28 Apr 2014 - Vieni In Australia
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28 Apr 2014 - Vieni In Australia
dm fenomeni TU VUO’ FA’ L’AUSTRALIANO Dal 2011 sono raddoppiati gli italiani che partono per “la terra dei sogni”. Un’avventura, una sfida, una scommessa. Ecco chi l’ha vinta Francesca Pianzola (4) di natascia gargano scrivile a [email protected] Per gli aborigeni l’Australia è da sempre il Dreamtime, il tempo del sogno. Per tanti di noi oggi è diventata il Dreamland, la terra dei sogni: lo dimostrano i 18.610 connazionali che a fine 2013 si trovavano laggiù con un visto di residenza temporaneo. Un esodo inarrestabile: gli italiani che si trasferiscono nella nuova America sono il 116% in più di tre anni fa. Ma chi sono? Giovanissimi in cerca di avventura, laureati stufi di buste paga da 800 euro e professionisti in fuga dalla crisi, che mollano tutto per ricominciare dall’altra parte del mondo. «L’Australia, con i suoi spazi immensi, è sinonimo di libertà» dice Benny Scarcelli, 34 anni, di Corato (Ba), e oggi cittadino australiano, che ha aperto una pagina Facebook (www.facebook.com/groups/vieniinaustralia/) in cui offre informazioni pratiche. «Attrae il fatto di poter cambiare impiego e casa con facilità». Persino la burocrazia non è una zavorra: la domanda per partire si compila online in poco tempo (su www.immi.gov.au). E il Paese apre le porte a tanti. Con pragmatismo anglosassone lo stesso governo pubblica l’elenco dei professionisti, senza limite di età, di cui ha più bisogno e che invita a trasferirsi laggiù: tra questi ingegneri, architetti e infermieri. Se invece non si ha ancora un solido curriculum, si può chiedere il cosiddetto “working holiday visa”, il visto di lavoro-vacanza, che permette ai ragazzi fino ai 31 anni di stare nel Paese per 12 mesi. Al termine, se non si è ancora assunti, si può accettare uno dei posti da 3 mesi disponibili nell’agricoltura e nell’allevamento. In questo modo si va fuori dalle città e lontani dalle spiagge, ma si ha diritto a un anno supplementare di permanenza con il working holiday. Ma anche a chi non ha qualifiche particolari, ha superato i 31 anni e non vuole abbandonare il sogno australiano, resta una chance: il visto per studenti. Che impone due obblighi: frequentare un corso, per esempio di lingue o universitario, e lavorare al massimo 20 ore alla settimana. La scelta migliore è andare a lezione di inglese perché, come conferma Benny Scarcelli, «molti arrivano con una conoscenza troppo scarsa della lingua e impreparati ad affrontare concretamente un continente così diverso dall’Europa». La terra promessa è un miraggio? «Qui non è l’eldorado. Andare avanti costa fatica e tanti tornano a casa. Per chi riesce a restare, però, i sacrifici sono ripagati». c_2DM_18_57-ATT AUSTRALIA- copia.indd 57 Monica Buscarino «Non sono scappata da niente. È che mi sono innamorata». Il colpo di fulmine si chiama Australia. Monica Buscarino, 35 anni, fotografa di Novara, qui ci è arrivata per una scommessa: «Appena guarisco vado là» aveva detto dopo l’operazione per un cancro al seno. A Sydney in “working holiday”, cioè con un visto di lavoro-vacanza, trova posto come baby sitter. Poi lavora 3 mesi in un’azienda agricola di ciliegie. «Volevo fare il mio mestiere, ma è dura sopravvivere, finché un giorno uno studio di fotografia mi ha “sponsorizzata” garantendo per me e assumendomi. Oggi sono office manager» dice. «E mi sento al sicuro: quando torno a casa di notte non mi volto mai indietro per paura che mi seguano. Se vado a nuotare, lascio le chiavi dell’auto appese negli spogliatoi pubblici. Peccato solo per la lontananza dalla famiglia. Per fortuna mia nonna di 98 anni si è fatta il profilo Facebook!». 28/04/14 11.48 dm fenomeni Sebastian Pantò A Mareeba, Queensland, nel Nord-Est dell’Australia, alle 7.15 Sebastian Pantò era già nel campo, a raccogliere basilico, prezzemolo e salvia. La paga era misera ma a lui, 27 anni, geometra di Tradate (Va), quei 3 mesi di lavoro in fattoria sotto il sole hanno cambiato la vita. «Rientrare con gli altri manovali al tramonto, solo noi e i canguri, mi ha fatto capire cosa desideravo: smettere di fumare, diventare vegetariano e non stare chiuso in ufficio». Dopo la “farm”, Sebastian compra un furgoncino. Passa per Fraser Island, l’isola di sabbia più grande al mondo, «il paradiso», e arriva a Sydney dove trova posto come lavapiatti. Un giorno dice allo chef: «Vorrei imparare a cucinare». E diventa aiuto cuoco. «Qui ti danno la possibilità di crescere: dipende da te». Ora a Sebastian è scaduto il visto: «Il mondo è grande, potrei andare in Nuova Zelanda». Nessuna paura del futuro: un ottimismo che in Italia non si vede da un po’. Luca Mistretta «Ho fatto il lavapiatti, il parcheggiatore, non sapevo l’inglese ed ero senza una lira. Ma non avevo intenzione di arrendermi». L’esordio australiano di Luca Mistretta, 33 anni di Roma, sembra lontanissimo dal bel locale che ha ora in centro a Sydney: Bruschetteria 102. E invece sono passati meno di 10 anni. Inizialmente Luca, che oggi ha un visto permanente, riesce a entrare nel Paese perché la sua compagna è cittadina australiana. «Per il governo siamo una coppia di fatto e io ho beneficiato del suo “status”» racconta. Con piglio e «occhi aperti per vedere tutto quello che c’è da inventare in questa terra fertile» Luca fa il fonico prima e l’imprenditore poi. «Tanti cedono quando faticano a pagarsi la stanza e non reggono più l’ansia. Chi resiste quella strizza la ricorda per sempre». Tornerebbe in Italia? «Mai. Il solo pensiero delle code e della burocrazia mi fa venire il terrore». Giulia Gabet «In Italia avevo un lavoro in un’importante azienda pubblicitaria, dov’ero circondata da creativi. Peccato che in ufficio ci stavo dalla mattina alla notte, per 650 euro al mese». Per guadagnare di più e cambiare stile di vita Giulia Gabet, romana di 30 anni, ha puntato su Sydney. «Sono arrivata con un visto vacanza-lavoro e 300 euro in tasca. Per un po’ sono andata avanti a zuppette liofilizzate e gelati di McDonald’s» ricorda. «Dopo 4 giorni, ho trovato un posto in un ristorante. Buoni i guadagni: in 10 ore ti paghi l’affitto di una settimana». Attenzione, però: «Parlare un inglese maccheronico è simpatico se ti accontenti di lavare i piatti. Ma per un salto di qualità devi dimostrare quanto vali». Lei è riuscita grazie a un’azienda di marketing che l’ha assunta. «Se ti tiri su le maniche qui campi, e bene: abito in una villa a 100 metri dalla spiaggia e quando non lavoro faccio surf. A Roma vivevo ancora con mia mamma e le chiedevo pure i soldi per la pizza». 58 www.donnamoderna.com c_2DM_18_57-ATT AUSTRALIA- copia.indd 58 28/04/14 11.48