12 febbraio 2017 – vi domenica del tempo ordinario

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12 febbraio 2017 – vi domenica del tempo ordinario
MA IO VI DICO
VI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO A – MATTEO 5,17-37
17. Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a
dare pieno compimento.
Gesù si presenta come colui che vive pienamente la Legge e i Profeti, cioè le prime due parti della
Bibbia ebraica. Dà compimento a quanto era stato preannunciato ed affermato in tutto l’antico
Testamento, in quanto con l’Amore si realizza pienamente ogni morale e ogni spiritualità.
18. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un
solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto.
In questo versetto si ha una iperbole (dal greco ὑπερβολή, hyperbolé, «eccesso»). È una figura
retorica che consiste nell’esagerare (sia in eccesso che in difetto) una realtà, descrivendola in modo
amplificato.
Gesù in senso metaforico dice che fino alla fine del mondo tutta la Legge manterrà la sua validità,
nei suoi dettagli più piccoli, perché contiene delle promesse che si devono realizzare. Egli porterà
tutto a compimento, soprattutto con la sua morte e risurrezione. Lo iota è la più piccola lettera
dell’alfabeto ebraico, simile al nostro apostrofo; il trattino (keraia) è un segno greco molto piccolo.
19. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare
altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà
considerato grande nel regno dei cieli.
Gesù rassicura circa la validità della legge e si pone in contrapposizione con i rabbini che
insegnavano gerarchie fra i precetti. Quello che conta per Gesù è l’intensità di relazione con Dio,
che deve essere profonda e convinta.
20. Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non
entrerete nel regno dei cieli.
Gesù chiede di realizzare una vera giustizia, non come quella degli scribi e dei farisei. Essi, nella
loro ipocrisia, si accontentavano di una facciata esteriore, priva di amore a Dio e al prossimo.
21. Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al
giudizio.
Da questo versetto cominciano le esplicitazioni circa il compimento della Legge. Già nel libro
dell’Esodo e del Deuteronomio, che riportano il decalogo, era vietato uccidere.
Gesù va alla radice da cui viene la morte o la vita: l’odio, la vendetta, il non-amore: se non amiamo
una persona, le togliamo la vita esattamente come uccidessimo la sua vita fisica. “Chi non ama suo
fratello è omicida” (1Gv 3, 15 ). Non solo, ma lentamente facciamo morire anche noi stessi perché
una vita priva di amore è priva di senso.
22. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi
poi dice al fratello: "Stupido", dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: "Pazzo", sarà
destinato al fuoco della Geènna.
Quello che Gesù insegna non è tanto l’osservanza esteriore di un comandamento, quanto
l’estirpazione di qualsiasi sentimento o atteggiamento che conduce a commettere il male.
In questo caso non solo non bisogna uccidere, ma bisogna estirpare tutto ciò che ci conduce a fare
del male, a pensare male, all’ira, al rancore, a lasciarsi andare ad impulsi violenti.
Come discepoli di Cristo, dobbiamo rispettare gli altri e la loro vita, nutrendo benevolenza e
accoglienza.
Conseguenza dell’odio è il fuoco della Geenna, che era il luogo dove venivano bruciati i rifiuti della
città di Gerusalemme, simbolo del giudizio finale.
La Geenna (o Gehenna o Gaénna) è una valletta scavata dal torrente Hinnom sul lato sud del monte
Sion. Il nome deriva dall'ebraico gē-hinnom che significa, appunto, "valle dell'Hinnom". Il Sion è il
rilievo montuoso sul quale la città di Gerusalemme è stata fondata ad opera del popolo dei Gebusei.
Il re Davide la conquistò e ne fece la sua capitale. Attualmente la valle è tutta edificata e contiene
un quartiere di Gerusalemme tra i più poveri.
23. Se dunque tu presenti la tua offerta all'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa
contro di te, 24. lascia lì il tuo dono davanti all'altare, va' prima a riconciliarti con il tuo fratello e
poi torna a offrire il tuo dono.
Da quando Gesù ci ha detto che siamo tutti fratelli, abbiamo il dovere di rispettare non solo coloro
che appartengono alla nostra stessa famiglia o nazione, ma tutti coloro che appartengono alla natura
umana, perché siamo tutti figli dello stesso Padre.
In questo versetto Gesù ci spiega che per essere in pace con Dio dobbiamo essere in pace con quanti
ci circondano, a cominciare dai più vicini. Non basta, però, non avere risentimento contro gli altri.
Dobbiamo fare in modo di ricucire le relazioni anche con chi abbiamo in qualche modo offeso e
conserva rancore contro di noi. Dobbiamo essere noi per primi, pertanto, a chiedere perdono e ad
andare incontro all’altro.
L’offerta a Dio viene accolta solo se l’animo è pienamente in pace. Non così facevano i farisei che
opprimevano il prossimo, ma erano zelanti e precisi nell’osservanza di tutte le minute prescrizioni
del culto, della preghiera, dei sacrifici al tempio.
25. Mettiti presto d'accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché
l'avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. 26.
In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all'ultimo spicciolo!
Se tutti vivessimo queste indicazioni di Gesù, potrebbero chiudere tutti i tribunali! Le relazioni fra
le persone vanno risolte affrontando il problema a tu per tu, senza ricorrere a terzi. La giustizia
umana non cambia il cuore delle persone. Gesù, invece, mira proprio ad un cambiamento profondo
dell’animo, tanto da divenire cristiforme.
27. Avete inteso che fu detto: Non commetterai adulterio.28. Ma io vi dico: chiunque guarda una
donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore.
Nel caso di una donna sposata, desiderare di possederla è offesa al suo legittimo marito. La legge
prevedeva la lapidazione di entrambi gli adulteri (Dt 22,22-24).
Gesù va alla radice del peccato di adulterio: il desiderio di possedere una donna è già adulterio
perché rompe l’armonia tra la persona e Dio. Non condanna il desiderio (il desiderio non è né
positivo né negativo: diventa tale a seconda dell’uso che ne facciamo). Condanna il ridurre la
persona a merce da possedere, ad oggetto. Allora la persona viene adulterata, cioè falsificata,
alterata, manipolata, immiserita.
29. Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti
perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna.
L’occhio destro è quello più utilizzato per prendere la mira. Secondo la spiritualità ebraica l’occhio
è la sede dei desideri e delle passioni.
Gesù ci chiede di guidare al bene i nostri desideri e di vedere la realtà e le persone senza malizia,
affinché non abbiamo ad essere di scandalo per nessuno.
30. E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti
perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna.
La mano destra è la più usata. I sinistorsi, cioè i "mancini" sono solo circa il 10% della popolazione
totale. Anche riguardo alla mano, l’uso che ne facciamo deve essere consono alle nostre scelte di
vita cristiana, pena la condanna eterna. Dobbiamo essere distaccati dal peccato anche se vi fossimo
affezionati come lo siamo alle parti del nostro corpo.
31. Fu pure detto: "Chi ripudia la propria moglie, le dia l'atto del ripudio". 32. Ma io vi dico:
chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all'adulterio, e
chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio.
La legge ebraica permetteva al marito di ripudiare la moglie per qualsiasi motivo, anche futile. Il
ripudio metteva, però, la donna in stato di grande necessità: priva di sostentamento finiva in stato di
indigenza o di adulterio.
L’insegnamento di Gesù risale al significato profondo del matrimonio che è segno dell’amore che
intercorre tra Dio e le creature. Lo permette solo in caso di unione illegittima (in greco “porneia”),
come poteva essere quella tra consanguinei (cfr. Lv 18,6-18; Mt 19,3-9), permessa, invece, da altre
culture. Il suo invito consiste nel non divorziare da un matrimonio lecito.
33. Avete anche inteso che fu detto agli antichi: "Non giurerai il falso, ma adempirai verso il
Signore i tuoi giuramenti". 34. Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di
Dio, 35. né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città
del grande Re.
Gesù insegna che non è corretto fare giuramenti su Dio o con espressioni equivalenti (“cielo”,
“Gerusalemme” sottintendevano Dio) come diceva anche Levitico 19,12. Quello che conta è la
rettitudine della persona che dice la verità anche contro il suo interesse.
36. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo
capello.
Anche nei tempi antichi era usanza tingersi i capelli, ma la tinta è solo uno stratagemma estetico. È
impossibile cambiare la propria creaturalità. Gesù cita questo fatto per insegnare che nessuno di noi
ha potere sul proprio corpo. Neppure per il proprio corpo si può giurare perché è dono di Dio.
37. Sia invece il vostro parlare: "Sì, sì", "No, no"; il di più viene dal Maligno.
Il “nemico” si nasconde dietro ad argomenti fasulli, difficili e contorti. Gesù insegna, invece, ad
essere leali e trasparenti, ad usare un linguaggio corrispondente alla verità e coerente con il quello
che realmente pensiamo.
Chiediamo al Signore la forza per andare controcorrente, per non mondanizzarci. Lo Spirito Santo
ci aiuti ad essere limpidi, sinceri, trasparenti nell’agire e nel parlare "Sì, sì", "No, no".
L’insegnamento di Gesù è talmente attuale che “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non
passeranno” (Mt 24,35).
Suor Emanuela Biasiolo