atto 3, Scena 2).
37
Cfr. G. SIMMEL, Zur Philosophie der Geschlechter: das Relative und das Absolute im Geschlechter-Problem, in Gesamtausgabe, vol. XIV, Frankfurt, Suhrkamp, 1996, pp. 219-255; IDEM, Zur Philosophie der Kultur: Weibliche Kultur, in Gesamtausgabe, vol. XIV, Frankfurt, Suhrkamp, 1996,
pp. 417-459.
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forme culturali, e che questa non deve essere presa come pretesto per la
dominazione dell’uno sull’altro.
Da tutto ciò e da quanto ancora si dirà, appare chiaro che le differenze psicologiche non si possono annullare o attribuire completamente agli
influssi socio-culturali38. Non è la cultura che da sola costituisce la differente psicologia uomo-donna. La cultura può certamente influire nell’accentuare certi ruoli e indurre certi pregiudizi e false sensibilità (uomo
attivo/donna passiva; uomo forte/donna debole...), ma non a creare la
psicologia maschile o femminile. L’educazione, l’ambiente, la cultura possono influire, modificando, migliorando o deformando, ma in genere non
creano e non trasformano completamente la personalità39. Vi sono indubbiamente delle caratteristiche diverse tra uomo e donna: non si tratta di un fattore puramente culturale, ma queste differenze hanno un fondamento biologico e costituiscono una specificità sessuale. È vero che
si possono verificare conflittualità e difficoltà tra la sessualità biologica
e quella psicologica, non soltanto nello sviluppo, ma anche vere e profonde anomalie dello psichismo per cui il sesso fisico non viene accettato e
si fa appello alla sessualità psichica per il cambiamento di quella fisica40,
il che conferma il discorso sul fondamento biologico, e non solo culturale, dei caratteri specifici.
D’altra parte, pure nel caso di quei caratteri dipendenti strettamente
da una forma culturale, ciò non significa che essi siano privi di valore.
Tutte le culture hanno una divisione di ruoli e di compiti più o meno accentuata. L’alterità, la complementarità, l’orientamento dell’uno verso
l’altro nel rispetto reciproco costituiscono un valore culturale positivo.
Ciò che bisogna eliminare non sono le differenziazioni e le divisioni di
ruoli, ma la discriminazione che esse possono provocare. Bisogna inoltre
dire che il termine “ruolo” distorce il problema. Il “ruolo” viene definito come la rappresentazione teatrale, filmica... che una persona, vestita
in modo particolare, svolge conforme a un copione scritto. L’uso del termine “ruolo” trasmette necessariamente la sensazione di qualcosa di artificiale imposto alla persona. Al contrario, se “ruolo” viene sostituito da
altri termini, come “vocazione”, si evidenzia che vi sono delle realtà che
non sono né possono essere viste come “ruoli”. Vocazione indica qualcosa di autentico, non artificiale, una chiamata a essere ciò che si è. Questo è il senso della vocazione femminile alla maternità, perché la maternità non è un “ruolo”. Quando la madre concepisce il figlio, inizia un
38
Cfr. A. ALES-BELLO - A.M. PEZZELLA (cur.), Il femminile tra Oriente e Occidente. Religioni, letteratura, storia, cultura, Roma, Città Nuova, 2005.
39
Cfr. V. MARCOZZI, Il valore della vita, Roma, Editrice Gregoriana, 1982, pp. 197ss; G. BOIARDI, «Sessualità maschile...», cit., pp. 12-24.
40
Cfr. F. CASTAGNET, Sexe de l’âme sexe du corps, Paris, Le Centurion, 1981.
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rapporto con lui che dura tutta la vita. Questo rapporto definisce la donna-madre, le pone delle responsabilità e tocca tutta la sua vita. Non
rappresenta il ruolo di madre; è una madre. La cultura certamente influisce sul modo in cui la donna adempie le sue responsabilità materne;
le espressioni e forme culturali in questo sono molto differenti, ma la cultura non crea delle madri.
Tutte queste ragioni ci permettono di sottolineare la concorrenza del
fattore biologico, del fattore psichico e dell’influsso culturale nella specificazione della sessualità umana. Pur restando innegabile che l’origine
e l’orientamento della sessualità sono inscritti a livello biologico, si deve
anche riconoscere che nella sua maturazione e manifestazione intervengono fattori di tipo psicologico e socio-culturale: l’educazione, l’ambiente
familiare, le amicizie ecc. Si verificano così una compresenza e un’interazione che fanno dell’individuo sessuato, maschio o femmina, un individuo sessuale: uomo o donna. Per Boiardi l’identità biologica (“accetta
quello che sei”) deve farsi identità psicologica (“diventa ciò che sei”) e
infine identità relazionale (“scegli ciò che non sei”), nel senso che i due
ordini di identità, maschile e femminile, devono saper stare in relazione41.
La corretta assegnazione del sesso anagrafico, che si verifica al momento della nascita, è molto importante perché condiziona profondamente non soltanto la vita del bambino, ma anche il comportamento delle persone che verranno a contatto con lui, particolarmente i genitori. È
evidente che i genitori «alla nascita e immediatamente dopo assumono
un atteggiamento diverso, organizzano stimolazioni ambientali diverse
a seconda del sesso»42 del proprio bambino. Pertanto il loro ruolo è fondamentale nel determinare la psicologia e il comportamento nel bambino. Essi sono chiamati a inviare segnali chiari e non equivoci o negativi,
per consentirgli un’adeguata identificazione con il proprio sesso e una
netta differenziazione dall’altro. Il bambino comincia a sviluppare la propria identità psichica soprattutto attraverso le relazioni con i genitori e
impara a conformarsi ai modelli di uomo o di donna appresi principalmente dai suoi genitori. Secondo J. Money, «La nostra identità non può
differenziarsi in maschile o femminile in assenza dello stimolo sociale così come la gonade indifferenziata da cui ha inizio la nostra vita non si
sarebbe potuta trasformare in testicoli o in ovaie senza lo stimolo dei cromosomi Y o X»43. Oggi la maggior parte degli studiosi ritiene che l’interazione tra natura e cultura, tra fattori biologici e psico-sociali, contriG. BOIARDI, «Sessualità maschile...», cit., pp. 12-24.
L. MACARIO, «Dalla programmazione maschio-femmina alla formazione della coscienza sessuale», in Rivista di sessuologia, 4 (1980, II), 60.
43
J. MONEY - P. TUCKER, Essere uomo essere donna. Uno studio sull’identità di genere, Milano,
Feltrinelli, 1989, pp. 72-73. Si metta in rapporto questo dato con ciò che si è detto precedentemente
sull’origine della tendenza omosessuale.
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buisca alla strutturazione dell’identità, anche se non si conosce bene quale sia l’equilibrio tra gli uni e gli altri.
L’identità sessuale è, dunque, un fatto di natura e di cultura insieme.
Angelo Serra, genetista, in uno studio sull’argomento afferma: «In realtà,
a un’analisi completa della natura e intensità di questa forza nell’uomo –
analisi che non può prescindere da una logica metabiologica, la quale
considera la totalità della persona – pur ammettendo che l’origine e l’orientamento sono in essa inscritti al livello biologico, si deve riconoscere che la sua natura non è solo di ordine biologico, e la sua intensità
non è quantificabile tenendo presente questo solo livello. Infatti è ben dimostrabile che, nel costituirsi nella sua totalità, nel suo caratterizzarsi ed
esprimersi, intervengono simultaneamente, durante tutto lo sviluppo, altre componenti di ordine psicologico e mentale, derivanti dalle relazioni che si stabiliscono tra il singolo soggetto umano e l’ambiente familiare e socio-culturale, nel quale è concepito, nasce e cresce, e dall’esercizio
della propria capacità raziocinativa e volitiva, che si sviluppano attraverso l’apprendimento e l’educazione»44. Perciò possiamo concludere con
Money: «È sbagliato seguire l’esempio di alcuni autori che giustappongono sesso e genere, attribuendo il sesso al corpo e a ciò che chiamano
biologia (come se non ci fosse una biologia della mente!) e il genere alla
mente e all’apprendimento sociale, apparentemente dimentichi della biologia dell’apprendimento»45.
5) Differenze psichiche fondamentali
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Ciò premesso, possiamo domandarci quali siano le differenze psichiche fondamentali tra uomo e donna. Avverto, ancora una volta, che
non si tratta di presenza o assenza di doti particolari, ma di variazioni
d’intensità e di tonalità in ciascuno dei due sessi. Non bisogna nemmeno dimenticare che le differenze tra gli individui sono importanti, e ciò
che in generale si dice della mascolinità o della femminilità può essere
contraddetto da individui concreti nei quali si trova una diversa realizzazione. Ad esempio, se si dice che l’uomo è più razionale e la donna più
intuitiva, si troveranno poi anche uomini molto intuitivi e donne molto
razionali. Dal punto di vista psichico si può dire che nella mascolinità è
presente la femminilità, ma predomina la mascolinità, e perciò è una persona maschile. Allo stesso modo nella femminilità è presente la mascolinità, ma predomina la femminilità, e perciò è una persona femminile. Maschio e femmina hanno un modo tipico e differente di vivere le caratte-
A. SERRA, Sessualità: natura e cultura, p. 51.
J. MONEY, Amore e mal d’amore: sessualità, differenza di genere e legame di coppia, Milano, Feltrinelli, 1983, p. 32.
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ristiche psichiche comuni. Detto ciò, ci sono alcuni aspetti più accentuati
nell’uno o nell’altro sesso.
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(a) La donna è in genere più sensibile
Attenta ai piccoli particolari, avverte più cose che all’uomo possono
sembrare insignificanti. Ortega y Gasset descrive questa differenza in alcune pagine che possono essere criticabili. Al di là di questi aspetti criticabili, legati certamente a un momento storico e culturale, vorrei capire l’intuizione profonda dell’autore riguardo all’identità psicologica femminile46. Anche se Ortega non è sulla scia filosofica di Tommaso d’Aquino,
anzi, è molto critico e distante da questo pensiero filosofico, mi sembra
che l’idea di fondo sia quella tomista dell’unità sostanziale tra corpo e spirito, per cui c’è un influsso reciproco delle due dimensioni nell’unità della persona. La donna ha un rapporto più intenso con il proprio corpo,
che trascende le sensazioni organiche e tocca la dimensione psichica. «Si
dimentica troppo spesso che il corpo femminile è dotato di una sensibilità interna più viva che quello dell’uomo, cioè che le nostre sensazioni
organiche intracorporali sono vaghe e come sorde rispetto a quelle della donna [...]. Dalla relativa iperestesia delle sensazioni organiche della
donna discende che il suo corpo esiste per lei più che per l’uomo il proprio. [...] Nella donna l’attenzione è sollecitata costantemente dalla vivacità delle sue sensazioni intracorporali: sente in ogni momento il suo
corpo come interposto tra il mondo ed il suo io, lo ha sempre presente
davanti a sé, come uno scudo che protegge e come un ostaggio vulnerabile. Le conseguenze sono chiare: tutta la vita psichica della donna è
più fusa con il suo corpo di quanto non lo sia nell’uomo»47. Al di là delle espressioni, prima facie il dato che emerge è la profonda unità tra
corpo e psiche, per cui la persona è il suo corpo e si manifesta in esso.
Niente di più naturale allora, dice Ortega, della tendenza femminile alla
cura, all’ornamento e abbellimento del proprio corpo. La proverbiale vanità femminile è spiegabile in base a questa sensibilità per il proprio corpo e alla cura dei particolari. La naturale struttura fisiologica spinge la
donna a coltivare e curare il proprio corpo48.
(b) La donna è più affettiva ed emotiva
Tutti abbiamo emozioni e sperimentiamo quotidianamente il loro influsso nel nostro comportamento. L’emotività non è esclusiva della don-
46
Cfr. J. ORTEGA Y GASSET, El hombre y la gente, cit., pp. 167-173 (tr. L’uomo e la gente, cit., pp.
117-124). È noto lo squisito rapporto di rispetto e simpatia che Ortega aveva con le donne, e l’ammirazione con cui era visto da loro; non credo gli si possa attribuire alcun sentimento discriminatorio nei loro confronti.
47
Ibid., pp. 171-172 (tr., pp. 122-123).
48
Cfr. IDEM, La percepción del prójimo, in Obras completas, vol. VI, Madrid, Alianza Editorial Revista de Occidente, 1983, pp. 162-163.
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na, ma è fortemente presente in tutte le persone e si manifesta secondo
il loro carattere e temperamento. Tuttavia, in generale si può dire che la
donna si commuove più facilmente dell’uomo. Espressioni tipiche dell’emotività come il sorriso, il pianto, i cambiamenti dello stato d’animo
sono più dominanti nella donna. L’affettività emotiva ha il grande vantaggio dell’empatia, il che porta la donna ad essere più compassionevole, più tenera dell’uomo. A causa dell’affettività, c’è nella donna l’inclinazione a far prevalere il linguaggio del cuore più di quello della ragione49. Ma come è ben noto e provato da studi riconosciuti per la loro serietà,
la sensibilità e l’emotività influiscono sulle facoltà intellettive50, e l’intelligenza della donna si esplica generalmente in modo diverso da quella
dell’uomo. Daniel Goleman parla delle due “menti” per spiegare il diverso modo di comprensione della realtà: una è la “mente razionale”, l’altra la “mente emotiva”: «A tutti gli effetti abbiamo due menti, una che
pensa, l’altra che sente. Queste due modalità della conoscenza, così
fondamentalmente diverse, interagiscono per costruire la nostra vita mentale. La mente razionale è la modalità di comprensione della quale siamo
solitamente coscienti: dominante nella consapevolezza e nella riflessione,
capace di ponderare e di riflettere. Ma accanto ad essa c’è un altro sistema di conoscenza – impulsiva e potente, anche se a volte illogica –, c’è
la mente emozionale»51. Tutta la vita di Miguel de Unamuno è una lotta
tra la ragione e l’emotività; egli aveva messo in evidenza l’importanza dell’intelligenza emotiva all’inizio della sua opera Del sentimiento trágico de
la vida: «Si dice che l’uomo è un animale razionale. Non so perché non
viene meglio definito come animale affettivo o sentimentale»52. Si può definire l’intelligenza emotiva come la capacità di comprendere la realtà attraverso la gestione della nostra emotività. Non c’è dubbio che in questo
la donna abbia capacità molto più sviluppate che l’uomo.
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(c) L’intelligenza della donna è più intuitiva
Se l’intelligenza della donna è più intuitiva, quella dell’uomo è più
discorsiva. In collegamento con il punto precedente si trova anche questo dell’intelligenza intuitiva. La capacità di comprendere le cose si può
esplicare in due modi: per intuizione e per ragionamento discorsivo. Il
ragionamento discorsivo ha bisogno spesso di una lunga e attenta elaborazione. L’intuizione è una specie di lampo e folgorazione intellettiva, per
cui si apprende con un solo atto e in un istante la causa nell’effetto. Uomo e donna godono di ambedue i modi di apprendere; ma la donna sem-
49
Cfr. B. PASCAL, Pensées, cit. (ed. Chevalier, n. 477; ed. Brunschwicg, n. 277) (tr. Pensieri, cit.,
n. 477): «Le cœur a ses raisons, que la raison ne connaît point».
50
Cfr. D. GOLEMAN, Emotional Intelligence, cit. (tr. Intelligenza emotiva, cit.).
51
Ibid. (tr., p. 27).
52
M. DE UNAMUNO, Del sentimiento..., cit., p. 129.
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bra più ricca d’intuizioni. L’intelligenza intuitiva, aiutata dall’amore, brucia le tappe e arriva subito dove l’intelligenza discorsiva giunge molto più
tardi. Si pensi alle intuizioni che la madre ha nei riguardi dei figli o la sposa nei riguardi del marito. Il senso analitico femminile è più di tipo affettivo che razionale; è intuitivo, concreto. Tolkien in una lettera a suo figlio Michael, sull’argomento del matrimonio e delle relazioni fra i sessi,
fa un’analisi perspicace delle peculiarità psichiche della donna. Per quanto concerne l’intelligenza e l’influsso su di essa dell’emotività femminile
dice: «Ogni insegnante lo sa. Quanto rapidamente una donna intelligente può apprendere, afferrare le idee dell’insegnante, capire il suo punto
di vista, e come (tranne rare eccezioni) non possa andare oltre, quando
si stacca dall’insegnante o quando smette di nutrire per lui un interesse
personale»53. Quante volte, nel rapporto tra genitori e figli, la madre –
anche senza elementi razionali – intuisce che qualcosa non va con la figlia: nei gesti, nel tono della voce, nei comportamenti ecc. intuisce un
qualcosa che poi i dati oggettivi e razionali riveleranno anche al padre,
ma che lei, come mamma, ha già percepito, anche se non può darne spiegazione razionale esauriente.
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(d) La donna è allocentrica, l’uomo è egocentrico
Questa caratteristica sembrerebbe a prima vista in contrasto con la
“iperestesia delle sensazioni organiche” femminili di cui parlavo prima.
Ciò che intendo dire è ben descritto nel libro di Gina Lombroso, L’anima della donna 54, e si può riassumere così: la donna ha un centro d’interesse fuori di sé, in una persona distinta da sé, cui comunicare e manifestare la sua affettività. Il tradizionale stereotipo dell’uomo chiuso nel
suo lavoro, mentre la donna si prende cura della vita familiare ed è protesa verso il marito e i figli, non è senza fondamento. Come l’uomo anche la donna ama, ma più dell’uomo vuole sentirsi amata. Chi ha avuto
un po’ di esperienza con coppie sa che l’amore, nella donna, oltrepassa
generalmente il problema del piacere, per compenetrare completamente il dominio psichico; e l’unione morale, sentimentale e spirituale con
colui che ama prende facilmente il posto principale nel suo animo e oltrepassa il piacere fisico sessuale. La tragedia di tutti è non amare, ma ciò
è specialmente tragico per la donna: «La donna che non ha alcuno a cui
appassionarsi e per cui agire; che non ha alcuno a cui dedicarsi e che a
lei si dedichi, la zitella che non ha fratelli, nipoti, bambini, ai quali affezionarsi e di cui sia la passione; dei disgraziati, a cui alleviare i dolori e di
cui essere la consolatrice; che non ha modo di impiegare i suoi istinti al53
J.R.R. TOLKIEN, La realtà in trasparenza. Lettere 1914-1973, Milano, Bompiani, 2001, p. 58 (Lettera del 6-8 marzo 1941).
54
Cfr. G. LOMBROSO, L’anima della donna, Bologna, Zanichelli, 1920.
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truistici, la sua intuizione, la sua attività, i suoi tesori d’affetto; che non
è maestra, non è suora, che non ha uno scopo vivo, cioè un amore nella
vita, s’inasprisce e si deforma fisicamente e moralmente”»55. La stessa
struttura biologica femminile evidenzia questa sua struttura psicologica
di recezione ed accoglienza. L’uomo, invece, è più incline a farsi una
posizione, un nome, una reputazione, come si dice, a far carriera. Il maschio sente più marcatamente l’esigenza di un’attività esterna, in cui plasmare i propri progetti e sviluppare la propria personalità.
e. Diversi ma complementari e con gli stessi diritti
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Dopo quanto si è detto, possiamo dedurre e sostenere che è erronea
l’affermazione: “la donna è uguale all’uomo”. La donna non è uguale
all’uomo. Altra cosa è dire che la donna ha gli stessi diritti dell’uomo.
Questo è vero, perché i diritti seguono la natura; l’uomo e la donna hanno la stessa natura. Nella Genesi si narra che quando Dio creò l’uomo
disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza: maschio e femmina li creò» (Gn 1,26-27). Ambedue hanno la stessa natura umana, la
stessa dignità, gli stessi valori. Per un credente, ambedue sono creati a
immagine e somiglianza di Dio56. Perciò hanno gli stessi diritti, perché
questi derivano dalla natura ontologica. Ma poiché hanno diversa personalità («maschio e femmina li creò»), hanno il diritto che sia osservata e rispettata la loro diversa personalità. La dualità uomo-donna è una
completa parità, se si tratta della dignità umana, e una meravigliosa complementarità se si tratta degli attributi, delle proprietà e dei compiti uniti alla mascolinità ed alla femminilità dell’essere umano. Si potrebbe affermare che «l’umanità è compiuta a livello dell’individuo. Ma è completa a livello della reciprocità sessuale. La mascolinità realizza una versione
essenziale dell’umano. Come la femminilità ne è una modulazione fondamentale»57. La dualità e la differenziazione sessuale maschile e femminile sono importanti, ma non indicano una differenza di valore tra l’uno e l’altro sesso. Influiscono nello sviluppo della personalità, segnano le
peculiarità proprie dell’attività maschile e femminile, ma non stabiliscono la superiorità di un sesso sull’altro.
Per l’essere umano la dualità sessuale è una complementarità e perfezione con l’altro sesso. Uomo e donna sono complementari l’uno del-
Ibid., p. 46.
A questo punto potrebbe sorgere una difficoltà: se Dio non è sessuato, come può essere la sessualità immagine di Dio nell’uomo? La risposta si trova più avanti in questo capitolo nel paragrafo
«Sessualità e castità consacrata».
57
S. PALUMBIERI, Antropologia della sessualità, Torino, SEI, 1996, p. 61.
56
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l’altra: l’uomo, il vir, non è pienamente homo senza la presenza della donna, né questa è esaustivamente umana senza il complemento dell’uomo58.
Ogni separazione teoretica o istituzionale dell’uomo dalla donna, ogni
accentuata preferenza dell’essere maschile a scapito di quello femminile
possono contraddire la natura stessa dell’essere umano. Uomo e donna
sono progettati come esseri corrispondenti l’uno all’altro, sullo stesso piano; si confrontano nel dialogo, nelle attività, nella sofferenza e nella gioia,
nella conoscenza e nell’amore. Nel mito raccontato da Aristofane nel Convivio di Platone è precisamente l’amore che ricrea l’antica unità. «Se il
gran fabbro Efesto chiedesse loro: Cos’è che volete, o uomini, voi l’uno
dall’altro? E rimanendo quelli dubbiosi, di nuovo chiedesse: Forse che
desiderate soprattutto essere sempre quanto più possibile una cosa sola
l’uno con l’altro, affinché notte e giorno mai dobbiate lasciarvi? Se questo desiderate, sono disposto a fondervi e plasmarvi in un essere solo, affinché, di due divenuti uno, possiate vivere entrambi così uniti come un
essere solo, e quando vi colga la morte, anche laggiù nell’Ade, siate uno
invece di due in un’unica morte. Ognuno vedrebbe in questa proposta
la realizzazione del suo più profondo desiderio, perché tale era l’antica
nostra natura, e noi eravamo tutti intieri: a questa brama di intierezza,
al proseguirla, diamo il nome di amore [...]. Io dico che, ecco, noi potremmo essere felici solo se portassimo a compimento il nostro amore e
se ciascuno di noi s’imbattesse con l’essere gemello, restaurando così l’antica natura»59. La dualità uomo e donna è dunque una uni-dualità-complementare. La particella copulativa “e” che si pone tra le due componenti dell’umano, “uomo e donna”, “maschio e femmina”, ha valore certamente “disgiuntivo” in quanto indica l’esistenza di due distinti soggetti
umani, aventi ciascuno una propria personalità pur con una stessa natura, ma anche e soprattutto ha un valore “congiuntivo” in quanto le due
modalità dell’umano sono fatte per porsi in intima ed irremovibile relazione duale, coniugale, al fine di poter realizzare, attraverso l’intima unione ed integrazione delle due personalità sessuate, la totalità e la pienezza
dell’umano60.
Questa uni-dualità e complementarità si manifesta con chiarezza nella coniugalità, cioè nell’unione fisica, psichica e spirituale con il sesso opposto. L’unione interessa la totalità della persona e non soltanto una sua
parte. Nell’atto coniugale, quando esso è pienamente umano, sono coinvolti il corpo, la psiche e lo spirito della persona. Ridurre l’atto a una di
58
«La donna è il complemento dell’uomo, come l’uomo è il complemento della donna: donna e
uomo sono tra loro complementari» (GIOVANNI PAOLO II, A voi donne. Lettera alle donne, del 29
giugno 1995, 7; il testo è stato scritto in occasione alla IV Conferenza Mondiale sulla Donna, Pechino, settembre 1995).
59
PLATONE, Convivio, 192d-193c.
60
Cfr. G. BONOMI, «Piacere sessuale», cit., p. 1369.
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queste dimensioni significa impoverirlo, renderlo incompleto e oggettivamente falso, perché il corpo umano non ha senso se non come dimensione integrante della totalità della persona. Perché l’uomo non è la
donna, perché l’uno non è uguale all’altro, in quanto non ha le caratteristiche correlative dell’altro, ciascuno è portato a porsi di fronte all’altro
come un “tu”. Ora il “tu” dice sempre relazione all’“io” e viceversa. Nell’unione congiugale ciascuno si pone nell’altro, dona il suo sé all’altro e,
per questo reciproco donarsi, l’uno fa essere l’altro, dà valore all’altro,
realizza e compie l’altro. È per questo reciproco essere ciascuno in sé nell’altro, che gli elementi della relazione coniugale, cioè le due persone sessuate, diventano una cosa sola, l’“unum” dell’umano, realizzando il «facciamo l’uomo» della Genesi, inteso come unità-totalità dell’«uomo e donna li creò».
In quanto componente fondamentale della persona, la sessualità condiziona il modo in cui ci si manifesta e relaziona con gli altri: «se la persona è un “io” aperto al “tu”, è un “essere in relazione”, la sessualità possiede un’essenziale dimensione relazionale. È il segno e il luogo dell’apertura, dell’incontro, del dialogo, della comunicazione e dell’unità delle
persone tra di loro»61. Così intesa, la sessualità si presenta come bisogno di uscire dalla propria solitudine, di comunicare con gli altri, di ritrovarsi negli altri. L’uomo e la donna percepiscono la differenza sessuale e si sentono attratti ed orientati l’uno verso l’altra: «l’uomo maschio
in quanto uomo è da sempre presso la sua contro-immagine, la donna,
senza tuttavia mai arrivarci, come anche viceversa la donna rispetto all’uomo [...] l’io umano, da sempre, cercandosi muove verso il tu e anche
lo trova, senza (però) poter mai avere possesso di questa alterità. Questo
dunque non solo perché la libertà del tu non può mai essere, a partire
dall’io, controllata da nessun sovra-concetto trascendentale, dato che ogni
libertà umana si apre dal suo luogo soltanto verso la libertà assoluta e infinita, ma anche perché questa insufficienza si incarna nella costituzione diversa e complementare dei sessi»62.
In questo contesto prende un diverso significato la dualità sessuale:
«La distinzione sessuale, dunque, che appare come una determinazione
dell’essere umano, è diversità, ma nella parità di natura e di dignità. La
persona umana, per sua intima natura, esige una relazione di alterità, implicante una reciprocità di amore. I sessi sono complementari: simili e
dissimili nello stesso tempo; non identici, uguali però nella dignità della
persona; sono pari per intendersi, diversi per complementarsi reciproca-
61
D. TETTAMANZI, «L’etica sessuale», in AA.VV., Sessualità da ripensare, Milano, Vita e Pensiero, 1990, p. 28.
62
H.U. VON BALTHASAR, Teodrammatica. Le persone del dramma: l’uomo in Dio, vol. 2, Milano,
Jaca Book, 1982, p. 345.
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mente»63. La struttura propria dell’uomo è la dualità per l’unità. Nati diversi come uomo e come donna, ma nati per l’unità, ed è appunto attraverso il proprio corpo maschile o femminile che questa unità si realizza.
«La femminilità realizza l’“umano” quanto la mascolinità, ma con una
modulazione diversa e complementare. [...] Femminilità e mascolinità sono tra loro complementari non solo dal punto di vista fisico e psichico,
ma anche ontologico. È soltanto grazie alla dualità del “maschile” e del
“femminile” che l’“umano” si realizza appieno»64.
2. La specificità della sessualità umana
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a. La sessualità come dimensione e struttura costitutiva dell’uomo
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La sessualità è uno degli elementi fondamentali della propria identità. Oltre al dato biologico-morfologico, è una componente essenziale
della persona, un suo modo di essere, di manifestarsi, di comunicare con
gli altri, di sentire, di esprimere e di vivere l’amore umano. L’uomo deve misurarsi con questo dato costitutivo. Si può applicare alla sessualità
quello che K. Rahner afferma in tema di fecondazione in vitro: «L’uomo deve accogliere liberamente la sua natura così com’è, ivi compreso
il fatto di essere già predeterminato. Egli infatti non è un essere chiamato all’esistenza di sua propria iniziativa [...]. Tutto ciò, anche rifacendosi alla “deduzione trascendentale”, si presenta come necessariamente connesso alla natura stessa dell’uomo»65. Come dice Cornelio Fabro: «Il
nascere uomo o donna non è un fatto indifferente per l’essere del singolo; non è una circostanza che incide solamente sull’impalcatura anatomica dell’organismo, sulla fisionomia delle membra e sulle funzioni biologiche, ma porta in sé una condizione di essere che orienta ben presto
in direzioni obbligate il movimento della coscienza che deve “progettarsi” per il futuro»66. L’identità sessuale umana viene determinata dall’insieme delle componenti biologiche, psicologiche e spirituali. A causa di questa unità-identità psico-fisica la sessualità impregna tutta la persona, come bene ha potuto scrivere il grande medico spagnolo Gregorio
Marañón: se «si studia con criteri più sottili e profondi la differenziazione dei sessi, tutti convengono che non può darsi una classificazione
63
CONGREGAZIONE PER L’EDUCAZIONE CATTOLICA, Orientamenti educativi sull’amore umano,
1° novembre 1983, 25.
64
GIOVANNI PAOLO II, A voi donne, 7. Vedi anche le catechesi sull’antropologia biblica nelle
udienze generali del mercoledì, dal settembre 1979 al maggio 1981.
65
K. RAHNER, «Il problema della manipolazione genetica», in CIF (cur.), Uomo-Donna. Progetto di vita, Roma, CIF-UECI, 1985, pp. 370-371.
66
C. FABRO, Problemi dell’esistenzialismo, cit., p. 87.
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completa, giacché l’impronta del sesso si ritrova assolutamente in tutte le
manifestazioni della vita»67.
Perciò, la sessualità è una realtà che interessa tutto l’uomo nelle profondità del suo essere, là dove si trova l’“io” come nucleo personale. È una
dimensione costitutiva che emana dall’essenza stessa della persona. Infatti la persona è un essere essenzialmente interpersonale e costitutivamente relazionale68. Nella sua costituzione essenziale l’uomo non è isolato, ma porta già nel suo genere, nel fatto di essere uomo o donna, il rimando all’altro, alla donna o all’uomo. Egli non potrà essere compreso
veramente, nella sua interezza, senza tener conto di questa apertura strutturale verso “un altro” che, proprio perché “diverso”, lo qualifica nella
sua identità69. L’“io” si costituisce soltanto in rapporto al “tu”, e la sessualità è la realtà che manifesta questa comunione del “noi”. L’essenza
della sessualità umana sta proprio in questa relazione di un “io” con un
“tu” diverso nelle sue componenti biologiche, psicologiche e spirituali,
che trova il suo fondamento nella costituzione relazionale della persona. Come dice Maurice Merleau-Ponty, «non c’è sessualità chiusa in se
stessa» perché la sessualità è sempre «qualcosa di diverso da se stessa,
e, se si vuole, il nostro essere intero»70.
b. La sessualità oltre la genitalità: tridimensionalità fisica,
psichica e spirituale
1) La sessualità è una dimensione di tutta la persona
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La persona umana è così profondamente influenzata dalla sessualità
che questa viene considerata come uno dei fattori che danno alla vita di
ciascuno i tratti principali che la distinguono. «Dal sesso, infatti, la persona umana deriva le caratteristiche che, sul piano biologico, psicologico e spirituale, la fanno uomo o donna, condizionando così grandemente l’iter del suo sviluppo verso la maturità e il suo inserimento nella
società»71. «La sessualità caratterizza l’uomo e la donna non solo sul piano fisico, ma anche su quello psicologico e spirituale, improntando ogni
loro espressione»72. Questi due testi indicano bene che la sessualità, co-
67
G. MARAÑÓN, La evolución de la sexualidad y los estados intersexuales de la especie humana,
Madrid, Morata, 1930, p. 6 (tr. L’evoluzione della sessualità e gli stati intersessuali, Bologna, Zanichelli, 1934, p. 7).
68
Vedi il capitolo IX, «La dimensione interpersonale».
69
P. BALESTRO, Sesso e persona. Verso una nuova etica sessuale, Milano, Bompiani, 1967.
70
M. MERLEAU-PONTY, Phénoménologie..., cit., p. 199 (tr. Fenomenologia..., cit., pp. 239-240).
71
CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Persona humana. Dichiarazione circa alcune
questioni di etica sessuale, in AAS 68 (1976), 1.
72
CONGREGAZIONE PER L’EDUCAZIONE CATTOLICA, Orientamenti educativi..., cit., 4.
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me dimensione costitutiva della persona, è polivalente proprio perché fa
riferimento al livello fisico, psichico e spirituale dell’uomo, e così diventa
œroj, fil…a e ¢g£ph 73. In questo modo coinvolge i valori corporei, psichici, intellettivo-volitivi, spirituali e religiosi. «A livello personale spirituale la sessualità umana non è soltanto l’energia finalizzata alla funzione biologica della generazione della prole, ma è quasi un principio di configurazione dell’intera esistenza dell’uomo; infatti essa modifica e
personalizza anche le attività interiori del pensiero, della volontà, della
percezione dei valori e del mondo circostante»74. Senza voler fare della
sessualità una panacea che offra la spiegazione di tutti i fenomeni umani, bisogna accogliere la positività del dato della psicologia, che presenta la sessualità diffusa in tutta la vita organica e psichica. Gregorio Marañón, al di sopra di ogni sospetto ideologico, cita queste parole di Nietzsche: «Il grado e la natura della sessualità penetrano fino al punto più
elevato dello spirito umano». E aggiunge: «Mi si dirà, allora, che tutta
la vita umana è influenzata in certa maniera dal sesso. Ed è necessario rispondere di sì»75. La sessualità è, dunque, una dimensione integrale della persona. Esiste un’osmosi tra sessualità ed esistenza, un influsso reciproco tra sessualità e modo di essere. Per Romano Guardini la sessualità
«non costituisce un ambito particolare circoscrivibile, ma si fa valere invece in tutto ciò che si chiama essere umano. Questo significa, però e viceversa, che anche tutta la natura umana si ripercuote nella sessualità»76.
Per comprendere meglio il significato “umano” della sessualità si potrebbe prendere lo spunto dal significato umano del volto. Considerando il volto come realtà anatomica, isolatamente dalla totalità della persona, non sarà mai possibile vedere in esso le espressioni specificamente umane. Soltanto se il volto è visto nella totalità della persona, anche
il suo significato umano diventa visibile: il volto è espressione e manifestazione dell’intimità della persona e la sua struttura fisiologica forma parte dell’insieme dell’uomo.
Una cosa analoga si verifica per la struttura uomo-donna e per il significato “umano” di questa struttura. Uomo e donna non sono solo strutture oggettive: biologiche, psicologiche, spirituali, che si trovano espresse in singoli individui e che secondariamente possono anche aprirsi all’altro per incontrarsi e unirsi. “Sesso” e “corpo” si riferiscono a elementi
materiali e oggettivi dell’uomo, sono realtà controllabili e misurabili. Ora,
come la corporeità è soggettivazione del corpo e ha dimensioni e signi-
Cfr. BENEDETTO XVI, Deus caritas est, nn. 3-8.
R. FRATTALLONE, La vita e l’amore. Problemi di morale sessuale e matrimoniale, Messina, ESURIgnatianum, 1992, p. 20.
75
G. MARAÑÓN, Tres ensayos sobre la sexualidad, Madrid, Biblioteca Nueva, 1934, p. 42.
76
R. GUARDINI, Ethik, cit., p. 670 (tr. Etica, cit., p. 639).
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ficati più ampi, così la sessualità è soggettivazione del sesso e possiede significati e dimensioni più larghi. La sessualità è il modo di essere costitutivo dell’umano; non un esercizio temporale di determinate funzioni,
ma un modo permanente di essere, che si configura pertanto necessariamente o come mascolinità o come femminilità.
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2) Dimensione dialogica e relazionale della sessualità:
amore e procreazione
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La sessualità va al di là del puro dato bio-fisio-organico-genitale e si
presenta come relazionalità con l’altro essere umano77. Il significato umano dell’uomo e della donna si trova precisamente nella relazione tra persone. Tutto il mistero della sessualità umana è in quest’alterità interpersonale, che va vissuta in rapporto alle condizioni corporee78. Si può affermare con Y. Pellé-Douël: «In modo particolare va affermato che la
sessualità umana è data unicamente nelle relazioni tra esseri umani che si
riconoscono come tali; bisogna insistere sull’aggettivo “umano”. Ciò significa che la sessualità non è né maschile né femminile, ma che essa è il
fatto dell’uomo, homo, che è due e si manifesta nella reciprocità. Reciprocità si dà unicamente là dove due esseri esistono pienamente, cioè là
dove si dà alterità»79, diversità e complementarità.
In questo contesto dell’incontro interpersonale si rivelano le possibilità “umane” di tutte le componenti dell’uomo e della donna: differenze
fisiologiche, psicologiche, culturali ecc. Si rivela anche che la sessualità è
un’alterità feconda. Infatti, la differenza sessuale dell’uomo e della donna non è un semplice dato biologico, ma esprime la forma di amore
volta alla comunione di persone e aperta alla trasmissione della vita80. La
fecondità non è soltanto predisposta nella struttura biologica e fisiologica maschile e femminile, ma riveste anche una dimensione interpersonale: l’instaurazione di un nuovo dialogo con un nuovo essere mediante
la procreazione. L’unione sessuale è un atto che coinvolge, nella totalità
e nella reciprocità, due persone e pone le premesse per la chiamata all’esistenza di una nuova vita umana. È un atto, dunque, nel quale sono
intrinsecamente unite due dimensioni: l’amore e la procreazione. Procreare è, perciò, una realtà molto più profonda della capacità biotecno-
Cfr. C. CIPOLLA (cur.), La sessualità come obbligo all’alterità, Milano, Franco Angeli, 2005.
Cfr. G. VERONESE, Corporeità e amore: la dimensione umana del sesso, Roma, Città Nuova, 1986.
79
Y. PELLÉ-DOUËL, «L’homme et la femme», in Études philosophiques, 23 (1968), 153.
80
CONFERENCIA EPISCOPAL ESPAÑOLA, Hombre y mujer los creó, 26 dicembre 2004: «Il matrimonio si basa sulla differenza sessuale che è condizione essenziale per esprimere con verità la comunione coniugale. Per quel motivo il matrimonio è un’istituzione essenzialmente eterosessuale, cioè
non può essere contratto che da persone di diverso sesso: una donna ed un uomo. Il matrimonio è
sempre e solo l’unione coniugale di un uomo e di una donna».
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logica di far sorgere una nuova vita in laboratorio. «Procreare significa donare la vita nel dono delle persone: un dono che trascende e trasfigura il
fatto biologico»81. Procreare non è produrre; perciò, parlando con precisione, l’uomo non si riproduce, ma procrea. Nell’atto coniugale è la persona stessa che si dona nell’amore. L’amore-dono è fecondo. Ora, abbiamo visto come l’amore implica un io e un tu, i quali unendosi danno
vita a un noi. Per tale ragione l’amore coniugale ha come elemento costitutivo la fecondità. L’amore autentico, infatti, non è mai isolato, egoista, limitato. I coniugi, unendosi in una sola carne, esprimono proprio
una donazione totale e originaria. Attraverso l’atto coniugale gli sposi
confermano il reciproco dono fatto di sé nel matrimonio e si aprono alla nuova vita. Dunque, sono due le dimensioni che compongono l’unione coniugale: unitiva e procreatrice. Staccare queste due dimensioni significherebbe pregiudicare la verità più profonda della sessualità. La paternità responsabile consiste precisamente nell’assumere la sessualità nella
sua verità. È così che, «di fronte alla scelta se avere o distanziare o evitare un concepimento, la coppia potrà decidere se porre gli atti coniugali
in momenti in cui è possibile o meno un concepimento, senza che questo alteri la verità oggettiva di quell’atto. Sotto questa accezione non è invece responsabile manipolare l’atto coniugale di modo che esprima la sola dimensione psicologico-affettiva e non quella procreativa, oppure esprima soltanto un fatto biologico-fisico e non anche l’unione affettiva e
spirituale»82.
È questa anche una delle ragioni di fondo per cui la fecondazione artificiale è profondamente immorale: si scinde l’atto sessuale unitivo e l’atto procreatore. Non si tratta di mettere in questione le tecniche di fecondazione artificiale per il semplice fatto che sono artificiali; la posta in
gioco non è l’elemento tecnico, ma il fatto che l’origine di una persona
umana, in virtù della dignità che le è propria, deve essere il frutto della
donazione di amore tra i genitori, e non un prodotto tecnico. Si verifica
una spersonalizzazione dell’atto procreatore che diventa un processo tecnologico, rendendo l’essere umano proprietà d’uso di chi è in grado, in
laboratorio, di generarlo. La figura stessa del “genitore” viene stravolta,
ridotta al rango di prestatore di un materiale biologico con cui generare
un “figlio”. Contraddice, inoltre, lo statuto antropologico della sessualità
e il suo nesso inscindibile con la procreazione, la quale non è un dato puramente biologico, ma implica tutta la persona. L’immoralità non è doE. SGRECCIA - A. SPAGNOLO - M.L. DI PIETRO (cur.), Bioetica, cit., p. 328.
Ibid., p. 328. Cfr. M. RHONHEIMER, «Anticoncepción, mentalidad anticonceptiva y cultura
del aborto: valoraciones y conexiones», in R. LUCAS LUCAS (cur.), Comentario interdisciplinar a la
Evangelium Vitae, cit., pp. 435-452 (tr. «Contraccezione, mentalità contraccettiva e cultura dell’aborto: valutazioni e connessioni», in IDEM, Commento interdisciplinare alla Evangelium Vitae, cit.,
pp. 435-452).
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vuta a una prescrizione “religiosa”, ma al fatto oggettivo che detta scissione contraddice un’antropologia integrale. Evandro Agazzi può così
parlare di una “riproduzione senza sessualità”, staccata da un “vissuto
sessuale” e perciò lontana da un “vissuto umano”, come nella contraccezione si ha una sessualità staccata dalla procreazione. Queste possibilità tecniche vanno considerate «con una notevole dose di preoccupazione, dal momento che siamo qui in presenza di un salto qualitativo enorme, ossia del fatto che l’essere umano non viene alla vita per un processo
di generazione, ma di produzione. [...] La riproduzione, da azione umana,
tende a trasformarsi interamente o quasi in operazione tecnica»83. Quanto poi alla fecondazione artificiale eterologa e alla pratica del cosiddetto
utero in affitto, «le regole di filiazione ne risultano sconvolte. Il caso estremo per un bambino-provetta può essere di avere tre madri (biologica,
portatrice e legale) e due padri (biologico e legale). Un figlio può quindi essere fabbricato utilizzando vari elementi disgiunti – sperma, ovulo,
embrione, utero – assemblati poi in base a formule diverse. Di fronte a
simili sconvolgimenti, le speranze terapeutiche che questi progressi
portano con sé vengono subito ridimensionate dai cruciali interrogativi
che sollevano e dai nuovi rischi che pongono alla società umana»84.
Nella sessualità umana non si tratta, dunque, soltanto di una funzione
o attività genitale, bensì dell’essere personale umano totale e della realizzazione dell’uomo in quanto uomo. «La genitalità – dice René Habachi – è solo una funzione localizzata, [...] mentre la sessualità è un modo di essere, un modo unico e necessario di appartenenza al genere umano. La sessualità è un modo di essere “in situazione” nell’universo»85. Con
ciò non diciamo che la sessualità sia la componente principale ed esclusiva dell’uomo, però essa permea la sua costituzione corporea, il suo sentimento, la sua sensibilità, la sua volontà, il suo pensiero e perfino il suo
rapporto con Dio. L’amore, la solidarietà, il pensiero, la contemplazione estetica, la preghiera, la pietà... portano il marchio della sessualità. Sono, cioè, espressioni sessuate di una persona maschile o femminile e portano i segni caratteristici e differenziali di essa; non sorgono e non toccano direttamente il livello genitale. Persino Freud, nell’opera Compendio
di psicoanalisi, dice chiaramente che «bisogna distinguere nettamente tra
i due concetti di sessuale e genitale. Il primo è più ampio e comprende
molte attività che non hanno nulla a che fare con i genitali»86.
83
E. AGAZZI, «La filosofia di fronte al problema delle manipolazioni genetiche», in AA.VV., Manipolazioni genetiche e diritto, Milano, Giuffrè, 1986, pp. 95-98.
84
F. LENOIR, Il tempo della responsabilità, Torino, SEI, 1994, p. 39.
85
R. HABACHI, Il momento dell’uomo. Inizi della creatura. La colonna spezzata di Baalbeck, Milano, Jaca Book, 1986, p. 64.
86
S. FREUD, Abriss der Psychoanalyse..., cit., p. 75 (tr. Compendio di psicoanalisi, cit., p. 579).
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3) La sessualità è più della genitalità
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Per questo la sessualità non può essere considerata come localizzata
o limitata alla genitalità87. La prima comprende, ma non si esaurisce
nella seconda. Ovviamente tutti i fenomeni genitali sono sessuali; ci sono però tanti fenomeni sessuali che non hanno niente a che vedere con
la genitalità. L’equazione sessuale = genitale non esiste. La sessualità è una
dimensione globale della persona; una dimensione non solo fisica ma anche psichica e spirituale. Essere maschio o essere femmina appartiene all’essere costitutivo della specie homo, ed è una determinazione fondamentale e centrale dell’essere umano; esercitare la sessualità mediante atti genitali esce dall’ambito ontologico e si colloca nell’ambito degli atti
accidentali dell’uomo. Come l’atto non esaurisce la facoltà (un atto di
pensiero non esaurisce la facoltà di pensare che è l’intelligenza), né la facoltà esprime tutta la persona (l’uomo non è soltanto intelligenza), analogicamente dobbiamo dire che l’esercizio dei singoli atti della vita sessuale non esprime la totalità della sessualità, né la vita sessuale realizza
tutta la persona. Il livello della genitalità, dunque, non può essere totalizzante nella comprensione della sessualità, che si presenta molto più vasta. La genitalità è un dato anatomico e una funzione fisiologica. La sessualità umana non è né puro dato, né un oggetto, né una funzione; è una
dimensione costitutiva della persona che permea tutto il suo essere. Con
crudezza Money dice che è necessario mettere insieme «il sesso che sta
in mezzo alle gambe a quello che sta in mezzo alle orecchie»88; anche se
forte, l’espressione è carica di significato non soltanto antropologico, ma
anche biologico; infatti “il sesso che sta in mezzo alle gambe” nulla è e
nulla fa senza le indicazioni che arrivano da quello che “sta in mezzo alle orecchie”, cioè l’ipotalamo, l’ipofisi, la corteccia cerebrale ecc. Uomo
e donna stabiliranno con gli altri sempre e necessariamente “relazioni sessuate” ma non “relazioni sessuali-genitali”89.
È noto come Freud aveva ridotto tutto il comportamento umano a un
insieme di impulsi sessuali-genitali. Viktor Frankl, anch’egli psichiatra,
non seguì Freud su questa linea. Nel suo libro Das Leiden am sinnlosen
Leben presenta una visione più personalista e integrale della sessualità.
«Freud così affermava: “Nel momento in cui ci si interroga sul senso e
sul valore della vita si è malati, giacché i due problemi non esistono in
senso oggettivo; si è solo riconosciuto che si possiede una provvista di li-
87
K. WOJTYL/A, Amore e responsabilità, cit., p. 42: «dalla filosofia dipende una visione completa
della tendenza sessuale strettamente legata all’esistenza della specie homo e presentante per ciò stesso – come abbiamo detto poc’anzi – non soltanto un carattere biologico ma anche esistenziale».
88
J. MONEY, Amore..., cit., p. 31.
89
D. TETTAMANZI, «L’etica sessuale», cit., p. 29; IDEM, «La sessualità umana: prospettive antropologiche, etiche e pedagogiche», in Medicina e Morale, 2 (1984), 129-134.
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bido insoddisfatta”. Personalmente sono di altra opinione»90. La ragione
è che la sessualità va oltre la genitalità e tocca tutta la persona o, come
egli dice, «il sesso umano è sempre qualcosa di più che mero sesso. E questo nella misura in cui – sul piano umano – costituisce un veicolo di
una relazione personale, transessuale [...]. Sul piano specificamente umano, infatti, la sessualità ha una funzione espressiva: essa esprime una relazione d’amore, una “incarnazione” dell’amore o anche soltanto dell’essere innamorato»91.
Che la sessualità vada oltre la genitalità e costituisca una perfezione
della persona era già noto a sant’Agostino e a san Tommaso, i quali sostengono che il sesso risorgerà92. Quest’ultimo distingue nella natura umana una “prima perfectio”, legata a necessità ed emergenze terrene, e una
“ultima perfectio”, più propria della risurrezione. Ora il significato della
sessualità, considerata nel suo agire genitale, si esaurisce all’interno dei
confini della vita terrena; ma il suo essere dimensione fondamentale dell’uomo sorpassa questi confini e sfocia nella risurrezione. Ma a qual fine? Perché l’essere sessuato appartiene alla perfezione della natura umana nella specie come nell’individuo93, e siccome nella risurrezione vi sarà
tutto ciò che a tale perfezione appartiene, ne consegue che nella risurrezione sarà presente la sessualità come perfezione ontologica della persona, benché l’agire genitale accidentale non esista più94.
c. Antropologia della sessualità e morale sessuale
1) Sessualità e castità consacrata
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Il significato perfettivo della personalità, proprio della sessualità, è
tale da giustificare la sua presenza nella persona umana, anche a prescindere dal fatto che tale sessualità venga esercitata a livello genitale.
Questo è per san Tommaso il caso del Verbo Incarnato, il quale, assumendo un corpo umano, ne ha assunto la sessualità, non però allo scopo
di esercitarla nei rapporti genitali95, ma perché anch’essa fa parte della
perfezione della natura umana. Questo è anche il caso del celibato sa-
V.E. FRANKL, Das Leiden..., cit., p. 26 (tr. La sofferenza..., cit., pp. 25-26).
Ibid., p. 24 (tr., pp. 23-24).
92
Cfr. AGOSTINO, De Civitate Dei, XXII, 17 (PL 41, 778-779): «Sed mihi melius sapere videntur
qui utrumque sexum resurrecturum esse non dubitant. [...] Aequales utique Angelis inmortalitate ac
felicitate, non carne; sicut nec resurrectione, qua non indiguerunt Angeli»; TOMMASO D’AQUINO, Summa Theologiae, Suppl., q. 81, a. 3: «sexus resurget».
93
Ibid., q. 81, a.4, ad 2m.
94
IDEM, Summa Theologiae, I, q. 99, a. 2.
95
Cfr. IDEM, In Libros Sententiarum, III, d. 12, q. 3, aa. 1 e 2: «Utrum Christus debuit aliquem
sexum accipere».
91
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cerdotale e religioso, per il quale l’esperienza vissuta della castità è segno
escatologico. Su questo sfondo si comprende quanto il concilio Vaticano
II ha presentato circa la vita religiosa come segno prefigurativo della stessa vita della risurrezione96. La castità è un vivere la sessualità come sarà
vissuta quando raggiunge la sua perfezione suprema nell’aldilà.
Il rapporto affettivo tra uomo e donna, nella mutua coordinazione delle qualità spirituali proprie di entrambi, costituisce il modello ultimo di
castità per tutti gli uomini, qualunque sia il loro stato di vita. Questo modo di vivere la sessualità senza ricorso alla genitalità è ciò che avviene
quando si stabilisce una relazione tra persone di sesso diverso improntata a stima, rispetto, amicizia, affettività. Occorre guardare, quindi, a questa condizione finale di perfezione come al modello definitivo del nostro
agire morale in questa vita. L’insistenza e la focalizzazione nella vita
presente del modello escatologico della castità contribuiranno a valutare
giustamente il rapporto tra uomo e donna, anche indipendentemente dallo stato di vita, e a vedere con occhio diverso le seducenti attrattive dell’erotismo.
La perfezione ultima della sessualità umana (prospettiva escatologica) ci fa capire che la sessualità umana non esaurisce il suo compito nella prospettiva, sia pur santa ma in fin dei conti soltanto terrena, della generazione fisica nel matrimonio, ma estende il suo influsso a tutto l’ambito della persona, alle sue potenze e alle sue attività, ponendo le basi per
un rapporto tra uomo e donna, rappresentato in questa terra dalla castità
religiosa, ben più profondo del mero rapporto genitale: un rapporto tra
uomo e donna che deve costituire la fiamma interiore di qualunque altro
rapporto più superficiale, genitale o non genitale che sia, e che diventa la
garanzia di una donazione di amore veramente interpersonale97.
Della castità viene data spesso un’immagine sbagliata, e cioè quella di
negazione della sessualità. Alcune forme di vivere la castità sono certamente negative, come quelle basate sulla repressione, l’inibizione, il disprezzo e il rifiuto. Ma la castità positiva e autentica non è rifiuto della
sessualità né disistima dei suoi valori. La castità è energia spirituale che
sa difendere l’amore dall’egoismo e dall’aggressività e sa promuoverlo
verso la piena realizzazione. La castità nella sessualità non conduce né al
disprezzo del corpo né alla svalutazione della vita sessuale, ma innalza il
valore del corpo sessuato al livello del valore della persona. Per questo
essa stessa è un valore, perché, riconoscendo l’esercizio della sessualità
come valore, sa collocarlo in un ambito di valori più grandi. Fin dall’inizio la Chiesa ha compreso questa prospettiva e, di fronte a forme di castità negative (manichee, gnostiche, dualistiche, catare...) che disprezzaCfr. CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Lumen gentium, 44.
K. WOJTYL/A, Amore e responsabilità, cit., p. 153.
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vano il matrimonio, ha affermato simultaneamente il valore sia della castità consacrata sia del matrimonio.
Da ciò ne consegue che l’esercizio dell’attività genitale, che si esprime attraverso gli organi genitali, non è l’unico modo per esprimersi come uomo o donna e non è deterministicamente necessario che la singola persona eserciti l’attività genitale perché possa dirsi realizzata come
persona e vivere la propria sessualità. Ciò è vero a una condizione essenziale: la persona che rinuncia all’unione sessuale-genitale deve rimanere fedele alla sua propria struttura sessuale differenziata e realizzare in
modo diverso dall’unione genitale il senso profondo di tutta la sua sessualità, che è comunicazione, dialogo e dono di se stessa. Detto in altro
modo: l’attività sessuale-genitale non è l’unico modo di amare, di donarsi, di vivere lo spirito di famiglia98. Se non si coglie tale differenza non si
comprende la scelta della verginità fatta nella vita religiosa e sacerdotale:
il fatto di aver scelto di vivere la propria sessualità senza un’attività genitale non rende di certo né meno uomini né meno donne.
La sessualità è inscritta nell’essere umano, è quindi radicata nella natura umana, contrassegna tutto l’essere umano, ma nello stesso tempo
non lo esaurisce. Nessuno potrà vivere senza un corpo in questo mondo e nessuno potrà vivere se non essendo uomo o donna, ma l’essere persona è più grande e del corpo e della sessualità. Questa verità, evidente
in sé, comporta che nella gerarchia dei beni personali la sessualità, mentre inerisce alla persona nella sua globalità, non la esaurisce nella sua pienezza. Il bene totale della persona sta al primo posto con tutta la sua ricchezza trascendente e spirituale. Se perciò è vero che nessuno può rifiutare di essere uomo o donna, non è, però, altrettanto necessario né
possibile che l’esercizio genitale della sessualità esprima tutta la vita e che
ogni persona sia necessitata a esprimere la totalità delle sue capacità
sessuali. Anzi.
Se si considera la sessualità come dimensione costitutiva e relazionale
dell’io personale, si vedrà che l’“io” che attua un incontro profondo con
un “tu” può anche rinunciare per tutta la vita all’attuazione della sessualità genitale senza che ciò significhi impoverimento di sé. È quanto capita nella vita religiosa e sacerdotale: l’uomo fatto a immagine e somiglianza di Dio, fatto per il “Tu” di Dio, integra il suo “io” con il “Tu” trascendente anche durante la vita terrena. L’integrazione verginale con Dio
si fonda sulla relazionalità costitutiva della sessualità e allo stesso tempo
la manifesta. La storia ci presenta la vita di tante persone celibi, che attraverso questa “consacrazione a Dio” sono riuscite a realizzarsi pienamente, raggiungendo una perfezione eccelsa: la santità. Questo modo
di vivere la sessualità si capisce perché essa è primariamente e costitutiCfr. J.-M. AUBERT, L’exil féminin, Paris, Cerf, 1988, p. 192.
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vamente apertura, dono, amore. L’uomo è stato fatto per amore e per l’amore; la sua realizzazione consiste precisamente in donarsi e amare. Quando si apre agli altri e ama con generosità, l’amore diventa fecondo, tanto più fecondo quanto più largo è il raggio d’azione. L’amore di chi si sposa privilegia un numero ridotto di persone; l’amore del celibe per il Regno
dei cieli si volge interamente verso colui che è venuto al mondo per amore, e in Lui e come Lui ama tutti gli uomini.
Ciò che dà senso alla castità consacrata è la prospettiva del Regno dei
cieli: «vi sono altri che si sono fatti eunuchi per il Regno dei cieli. Chi può
capire, capisca» (Mt 19,12). San Paolo nella prima lettera ai Corinzi, capitolo 7, dice così: «Quanto alle vergini, non ho alcun comando dal Signore, ma do un consiglio, come uno che ha ottenuto misericordia dal
Signore e merita fiducia. Penso dunque che sia bene per l’uomo, a causa della presente necessità, di rimanere così. Ti trovi legato a una donna?
Non cercare di scioglierti. Sei sciolto da donna? Non andare a cercarla.
Però se ti sposi non fai peccato; e se la giovane prende marito, non fa peccato. Tuttavia costoro avranno tribolazioni nella carne, e io vorrei risparmiarvele [...] Io vorrei vedervi senza preoccupazioni: chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore;
chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa
piacere alla moglie, e si trova diviso! Così la donna non sposata, come
la vergine, si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa nel corpo e nello spirito; la donna sposata invece si preoccupa delle cose del
mondo, come possa piacere al marito. Questo poi lo dico per il vostro
bene, non per gettarvi un laccio, ma per indirizzarvi a ciò che è degno e
vi tiene uniti al Signore senza distrazioni» (1Cor 7,25-28.32-35). «Vorrei che tutti fossero come me; ma ciascuno ha il proprio dono da Dio, chi
in un modo, chi in un altro. Ai non sposati e alle vedove dico: è cosa buona per loro rimanere come sono io; ma se non sanno vivere in continenza, si sposino; è meglio sposarsi che ardere» (1Cor 7,7-9).
Questa estensione e amplificazione del senso della sessualità indica che
non possiamo ridurre la sessualità a una mera funzione biofisica del corpo. Infatti la sessualità abbraccia tutta la persona umana. Essere uomo
o essere donna appartiene all’essere costitutivo della persona. La sessualità, perciò, non è una condizione “aggiunta” della persona, ma è una determinazione fondamentale e centrale del suo essere umano. E allora l’influenza della sessualità nel mondo personale si ripercuote in tutte le
manifestazioni della vita personale e relazionale. Dal momento che il sesso non è qualcosa di accessorio per la natura dell’uomo e non è soltanto
una sua capacità funzionale, ma è radicato nella sua totalità personale, ne
deriva che il rapporto tra l’uomo e la donna può essere realizzato nella
maniera giusta unicamente come comunione personale.
Qui trova anche fondamento il fatto che la sessualità sia “immagine”
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della Trinità. Se Dio non è sessuato, come può essere la sessualità umana immagine di Dio? La risposta si trova, appunto, nel carattere relazionale della sessualità. Come il Padre è per il Figlio ed il Figlio per il Padre ed entrambi per lo Spirito Santo e lo Spirito Santo per entrambi, così in modo analogo il maschio è per la femmina e la femmina per il maschio.
La sessualità mostra che essere persona non è essere autosufficiente, chiuso nel proprio guscio, ma sempre un essere per l’altro. L’uomo è immagine e somiglianza di Dio perché la sessualità umana prima e soprattutto più che una struttura biologica è un dato della nostra natura umana,
e l’essenziale di questa natura è l’apertura, la donazione, l’intersoggettività, la relazione, l’uscire da sé e l’aprirsi all’altro.
La sessualità umana si configura, secondo la Genesi, come relazionalità perché voluta e creata “a immagine e somiglianza” di Dio, che è UniTrinità di relazioni di amore. Esiste, quindi, una perfetta, anche se misteriosa, analogia tra la relazionalità sessuale umana e quella divina,
perché ponendosi Dio come modello esemplare e causale della coppia le
indica il procedere più perfetto e qualificante della realizzazione dell’umano secondo la sua particolare natura sessuata, irriducibilmente relazionale. L’umano è “a immagine e somiglianza di Dio” non solamente
perché è strutturato nel suo “essere” duale, cioè contraddistinto nei
due poli sessuati, ma perché orientato essenzialmente nel suo “divenire”,
nel cercare il suo compimento attraverso l’agire sessuale, raggiungendo
l’unità e pienezza dell’umano analogamente all’unità e pienezza di Dio.
L’essere umano si attua, e soprattutto si perfeziona, quando le due persone sessuate consentono di provocare le loro innate e potenziali capacità di reciproca apertura e di dono interpersonale, offerto dalla loro costituzione sessuata, per realizzare attraverso un’intrinseca e irriducibile
comunicabilità sessuale, la più intima e totale comunione di amore sul
modello della relazionalità e dell’amore di Dio99.
2) Sessualità e disordini morali sessuali
Sul piano antropologico, sviluppo e maturità sessuale tendono verso
una crescente integrazione della sessualità nella totalità della persona. Per
contro, l’isolamento egoistico della sessualità si oppone all’integrazione
e genera neurosi. La disintegrazione della sessualità per l’esclusione dei
rapporti interpersonali significa una regressione e un disordine; in fin dei
conti è una svalutazione della sessualità in quanto disumanizzazione della stessa100.
Da ciò deriva l’aspetto etico: tutta la vita sessuale dovrà essere ac199
100
Per l’ultimo brano, cfr. G. BONOMI, «Piacere sessuale», cit., p. 1370.
V.E. FRANKL, Das Leiden..., cit., p. 23 (tr. La sofferenza..., cit., p. 22).
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compagnata dalla libertà responsabile. Responsabilità vuol dire accettare e vivere la sessualità per quello che essa è – come dimensione costitutiva di uno spirito incarnato – e per quello che essa comporta nei suoi
significati e conseguenze. È vero che la persona non esaurisce tutto il suo
essere nella sessualità, ma è altrettanto vero che la sessualità implica e
coinvolge tutta la persona. Il fatto che la sessualità non si possa ridurre
alla genitalità non significa che, una volta che la genitalità venga esercitata, non impegni tutta la persona. Io sono libero di aderire a un’associazione sportiva, non sono obbligato né necessitato, né vivo soltanto per
fare sport, ma una volta che decido di aderire sono tenuto ad adempiere
e rispettare i regolamenti statutari che determinano la natura dell’associazione; la mia adesione non mi impegna soltanto nell’atto puntuale di
prendere la tessera, ma per tutto il tempo che dura l’adesione. La morale non è così frutto di una costrizione esterna a me, ma piuttosto la realizzazione della pienezza del mio essere nella consapevolezza dell’agire.
Perciò, in materia di morale sessuale, l’illiceità non deriva tanto da una
norma “esterna” di tipo religioso, quanto dalla natura intrinseca della sessualità umana; in questo campo si tratta di comportamenti valutati dalla
“legge morale naturale”, che possono poi essere convalidati da una legge positiva “religiosa”. I criteri etici qui presentati scaturiscono dall’ambito proprio della natura umana. Il cristianesimo, per essere fedele al messaggio rivelato, deve cominciare col riaffermare i valori propri della natura umana nella sua integrità ed essere fedele a questa natura dell’uomo,
cosciente che sia il messaggio rivelato sia la creazione naturale hanno come autore lo stesso Dio.
Da questa visione antropologica della sessualità derivano alcune conseguenze sul piano etico101. La morale sessuale si riferisce alla totalità della persona, corpore et anima unus. Il giudizio morale, dunque, non va ridotto né ai soli dati biologici, né alla pura soggettività psichica senza riferimento ai dati biologici. La masturbazione 102 è intrinsecamente negativa
perché implica strutturalmente un ripiegamento egoistico dell’individuo
su se stesso. È così che nell’atto di autoerotismo la persona manifesta un
comportamento egocentrico, contrario al senso dialogico e aperto proprio della sessualità103. «In che cosa consiste l’atto impuro? Si può ben
101
Non entro qui nel merito di stati soggettivi e di condizioni patologiche che sicuramente influiscono nel determinare la moralità dell’atto e che devono esser presi in considerazione nella cura pastorale; mi riferisco semplicemente al dato obiettivo. Per questi problemi vedi CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Persona humana, cit., 77-96.
102
Cfr. N. DE MARTINI, Sessualità linguaggio d’amore, Cinisello Balsamo (MI), San Paolo, 19936,
pp. 214ss.
103
A. VALSECCHI, Nuove vie dell’etica sessuale. Discorso ai cristiani, Brescia, Queriniana, 1972, pp.
161-162: «È stata la concezione “personalistica” della sessualità [...] a fornire una possibilità di sostegno razionale alla condanna tradizionalmente espressa contro la masturbazione [...] La nuova visione della sessualità, come funzione intersoggettiva e potenza di oblatività e di dialogo sociale, non
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dire, nell’abuso degli organi sessuali per un’attività completamente distaccata dal tu, e perciò nella mancanza di rispetto al significato della sessualità e quindi all’integrità dell’uomo»104. Il disordine della masturbazione pare proprio lo si debba collocare nella violazione di quest’ordine
umano che vuole, nell’esercizio della sessualità – anche biologica –, il rapporto con un altro e che questo rapporto possa dirsi un rapporto d’amore. Non è tanto la frustrazione della finalità biologica che rende illecita la masturbazione, ma l’assenza di un vero partner amato105. Il grave
disordine morale della masturbazione si basa fondamentalmente sul
suo carattere di atto sessuale imperfetto e insoddisfacente poiché esclude l’orientamento essenziale di amore all’altro e distorce così la struttura biologica stessa.
Un discorso analogo vale per la fornicazione, ossia per i rapporti sessuali effettuati a scopo di puro piacere, e anche per i cosiddetti rapporti
prematrimoniali. La illiceità della fornicazione106 consiste nel fare della
persona un oggetto, nell’essere contrari al carattere dialogico della sessualità e nell’operare una divisione all’interno della persona. L’uomo che
attua questo tipo di rapporti dissocia il suo spirito dal suo corpo. L’atto
sessuale dovrebbe essere espressione della totalità della persona ed invece è soltanto un gesto biologico; dovrebbe essere dono e comunicazione di sé a un “tu” e invece è solo ricerca egoistica del piacere e strumentalizzazione della persona. Ciò non è soltanto negativo dal punto di
vista etico, ma paradossalmente è anche una negazione dello stesso piacere sessuale che, ricercato per se stesso, tende a svalutarsi e a rimanere
insoddisfatto. Infatti, quanto più si concentra l’attenzione nel piacere,
tanto più lo si distrugge e allontana; quanto più è distolta l’attenzione dal
“tu” con il quale si dovrebbe vivere la relazione, tanto più è compromesso
lo stesso atto sessuale, generando insoddisfazione e ripetizione anche masochista. Anche coloro che cercano il solo piacere sessuale dovrebbero
rendersi conto che è nell’interesse dello stesso piacere favorire contatti
sessuali che trascendano il livello puramente genitale e si collochino a un
livello interpersonale. Con acutezza, avallata dall’esperienza, Viktor Frankl
può non respingere il comportamento autoerotico, che da se stesso appare solipsistico e privo di
qualsiasi apertura comunionale».
104
F. VON GAGERN, L’epoca della maturazione sessuale, Torino, Borla, 1966, p. 154. Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, cit., 2352: «Per masturbazione si deve intendere l’eccitazione volontaria
degli organi genitali, al fine di trarne un piacere venereo».
105
Catechismo della Chiesa Cattolica, cit., 2352: «“Qualunque ne sia il motivo, l’uso deliberato
della facoltà sessuale al di fuori dei rapporti coniugali normali contraddice essenzialmente la sua
finalità”. Il godimento sessuale vi è ricercato al di fuori della “relazione sessuale richiesta dall’ordine morale, quella che realizza, in un contesto di vero amore, l’integro senso della mutua donazione
e della procreazione umana” [Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Persona humana, 9]».
106
Ibid., 2353: «La fornicazione è l’unione carnale tra un uomo e una donna liberi, al di fuori del
matrimonio. Essa è gravemente contraria alla dignità delle persone e della sessualità umana naturalmente ordinata sia al bene degli sposi, sia alla generazione e all’educazione dei figli».
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dice: «In seguito ad esperienze decennali nel campo clinico sento di poter affermare con tutta onestà che i disturbi della potenza e dell’orgasmo,
nella maggioranza dei casi, sono da ricondurre ad un tale modello di reazione: la sessualità, cioè, è disturbata nella misura in cui si rinforza la sua
intenzione e si concentra su di essa l’attenzione. Quanto più si distoglie
l’attenzione dal proprio partner e la si rivolge all’atto sessuale in se stesso, tanto più il rapporto sessuale è handicappato»107.
Pure nel caso dei rapporti prematrimoniali 108, dove ci sia un impegno
serio di sposarsi, il gesto rimane contrario all’unità e totalità dell’uomo
perché da una parte si dona totalmente il corpo, dall’altra non esistono
le condizioni oggettive per un’effettiva e totale donazione della persona; l’atto fisico si svolge al presente, l’atto personale nel futuro: “ti sposerò”. In una concezione antropologica rispettosa della totalità della persona il rapporto sessuale si afferma quale espressione di una comunione
tra i due voluta e decisa come totale e definitiva. Per questa ragione esso va collocato in quella situazione di totale e definitiva donazione che si
realizza nel matrimonio. Al di fuori di esso, infatti, «per quanto sia fermo il proposito di coloro che si impegnano in tali rapporti prematuri»,
non potrà essere sufficientemente assicurata «nella sua sincerità e fedeltà
la relazione interpersonale di un uomo e di una donna»109. Non si tratta
soltanto di fornire garanzie giuridiche alla serietà dell’impegno, ma anche,
e ben più essenzialmente, di assicurare un adeguamento ontologico tra
la significatività del gesto sessuale e la vita dei due partner. L’essere umano è fatto in modo tale che attraverso i “gesti” del corpo consegna le
interiori decisioni dello spirito; ora, il rapporto sessuale è un “gesto” che
esprime la reciproca donazione in modo così totale da fare dei due un essere solo. Sarà dunque un gesto “vero”, e cioè adeguato alla realtà esistenziale dei due partner, solo quando si trovi a esprimere il dato di un
loro impegno totale, secondo ogni loro dimensione. In caso contrario,
come espressione totale di un dono che di fatto non è totale, diventerebbe
– almeno per quanto riguarda i fatti e al di là delle buone intenzioni –
una menzogna.
Ugualmente il comportamento omosessuale110 è strutturalmente negativo perché la sessualità ha un orientamento oggettivo eterosessuale
non soltanto fisico, ma pure psichico e spirituale. Perciò il comportamento omosessuale implica un rifiuto oggettivo dell’alterità fisica, psico-
V.E. FRANKL, Das Leiden..., cit., p. 23 (tr. La sofferenza..., cit., p. 22).
Cfr. N. DE MARTINI, Sessualità linguaggio..., cit., pp. 256ss.
CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Persona humana, cit., 7, § 2.
110
Per la trattazione della tendenza omosessuale vedi all’inizio di questo capitolo il paragrafo «Stati d’intersessualità biologici e psichici»; qui si parla del “comportamento”, cioè di atti di qualsiasi tipo posti in essere. CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Homosexualitatis problema, cit.,
543-554.
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logica e spirituale intrinseca alla sessualità; questo rifiuto fa sì che, «secondo l’ordine morale oggettivo, le relazioni omosessuali siano atti privi
della loro regola essenziale e indispensabile»111. L’omosessualità non esprime un’unione complementare ma è fondamentalmente caratterizzata dall’autocompiacimento che impedisce la realizzazione vera della persona.
La diffusione sempre più ampia di questo comportamento impone
qualche ulteriore precisazione112. Dal punto di vista fisicista e biologico
si dirà che il comportamento omosessuale è negativo soltanto perché contraddice la complementarità fisiologica dei sessi ed esclude la fecondità
biologica. Questo tipo di argomentazione certamente ha una verità, ma
fonda il criterio morale esclusivamente nel dato biologico. L’uomo in
quanto dotato di ragione trascende, però, l’ordine biologico. Il criterio
biologico gioca certamente un ruolo, ma da solo non è sufficiente. All’opposto estremo, dal punto di vista puramente soggettivo, si cerca di
trovare nella pura libertà individuale il criterio sufficiente della moralità.
In questa visione le strutture biologiche sono elementi “infra-umani” e
non si può trovare un criterio di giudizio del comportamento omosessuale nei dati biologici e fisiologici della sessualità umana. Ciò che importa non è ciò che l’individuo “è” (maschio o femmina), ma ciò che “decide” di essere usando la forza della sua libertà. Ciò quindi che è significativo sul piano morale è il ruolo maschile o femminile che il soggetto
libero adotta in modo autentico e responsabile, indipendentemente dal
suo essere biologico.
Mi pare che la risposta soggettivista al problema omosessuale sia inumana tanto quanto la posizione biologista. L’uomo viene trattato come
se fosse una pura libertà angelica, senza concreto rapporto con la sua incarnazione corporale e con la realtà delle tendenze biologiche. In realtà,
la soluzione corretta del problema è molto più agile ed equilibrata. Grosso modo consiste nell’affermazione dell’importanza dell’ordine biologico, non in sé ma in riferimento alla vocazione della libertà. Si tratterà di
mostrare che, tenendo conto delle connotazioni biologiche e fisiologiche,
ciò che è in gioco, sul piano morale, è il modo in cui la libertà assume o
meno il rapporto della persona umana, spirituale e corporale insieme, come vera alterità. Come si può mostrare a un livello semplicemente psicologico, la relazione omosessuale costituisce un vicolo cieco a livello del
senso o della vocazione della libertà, perché in una tale relazione la persona adotta un comportamento di apertura radicale, cioè l’offerta del proprio corpo e della propria affettività113, in un contesto che contraddice
IDEM, Persona humana, cit., 8.
Cfr. J. DE FINANCE, Essai sur l’agir..., cit., pp. 115ss (tr. Saggio sull’agire..., cit., pp. 124ss). Per
l’applicazione all’omosessualità seguo A. LÉONARD, Le fondement..., cit., pp. 157-160 (tr. Il fondamento..., cit., pp. 134-137).
113
Cfr. S. LEONE, Etica della vita affettiva, Bologna, Ed. Dehoniane, 2006.
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però radicalmente questa apertura. L’altro, infatti, essendo dello stesso
sesso, non è veramente atto a ricevere l’offerta del proprio corpo, e tutti e due non possono aprirsi insieme alla nuova alterità di una terza persona: il figlio. D’altronde, il comportamento omosessuale rimane prigioniero del narcisismo tanto sul piano morale quanto su quello psicologico. Un giudizio morale della condotta omosessuale deve congiungere
l’ordine biologico e il dinamismo della libertà in interazione tra loro. Così viene evitato il riduzionismo sia del biologismo sia della pura soggettività114.
In questo contesto conviene fare breve menzione della distinzione tra
matrimonio e unione omosessuale. Dal punto di vista etimologico la parola “matrimonio” viene dal latino matris munus, “compito della madre”,
ovvero anche matrem munere, “proteggere la madre”. L’etimologia indicherebbe una relazione diretta tra l’alleanza d’amore dei due (uomo e
donna) nell’eterosessualità e il compito della maternità/paternità che da
essa scaturisce. Nel diritto romano un matrimonio era ritenuto iustum,
vale a dire legittimo, solo nel momento in cui erano rispettate alcune condizioni fondamentali. Quattro, in particolare, erano i presupposti giuridici: la capacità di unione sessuale tra i coniugi, l’esogamia, la monogamia ed il conubium.
La capacità di unione sessuale, componente fondamentale se si considera che la finalità del matrimonio era la prole, veniva data da tre elementi: l’eterosessualità, il raggiungimento da parte di entrambi i coniugi dell’età pubere, la concreta attitudine al congiungimento sessuale. L’esogamia è il principio in base al quale un individuo è tenuto a sposarsi
con qualcuno che non appartenga al suo gruppo (famiglia, clan, tribù),
cioè tra i due coniugi non ci deve essere alcun legame di parentela. Il principio di monogamia, invece, stabiliva che non si poteva avere più di un
coniuge. Il conubium consisteva nel possedere le capacità di contrarre
matrimonio. Cioè, laddove oggi si parla di assenza di impedimenti e quindi in senso negativo, i romani parlavano di possesso del conubium, in senso positivo; per esempio, lo status di schiavo, l’appartenenza a diversi ordini sociali, determinati rapporti di parentela escludevano il possesso del
conubium. Al conubium era legata l’affectio maritalis, ovvero l’amore
114
Catechismo della Chiesa Cattolica, cit., 2357: «La Tradizione ha sempre dichiarato che “gli
atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati” [Congregazione per la Dottrina della Fede,
Dich. Persona humana, 8]. Sono contrari alla legge naturale. Precludono all’atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono
essere approvati»; n. 2358: «Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze
omosessuali profondamente radicate. Questa inclinazione, oggettivamente disordinata, costituisce
per la maggior parte di loro una prova. Perciò devono essere accolti con rispetto, compassione,
delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. Tali persone sono
chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della
croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione».
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coniugale. Nelle unioni omosessuali l’attenzione si polarizza nell’amore
(anch’esso sprovisto di ogni criterio oggettivo) dimenticando tutti gli altri componenti essenziali. Perciò non si può propriamente parlare di “matrimonio” omosessuale. Ciò non significa «impedire che lo Stato cerchi
di dare una risposta a situazioni nuove presenti nella società, riconoscendo
alcuni diritti civili a persone anche dello stesso sesso che hanno deciso di
mettere insieme le proprie vite. Quello che preme soprattutto [...] è che
questo non si traduca in un indebolimento dell’istituto familiare, già tanto minacciato nella cultura moderna. Si sa che il modo migliore di estenuare una realtà o una parola è quello di dilatarla e banalizzarla, facendole abbracciare cose diverse e tra loro contraddittorie. Questo avviene
se si equipara la coppia omosessuale al matrimonio tra uomo e donna. Il
senso stesso della parola “matrimonio” – dal latino “compito della madre” (matris munus) – rivela l’insensatezza di tale progetto. Non si vede, oltre tutto, il motivo di questa equiparazione, potendosi salvaguardare i diritti civili in questione anche in altri modi. Non vedo perché questo dovrebbe suonare un limite e un’offesa alla dignità delle persone
omosessuali, che tutti oggi sentiamo il dovere di rispettare e amare e di
cui, in alcuni casi, conosco personalmente la rettitudine e la sofferenza»115.
Riguardo alla contraccezione “artificiale”116 si può dire che, malgrado le
apparenze ingannatrici suscitate dal vocabolario usato, non è il semplice fatto di essere “artificiale” che fonda il giudizio morale su di essa. La
vera posta in gioco non è biologica ma spirituale: si esime il comportamento sessuale dalla sua responsabilità immediata di poter essere causa
di una nuova vita; lo si esonera dal suo compito di essere responsabile e
di agire o non agire in base a questa responsabilità. Nella contraccezione, l’atto sessuale chiamato, per natura intrinseca, a essere posto in collegamento alla libertà e alla decisione responsabile è posto slegato da esse; “l’artificio” agisce da sé e rende inutile la modificazione del comportamento sessuale.
d. Caratteri specifici della sessualità umana:
fattori relazionali e personalizzanti
Tutto questo capitolo è stato indirizzato a mostrare che la sessualità
nella persona non è qualcosa di materiale, corporale, esterno all’essere
umano, ma una realtà profonda, intima, che inonda tutto il suo essere e
tutte le dimensioni della personalità. Anche se con alcune analogie, nel115
R. CANTALAMESSA, Commento alla liturgia della domenica, 31 dicembre 2006.
Cfr. M. RHONHEIMER, «Anticoncepción...», cit., pp. 435-452 (tr. «Contraccezione...», cit.,
pp. 435-452).
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la persona gli aspetti biologici hanno un senso diverso da quanto avviene nel mondo animale, e questo perché la natura biologica è unita, nell’uomo, con la natura dello spirito, dando luogo alla natura umana e alla persona. La sessualità riguarda la persona nella sua unitotalità di corpo e spirito, perciò il rapporto sessuale rientra nella categoria dell’essere
persona e non dell’avere cose. Ora quello che non si ha non si può né usare né far usare; l’unico modo di relazione è il dono di amore.
Per illustrare ulteriormente il concetto prendiamo, per il suo alto contenuto simbolico, tre aspetti dell’attività sessuale umana. Si tratta dell’incongruenza delle curve di eccitazione maschile e femminile, dell’assenza dei periodi di estro, del fenomeno dell’eccitazione e dell’emozione. La struttura istintiva umana, una realtà nell’apparenza puramente
animale, contiene sorprendenti riferimenti a ciò che è tipicamente umano e trascende l’esperienza istintiva. L’indole sessuata dell’essere umano
e della facoltà umana di generare sono differenti e superiori a quanto avviene negli stadi inferiori della vita117. Propriamente parlando, «nessuna
condotta dell’uomo è il risultato di un semplice meccanismo corporeo
[...] tutti i nostri gesti partecipano a modo loro a questa unica attività di
spiegazione e di significazione che siamo noi stessi»118. Psicologi e biologi sono d’accordo con queste parole di Merleau-Ponty, e numerose analisi dimostrano che l’attività sessuale umana non può essere compresa come un concatenamento automatico di riflessi istintuali. José Antonio Marina sostiene che la sessualità è un fenomeno «privilegiato per lo studio
della trasformazione dell’animale in essere umano [...] l’impulso animale si umanizza nell’essere sottomesso a delle regole»119, si umanizza perché la dimensione spirituale umana lo fa “umano” e non più “animale”.
1) L’incongruenza delle curve di eccitazione maschile e femminile
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Dagli studi di anatomia e fisiologia della relazione sessuale umana è
nota la differenza nell’eccitazione sessuale maschile e femminile120. Ogni
persona risponde in modo diverso allo stimolo sessuale, ma esiste uno
schema applicabile alla maggior parte delle persone nella maggior parte
dei casi. Questo schema prevede tre fasi: desiderio, eccitazione, orgasmo;
ogni fase è distinguibile dall’altra sulla base di precise risposte fisiche. Le
capacità di rispondere sessualmente variano anche in base all’età delle
persone. Quando il desiderio si trasforma in stato di eccitazione si veri-
Cfr. CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Gaudium et spes, 51.
M. MERLEAU-PONTY, Signes, Paris, Gallimard, 1960, pp. 287, 290.
J.A. MARINA, El rompecabezas de la sexualidad, Barcelona, Anagrama, 2002, pp. 13-14.
120
Cfr. W.H. MASTERS - V.E. JOHNSON, Human Sexual Response, Boston, Little, Brown & Co.,
1966; H.S. KAPLAN, Nuove terapie sessuali, Milano, Bompiani, 20029.
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ficano diverse modificazioni fisiche. Tra le più evidenti si trovano l’accumulo di una quantità maggiore di sangue nella zona genitale, sia dell’uomo che della donna, e una involontaria tensione muscolare in tutto il
corpo, detta “miotonia”, che diminuisce dopo l’orgasmo e quindi scompare. L’eccitazione maschile si produce velocemente e allo stesso modo
scende d’intensità rapidamente; nella donna, al contrario, l’eccitazione e
il ritorno alla normalità sono più lenti e lunghi; essi seguono un andamento ondulatorio ascendente e discendente che può raggiungere, nello
stesso atto sessuale, più volte l’apice dell’orgasmo senza che si verifichi il
fenomeno del “periodo refrattario” tipico dell’orgasmo maschile (durante
il quale è molto difficile avere una erezione). Il periodo refrattario può
durare minuti o ore, con la regola generale che più l’età è avanzata, più
a lungo dura questo periodo. La donna, invece, può continuare e, con
un’adeguata stimolazione, raggiungere orgasmi ripetuti.
Chi giudicasse queste incongruenze e mancanze di sintonizzazione nella struttura istintiva dell’uomo e della donna soltanto dal punto di vista
fisiologico potrebbe concludere che esiste un’imperfezione nella natura, e che per questa incongruenza uno dei due (per lo più la donna) si potrebbe sentire frustrato nella realizzazione dell’atto sessuale. Se ciascuno
dei due, nell’esercizio di questa attività, pensasse soltanto a se stesso, sicuramente lascerebbe l’altro insoddisfatto.
Ma se prendiamo la sessualità umana in ciò che essa è, vediamo che
le leggi fisiologiche manifestano qualcosa che le trascende. Infatti, la diversità nelle curve di eccitazione maschile e femminile, così come le differenze anatomiche e fisiologiche, invitano l’uomo e la donna a non lasciarsi trascinare dall’istinto in maniera “animale e cieca”, e offrono ad
entrambi la possibilità di realizzare l’atto in forma “umana”. Mentre gli
animali si accoppiano solo per istinto con fini meramente riproduttivi,
nella persona l’atto sessuale ha anche lo scopo di esprimere l’unione personale e di renderla più intima. Il proprio del “coito” (da co-ire, andare
insieme) è di portare la dualità all’unità; ciascuno è in simpatia e in empatia con ciò che prova l’altro. «Conduttore del gioco, l’uomo riesce
profondamente quando, invece di inventare o di imporre un ritmo, scopre nell’altra una lunghezza d’onda che lui stesso sposa»121.
121
H. VAN LIER, L’intention sexuelle, Paris, Casterman, 1968, p. 62. Ecco la testimonianza di una
coppia sposata da ventidue anni: «Noi facciamo di ogni atto coniugale un atto d’amore. È sufficiente
arrivare a desiderarlo insieme, cosa che rispecchia ora la nostra situazione, e per questo prestare una
grande attenzione al coniuge. Arriviamo il più delle volte alla soddisfazione simultaneamente. È estremamente importante, altrimenti ci si sente tutto a un tratto soli, separati dall’altro, abbandonati. Per
pervenirvi, bisogna essere molto attenti l’uno all’altra e metterci del tempo. Non posso provare piacere senza un certo clima, senza tenerezza, senza carezze preliminari (ecco quello che noi non sapevamo all’inizio del nostro matrimonio). Bisogna dunque trovare l’accordo, e per questo provare
un grande amore l’uno per l’altra. La soddisfazione personale e quella del coniuge si corrispondono. Per far riuscire un atto coniugale, bisogna che ciascuno pensi all’altro più che a se stesso, al pia-
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Nell’atto coniugale è nota l’importanza, sia per l’arricchimento dell’incontro che per l’accrescimento del godimento, di quelli che vengono
chiamati “giochi erotici”, o “preludi” (dal latino praeludere; ludus: gioco). Lo affermano psicologi e ne dà testimonianza diretta Xavier Lacroix,
dottore in teologia, sposato, padre di tre figli, cattolico impegnato, direttore dell’Istituto di scienze della famiglia presso l’Università cattolica
di Lione: «Giochi di mani, giochi di labbra, insistenze, reticenze, audacie... non sono dileggio ma addolcimento, stupore, scoperta. Ai confini
del pudore e dell’impudicizia, i partner giocano con i limiti e tengono
lontana la sazietà»122. Uno degli inconvenienti della “rivoluzione sessuale” è stato quello di ridurre l’atto sessuale al solo momento orgasmico,
a detrimento di altri aspetti che portano alla comprensione del partner,
come i preludi ed altre espressioni di tenerezza. «L’orgasmo è solo un piccolo momento dell’amplesso e sarebbe fare ingiuria agli amanti il votarli alla ricerca di un’unica sensazione»123. Se l’atto sessuale non è frutto
di un cammino comune, l’incontro rischia di ridursi a due masturbazioni sincrone.
Questo ragionamento ci porta a sostenere che la sessualità umana ha
una specificità: il suo esercizio implica la presenza dell’uomo intero e la
trascendenza della pura natura biologica, l’atto coniugale deve essere sempre un “atto umano”. La condizione umana del corpo è qualcosa in
più, è qualcosa di distinto dalla pura naturalità. Questa condizione significa che in ogni istante l’uomo è chiamato a proiettarsi verso quello
che è lo specifico della sua umanità, e dunque a trascendere la pura naturalità biologica124. Mentre nell’animale l’istintivo e il naturale coincidono, nell’uomo il naturale è più ampio e va oltre l’istinto, perché la
sua “natura” non è soltanto biologica, ma anche razionale. La “natura
umana” è l’uni-totalità di materia e spirito, e perciò il “naturale” nell’uomo non può essere ridotto all’istinto. Questa verità, che è valida per
l’intera persona umana, lo è pure per il suo aspetto “corporale”, perché
il corpo con la sua libido è manifestazione dell’uomo, e come l’uomo nella sua integrità è un essere dialogale, aperto all’altro, così lo è anche
nella sua corporeità sessuata.
La diversità nella complementarità della natura sessuale maschile e femminile impedisce, dunque, di lasciarsi dominare soltanto dall’istinto, e
non per “ragioni superiori” ma per se stessa. La diversità sessuale è una
cere dell’altro più che al proprio. Quando ci si ama molto, uno sente la gioia dell’altro quanto la propria» (Alliance [1980], 9-10, 13, citato da X. LACROIX, Le corps de chair, cit., [tr. Il corpo di carne,
cit., p. 139]).
122
Ibid., p. 38 (tr., p. 35).
123
P. BRUCKNER - A. FINKIELKRAUT, Le nouveau désordre amoureux, Paris, Seuil, 1977, p. 258 (tr.
Il nuovo disordine amoroso, Milano, Garzanti, 1979).
124
K. WOJTYLA, Amore e responsabilità, cit., pp. 263ss.
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sfida che chiede una risposta responsabile. Espone l’uomo al fallimento
o al trionfo nella realizzazione della sua sessualità. E, comunque, presenta
la possibilità di una comunicazione umana e non soltanto di una copula
animale. Per se stessa, e non per una riflessione superiore di carattere religioso, la struttura sessuata dell’uomo ha una dignità e una nobiltà proprie, in quanto elemento fondamentale dell’uomo. Non sono dunque le
decisioni etiche che nobilitano la sessualità umana, ma è la struttura stessa di questa sessualità che impone all’uomo intero un atteggiamento etico.
Questo è lo specifico della sessualità umana; è umana perché diretta
non solo dall’intelletto e dalla volontà, ma dalla sua stessa natura. Quando la libido umana vuole se stessa, non può volersi in esclusiva, ma deve
aprirsi all’altro. La sessualità umana deve portare sempre in sé l’elemento “diaconico” per non rimanere sterile e deformata. L’incongruenza della natura nelle curve di eccitazione sessuale maschile e femminile
potrà essere un’imperfezione a livello biologico-naturale, ma non lo è a
livello umano; precisamente per questa incongruenza si trascende l’automatismo dei processi istintivi animali e l’uomo è umano nella sua sessualità. Questa caratteristica diaconica della sessualità fa sì che, nella realizzazione dell’atto sessuale, l’uomo e la donna si aprano amorevolmente l’uno all’altra e, tenendo presente la diversità nei ritmi, diano spazio
a quell’affettività generale e integrativa della copula sessuale che va oltre l’eccitazione e coinvolge l’emotività125.
2) L’assenza dei periodi di estro
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Questa è un’altra caratteristica della sessualità umana che manifesta
il modo nel quale i fenomeni fisiologici, per il fatto di appartenere al corpo umano, trascendono un’interpretazione puramente fisiologica. Nell’animale l’attività istintiva sessuale ha un carattere totalmente automatico e determinato. L’incontro del maschio con la femmina in estro non
è subordinato a nessuna decisione o scelta; ha qualche cosa di fatale.
Allo stesso modo il ritmo dei periodi di estro è regolato in maniera automatica e ciclica.
Questo carattere automatico non si riscontra nell’uomo. Non esiste nell’uomo “normale” nessuna attività istintiva vincolante per sé. La ragione
di questo, riguardo alla sessualità, è l’assenza dei periodi di estro; al più
esistono determinati stimoli ormonali, che si manifestano nell’intensificazione dell’istinto. In virtù di quest’assenza l’uomo sfugge al ciclo deterministico del tempo.
125
L’elaborazione di una visione unificante del dinamismo pulsionale all’interno della totalità corporeo-spirituale dell’uomo è l’oggetto dell’opera di Y. LEDURE, Transcendances..., cit. (tr. Trascendenze..., cit.).
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In modo analogo a ciò che si è visto per quanto riguarda le curve di eccitazione maschile e femminile, questa assenza dei periodi di estro, e quindi l’esclusione del ritmo deterministico della natura, potrebbe sembrare,
a prima vista, un difetto e una mancanza. Si potrebbe anche porre la questione se si tratti di un superamento o di una retrocessione rispetto al livello animale. La domanda è importante soprattutto se si considerano
l’instabilità e il disordine che si susseguono nell’uomo per la mancanza
di questi ritmi. Tra le persone umane si danno l’abuso, lo stupro, l’imposizione, la violenza; tutti aspetti negativi che l’animale si risparmia. A
differenza dell’uomo, l’animale difficilmente può sbagliare o fallire in
campo sessuale.
L’esclusione dell’uomo dalla determinazione istintiva non è un minus, ma un’altra opportunità come segno della sua grandezza. La diminuzione della sua potenza come essere naturale offre l’opportunità di
orientarsi verso la sua autodeterminazione. La vita non gli viene data
già organizzata né determinata per il ciclo degli istinti; così l’uomo è esposto al rischio, e ha l’opportunità e il dovere di chiedersi quale sia il senso della sua attività sessuale. Con ciò, la possibilità di sbagliare si converte
in privilegio del quale gode soltanto l’uomo: errare è umano.
La mancanza di determinazione della forza naturale della sessualità
umana produce, paradossalmente, una forza di umanizzazione. “Siamo
per forza liberi”. Il passaggio dalla determinazione naturale ad attuazioni consapevoli e responsabili è una capacità dell’uomo e allo stesso tempo un’obbligazione. Questo passaggio, che indichiamo col nome di “autotrascendenza” dell’uomo, è già presente nella struttura istintiva sessuata
della persona. Mentre nell’animale l’uso degli organi sessuali è istintuale e normale appena sono arrivati alla maturità fisiologica-funzionale, nell’uomo tutto questo deve essere inserito in un contesto di maturità psicologica, spirituale e morale, dato che l’unione corporeo-genitale deve
esprimere l’unione di due persone mature. La sessualità umana, dunque,
è sottratta al ritmo biologico istintivo e si colloca al livello del dono reciproco di due persone. «Perché l’esperienza della sessualità non diventi inevitabilmente fallimentare è necessario inserirla nel complesso della
motivazione umana, agganciarla e porla a servizio di motivi che, non obbedendo all’impulso del momento, sfuggono alla legge dell’entropia e
dell’abitudine, e, quando sono soddisfatti, crescono. Tali bisogni “di crescita” possono essere, ad esempio, la donazione personale, la collaborazione per raggiungere assieme al coniuge degli scopi a lunga portata, per
realizzare insomma una “vita a due”»126.
126
A. RONCO, «La realtà biologica e psicologica della sessualità umana. Elementi per una sintesi
in funzione pedagogica», in Orientamenti pedagogici, 63 (1964), 575.
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3) L’eccitazione, il sentimento e l’emozione
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L’essere umano è soggetto a particolari reazioni in occasione dell’incontro tra mascolinità e femminilità. Questo problema, che appartiene
più alla psicologia che alla biologia, è in stretto rapporto con la padronanza di sé. Un’attenta analisi della psicologia umana dimostra che nelle relazioni interpersonali, in cui si esprime l’influsso reciproco della mascolinità e della femminilità, si produce nella persona una triplice reazione: l’eccitazione, il sentimento e l’emozione.
Queste tre reazioni, benché appaiano insieme, si possono distinguere
riguardo al loro oggetto. La differenza oggettiva tra l’uno e l’altro genere di reazioni consiste nel fatto che l’eccitazione è anzitutto “biologica”,
ed in questo senso “sessuale”; il sentimento e l’emozione, invece, sebbene suscitati dalla reciproca reazione della mascolinità e femminilità,
si riferiscono soprattutto all’altra persona intesa nella sua integrità. L’eccitazione cerca anzitutto di esprimersi nella forma del piacere sensuale
e corporeo e tende all’atto sessuale. Invece il sentimento e l’emozione
provocati da un altro essere umano, anche se condizionati dalla femminilità o mascolinità dell’altro, non tendono di per sé all’atto sessuale,
ma si orientano ad altre manifestazioni affettive.
Come concepire la relazione tra eccitazione, sentimento ed emozione?
Da un punto di vista, sembra che l’eccitazione, sorta da una determinata percezione visiva, tattile, olfattiva ecc., susciti nell’organismo dei processi ormonali e psichici che provocano il sentimento (espresso in forma
di desiderio) e l’emozione. Da un’altra prospettiva, però, pare che l’eccitazione non stia al primo ma all’ultimo posto. La percezione della bellezza di una persona farebbe sorgere uno stato sentimentale ed emotivo
profondo, provocando un movimento affettivo globale nel soggetto che
conduce all’eccitazione sessuale. Per il primo punto di vista l’eccitazione
è la causa dell’emozione affettiva; per il secondo ne è solo la manifestazione. Molti studiosi propendono per il secondo127. Il desiderio, il sentimento affettivo, l’emotività, chiamati anche libido, sono ciò che ci spinge a cercare un’eccitazione sessuale. Sono il magnete che ci indirizza verso altre persone e che attira queste altre persone verso di noi. È difficile
descrivere in termini scientifici il desiderio affettivo, essendo associato in
profondità a un centro cerebrale e quindi soggetto alle variazioni dei livelli ormonali e al funzionamento della complessa circuitazione cerebrale, nonché alla psicologia della persona. Quando il desiderio affettivo è
soddisfatto si trasforma in stato di eccitazione e si verificano diverse modificazioni fisiche. Senza entrare nel merito, probabilmente ciascuno di
127
Cfr. H.S. KAPLAN, Sexual Desire Disorders. Dysfunctional Regulation of Sexual Motivation, New
York, Brunner/Mazel, 1995.
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questi due punti di vista contiene la sua verità. Ciò che più interessa è
la singolarità umana di questo fenomeno e ciò che esso rivela. Il rapporto tra sentimento, emozione ed eccitazione, e il suo riferimento al di
là del mero aspetto fisico o materiale verso il tutto della persona, appare con chiarezza nel dialogo-racconto dell’incontro di Ulisse e Penelope.
Dopo lunghi anni di separazione la tenerezza degli amanti ricompare con
intensità rinnovata e profonda128.
Questa distinzione tra eccitazione, sentimento ed emozione è specificamente umana e del tutto estranea al mondo animale. L’animale è certamente eccitato, ma ciò non implica il coinvolgimento di un mondo affettivo. La sessualità umana, invece, deve esprimersi nella capacità di
dirigere sia l’eccitazione verso il suo corretto sviluppo, sia il sentimento
e l’emozione verso l’intensificazione del suo carattere disinteressato e personalizzante. Questa differenziazione non è una contrapposizione. Essa
non significa che l’atto sessuale, come effetto dell’eccitazione, non comporti nello stesso tempo uno stato sentimentale, che nella forma intensa
porta all’emozione. Al contrario, nell’atto sessuale umano l’unione intima dovrebbe comportare una particolare intensificazione psicologica sentimentale-emotiva che coinvolga tutta la persona e non soltanto le parti
erogene eccitate. Il contrario è riduzionismo biologico manifestato drammaticamente nei fenomeni della prostituzione o dello stupro, dove l’eccitazione di uno è completamente dissociata dall’emotività di entrambi
e, addirittura, dall’eccitazione dell’altro, che può essere assente. Invece,
nei rapporti autenticamente umani, l’eccitazione, che diventa carezza, trascende se stessa e impregna psichicamente ed emotivamente tutta la persona. Come dice Xavier Lacroix, è necessario «operare il passaggio dalla nozione di rapporto (sessuale) a quella di relazione (intersoggettiva)»129.
Per questa esperienza emozionale affettiva, l’eccitazione diventa non soltanto piacere, ma soprattutto profonda gioia e soddisfazione affettiva.
L’emozione affettiva può avere una connotazione positiva, che è la soddisfazione, o una negativa, che è la sofferenza, la quale si manifesta come
contrarietà sensuale, insoddisfazione, tristezza. La sofferenza emotiva legata all’atto sessuale manifesta la contrarietà della persona a vivere un atto in modo non umano. La distinzione tra eccitazione, sentimento ed
emozione prova, dunque, una volta di più, la specificità della sessualità
umana, che esclude qualunque riduzione unilaterale al puro istinto.
Cfr. OMERO, Odissea, XXIII, 166ss.
X. LACROIX, Le corps de chair, cit. (tr. Il corpo di carne, cit., p. 128).
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1. Corpo e corporeità
a. Körper - Leib
b. Corpo e corporeità
c. Corpo e spirito
d. L’unione anima e corpo nell’unità della persona:
dualità, ma non dualismo
2. La spazialità, la temporalità, l’essere-nel-mondo
a. La spazialità umana
b. La temporalità umana e la speranza
c. Essere-nel-mondo
3. Lo spirito incarnato
a. L’identità corporea del soggetto
e la molteplicità degli individui
b. Il linguaggio del corpo: corpo e persona
c. “Io ho un corpo” o “io sono il mio corpo”?
4. Corporeità e valore morale
a. La corporeità non è estrinseca alla morale
b. Valore morale del corpo e valori umani
1) Alimentazione, vestito, abitazione, sport
2) Salute e malattia
5. Corporeità e cristianesimo
a. Grandezza e limiti della corporeità
dal punto di vista filosofico
b. Grandezza e limiti della corporeità
dal punto di vista teologico
1) Homo imago Dei
2) Homo lapsus
3) Homo imago Christi
c. Ascesi cristiana e impegno temporale
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XI. ANTROPOLOGIA DELLA SESSUALITÀ UMANA
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1. La dualità sessuale
a. Diversità sessuale
b. Differenze genetico-biologiche: il sesso biologico
1) Sesso cromosomico
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X. LA CORPOREITÀ UMANA
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Bibliografia
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2) Sesso gonadico
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3) Sesso duttale
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4) Sesso fenotipico o genitale
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5) Differenze genetico-biologiche
»
c. Stati d’intersessualità biologici e psichici
»
1) Pseudoermafroditismo
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2) Ermafroditismo vero
»
3) Transessualismo
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4) Omosessualità
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5) Travestitismo
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d. Differenze psichiche: il sesso psichico
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1) Primo paradigma: identità sesso/genere
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2) Secondo paradigma: separazione
e indipendenza sesso/genere: l’ideologia del genere »
3) Terzo paradigma: complementarità
nella differenza sesso/genere
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4) Dualità e identità sessuale tra natura e cultura
»
5) Differenze psichiche fondamentali
»
(a) La donna è in genere più sensibile
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(b) La donna è più affettiva ed emotiva
»
(c) L’intelligenza della donna è più intuitiva
»
(d) La donna è allocentrica, l’uomo è egocentrico »
e. Diversi ma complementari e con gli stessi diritti
»
2. La specificità della sessualità umana
»
a. La sessualità come dimensione
e struttura costitutiva dell’uomo
»
b. La sessualità oltre la genitalità:
tridimensionalità fisica, psichica e spirituale
»
1) La sessualità è una dimensione di tutta la persona »
2) Dimensione dialogica e relazionale della sessualità:
amore e procreazione
»
3) La sessualità è più della genitalità
»
c. Antropologia della sessualità e morale sessuale
»
1) Sessualità e castità consacrata
»
2) Sessualità e disordini morali sessuali
»
d. Caratteri specifici della sessualità umana:
fattori relazionali e personalizzanti
»
1) L’incongruenza delle curve di eccitazione maschile
e femminile
»
2) L’assenza dei periodi di estro
»
3) L’eccitazione, il sentimento e l’emozione
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Stampa 2007
Litopres sas, Druento (Torino)
Printed in Italy