Le competenze dell`insegnante

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Le competenze dell`insegnante
Capitolo
La competenza e la sua valutazione
I
n questo capitolo ci proponiamo di chiarire i concetti che saranno la base per
la trattazione successiva. Ci soffermeremo pertanto sul concetto di competenza,
sulle sue modalità di valutazione e sul significato di bilancio di competenze.
Definiremo, dunque, la competenza a partire dalla letteratura sul tema, tenendo
presenti i due contesti principali nei quali la riflessione si è sviluppata: il mondo
del lavoro e quello della formazione. Ci focalizzeremo in particolare sulle definizioni elaborate in ambito formativo, poiché illustrano in maniera più dettagliata
le singole dimensioni del costrutto. Identificheremo poi le modalità di valutazione
della competenza: a partire dalle forme più analitiche fino a quelle più globali,
tra le quali rientra il bilancio di competenze.
Nella seconda parte del capitolo forniremo alcune definizioni di bilancio di competenze, mettendo in luce le finalità, le applicazioni e le caratteristiche distintive
di tale intervento. In tal modo potremo poi, nei capitoli successivi, approfondire
le applicazioni del bilancio di competenze in ambito lavorativo e formativo.
L’itinerario delineato ci consentirà di evidenziare progressivamente gli elementi
distintivi del percorso di bilancio rivolto agli insegnanti.
La competenza
Il costrutto di competenza è particolarmente complesso. Esso è stato studiato
da diverse discipline (dalla linguistica, alla psicologia, alla sociologia del lavoro,
alla pedagogia), che ne hanno proposto molteplici definizioni e ne hanno accentuato, di volta in volta, aspetti differenti.
Occorre dunque tracciare le linee di sviluppo del concetto e individuare una
possibile definizione, che ne metta in luce le componenti. Ciò consentirà di comprendere meglio gli assunti a fondamento degli interventi di bilancio.
Sviluppo del concetto di competenza
La riflessione sul concetto di competenza si sviluppa a partire dagli anni
Sessanta del Novecento sulla scia delle ricerche maturate in diversi settori: la distinzione tra competenza e performance linguistica operata da Chomsky (1965); gli
1
studi di McClelland (1973) sulla disparità tra i predittori istituzionali e le effettive
prestazioni dei dirigenti e dei professionisti; le ricerche sui processi cognitivi,
che mettono in luce le differenti condotte utilizzate dai novizi e dagli esperti; gli
studi sulle intelligenze artificiali e sulla costruzione dei sistemi esperti, che hanno
evidenziato la complessità cognitiva delle operazioni sottostanti alle prestazioni
specialistiche (riconoscere, valutare, combinare, misurare, comparare); le ricerche sull’apprendimento, sulla motivazione, sull’intenzionalità che sottolineano la
componente volitiva e dinamica della competenza (Consoli, 2002).
Possiamo dunque individuare alcuni passaggi fondamentali che hanno contribuito allo sviluppo di tale concetto, considerando inizialmente le riflessioni maturate
nell’ambito del lavoro e della formazione professionale, che ben evidenziano tale
evoluzione (Pellerey, 2001).
1. All’inizio degli anni Sessanta prevale una concezione del termine di matrice
comportamentista, strettamente legata alle nuove modalità adottate dal processo di produzione post-fordista. La competenza è intesa come una prestazione
che il soggetto è in grado di manifestare a un livello di qualità adeguato alle
esigenze del contesto che la richiede. A tale concezione si accompagna un’idea
di professionalità intesa come capacità del lavoratore di svolgere e portare a
termine i compiti richiesti. Essa consente anche di individuare settori e livelli
di professionalità all’interno dei quali inserire e classificare i lavoratori.
2. Alla fine degli anni Sessanta viene attuata una distinzione sostanziale tra la
qualificazione rispetto a un impiego (ossia le conoscenze teoriche e pratiche
necessarie per occupare un determinato posto di lavoro) e la qualificazione di
un individuo (le conoscenze teoriche e pratiche acquisite da questi con l’esperienza). Si sviluppa dunque l’idea che l’individuo possieda alcune disposizioni
personali interne, che costituiscono un elemento portante della competenza e
che sono il presupposto dell’espressione della prestazione. Tale concezione (di
matrice cognitivista) considera le diverse prestazioni che il soggetto è in grado
di fornire in un ambito specifico come indicatori di una particolare competenza.
Essa richiama la distinzione chomskiana tra competenza (ciò che il soggetto è
potenzialmente in grado di realizzare) e performance (il comportamento osservabile effettivamente attuato). Con competenza si intende, dunque, una disposizione interna astratta che consente all’individuo di riconoscere, monitorare e
gestire i processi cognitivi, volti all’acquisizione delle conoscenze dichiarative
e procedurali e a governare le prestazioni dell’individuo in situazione (Varisco,
2004).
3. All’inizio degli anni Ottanta viene ulteriormente precisata la definizione di
compito lavorativo, inteso come sistema strutturato di operazioni che si devono realizzare in maniera integrata per produrre specifiche trasformazioni della
realtà. Conseguentemente, la competenza viene a essere intesa come un insieme
organico di conoscenze, abilità e atteggiamenti, che deve essere mobilitato nelle
concrete situazioni di lavoro, al fine di poter portare a termine in maniera valida
ed efficace un compito lavorativo. Le competenze si sviluppano in maniera
graduale e quelle più specifiche possono via via integrarsi tra loro, per costituire
competenze più complesse. Questa concezione è di particolare rilevanza per
l’ambito formativo, dove le competenze si costruiscono progressivamente, ed
16 ◆ Le competenze dell’insegnante
è quindi necessario poter identificare e valutare i diversi livelli di acquisizione
delle stesse. Il processo di sistematizzazione del concetto di competenza porta
all’individuazione di alcune delle componenti che lo caratterizzano: le conoscenze dichiarative, le conoscenze procedurali e le metaconoscenze, che definiremo
nel prossimo paragrafo.
4. L’uso del termine competenza si espande intorno agli anni Novanta sulle suggestioni derivanti dalla sempre maggiore flessibilità richiesta dal mondo del
lavoro: all’approccio tradizionale centrato sul mestiere (saper fare professionale)
si sostituisce quello legato alla qualifica (saper agire professionalmente), che
comprende una più ampia gamma di funzioni e ruoli e che favorisce la mobilità
dei lavoratori (Pinte, 2004).
Tra le componenti della competenza vengono individuate: le conoscenze, ossia
i saperi specifici richiesti da una professione; le abilità professionali connesse allo
svolgimento dell’attività di lavoro; le qualità, ossia le doti personali necessarie
per implementare le capacità e orientare i comportamenti organizzativi (Quaglino,
1993). La competenza viene intesa come la capacità di saper mobilitare tali conoscenze, abilità e qualità per far fronte a situazioni diverse (Le Boterf, 1994).1
Accanto alle componenti di tipo cognitivo e pragmatico, si riconosce il ruolo
di quelle affettive, culturali e sociali (Wittorski, 1998).
Ricordiamo, ad esempio, la definizione adottata nella normativa francese sul
bilancio di competenze, che definisce la competenza come «insieme dei saperi
mobilizzabili e mobilitati in situazione di lavoro» e identifica tra le sue componenti
principali, accanto alle conoscenze, ai «saper fare», alle attitudini e alle abilità socio-relazionali, anche la motivazione, ossia la volontà di mettere in opera le proprie
competenze e di svilupparle laddove ce ne sia la possibilità (Joras, 1995).
La nozione di competenza, così intesa, si diffonde in più direzioni: dall’ambito manageriale, alle risorse umane, alla formazione professionale continua, alla
scuola, stimolando anche la messa a punto di sistemi di certificazione, finalizzati
a favorire l’integrazione tra istruzione, formazione e lavoro.
Definizione di competenza
I molti studi presenti in letteratura consentono di proporre una definizione
di competenza2 che ne mette in luce la complessità e le diverse componenti che la
caratterizzano, con riferimento, in particolare, alle definizioni emergenti in ambito formativo e educativo. Dal momento, infatti, che la formazione ha il compito
primario di promuovere la costruzione delle competenze, è in questo settore che
si possono riscontrare definizioni analitiche, che prendono in esame in maniera
1
2
Sempre in questo periodo si sviluppa il dibattito sulle metacompetenze o competenze trasversali
(Pinte, 2004). Sulla questione si vedano gli studi di Le Boterf (1994; 1997), di Rey (1997) e le
interessanti analisi svolte da Frega (2001a; 2001b).
La trattazione sistematica del costrutto di competenza, data la vastità della letteratura sul tema, esula
dagli scopi del presente lavoro, finalizzato a presentare lo strumento del bilancio di competenze
e le sue possibili applicazioni in contesto professionalizzante. Ci si limiterà dunque a fornire una
definizione articolata del concetto e a descrivere gli elementi che lo costituiscono, rimandando
alla bibliografia per ulteriori approfondimenti.
Capitolo 1 – La competenza e la sua valutazione ◆ 17
approfondita le diverse componenti del costrutto. Inoltre, il focus principale del
presente lavoro è la messa a punto di un percorso di bilancio rivolto, in prima istanza,
a studenti, sia pure al termine del percorso formativo. Scegliamo dunque in questo
ambito una definizione che riteniamo particolarmente completa e pertinente ai fini
del nostro lavoro: la competenza si caratterizza come «un sistema di conoscenze
(dichiarative, procedurali e contestuali o condizionali), organizzato […] in schemi
operativi (o reti, o piani) finalizzati a identificare e a risolvere, autonomamente,
con rapidità, sicurezza e con parziali adattamenti delle strategie, una famiglia di
problemi con un’azione efficace», attraverso anche l’attivazione di condotte di
«autoregolazione dell’attività cognitiva (metacognizione) e motivazionale (volizione)» (Coggi, 2005a, p. 361).
Analizzeremo ora nel dettaglio le singole componenti del costrutto.
a) Competenza come sistema di conoscenze
La competenza si configura come un insieme organico e integrato di conoscenze (individuali e collettive) di vario tipo:
– dichiarative, che riguardano le informazioni che si possiedono rispetto a un
determinato ambito;
– procedurali, che riguardano le modalità attraverso le quali può essere svolto un
compito;
– contestuali, che designano le condizioni di utilizzo delle prime due.
b) Competenza come orchestrazione di schemi di azione
L’esercizio della competenza si attua attraverso operazioni mentali complesse, che permettono di determinare (più o meno consciamente e rapidamente)
e di realizzare (più o meno efficacemente) un’azione che consente di risolvere la
situazione da affrontare. Il concetto di schema di azione (di matrice piagetiana) si
riferisce ai modelli di azione che la persona mette in atto per portare a termine un
determinato compito. Esso costituisce una strategia che orienta e guida la risoluzione di un insieme di problemi simili (una famiglia di problemi). Più la persona
è competente, più è capace di individuare rapidamente le strategie da mettere in
atto e di risolvere, attraverso esse, velocemente ed efficacemente il problema che
si trova davanti. La padronanza di tali schemi è determinata al contempo dalla
pratica, che consente al soggetto di «fare esperienza», e dalla riflessione critica,
che consente di categorizzare e classificare i problemi che si incontrano.3
c) Competenza come mobilitazione di risorse per risolvere una famiglia di problemi
Una delle caratteristiche distintive della competenza, messa in luce da più
autori, è legata al processo di mobilitazione e trasferimento delle conoscenze, dei
saperi pratici e metodologici e degli schemi di azione a situazioni diverse rispetto
a quelle nelle quali fino a un dato momento queste risorse sono state utilizzate. Se
la situazione nuova può essere collegata a una famiglia di problemi già conosciuta
3
Sul concetto di «schema di azione» applicato alla competenza si vedano Altet (1996), Perrenoud
(1997), Vergnaud (1999), Pellerey (2001).
18 ◆ Le competenze dell’insegnante
dal soggetto, le risorse adeguate saranno reperite in tempi relativamente rapidi,
se invece ciò non è possibile occorrerà un lavoro di progressiva identificazione e
mobilitazione delle risorse utili ad affrontare il problema.4
d) Competenza e metacognizione
La metacognizione è un elemento cardine nella costruzione della competenza,
poiché rende possibile il lavoro di scelta delle strategie più efficaci per risolvere un
problema e consente di monitorare l’efficacia delle stesse e di strutturare conoscenze
anche sulle strategie. Il concetto di metacognizione, infatti, comprende due dimensioni principali: le metaconoscenze, ossia la conoscenza da parte dell’individuo dei
propri processi cognitivi, e la capacità di mettere in atto processi di autocontrollo
delle attività cognitive stesse, quali il pianificare lo svolgimento del compito, il
monitorarne l’andamento e la valutazione dei risultati. Essa interviene dunque nella
gestione della competenza in situazione e nella sua mobilitazione (Coggi, 2002).
e) Competenza e processi affettivi, volitivi e motivazionali
Ulteriori approfondimenti sul costrutto vengono da studi recenti che evidenziano, nella costruzione e nella manifestazione della competenza, il ruolo dei
processi affettivi, volitivi e motivazionali.
Wittorski (1998), ad esempio, individua nella componente affettiva (che
coinvolge l’immagine di sé, l’investimento emotivo e la motivazione ad agire) il
motore della competenza.
Particolarmente interessante, su questa linea, è la definizione proposta da
Allal. L’autrice definisce la competenza come
[...] una rete integrata e funzionale, formata da comportamenti cognitivi, affettivi,
sociali, sensomotori, suscettibile di essere mobilitata in azioni finalizzate a far
fronte a una famiglia di situazioni, fondata sull’acquisizione di modi di interazione
e di strumenti socioculturali. (Allal, 1999, p. 80)
Valutazione della competenza
Data la natura complessa del costrutto considerato, occorre individuare adeguate modalità di valutazione, tali da consentire di formulare giudizi affidabili a
proposito di una o più competenze individuate.
A tal fine è necessario, in primo luogo, costruire un référentiel, ossia un
sistema di riferimento, che identifichi le conoscenze e le azioni caratteristiche
dell’insieme di competenze che costituiscono lo specifico profilo (a livello professionale o formativo) rispetto al quale si intende attuare la valutazione. Possono
anche essere definiti diversi livelli di acquisizione delle competenze individuate
(Tarquinio, 2001).
Su questa base è quindi possibile predisporre gli strumenti che consentano
di verificare il livello di acquisizione della competenza da valutare. Si possono,
4
Sul concetto di mobilitazione si vedano Perrenoud (1999a) e Le Boterf (2000). Il processo di
mobilitazione connota la competenza in maniera talmente forte che Le Boterf (1994), propone di
definire la competenza come la capacità di mobilitare una serie di risorse cognitive per far fronte
a una situazione complessa. Essa dunque non risiederebbe tanto nelle risorse da mobilitare, ma
nella mobilitazione stessa di queste risorse.
Capitolo 1 – La competenza e la sua valutazione ◆ 19
ad esempio, proporre situazioni-problema contestualizzate, che comportino l’attivazione di una competenza o prevedano l’utilizzo di un insieme di competenze
integrate tra loro (De Ketele, 2001). Si individuano così modalità di valutazione
delle competenze di tipo analitico o di tipo complessivo.
In ambito educativo e formativo, dove un aspetto particolarmente delicato
è quello della costruzione delle competenze, è importante, soprattutto nella fase
iniziale e centrale del percorso, considerarne le sue singole componenti, per poter
intervenire in maniera mirata laddove si manifestino delle difficoltà. Si analizzano
quindi i singoli elementi che costituiscono la competenza considerata: le conoscenze e i processi di costruzione delle stesse; la capacità di utilizzarle al momento
giusto, in tempo reale e in modo coerente con la situazione (mobilitazione); la
rapidità, la potenza e l’originalità dello schema scelto per la soluzione; l’uso della
metacognizione (Coggi, 2002).
Al termine del percorso formativo o in ambiti come quello della formazione
professionale e quello lavorativo, può essere utile una valutazione globale della
competenza, che metta in luce il saper agire del soggetto nelle diverse situazioni,
quale quella proposta dal bilancio.
La valutazione, sia essa focalizzata sulla competenza nel suo complesso o sui
singoli elementi che la costituiscono, non può comunque prescindere dal coinvolgimento dei soggetti in esperienze concrete, ovvero in attività autentiche e significative
perché relative a specifici e reali contesti applicativi (Varisco, 2004).
Si rileva, inoltre, l’importanza di valutare le diverse componenti della competenza secondo tre dimensioni:
– soggettiva, che si fonda sull’autopercezione del soggetto;
– intersoggettiva, che rimanda al contesto sociale di appartenenza e al suo sistema
di attese e criteri di giudizio;
– oggettiva, che fa riferimento a indicatori di competenza validati su ampia scala,
che permettono una valutazione normativa, finalizzata a una certificazione che
possa essere spesa anche al di fuori dello specifico contesto di appartenenza
(Pellerey, 2004).
Nel caso di forme di valutazione di tipo complessivo, il bilancio di competenze ben si presta a essere utilizzato come strumento utile a tener conto in maniera
globale della competenza o, più spesso, dell’insieme di competenze considerate.
Esso potrebbe favorire l’integrazione tra questi tre punti di vista coinvolti, ponendosi come un’attività nella quale i diversi attori del processo valutativo possono
confrontarsi.
Il bilancio di competenze
Il termine bilancio deriva dal verbo «bilanciare», originariamente utilizzato
nel senso di «pesare con la bilancia (la moneta), equiparare, pareggiare» e, in senso
figurato, «considerare attentamente più cose confrontandole».
Il concetto di bilancio viene oggi comunemente applicato in campo economico
finanziario per indicare il lavoro di confronto tra le entrate e le uscite, effettuate e
previste, di un’azienda, una famiglia, una persona (bilanci consuntivi e preventivi).
20 ◆ Le competenze dell’insegnante
La sua funzione è quella di valutare una specifica situazione finanziaria al fine di
effettuare previsioni, compiere scelte adeguate, impostare in maniera realistica le
proprie esigenze e aspirazioni. Analogamente, in ambito sanitario, si parla di bilancio
dello stato di salute di una persona (o check-up) per indicare le analisi effettuate allo
scopo di valutare la presenza o la possibilità di patologie, in maniera da consentire
alla persona di attuare le opportune misure preventive (Pellerey, 2004).
In senso figurato si parla poi di bilancio come di una valutazione riassuntiva
di una situazione in tutti i suoi aspetti, anche contrastanti («fare il bilancio delle
proprie azioni»).
Quella di bilancio si configura dunque come un’attività volta a definire in
maniera realistica una data situazione, considerandone le diverse variabili (anche
quelle meno evidenti immediatamente) che, in senso positivo o negativo, la caratterizzano, al fine di fare il punto e prevedere gli sviluppi futuri.
Una prima generale definizione di bilancio di competenze porta a indicare
tale pratica come
[...] una prestazione complessa che ha per obiettivo quello di permettere a una
persona di fare il punto (un bilancio appunto), di un percorso precedente, di
valutare una varietà di aspetti della propria vita professionale in relazione a uno
scopo. (Coggi, 2005a, p. 396)
Ripercorrere brevemente i passaggi che hanno condotto alle attuali concezioni
di bilancio può aiutare a definire meglio tale pratica.
Origini teoriche e sviluppi applicativi
Il bilancio di competenze trova la sua origine nelle riflessioni teoriche e nelle
pratiche attuate nell’orientamento. In particolare si innesta sulle teorie più recenti,
che considerano l’individuo nella sua globalità (motivazioni, interessi, valori, competenze) e nella sua dinamicità, che gli attribuiscono un ruolo attivo nel processo
di ricognizione delle esperienze, di scelta e di progettazione di sviluppo e che
considerano la progettazione personale come un processo continuo e modificabile
in funzione delle diverse esperienze di vita e del contesto esterno.
Nella psicologia dell’orientamento, si è assistito, infatti, al passaggio da teorie
centrate sulle attitudini e sulle caratteristiche «innate» dell’individuo a modelli
processuali, che prendono in considerazione la progressiva costruzione dell’identità personale e professionale dell’individuo e concepiscono l’orientamento come
una pratica che lo accompagna lungo l’intero arco della sua vita. Hanno assunto
attualmente importanza le teorie che considerano la scelta professionale in stretto
rapporto con lo sviluppo globale del soggetto, evidenziando come essa non sia un
fatto isolato ma parte di un processo che si sviluppa per fasi (Zanniello, 1997).
Si è passati, inoltre, da teorie che presuppongono un soggetto passivo, le cui
caratteristiche, rilevate dall’orientatore attraverso appositi strumenti, gli consentono l’avvio a specifiche professioni (la persona viene orientata) 5 a teorie che si
5
Come approfondimento si veda la ricostruzione storico-concettuale proposta da Pombeni (1990)
e ripresa dalla stessa Pombeni con D’Angelo (1994); da Novara e Sarchielli (1996) e da Di Fabio
(1998).
Capitolo 1 – La competenza e la sua valutazione ◆ 21
riferiscono a un soggetto attivo nel processo di scelta e di presa di decisione (la
persona si orienta), per quanto le sue decisioni possano risentire delle influenze
dell’ambiente (Guichard e Huteau, 2001). I primi sono, ad esempio, i modelli
proposti dalla psicotecnica o dalla psicologia differenziale. Quelli che ipotizzano
un soggetto attivo sono, invece, i modelli legati alla psicologia della personalità
e degli interessi professionali e alle teorie psicosociali o sociocognitive. Essi evidenziano le possibilità di autodeterminazione dell’individuo, il carattere evolutivo
dell’orientamento e le sue funzioni educative. Considerano l’importanza delle
esperienze passate (che possono aiutare a indirizzare le scelte successive) e delle
potenzialità future, che si concretizzano in un progetto sempre modificabile. Tali
modelli teorici sono all’origine delle riflessioni sul bilancio di competenze (Aubret
e Gilbert, 1997).
Le pratiche di bilancio si sviluppano, inoltre, per rispondere ai progressivi
cambiamenti intervenuti nel mondo del lavoro: la nascita di nuove professioni, la
richiesta di sempre maggiore flessibilità e la conseguente esigenza, da parte dei
lavoratori, di mobilitare le competenze personali e di poterle meglio conoscere e
valutare (Joras, 1995).
Le esperienze più diffuse e articolate di bilancio delle competenze personali
e professionali si riscontrano in Francia. A esse si farà dunque riferimento, al fine
di meglio comprendere le finalità e le modalità di attuazione degli interventi di
bilancio.6 Il sistema francese vanta una lunga tradizione legislativa, volta a favorire
la formazione professionale continua, attraverso il coinvolgimento di una rete di
organismi, l’attuazione di politiche di finanziamento ad hoc e la predisposizione
di interventi adeguati, che costituiscono terreno fertile per l’attuazione del bilancio
di competenze. Le politiche del lavoro francesi rispondono alle nuove esigenze e
consolidano le pratiche della formazione continua, a cui viene attribuito il compito
di fornire all’individuo gli strumenti per un’autonoma e responsabile gestione del
proprio percorso professionale (Mastracci, 1998).
La prima azione significativa da parte delle istituzioni francesi è la «Legge
sulla formazione continua» del 16 luglio 1971. Essa afferma il diritto del lavoratore
a partecipare a interventi formativi in orario di servizio (istituzionalizzazione delle
pratiche di formazione continua) e prevede lo sviluppo delle procedure per la valutazione dei requisiti professionali e per la validazione delle competenze acquisite
nei diversi momenti formativi, professionali e personali (Di Fabio, 2002).
Nel corso della prima metà degli anni Ottanta, grazie anche all’accelerazione
delle ristrutturazioni industriali, si assiste a una progressiva attivazione e sistematizzazione delle pratiche di bilancio di competenze, nell’ambito dei neo-costituiti
6
Tra i precedenti delle azioni di bilancio ricordiamo gli Assessment Centres americani, che vennero
istituiti nel 1945 per la riconversione professionale dei militari. Le modalità operative utilizzate
furono riprese, negli anni Sessanta del Novecento, in Francia per favorire la ricollocazione lavorativa degli operai, resa necessaria dalla modernizzazione dell’industria siderurgica (Joras, 1995).
Un ruolo importante per lo sviluppo degli interventi di bilancio è stato svolto anche dalle pratiche
attuate dalla consulenza orientativa di origine canadese, che prevede una revisione-ricognizione
critica delle proprie esperienze personali e professionali e delle capacità maturate attraverso queste (Aubret, 1991). Altrettanto importanti in questa direzione sono gli sviluppi, più recenti, delle
riflessioni sulla formazione permanente e delle pratiche per il riconoscimento e la certificazione
delle competenze acquisite (Castelli e Ancona, 1998).
22 ◆ Le competenze dell’insegnante
Centres interinstitutionnels de bilans de compétences (CIBC), precursori degli
attuali Centres de bilans de compétences.
Le riflessioni sulle esperienze dei CIBC portano alla stesura della Circolare
1944 del 16 giugno 1989, che legittima la possibilità per ogni individuo, giovane
o adulto, occupato o meno, di usufruire periodicamente di interventi di bilancio di
competenze per migliorare il proprio sviluppo personale e professionale.
I diversi studi e dibattiti sul tema, succedutisi nel corso degli anni Ottanta,
conducono, infine, all’«Accordo nazionale interprofessionale» del 3 luglio 1991
sulla formazione e il perfezionamento professionale e alla promulgazione della
Legge n. 91-1405 del 31 dicembre 1991 relativa alla formazione professionale
e all’impiego. Tale legge affianca al congedo individuale per la formazione il
congedo individuale per il bilancio di competenze, ossia riconosce la possibilità
per il lavoratore di assentarsi dal lavoro, con permesso retribuito, per partecipare
ad azioni di bilancio di competenze (la normativa prevede la possibilità di 24 ore
di permesso, durata media di un intervento di bilancio, ogni 5 anni). Essa inoltre
sancisce l’autonomia del lavoratore nella gestione del proprio bilancio, attraverso
due considerazioni emblematiche: il documento di sintesi, esito del percorso, è
destinato esclusivamente a chi ha partecipato a tale attività; inoltre, il rifiuto da
parte del lavoratore di sottoporsi a interventi di bilancio propostigli dal datore di
lavoro non è causa legittima di licenziamento (Joras, 1995). Un successivo decreto (Décret n. 92-1075 del 2 ottobre 1992) definisce il quadro metodologico del
bilancio, identificandone le tre fasi caratteristiche in cui esso si articola (si veda
il capitolo 2).
Negli ultimi dieci anni le pratiche di bilancio di competenze si sono diffuse,
diversificate, per rispondere alle richieste sociali, e sviluppate grazie ai risultati
provenienti dagli studi sul tema.
In particolare, si osserva un’evoluzione degli interventi su due fronti: l’inserimento/reinserimento lavorativo delle persone senza occupazione da un lato, il
supporto nella scelta dei percorsi formativi e nell’ingresso nel mondo del lavoro
per i giovani dall’altro.
Il primo filone di sviluppo, che ha particolare diffusione in Francia, riguarda
l’inserimento lavorativo. L’Agence nationale pour l’emploi (ANPE) francese ha
infatti previsto, a partire dal 2001, l’integrazione sistematica del bilancio nei progetti
per il reinserimento nel mondo del lavoro di persone disoccupate. Nasce dunque
una nuova forma di bilancio, il Bilancio di competenze approfondito (BCA), che si
configura come un intervento più breve, finalizzato all’accesso diretto all’impiego,
cui il soggetto deve obbligatoriamente partecipare, pena la perdita delle agevolazioni relative alla condizione di disoccupato. Il BCA si concentra principalmente
sul mercato del lavoro e sull’adattamento dell’individuo alle esigenze e richieste
di questo, meno sul progetto e sull’evoluzione personale. Perde, dunque, in parte
la connotazione di riflessione e autovalutazione, di percorso personale, tipica degli
interventi di bilancio tradizionale.
Il secondo filone prevede interventi di bilancio rivolti a giovani in difficoltà o
privi di diploma, a giovani neodiplomati e neolaureati che si preparano all’ingresso
nel mondo del lavoro, a disabili fisici o mentali e a persone in situazione di disagio,
allo scopo di favorire l’inserimento lavorativo (Bagnacani et al., 1999; Fabrizi e
Capitolo 1 – La competenza e la sua valutazione ◆ 23
Ricci, 2004). Il bilancio diviene allora un mezzo per acquisire familiarità con le
richieste delle aziende e, soprattutto, per definire un progetto professionale attuabile. Il percorso insiste meno sull’analisi dell’esperienza professionale precedente
(che è chiaramente ridotta) e si focalizza sull’acquisizione di consapevolezza delle
competenze acquisite durante gli anni di carriera scolastica o universitaria e sulle
relative possibilità di sviluppo (Lemoine, 2004). Particolare importanza assumono
i momenti di autovalutazione, attraverso i quali si analizzano le caratteristiche di
personalità, le attitudini, i valori, la motivazione, le strategie di coping, le rappresentazioni del lavoro e di se stessi (Battistelli, 2004).
Dalla sua originaria finalità di favorire la riconversione professionale e lo
sviluppo di carriera, il bilancio di competenze si estende così a nuovi contesti,
quali quelli dell’orientamento e riorientamento (si pensi alle esperienze rivolte ai
disoccupati, agli stranieri, alle donne che intendono rientrare nel mondo del lavoro),
della formazione professionale, della scuola e dell’università (capitolo 3).
Definizioni
Le esperienze pionieristiche e le sperimentazioni condotte in Francia nel
corso degli anni Ottanta, che hanno portato alla promulgazione della Legge 911405, hanno consentito di precisare e delineare in maniera via via più articolata il
concetto di bilancio di competenze, che passiamo ora a esaminare, prendendo in
considerazione anche alcune definizioni che si trovano in letteratura.
In questa analisi partiamo dalle osservazioni di alcuni autori canadesi e francesi che si sono occupati del tema all’inizio degli anni Novanta, quando la pratica
di bilancio è stata formalizzata in Francia. Ne evidenzieremo poi alcuni tratti per
noi salienti facendo riferimento alle successive elaborazioni italiane.
Nella Guida metodologica, proposta da Aubret, Aubret e Damiani (1990) su
richiesta della Delegazione per la formazione professionale dell’Institut national
d’étude du travail et d’orientation professionnelle (Inetop), il bilancio di competenze viene definito come un percorso personale, che richiede una mediazione
sociale (intesa come supporto di un esperto, da un lato, e come acquisizione di una
percezione realistica delle richieste del mondo del lavoro, dall’altro), per l’identificazione delle potenzialità personali e professionali suscettibili di essere investite
nell’elaborazione e realizzazione di progetti di inserimento sociale e professionale,
e, qualora se ne ravvisi la necessità, in un progetto formativo.
Tali «potenzialità personali e professionali», che l’individuo analizza nel
corso del bilancio, sono identificabili nelle competenze acquisite (nell’ambito sia
dei percorsi formativi, sia dell’esperienza lavorativa, sia delle esperienze personali)
e nelle sue attitudini e motivazioni (Joras, 1995).
Particolarmente analitica ed esauriente in tal senso risulta essere la definizione
proposta dal legislatore francese:
[...] un bilancio di competenze deve permettere al lavoratore di passare in rassegna
tutte le sue attività professionali allo scopo di: fare il punto sulle sue esperienze
personali e professionali; reperire e valutare le sue acquisizioni legate al lavoro, alla formazione e alla vita sociale; meglio identificare i suoi saperi, le sue
competenze e attitudini; scoprire le sue potenzialità inesplorate; raccogliere e
strutturare gli elementi che gli consentono di elaborare un progetto professionale
24 ◆ Le competenze dell’insegnante
e personale; gestire al meglio le sue risorse personali; organizzare le sue priorità
professionali; utilizzare al meglio le sue risorse nella negoziazione dell’impiego o nella scelta di carriera. […] l’individuo modifica il rapporto che ha con
il suo ambiente professionale; diventa un compagno, un attore della gestione
della sua carriera. Il bilancio gli permette di anticipare e di definire la propria
linea di azione e, nel caso di sviluppo di gestione professionale, di posizionarsi
chiaramente […]: in questo spirito, il bilancio di competenze deve integrare
totalmente e contemporaneamente una dimensione retrospettiva (identificare le
grandi tappe di un percorso professionale per reperire le competenze acquisite, i
centri di interesse, le motivazioni) e una dimensione prospettica (formulare scelte,
confrontarle con le realtà interne ed esterne). (Circulaire de la Délegation à la
formation professionnelle du Ministère du travail, de l’emploi et de la formation
professionnelle, n. 93/13, 19 marzo 1993)
Obiettivo principale del bilancio si configura così quello di rendere l’individuo
consapevole delle proprie risorse personali, aiutandolo a sviluppare gli strumenti
cognitivi utili a descriversi e a valutarsi, a identificare correttamente le competenze acquisite, a costruire un’immagine chiara della loro efficacia e a comprendere
quando e come metterle in atto (Levy-Leboyer, 1993; 1996), attraverso anche una
loro contestualizzazione consapevole nel mondo del lavoro.
L’intervento di bilancio dà origine, quindi, a una descrizione puntuale delle
risorse possedute dal soggetto in un dato momento rispetto a un problema specifico
(il percorso porta progressivamente a indirizzare il lavoro di ricostruzione verso
un obiettivo, lavorativo o formativo, ben definito) e, al contempo, alla formulazione di un piano di azione (un progetto) coerente rispetto alle risorse individuate.
Comporta pertanto anche l’acquisizione di capacità decisionali utili per far fronte
a sviluppi e cambiamenti della propria carriera lavorativa (Selvatici e Sarchielli,
1999a; Ruffini, Sarchielli e Baldi, 2001).
Si evidenzia il carattere dinamico dell’azione di bilancio che non si limita
alla semplice constatazione delle acquisizioni avvenute fino a un dato momento,
ma si concretizza in un vero e proprio processo
[...] di ricostruzione e di analisi dell’esperienza socio-professionale, che la persona
realizza prendendo a riferimento le competenze agite e i contesti attraversati e
che sostiene il processo di produzione di strategie concrete di azione riguardanti
lo sviluppo e/o la modificazione della carriera lavorativa e organizzativa. (Ruffini
e Sarchielli, 2003, p. 9)
Dalle definizioni riportate emerge una triplice valenza del bilancio di competenze: diagnostica, orientativa e formativa. Esso ha uno scopo diagnostico, in
quanto è una valutazione oggettiva di attitudini e competenze. In questo senso
Michel (1993) parla di bilancio di competenze come di un intervento che ha per
obiettivo quello di permettere al lavoratore di fare il punto sulla sua vita professionale in funzione delle esigenze contingenti.
Tale momento valutativo non costituisce il fine ultimo dell’intervento di
bilancio, ma viene a essere il mezzo attraverso il quale il soggetto elabora e attua
il proprio progetto (funzione orientativa). La funzione orientativa può essere più
o meno marcata a seconda, ad esempio, che il bilancio supporti l’elaborazione o
la conferma di un progetto professionale (Michel, 1993).
L’elaborazione del progetto avviene, però, grazie alla costruzione da parte
del soggetto di una più realistica rappresentazione di sé, delle proprie potenzialità,
Capitolo 1 – La competenza e la sua valutazione ◆ 25
delle caratteristiche del contesto nel quale tale progetto andrà ad attuarsi. Essa è
resa possibile dal miglioramento delle capacità di autovalutazione e riflessione del
soggetto stesso (funzione formativa) (Di Fabio, 2002).
È proprio grazie a questa triplice funzione, orientativa, formativa e valutativa,
che il bilancio di competenze può configurarsi come utile strumento da utilizzare
anche nell’ambito di un percorso formativo professionalizzante (quale può essere
quello che prepara i futuri insegnanti), accentuando le diverse funzioni a seconda
della specifica fase del percorso formativo stesso.
Per definire in maniera più puntuale le caratteristiche di tale pratica prenderemo in esame i principali approcci che si sono diffusi e descriveremo gli elementi
comuni e peculiari degli interventi di bilancio. Ciò consentirà l’approfondimento
successivo sugli aspetti applicativi di tali pratiche (capitolo 2).
Modelli di bilancio
Le differenti concezioni sviluppatesi nell’orientamento influiscono anche sui
modelli di bilancio di competenze, in particolare sulle finalità prioritarie attribuite al
percorso e sulla conseguente scelta dei metodi e degli strumenti che permettono di
perseguirle,7 portando alla diversificazione degli approcci applicativi al bilancio.
Il focus del bilancio si è spostato, in particolare, dalle attitudini alle competenze
lavorative e alle competenze personali e professionali.
Al fine di meglio chiarire la questione si propone la classificazione operata da
Levy-Leboyer (1993), considerata attualmente una delle più esaustive in merito e
perciò ripresa da altri autori (Joras, 1995; Mastracci, 1998; Bagnacani et al., 1999;
Di Fabio, 2002), e ulteriormente articolata.
L’autrice individua quattro principali approcci utilizzati dagli operatori nell’attuare interventi di bilancio di competenze.
a) Approccio differenziale
Questo approccio si fonda sulle teorie proposte dalla psicologia differenziale.
Alla base del processo è la misurazione delle caratteristiche individuali allo scopo
di informare e orientare la persona nelle sue scelte professionali. L’intervento privilegia l’utilizzo di test (attitudinali, di personalità, ecc.) che soddisfino requisiti
psicometrici e tecniche di osservazione sistematica attuate nel corso di simulazioni
dell’attività professionale. Si pone attenzione alla restituzione dei risultati in ottica
costruttiva e propositiva, al fine di stimolare la persona a gestire autonomamente
il proprio percorso professionale. Il rischio insito nell’utilizzo poco accorto di
questo approccio è che esso si trasformi in un intervento esclusivamente di tipo
diagnostico predittivo.
b) Approccio ergonomico o esperto
Questo approccio si focalizza sulle competenze possedute dall’individuo, sul
livello di expertise raggiunto. Il bilancio prevede l’analisi di situazioni concrete al
7
La descrizione del percorso, dei metodi, degli strumenti generalmente utilizzati nel bilancio di
competenze verrà trattata nel capitolo 2.
26 ◆ Le competenze dell’insegnante
fine di identificare le prassi operative utilizzate dal soggetto. In tal modo quest’ultimo aumenta la propria consapevolezza circa le strategie di problem solving messe
in atto e i processi cognitivi in esse implicati. L’intervento si configura dunque
come un momento di potenziamento delle competenze dell’individuo e di presa
di coscienza della possibilità di un loro trasferimento a nuovi contesti.
c) Approccio basato sull’immagine di sé
Tale approccio privilegia la riflessione e ridefinizione dell’immagine di sé. Lo
scopo primario è di agire sull’immagine di sé esplicita, confermandola o ipotizzando
modifiche costruttive. Si propone inoltre di incrementare il livello di autostima
della persona, in modo da agire implicitamente sulla sfera della motivazione personale. Gli strumenti privilegiati dall’intervento sono di natura autovalutativa: ad
esempio, scale per la valutazione della stima di sé o questionari che identificano
tratti e profili di personalità.
d) Approccio relazionale o centrato sul soggetto
Si tratta di un approccio non direttivo, centrato sulla persona e focalizzato
sulla relazione interpersonale, di orientamento rogersiano. La finalità principale è
quella di facilitare la presa di coscienza da parte della persona delle proprie risorse,
dei propri bisogni e desideri, per la stesura di un progetto professionale adeguato.
Pone dunque in primo piano la centralità dei processi di conoscenza di sé e di
potenziamento dell’autostima. Gli strumenti utilizzati sono di tipo non direttivo
(colloquio, tecniche autobiografiche) e finalizzati all’autovalutazione. Occorre
un’attenta formazione degli operatori perché l’intervento non si trasformi in un
processo psicoterapeutico.
La figura 1.1 riporta sinteticamente i diversi approcci che guidano le pratiche
di bilancio, evidenziando il nucleo fondante di ciascuno di essi. Essa propone altri
due elementi che concorrono a differenziare i modelli di bilancio: il ruolo attribuito
al soggetto (e conseguentemente all’operatore) riguardo alla gestione del processo
di bilancio e la modalità di costruzione del processo stesso.
ETEROVALUTAZIONE
MODELLO
SEQUENZIALE
Approccio
differenziale
Approccio
ergonomico
Approccio basato
sull’immagine
di sé
Approccio
relazionale
misurazione
delle caratteristiche individuali; obiettivi
di informazione
e orientamento
della persona
nelle proprie
scelte professionali
individuazione e
potenziamento
delle competenze possedute
dal soggetto
attraverso la
ricostruzione
delle procedure
legate alle attività svolte
esplicitazione
e ricostruzione
dell’immagine di
sé da parte del
soggetto
centralità dei
processi di
conoscenza di sé e di
potenziamento
dell’autostima,
favoriti dalla
relazione interpersonale
AUTOVALUTAZIONE
MODELLO
NARRATIVO
Fig. 1.1 Sintesi dei diversi approcci al bilancio di competenze.
Capitolo 1 – La competenza e la sua valutazione ◆ 27
Per quanto riguarda il ruolo del soggetto, gli approcci descritti possono essere
collocati lungo un continuum che vede a un estremo le pratiche maggiormente
focalizzate sull’autovalutazione da parte dell’individuo (approccio relazionale)
e all’altro estremo gli interventi maggiormente centrati su forme di valutazione
esterna, con caratteristiche di validità e attendibilità (approccio differenziale). Tra
l’uno e l’altro si collocano gli altri approcci a seconda del peso che essi danno
rispettivamente all’auto e all’eterovalutazione.
Anche rispetto alle modalità di costruzione del processo di bilancio possiamo
identificare due estremi (Selvatici, 2000; Ruffini e Sarchielli, 2003).
A un polo di essi si colloca una metodica di tipo ricorsivo (modello narrativo), che privilegia una diagnosi evolutiva, «descrivere e valutare per produrre
un’evoluzione nella persona e nella sua competenza» (Selvatici, 2000, p. 30) e
che dunque non segue un percorso lineare, ma, a partire dagli aspetti considerati
rilevanti dal soggetto, prosegue nell’analisi e nella ricostruzione, eventualmente
tornando su fattori precedentemente non considerati, ma emergenti in un momento
successivo (approccio relazionale).
Gli strumenti utilizzati sono di tipo biografico; hanno la duplice funzione
di attivare la produzione di informazioni e riflessioni e di conservare la traccia
del percorso per focalizzare la forma che esso progressivamente assume (schede
con domande e argomenti stimolo, griglie di riflessione, griglie di analisi, diari,
promemoria).
All’altro estremo si colloca un approccio di tipo lineare (modello sequenziale),
che privilegia una diagnosi di tipo valutativo, «descrivere e valutare ciò di cui la
persona dispone, al fine di costruire un progetto coerente e realistico» (Selvatici,
2000, p. 30), e che procede per fasi predefinite, volte a identificare via via i fattori
ritenuti rilevanti per descrivere la competenza del soggetto (approccio differenziale). Tale metodica è supportata da strumenti descrittivi e diagnostico-valutativi
che aiutano a focalizzare l’elemento oggetto di analisi e a definire l’andamento
del percorso.
I modelli presentati si caratterizzano per alcune peculiarità che, a seconda
della fase del bilancio o degli aspetti su cui esso si focalizza nei diversi momenti,
possono risultare funzionali, al di là dell’approccio scelto. Ad esempio, le modalità
non direttive e la tecnica dell’ascolto attivo (proposte dall’approccio relazionale)
favoriscono il processo di maturazione e crescita personale. La valutazione esterna
supportata da dati oggettivi e la possibilità di mettersi alla prova in contesto reale
(approccio differenziale) favoriscono nel soggetto la comprensione delle proprie
modalità di funzionamento, dei propri punti di forza e di debolezza. Le modalità
operative utilizzate nell’approccio ergonomico aiutano l’individuo a riconoscere
conoscenze e competenze implicite, potenziali fonti di sviluppo. Infine, il processo di integrazione/rettifica delle informazioni su di sé possedute dal soggetto
(approccio basato sull’immagine di sé), con le sue conseguenze positive a livello
di autostima, autoefficacia e motivazione, potrebbe essere elemento fondante di
ogni azione di bilancio.
A questo proposito, alcuni autori (Di Fabio, 2002) sostengono la possibilità
di muoversi verso un modello di bilancio eclettico, che integri le potenzialità delle
diverse prospettive.
28 ◆ Le competenze dell’insegnante
Caratteristiche distintive delle azioni di bilancio
L’analisi condotta sembra mostrare un’apprezzabile diversificazione degli
assunti di riferimento e dei modelli operativi. Si sono infatti sviluppati interventi
di bilancio anche alquanto diversificati per destinatari, metodologie, durata, finalizzazione, prodotti.
Nonostante le differenze, tuttavia, le pratiche di bilancio condividono elementi
sostanziali (il setting, la relazione consulenziale, la presa in carico individuale,
l’ascolto, la centratura sulla ricostruzione autobiografica, l’attivazione e la progettualità individuale) che ne fanno un intervento distinto da altri analoghi, quali
le pratiche di orientamento, i dispositivi di valutazione delle competenze, ecc.
(Bresciani, 2003).
A questo proposito, Aubret, Aubret e Damiani (1990) individuano cinque
caratteristiche peculiari del percorso di bilancio di competenze (la finalizzazione
del percorso, i confini dell’area di esplorazione, la chiarificazione, la personalizzazione e la mediazione sociale) a qui ne possiamo affiancare altre due (il lavoro
di ricostruzione delle esperienze passate e presenti e l’autovalutazione).
a) Finalizzazione del percorso
Il bilancio di competenze si configura, innanzitutto, come un percorso
finalizzato, nel senso che le metodologie adottate e i contenuti affrontati sono
determinati dall’obiettivo specifico che quel particolare intervento persegue (ad
esempio, un inserimento sociale e professionale dell’individuo, congruente con
le sue competenze e attitudini e, al contempo, tale da consentirgli di soddisfare le
proprie aspirazioni) e dal grado di definizione del progetto professionale (in questo
senso il bilancio può assumere la funzione di punto di partenza per l’elaborazione
del progetto stesso o di strumento di verifica della sua fattibilità). Michel (1993),
ad esempio, distingue tre tipi di bilancio delle competenze:
– il bilancio legato all’elaborazione del progetto, che consente all’individuo di
individuare le strade potenzialmente percorribili e di scegliere uno sviluppo
possibile;
– il bilancio finalizzato alla verifica della fattibilità del progetto, che aiuta a trovare
conferme alle piste individuate e a spingere alla loro concretizzazione;
– il bilancio di posizionamento, con una più forte valenza valutativa, spesso legato
alle pratiche di reclutamento del personale.
b) Confini dell’area di esplorazione
L’ambito di indagine di tale pratica è ampio ma determinato. Esso infatti
comprende tutte le possibili risorse personali (percorsi formativi e professionali
documentabili; potenzialità e attitudini osservabili; valori, atteggiamenti e interessi
manifestati); tuttavia si focalizza su quegli aspetti del percorso dell’individuo che
hanno rilevanza per il suo sviluppo professionale.
c) Chiarificazione
Il bilancio di competenze consiste in un lavoro di chiarimento da parte del
soggetto sulle sue risorse, che lo porta, attraverso un processo di elaborazione personale, ad acquisire consapevolezza delle stesse e delle più opportune possibilità
Capitolo 1 – La competenza e la sua valutazione ◆ 29
di un loro utilizzo. Nel corso di tale lavoro si riconosce l’importanza del ruolo
peculiare della relazione tra consulente e cliente, che guida il percorso e dà unità
alle diverse dimensioni che caratterizzano l’intervento (Bagnacani et al., 1999).
d) Personalizzazione del percorso
Il bilancio consiste in un percorso personale, che trae origine dai bisogni dell’individuo, viene sostenuto dalla motivazione e dall’assunzione di responsabilità
e si sviluppa attraverso la riflessione su di sé e la progressiva presa di coscienza
delle proprie capacità. È pertanto importante che l’individuo accetti consapevolmente di impegnarsi in maniera attiva in tutte le fasi del percorso (Lemoine e
Battistelli, 1996).
e) Mediazione sociale
Infine l’intervento di bilancio è l’occasione di una mediazione sociale. Essa
si attua attraverso i colloqui individuali con il consulente, gli eventuali incontri
con esperti, il confronto con il gruppo, i contatti con il territorio, le verifiche
pratiche e consente al partecipante di fondare la raccolta di informazioni su di sé
e sul contesto su più punti di vista da integrare con il proprio e, al contempo, di
inserirsi attivamente in una rete di servizi, potenzialmente utile anche per il futuro.
In tal modo, infatti, il soggetto acquisisce anche gli strumenti per poter sviluppare
ulteriormente le piste individuate nel corso dell’intervento in maniera autonoma.
f) Ricostruzione delle esperienze passate e presenti
Il lavoro di ricostruzione del passato e del presente è alla base della necessaria integrazione della dimensione retrospettiva e di quella prospettica al fine di
costruire un progetto per il futuro (Di Fabio, 2002). Serve infatti all’individuo
per recuperare i passaggi significativi delle esperienze formative, professionali e
personali passate al fine di identificare le competenze acquisite, gli interessi, le
motivazioni (non sempre immediatamente riconoscibili).
Questo processo di ricostruzione può avvenire con differenti modalità. Ci
paiono interessanti ed esaustive le linee proposte da Yatchinovsky e Michard
(1991), che individuano tre principali approcci percorribili.
Nella prima modalità il soggetto ordina il suo percorso di vita (personale,
formativo e professionale) partendo da fatti precisi e oggettivamente rilevabili che
hanno contrassegnato la sua esistenza. Successivamente avvia una riflessione volta
a individuare la logica che ha guidato la traiettoria professionale e a giudicarne la
coerenza. In tal modo la persona potrà valutare il suo percorso dal punto di vista
dei risultati e della soddisfazione che ne ha ricavato, incrementando la propria
consapevolezza in merito agli eventi e alle influenze interne ed esterne che lo
hanno determinato.
Il secondo approccio parte invece dalla percezione che l’individuo ha dei
fatti che hanno segnato il suo percorso (eventi significativi, esperienze rilevanti),
integrando via via il piano soggettivo con quello oggettivo. Tale lavoro implica
un giudizio sulle esperienze della persona (la valutazione del passato scolastico
e del passato professionale, la scelta scolastico-professionale, gli stili di contatto
professionali, le competenze attribuite al soggetto dagli altri).
30 ◆ Le competenze dell’insegnante
La terza modalità, infine, parte dalla descrizione delle esperienze personali,
formative e professionali del soggetto per identificarne le competenze. L’intento
è di far emergere le abilità e le competenze che il soggetto ha messo in opera e
utilizzato per realizzare tali esperienze e non valutare l’esperienza in sé.
g) Autovalutazione
Caratteristica del bilancio di competenze è poi l’importanza che tale intervento attribuisce all’autovalutazione. L’autovalutazione è un’attività che riguarda
la valutazione interna del soggetto relativa alle diverse componenti coinvolte nel
processo di bilancio (competenze, interessi, valori, motivazioni), che non sempre
sono verificabili da parte di un osservatore esterno. Il processo di autovalutazione coinvolge diversi fattori psicologici (il concetto di sé, l’identità, l’autostima,
l’autoefficacia, il locus of control, la metacognizione) e può essere influenzata da
alcuni meccanismi di distorsione operati dal soggetto ed eventualmente sollecitati
da particolari condizioni di contesto o di relazione, che possono dare origine a
una sopravvalutazione o a una sottovalutazione. Occorre dunque che nel corso
del bilancio si lavori anche per aumentare la conoscenza da parte del soggetto dei
fattori psicologici che intervengono nel processo di autovalutazione per renderlo
maggiormente affidabile. In ogni caso il ricorso all’autovalutazione, frequente
nelle attività di bilancio di competenze, permette all’individuo di giudicare e
interpretare il percorso svolto e i risultati raggiunti e di confrontarli in maniera
critica con i dati oggettivi scaturiti dall’azione di bilancio (Di Fabio, 2002; Pellerey,
2004). Il processo di autovalutazione diventa quindi uno dei cardini del percorso di
progressiva autonomizzazione delle persone, che, imparando a valutare se stesse,
riescono a farsi carico in maniera più consapevole del loro percorso personale e
professionale (Di Francesco, 2003).
Nel quadro dei percorsi formativi professionalizzanti, quale, tra gli altri, quello
rivolto agli insegnanti, lo sviluppo della capacità di autovalutazione, promossa
ad esempio dal bilancio di competenze, contribuisce effettivamente alla crescita
dell’autonomia e della capacità di apprendere dalla pratica, poiché favorisce l’autoregolazione delle azioni in base a criteri di diverso ordine (etico, di efficacia,
ecc.) (Paquay, Darras e Saussez, 2001).
Conclusioni
L’inquadramento concettuale fin qui delineato ci ha consentito di evidenziare
le caratteristiche della competenza e le possibili modalità della sua valutazione.
Abbiamo identificato la possibilità di forme di valutazione di tipo analitico e di
tipo globale, e individuato questa seconda modalità come quella entro la quale
collocare gli interventi di bilancio di competenze.
Si è quindi proposta una definizione di bilancio di competenze, ne sono stati
messi in luce i riferimenti teorici, i principali modelli applicativi, le funzioni e le
caratteristiche distintive. Sono stati evidenziati i possibili ambiti di applicazione
del bilancio: quello scolastico e formativo; quello extrascolastico, del lavoro e della
formazione professionale; quello orientativo. Nei diversi contesti di applicazione
Capitolo 1 – La competenza e la sua valutazione ◆ 31
del bilancio vengono, di volta in volta, accentuate funzioni differenti: ad esempio,
all’interno dei servizi di orientamento esso è utilizzato come azione prevalentemente
orientativa; nella formazione è usato come strumento per l’analisi e lo sviluppo
della professionalità, nell’ottica del riconoscimento e/o dell’acquisizione di crediti;
nelle aziende diventa pratica di valorizzazione delle risorse umane e supporta la
gestione della mobilità interna e degli sviluppi di carriera (Selvatici, 2000).
Sono emersi, in questa analisi, due temi centrali della nozione di bilancio:
quello di percorso personale (che pone al centro dell’attenzione l’individuo in
quanto attore del processo) e quello di progetto (finalità ultima del percorso è la
progettazione di un itinerario professionale da verificare e realizzare).8 Il bilancio,
dunque, non è da considerare semplicemente uno strumento diagnostico o di valutazione, ma integra a tali aspetti un momento riflessivo (formativo e orientativo),
deputato all’individuazione di risorse di diverso tipo alle quali attingere, in vista
di uno sviluppo del proprio percorso professionale o formativo.
Procederemo nel prossimo capitolo a descrivere in concreto lo svolgimento
delle azioni di bilancio nel contesto in cui esse si sono sviluppate (quello lavorativo) e a evidenziarne l’efficacia.
8
Il significato di «progetto» nel bilancio di competenze assume generalmente una connotazione
forte, poiché viene a indicare la capacità del soggetto di «costruirsi i contesti nei quali utilizzare
le proprie competenze e risorse», «produrre realtà». Chiaramente, a seconda delle caratteristiche
degli individui, esso assume flessibilmente valenze qualitative diverse (Contesini, 2002).
32 ◆ Le competenze dell’insegnante