Giovanni Angelo d`Antonio

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Giovanni Angelo d`Antonio
Scheda tratta da Fra Carnevale. Un artista rinascimentale da Filippo
Lippi a Piero della Francesca, catalogo della mostra (Milano e New
York, 2004-2005), a cura di M. Ceriana, K. Christiansen, E. Daffra, A.
De Marchi, Milano 2004, pp. 227-229, cat. 35.
Giovanni Angelo d’Antonio
(originario di Bolognola, presso Camerino, documentato
dal 1443 al 1476)
Crocifissione fra i santi Sebastiano, Pietro, Lorenzo e
Girolamo (registro superiore di polittico)
1462-1465 circa
Tempera e oro su tavola, 190 x 60 cm (tavola centrale);
154 x 43 cm ciascuno (scomparti laterali)
Acquisto 1914
Milano, Pinacoteca di Brera (in deposito dal Museo Poldi
Pezzoli (n. inv. 0062b)
Iscrizioni: sul tabellone posto sopra la croce, la sigla “I.N.R.I.” (Iesus Nazarenus Rex Iudeorum); sul fregio del
parapetto architettonico degli scomparti laterali sono vergati i nomi dei rispettivi santi raffigurati: “S(ANTUS)
SEBASTIANUS”; “SANCTU(S) PETRUS”; “S(ANCTUS) LAUREMTIUS”
[sic]; “S(ANCTUS) IERONIMUS”
Provenienza: Gualdo Tadino, abbazia di San Benedetto; Gualdo Tadino, chiesa di San Francesco,
sagrestia, 1776-1796; in seguito di nuovo in San Benedetto, nella sagrestia; Milano, Museo Poldi Pezzoli,
1914. Dal 1922 l’intero polittico, comprendente entrambi i registri, è stato ceduto in deposito dal Museo Poldi
Pezzoli alla Pinacoteca di Brera.
Restauri: Paola Zanolini, sotto la direzione di Rosalba Tardito della Soprintendenza per i Beni Artistici e
Storici della Lombardia occidentale, 1991
Il restauro effettuato nel 1991 da Paola Zanolini ha rivelato, sotto la polvere e la sottile vernice ossidata, una
superficie pittorica discretamente preservata. Alcune lacune, localizzate soprattutto in corrispondenza della
veste di san Pietro e nella parte inferiore della Crocifissione, sono state reintegrate nel corso dell’intervento.
L’oro del fondo, che è ancora quello originale, appare consunto in più punti, tanto da far apparire il
sottostante bolo rosso. Le comici delle cuspidi, intagliate a motivi fogliacei, sono originali, compresa quella
centrale, in cui compare Cristo benedicente, mentre le colonnine tortili e i relativi capitelli furono eseguiti nel
1925, dopo l’ingresso delle tavole a Brera. È stato proposto, sia pure dubitativamente, che l’autore delle parti
superstiti della carpenteria originale possa essere identificato con Giovanni di Stefano da Montelparo,
intagliatore attivo per il polittico di Niccolò di Liberatore in San Francesco a Gualdo Tadino (Crocetti 1990,
pp. 24-25). Nelle fotografie del polittico eseguite a inizio Novecento, in occasione della sua presentazione
alla Mostra d’antica arte umbra di Perugia del 1907 (Perkins 1907, fig. a p. 95; Onoli 1908, tav. 85; Bairati
2000, fig. a p. 50; Bairati 2003, p. 783 fig. 4) sono ancora visibili le colonnine tortili originali della cornice, che
erano più grandi delle attuali e munite di un capitello appena accennato; la terminazione intagliata a forma di
giglio delle cuspidi dei pannelli dei santi Pietro e Lorenzo, che era spezzata, fu integrata nel 1925, quando fu
eseguita la cornice moderna. Queste vecchie fotografie mostrano le tavole semplicemente accostate fra loro,
e la sequenza non rispetta probabilmente quella originaria (Berenson 1907, p. 132; Bairati 2003, p. 783 fig.
4); tuttavia è verosimile che suggeriscano il corretto allineamento dell’imposta degli archi delle cuspidi allo
stesso livello, mentre nella ricostruzione effettuata presso la Pinacoteca di Brera nel 1925, mantenuta anche
nell’attuale allestimento, la Crocifissione è innalzata in maniera innaturale di diversi centimetri rispetto ai
pannelli laterali.
Nel pannello centrale, ai lati della croce, in un paesaggio aspro e desolato, si ergono le figure della Vergine e
di Giovanni evangelista, che esprimono nei volti e con i gesti delle mani la disperazione per la morte di
Cristo; le loro gambe sono seminascoste da due quinte di roccia. Il corpo di Gesù è abbandonato in avanti, il
sangue gli cola copiosamente dalle ferite, fino a bagnare il teschio di Adamo, nella grotta ai piedi della croce.
Il tabellone recante la scritta “I.N.R.I”, collegato alla croce da un sottile peduncolo, ritorna spesso nelle opere
del nostro artista e in quelle dei suoi amici e compagni Giovanni Boccati e Girolamo di Giovanni (si vedano
la luneta dell’Annunciazione di Spermento e le Crocifissioni di Castel San Venanzio e di Sarnano di Giovanni
Angelo, quelle della Sabauda di Torino, del registro superiore del polittico di Belforte, di Raggiano e di
Esztergom di Boccati, della collezione Purvis in Scozia, della Galleria di Urbino e del registro superiore del
polittico di Monte San Martino di Girolamo di Giovanni: A. Di Lorenzo, M. Minardi, F. Marcelli, in Pittori 2002,
Maestro dell’Annunciazione di Spermento (Giovanni Angelo d’Antonio?), cat. 3, 4, 10, Boccati, cat. 7, 19 e
24, Girolamo, cat. 5, 6, 8. Cfr. Feliciangeli 1910, p. 6). Negli scomparti laterali, Sebastiano non è
rappresentato nudo e trafitto dai dardi, ma è un giovane cavaliere che tiene in mano un’unica freccia,
secondo un’iconografia diffusa nelle Marche, che avrà notevole fortuna anche nelle opere di Carlo Crivelli;
Pietro è raffigurato in veste di primo vescovo di Roma; Lorenzo, con la dalmatica da diacono in velluto
broccato (decorata con fiori di cardo, come le maniche della ricca veste di Sebastiano), tiene in mano una
piccola graticola vista di scorcio, graffita sul fondo dorato; i tre santi rivolgono lo sguardo in alto, verso
l’immagine di Cristo crocifisso, ma anche verso quella, intagliata, del Redentore benedicente, posta al
culmine della cuspide centrale. Girolamo è la figura più commovente di tutte: accompagnato dal leone che
gli si arrampica sulle gambe, con la lingua penzoloni come un cagnolino, tiene aperto davanti a sé il testo
della Vulgata, che scruta con grande concentrazione attraverso gli occhialini dorati a pince-nez, le rughe
della fronte aggrottate, e legge a voce alta, come rivela la bocca dai denti candidi, socchiusa. Dal cappello
cardinalizio, posato sul davanzale, pendono due fiocchi, che sormontano illusionisticamente il fregio del
parapetto, inquadrando l’iscrizione “S(ANCTUS) IERONIMUS”.
I santi, rappresentati a tre quarti di figura, si sporgono da una balconata (la cui cornice è decorata ad
astragali e fogliette sovrammesse, come altre architetture dipinte da Giovanni Angelo d’Antonio, che ne
aumenta lo slancio ascensionale. Sopra ciascuno di essi lo spazio della cuspide è sfruttato per collocarvi
una figura di serafino.
Le tavole provengono dall’abbazia, poi (dal 1848) collegiata di San Benedetto a Gualdo Tadino, che si deve
ritenere l’originaria destinazione del polittico di cui costituivano il registro superiore. Il 28 ottobre 1888 un
inventario delle opere d’arte conservate nelle chiese di Gualdo Tadino ne registra la presenza presso la
sagrestia di San Francesco dl Gualdo, le dichiara provenienti da San Benedetto e le giudica dipinti “di gran
merito”, attribuiti a Matteo da Gualdo. Erano state trasferite nella chiesa francescana verso il 1875, a causa
dei lavori di ampliamento della collegiata, dove tornarono nel 1896, quando San Benedetto fu riaperta al
culto (Bairati 2000, pp. 47-49). L’inventario del 1888 descrive così le pitture in oggetto: “nel centro Cristo
crocifisso affiancato dalla Vergine e San Giovanni, ai lati a mezza figura, San Pietro apostolo e San Lorenzo
martire, San Facondino e San Girolamo dottore” (Regesto, in Museo 2000, p. 168, n. 7).
Nelle fotografie del polittico eseguite a inizio Novecento, in occasione della sua presentazione alla Mostra
d’antica arte umbra di Perugia del 1907, (Berenson 1907, p. 132; Mason Perkins 1907, fig. a p. 95; Gnoli
1908, tav. 85; Bairati 2000, fig. a p. 50; Bairati 2003, p. 783, fig. 4), sono ancora visibili le colonnine tortili
originali della cornice, che erano più grandi delle attuali e munite di un capitello appena accennato; la
terminazione intagliata a forma di giglio delle cuspidi dei pannelli dei santi Pietro e Lorenzo, che era
spezzata, fu integrata nel 1925, quando fu eseguita la cornice moderna. Queste vecchie fotografie mostrano
le tavole dell’ancona semplicemente accostate fra loro, e la sequenza non rispetta probabilmente quella
originaria; tuttavia è verosimile che suggeriscano il corretto allineamento dell’imposta degli archi delle cuspidi
allo stesso livello, mentre nella ricostruzione effettuata presso la Pinacoteca di Brera nel 1925, mantenuta
anche nell’attuale allestimento, la Crocifissione è innalzata in maniera innaturale di diversi centimetri rispetto
ai pannelli laterali.
Dopo essere tornato in San Benedetto, nel 1907 il polittico fu presentato nella Mostra d’antica arte umbra di
Perugia, dove fu giudicato una delle opere di maggiore interesse. Nella rassegna perugina le tavole in
esame erano esposte accanto al polittico di San Pellegrino presso Gualdo Tadino (Catalogo 1907, pp. 5960), e apparve subito chiaro ai più avvertiti fra gli studiosi di storia dell’arte che si trattava di due opere
eseguite dallo stesso autore (Mason Perkins 1907, p. 95). Fu Guido Cagnola (G. Cagnola, in Mason Perkins
1907, p. 95 nota 2) a pensare per primo che il pittore in questione potesse essere quello stesso Girolamo di
Giovanni documentato a Padova nel 1450 e firmatario nel 1473 del polittico di Monte San Martino, che nel
1905 era stato esposto alla mostra di Macerata (Esposizione 1905, pp. 45-46, cat. n. 12). Bernard Berenson,
in un fondamentale articolo monografico immediatamente successivo, in cui per la prima volta furono
ricostruite la personalità artistica e il catalogo di Girolamo di Giovanni, asserì (forse anche con astute finalità
di tipo commerciale) che il registro superiore di Gualdo Tadino apparteneva a un’ancona il cui ordine
inferiore era costituito dalla Madonna con il Bambino del Museo Poldi Pezzoli e da quattro santi di proprietà
dell’antiquario Dowdeswell di Londra (Berenson 1907, pp. 131-133). Il museo milanese raccolse con
entusiasmo il suggerimento dello studioso americano e nel giro di pochi anni fu in grado di riunire i frammenti
dispersi: nel 1910 acquistò, grazie anche a un contributo di Guido Cagnola, i quattro santi di Dowdeswell, e
nel 1914 si assicurò anche il registro superiore, dopo una lunga e laboriosa trattativa con la fabbriceria di
San Benedetto di Gualdo, condotta in prima persona dal soprintendente di Milano Ettore Modigliani (Dragoni
2003). Nel 1922 l’ancona così ricomposta, risultata troppo voluminosa per gli spazi della casa-museo
milanese, fu ceduta in consegna alla Pinacoteca di Brera, in cambio del deposito del famoso tappeto
persiano con scene di caccia (E. Daffra, A. Di Lorenzo, in Pinacoteca 1992, pp. 138-139). Per l’esposizione
a Brera fu realizzata nel 1925 la cornice neogotica che racchiude le tavole del polittico (Salmi 1925-1926, pp.
90, 95 fig. 12), in cui però, come si è visto, non sono probabilmente rispettati, per quanto concerne il registro
superiore, né la giusta sequenza, né il corretto allineamento dei pannelli. Recentemente ci si è resi conto
che per molte ragioni la ricostruzione del polittico proposta da Berenson non è attendibile: non
corrispondono né l’iconografia (dato che i santi agostiniani raffigurati nell’ordine inferiore non sono giustificati
in un dipinto di provenienza benedettina), né l’illuminazione, il che in un pittore di scuola pierfrancescana
costituirebbe un’incongruenza difficile da giustificare (la luce viene da sinistra nel registro superiore, da
destra in quello inferiore), né le proporzioni delle figure, visto che i santi dell’ordine inferiore risultano
leggermente, ma sensibilmente, più piccoli di quelli collocati in alto (Di Lorenzo 1998). È quindi assai
probabile che il registro inferiore e quello superiore del polittico braidense appartenessero a due ancone
differenti: l’ordine inferiore, in cui sono raffigurati dei santi agostiniani, potrebbe provenire dall’altare
maggiore della basilica di San Nicola a Tolentino (l’ipotesi, avanzata da A. Di Lorenzo, in Pittori 2002, p. 336,
è stata riproposta con nuovi argomenti da Coltrinari 2004, pp. 76-100); quello superiore, realizzato per la
collegiata di Gualdo Tadino, risulta mancante dell’ordine inferiore. Di quest’ultimo potrebbe costituire un
frammento del pannello centrale (Di Lorenzo 1998, pp. 60-61) la splendida Madonna col Bambino segnalata
da Carlo Volpe ad Antonio Paolucci nel 1970, all’epoca conservata in collezione privata a Roma (Paolucci
1970, p. 36 e fig. 38; Mazzalupi, in Pittori 2002, Maestro dell’Annunciazione di Spermento (Giovanni Angelo
d’Antonio?), p. 339, cat. 15, e fig. a p. 338; la tavola era stata venduta nel 1963 all’asta della Galleria Fischer
di Lucerna del 3-7 dicembre 1963, lotto n. 1117, per 30.000 franchi svizzeri; il catalogo d’asta ne indica le
misure in 56 x 38,5 cm), che mostra la stessa provenienza della luce, da sinistra, e le medesime coordinate
stilistiche dei dipinti in esame. Nelle tavole laterali del registro inferiore del polittico della collegiata di San
Benedetto di Gualdo, che risultano disperse e che ci si augura possano un giorno tornare alla luce, si può
supporre che fossero raffigurati anche dei santi benedettini, come lo stesso Benedetto o la sorella
Scolastica, o Mauro, Placido, Flavia…
A partire dalla ricostruzione della personalità artistica di Girolamo di Giovanni effettuata da Berenson (1907),
i pannelli del polittico di Brera sono sempre stati considerati, nella bibliografia critica dedicata al maestro
camerinese, fra le sue opere più emblematiche, insieme a dipinti come l’affresco del 1449, la Crocifissione di
Castel San Venanzio, l’Annuciazione di Spermento, la Madonna già in collezione Cini, oggi a Urbino, lo
stendardo di Sarnano, l’affresco del 1462. Le ricerche svolte in preparazione alla mostra Il Quattrocento a
Camerino. Luce e prospettiva nel cuore della Marca (Camerino 2002), e al volume Pittori a Camerino nel
Quattrocento (2002), hanno permesso di spostare questi dipinti nel catalogo del Maestro dell’Annunciazione
di Spermento, che all’epoca dell’esposizione camerte del 2002 era identificato con Giovanni Angelo
d’Antonio da Camerino ancora con un certo margine di dubbio (cfr. De Marchi 2002a, pp. 54-62; De Marchi
2002b, pp. 42-43; Di Lorenzo 2002). Il ritrovamento, da parte di Matteo Mazzalupi, della quietanza di
pagamento a Giovanni Angelo d’Antonio per la Crocifissione di Castel San Venanzio datata 1452, uno dei
dipinti più significativi fra quelli riuniti intorno al Maestro dell’Annunciazione di Spermento, ha consentito di
sciogliere anche i residui dubbi concernenti questo appassionante rebus filologico (cfr. Mazzalupi 2003a;
Mazzalupi 2003b; per ulteriori importanti ritrovamenti documentari su Giovanni Angelo d’Antonio, che
integrano e completano il Regesto dei pittori a Camerino nel Quattrocento di Emanuela Di Stefano e
Rossano Cicconi, pubblicato in Pittori 2002, pp. 448-466, cfr. Mazzalupi 2004a; Mazzalupi 2004b; Mazzalupi
2004-2005). Giovanni Angelo, oltre all’ancona della collegiata di San Benedetto, ne realizzò un’altra
destinata al territorio di Gualdo Tadino, tuttora in situ, per la chiesa di San Pellegrino, nelle immediate
vicinanze della cittadina umbra. Questo secondo polittico gualdese, come recita l’iscrizione dedicatoria, è
datato 1465, “T(EM)P(O)RE
DO(MI)NI AGNELI FRANCISCI DE GUALDO”,
che fu commissario e procuratore del
cardinale Filippo Calandrini, vescovo di Bologna e commendatario dell’abbazia di Santa Maria di Sitria al
passo della Scheggia, dalla quale la chiesa di San Pellegrino dipendeva (Bairati 2003, p. 770). Matteo
Mazzalupi ha notato come lo stemma raffigurato nel polittico di San Pellegrino, sotto la figura del Dio Padre,
appartenga proprio al Calandrini, e che anche la presenza dell’apostolo Filippo al posto d’onore nella stessa
ancona, alla destra della Madonna, sia da intendersi come un preciso omaggio al porporato (Mazzalupi
2003-2004, p. 121 nota 69). Filippo Calandrini alla sua morte, nel 1476, lasciò vacante, oltre all’abbazia di
Sitria, anche quella di San Benedetto di Gualdo (Eubel 1901, p. 11 nota 5, segnalatomi da Matteo
Mazzalupi, che ringrazio), e fu quindi con ogni probabilità il committente di entrambi i polittici gualdesi di
Giovanni Angelo d’Antonio. Egli era fratellastro di papa Niccolò V, e fu verosimilmente nominato abate
commendatario della Sitria e di San Benedetto di Gualdo da quest’ultimo, magari in occasione di una delle
visite del pontefice a Gualdo Tadino, avvenute nel 1449 e nel 1450 (Guerrieri 1933, pp. 132-133). Forse il
successo riscosso dall’ancona dell’abbazia benedettina di Gualdo indusse Calandrini a richiedere al pittore
camerinese di realizzare anche quella per San Pellegrino, che mostra delle coordinate stilistiche assai
vicine, anche se declinate in chiave più rustica e popolaresca, come si addiceva a una commissione
eseguita per una chiesa del contado. Giovanni Angelo era del resto un artista abituato ad agire su più registri
e a eseguire le sue opere sia per l’ambiente aulico della corte varanesca che per i devoti parrocchiani dei
piccoli centri dello stato camerte. Una datazione di poco precedente la metà del settimo decennio
giustificherebbe i rapporti di stretta affinità stilistica che legano il registro superiore del polittico braidense
all’affresco datato 1462, proveniente da San Francesco a Camerino e conservato nella Pinacoteca
comunale (A. Di Lorenzo, in Pittori 2002, Maestro dell’Annunciazione di Spermento (Giovanni Angelo
d’Antonio?), pp. 329-330, cat. 12), che mostra nel timpano dell’edicola del trono un serafino analogo a quelli
raffigurati nella cuspide della tavola in esame (Minardi 2003, p. 335). Il polittico di San Benedetto a Gualdo
Tadino si inserisce perfettamente fra le opere eseguite da Giovanni Angelo nel corso del settimo decennio,
in una serie che comprende l’affresco del 1462, il registro inferiore del polittico di Brera, verosimilmente
proveniente dalla basilica di San Nicola a Tolentino, la deliziosa Madonna col Bambino di Serravalle, datata
1465, rinvenuta recentemente, il polittico di San Pellegrino, il San Giovanni Battista di Avignone, il
frammento strappato a massello di una Madonna della Misericordia conservato nella chiesa di San
Francesco a Pontelatrave, la Madonna della Misericordia della chiesa di Villa a Cessapalombo, del 1468,
l’affresco di Valle San Martino (cfr. A. De Marchi, A. Di Lorenzo, M. Mazzalupi, in Pittori 2002, Maestro
dell’Annunciazione di Spermento (Giovanni Angelo d’Antonio?), pp. 329-350, cat. 12, 13, 18, 19, 20, 22, 23,
24). Si tratta di una fase straordinariamente felice della pittura del nostro maestro, in cui, superato il periodo
più entusiasticamente aderente alla cultura padovana, egli interpreta la lezione prospettica e il chiaro
luminismo di Piero della Francesca con accenti di intensa verità e di viva partecipazione umana, come si può
apprezzare in dettagli stupendi quali la bambina rivolta verso lo spettatore nella Madonna della Misericordia
di Villa a Cessapalombo o lo stesso san Girolamo assorto e riflessivo qui esposto.
Andrea Di Lorenzo
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