“La luce nel mondo reale: fenomenologia, osservazione e misura

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“La luce nel mondo reale: fenomenologia, osservazione e misura
“La luce nel mondo reale: fenomenologia, osservazione e misura”
PERCHÉ VEDIAMO, COME VEDIAMO, COSA VEDIAMO?
CONDIZIONI FISICHE PER LA VISIONE E FUNZIONAMENTO DELL'OCCHIO
Silvia Pugliese Jona
Mantova, 27 Novembre 2002
1. RICERCHE SULLE IDEE DEI RAGAZZI
A partire dai primi anni ’80 diversi ricercatori in didattica della fisica hanno compiuto indagini dirette a
mettere in evidenza le idee degli alunni a proposito dei fenomeni luminosi, analoghe ad altre ricerche relative ad altri campi della fisica: meccanica, elettricità, termologia ecc. (1), (2). Il diffondersi di tali ricerche
era legato alla constatazione che i risultati dell’istruzione scolastica erano molto inferiori alle attese e che
molti studenti non acquistavano una comprensione accettabile delle scienze studiate. Si cominciò ad indagare sui meccanismi d’apprendimento e si capì che era indispensabile sapere innanzitutto quali erano le
idee già possedute dagli alunni sui concetti che si volevano insegnare. Ci si rese presto conto che gli alunni arrivano in classe con un sistema d’idee ben organizzato in testa, costruito attraverso processi evolutivi
spontanei di successiva sistemazione e razionalizzazione delle esperienze - concrete, sensoriali - acquisite
nel contatto con il mondo esterno, ma spesso contrastanti con la visione scientifica dei fenomeni. Si comprese che l’apprendimento scolastico avviene solo se, attraverso l’interazione con le idee già presenti, il
sistema preesistente viene in qualcosa modificato.
Per quanto riguarda la luce, la rete concettuale spontanea è dominata dall’importanza del senso della vista e del vedere. Fin dalla nascita il bambino impara che le condizioni esterne che gli permettono di vedere sono collegate alla presenza o assenza di luce. Sui fenomeni che avvengono nei suoi occhi quando vede
non ha alcuna coscienza: rimangono ovviamente incogniti ma non per questo estranei a tentativi di razionalizzione e spiegazione, generalmente ascientifica. Un esempio di questi sforzi di razionalizzazione è il
fatto che molte persone pensano che l’immagine formata da uno specchio piano sia situata sullo specchio
e non dietro allo specchio; idea forse nata dalla necessità di risolvere la contraddizione tra sensazioni visive e tattili sperimentata da piccoli quando, davanti a uno specchio, si tenta di toccare con le mani ciò che
si vede.
III
II
IV
I
0m
100 m
300 m
400 m
Una persona fotografa i fari di un’auto di notte dalla distanza di circa 350 m. La strada e la banchina sono parzialmente illuminate. Considera le zone I, II, III e IV.
Nella zona I c’è luce?
Nella zona II c’è luce?
Nella zona III c’è luce?
Nella zona IV c’è luce?
Il guidatore può vedere il fotografo?
Per svolgere le indagini i ricercatori si sono serviti di una varietà di strumenti: dalle domande di tipo generale (che cos’è la luce? che cosa fa? dove la si trova?) alla presentazione di situazioni sperimentali da
interpretare, alle domande su fenomeni comuni a cui rispondere scrivendo brevi frasi, facendo schizzi,
scegliendo alternative chiuse. P.es. la domanda su riportata, presa dalla referenza (3), si propone di capire
dove pensano i ragazzi che ci sia luce.
Le più comuni idee spontanee riscontrate in ragazzi da 11 a 14 anni sono:
Cos’è la luce (e cos’è il buio)?
• Non le viene attribuita un’esistenza autonoma: è identificata con la sorgente luminosa oppure con
l’effetto che produce (la macchia luminosa su una parete o sul foglio di carta),
• E’ quella cosa che rende possibile la visione.
• Esiste solo nella porzione di spazio in cui gli oggetti sono visibili. Non si propaga, oppure, se è emessa
da una sorgente, si propaga di una distanza limitata: solo fino ai corpi che illumina.
• Esiste solo nei limiti in cui riesce ad illuminare i corpi circostanti (quindi le sorgenti troppo deboli non
emettono luce)
• Tuttavia la luce diffusa (p.es. la luce diurna che arriva da tutte le direzioni) può non essere riconosciuta
come luce ma solo come qualcosa che consente di vedere.
• Il buio non è la conseguenza della mancanza di luce bensì un’entità indipendente e reale.
Perché vediamo?
• E’ molto comune l’idea che non è necessario che la luce entri nell’occhio per poter vedere: l’occhio
vede senza che vi sia un agente che lo collega all’oggetto visto.
• Tuttavia, nonostante il guardare sia un atto volontario, l’idea dei raggi visuali emessi dall’occhio ad
esplorare l’ambiente sembra non essere comune tra i ragazzi delle età considerate.
Modelli del meccanismo della visione nei bambini (Guesne, rif. 2)
mare di luce
diurna
oggetto
oggetto
luce
sorgente
occhio
sorgente
oggetto
luce
sorgente
oggetto
luce
vista
occhio
occhio
sorgente
luce
occhio
Che cosa fa la luce quando interagisce con un mezzo materiale?
• Ombre: a volte non vengono attribuite alla sottrazione di luce da parte dell’ostacolo, ma piuttosto al
fatto che l’ostacolo fa diventare “scura” la luce.
• Riflessione: su uno specchio la luce rimbalza, su un foglio di carta si ferma.
• Non si conserva: ad una certa distanza dalla sorgente scompare (perde la capacità d’illuminare i corpi).
Talvolta aumenta (diventa di più): p.es quando si brucia la carta con una lente d’ingrandimento.
Le idee spontanee sulla luce e sul meccanismo della visione sono dunque caratterizzate dall’assenza di alcuni concetti connettivi tra i due fenomeni. C’è accordo tra vari autori che le assenze più gravi per una
corretta comprensione scientifica dei fenomeni sono:
• l’identificazione della luce con la sorgente o con l’oggetto illuminato, negando l’esistenza di luce nello
spazio interposto,
• il mancato riconoscimento del fatto che la luce può essere riflessa da qualsiasi oggetto (non solo dagli
specchi), che è la condizione necessaria perché essi siano visibili,
• il non sapere che la condizione necessaria per vedere i corpi circostanti è che la luce da essi riflessa (o
diffusa) entri nell’occhio, cioè che “se vedi quell’oggetto (o quell’immagine) in quella direzione è perché nel tuo occhio entra luce che proviene da quella direzione”.
Questi sono dunque i concetti preliminari che gli studenti devono acquisire prima di poter comprendere la
fisica dei fenomeni luminosi (3), (4), (5), (6).
Le referenze (3) e (5) sono due proposte curricolari (la prima olandese, l’altra italiana) che partono esplicitamente da queste considerazioni. Un altro autore particolarmente attento al ruolo svolto dall’occhio
nel determinare la comprensione scientifica dell’ottica è Vasco Ronchi (7).
Altre difficoltà, più strettamente ricollegabili al modo tradizionale d’insegnare l’ottica geometrica, sono
trattate nelle referenze (6) (8), (9) e (10) dove si fanno anche proposte dirette ad evitarne l’insorgere.
Bibliografia
(1) Jung W, LFnS, anno XIX, n. 2 (1986), p. 150
(2) Guesne E,”Children’s ideas about light”, New Trends in Physics Teaching, Vol IV, Unesco, 1984, p. 179
(3) Verkerk G, Bouwens REA, “Learning optics from seeing light”, in Proceedings of the GIREP Conference
“Light and Information”, Braga, 1993, p. 100
(4) Cortini G, “Riflessioni sull’insegnamento dell’ottica”, Il Nuovo Saggiatore, SIF, sett-ott. 1991, p. 10
(5) Lab. di Didattica delle Scienze Univ. “La Sapienza” Roma, “La propagazione della luce”, pacchetto formativo
per l’insegnamento della fisica nel biennio degli istituti secondari di secondo grado, MPI, senza data.
Il pacchetto è composto da: (a) “Guida per insegnanti”, (b) “Schede allievo, test e traspareenti”, (c) dischetto di software contenente i programmi: “LUCE” (Bagnino, Rifrazione, Lenti) e “ONDE”; (d) Video “L’ondoscopio”; (e)
sequenza di diapositive su dispersione, riproduzione dei colori, effetti d’interferenza su film sottili, diffrazione, reticolo di diffrazione.
(6) Pesa MA, Colombo De Cudmani L, Bravo S, "Gli insegnanti "aiutano" gli studenti a rinforzare i preconcetti?
Riflessioni sul modo di trattare la formazione delle immagini per mezzo di lenti convergenti", LFnS, 1999, n.4,
p.225
(7) Ronchi V, "Sui Fondamenti dell'Acustica e dell'Ottica", Centro Didattico Naz. per l'Istruzione Tecnica e Professionale, MPI, 1963; anche in vol IX della Fondazione G. Ronchi, Olschki, Firenze, 1967
(8) Goldberg F, McDermott LC, “Student difficulties in understanding image formation by a plane mirror”, The
Physics Teacher, vol. 24, n. 8, 1986, p. 472
(9) Goldberg F, McDermott LC, “An investigation of student understanding of the real image formed by a converging lens or concave mirror”, American Journal of Physics, 1987, n.2, p. 108
(10) Ronen M, Eylon B-S, “To see or not to see: the eye in geometrical optics - when and how?”, Physics Education
vol 28, n. 1, Jan 1993, p. 52
2. ESPERIMENTI
Esperimento 1 - C’È LUCE IN UNA “SCATOLA BUIA”?
Esperimento 2 - LA LUCE NELLA SCATOLA BUIA
Esperimento 3 - IL PERCORSO DELLA LUCE NELL’ARIA E NELL’ACQUA
Esperimento 4 - FORMAZIONE DI OMBRE
Esperimento 5 - CAMERA OSCURA
Esperimento 6 - MACCHINA FOTOGRAFICA
Esperimento 7 - DISSEZIONE DI UN OCCHIO DI CONIGLIO
Esperimento 8 - RIFLESSIONE SPECULARE E RIFLESSIONE DIFFUSA
Esperimento 9 - RIFLESSIONE SPECULARE (SPECCHIO PIANO)
Esperimento 10 - RIFLESSIONE SPECULARE (SPECCHI CURVI)
NOTA: Molti di questi esperimenti sono stati originariamente sviluppati dalla scrivente
per la ricerca GEIWEB coordinata dalla prof. Marisa Michelini dell'Università di Udine e
sono consultabili, insieme con altri, sul sito
http://www.fisica.uniud.it/GEI/GEIweb/index.htm
Esperimento 1 - C’È LUCE IN UNA “SCATOLA BUIA”?
1. Scopi
• Discutere sulla questione se nella scatola c’è o non c’è luce.
• Esplicitare le idee di senso comune sulla luce e sulla visione.
• Porre le basi per l’introduzione di idee scientifiche sulle condizioni “oggettive” (non fisiologiche) che devono
essere soddisfatte perché l’occhio possa vedere.
2. Attività
Una scatola chiusa di forma parallelepipeda (per esempio una scatola da scarpe), con le pareti interne annerite, è dotata di tre aperture circolari in cui sono infilati altrettanti tubi per guardare all’interno. Due aperture (A e B) sono
centrate sulle opposte pareti strette della scatola, la terza (C) è centrata su una parete lunga.
2A Due persone guardano nella scatola: una persona guarda da uno dei tubi applicati a una parete stretta e l’altra
dal tubo applicato alla parete lunga. Se si chiede loro se c'è o non c'è luce nella scatola cosa rispondono?
2B Si sostituisce il coperchio della scatola con un altro coperchio che reca infilata in posizione opportuna una bandierina girevole. Le due persone tornano a guardare negli stessi fori di prima mentre una terza persona gira lentamente la bandierina. Cosa rispondono ora alla domanda se c'è o non c'è luce nella scatola?
3. Materiali occorrenti
• scatola da scarpe
• vernice o carta o stoffa nera e opaca
• colla
• forbici
• tre scatole nere per pellicole fotografiche
• poca gommapiuma o schiuma plastica da imballaggio ritagliata da un foglio spesso circa 2 cm.
4. Suggerimenti costruttivi
• Annerire l’interno della scatola da scarpe, compreso il coperchio, dipingendolo oppure incollandoci carta o stoffa nera.
• Praticare nelle pareti della scatola tre aperture circolari, centrate, di diametro uguale o appena inferiore a quello
delle scatole per pellicole fotografiche.
• Incollare, all’interno della scatola, un pezzo di gommapiuma sopra ogni apertura. Praticare in ogni pezzo di
gommapiuma un foro in cui una scatola per pellicole fotografiche si possa inserire a tenuta.
• Levare il fondo dalle scatole per pellicole ed inserirle nelle aperture.
5. Indicazioni operative
• Ci si accerta che il coperchio della scatola da scarpe non lasci filtrare luce all’interno.
• Si orienta un’apertura situata su una parete stretta (p.es. l’apertura A) verso una lampada o una finestra.
• Due persone appoggiano l’occhio rispettivamente alle aperture B e C e descrivono ciò che vedono. Poi si scambiano di posto.
• Si discute se nella scatola c’è o non c’è luce.
7. Risultati e commenti
1. Guardando nel tubo B si vede ciò che c’è nell’ambiente in direzione BA. Guardando nel tubo C si vede buio pesto.
2. Bisogna chiedere agli alunni, mentre guardano in B e in C, se c’è luce nella scatola, e di esplicitare il motivo delle loro affermazioni positive o negative.
3. Nella successiva discussione collettiva si potranno riconoscere, secondo le età degli alunni, alcune idee descritte
nel paragrafo 1 RICERCHE SULLE IDEE DEI RAGAZZI.
4. Le idee espresse saranno sottoposte a controllo sperimentale nell’esperimento 2.
Esperimento 2 - LA LUCE NELLA SCATOLA BUIA
1. Attività
S’inseriscono diversi tipi di bandieruole opache nella “scatola buia” utilizzata per l’esperimento 1. Si guarda nel tubo C e si osserva ciò che succede quando si fanno girare le bandieruole. Si guarda nel tubo B e si osserva ciò che
succede quando si fanno girare le bandieruole.
2. Scopi
• Comprendere che l’occhio è in grado di vedere solo se è colpito dalla luce.
• Riprendere in esame la domanda, posta nell’attività 1, se c’è luce nella scatola.
• Utilizzando il concetto che, per poter vedere, la luce deve entrare nell’occhio, spiegare i motivi per cui
nell’attività 1 guardando nel tubo B si vede qualcosa e guardando nel tubo C non si vede nulla.
• Porre le basi per l’introduzione dei concetti di riflessione diffusa, riflessione speculare e assorbimento.
3. Materiali
• una scatola identica a quella dell'esperimento .
• un numero adeguato di spiedoni di legno a sezione tonda, lunghi circa 20 cm.
• un numero adeguato di cartoncini rettangolari
• carta argentata ben liscia e riflettente “a specchio”
• piccolo pezzo di gommapiuma o di schiuma plastica da imballaggio
• piccolo tappo di sughero
• colla
4. Suggerimenti costruttivi
• Individuare una posizione sul lato lungo della scatola, a circa 1 cm dal bordo, tale che imperniandovi una bandieruola e ruotandola a 45°, il fascio di luce che va da A a B sia intercettato e riflesso verso C.
• Forare il coperchio in corrispondenza della posizione individuata.
• In corrispondenza del foro incollare all’interno del coperchio un pezzo di gommapiuma. Forare la gommapiuma
in modo che lo spiedone possa passarvi a tenuta.
• Chiudere la scatola orientando il coperchio in modo che il foro nel coperchio sia sul lato opposto rispetto al foro
C e, con l'aiuto di uno spiedone, individuare sul fondo della scatola il punto verticalmente sotto il foro del coperchio.
• Forare il piccolo tappo di sughero nel senso dell’altezza e incollarlo sul fondo della scatola, centrandolo sul punto individuato.
• Con gli spiedoni e i cartoncini costruire almeno quattro bandieruole: una di cartoncino bianco, una coperta di
carta argentata ben riflettente, una coperta di materiale nero opaco, una con macchie di diversi colori. Le dimensioni delle bandieruole sono determinate dall’esigenza di poter ruotare nascondendo il foro A da B e riflettendo
la luce proveniente da A verso C.
5. Indicazioni operative
• S’inserisce la bandieruola nel coperchio come indicato nella figura 2.
• S’inserisce il piede della bandieruola nel tappo di sughero; si orienta la bandieruola parallela al lato lungo della
scatola; si chiude la scatola.
• Ci si accerta che il coperchio della scatola sia ben chiuso e non lasci filtrare luce all’interno.
• Per come è costruito il dispositivo, si orienti l’apertura A (non la B) verso una sorgente di luce (una lampada o
una finestra).
• Due persone guardano rispettivamente nelle aperture C e B mentre agendo sullo spiedone si fa lentamente girare
la bandieruola.
• Le persone descrivono ciò che vedono.
• Si ripetono le osservazioni cambiando bandieruola.
6. Risultati e commenti
1. Ciò che si vede dipende dall’apertura in cui si guarda e dal tipo di bandieruola. Guardando in B tutte le bandieruole rendono le stesse osservazioni: inizialmente si vede ciò che c’è nell’ambiente verso A, poi più nulla.
Guardando in C inizialmente non si vede nulla. Successivamente:
• con la bandieruola nera si continua a non vedere praticamente nulla per tutta la rotazione,
• le bandieruole bianca e colorata sono visibili per un breve tratto di rotazione intorno a 45°, poi tutto torna buio,
• la bandieruola argentata riflette ciò che c’è verso A per un breve tratto di rotazione intorno a 45°, poi tutto torna
ad essere buio.
2. Nel corso della rotazione la bandieruola occlude la vista all’osservatore B nello stesso tratto ove rende possibile
la vista all’osservatore C.
3. Le osservazioni portano a concludere che la bandieruola ruotata a 45° intercetta la luce diretta verso B e la riflette
verso C. La risposta alla domanda è: “Sì, nella scatola c’è luce”.
4. La bandieruola annerita si comporta in modo diverso dalle altre. Al contrario di un corpo bianco, colorato o lucido, un corpo nero e opaco riflette la luce poco o niente: in altre parole, l’assorbe.
5. Il diverso comportamento della bandieruola argentata e di quelle bianca e colorata fa pensare che la luce possa
riflettersi in modi diversi. Quest’idea sarà oggetto di ulteriori indagini negli esperimenti 3 e 4.
Esperimento 3 - IL PERCORSO DELLA LUCE NELL’ARIA E NELL’ACQUA
1. Attività
In un ambiente oscurato si mette in evidenza il fascio di luce emesso da una sorgente luminosa direzionale e lo si
osserva.
2. Scopi
• Capire che in un mezzo omogeneo la luce si propaga in linea retta.
• Introdurre i concetti di fascio di luce e di raggio di luce.
• Collegare la possibilità di "vedere" il fascio di luce con l'esistenza di corpi materiali sul suo percorso.
3. Materiali occorrenti
Esperimento A
• una finestra illuminata dal sole
• carta opaca per coprire i vetri della finestra
• nastro adesivo
• carta traslucida (carta da forno)
• farina fine,o boro talco, o quadrati (circa 10 cm x 10 cm) ritagliati da una zanzariera.
Esperimento B
• una torcia elettrica abbastanza luminosa o, se disponibile, un laser
• nastro adesivo nero (nastro isolante) per restringere il fascio di luce emesso dalla torcia
• carta traslucida (carta da forno)
• farina fine o boro talco, o quadrati (circa 10 cm x 10 cm) ritagliati da una zanzariera
• contenitore di vetro o di plastica trasparente di forma parallelepipeda
• acqua, latte
4. Suggerimenti costruttivi
Esperimento A
• Coprire la finestra il foglio di carta in cui si sia praticato un foro di diametro circa ½ cm per lasciar passare un
sottile fascio di luce.
Esperimento B
• Se si usa un laser, si stia davanti alla classe e si eviti di puntarlo verso gli alunni. Si avvertano gli alunni che se
la luce laser entra direttamente negli occhi può danneggiare la retina.
• Se si usa la torcia, conviene delimitare il fascio di luce coprendone il vetro con nastro adesivo nero in cui si sia
praticato un foro di circa ½ cm di diametro.
• Le pareti del contenitore di forma parallelepipeda devono essere molto trasparenti e ben parallele (non svasate).
Si può costruirlo incollando opportunamente pezzi ritagliati da un foglio di plexiglas, acquistarlo in negozi di
casalinghi o, talvolta, recuperarlo da confezioni di cibi o di materiale di cartoleria.
5. Indicazioni operative
• Individuare la macchia luminosa prodotta dal fascio di luce nella stanza.
•
Evidenziare il percorso della luce dalla sorgente alla macchia luminosa sbattendo lungo il percorso stesso un
fazzoletto su cui si è sparsa farina o boro talco oppure raccogliendo la luce su diversi pezzi di zanzariera tenuti
da diversi studenti messi in fila.
Nell’esperimento B, inoltre:
• Dirigere il fascio di luce orizzontalmente, rasente la superficie di un tavolo
• Porre un contenitore trasparente vuoto, di forma parallelepipeda, sul cammino del fascio di luce orientandolo in
modo che la luce vi entri perpendicolarmente a una parete.
• Osservare che i punti di ingresso e di uscita della luce sono visibili e allineati con la sorgente.
• Riempire il recipiente con acqua pura e ripetere l'esperimento.
• Evidenziare (come per l'esperimento A) il cammino della luce prima e dopo il passaggio nel contenitore.
• Per osservare il percorso del fascio di luce nell'acqua intorbidirla versandovi qualche goccia di latte. In tal caso
può essere consigliabile far passare il fascio di luce rasente alla parete del contenitore perché le occasioni di diffusione aumentano con lo spessore del liquido interposto, fino a rendere indistinguibile il fascio di luce originario.
6. Risultati e commenti
1. Se l’aria è pulita e priva di ostacoli, il percorso della luce è invisibile.
2. Sia seguendo il percorso della luce con i pezzi di zanzariera, sia evidenziandolo con polvere, si osserva (più facilmente se da una posizione laterale rispetto al fascio) che la luce cammina in linea retta.
3. Si introducono i concetti di raggio di luce e di fascio (o pennello) di luce.
4. Con l’esperimento B si constata che anche nell’acqua limpida il percorso della luce è invisibile.
5. Se la luce penetra nel recipiente in direzione perpendicolare alla parete, il cammino rettilineo della luce che esce
dall’acqua è il prolungamento del suo cammino prima di entrare nel contenitore: anche nell’acqua la luce cammina
in linea retta.
6. È importante capire che in tutti i casi il fascio di luce diventa visibile solo dopo l’introduzione di corpi materiali
(zanzariera, farina, latte) che riflettono in molte direzioni la luce che li colpisce, tra cui anche verso gli occhi degli
osservatori.
7. È facile che gli studenti, esplorando e sperimentando per proprio conto, orientino il fascio di luce diretto nell'acqua in direzione obliqua rispetto alla parete del recipiente. In tal caso potranno osservare che:
- nell'attraversare il confine tra due mezzi materiali diversi il fascio di luce cambia direzione (rifrazione).
- si verificano riflessioni interne e il fascio originale si suddivide uscendo dal recipiente in varie direzioni
Queste osservazioni faranno sorgere domande che richiedono risposte. Le risposte devono coinvolgere una catena di
attività esplorative e sperimentali che a seconda dell'età degli alunni possono fermarsi in punti diversi: (a) constatare
semplicemente i fenomeni, (b) cercarne conferme qualitative nel mondo del quotidiano e stabilire una regola generale di comportamento della luce quando attraversa mezzi materiali trasparenti di varia natura, (c) esplorare il fenomeno quantitativamente e nei dettagli con esperimenti mirati.
Esperimento 4 - FORMAZIONE DI OMBRE
1. Attività
Si studiano la forma e le dimensioni delle ombre formate da cartoncini verticali, illuminati da una sorgente puntiforme, su una parete verticale.
2. Scopi
• Con gli alunni più giovani, riconoscere che le ombre sono dovute all’assenza di luce e non alla presenza di
un’entità indipendente
• Riconoscere la similarità tra le forme dell’ombra e dell’oggetto.
• Riconoscere che le dimensioni dell’ombra dipendono sia dalla distanza tra la sorgente luminosa e l’oggetto, sia
dalla distanza tra la sorgente luminosa e la parete.
• Razionalizzare le osservazioni utilizzando il concetto che la luce si propaga in linea retta.
• Introdurre il termine ingrandimento lineare (scuola media).
• Trovare una relazione matematica tra l’ingrandimento lineare e le distanze tra gli oggetti (scuola media).
3. Materiali occorrenti
• cartone
• carta quadrettata con quadretti di lato 1 cm
• nastro adesivo o biadesivo o colla
• una piccola torcia elettrica che produca un fascio di luce non troppo stretto.
• fermagli da carta lunghi 5 o 6 cm
• plastilina
• una striscia di carta centimetrata lunga 50 cm oppure un metro da sarta
4. Suggerimenti costruttivi
• Ritagliare dal cartone:
• un rettangolo formato A4 o più grande,
• due ali triangolari da applicare al retro del rettangolo per tenerlo in piedi verticale sul tavolo,
• un quadrato di lato 3 cm.
• una cornice quadrata di lato 6 cm al cui centro si ritaglia un foro quadrato di lato 3 cm
• Applicare la carta quadrettata sulla faccia anteriore del rettangolo di cartone e sulle facce del quadrato da 3 cm e
della cornice quadrata.
5. Indicazioni operative
• Pizzicare il quadrato di lato 3 cm e la cornice con il foro quadrato di lato 3 cm in due fermagli.
• Piantare gli estremi inferiori dei fermagli in due blocchetti di plastilina che servono da piedi di sostegno, in modo che i centri del quadrato e della cornice siano alla stessa altezza.
• Costruire un sostegno di plastilina per la torcia elettrica, in modo che la lampadina sia alla stessa altezza dei centri del quadrato e della cornice.
• Si dispongono la cornice quadrata e la torcia davanti allo schermo quadrettato, si accende la torcia e si osservano
sullo schermo le forme dell’ombra della cornice e della zona centrale illuminata.
• Si cercano le condizioni per cui le forme sono quadrate.
• Mantenendo tali condizioni si osserva cosa succede all’ombra e alla zona centrale quando
• si avvicina (o si allontana) la sorgente dallo schermo, senza spostare la cornice;
• si avvicina (o si allontana) la cornice dallo schermo, senza spostare la sorgente.
• Servendosi della striscia di carta centimetrata si misurano, in un paio di casi, le distanze significative necessarie
per poter riprodurre le situazioni in un disegno in scala.
• Si tracciano i disegni schematici che riproducono le situazioni misurate e si cerca d’interpretare le osservazioni
compiute.
Si ripetono le osservazioni con il cartoncino quadrato, ponendo cartoncino e torcia alle stesse distanze dallo schermo utilizzate per la cornice.
6. Risultati e commenti
1. Le esplorazioni a cui questo esperimento da luogo devono essere interpretate con il presupposto che nell'aria la
luce viaggia in linea retta. Se qualche alunno esprime dei dubbi su questo punto può essere utile completare l'esperimento tendendo un filo dalla sorgente luminosa al bordo superiore dell'ombra ed osservare che il filo passa
rasente il bordo superiore del cartoncino.
2. Nell’esperimento con la cornice quadrata la presenza di una macchia di luce sullo schermo aiuta a fissare
l’attenzione sul fatto che l’ente che si propaga è la luce. Alcuni alunni pensano che anche l’ombra sia un ente.
Per loro non è evidente che l’ombra vista sullo schermo è provocata dalla propagazione di luce. Ragionare
sull’alternarsi sullo schermo di zone illuminate e non illuminate può aiutarli a capirne la genesi: la zona centrale
illuminata dovuta alla luce che passa nel foro fino al confine del foro stesso; l’ombra perché la cornice blocca la
luce. Dopo aver confrontato la zona centrale illuminata dell’ombra della cornice e l’ombra del cartoncino risulta evidente che l’esperimento può proseguire con l’una (considerando la luce che passa rasente il perimetro del
foro) o con l’altro (considerando la luce che passa rasente il perimetro del cartoncino).
3. La forma delle ombre è uguale a quella degli oggetti solo se il piano della cornice o del cartoncino quadrato sono parallele al piano dello schermo e se la sorgente luminosa è orientata in modo che l'asse del fascio di luce sia
orizzontale, diretto verso il centro della cornice o del cartoncino e perpendicolare al piano dello schermo.
4. Se l’oggetto e lo schermo sono tenuti fermi: allontanando la torcia l’ombra (nel caso della cornice la zona centrale illuminata) diventa più piccola; avvicinandola diventa più grande.
5. Se la sorgente e lo schermo sono tenuti fermi: allontanando l’oggetto dallo schermo l’ombra (nel caso della cornice la zona centrale illuminata) diventa più grande; avvicinandolo allo schermo diventa più piccola.
6. Se la torcia e l’oggetto sono tenuti fermi: allontanando lo schermo l’ombra (nel caso della cornice la zona centrale illuminata) diventa più grande, avvicinandolo diventa più piccola.
7. Un altro concetto importante che non è sempre percepito dagli alunni è quello di "cono d'ombra". Conviene far
notare che la zona d'ombra non è solo una figura piana sulla parete ma uno spazio tridimensionale.
8. Con alunni di scuola media è utile introdurre il termine ingrandimento lineare per indicare il rapporto tra il lato
dell’ombra (o della zona centrale illuminata) e i corrispondenti lati dell’oggetto.
9. Nella scuola media la relazione matematica tra l’ingrandimento e le altre grandezze coinvolte può essere cercata
per via geometrica o per via aritmetica. Il metodo geometrico richiede d’individuare triangoli simili sui disegni
tracciati. Il metodo aritmetico richiede di trovare l’operazione che, applicata ai valori delle distanze, restituisce
un valore uguale all’ingrandimento. La ricerca è facilitata se si raccolgono le misure in una tabella come la seguente, che riporta i valori misurati da alcuni alunni con il cartoncino quadrato.
N°
(1) Lato
(2) In(3) Distanza
(4) Distanza
(5) Distanza
della dell’ombra
grandisorgentesorgente- carcartoncinoprova
(cm)
mento
schermo (cm)
toncino (cm)
schermo (cm)
1
15,0 ± 0,2
5
50,0 ± 0,5
10,0 ± 0,5
40,0 ± 0,5
2
10,0 ± 0,2
10/3
50,0 ± 0,5
15,0 ± 0,5
35,0 ± 0,5
3
5,0 ± 0,2
5/3
50,0 ± 0,5
30,0 ± 0,5
20,0 ± 0,5
4
7,5 ± 0,2
2,5
25,0 ± 0,5
10,0 ± 0,5
15,0 ± 0,5
5
5,0 ± 0,2
5/3
25,0 ± 0,5
15,0 ± 0,5
10,0 ± 0,5
6
6,0 ± 0,2
2
20,0 ± 0,5
10,0 ± 0,5
10,0 ± 0,5
7
4,0 ± 0,2
4/3
40,0 ± 0,5
30,0 ± 0,5
10,0 ± 0,5
I valori dell’ingrandimento (colonna 2) sono uguali ai rapporti tra i corrispondenti valori delle colonne (3) e (4). I
valori della colonna (5) sono la sottrazione dei valori (3) e (4) e non esiste una relazione semplice che li coinvolga.
La via geometrica mostra in modo evidente l’irrilevanza della variabile (5). Per via aritmetica e per via geometrica
si ottengono identiche relazioni.
Esperimento 5 - CAMERA OSCURA
1. Attività
Osservare, commentare e iniziare una formalizzazione quantitativa a proposito della figura proiettata sul fondo di
una camera oscura.
2. Scopi
• Collegare le proprietà della figura osservata al fatto che la luce si propaga in linea retta.
• Trovare una relazione tra la nitidezza della figura osservata e la grandezza del foro di entrata della luce nella
camera oscura.
• Individuare le grandezze che influiscono in modo significativo sulle dimensioni della figura osservata.
• Trovare una relazione matematica tra le grandezze significative individuate (scuola media).
• Definire l’ingrandimento lineare (scuola media).
• Considerare eventuali applicazioni pratiche della camera oscura.
3. Materiali occorrenti
• barattoli di latta o di cartone, di diverse lunghezze, privi di coperchio
• carta traslucida (da forno)
• elastici
• chiodi di diverso diametro e martello per forare il fondo delle latte.
4. Suggerimenti costruttivi
• Con chiodo e martello forare il centro del fondo del barattolo.
• Ritagliare un pezzo di carta traslucida grande abbastanza da coprire abbondantemente l’apertura del barattolo.
• Chiudere l’apertura con la carta traslucida ben tesa e fissarla con uno o più giri d’elastico.
• Fabbricare più camere oscure diverse tra loro per diametro del foro, numero di fori (p.es. due invece che uno),
lunghezza del barattolo.
5. Indicazioni operative
• La stanza dev’essere molto meno luminosa dell’oggetto da osservare con la camera oscura (p.es. il filamento di
una lampadina accesa).
• Si orienta la camera oscura in modo che il foro sia diretto verso l’oggetto da esaminare.
• Tenendo in mano la camera oscura, ad una distanza dagli occhi (circa 30 cm) adatta per una comoda osservazione, si guarda il foglio di carta traslucida.
• In che cosa l'immagine proiettata sulla carta traslucida è diversa dall'oggetto verso cui è puntata la camera oscura?
• Si cambia la distanza tra camera oscura e oggetto e si ripete l’osservazione: cosa cambia?
• Si ripetono le osservazioni con camere oscure diverse per dimensioni o per ampiezza del foro o per numero di
fori: cosa cambia?
• Si tracciano disegni schematici che aiutino a interpretare le osservazioni compiute.
• Si interpretano i disegni cercando relazioni tra le dimensioni dell'oggetto e dell'immagine e le distanze tra il foro
d'entrata e l'oggetto, tra il foro d'entrata e l'immagine (scuola media).
6. Risultati e commenti
1. Sul fondo della camera oscura appare una riproduzione - un’immagine - capovolta dell’oggetto osservato: si osservano sia lo scambio destra-sinistra, sia lo scambio alto-basso, sia, diagonalmente, che ogni zona della scena si
scambia con la zona simmetrica rispetto al centro della scena stessa. Se il capovolgimento di alcune parti
dell’immagine non fossero evidenti perché l'oggetto osservato è simmetrico, dirigere il foro della camera oscura verso un altro oggetto ben illuminato, eventualmente coprendosi con un panno scuro per parare la luce diretta.
2. Quando la distanza tra camera oscura e oggetto diminuisce l’immagine diventa più grande. Quando la distanza
cresce l’immagine diventa più piccola.
3. Se il foro è piccolo, l’immagine è poco luminosa ma i contorni sono netti; se il foro è grande l’immagine è più
luminosa ma i contorni sono sfumati; se ci sono due fori si formano due immagini dello stesso oggetto.
4. A parità di distanza dall’oggetto osservato, nella camera oscura di maggiori dimensioni l’immagine è più grande.
5. Chiedere agli alunni di spiegare, con l’aiuto dei disegni tracciati, i motivi per cui l’immagine prodotta nella camera oscura:
• è capovolta,
• è meno nitida se il foro è più grande (l’esperimento con la camera a due fori può metterli sulla strada),
• diventa più grande se ci si avvicina all’oggetto,
• è più grande se la camera è più lunga,
• è più grande se l’oggetto è più grande.
6) Chiedere agli alunni di fare previsioni con numeri semplici:
• a quale distanza dall’oggetto dev’essere l’apertura della camera oscura perché le dimensioni dell’immagine siano uguali a quelle dell’oggetto?
• a quale distanza dall’oggetto dev’essere l’apertura della camera oscura perché le dimensioni dell’immagine siano uguali a metà di quelle dell’oggetto? ecc.
7) Controllare sperimentalmente la correttezza delle previsioni.
8) Se gli alunni posseggono adeguate conoscenze di geometria, chiedere loro di utilizzare i disegni e le previsioni
per scrivere un’uguaglianza che leghi le dimensioni lineari dell’oggetto, le dimensioni lineari dell’immagine, la distanza tra il foro e l’oggetto, la distanza tra il foro e l’immagine.
Esperimento 6 - MACCHINA FOTOGRAFICA
1. Attività
Osservare l'effetto prodotto sull'immagine dalla presenza di una lente convergente anteposta al foro di una camera
oscura.
2. Scopi
• Confrontare la nitidezza dell'immagine formata sul fondo della macchina fotografica con la nitidezza dell'immagine proiettata sul fondo di una camera oscura di uguale profondità ed apertura.
• Comprendere che la lente permette di ottenere un'immagine contemporaneamente nitida e luminosa.
• Comprendere che, fissata la lente, la qualità dell'immagine dipende dalla distanza tra lente e il piano su cui si
forma l'immagine.
• Approssimarsi al modello della struttura dell'occhio (umano e degli animali).
3. Materiali occorrenti
• una macchina fotografica usa e getta senza flash (recuperabile presso un fotografo)
• righello millimetrato
• cartoncino
• forbici
• carta traslucida (da forno)
• nastro adesivo (scotch trasparente)
4. Suggerimenti costruttivi
Per preparare la macchina fotografica:
• Facendo pressione sui lati della macchina, aprirne il fondo.
• Rilevare con il righello la posizione del fotogramma (rettangolo di dimensioni 24 mm x 36 mm) rispetto ai bordi della seconda macchina.
• Tracciare sul cartoncino il contorno della macchina e al suo interno un rettangolo di 24 mm x 36 mm nella posizione normalmente occupata dalla pellicola fotografica.
• Ritagliare il rettangolo tracciato e coprire la finestra con carta traslucida fissata con nastro adesivo.
• Fissare il cartoncino con nastro adesivo al posto del fondo della macchina fotografica.
Per preparare la camera oscura (figura 6):
• Tracciare sul cartoncino i contorni di dimensione adeguta per costruire una scatola avente dimensioni uguali a
quelle della macchina fotografica (importante sopratutto la profondità)
• Praticare al centro di una faccia larga un foro di diametro 3 mm (uguale all'apertura della macchina fotografica).
• Praticare sulla faccia opposta una finestra rettangolare, centrata, di 24 mm x 36 mm.
• Coprire l'apertura con carta da forno fissata con nastro adesivo.
• Ripiegare la scatola e chiuderne gli spigoli con nastro adesivo.
5. Indicazioni operative
Confronto tra macchina fotografica e camera oscura senza lente:
• Tenendo la macchina fotografica a circa 30 cm dagli occhi per una visione distinta, puntarla verso una scena
ben illuminata distante almeno 1 metro, ed osservare l'immagine proiettata sulla carta traslucida.
• Fare lo stesso con la camera oscura di uguali dimensioni: commentare le differenze osservate.
• Puntare la macchina fotografica verso un oggetto ben illuminato molto vicino (p.es. il filamento di una lampadina) ed osservare l'immagine proiettata: commentare.
• Tenendo la macchina puntata sempre sullo stesso oggetto, allontanarsi e vedere come si modifica l'immagine
proiettata: commentare.
• Staccare il cartoncino dal fondo della macchina fotografica e osservare come cambia l'immagine di una scena
lontana o di una scena vicina se si allontana il cartoncino dalla lente.
6. Risultati e commenti
1. Quando si osserva una scena lontana l'immagine ottenuta con la macchina fotografica è molto nitida; quella ottenuta con la camera oscura è molto confusa, ma le luminosità delle due immagini sono paragonabili.
2. Si comprende che una camera oscura dotata di lente permette di ottenere un'immagine nitida senza dover ricorrere ad un foro molto piccolo, ma in compenso pone dei limiti, fissata la lente e fissata la distanza tra lente e elemento fotosensibile, sulla distanza degli oggetti da riprosservarerichiede, fissata la lente, una distanza e luminosa
Esperimento 7 - DISSEZIONE DI UN OCCHIO DI CONIGLIO
1. Attività
Si taglia e si apre un occhio di coniglio.
2. Scopo
• Collegare la struttura dell'occhio di un animale con la struttura di una macchina fotografica e cogliere differenze e analogie.
3. Materiali occorrenti
• occhi di coniglio macellato da non più di un giorno
• coltellino o forbici taglienti
• una macchina fotografica usa e getta senza flash (recuperabile presso un fotografo)
4. Suggerimenti costruttivi
• Facendo pressione sui lati della macchina, aprirne il fondo.
• Estrarre la lente dalla macchina e metterla da parte.
5. Indicazioni operative
• Prima di aprire l'occhio di coniglio, osservarne la forma e le dimensioni, individuare il luogo da cui parte il nervo ottico, palparne la consistenza per rendersi conto che esso non è vuoto.
• Tagliare con cura intorno all'iride ed estrarre la lente.
• Proseguire con la dissezione ed osservare l'umor vitreo trasparente e il colore nero della parete interna del bulbo
oculare. Confrontare con l'interno della macchina fotografica.
• Individuare la retina fotosensibile.
• Osservare piccoli oggetti o scritte vicine guardando attraverso la lente dell'occhio e la lente della macchina fotografica e confrontare ciò che si vede.
• Osservare oggetti più lontani attraverso la lente dell'occhio e la lente della macchina fotografica e confrontare
ciò che si vede.
• Osservare che poiché la lente dell'occhio non è rigida, una lieve pressione laterale può cambiarne la curvatura.
• Osservare come cambia ciò che si vede attraverso la lente quando cambia la sua curvatura.
6. Risultati e commenti
1. Si consiglia di usare un occhio di coniglio invece del classico occhio di vitello perché più facilmente reperibile.
2. A parte la forma sferica invece che parallelepipeda e il mezzo trasparente gelatinoso invece dell'aria, l'analogia
tra occho e macchina fotografica è molto stretta. In particolare la macchina usa e getta, per le sue piccole dimensioni è dotata di una lente la cui distanza focale non è molto diversa da quella dell'occhio di un animale di
medie dimensioni.
3. Dal punto di vista didattico, imparare che l'occhio funziona come una macchina fotografica è molto utile anche
per aiutare a razionalizzare ciò che si vede quando si studia l'ottica geometrica e, in particolare, le proprietà delle immagini. Infatti una delle difficoltà di comprensione risiede nel fatto che le immagini di cui parla l'ottica
geometrica non sono le immagini che si formano nell'occhio e che noi vediamo. Ponendo mentalmente un'ideale macchina fotografica al posto dell'occhio, diventa evidente che oltre ai componenti materiali - lenti, specchi,
schermi, sorgenti… - che stanno sul tavolo o sono illustrati nel libro, per spiegare ciò che vediamo dobbiamo
tener conto di un sistema ottico ulteriore.
4. Osservare come cambia ciò che si vede attraverso la lente quando cambia la sua curvatura permette di spiegare
come avviene l'accomodamento ed è propedeutico ad uno studio più approfondito delle proprietà delle lenti
convergenti e in particolare della dipendenza della distanza focale dalla curvatura delle superfici che le delimitano..
Esperimento 8 - RIFLESSIONE SPECULARE E RIFLESSIONE DIFFUSA
1. Attività
Si confrontano i caratteri di fasci di luce riflessi da superfici di diversa qualità.
2. Scopi
• Collegare il fatto che la riflessione sia speculare o diffusa con la qualità della superficie riflettente.
• Comprendere che la riflessione speculare è un fenomeno ordinato, la riflessione diffusa è un fenomeno disordinato.
• Riconoscere che la riflessione diffusa ci permette di vedere gli oggetti che ci circondano, mentre la riflessione
speculare ci permette di vedere distintamente le immagini degli oggetti situati di fronte allo specchio.
• Riconoscere che le pareti bianche (o chiare) degli ambienti in cui viviamo contribuiscono alla luminosità degli
ambienti stessi.
• Riconoscere che l'atmosfera contribuisce a diffondere la luce solare in tutte le direzioni (fare eventualmente un
confronto con ciò che si sa sull'aspetto del cielo diurno fuori dall'atmosfera).
• Comprendere che per poter studiare in dettaglio ciò che succede alla luce quando si riflette conviene servirsi
della riflessione speculare.
3. Materiali occorrenti
• sorgente luminosa direzionale (p.es. una torcia)
• specchietto piano
• rotolo di alluminio da cucina
• cartone bianco che serva da schermo
• cartone bianco per costruire i riflettori
• colla
4. Suggerimenti costruttivi
Fabbricare alcuni riflettori di diversa qualità:
• un rettangolo di cartone su cui si sia incollato dell’alluminio da cucina senza grinze e con la faccia più lucida
all’esterno,
• un rettangolo di cartone su cui si sia incollato dell’alluminio da cucina appallotolato e poi ridisteso in modo da
ottenere una superficie lucida ma grinzosa
• un rettangolo di cartone bianco senza altri trattamenti.
5. Indicazioni operative
• Si lavora in una stanza semi-oscurata.
• Si dispone lo specchietto nella posizione R, s'indirizza la luce della torcia obliquamente sullo specchietto e si osserva e si descrive l’aspetto della macchia luminosa raccolta su uno schermo verticale S o su un muro poco lontano.
• Si osserva e si descrive l’aspetto della macchia luminosa quando si sostituisce lo specchietto con gli altri riflettori.
• Si cerca di specchiarsi nei vari riflettori e si descrivono le differenze osservate.
6. Risultati e commenti
1. I contorni della macchia prodotta sullo schermo dalla luce riflessa dallo specchio sono netti; i contorni della macchia e la macchia stessa sono più sfumati quando la luce è riflessa dal foglio di alluminio liscio; la macchia si disfa e
si sparpaglia in deboli puntini e filamenti quando la luce è riflessa dal foglio di alluminio grinzoso; lo schermo è più
o meno uniformemente e debolmente illuminato quando la luce è riflessa dal cartoncino bianco.
2. Passando dalla riflessione speculare (specchio) a riflessioni via via più diffuse l’estensione della zona illuminata
aumenta e la sua luminosità diminuisce.
3. “Specchiandosi” in riflettori di diversa qualità, dallo specchio al ... cartoncino, si osserva che finché la superficie
del riflettore è abbastanza liscia si distingue qualcosa che, confusamente, ricorda la propria immagine riflessa; se
non è liscia l’“immagine” scompare.
4. La transizione graduale dalla condizione di riflessione speculare (lo specchio) alla condizione di riflessione diffusa (il cartoncino) consente di costruire un modello di quest’ultima basato sulla micro-rugosità delle superfici riflettenti.
5. Gli oggetti che ci circondano rimandano luce per riflessione diffusa quando illuminati. Lo sparpagliamento della
luce riflessa è alla base della possibilità di vederli da molte direzioni.
6. Ripensando all'esperimento 4 (Formazione di ombre) si riconosce che il cartone su cui si osservavano le zone in
ombra e le zone illuminate rimandava la luce verso i nostri occhi per riflessione diffusa, consentendo a persone diverse di vedere contemporaneamente le zone illuminate e quelle non illuminate. Cosa sarebbe successo sostituendo
il cartone con uno specchio perfettamente riflettente?
7. Gli specchi piani, che rimandano la luce riflessa in una direzione ben precisa, costituiscono un caso particolare.
Questa proprietà li rende adatti per studiare quantitativamente il fenomeno della riflessione.
8. Come applicazione dei concetti visti in questo esperimento e in quelli precedenti si supponga di essere in una
stanza foderata di specchi perfettamente riflettenti, con solo una sorgente luminosa che produce uno stretto fascio di
luce direzionale, e si descrivano gli inconvenienti della situazione.
Esperimento 9 - RIFLESSIONE SPECULARE (SPECCHIO PIANO)
1. Attività
Dopo un esame qualitativo delle relazioni di posizione tra oggetti situati davanti a uno specchio piano e le posizioni
in cui vediamo le loro immagini riflesse nello specchio, si localizzano in modo più preciso tali posizioni e, seguendo
con il metodo delle "linee di mira" il percorso della luce, si trova la 1° legge della riflessione.
Per capire questa attività gli alunni devono aver capito che gli oggetti illuminati riflettono luce in molte direzioni (e
noi li vediamo se la luce è anche riflessa verso i nostri occhi) e quindi funzionano da sorgenti secondarie di luce.
2. Scopi
• Capire che gli oggetti situati davanti a uno specchio piano e le loro immagini sono simmetrici rispetto al piano
dello specchio.
• Capire che la posizione dell’immagine è obiettivamente determinabile ed è indipendente dalla posizione
dell’osservatore.
• Capire che noi vediamo un’immagine nello specchio perché la luce riflessa dall’oggetto verso lo specchio si
riflette a sua volta verso l’occhio dell’osservatore.
• Trovare la prima legge della riflessione.
• Capire cos'è un'immagine virtuale.
4. Materiali occorrenti
• specchio piano di dimensioni adeguate (p.es. 10 x 15 cm), sottile, senza cornice
• blocco di legno di forma parallelepipeda a cui fissare lo specchio
• colla
• piccoli oggetti vari
• due asticciole (p.es. spiedini da barbecue) lunghe circa 20 cm e un po’ di plastilina
• cartone da imballaggio spesso qualche millimetro oppure tavoletta di legno
• fogli protocollo a quadretti grandi
• nastro adesivo
• matita appuntita
• spilli
4. Suggerimenti costruttivi
• Quasi tutti gli specchi sono argentati sulla faccia posteriore del vetro ma per gli esperimenti che faremo sarebbe
meglio che la superficie riflettente fosse davanti. Per questo motivo si cerchi uno specchio con vetro sottile. Per
ovviare alla sua fragilità è opportuno incollarlo sul blocco di legno. Se ciò è impossibile, fissare lo specchio al
blocco di legno con il nastro adesivo.
• Ritagliare dal cartone un rettangolo grande come un foglio di carta protocollo.
• Fissare ben teso un foglio protocollo sul cartone con quattro pezzetti di nastro adesivo negli angoli.
5. Indicazioni operative
• Si appoggia lo specchio al centro del cartone in posizione verticale, facendo attenzione che le righe della quadrettatura riflessa appaiano come la continuazione delle righe della quadrettatura reale. Si segna sulla carta con
la matita la posizione della superficie argentata dello specchio.
• Si pone un piccolo oggetto: p.es. un gettone, una matita, un righello da disegno... sulla carta quadrettata e ci si
mette in una posizione da cui se ne veda l’immagine nello specchio.
• Contando in profondità i quadretti sulla quadrettatura vista nello specchio si misura la distanza apparente
dell’immagine dal piano dello specchio e la si confronta con la distanza reale dell’oggetto dal piano dello specchio.
• Contando lateralmente i quadretti sulla quadrettatura vista nello specchio si misura la distanza dell’immagine da
una linea di riferimento perpendicolare al piano dello specchio e la si confronta con la distanza dell’oggetto dalla
corrispondente linea reale.
• Si mette davanti allo specchio un oggetto piccolissimo (uno spillo oppure anche una macchia sulla carta). Si
guarda l’immagine da tre o quattro direzioni e, aiutandosi con un righello opportunamente allineato (oppure con
due spilli piantati nel cartone in modo che il primo nasconda la “cosa” che guardiamo e il secondo nasconda il
primo), si disegnano sulla carta quadrettata le direzioni delle diverse “linee di mira”. Si toglie lo specchio, si prolungano le linee di mira e si cerca il loro punto d’incontro.
• Si mette davanti allo specchio un’asticciola verticale piantata in un supporto di plastilina, nel punto dov’era il
piccolo oggetto della prova precedente, e dietro lo specchio, là dove s’incontravano le linee di mira, si mette
un’altra asticciola identica. Si guardano contemporaneamente, da diverse direzioni, la parte visibile
dell’immagine dell’asticciola che è davanti allo specchio e l’asticciola che sta dietro.
• Per trovare la prima legge della riflessione:
(a) s'individua il punto in cui una linea di mira incrocia la traccia della superficie argentata dello specchio (punto in
cui è avvenuta la riflessione);
(b) si unisce con la posizione in cui si trovava l'oggetto;
(c) si disegna in tale punto la perpendicolare alla superficie dello specchio;
(d) si misurano gli angoli tra i cammini della luce e la perpendicolare, prima e dopo la riflessione.
6. Risultati e commenti
1. Sia contando i quadretti, sia disegnando le linee di mira, si trova che oggetto e immagine sono simmetrici rispetto
alla superficie argentata dello specchio.
2. Quando si collocano due oggetti identici in posizioni simmetriche rispetto alla superficie argentata, da qualunque
direzione si guardi l’immagine riflessa e la porzione dell’oggetto che sporge da dietro lo specchio sembrano una sola cosa. L’immagine ha un significato oggettivo: la sua posizione è identica per tutti gli osservatori ed è situata dietro lo specchio.
3. La distanza tra l’oggetto e l’immagine è doppia della distanza tra oggetto e superficie riflettente.
4. Il cammino della luce tracciato con il metodo delle "linee di mira" tiene conto della propagazione rettilinea della
luce, della direzione da cui la luce proviene e della posizione dell’occhio.
5. Per l’osservatore, l’immagine funge da sorgente luminosa da cui sembra provenire la luce che entra nei suoi occhi. Poiché in realtà in quella posizione non c’è energia luminosa, l’immagine è detta “virtuale”.
6. Il metodo di ritracciare il percorso della luce "a ritroso" mediante una "linea di mira" si basa sulle nozioni che
qualsiasi oggetto illuminato, riflettendo la luce che lo colpisce, diventa una sorgente secondaria e che se noi vediamo un oggetto in una certa direzione è perché la luce da esso riflessa ci arriva da quella direzione. Si può discutere il
presupposto del procedimento di allineamento visuale utilizzato (disporre due spilli in modo che il primo nasconda
la “cosa” che guardiamo e il secondo nasconda il primo). Infatti questo metodo potrebbe non essere scontato per gli
alunni. Una traccia di discussione potrebbe essere la seguente:
“Per tracciare il percorso che la luce ha fatto per arrivare ai nostri occhi possiamo impedirle di arrivare! Se la blocchiamo con
un ostacolo sappiamo che prima, quando la vedevamo, la luce doveva passare per il punto dove abbiamo messo l’ostacolo. P.
es. se alzo il dito di una mano davanti al mio occhio destro in modo da non veder più il naso di Paola, so che prima la luce riflessa dal naso di Paola verso il mio occhio destro doveva passare proprio dove ora c’è il mio dito. Il segmento che va dal naso
di Paola al mio dito rappresenta una parte del cammino della luce. L’altra parte del cammino va dal mio dito al mio occhio destro. In questo esempio si usa un solo ostacolo e il (supposto) cammino della luce dal naso di Paola al mio occhio è diviso in due
tratti rettilinei. Non potremmo accorgerci se la luce, invece di andar dritta, andasse a zig-zag. Per scoprirlo dovremmo usare
molti ostacoli che dividano il cammino della luce in molte parti.”
Esperimento 10 - RIFLESSIONE SPECULARE (SUPERFICI CURVE)
1. Attività
Si osservano le immagini riflesse da superfici non piane individuate tra gli oggetti che ci circondano e si mettono in
relazione con la forma delle superfici stesse.
2. Scopi
• capire che la prima legge della riflessione vale anche su riflettori speculari curvi.
• comprendere come la luce riflessa specularmente può darci informazioni sulla forma de riflettore.
• interpretare effetti ottici curiosi ed interessanti che può capitare di vedere intorno a noi.
4. Materiali occorrenti
• oggetti lucidi e ben riflettenti di uso comune come cucchiai, mestoli, palle degli alberi di Natale, pomelli di porte o cassetti; specchi concavi da toilette; fogli flessibili riflettenti per illuminazione fotografica…
• fotografie di riflessi interessanti o intriganti
5. Indicazioni operative
• Si osserva l'aspetto delle immagini di oggetti vicini o lontani riflesse in vari tipi di riflettori e si commentano le
differenze osservate.
• Si usano i fogli riflettenti per costruire riflettori cilindrici estemporanei, concavi o convessi, e ci si specchia in
essi cercando analogie e differenze rispetto a ciò che si vede specchiandosi in uno specchio piano.
• Si commentano fotografie cercando di ricostruire, partendo dall'aspetto dei riflessi, la forma delle superfici riflettenti.
6. Risultati e commenti
1. Le differenze sostanziali riguardano le concavità e le convessità delle superfici. Se le superfici sono piuttosto
complesse, e presentano un susseguirsi di concavità e convessità, si tratta di individuare dove sono le une e dove sono le altre.
2. Le immagini sono spesso deformate: lo sono tanto più quanto più è pronunciata la curvatura.
3. Le superfici convesse producono sempre immagini impiccolite rispetto a quelle che vedremmo in uno specchio
piano, in cui i rapporti alto/basso e destra/sinistra sono uguali a quelli dati dallo specchio piano.
4. Le superfici concave producono immagini il cui aspetto dipende dalla distanza dell'oggetto da cui proviene la
luce riflessa. Se l'oggetto è lontano vediamo un'immagine riflessa impiccolita e rovesciata come quella che si
vedrebbe con una camera oscura. Se l'oggetto è vicino vediamo un'immagine ingrandita rispetto a quella che
vedremmo in uno specchio piano, in cui i rapporti alto/basso e destra/sinistra sono uguali a quelli dello specchio
piano.
5. Se la superficie riflettente è cilindrica gli effetti sopra descritti si verificano solo nei piani perpendicolari all'asse
del cilindro.
6. Con oggetti di curvatura molto pronunciata come per esempio riflettori concavi di buona qualità può succedere
di osservare evidenti immagini reali, che possono dare l'occasione di definirle come concentrazioni di luce caratterizzate da corrispondenza biunivoca punto per punto con l'oggetto da cui la luce proviene. Le immagini reali tuttavia, al contrario degli oggetti, non possono essere viste direttamente da tutte le direzioni ma solo da chi
si trova sul cammino della luce che da esse proviene. Per renderle visibili da tutte le direzioni, se sono sufficientemente luminose, possono essere raccolte su uno schermo traslucido.