classi seconde
Transcript
classi seconde
Anno scolastico 2013 – 2014 Concorso Letterario LE BRICIOLE DI POLLICINO ELABORATI DEI VINCITORI – CLASSE SECONDA Immagina che un animale (gatto, cane, uccellino in gabbia, leone nello zoo...) ti scriva una lettera per raccontarti di sé, della sua vita, dei suoi stati d’animo, dei suoi rapporti con gli esseri umani. 1° CLASSIFICATO ALESSIA FERRARI – Classe 2°A Cara Anna, è un ghepardo che ti scrive. Strano vero? Può essere. Voglio parlarti della mia orribile vita. In genere non mi piacciono gli esseri umani ma sento che a te posso confidare i miei segreti. La prima cosa che ti racconto è come sono arrivato qui allo zoo. Ero in cucciolo quando quelli dello zoo sono venuti a prendermi. Stavo facendo la mia abituale passeggiata con i miei fratelli, quando vedo loro scendere da un grosso fuoristrada e scaraventarsi su di noi. Ho corso per qualche metro poi li vedo tirare fuori un fucile e sparare un colpo. Ricordo solo che sono caduto, intorno a me solo silenzio, poi nulla più. Quando mi sono risvegliato, ero qui in una gabbia. Mi manca molto la mia vita nella savana. Mi mancano i miei fratelli. Mi manca tutto. Qui faccio una vita pessima. Dormo in un buco, mi sveglio la mattina presto e mi liberano nel verde. Lo spazio è molto piccolo e non mi va neanche di correre come facevo nella savana. Là sì che era bello correre! Mi posizionavo per uno scatto e vedevo davanti a me miglia e miglia di spazio in cui correre, chiudevo gli occhi e non sentivo più nulla, poi li riaprivo e iniziavo a correre velocissimo. Ma l’unico motivo per cui valeva correre davvero con il cuore era quando vedevo una gazzella. Allora correvo ancora più veloce e le saltavo addosso per iniziare a cibarmi. Invece qui la colazione te la servono già pronta. Poi arrivano loro. I turisti. Ci fotografano e ci ammirano, ma nessuno pensa: “Poveri! Dovranno vivere male qui, al posto di essere nel loro habitat naturale”. Ti devo confessare che ho molta paura e mille pensieri e domande senza risposte. Non mi sento più le gambe, dato che non corro più. Inizio a zoppicare. Ho paura di svegliarmi una mattina e di non riuscire più a camminare. Costretto ad essere ucciso solo per colpa loro. Loro, gli uomini, che mi hanno tolto la vita per… Già, per che cosa? Per i soldi? Per divertimento? O c’è altro? Non lo capirò mai. So solo che non riesco a capire più nulla. Non ho più la mente lucida. Mi sento debole. E, cosa strana, mi sento indifeso e incapace di reagire. Tutto ciò è colpa loro. Degli uomini. Io non riuscirò mai a capirli, ma un’idea su di loro me la sono fatta. Li odio. Due parole, tante definizioni. Li odio non solo per quello che hanno fatto a me, ma anche per quello che hanno fatto a tutti gli altri animali. Vai allo zoo e guarda gli animali negli occhi, uno per uno, senza fretta e dimmi che cosa vedi. Se li guardi bene vedi nei loro occhi la tristezza che si riflette nei tuoi occhi, ma non solo: anche malinconia, paura, ansia, poca libertà. Se fai la stessa cosa con un leone nel suo habitat naturale, ad esempio, noterai le differenze. Potresti scorgere gioia, felicità e tanta libertà. Se torni allo zoo, guarda quegli occhietti che ti supplicano di riavere la loro vita. Grazie di tutto, Il Ghepardo. 2° CLASSIFICATO ANGELO GAILLET – Classe 2°A 11/4/2014 Caro Angelo, sono Sherlock, il tuo cane. TI scrivo per raccontarti la mia vita. Sai, non so se te ne accorgi, ma non è per niente simile alla tua. Tu di notte dormi, io non sempre: sono in costante allerta. Lo so che ora riderai di me perché in realtà sono piccolo e non faccio paura a nessuno, ma io di notte la guardia la faccio lo stesso. Alla mattina mi sveglio prestissimo, poco dopo l’alba e aspetto che vi svegliate anche voi; mentre tu stai ancora dormendo, tua madre mi porta fuori. Durante la passeggiata mi diverto molto, soprattutto parlando e giocando con gli altri cani, anche se a volte mi incuriosiscono di più i padroni. Alle due mi metto dietro alla porta di casa e ti aspetto perché so che tu quando arrivi mi riempi di coccole e mi dai da mangiare. La sera mi annoio e per passare il tempo mi metto a giocare con i peluche. Mi ricordo ancora del primo peluche che mi avete dato, era un cavalluccio marino; ormai di lui rimane solo il corpo perché, a furia di giocarci, gli ho staccato la testa. Il giorno della settimana che mi piace di più è il sabato perché mi portate al parco, mi fate giocare e mi lasciate correre nel prato e queste cose a me piacciono moltissimo. Un altro momento che mi piace molto è quando mi portate in auto ed aprite i finestrini: sentire il vento che mi fa sbattere le orecchie è una sensazione bellissima. Il giorno più importante, nonché il più bello, della mia vita è stato quello in cui, da Milano, siete venuti a Cavour a prendermi; eravate un po’ imbranati, ma mi siete subito piaciuti e non mi è per niente dispiaciuto lasciare la pensione in cui mi trovavo. Vi voglio tanto bene. Non so che cosa avrei fatto se non foste venuti a prendermi; forse sarei stato adottato da qualcun altro, ma non so se la mia vita sarebbe stata uguale. A presto, Sherlock 3° CLASSIFICATO SAMI AAJALI – Classe 2° D Caro Sami, sono Fasy, una tigre del Bengala di tre anni. La mia vita è triste e monotona: sei mesi fa sono stata catturata da un crudele bracconiere africano che, dopo avermi sedato, mi ha venduto allo zoo di Rimini. Non so per quale sciocco motivo gli umani si mettono in cima a tutto, credendo che tutte le altre specie animai siano stupide, senza principi e senza sentimenti. Credete che un cucciolo non soffra al vedersi portar via la madre che fino a qualche giorno prima lo allattava e gli leccava le ferite? Il vostro più grande difetto è che non usate il cuore, fate le cose sono per riempirvi il portafogli e ben poche volte per aiutare una persona in difficoltà. Ma nonostante tutto, vi credete i più virtuosi del globo terrestre, ma credo che prima o poi la vostra superbia vi manderà in disgrazia. Ci trattate solo come fenomeni da baraccone, come macchine da soldi. Voi credete che gli animali come me siano pericolosi, ma la vostra ingenuità sta nel non capire che site voi a farci diventare pericolosi. Vi sentite più forti e potenti di noi a guardarci e imprecarci contro quando noi sia chiusi in gabbia. Sì, una gabbia fredda e sporca, piccola… in cui siamo costretti a stare, a vivere, a mangiare. Noi dobbiamo stare sottomessi, sennò ci puntereste addosso quello strano aggeggio che lancia pezzi di metallo ad una velocità stratosferica. Ogni giorno all’alba due guardie mi malmenano con un bastone in legno per svegliarmi. Dopodiché centinaia di persone mi puntano addosso le loro fotocamere. Loro non sanno che sotto quei miei grandi occhioni color foresta fiumi di lacrime attraversano il mio volto ogni giorno, facendomi risultare noiosa agli occhi dei turisti più giovani che, con facce strane e urlando parole insensate, tentano di stuzzicarmi. Se solo potessi uscire, io…, io…, non so proprio cosa farei, ma una cosa è certa, non sarebbe sicuramente qualcosa di buono. Prendendomi in giro e deridendomi, quei ragazzini si sentono forti non sapendo che anche noi possiamo avere dei sentimenti. I bambini sono l’unico vero motivo che mi porta ad andar avanti: i loro sdentati sorrisi, ingenui e increduli, mi fanno capire che un motivo per vivere qui… per morire qui… c’è. Loro sì, loro sono il mio unico svago: immergersi nei loro occhi è come vivere un sogno. Se non ci fossero loro, sarei davvero distrutto, demolito, avrei già alzato bandiera bianca. Ripensando al Bengala, posso solo rimpiangere la mia famiglia, la mia vita, la mia terra… una terra in cui la natura prevale sull’uomo, schiacciandolo, lasciandolo in piccoli spazi in mezzo al nulla, negli unici posti non ancora inghiottiti dal verde brillante di foreste che crescono incolte, inghiottendo ed inglobando a loro stesse tutto quello che si trovano davanti. Questa era la vita, questa era la MIA vita! Proprio per questo motivo non resistetti, dovevo farlo per forza, era il mio istinto a comandare. Lo uccisi, sì, fui io a farlo. Due giorni fa lo sbranai. Beh, oggi quindi… Insomma, tu lo sai che cosa succede agli anima che fanno queste cose. Ho una assoluta certezza: ne è valsa assolutamente la pena. Questo non era, non è e non sarà mai il mio mondo. La mia vita da quando sono qui si è stravolta, se di vita si può parlare…