Aprile 2011

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Aprile 2011
128_A_Man_on_a_Mission_MBA_04-11_GPR 14/03/11 19:25 Pagina 128
A Man on a Mission
di Gian Paolo Galloni
MA NE VALE LA PENA
di spingere i propri limiti oltre
il livello attuale?
D
ipende... perché riferito genericamente ad uno sport
in effetti un po’ estremo, come per certi versi è pure
il nostro a volte, bisognerebbe dire di no, almeno per
dimostrare un po’ di buon senso. Se però ci riferiamo in modo
più specifico all’interpretazione più pura del mountain bike,
quindi con anche un richiamo alle radici “gravity” della sua
stessa nascita sulle discese dal Mt. Tam della Marin County,
allora la risposta è sì! C’è un motivo però e va spiegato, pena
il sembrare proprio quegli scavezzacollo che non vorremmo
e non dovremmo mai essere. Il nostro movimento sta
vivendo infatti in questi anni un poderoso sviluppo
nelle capacità reali dei mezzi proposti sul mercato
di fare velocità dove e come prima impossibile, ma
anche di garantire margini di sicurezza impensabili
fino a qualche stagione fa. Non tutto è merito
in ogni caso dell’industria, perché molto io ne
do anche a voi ed alla vostra voglia di sapere
da un lato e capacità di apprendere dall’altro.
Siete voi per primi ad aver capito quanto
grande sia la differenza tra una Maxxis
Minion DHF, una Kenda Nevegal o la
Michelin che monto io in questa foto,
rispetto a tanti altri prodotti, infiniti,
che vi si offrono tra vetrine virtuali o
vere e proprie che siano, per fare solo
un esempio. Ma avete anche imparato a
settare molto meglio le sospensioni ed a
proteggervi adeguatamente in discesa.
Il binomio “industria e maturazione del
biker medio”, con l’augurio di averlo davvero
sostenuto quanto da noi stessi prefissato per
lo svolgimento quotidiano di un lavoro sempre
più difficile nella stimolazione delle riflessioni
più fruttuose, ha cambiato i valori in campo
e creato anche le condizioni per la nascita e
la crescita del fenomeno dei bike park.
Se è vero che vi ho invitato di recente
(nell’editoriale di Febbraio) a ponderare
con più attenzione il vostro eventuale
prossimo acquisto in termini di corse
ammortizzate, allo scopo di non “farsi
prendere la mano” (riassunto con molta
sinteticità), è ancora più vero che il
nuovo invito che vi rivolgo adesso è
quello di distinguere tra “la bici da
tutti i giorni” e quella che davvero ci
terrei molto che provaste di tanto in
tanto, vostra o a noleggio che sia. Parlo infatti
del provare uno di quei mezzi più gravity che un po’ possono
intimorire gli appassionati che di solito staccano le ruote da
terra molto di rado, oppure solo di pochi centimetri. Sia chiaro
che l’invito ve lo rivolge un “pessimo saltatore”... uno che da
casa a Treviso arrivava a Cortina con il battistrada più esterno
delle gomme nuove della maximoto già quasi alle tele... veloce
forse come pochi, quando c’è da dimenticarsi dei freni, ma
sicuramente non un acrobata del motocross. Per la maggior
parte degli appassionati è la stessa cosa, ovvero non c’è un
background da “saltatore” e la cosa un po’ preoccupa ed incute
quella “subdola stretta” che rende titubanti. È giusto? No,
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non lo è... o almeno non più di tanto, dato che ci vuole
comunque un minimo di buon senso. Non lo è perché proprio
chi non ha mai saltato prima sarà quello che poi si divertirà
di più nel farlo e che ne trarrà il maggior vantaggio pure in
termini di sicurezza nei suoi “giri normali”. Trovare i limiti
propri e dei mezzi dei quali ci si pone alla guida non è un
esercizio di ordinaria follia ma un’esigenza dettata piuttosto
dallo straordinario sviluppo di tutto ciò che si muove nel
nostro ambito, come descritto in apertura dell’articolo.
I percorsi di tutti i giorni non si prestano però a questo,
dato che la prima e fondamentale considerazione da farsi è che
i limiti vadano cercati davvero un po’ alla volta e che quindi
soltanto una ripetizione continua ed anche ravvicinata al
massimo nel tempo permetta di fare ciò. Riprovare
un passaggio tecnico da una settimana all’altra
non è così sensato invece, perché tutto può
cambiare nel grip del fondo, nella pressione
delle gomme e persino nella vostra stessa
condizione di forma e lucidità. Servono per
forza condizioni più costanti che sia possibile
trovare, per avere poi un riferimento autentico
ed affidabile, se ci si vuole avvicinare a questi
famosi limiti senza “fare stupidate” e senza
l’assillo di dover tentare per forza in un
momento preciso, altrimenti poi si deve
aspettare un’altra settimana. Dove e
come allora? Non ve lo volevo dire,
per farvici arrivare da soli, come
credo che abbiate infatti capito...
senza che il mio invito a trovarvi
un bike park con ottimi percorsi e
velocissimi impianti di risalita potesse
sembrare il solito, un po’ vuoto ed anche
noioso argomentare di un qualcosa “oggi di
moda”. Chi ha già provato un bike park è
come un biker che ha già avuto modo di
pedalare una 29er ed ha quindi capito
come stiano le cose e se vai avanti a
dirgliele lo infastidisci e basta! Il vero
problema è che spesso chi in un bike
park non c’è ancora andato è persino
più stufo di leggerne e pensa tra l’altro
che la cosa non solo non gli possa mai
appartenere ma che sia addirittura una
sorta di forzatura. Qualcosa che non è
nemmeno mountain bike? Purtroppo
per alcuni è così... ma è profondamente
sbagliato pensarlo, perché anche un
“normale” escursionista si diverte, e
moltissimo, in discesa. Un mezzo più
gravity ed una discesa ben disegnata fatta
e rifatta con gli amici, occasionali compresi, può
non diventare scopo di vita o unica interpretazione della
mountain bike... e questo va benissimo. Sfido però qualsiasi
appassionato a non ammettere di essersi divertito forse come
non mai prima di quel momento in un simile contesto ed a
non ricavarne poi giovamento anche alla guida di una mtb
tutta-rigida in cross-country. Le mountain bike di oggi hanno
fatto passi da gigante che vale la pena conoscere fino in fondo
per adeguarcisi a nostra volta. Ma staccare le ruote da terra
per qualcosa di più del solito “istante” è inebriante e riesce
a “far volare” forse anche nella vita di tutti i giorni. Ed ora
che ci penso... io non ho nemmeno più la maximoto! ❏