MITI E LEGGENDE: I CONTADINI DI MARMO E IL SANTO RUBATO

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MITI E LEGGENDE: I CONTADINI DI MARMO E IL SANTO RUBATO
Itinerario 8
Macomer e il Montiferru
MITI E LEGGENDE:
I CONTADINI DI MARMO
E IL SANTO RUBATO
DI SALVATORE TOLA
er visitare gli angoli nascosti di Macomer si lascia la via
centrale all’altezza del Comune e ci si inoltra tra le
abitazioni dell’antico quartiere di Santa Croce. Al fondo,
affacciata sulla vallata, è la chiesa omonima, costruita nel
Seicento. Sulla piazza e nelle vie circostanti si affacciano
finestre e portali scolpiti nella pietra, di raffinata eleganza: i più
antichi risalgono al periodo aragonese; abili scalpellini vi si sono
ingegnati nel rappresentare colonne, fregi e simboli.
Gli appassionati di poesia sarda sentono che il quartiere è come
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Fotografie di Adriano Mauri
ITINERARIO 8
animato dalla presenza di Melchiorre Murenu: subito
sotto la chiesa una lapide indica il punto in cui fu fatto
precipitare (vedi box p. 144).
Alla periferia si trova, nei pressi dell’ospedale, la
zona archeologica di Filigosa: al culmine di una collina il nuraghe Ruggiu; attraverso un varco si può vedere che nella sala centrale erano ricavate tre nicchie
e che la scala per salire ai piani superiori correva all’interno del muro perimetrale. Nel declivio si
aprono alcune tombe detIn alto: lo sperone roccioso
della testa antropomorfa nella
necropoli nuragica di Filigosa
sembra una sentinella posta
a guardia della vallata dai
Campidani al Logudoro.
A destra: sulla piazza Santa
Croce, il cuore del centro storico
di Macomer, si affacciano
le case più antiche del paese.
Pagina seguente: il santuario
di Sant’Antonio sull’omonimo
monte nei pressi di Macomer.
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te domus de janas, che risalgono al Terzo e Secondo
millennio avanti Cristo. Hanno un lungo corridoio
d’accesso, un vano centrale e altri minori, con coppelle per le offerte e focolare rituale.
Ma le sorprese non sono finite: il colle continua segnato da una cresta rocciosa, e da questa si leva un
masso con gli squadrati lineamenti di un volto umano, o di una maschera: una sentinella a guardia del
passaggio dai Campidani
al Logudoro.
Da Macomer prendiamo la strada per Santu
Lussurgiu; dopo 4 chilometri imbocchiamo il bivio per il monte Sant’Antonio, che conduce alla
zona archeologica di Tamuli: sparse come a caso
in un prato sono le pedras
marmuradas, o “pietre
marmorizzate”: sei, di
forma troncoconica, rica-
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ITINERARIO 8
MACOMER E IL MONTIFERRU
ACQUISTI E NOTIZIE UTILI
Fotografie di Adriano Mauri
Tre delle sei pedras marmuradas,
nella zona archeologica di Tamuli a
ovest di Macomer. Ricavate da massi
di basalto in età nuragica, sarebbero
una rappresentazione della
maternità o di divinità femminili.
LA STORIA DEL CANTORE CIECO DI MACOMER
Melchiorre Murenu è considerato uno dei più grandi
poeti popolari della Sardegna. La sua vita – era nato a
Macomer nel 1803 – fu segnata dalle sventure: a tre anni fu colpito da un attacco di vaiolo che lo privò della vista; e quando ne aveva dieci il padre fu arrestato e i beni
della famiglia messi sotto sequestro.
La sua vita fu quindi triste e povera; unica consolazione la grande capacità di improvvisare versi, molti dei
quali, tramandati oralmente e poi anche in stampa, restano nella memoria dei sardi.
Ce ne sono d’intonazione autobiografica: “Deo so su
Murenu isconsoladu / dae tantas tristesas opprimidu, / de benes temporales ispozadu / e de gra-
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ves tragedias bestidu” (Io sono lo sconsolato Murenu, / abbattuto da tante tristezze, / privato dei beni di
questo mondo / e colpito da gravi tragedie); ma ce ne
sono di memorabili sulla condizione della Sardegna del
suo tempo, e poi satiriche, religiose e d’amore.
Quando, nel 1854, alcuni sicari, approfittando della
sua cecità, lo precipitarono dalle rocce alla periferia
della città, si disse che i mandanti erano gli abitanti di
Bosa, che Murenu aveva offeso con una satira sulle immondizie di quella città; ma altri suppongono che sia
stato un esattore, offeso per una composizione diretta
contro sua figlia, definita “dinda troppu fantastica”,
tacchina esaltata.
Macomer
La cittadina è luogo di produzione di formaggi:
un po’ ovunque si possono trovare le “perette” e
le paneddas di pasta filata, e i vari tipi di pecorino, tra i quali il Fiore sardo; nonché l’ìschidu, una
gradevole quagliata.
Per i pani e dolci tipici rivolgersi ad Atzori Il
Fornaio, tel. 0785.70315; per oggetti di artigianato in ceramica a Kèramos, corso Umberto 44, tel.
0785.20488; e per le escursioni alla Cooperativa
Esedra, tel. 0785.70475-72884. La Pro Loco è in
piazza Due Stazioni 2, tel. 0785.71786.
Scano Montiferru
Presso privati si possono acquistare tappeti artigianali, formaggi e miele; mentre la Cooperativa
S’Olostriu, tel. 0785.32564, organizza escursioni.
Alla periferia si trova il Parco degli uccelli, tel.
0785.32582, con numerose varietà esotiche.
Santu Lussurgiu
Numerosi i prodotti tipici: dai formaggi, tra i
quali il caciocavallo noto come casizolu (Borrodde, tel. 0783.551202; Piu, tel. 0783.551115) ai
coltelli (Mura, tel. 0783.550726); dai finimenti
per cavalli (Piga, tel. 0783.550411) alle calzature
artigianali, tra le quali gli scarponi noti come
cosinzos (Mura, cell. 347.3323492); dai dolci (Ardu, tel. 0783.551180) al pane (Pasquini, tel.
0783.550169), ai distillati, tra i quali il celebre fil
’e ferru (Distillerie Lussurgesi, tel. 348.154978).
La Pro Loco si trova in via Santa Maria 40, tel.
0783.551034.
Nelle macellerie di Scano e di Santu Lussurgiu si
trova la carne di quello che viene chiamato ora il
“bue rosso”: una specie vaccina, la sardo-modicana, allevata in modo naturale, allo stato brado
e senza l’impiego di mangimi.
vate da massi di basalto, alte circa un metro; tre hanno due sporgenze, come seni femminili, e sarebbero
rappresentazioni della maternità, le altre del fallo
maschile. Secondo una leggenda si tratterebbe di
commercianti e di contadini che, maledicendosi a vicenda, rimasero pietrificati, marmurados, appunto.
Tra sorgenti e boschi di eucalipti
Ripresa la strada per Santu Lussurgiu si imbocca il
bivio per Scano Montiferru. All’arrivo si scorge l’edificio che, costruito nel punto in cui affiora una
grande vena d’acqua, la raccoglie per inviarla a una miriade di centri abitati. Ne resta un’altra che si distende
in laghetti digradanti con
cascatelle; un’altra ancora
va a formare una vasca in un
boschetto di eucalipti e abe-
In alto: un esempio dell’eleganza
architettonica del centro
di Macomer in questa finestra
di età aragonese. A sinistra: il
nuraghe Ruggiu con le domus
de janas che si aprono
nel declivio della collina
nella interessante zona
archeologica di Filigosa.
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MACOMER E IL MONTIFERRU
Adriano Mauri
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Santu Lussurgiu, la tipica corsa a cavallo
della Sa carrela ’nanti che ha luogo ogni
anno gli ultimi tre giorni di Carnevale.
ti. Al di sopra della sorgente sta la chiesa che, dedicata a Sant’Antioco, dà il nome alla località. La facciata, dalle linee semplici, è sormontata da un grazioso campanile a vela.
Gli abitanti di Scano sono talmente attratti da questo luogo, che vengono qui due volte all’anno per fe-
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steggiare il santo, e assieme a loro arrivano fedeli dei
vicini paesi di Sàgama e Sindìa. Si racconta che questi ultimi tentarono una volta di portar via il simulacro del santo; ma il carro a buoi che lo trasportava finì
impantanato, tanto che gli scanesi poterono prenderli
in giro: “Avvelenados sezis chei s’alza, / brusiaos cherizis
in su fogu: / furadu boche aizis a Sant’Antiogu / e lassadu
l’azis in Giuncalza” (Siete irritati come punti dalla tarantola, / dovreste essere bruciati nel fuoco: / avevate rubato Sant’Antioco / ma avete dovuto lasciarlo
nella Giuncaia).
Ripreso il percorso è d’obbligo la fermata in un
altro luogo d’acque, il villaggio di vacanze di San
Leonardo di Siete Fuentes, proprio adiacente alla
strada: in basso, tra gli alberi, si nasconde una chiesetta medievale; e al di sopra delle case il punto in
cui l’acqua – di ottima qualità – sgorgando da sette
bocche ha dato nome alla località.
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Stefano Oppo
MACOMER E IL MONTIFERRU
Stefano Oppo
Adriano Mauri
Stefano Oppo
Adriano Mauri
Da sinistra in alto: gli artigiani di Santu Lussurgiu vantano
abilità e maestria tramandate da generazioni. Paese di forte
tradizione equestre, vi si produce tutto quanto serve per il
cavallo e per il cavaliere: nelle botteghe dei sellai selle,
briglie e cinghie; i fabbri realizzano morsi, speroni
e staffe, oltre ai pregiati coltelli. Non manca, poi, chi tiene
alto lo spirito, come Franco Fais delle Distillerie Lussurgesi.
Gli oggetti della tradizione contadina
Lo spettacolare salto finale
della cascata formata dal torrente
Sos Mòlinos in uno degli angoli
più belli del Montiferru.
Ed eccoci a Santu Lussurgiu. La prima tappa d’obbligo è al Museo della tecnologia contadina, uno
dei primi nel suo genere ad essere allestiti in Sardegna. Gli oggetti e gli strumenti raccolti sono 1400, a
volte antichissimi, legati ad attività così lontane dalle nostre che in più di un caso non sappiamo riconoscerli. Ci sono quelli del contadino, dagli aratri di legno ai gioghi per i buoi alle falci per mietere, e alle
forche e le pale che si impiegavano nell’aia, quando
il calpestio delle bestie e il soffio del vento aiutavano a separare il seme dalla paglia. E poi dell’allevatore: per svezzare gli agnelli, per tosare, per
segnare i capi e per confezionare il
formaggio.
Ma ci sono anche oggetti che
testimoniano attività più strettamen-
te legate a questo paese: la vinificazione e soprattutto
la distillazione, che dà luogo al fil ’e ferru, un’acquavite rinomata; infine la follatura dei tessuti, che veniva compiuta nelle
gualchiere lungo il rio Sos
Mòlinos, situate nella
vallata poco oltre
Santu Lussur-
Stefano Oppo
Sopra: due
resolzas, i classici
coltelli a serramanico
dei pastori e contadini
sardi con lama d’acciaio
e impugnatura in corno.
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ITINERARIO 8
giu, in direzione di Bonàrcado. Per vedere la cascata si
scende sino a un ponte e quindi si risale sul versante
opposto, dove uno spiazzo permette di sostare. Da qui
ha inizio il percorso ombreggiato da un bosco di
querce, poi da varietà tipiche dei luoghi umidi, in
particolare gli ontani.
Ci si trova, così, sui bordi del laghetto che si forma alla base del “salto”: misura 30 metri ma è diviso
in cinque parti da una serie di gradini; il dislivello
maggiore è l’ultimo, con i suoi 15 metri. Da qui, seguendo i sentieri di fondo valle, si troveranno le
tracce degli antichi mulini che hanno dato appunto
il nome alla località. Fotografie di Adriano Mauri
In questa pagina: un modo originale per
soggiornare a Santu Lussurgiu è l’albergo diffuso, un
tipo di hotel-ristorante in cui camere e servizi si
trovano divisi in più edifici nel centro storico del
paese. Le stanze dell’Antica Dimora del Gruccione
(a destra e sotto) sono dislocate in case patrizie
di impianto spagnolo, mentre al Sas Benas
(in basso) è anche possibile fare musica con gli
strumenti messi a disposizione degli ospiti.
OSPITALITÀ
Macomer
Azienda agrituristica biologica Nuraghe Elighe, altopiano di Campeda, tel. 0785.71761,
cell. 347.6704534. Menu 21 euro. Campeda, tel.
0785.748119. Camera singola 33 euro; menu da
11 euro. Marghine, tel. 0785.70737. Camera singola 30 euro; menu da 15 euro. Su Talleri, tel.
0785.71422. Camera singola 26 euro; menu da
14 euro.
San Leonardo
Da Malìca, tel. 0783.550756. Camera singola 25
euro; menu da 16 euro.
Santu Lussurgiu
Ristorante La Bocca del Vulcano, tel.
0783.550974. Menu da 20 euro. B&B Casa del Sole, tel. 0783.551042. Camera singola 26 euro. Ristorante-albergo diffuso Antica Dimora del
Gruccione, tel. 0785.552035. Camera singola 35
euro, menu 25 euro. Ristorante-albergo diffuso
Sas Benas, tel. 0783.550870. Camera singola 37
euro; menu 30 euro.
Scano Montiferru
Azienda agrituristica Pischedda, nella zona delle
fonti di Sant’Antioco, tel. 0785.32580. Menu da 18
euro. Locanda-bar-pizzeria Cambula, tel.
0785.32119. B&B Obinu, tel. 0785.32249. Pernottamento 30 euro a persona.
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